CAPITOLO 8 IL GIORNO PIÙ AVVENTUROSO DELLA MIA VITA

Molti eroi vissero prima di Agamennone, ma tutti sono perduti nella lunga notte, illacrimati e ignoti, perché non ebbero un sacro poeta.

Orazio, ODI, IV; 9.


I due in uniforme scura si avvicinarono con aria disinvolta — non volevano tumulti — a pochi passi dal punto dove Garth sorrideva con aria innocente; il ragazzo non aveva capito. Demetrios lasciò cadere il bastone di noce ai piedi di Garth, e si piegò a prenderlo contemporaneamente al ragazzo… si era chinato anche lui, che fosse benedetto! Quando le loro teste furono vicine, Demetrios bisbigliò: «Devi restar libero per potermi aiutare… sparisci tra la folla, presto!» Un attimo di trauma, e poi Garth capì; diventò una volpe dagli occhi azzurri che spiava attraverso il cespuglio dei capelli crespi d’una donna grassa, dieci piedi più in là.

— Hai la licenza? — Erano poliziotti che Demetrios non conosceva: ma essi conoscevano lui. Che cos’ho fatto? Cosa ho dimostrato, se non la mia stupida rabbia? O Solitaire!…

Avrebbe dovuto pensarci prima, a lei. — La licenza?

— Andiamo, — disse il più carnoso dei due. — Lo spiegherai a Brome.

— Cosacco! — gridò la donna dai capelli crespi. — Non ha fatto niente, ha solo parlato del santo Abraham.

— Indietro, gente. Circolare, circolare. — Anche la donna si tirò indietro, come il resto della folla; il poliziotto magro afferrò il braccio di Demetrios, con le mani appesantite dall’inquietudine.

— Non faccio storie. Attenti al mio bastone, è un palindromo. Se lo si perde o lo si tratta male, si viene colpiti da malattie terribili.

— Che cos’è?

— Un palindromo. Portalo almeno a rovescio, in modo che il suo potere non ti entri addosso di traverso.

— Forse è meglio… uhm… meglio che lo porti lui, Cass? Se è uno di quelli che ha detto…

— Beh, penso di no, — disse il grosso Cass; ma per il lungo percorso attraverso i Giardini, fino alla prigione, Cass tenne il bastone a braccio teso, e capovolto, per quanto poteva farlo, dato che non sapeva quale fosse la parte superiore e quella inferiore.

— Non andiamo al Palazzo del Comune?

— Brome ha da fare, Mister, — disse Cass. Demetrios notò il sorriso preoccupato di un bullo non del tutto sicuro dei suoi poteri. — Dovrai accettare la nostra ospitalità per un po’, Mister. — Le mani del poliziotto magro, adesso, stringevano per modo di dire. — Sarai nostro ospite, Mister, — disse Cass.

La prigione era un ammasso di pietra tenuta insieme dalla calce, a un solo piano, in fondo a un vicolo, dal quale partiva un viottolo che si perdeva nei Giardini. Le querce spandevano una tristezza verde sulle piante più piccole accanto alla prigione, sul suo cortile con una sola panca e un palo diritto. Gli anelli fissati al palo servivano per legarci i cavalli, o la gente. Intorno non si vedevano altri edifici. Niente sole, né brezza… sì, c’era una brezza, e il fruscio delle fronde più alte sottolineava il silenzio. Era giorno, ma alla mente di Demetrios si affacciò il sapore d’una sera perpetua.

Il carceriere con un occhio solo e la faccia ispida, e con un mazzo di chiavi troppo grosso per lui, alzò gli occhi verso Demetrios con il piacere diffidente che l’uomo con la mazza mostra davanti al toro legato. — Cass, chi mi hai portato? Questo non è un mendicante ozioso? Che cos’hai fatto al tuo paese, Mister? Hai rubato? Violentato una ragazzina? Ti sei comportato male in pubblico? Eh?

— Mettilo nella cella più robusta, — disse Cass, — e tieni per te i tuoi pensieri, Putney. Non devi fraternizzare, dice Brome.

— Ho notizie per te, Mister Cass. Ti sembrerà che qui facciamo vita ritirata, ma tutti i miei tre appartamenti sono pieni, Mister Cass. Che te ne pare? ”

— Allora mettilo con Bosco, faranno un bel paio. Ma con questo non devi fraternizzare. Oh, e tieni questo da qualche parte. — Cass sistemò rispettosamente il bastone in un angolo della stanza che serviva a Putney come anticamera, ufficio, cucina e stanza da letto; un vaso da notte spuntava da sotto il letto e serviva anche come sputacchiera. La porta interna dava su un corridoio, dove c’erano le tre celle; Putney preferiva tenerla chiusa, per godersi un po’ d’intimità e i propri odori.

Demetrios dovette consegnare la scatola con esca e acciarino e le poche monete che aveva recuperato dal berretto. Cass e il poliziotto magro se ne andarono non appena Demetrios fu al sicuro dall’altra parte della porta metallica della cella numero due. Putney sì trattenne ancora. — Adesso ti faccio il letto. Non parlare, bada. — Aprì una porta, in fondo al corridoio, che dava su un ripostiglio.

— Dice di non parlare, — disse l’uomo simile a un orso, seduto a gambe incrociate su un mucchio di paglia. — Chi gli dà retta? Io sono Bosco.

— Demetrios. Come va?

— Uno schifo. Lieto di conoscerti.

— Non parlate! — Putney tornò indietro, portando della paglia su un forcone.

— Lui ha questo problema, — disse Bosco. — Come aprire la porta senza metter giù la paglia. Ci rinunci, Putney?

— Piantala. — Putney posò il carico e girò la chiave. — State indietro. Questa è una scuola di self-service, Mister… il letto fattelo da solo. — Buttò la paglia sul lato libero della cella e si appoggiò al forcone, scuro e curvo nella luce acquosa che scendeva dall’unica finestra sbarrata e alta, sulla parete a nord. — Era tutto il danaro che avevi?

— Già. Quando vedrò il tenente Brome?

— Non capisco proprio come fate voialtri a venir qui a sbuffare e a brontolare senza danaro. Non sei uno stupido, dovresti sapere che qui costa. Non preoccuparti per Brome. — Putney arretrò, agitato; la chiave stridette nella serratura, e poi l’uomo parlò, dietro la protezione della porta. — Cass o Jack avvertiranno i tuoi fra un po’, è probabile. Siamo buoni, noi. — E ridacchiò. — Avvertiamo sempre i parenti più prossimi. — Una multa, senza dubbio, e Madam Estelle si sarebbe sentita in dovere di pagarla. I guai mi accompagnano sempre. — Adesso non parlate, — disse Putney, e trottò via, verso la sua tana.

— I signori che abbiamo a destra e a sinistra stanno riposando, — disse Bosco. — Uno lo hanno pestato, e per quello che ne so potrebbe essere morto; l’altro ha quasi cent’anni e non è molto vivace… Lo sentirai cantare, o chiedere le vitamine, chissà poi cosa sono. Vuoi una caramella alla marawan? Qui dentro non si può accendere niente, per via della paglia.

— Grazie, Bosco. — Demetrios masticò la caramella aromatica: un leggero sedativo gli avrebbe fatto bene. — Sei qui da molto?

— Da abbastanza tempo per sentirmi più vecchio di tre giorni. — Sistemato sulla paglia non troppo scomoda, Demetrios studiava il suo compagno: muscoli fluenti, braccia che sembravano prosciutti d’orso. Bosco era velloso ma pulito, e i capelli bruni e irsuti erano, in qualche modo, pettinati. Aveva odore di sudore, ma non di rancido: probabilmente gli piaceva lavarsi, quando poteva. — Un equivoco e la sfortuna mi hanno portato qui, Demetrios. Vedi, c’era un porcellino che s’era avvicinato alla staccionata proprio quando io mi ci ero appoggiato, e ho visto subito che era di troppo nella figliata, e se la passava male. Così l’ho raccolto, e me ne stavo andando tutto contento, pensando che quel tesoruccio avrebbe avuto una vita breve ma felice, quando dai cespugli sono saltati fuori i due poliziotti, che possano crepare. Gli stessi due bastardi che hanno portato dentro te, non è roba da matti che vadano sempre a caccia insieme? Con Cass da solo ce l’avrei fatta, senza fatica. Avevo nascosto bene il maialino, ma mi faceva il solletico nel rigirare le zampe, e non potevo fare a meno di ridere come se qualcuno mi avesse lasciato del danaro. E Cass fa: «Scommetto che hai un porcellino sotto la giacca.» Allora io faccio, a quel figlio di puttana: «Lo sto riportando da sua madre, non va bene?» Ma non ti credono mai, quando sei forestiero. E poi c’è stata una discussione e quello magro, Jack Jellicoe, una carogna fatta e finita, meglio starci alla larga, mi ha dato una botta in testa. Ho ancora il bozzo, dopo tre giorni che aspetto che l’Avvocato d’ufficio torni da dove si stava riposando col sedere sui gigli, e quei due si sono presi il maialino. Vedi, ormai lo consideravo il mio maialino. Mi venga un colpo se credo che il suo padrone ne rivedrà mai pelle o zampe, e dicono che questa è una Repubblica del Re?

— Sì. Sei forestiero, hai detto?

— Nato e cresciuto fra i Nomadi. Potrei essere anche uno dei figli del Capo Gammo… certo lui lo diceva di tutti i giovanotti promettenti della banda, diceva che erano generati da un uragano, e che l’uragano era lui. Mai sentito parlare del Capo Gammo?

— Beh, una carovana di tipi che dicevano di essere Nomadi venne qui a Nuber otto anni fa. Quel nome mi ricorda qualcosa.

— Davvero? — La faccia massiccia di Bosco assunse un’aria intenta e insieme triste. — Il Capo Gammo non si tagliava mai i capelli, se li legava dietro con una corda di canapa. Diceva che erano la sua forza, come quel tale, Simpson o Sampson, non so.

— Proprio lui. Diedero uno spettacolo solo. E buono, anche, secondo me… io faccio il narratore, me ne intendo. Ma poi qualche idiota provocò una rissa, ci fu qualche testa rotta, e la polizia cacciò i Nomadi dalla città. Da allora, tutti i Nomadi sono stati respinti ai confini di Nuber.

— Se questa non è roba da Repubblica del Re! Otto anni fa, eh? Quattro anni dopo che li avevo lasciati. I capelli cominciavano a diventargli bianchi? A Gammo?

— Sale e pepe. Ma io lo intravidi appena, Bosco.

— Già. — L’omone si dondolò avanti e indietro sulla paglia, assalito dall’angoscia. — Otto e quattro dodici, no? Allora devo avere quasi trent’anni. Oh, adesso potrei battere il Capo Gammo, se li ritrovassi. Vedi, Demetrios, avevo pensato di poterlo battere quando avevo diciotto anni, ma era troppo presto, e quando ho finito di vedere le stelle e ho potuto rialzarmi in piedi, il Capo Gammo mi dice: «Bosco, qui non c’è posto per tutti e due. Un giorno o l’altro me la faresti,» dice. Non dico che non ci sarei riuscito. Quell’uomo ce l’aveva con me, una volta mi aveva portato via una ragazza, e di brutto. «Torna,» mi fa, «quando credi di essere abbastanza grosso e stupido, e ne riparleremo.» Beh, adesso potrei batterlo, ne sono sicuro, solo che non riesco a trovarli. L’anno scorso sono corso dietro a delle voci, nell’Isola Adirondack. Sono stato un po’ qua e un po’ là… Gesù, ogni tanto sono persino vissuto onestamente. Con una squadra di taglialegna, e poi su alle miniere di ferro a Halloway, per un po’ ho fatto il rematore sul traghetto di Albany… era quasi una schiavitù.

— Ho sentito dire che adesso ci sono parecchie bande di Nomadi.

— Ma quella di Gammo è la prima e l’unica vera. È stato il Capo Gammo ad avere l’idea: carri tirati dai muli, cantanti, equilibristi… e poi portare notizie e predire la sorte, tutto, insomma. Gli altri non sono niente, in confronto al gruppo di Gammo. Potevo entrare in un altro, se volevo. Ma è una specie d’idea fissa, per me, trovare quelli di Gammo. Qualche volta penso, e se Gammo è morto, e così non avrò più l’occasione di pestare quel vecchio figlio di puttana? Non avrebbero cambiato nome, dovrebbe essere ancora i Nomadi di Gammo. E se fosse Bosco, eh? I Nomadi di Bosco: cosa te ne pare?

— Magnifico.

Durante quelle ultime ore del pomeriggio, Bosco continuò a parlare di un mondo che Demetrios conosceva solo come una tenda che alterava la vista, e che stava tra lui e le altre verità scomparse del Tempo Antico. Nelle isolette dello Stretto di Moha ci sono dei pirati che si prendono quasi una percentuale fissa del traffico commerciale tra l’Isola Adirondack e la repubblica di Moha, che ne è precariamente la proprietaria. Angus, non puoi venire da me?

Tranne quando rapiscono bambini o donne, o torturano un comandante per avere informazioni sulle altre navi, nello Stretto di Moha c’è una specie di pirateria tranquilla, come una tassa, non come le attività spietate nel Mare di Hudson meridionale. Là i bucanieri hanno virtualmente chiuso la zona a tutti i vascelli, tranne i più veloci e meglio armati, e così adesso i pirati battono la costa in cerca di vittime, e prima o poi la Repubblica del Re dovrà spazzarli via, e questo richiede una marina, e probabilmente una piccola guerra. Alcuni dicono che gli abitanti del Conicut vanno d’accordo con i pirati. Solitane… Paisà… Eppure il mondo che Bosco gli mostrava aveva un suo potere, un suo fascino.

Di questi tempi sull’Isola Adirondack si vedono sempre più spesso gli orsi rossi. A Bosco avevano mostrato una pelle, in un villaggio chiamato Saubel, e copriva tutto il pavimento di una stanza di dodici piedi per quindici, verità sacrosanta… Nel Vairmount invece c’è una specie di lupo diverso da tutti gli altri, mostruoso, nero, con le zampe lunghe e, dice la gente, sovrannaturalmente furbo come il diavolo in persona… Bosco aveva sentito dire — ma non era sicuro di crederci — che una famiglia isolata, da qualche parte del Hampsher, era stata completamente distrutta da un’orda dei piccoli ratti rossobruni, che si comportavano come formiche. Nel Main, o comunque nel New England orientale, c’è una tribù che venera il puma, e lo chiama Occhio di Fuoco…

Lentamente, in quella luce verdegrigia il pomeriggio morì, svanì dalla finestrella sbarrata. Putney portò la cena: stufato e pessimo tè. Nella cella numero 3, il russare sommesso si trasformò in una vecchia, tremula canzone:

— Spero di avere anch’io diritto.

A una dimora in cielo…


E daccapo, senza cambiamenti. Quando Putney portò la cena, la voce di vecchio supplicò: — Voglio le mie vitamine. Voglio le mie vitamine. Voglio le mie vitamine.

Sul lato opposto del corridoio, in modo che quelli delle celle non potessero prenderle, “Putney mise due candele di sego che sarebbero potute durare metà della notte. — Voglio le mie vitamine… — Dalla cella numero uno non veniva nessun rumore. Putney si affrettò a mettere dentro un piatto e indietreggiò, borbottando qualcosa che Demetrios non riuscì a capire.

— Un giorno o l’altro, Put, — disse Bosco, — dovrai dargliele le vitamine, al nonno. Che cosa sono?

— Non è affar tuo, — disse Putney, esasperato, e tornò a sbattere la porta che divideva la sua intimità dalla loro.

Passò un’ora, e la finestra sbarrata, lassù, mostrava un’oscurità fonda e senza stelle, eppure doveva esserci lo splendore del cielo, oltre il sudario delle querce. Demetrios e Bosco avevano passato i piatti sporchi sotto la porta, e Putney li aveva raccolti in cupo silenzio. Il vecchio nella cella numero tre russava, e nell’altra cella c’era sempre lo stesso silenzio di morte. La porta di Putney sbatté di nuovo, ed egli non si fece più sentire. Dalla finestra filtrò una brezza che rinfrescò la cella e sfiorò le candele del corridoio, facendo fremere inquiete le fiammelle. La loro piccola luce calda, abbandonando Bosco alle ombre, brillava sulle verticali delle sbarre con un’illusione di morbidezza. Sembrava che ci si potesse infilare le mani, attraverso le sbarre. E qualcuno l’aveva fatto.

Due mani, piuttosto piccole. Le dita si stringevano sul metallo, come luci pallide e isolate. Una faccia premeva contro la barriera, nell’ombra, ed era tonda come quella di Garth, con sopracciglia pesanti sotto i capelli gialli, ma più delicata, con una certa, dolce implacabilità che Garth si era lasciato alle spalle o che forse non si era mai concesso. — Sttt! Ehi! Demetrios!

Alzandosi in punta di piedi, Demetrios portò i propri occhi allo stesso livello di quelli del ragazzo. — Tu devi essere Frankie. — Gli occhi scintillavano dell’ebbrezza del pericolo.

— C’è anche Garth. Sono seduto sulle sue spalle.

— Non posso andare da nessuna parte senza che la Peste mi venga dietro, — disse Garth, invisibile. — Sei solo, Demetrios?

— Tu saresti perduto senza di me, Bullo. Sai bene che sono io, il cervello della banda. No, c’è un altro con lui.

— Puoi fidarti di me, piccolo, — disse Bosco, portandosi con silenziose zampe d’orso alla porta della cella, dove poteva sorvegliare il corridoio. — Io faccio la guardia, Demetrios… parla pure con i tuoi amici.

Frankie aggrottò la fronte, in una domanda silenziosa sul conto di Bosco; Demetrios annui… Bosco non avrebbe tradito un compagno di prigionia. Demetrios cercò di alzarsi, per vedere Garth; ma il davanzale era troppo largo. Quasi all’orecchio, Frankie mormorò: — Ti faremo scappare.

— Signore! Allora dovrò lasciare la città.

— Ce ne andiamo tutti, — bisbigliò Frankie. — Tu, io, il Bullo… io e il Bullo facciamo una vita d’inferno a casa da quando è morta mamma, nostro padre continua a portare a casa quei porci ed è sempre ubriaco…

— Dai, Peste, non è questo che gli interessa. Ma è così, Demetrios, vogliamo andarcene tutti. Mister Angus è sconvolto…

— Lo avete visto?

— Sicuro. Senti, c’è in corso un’epurazione nella Città Interna. Sua madre… oh, diavolo, te lo dirà lui. Lo stanno cercando. È uscito dalla porta nord, ieri notte, lui e il cane, ha dovuto mettere fuori combattimento una sentinella. Di giorno, è andato attraverso i boschi fin dalla parte di Redcurtain Street, e ha chiesto dov’era Madam Estelle, ma quando è arrivato tu non c’eri già più. Madam Estelle lo ha nascosto. Gli ho parlato dopo che ho visto quello che è successo ai Giardini. Mister Angus, vedi, era venuto per dirti che per te le cose stanno peggio di quel che pensi. Ha sentito parlare di te. Dicono che sei un abramita e una spia straniera. Sono gli abramiti che stanno epurando, e non è ancora tutto.

Allora Angus… Angus… — Una spia del Missouri, senza dubbio.

— Eh? Oh… già. Questa epurazione è grossa, ha detto di dirtelo. È meglio che ce ne andiamo tutti, non c’è altro da fare.

— E cos’è la storia di sua madre?

— Lei… preferirei che fosse lui a dirtelo, Demetrios. È d’accordo con quelli che fanno l’epurazione, lei. Uccidono gli abramiti, nella Città Interna. Mister Angus non voleva procurare guai a Madam Estelle, e adesso è fuori nei boschi, lui e il cane, e il Professore e la tua donna. Io e Frankie siamo venuti qui per farci un’idea del posto. C’è solo quel vecchio fesso di guardia, stanotte?

— Solo lui, — disse Bosco, girando la testa. — Non ho potuto fare a meno di ascoltare. Qui è tutto morto come una tomba, la notte. Contate su di me, ragazzi… vi darò una mano. Nessuno ci tiene a uscire più di me.

— Tornerò con Angus.

— Anch’io, — disse Frankie.

— Bene, — disse Demetrios a tutti: si sentiva spaventato e vecchio, e sconvolto dal miracolo dell’amore redento. — Bene.

— Quando ti avremo tirato fuori, — disse Garth, — raggiungeremo la tua donna e il Professore e Frankie in un posto che conosco io, sulla Strada del Sud.

— No, io vengo con te e Mister Angus a farlo scappare, — disse Frankie. Le sue mani si staccarono di colpo dalle sbarre. — Ehi! Attento!

— Vedremo. Lasciami andare i capelli, Peste.

— Col cavolo che vedremo. Hai bisogno di avere con te il cervello della banda. E poi, questo è il giorno più avventuroso della mia vita.

Vedremo, — disse Garth, e la faccia di Frankie si allontanò nell’oscurità, come una candela che si spegne.

Bosco disse: — Hai dei veri amici, tu. — Lo disse in tono d’invidia.

— Vieni con noi? Un altro amico ci farebbe comodo.

— A tua disposizione. Dove pensi che andrete?

— All’ovest… ah, non so. Dovremo decidere tutti insieme. Io sogno di andare all’ovest… eppure tutti i posti che conoscevo sono sott’acqua.

— Come i Nomadi di Gammo… li ho sempre in testa. Tu sei uno di quelli del Tempo Antico?

— Avevo tredici anni, quando caddero le bombe. Amavo un mondo, nell’altro mi sento perso. Ma quello vecchio non c’è più. Bisogna seguire la corrente del tempo.


Quel giorno la mia Madam Estelle non scrisse altro sul diario, sebbene non avesse bevuto lo spirito di granturco; anzi quel pomeriggio bevve pochissimo tè. Alle sette la casa era piena di clienti, e le ragazze lavoravano a pieno ritmo, e fino a quel momento Madam Estelle era stata occupata, troppo occupata e preoccupata per scrivere la Storia della sua Vita, e lo sono anch’io, io che scrivo questo libro, perché devo dire come Angus, figlio di Steven, si presentò alla porta secondaria della Casa di Madam Estelle, come un fornitore o un mendicante, e venne fatto entrare dalla ragazza chiamata Solitaire, la quale vide che l’angoscia e la collera gli rodevano il cuore e le viscere, e la stanchezza lo vinceva, e il suo grande cane grigio non poteva proteggerlo. Raccontarlo mi dà da fare e mi preoccupa — è sempre cosi, con le passioni — dovrei scolpire il Padrenostro sui noccioli di ciliegia, ma Dio, non c’è da guadagnarci da vivere.

— Egli vuole entrare, allora? — disse Solitaire, ed egli entrò nella cucina dove Madam Estelle sedeva davanti all’innocente tè del mattino — niente spirito di granturco, solo l’ultima tazza tranquilla di quel giorno — entrò voltandosi indietro a guardare il vicolo, come un uomo inseguito, e chiese di Demetrios, e si senti rispondere che l’uomo Demetrios era andato al Palazzo del Comune qualche ora prima e non era tornato. Brutto affare, — disse Angus.

Solitaire stava guardando dentro di lui: con il suo camice da schiava, le guance sporche di grigio, un turbante di tela rozza sui capelli. Disse: Egli è tutto graffiato dai rovi. Una volta Solitaire si è graffiata con i rovi e ha visto una buca nel ruscello che non aveva fondo, l’acqua nera cadeva nel cuore della terra… egli vuole venire a sedersi e a riposare, proprio egli? — E Angus, nella sua angoscia, vide che era preoccupata per lui in un modo in cui nessuno, prima, si era mai preoccupato.

Ella toccò la testa di Brand. Il cane uggiolò dolcemente e appoggiò la spalla contro la coscia minuta della ragazza, troppo educato per metterle le zampe addosso, a lei così esile. — Gli sei simpatica, — disse Angus. — Non aver paura né di lui né di me. — Il travestimento da schiava non era infallibile, era una tenda per gli altri. Egli guardò oltre, senza neppure notarlo, e scoprì il cuore della stranezza.

Ella disse: — Solitaire non ha paura. Oh, ella ha trovato l’affetto e la bontà qui, un po’ di tempo fa. Ma cos’è successo, che ha fatto male a lui?

Angus era sbalordito. Nello sfinimento e nel turbamento, dopo la notte di violenza (dopotutto lo sappiamo tutti, e potete saperlo anche voi, che sua madre era diventata l’amante del Senatore Pry, l’uomo del giorno, e strumento di Re Brian nell’epurazione, il che era un po’ come pisciare sulla memoria di suo padre, e per Angus l’amabilità della vita nella Città Interna era stata strappata via come il coperchio d’una fogna) nella sua infelicità Angus capì che Solitaire si riferiva a lui. — Oh, — disse. — Anch’io ho visto le acque nere. Sapevo che c’erano, dovevo saperlo.

— Bene, — disse Madam Estelle, — siediti, siediti. Prendi un po’ di tè, e cosa vuoi dal nostro uomo Demetrios?

— Devo avvertirlo. Presto, ebbero da lui le informazioni necessarie, il suo nome, la sua posizione nel pazzo mondo, e il suo incontro con Demetrios, o forse devo dire che le ebbe Madam Estelle, perché Solitaire non faceva domande, si aggirava guardandolo, ora dalla luce, ora dall’ombra. Sembrava trasparente, uno spettro di bellezza macchiata portato qua e là dal vento, una luce prigioniera sospinta dal girare di uno specchio.

Ella vedeva un ragazzo dai capelli bruni sfumati di rosso, che ora non portava una tunica bianca anche se sicuramente era nato per portarla, ma una giacca grigia da operaio, un perizoma grigio, sandali lussuosi. Al polso aveva un orologio fantastico, che risaliva chiaramente al Tempo Antico, e alla cintura aveva un coltello dal fodero di pelle; sulla schiena non portava arco e faretra, ma uno di quei lunghi portatutto… nel posto da dove vengo io li chiamiamo zaini. Vide un volto bello e grave — uomo, ragazzo, angelo, non è il caso di chiederselo — che veniva a lei dal nulla: era nei guaì e aveva bisogno di lei.

Angus vide una ragazza che portava segreti innocenti come indumenti protettivi; e così avrebbe sempre pensato di lei, anche quando i segreti vennero messi in disparte.

Perdonatemi se tiro cosi per le lunghe. Prometto di informarvi di tutto, perché avete il diritto di sapere tutto. Ma per me, che racconto la storia, l’essenziale è ciò che vide Madam Estelle: che Solitaire non era uno spettro ma una donna innamorata. Può capitare a chiunque… peccato che di solito non abbiamo un preavviso. E Madam Estelle vide che nello stesso tempo era successo anche ad Angus… una delle coincidenze più rare a questo mondo, e in quasi tutti i mondi che conosco.


Di che parte dell’ovest sei, Demetrios?

— Missouri. A quei tempi lo chiamavano Midwest. Hai viaggiato molto in quella direzione?

— Non molto. Un paio d’anni fa sono arrivato fin sulle coste del Mare d’Acqua Dolce… è così che lo chiamano i trappers; ero con un gruppo di loro, per la stagione. Il nostro campo base era un piccolo villaggio chiamato Shatawka, ci abitavano quasi solo gli indigeni. Chiamavano il mare lago Erie, e dicevano che si poteva bere. Io ci ho provato, bisogna sempre provare tutto… Gesù! Mai fidarti di un indigeno. Però nell’entroterra i ruscelli e le fonti sono buoni da bere. È una brutta zona, per via dei terremoti. Mica scosse forti, ma piccole, tutti i giorni, come se Dio o qualcun altro non la smettesse mai di borbottare. Dicono che un giorno farà venire un terremoto in grande stile. I castori non hanno paura dell’uomo… Ce ne sono tanti, là e più a nord. Prendevamo anche le volpi argentate e le martore… naturalmente quei maledetti ratti rossi continuano a vuotarti le trappole. È facile trovare la selvaggina. Mentre c’eravamo noi, ci fu una gran paura per via di un puma… derubava un villaggio più a nord, ma noi non l’abbiamo mai visto. Non l’ho mai visto, e qualche volta mi domando se non se lo fosse inventato la gente…

Una voce disinvolta, gutturale, una faccia tozza, dall’aria innocente, sulla trentina, nella luce delle candele… Demetrios provò un senso di calore umano nei suoi confronti. Insicuro e teso, come se si fosse già avventurato a sfidare le strade e le foreste, con le forze che lo abbandonavano e senza una meta, trovava incoraggianti i discorsi di Bosco. Bosco non era un narratore: conosceva quelle cose direttamente, con i suoi sensi e con pochissima immaginazione: il contatto di una mano sul remo; il buio, il fetore acre, i pericoli di una miniera; il silenzio della giungla che non è silenzio ma ribollire di vita, la passione latente nella sovrabbondanza, una pazienza come la lenta, ardente pazienza del serpente, un’attesa che può prorompere in un ruggito o in un grido, ma solo per qualche ragione. Serviva a passare il tempo…

— Spero di avere anch’io diritto

A una dimora in cielo…

— Non canta mai altro?

— No, da quando sono qui io, solo quei due versi. E le sue vitamine. È un po’ a casa sua, qui, dice Putney… ogni volta che lo lasciano andare fa subito qualcosa di sporco per tornare. Vedi… stufato nutriente, nessuna preoccupazione tranne le sue vitamine, chissà cosa sono. La cella numero uno… è diverso. Hanno portato qui quell’uomo ieri notte, lo hanno buttato dentro… non ce la faceva a camminare. Per un po’ non ho sentito altro, di lui, se non il respiro. L’ho chiamato e ho bussato sul muro, non è servito a niente, e non sono riuscito a cavare una parola da Putney. E non ho più sentito il respiro, da quando hanno condotto dentro te. Il piatto che Putney ha portato via non era stato toccato. Lasciano morire la gente apposta incidentalmente, qui a Nuber?

— Non l’avevo mai creduto. — E che ne sai tu di tutto, Demetrios, tu che ti sei riempito la mente di fantasie e dì addii, mentre un altro mondo ti cresceva intorno…

Forse è solo Put. Un gatto furbo, quello. L’uomo può restare là dentro morto per giorni e giorni, intanto che Put aspetta che i suoi superiori gli dicano cosa deve fare. Ascolta!…

Un rumore soffocato nella stanza di Putney… dopo un attimo la porta si aprì, rivelando una più forte luce di candele e Putney che giaceva sulla sua branda, ad occhi sbarrati, legato e imbavagliato. Un ragazzo, un cane e un uomo si precipitarono alla porta della cella, mentre Garth restava a far la guardia a Putney. Angus si sfilò la maschera fatta con una calza e la ripose nella giacca grigia. Accanto a lui, rigido e con il pelo irto sul dorso, Brand studiava il buio e gli odori. — Accidenti! — Angus stava lottando con la chiave.

— Forse non è quella giusta, — disse Frankie, a ragione. Angus spalancò l’uscio. — Il cervello della banda, — disse il ragazzo con la maschera.

Angus strinse Demetrios in un rapido abbraccio, baciandogli le guance ispide. — Temevo per te. Ti hanno?…

— No, niente di male. Sto benissimo. — Lo stordimento turbinava in lui. Chi sa riconoscere la gioia e il dolore al momento della loro presenza? Solo le intensità diverse della luce; più tardi, ricordando, diamo loro un nome. — Questo è Bosco, che vuole venire con noi. Conosce le foreste e le strade, e posti che non abbiamo mai sentito nominare.

— Avvicinati un po’ di più, Bosco, ti dispiace? Sono miope. — Bosco entrò nel campo dell’implacabile ispezione. Angus, il ragazzo cortese e confuso di ieri non era sparito, ma semplicemente nascosto in Angus il comandante, perché non c’era tempo per lui. — Bene… bene. Vieni con noi. — Sembrava che nessuno contestasse ad Angus il diritto di decidere. In quella situazione critica, qualcuno doveva essere lì, pronto, con un sì o un no razionale: tanto valeva fosse Angus, il quale diceva che il potere fa schifo, ma ne capiva l’esercizio.

— Sono dentro per aver rubato un maialino da latte, Mister.

— Magari ti chiederò di insegnarmi come si fa. Ne è rimasto un po’?

— L’hanno preso i poliziotti. — Bosco guardava nella cella numero uno, e quando Demetrios stava per raggiungerlo, gli borbottò sottovoce: — Tieni lontano il ragazzo.

L’uomo nella cella numero uno era disteso nudo sul pavimento, a bocca aperta, il sangue raggrumato sulle ferite; il suo petto era immobile, e Demetrios lo conosceva. Demetrios si voltò e passò un braccio intorno alle spalle di Frankie. — Andiamo a parlare con Garth. — Passando davanti ad Angus, indicò la cella numero uno con un movimento degli occhi. — Holman Shawn.

Nella stanza di Putney, Garth stava di guardia alla porta d’ingresso: dai fori della maschera scintillava un fuoco azzurro. — Tutto bene, uomo Demetrios?

— Tutto bene, Garth.

— Del tuo sogno, mia zia ha detto… — Garth lanciò un’occhiata alla faccia arrossata e attenta di Putney. — Beh, più tardi.

— Voglio le mie vitamine, voglio le mie vitamine.

— Le avrai, le tue vitamine, nonno, — disse la voce cordiale di Bosco.

— Davvero? Dio ti benedica.

— Spero di avere anch’io diritto

A una dimora in cielo…


Dalla curva del braccio di Demetrios, Frankie alzò gli occhi e fece una domanda che era già una risposta: — Cosa c’era nell’altra cella, che non volevi lasciarmi vedere?

Demetrios ricordò: a dodici anni solo uno sciocco non sa che l’altra faccia della medaglia è il dolore; e Frankie non era uno sciocco. — Un morto, Frankie… Era un abramita. L’hanno lasciato lì dopo averlo picchiato. L’hanno lasciato morire. — Frankie sbarrò gli occhi insondabili: l’oceano non pensa al perdono. — È l’altra faccia, Frankie. L’altra faccia del giorno più avventuroso delle nostre vite.

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