23 La prova

Con uguale diffidenza Nynaeve guardò la vasta sala nei sotterranei della Torre Bianca e Sheriam, al suo fianco. La Maestra delle Novizie pareva ansiosa, forse persino un po’ impaziente. Nei pochi giorni trascorsi a Tar Valon, Nynaeve aveva visto sul viso dell’Aes Sedai solo serenità e sorridente accettazione d’eventi che sarebbero giunti al momento stabilito.

La sala dal soffitto a cupola era scavata nel letto di roccia dell’isola; la luce dei lumi posti su alti palchi si rifletteva sulle pareti chiare di pietra levigata. Al centro, sotto la cupola, c’era una costruzione composta di tre archi d’argento, arrotondati, ciascuno abbastanza alto da camminarci sotto, disposti a triangolo sopra uno spesso anello d’argento, con gli apici a contatto. Archi e anello erano un solo blocco. Nynaeve non scorgeva che cosa ci fosse all’interno: tra gli archi le luci guizzavano in maniera bizzarra e le davano un senso di nausea, se le fissava a lungo. Dove gli archi toccavano l’anello, un’Aes Sedai sedeva a gambe incrociate sul nudo pavimento di pietra e fissava l’argentea costruzione. Un’altra stava nei pressi, accanto a un normale tavolo sul quale erano posti tre calici d’argento. Ciascuno di essi conteneva acqua pura. Le quattro Aes Sedai portavano lo scialle dell’Ajah d’appartenenza, come Sheriam: frangia azzurra per quest’ultima, rossa per la donna di carnagione scura accanto al tavolo, verde, grigia e bianca per le tre alla base degli archi. Nynaeve indossava ancora uno degli abiti ricevuti a Fal Dara, verde chiaro ricamato a fiorellini bianchi.

«Prima mi lasciate a girarmi i pollici da mattina a sera» brontolò «e ora avete fretta.»

«L’ora non aspetta donna» replicò Sheriam. «La Ruota gira e ordisce come vuole... e quando vuole. La pazienza è una virtù che va imparata, ma tutte dobbiamo essere pronte in qualsiasi istante.»

Nynaeve cercò di non fissarla con odio. La caratteristica più irritante di quella Aes Sedai dai capelli color fiamma era che a volte parlava come se citasse sempre dei proverbi. «Cos’è quell’affare?»

«Un ter’angreal.»

«Be’, non mi dice niente. Cosa fa?»

«I ter’angreal fanno molte cose, bambina. Come gli angreal e i sa’angreal, sono anch’essi resti dell’Epoca Leggendaria che usano l’Unico Potere, pur essendo meno rari degli altri due. Alcuni ter’angreal, come questo, devono essere messi in funzione da Aes Sedai; altri invece reagiscono alla semplice presenza di qualsiasi donna in grado d’incanalare il Potere. Si pensa che ce ne siano perfino alcuni che funzionano con qualsiasi donna. A differenza degli angreal e dei sa’angreal, furono costruiti per funzioni specifiche. Nella Torre ne abbiamo un altro che rende vincolanti i voti. Quando sarai Sorella a pieno titolo, prenderai i voti finali reggendo in mano proprio quel ter’angreal. Non dire parola che non sia vera. Non fare arma con cui un uomo ne uccida un altro. Non usare mai come arma l’Unico Potere, se non contro gli Amici delle Tenebre o la progenie dell’Ombra o, in caso disperato, per difendere la tua stessa vita, quella del tuo Custode o di un’altra Sorella.»

Nynaeve scosse la testa. Le pareva che fosse un voto troppo vasto e troppo limitato insieme, e lo disse.

«Un tempo alle Aes Sedai non si chiedevano voti. Si sapeva cosa rappresentavano e questo bastava. Molte di noi vorrebbero che fosse ancora così. Ma la Ruota gira e i tempi cambiano. Questi voti consentono alle nazioni di trattare con noi senza paura d’essere vittime del nostro potere. Nel periodo fra le Guerre Trolloc e la Guerra dei Cento Anni abbiamo fatto questa scelta: per questo la Torre Bianca è ancora in piedi e noi possiamo ancora fare del nostro meglio per combattere l’Ombra.» Trasse un respiro profondo. «Luce santa, bambina, dovrei insegnarti in pochi minuti cose che ogni altra donna nella tua situazione avrebbe imparato in anni di studio. Non è possibile. Adesso dobbiamo pensare ai ter’angreal. Non sappiamo perché siano stati costruiti; osiamo servirci solo di un numero limitato di essi; e il modo in cui li usiamo forse è del tutto diverso da quello inteso da chi li costruì. Abbiamo imparato a caro prezzo a non servirci di molti di essi. Non poche Aes Sedai sono rimaste uccise o hanno perduto il Talento, nel tentativo d’imparare a usarli.»

Nynaeve rabbrividì. «E tu vuoi che entri in questo?» Dentro gli archi, la luce ora tremolava meno, ma non per questo Nynaeve scorgeva più chiaramente quel che c’era all’interno.

«Sappiamo cosa fa. Ti metterà faccia a faccia con le tue peggiori paure.» Sheriam sorrise. «Nessuna di noi ti domanderà cos’hai affrontato. Di’ pure solo quel che ti garba. Ognuna è padrona delle proprie paure.»

Vagamente Nynaeve pensò al proprio nervosismo nei confronti dei ragni, soprattutto nel buio, ma non ritenne che Sheriam si riferisse a paure del genere. «Devo solo entrare da un arco e uscire dall’altro? Per tre volte e basta?»

Con un movimento della spalla, l’Aes Sedai, irritata, si aggiustò lo scialle. «Se proprio vuoi semplificare, sì» rispose, asciutta. «Per strada ti ho detto quel che devi sapere della cerimonia, tutto quello che ciascuna ha il permesso di sapere in anticipo. Se tu fossi una novizia, lo sapresti a memoria, ma non preoccuparti d’eventuali errori. Ti suggerirò io, se occorre. Sei sicura d’essere pronta ad affrontare la prova? Se vuoi fermarti ora, posso sempre iscriverti nell’elenco delle novizie.»

«No!»

«Benissimo, allora. Adesso ti dirò due cose che nessuna donna apprende finché non è in questa stanza. La prima è questa: una volta iniziato, devi continuare fino alla fine. Se ti rifiuti, per quanto grande sia il potenziale, sarai gentilmente cacciata fuori della Torre, con tanto argento da mantenerti per un anno, e non avrai più il permesso di tornare.» Nynaeve aprì bocca per dire che non avrebbe rifiutato, ma Sheriam la bloccò con un gesto brusco. «Ascolta e parla quando sai cosa dire. La seconda: sforzarsi, impegnarsi, significa conoscere il pericolo. Qui conoscerai il pericolo. Alcune donne sono entrate e non sono più uscite. Disattivato infine il ter’angreal, loro non c’erano più! E nessuno le ha riviste. Se vuoi sopravvivere, devi essere risoluta. Esita, fallisci, e...» Il suo silenzio fu più eloquente di tante parole. «Questa è la tua ultima possibilità, bambina. Puoi tirarti indietro adesso, proprio ora: t’iscriverò nell’elenco delle novizie e avrai solo un punto a tuo sfavore. Potrai venire qui altre due volte; solo al terzo rifiuto sarai cacciata dalla Torre. Non è vergognoso rifiutare. Molte rifiutano. Io stessa non me la sono sentita, la prima volta. Ora parla pure.»

Nynaeve diede un’occhiata di sottecchi agli archi d’argento. All’interno la luce non tremolava più: c’era un morbido bagliore bianco. Per apprendere ciò che le interessava sapere, aveva bisogno della libertà di domandare concessa alle Ammesse e di studiare per proprio conto, senza altra guida di quella da lei stessa richiesta. Doveva far pagare a Moiraine quel che l’Aes Sedai aveva fatto loro, si disse. «Sono pronta» dichiarò.

Sheriam avanzò lentamente nella stanza. Nynaeve le si affiancò.

Come se fosse un segnale, la Sorella Rossa disse a voce alta, in tono formale: «Chi porti con te, Sorella?» Le tre Aes Sedai intorno al ter’angreal non distolsero l’attenzione.

«Una candidata all’Ammissione, Sorella» replicò Sheriam, nel medesimo tono.

«È pronta?»

«È pronta a lasciarsi alle spalle quel che era e, passando attraverso le paure, a guadagnarsi l’Ammissione.»

«Conosce le proprie paure?»

«Non le ha mai affrontate, ma ora è disposta a farlo.»

«Lasciamo allora che affronti quel che teme.»

Sheriam si fermò a due passi dagli archi e Nynaeve la imitò. «Il vestito» mormorò Sheriam, senza guardarla.

Nynaeve arrossì per essersi già dimenticata le istruzioni ricevute da Sheriam mentre scendevano nella sala. Si tolse in fretta vestiti, scarpe e calze. Per un momento, mentre piegava gli indumenti e li metteva ordinatamente da parte, quasi dimenticò gli archi. Nascose sotto la veste l’anello di Lan: non voleva che nessuna lo vedesse.

La pietra era fredda, sotto i piedi scalzi. Nynaeve si sentì venire la pelle d’oca, ma si tenne dritta e respirò lentamente. Non avrebbe mostrato paura.

«La prima volta» disse Sheriam «è per quel che fu. La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare.»

Nynaeve avanzò sotto gli archi ed entrò nel bagliore. Ne fu circondata, come se l’aria stessa scintillasse, come se lei annegasse nella luce. La luce era dappertutto. La luce era tutto.

Nynaeve trasalì, accorgendosi d’essere nuda, e rimase a guardare, stupita. Aveva ai lati due muri di pietra, alti il doppio di lei e lisci, come levigati. Calpestava un selciato polveroso e diseguale. Il cielo pareva piatto e plumbeo, per quanto privo di nuvole, e il sole era rigonfio e rosso. Nelle due direzioni c’erano aperture nei muri, segnate da basse colonne a base quadrata. I muri le restringevano il campo visivo, ma il terreno procedeva in pendenza, sia davanti, sia alle spalle. Dalle aperture scorgeva altri muri e passaggi fra l’uno e l’altro. Si trovava in un gigantesco labirinto.

"Dove mi trovo? Come sono giunta qui?" Simile a una diversa voce, le giunse un altro pensiero. “La via del ritorno si presenterà solo una volta."

Scosse la testa. «Se c’è solo una via per tornare, non la troverò restando ferma qui» disse ad alta voce. Almeno, l’aria era calda e secca. «E spero di trovare dei vestiti, prima d’incontrare delle persone.»

Vagamente ricordò quando da bambina giocava al labirinto sulla carta: c’era un trucco per trovare la via d’uscita, ma lei non riusciva a farselo venire in mente. Ogni cosa del passato le pareva vaga, come accaduta a un’altra persona. Si mosse, seguendo con la mano il muro: con i piedi scalzi sollevava sbuffi di polvere.

Alla prima apertura si ritrovò a scrutare un altro passaggio che non pareva affatto diverso da quello dove già si trovava. Trasse un gran respiro e tirò dritto, attraverso altri passaggi che parevano tutti identici. Dopo un certo tempo giunse a una biforcazione. Svoltò a sinistra e dopo un poco si trovò di fronte a una seconda biforcazione. Anche qui girò a sinistra. Alla terza biforcazione, la svolta a sinistra la portò davanti a un muro cieco.

Risoluta, tornò sui suoi passi e all’ultima biforcazione svoltò a destra. Stavolta le occorsero quattro svolte a destra prima di trovarsi davanti a un muro cieco. Per un momento rimase a fissarlo. «Come sono capitata qui?» disse ad alta voce. «Dove si trova, questo posto?» E pensò: “La via del ritorno si presenterà solo una volta".

Tornò di nuovo indietro. Era sicura che c’era un trucco, nel labirinto. All’ultima biforcazione girò a sinistra, poi a destra alla successiva. Proseguì, con determinazione. Sinistra, poi destra. Dritto, fino a una biforcazione. Sinistra, poi destra.

Le parve che funzionasse. Almeno, aveva già superato una decina di biforcazioni, senza trovarsi di fronte a un muro cieco. Arrivò a un’altra biforcazione.

Con la coda dell’occhio colse un rapido movimento. Si girò a guardare, ma c’era solo il passaggio polveroso fra due muri di pietra liscia. Si mosse per svoltare a sinistra... e si girò di scatto, a un altro movimento scorto di sfuggita. Non c’era niente, ma questa volta era sicura che c’era stato qualcuno, dietro di lei. Che c’era qualcuno. Si avviò a passi rapidi e nervosi nella direzione opposta.

Ancora varie volte, proprio al limitare del campo visivo, sull’uno o l’altro lato del passaggio, scorse una figura: si muoveva troppo rapidamente per farsi distinguere e spariva prima che lei potesse girare la testa e guardare bene. Si mise a correre. Quand’era bambina, nei Fiumi Gemelli, pochi ragazzi riuscivano a batterla nella corsa. I Fiumi Gemelli? Che cos’erano?

Da un’apertura di fronte a lei uscì un uomo. Era vecchio; indossava abiti scuri dall’aria ammuffita, quasi consumati. Vecchissimo. Pelle simile a pergamena screpolata si tendeva sul cranio, come se al di sotto non ci fosse carne. Esili ciuffi di capelli secchi coprivano lo scalpo pieno di croste; gli occhi infossati parevano scrutare da due grotte.

Nynaeve si fermò di colpo e sentì sotto i piedi le pietre scabre.

«Sono Aginor» disse il vecchio, con un sorriso. «Sono venuto per te.»

Nynaeve si sentì balzare in gola il cuore. Uno dei Reietti. «No. No, non è possibile!»

«Sei graziosa, ragazza. Ti gradirò molto.»

All’improvviso Nynaeve ricordò di non avere addosso neppure uno straccetto. Arrossì, solo in parte di collera, e con uno strillo imboccò di corsa il passaggio laterale più vicino. Fu seguita da una risata chioccia e dal rumore di piedi che parevano uguagliare la sua velocità e dalla rivoltante descrizione di quel che lui avrebbe fatto non appena l’avesse raggiunta.

Disperatamente cercò una via d’uscita. Scrutò qua e là, frenetica, senza rallentare la corsa. “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare." Vedeva solo altri tratti di quel labirinto senza fine. Per quanto in fretta corresse, le parole sconce le giungevano sempre da un punto appena alle sue spalle. A poco a poco sentì che la paura si era mutata in collera.

«La Luce lo incenerisca!» singhiozzò. «Non ne ha il diritto!» Nell’intimo sentì una fioritura, una schiusura, un dispiegamento alla luce.

A denti snudati si girò per affrontare l’inseguitore, proprio mentre Aginor compariva a tutta velocità, ridendo.

«Non hai nessun diritto!» gridò Nynaeve. Spinse il pugno verso di lui e allargò le dita come se gli tirasse un sasso. Non fu molto sorpresa nel vedere che una palla di fuoco le schizzava dalla mano.

La palla esplose contro il petto di Aginor e sbatté a terra il Reietto. Per un istante Aginor giacque disteso scompostamente, poi si alzò, barcollando. Parve non accorgersi che il davanti della giubba aveva preso fuoco. «Tu osi? Tu osi!» Fremette e la saliva gli colò sul mento.

A un tratto nel cielo s’addensarono nuvole minacciose, grigie e nere. Un fulmine saettò, dritto verso il cuore di Nynaeve.

Per un attimo a Nynaeve parve che il tempo rallentasse, come se il battito del cuore avesse una durata infinita. Sentì dentro di sé il flusso (Saidar, le disse un pensiero remoto) e nel fulmine il flusso di risposta. Modificò la direzione del flusso. Il tempo balzò avanti.

Con uno schianto il fulmine mandò in frantumi la pietra al di sopra della testa di Aginor. Il Reietto sbarrò gli occhi, barcollò e arretrò. «Non puoi! È impossibile!» Balzò via, mentre il fulmine colpiva il punto dove si era trovato e la pietra schizzava una fontana di schegge.

Decisa, Nynaeve avanzò verso di lui. E Aginor fuggì.

Saidar era un torrente tumultuoso dentro di lei. Nynaeve sentiva le pietre intorno a sé e l’aria, sentiva i minuscoli frammenti dell’Unico Potere che le permeavano, che le costituivano. E sentiva Aginor fare... qualcosa, anche lui. Lo sentiva vagamente, in lontananza, come se fosse una cosa che lei non avrebbe mai potuto conoscere sul serio, ma intorno a sé ne vide gli effetti e li riconobbe per quel che erano.

Il terreno brontolò e si sollevò. Muri crollarono davanti a lei, mucchi di pietre le bloccarono la via. Lei si arrampicò, senza badare se gli spigoli aguzzi le tagliavano mani e piedi, senza mai perdere di vista Aginor. Si levò il vento e ululò per i passaggi, contro di lei: infuriò fino ad appiattirle le guance e a farle lacrimare gli occhi, cercò si sbatterla a terra; Nynaeve mutò il flusso e Aginor rotolò nel passaggio come un arbusto sradicato. Nynaeve toccò il flusso nel terreno, lo indirizzò diversamente: mura di pietra crollarono intorno a Aginor e lo imprigionarono. Fulmini caddero intorno al Reietto, fecero esplodere la pietra, sempre più vicino. Nynaeve sentiva che Aginor lottava per respingerla, ma a poco a poco i fulmini avanzavano verso il Reietto.

Qualcosa brillò lontano alla sinistra di Nynaeve, qualcosa portata alla luce dal crollo dei muri.

Nynaeve sentiva Aginor indebolirsi, sentiva i suoi colpi di risposta farsi più deboli, più frenetici. Eppure sapeva che il Reietto non aveva ceduto. Se l’avesse lasciato andare adesso, le avrebbe dato la caccia, appena ricuperate le forze, convinto che dopotutto lei era troppo debole per sconfiggerlo, troppo debole per impedirgli di fare quel che voleva.

Dove prima c’era pietra, adesso si apriva un arco, pieno di luminosità morbida e argentea. La via del ritorno...

Nynaeve capì che il Reietto abbandonava l’attacco, che si sforzava solo di farle cambiare direzione. E che non aveva potere sufficiente per deviare i suoi colpi: Aginor doveva sottrarsi agli schizzi di pietra fusa sollevati dai suoi fulmini, alle esplosioni che lo sbattevano a terra. “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare."

I fulmini smisero di cadere. Nynaeve si girò a fissare l’arco. Tornò a guardare Aginor, appena in tempo per vedere che strisciava sopra il mucchio di pietre e scompariva. Sibilò di rabbia. Gran parte del labirinto era ancora in piedi e c’erano centinaia di nuovi posti dove nascondersi, nelle macerie provocate da lei e dal Reietto. Sarebbe occorso tempo, per ritrovarlo; ma Nynaeve era sicura che, se non l’avesse trovato per prima, lui avrebbe trovato lei. Ricuperate le forze, l’avrebbe assalita quando lei meno se l’aspettava.

"La via del ritorno si presenterà solo una volta."

Spaventata, Nynaeve vide con sollievo che l’arco era ancora lì. Se avesse trovato in fretta Aginor...

"Non esitare."

Con un grido di rabbia, si arrampicò sul mucchio di pietre e si diresse all’arco. «Troverò chi mi ha mandato qui» brontolò «e gli farò desiderare quel che ha avuto Aginor. Gli farò...» Passò sotto l’arco e fu sopraffatta dalla luce.

«Gli farò...» Nynaeve uscì dall’arco. La scena era sempre uguale: il ter’angreal d’argento, le Aes Sedai, la sala. Era emersa dallo stesso arco da cui era entrata.

La Sorella Rossa alzò uno dei calici d’argento e versò sulla testa di Nynaeve un rivolo d’acqua chiara e fresca.

«Sei mondata da qualsiasi peccato tu abbia commesso» intonò «e da quelli commessi contro di te. Sei mondata da qualsiasi crimine tu abbia commesso e da quelli commessi contro di te. Vieni a noi pulita e pura, nel cuore e nell’anima.»

Nynaeve rabbrividì, mentre l’acqua le colava lungo il corpo e sgocciolava sul pavimento.

Sheriam le prese il braccio, con un sorriso di sollievo, ma nel tono non mostrò traccia d’ansia. «Finora vai bene» disse. «Tornare significa andar bene. Ricorda il tuo scopo e andrai bene.» Cominciò a guidarla intorno al ter’angreal, verso il secondo arco.

«Era così reale» disse Nynaeve in un bisbiglio. Ricordava ogni cosa. Ricordava d’avere incanalato l’Unico Potere con la stessa facilità con cui si alza la mano. Ricordava Aginor e le sue minacce. Rabbrividì di nuovo. «Era reale?» domandò.

«Nessuno lo sa» rispose Sheriam. «Sembra reale, nel ricordo; e alcune novizie sono tornate con i segni delle ferite ricevute all’interno. Altre là dentro sono state tagliate a pezzi e sono uscite senza un segno. L’esperienza è sempre differente da una all’altra. Gli antichi dicevano che esistevano molti mondi. Forse questo ter’angreal porta in questi mondi. Ma ha regole assai rigide, per un meccanismo inteso solo a spostare una persona da un posto a un altro. Secondo me, l’esperienza non è reale. Però il pericolo è reale, come coltello conficcato nel cuore.»

«Ho incanalato il Potere. Era facilissimo.»

Sheriam trasalì. «In teoria, è impossibile. Non dovresti nemmeno ricordare d’esserne in grado,» Osservò attentamente Nynaeve. «Eppure non hai riportato danni. Percepisco in te l’abilità, forte come sempre.»

«A sentirti, si direbbe che sia pericoloso» disse lentamente Nynaeve.

Sheriam esitò. «Si ritiene superfluo dare l’avvertimento, poiché non lo si dovrebbe ricordare, ma... Questo ter’angreal fu trovato durante le Guerre Trolloc. Abbiamo negli archivi i resoconti delle Sorelle che lo esaminarono. La prima Sorella a entrarvi fu munita delle più potenti protezioni possibili, dal momento che non si conosceva la funzione del ter’angreal. La Sorella mantenne i propri ricordi e, quando fu minacciata, incanalò l’Unico Potere. Tornò con il talento ridotto in cenere, incapace d’incanalare, incapace perfino di percepire la Vera Fonte. Anche la seconda fu munita di protezioni, eppure fu rovinata nello stesso modo. La terza entrò senza protezioni, all’interno non ricordò niente e tornò senza un graffio. Per questo ti mandiamo senza protezioni. Nynaeve, dentro il ter’angreal non devi più incanalare il Potere. Ti sarà difficile, ma cerca di ricordartene.»

Erano arrivate al secondo arco. Il bagliore li riempiva ancora tutt’e tre. Sheriam rivolse a Nynaeve un’ultima occhiata d’ammonimento e la lasciò.

«La seconda volta è per quello che è. La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare.»

Nynaeve fissò il lucente arco argenteo. Che cosa c’era all’interno, questa volta? Le altre aspettavano, osservavano. Nynaeve avanzò con decisione nella luce.

Con sorpresa fissò la comune veste marrone che indossava, poi trasalì. Perché fissava il proprio vestito? “La via del ritorno si presenterà solo una volta."

Si guardò intorno e sorrise. Si trovava a Emond’s Field, al limitare del Parco, circondata di case dal tetto di stoppie, proprio di fronte alla locanda Fonte di Vino. La Fonte stessa sgorgava da un affioramento roccioso al centro del Parco e formava il ruscello che scorreva a levante, sotto i salici, a lato della locanda. Le vie erano deserte, ma a quell’ora del mattino quasi tutta la gente era già al lavoro.

Nel guardare la locanda, Nynaeve perdette il sorriso. L’edificio pareva abbandonato: l’intonaco era sbiadito, un’imposta penzolava, l’estremità d’una trave ormai marcia era visibile da uno squarcio nelle tegole. Cosa gli era preso, a Bran? Era tanto impegnato a fare il Sindaco da lasciare che la locanda andasse in malora?

La porta si spalancò e ne uscì Cenn Buie, che si fermò di botto, vedendo lei. Il vecchio costruttore di tetti di stoppie era nodoso come una radice di quercia e le rivolse un’occhiata altrettanto amichevole. «Ah, così sei tornata, eh? Be’, puoi anche andartene di nuovo.»

Nynaeve inarcò il sopracciglio, mentre Cenn Buie le sputava ai piedi e si affrettava a sorpassarla. Cenn non era mai stato amabile, ma di rado si mostrava apertamente villano. Con lei, almeno. Nynaeve lo seguì con gli occhi e vide segni di trascuratezza in tutto il villaggio: tetti bisognosi di riparazioni, cortili pieni d’erbacce. La porta della casa di comare al’Caar pendeva di sghembo per un cardine rotto.

Nynaeve scosse la testa ed entrò nella locanda. Ne avrebbe dette quattro, a Bran.

Nella sala comune c’era solo una donna, con la grossa treccia grigia tirata sopra la spalla. Passava sul tavolo uno straccio, ma, da come guardava il piano da pulire, pareva non rendersi conto di quel che faceva. La stanza sembrava piena di polvere.

«Marin?»

Marin al’Vere sobbalzò e fissò l’intrusa. Pareva molto più vecchia di quanto Nynaeve non ricordasse. Consumata. «Nynaeve?» disse. «Nynaeve, sei tu! Egwene? Hai riportato Egwene? Avevi detto che l’avresti riportata.»

«Io...» Nynaeve si toccò la testa. Dov’era, Egwene? Avrebbe dovuto ricordarlo. «No, non l’ho riportata.» “La via del ritorno si presenterà solo una volta."

Comare al’Vere si lasciò cadere su di una sedia. «Ci speravo tanto. Da quando Bran è morto...»

«Bran... morto?» Nynaeve non riusciva a immaginarlo: quell’uomo aperto e sorridente aveva sempre dato l’impressione d’essere eterno. «Sarei dovuta essere qui.»

Marin saltò in piedi e corse a scrutare ansiosamente dalla finestra il Parco e il villaggio. «Se Malena sa che sei qui, saranno guai. Cenn è appena andato a cercarla. Ora è lui, il Sindaco.»

«Cenn? Come hanno fatto, quegli scemi, a scegliere Cenn?»

«Grazie a Malena. Ha convinto ogni donna della Cerchia a spingere il marito a scegliere Cenn.» Marin premette quasi il viso contro il vetro, nel tentativo di guardare da tutte le parti nello stesso tempo. «Quegli sciocchi di uomini non parlano mai del nome che metteranno nell’urna; ognuno avrà votato Cenn, convinto d’essere l’unico costretto dalla moglie e che un solo voto non facesse differenza. Be’, hanno scoperto che si sbagliavano. L’abbiamo scoperto tutti.»

«Chi è questa Malena che tiene in pugno la Cerchia delle Donne? Non l’ho mai sentita nominare.»

«È venuta da Watch Hill. È la Sa...» Marin girò le spalle alla finestra e si torse le mani. «Malena Aylar è la Sapiente, Nynaeve. Visto che non tornavi... Luce santa, spero che non ti scopra qui.»

Nynaeve scosse la testa, meravigliata. «Marin, hai paura di lei. Tremi tutta. Che genere di donna è? Perché la Cerchia delle Donne l’ha scelta?»

Comare al’Vere rise con amarezza. «Eravamo impazzite di sicuro. Malena è venuta a far visita a Mavra Mallen, il giorno prima che Mavra tornasse a Deven Ride; quella notte alcuni bambini s’ammalarono e lei si fermò per curarli; poi le pecore iniziarono a morire e Malena si prese cura anche di questo. Pareva naturale scegliere lei, ma... È una prepotente, Nynaeve. Ti costringe a fare quel che vuole. Non ti dà pace, finché non sei troppo stanca per continuare a dirle di no. E fa di peggio. Una volta ha picchiato Alsbet.»

Nella mente di Nynaeve passò l’immagine di Alsbet Luhhan e di suo marito, Haral il fabbro. Alsbet era alta quasi quanto Haral e robusta di costituzione, anche se graziosa. «Alsbet è forte quasi quanto Haral» disse. «Non posso credere che...»

«Malena non è grande e grossa, ma è... è feroce, Nynaeve. Ha rincorso Alsbet per tutto il Parco, picchiandola con un bastone, e nessuna di noi ha avuto il coraggio di fermarla. Quando l’hanno saputo, Bran e Haral hanno detto che doveva andarsene, anche se interferivano con le faccende della Cerchia delle Donne. Alcune li avrebbero ascoltati, penso; ma quella notte stessa Bran e Haral s’ammalarono e morirono a distanza d’un giorno l’uno dall’altro.» Si morsicò le labbra e si guardò intorno, quasi temesse che qualcuno fosse nascosto nella stanza. Abbassò la voce. «Malena preparò le medicine per loro. Disse che era suo dovere, anche se avevano parlato contro di lei. Ho visto... ho visto semi di finocchio grigio, nella borsa che aveva con sé.»

Nynaeve rimase a bocca aperta. «Ma... Ne sei sicura, Marin? Ne sei certa?» Marin annuì, sul punto di mettersi a piangere. «Marin, se sospettavi che abbia avvelenato Bran, perché non ti sei rivolta alla Cerchia?»

«Disse che Bran e Haral non camminavano nella Luce, parlando in quel modo contro la Sapiente» borbottò Marin. «Disse che erano morti per questo: la Luce li aveva abbandonati. Non fa che parlare di peccato. Disse che Paet al’Caar aveva peccato, parlando male di lei dopo la morte di Bran e di Haral. E lui aveva detto soltanto che non era abile quanto te, nel guarire, Ma lei tracciò sulla porta di Paet la Zanna del Drago, sotto gli occhi di tutti, I due figli di Paet morirono prima che finisse la settimana... la madre andò a svegliarli e li trovò morti. Povera Nela. L’abbiamo trovata che vagava, ridendo e piangendo insieme, gridando che Paet era il Tenebroso e che aveva ucciso lui i bambini. Paet s’impiccò il giorno dopo.» Rabbrividì e abbassò la voce al punto che Nynaeve l’udiva appena. «Ho quattro figlie ancora vive sotto il mio tetto. Vive, Nynaeve. Capisci cosa voglio dire? Sono ancora vive e voglio che continuino a vivere.»

Nynaeve si sentì gelare fino alle ossa. «Marin, non puoi permettere una cosa del genere.» “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare." Scacciò il pensiero. «Se la Cerchia delle Donne si unisce, potete liberarvi di lei.»

«Se si unisce contro Malena?» replicò Marin, con una risata che era quasi un singhiozzo, «Abbiamo paura di lei. Ma è abile con i bambini. Ci sono sempre bambini ammalati, di questi tempi, però Malena fa del suo meglio. Quando la Sapiente eri tu, quasi nessuno morì di malattia.»

«Marin, dammi retta. Non capisci perché ci sono sempre bambini malati? Se non riesce a incutervi paura, vi fa credere d’essere indispensabile per curare i bambini. Provoca lei la malattia, proprio come ha avvelenato Bran.»

«Non è possibile» alitò Marin. «Non ne avrebbe il coraggio. Non con i piccini.»

«Invece sì, Marin.» “La via del ritorno..." Nynaeve scacciò risolutamente quel pensiero, «C’è qualcuna, nella Cerchia, che non abbia paura? Qualcuna che mi ascolti?»

«Nessuna» rispose Marin. «Ma forse Corin Ayellin ti ascolterà. Se ti ascolta, potrebbe convincerne un altro paio. Nynaeve, se hai dalla tua parte un numero sufficiente di donne, sarai di nuovo la nostra Sapiente? Ti ritengo l’unica che non si piegherebbe a Malena, anche se tutte sappiamo la verità. Non sai di che forza è lei.»

«Sarò di nuovo la vostra Sapiente.» “La via del ritorno... No! Questo è il mio villaggio!" «Prendi il mantello e andiamo da Corin.»

Marin esitava a lasciare la locanda; quando Nynaeve la convinse a uscire, si soffermò su ogni gradino, guardandosi intorno.

Prima d’essere a metà strada dalla casa di Corin Ayellin, Nynaeve vide una donna alta e magra attraversare la parte opposta del Parco, diretta alla locanda, mozzando con una sferza di salice la punta delle erbacce. Per quanto pelle e ossa, dava l’impressione di forza e aveva un’aria decisa. Cenn Buie si affannava per starle al passo.

«Malena» disse Marin, tirando Nynaeve nello spazio fra due case e parlando in un bisbiglio, quasi temesse che l’altra udisse anche dalla parte opposta del Parco. «Sapevo che Cenn sarebbe andato a chiamarla.»

Una sensazione spinse Nynaeve a girare la testa e guardarsi alle spalle. Dietro di lei c’era un arco argenteo, che andava da una casa all’altra e risplendeva di luce bianca. “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare."

Marin strillò piano: «Ci ha viste. La Luce ci protegga, viene da questa parte!»

La donna alta tagliò per il Parco e lasciò Cenn fermo e incerto. Ma non c’era incertezza, sul viso di Malena. Camminava lentamente, come se non ci fosse speranza di sfuggirle, con un sorriso crudele che si allargava a ogni passo.

Marin tirò Nynaeve per la manica. «Dobbiamo scappare. Dobbiamo nasconderci. Nynaeve, vieni. Cenn le avrà detto chi sei. E lei patisce perfino che qualcuno ti nomini.»

L’arco argenteo attirava gli occhi di Nynaeve. “La via del ritorno..." Nynaeve scosse la testa e si sforzò di ricordare. “Non è reale." Guardò Marin: il terrore puro le distorceva il viso. “Non devi esitare, per sopravvivere."

«Ti prego, Nynaeve. Mi ha vista con te. Mi ha vista! Ti prego, Nynaeve!»

Malena venne più vicino, implacabile. “La mia gente." L’arco risplendeva. “La via del ritorno. Non è reale."

Con un singhiozzo, Nynaeve liberò il braccio dalla stretta di Marin e si tuffò nel bagliore argenteo.

L’urlo di Marin l’inseguì. «Per amore della Luce, Nynaeve, aiutami! Aiutami!»

Il bagliore l’avviluppò.

A occhi sbarrati, barcollando, Nynaeve uscì dall’arco, a malapena consapevole della sala e delle Aes Sedai. L’ultimo grido di Marin le risuonava ancora nelle orecchie. Non trasalì neppure, quando a un tratto si sentì versare in testa un rivolo d’acqua fredda.

«Sei mondata del falso orgoglio. Sei mondata della falsa ambizione. Vieni a noi pulita e pura, nel cuore e nell’anima.» Mentre l’Aes Sedai Rossa arretrava d’un passo, Sheriam si affiancò a Nynaeve.

Quest’ultima sobbalzò, poi capì di chi si trattava. Con tutt’e due le mani l’afferrò per il collo della veste. «Dimmi che non era reale! Dimmelo!»

«Brutta esperienza?» Sheriam la costrinse ad aprire le mani, come se fosse abituata a simili reazioni. «E la terza volta è peggiore delle altre due.»

«Ho abbandonato la mia amica... ho abbandonato la mia gente... nel Pozzo del Destino, per tornare.» “Luce santa, fa’ che non sia stato reale. Non è vero che ho abbandonato... Gliela farò pagare, a Moiraine! Devo fargliela pagare!"

«C’è sempre una ragione per non tornare, qualcosa che te lo impedisce, qualcosa che ti distrae. Il ter’angreal ti monta trappole, ispirandosi alla tua stessa mente, e le rende robuste, più resistenti dell’acciaio e più micidiali del veleno. Per questo lo adoperiamo per la prova. Il tuo desiderio d’essere Aes Sedai deve superare qualsiasi cosa, ti deve permettere d’affrontare qualsiasi prova e di vincere qualsiasi difficoltà. La Torre Bianca non può accettare di meno. Lo esigiamo da te.»

«Esigete moltissimo» replicò Nynaeve. Fissò il terzo arco, mentre Sheriam l’accompagnava in quella direzione. La terza volta era la peggiore. «Ho paura» mormorò. Cosa c’era di peggio dell’esperienza appena affrontata?

«Bene» disse Sheriam. «Tu vuoi diventare Aes Sedai, incanalare l’Unico Potere. Nessuna si dovrebbe accostare alla prova senza paura e timore reverenziale. La paura t’ispirerà prudenza; la prudenza ti manterrà in vita.» Fece girare Nynaeve in modo che si trovasse di fronte all’arco, ma non arretrò subito. «Nessuno ti costringe a entrare per la terza volta, bambina.»

Nynaeve si umettò le labbra. «Se rifiuto, mi caccerete dalla Torre e non mi lascerete più venire.» Sheriam annuì. «E questa è l’esperienza peggiore.» Sheriam annuì di nuovo. Nynaeve inspirò a fondo. «Sono pronta» disse.

«La terza volta» intonò formalmente Sheriam «è per quello che sarà. La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare.»

Nynaeve si lanciò di corsa verso l’arco.

Ridendo, corse fra nugoli turbinanti di farfalle che s’alzavano dai fiori di campo che coprivano d’un tappeto multicolore alto fino al ginocchio il prato in cima all’altura. La sua giumenta grigia si agitò nervosamente, con le redini penzoloni, al limitare del prato e Nynaeve si fermò per non spaventarla maggiormente. Alcune farfalle si posarono sul suo vestito, sui fiori ricamati, o svolazzarono intorno agli zaffiri e alle lunarie che le ornavano i capelli sciolti sulle spalle.

Ai piedi dell’altura, la collana dei Mille Laghi si allargava nella città di Malkier e rifletteva le Sette Torri che sfioravano il cielo, con gli stendardi della Gru Dorata che garrivano in cima tra la foschia. La città aveva mille giardini, ma Nynaeve preferiva il prato incolto in cima all’altura. “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare."

Si girò allo scalpitio di zoccoli.

Al’Lan Mandragoran, re di Malkier, smontò dal cavallo da guerra e si mosse verso di lei, tra le farfalle, ridendo. Aveva viso duro, ma il sorriso addolciva i lineamenti di pietra.

Nynaeve lo guardò, sorpresa, quando lui la prese fra le braccia e la baciò. Per un momento gli rimase stretta addosso, senza toccare terra, e rispose al bacio.

Poi lo spinse via e scostò il viso. «No» disse. Spinse più forte. «Lasciami andare. Mettimi giù.» Perplesso, Lan la posò e lei arretrò d’un passo. «Questo, no» disse Nynaeve. «Posso affrontare qualsiasi cosa, ma non questo.» “Per favore, fatemi affrontare di nuovo Aginor." I ricordi turbinarono. Aginor? Non sapeva da dove le giungesse quel pensiero. I ricordi turbinarono, frammentati e mobili come schegge di ghiaccio sulla superficie d’un fiume al disgelo. Nynaeve artigliò i frammenti, cercò qualcosa a cui aggrapparsi.

«Stai bene, amore mio?» domandò Lan, preoccupato.

«Non chiamarmi così! Non sono l’amore tuo! Non posso sposarti!»

Lan la sorprese, scoppiando a ridere. «L’implicazione che non siamo sposati rischia di sconvolgere i nostri figli, moglie mia. E perché non posso chiamarti amore mio? Non ho nessun’altra e non avrò altre.»

«Devo tornare.» Disperatamente cercò l’arco, trovò solo prato e cielo. “Più dure dell’acciaio e più micidiali del veleno. Lan. I figli di Lan. Luce santa, aiutami!" «Devo tornare subito.»

«Tornare? E dove? A Emond’s Field? Se lo desideri. Manderò un messaggio a Morgase e ti farò dare una scorta.»

«Da sola» borbottò Nynaeve, continuando a cercare. “Dov’è? Devo andare." «Non voglio essere coinvolta in tutto questo. Non posso sopportarlo. Devo andare subito!»

«Coinvolta in cosa, Nynaeve? Cosa non puoi sopportare? No, Nynaeve. Qui puoi andare a cavallo da sola, se lo desideri; ma se la regina dei malkieri entrasse nell’Andor senza una scorta adeguata, Morgase si scandalizzerebbe, forse si offenderebbe. Non vuoi offenderla, vero? Credevo che voi due foste amiche.»

Nynaeve si sentì come se l’avessero colpita in testa, con una serie di colpi che la intontivano. «Regina?» disse, esitando. «Abbiamo figli piccoli?»

«Sei sicura di stare bene? Forse è meglio che t’accompagni da Sharina Sedai.»

«No.» Nynaeve arretrò di nuovo. «Niente Aes Sedai.» “Non è reale. Non mi lascerò tirare in questa storia, stavolta!"

«Bene» disse Lan lentamente. «Visto che sei mia moglie, non puoi essere che regina. Siamo malkieri, qui, non gente del meridione. Sei stata incoronata nelle Sette Torri, quando ci siamo scambiati l’anello.» Istintivamente mosse la sinistra: un cerchietto d’oro gli serrava l’indice. Nynaeve diede un’occhiata alla propria mano, all’anello che sapeva vi avrebbe visto; vi chiuse sopra l’altra mano, non sapeva se per nasconderlo o per tenerlo stretto. «Ricordi, ora?» proseguì Lan. Protese la mano, come per accarezzarle la guancia, e Nynaeve arretrò di altri sei passi. Lan sospirò. «Come vuoi, amore mio. Abbiamo tre figli, ma uno solo è ancora piccolo. Maric ti arriva già alla spalla e ancora non ha deciso se ama di più i cavalli o i libri. Elnore ha già cominciato a far girare la testa ai ragazzi, se non tormenta Sharina chiedendole quando avrà l’età giusta per andare alla Torre Bianca.»

«Elnore era il nome di mia madre» disse piano Nynaeve.

«Così hai detto, quando l’hai scelto. Nynaeve...»

«No. Non mi lascerò tirare in questa storia, stavolta. No!» Dietro Lan, fra gli alberi al limitare del prato, vide l’arco d’argento. Prima era nascosto dagli alberi. “La via del ritorno si presenterà solo una volta." Si girò verso l’arco. «Devo andare» disse. Lan le prese la mano e per Nynaeve fu come se i piedi avessero messo radici nella pietra.

«Non so cosa ti turba, moglie mia; di qualsiasi cosa si tratti, dimmelo e sistemerò tutto. Non sono il migliore dei mariti, lo so. Ero tutto spigoli, quando ti ho conosciuta, ma tu almeno ne hai smussati alcuni.»

«Sei il migliore dei mariti» mormorò Nynaeve. Con orrore, si ritrovò a ricordarlo come suo marito, a ricordare risate e lacrime, aspre dispute e dolci riconciliazioni. Erano ricordi sbiaditi, ma li sentiva crescere più forti, più calorosi. «Non posso» disse. L’arco era lì, solo a qualche passo. “La via del ritorno si presenterà solo una volta. Non esitare."

«Non so cosa succede, Nynaeve, ma ho l’impressione di perderti. Non lo sopporterei.» Le accarezzò i capelli. Nynaeve chiuse gli occhi e premette la guancia contro le dita di lui. «Stai con me, sempre.»

«Voglio restare» disse lei, piano. «Voglio stare con te.» Quando riaprì gli occhi, l’arco era scomparso. “...si presenterà solo una volta." «No. No!»

Lan si girò a guardarla in viso. «Cosa ti turba? Devi dirmelo, se vuoi che t’aiuti.»

«Tutto questo non è reale.»

«Non è reale? Prima d’incontrarti, credevo che niente, tranne la spada, fosse reale. Guarda intorno, Nynaeve. Tutto è reale! Quel che tu vuoi sia reale, lo renderemo reale insieme, tu e io.»

Sorpresa, Nynaeve si guardò intorno. Il prato era ancora lì. Le Sette Torri s’innalzavano ancora sopra i Mille Laghi. L’arco era scomparso, ma nient’altro era cambiato. “Potrei stare qui. Con Lan. Niente è cambiato." I suoi pensieri mutarono direzione. “Niente è cambiato. Egwene è da sola nella Torre Bianca. Rand incanalerà il Potere e impazzirà. E cosa ne sarà, di Mat e di Perrin? Possono riprendersi qualche brandello della propria vita? E Moiraine, che ha smembrato la nostra vita, cammina ancora liberamente."

«Devo tornare» mormorò. Incapace di sopportare la pena sul viso di Lan, si staccò da lui. Con lentezza formò nella propria mente un fiore, un boccio bianco su di un ramo di nerospino. Creò spine acuminate e crudeli, desiderò che potessero trapassarle le carni, si sentì come se già pendesse dai rovi del nerospino. Le giunse, appena percettibile, la voce di Sheriam Sedai e l’ammonì sul pericolo d’incanalare il Potere. Il boccio si aprì e Saidar riempì di luce Nynaeve.

«Nynaeve, qual è il guaio?»

La voce di Lan scivolò sulla sua concentrazione; Nynaeve si rifiutò di udirla. Doveva esserci ancora una via d’uscita. Fissò il punto in cui c’era stato l’arco argenteo, cercò di trovarne traccia. Non c’era niente.

«Nynaeve...»

Cercò di raffigurarsi nella mente l’arco, di sagomarlo fino all’ultimo particolare, metallo curvo e lucente, pieno d’un bagliore simile a fuoco niveo. L’arco parve ondeggiarle davanti, fra lei e gli alberi... svanì... comparve ancora.

«...ti amo...»

Nynaeve attinse a Saidar, bevve il flusso dell’Unico Potere, finché non pensò di scoppiare. La brillantezza che la riempiva, che splendeva intorno a lei, le bruciò gli occhi. Il calore parve consumarla. L’arco tremolante si solidificò, rimase davanti a lei. Fuoco e dolore parvero riempirla, bruciarle le ossa; il cranio era fornace ardente.

«...con tutto il mio cuore.»

Nynaeve corse verso la curva argentea, senza guardarsi indietro. Aveva creduto di non avere mai udito niente di più amaro del grido d’aiuto di Marin al’Vere... ma era miele, a confronto della voce angosciata di Lan. «Nynaeve, ti prego, non lasciarmi.»

Il bagliore bianco la consumò.

Nuda, Nynaeve varcò l’arco e cadde sulle ginocchia, a bocca aperta, fra i singhiozzi, con le guance rigate di lacrime. Sheriam si chinò accanto a lei. Nynaeve fissò l’Aes Sedai.

«Ti odio!» riuscì a dire con ferocia, fra i singhiozzi. «Odio tutte le Aes Sedai!»

Sheriam sospirò piano, tirò in piedi Nynaeve. «Bambina, quasi ogni donna che affronta questa prova dice le stesse cose. Non è poco, essere costrette ad affrontare le proprie paure. E questo cos’è?» domandò bruscamente, girando i palmi di Nynaeve.

Le mani di Nynaeve tremarono per un dolore improvviso che lei prima non aveva avvertito. Una lunga spina nera trapassava il centro del palmo. Sheriam estrasse con delicatezza le due spine e Nynaeve sentì il fresco tocco del Talento di Guarigione. Le spine lasciarono una piccola cicatrice sul palmo e sul dorso.

Sheriam corrugò la fronte. «Non dovrebbero restare cicatrici» disse. «E come mai c’erano solo due spine, poste con tanta esattezza? Se tu fossi finita in un cespuglio di nerospino, dovresti essere piena di graffi e di spine.»

«Forse ho pensato d’avere già pagato abbastanza» rispose Nynaeve, in tono amaro.

«C’è sempre un prezzo» ammise l’Aes Sedai. «Vieni, ora. Il primo l’hai pagato. Prendi quel che ti tocca.» Le diede una leggera spinta.

Nynaeve si rese conto che nella sala c’era un numero maggiore di Aes Sedai. C’era l’Amyrlin, con la stola a righe e, ai lati, sette Sorelle, una per ogni Ajah; tutte osservavano Nynaeve. Ricordando le istruzioni di Sheriam, Nynaeve s’inginocchiò davanti l’Amyrlin. Era lei a reggere l’ultimo calice e fu lei a versare lentamente sulla testa di Nynaeve il rivolo d’acqua.

«Sei mondata di Nynaeve al’Meara di Emond’s Field. Sei mondata di tutti i vincoli che ti legano al mondo. Vieni a noi pulita e pura, nel cuore e nell’anima. Sei Nynaeve al’Meara, Ammessa alla Torre Bianca.» Passò il calice a una delle Sorelle e tirò in piedi Nynaeve. «Sei legata a noi, ora.»

Gli occhi dell’Amyrlin parvero mandare un lampo oscuro. Il brivido di Nynaeve non fu causato dal fatto d’essere nuda e bagnata.

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