31 Sulle tracce

Rand non si accorse della presenza di Verin finché l’Aes Sedai non gli prese fra le mani il viso. Per un momento scorse negli occhi della donna la preoccupazione, forse perfino la paura; poi, all’improvviso, si sentì come sotto un getto d’acqua gelida: non bagnato, ma con la pelle d’oca. Rabbrividì e smise di ridere. Verin lo lasciò e si accoccolò accanto a Hurin. La Lettrice guardò con diffidenza l’Aes Sedai. E Rand pure. Che cosa faceva, lì? Come se non lo sapesse.

«Dove sei andato?» domandò Mat, con voce rauca. «Sei scomparso senza una parola e ora ricompari a Cairhien prima di noi. Loial?» L’Ogier si strinse nelle spalle e guardò la folla, agitando le orecchie. Metà della gente non guardava più l’incendio, osservava i nuovi venuti. Alcuni s’avvicinarono per ascoltare.

Rand lasciò che Perrin lo prendesse per la mano e lo tirasse in piedi. «Come avete fatto a trovare la locanda?» domandò. Diede un’occhiata a Verin, in ginocchio, con le mani sulla testa di Hurin. «È stata lei?»

«In un certo senso» rispose Perrin. «Le guardie alla porta volevano i nostri nomi e un tale, uscito dalla guardiola, ha fatto un salto nell’udire quello di Ingtar. Ha detto di non averlo mai sentito, ma aveva sulle labbra un sorriso che gridava ‘bugia’ a un miglio di distanza.»

«Credo di sapere a chi ti riferisci. Ha sempre quel sorriso sulle labbra.»

«Verin gli ha mostrato l’anello» intervenne Mat «e gli ha mormorato qualcosa.» Aveva l’aria da malato, guance rosse e lucide, ma riuscì a sogghignare. «Non ho udito cosa gli ha detto, ma non sapevo se gli sarebbero schizzati gli occhi dalle orbite o se avrebbe prima inghiottito la lingua. Tutt’a un tratto non riusciva a fare abbastanza per noi. Ha detto che ci aspettavi e dove alloggiavi. Si è offerto di guidarci lui stesso, ma ha tirato un sospiro di sollievo, quando Verin non ha accettato.» Sbuffò. «Lord Rand di Casa al’Thor.»

«Una storia troppo lunga per spiegarla ora» disse Rand. «Dove sono Huno e gli altri? Avremo bisogno di loro.»

«A Fuoriporta» rispose Mat, accigliandosi, e proseguì lentamente: «Huno ha detto che preferivano stare lì, anziché dentro le mura. Da quel che ho visto, non gli do torto, Rand, perché abbiamo bisogno di Huno? Li hai trovati?»

Era il momento, capì Rand a un tratto, che aveva cercato di evitare. Inspirò a fondo e guardò negli occhi il suo amico. «Mat, avevo il pugnale e l’ho perduto. Gli Amici delle Tenebre se lo sono ripreso.» Udì gli ansiti di meraviglia dei cairhienesi, ma non vi badò. Giocassero pure il loro Grande Gioco, se volevano; Ingtar era giunto e finalmente lui, Rand, non vi sarebbe stato più implicato. «Però non possono essere tanto lontano.»

Ingtar era rimasto in silenzio; ora avanzò d’un passo e prese per il braccio Rand. «L’avevi? E il...» Diede un’occhiata agli astanti. «E l’altra cosa?»

«Si sono ripresi anche quello» disse Rand, piano. Ingtar batté sulla mano il pugno e si girò; alcuni cairhienesi indietreggiarono, nel vedere la sua espressione.

Mat si morsicò il labbro, poi scosse la testa. «Non sapevo che l’avessi trovato, quindi non è come se l’avessi perduto di nuovo: è solo ancora da trovare.» Era chiaro che parlava del pugnale, non del Corno di Valere. «Lo troveremo di nuovo. Abbiamo due annusatoli, adesso. Anche Perrin è un annusatore. Ha seguito la pista fino a Fuoriporta, quando sei scomparso con Hurin e Loial. Pensavo che fossi semplicemente fuggito... be’, sai cosa voglio dire. Ma dove sei andato? Ancora non riesco a capire come hai fatto a precederci. Quel tipo ha detto che sei qui da diversi giorni.»

Rand lanciò un’occhiata a Perrin ("Anche lui annusatore?" pensò) e scoprì che Perrin lo studiava a sua volta. Gli parve pure che borbottasse qualcosa... L’Ammazza-Ombra? Aveva di certo capito male. Gli occhi gialli di Perrin sostennero per un momento il suo sguardo e parvero contenere segreti su di lui. Rand si disse che si lasciava prendere dalle fantasticherie... no, non era impazzito, non ancora... e distolse lo sguardo.

In quel momento Verin aiutava Hurin, ancora scosso, a mettersi in piedi. «Mi sento a posto come piume d’oca» diceva Hurin. «Ancora un po’ stanco, ma...» Lasciò in sospeso la frase; parve accorgersi di lei solo in quel momento e capire che cos’era accaduto.

«La stanchezza durerà qualche ora» gli disse Verin. «Il corpo fa fatica a guarire in fretta.»

La Lettrice cairhienese si alzò. «Aes Sedai?» disse piano. Verin inclinò la testa e la Lettrice le rivolse una riverenza.

Per quanto dette a bassa voce, le parole Aes Sedai corsero tra la folla, in toni che andavano dallo stupore reverenziale alla paura e all’offesa. Ora tutti guardavano... neppure Cuale badava alla locanda in fiamme. Rand pensò che un po’ di prudenza non era sprecata, in fin dei conti.

«Avete già preso alloggio?» domandò. «Non possiamo discutere qui.»

«Buona idea» disse Verin. «Mi sono già fermata qualche volta al Grande Albero. Andremo lì.»

Loial andò a prendere i cavalli (il tetto della locanda ormai era crollato, ma le stalle erano intatte) e poco dopo percorrevano le vie, tutti a cavallo, tranne l’Ogier, che disse d’essersi riabituato ad andare a piedi. Perrin reggeva la cavezza d’un cavallo da soma.

«Hurin» disse Rand «fra quanto sarai in grado di seguire la loro pista? Ce la farai? Chi ti ha colpito e incendiato la locanda ha lasciato una traccia, vero?»

«Anche subito, milord. Ne sento l’odore nella via. Ma non durerà molto. Non c’erano Trolloc, erano solo persone. E non hanno ucciso nessuno. Amici delle Tenebre, penso, ma non si può essere sicuri, a fiuto. Passerà un giorno, forse, prima che l’odore svanisca.»

«Rand, credo che nemmeno loro sappiano aprire lo scrigno» disse Loial. «Altrimenti avrebbero preso solo il Corno. Sarebbe stato più facile da portare.»

Rand annuì. «L’avranno messo su di un carro o su di un cavallo. Passata Fuoriporta, si uniranno di sicuro ai Trolloc. Allora, Hurin, sarai in grado di seguire le loro tracce.»

«Certo, milord.»

«Perciò ti riposerai, finché non ti sarai ripreso.» L’annusatore pareva tranquillo, ma si teneva abbandonato sulla sella e aveva l’aria stanca. «Nel caso peggiore, ci precedono solo di qualche ora. Se ci diamo da fare...» A un tratto s’accorse che gli altri lo fissavano, Verin e Ingtar, Mat e Perrin. Incosciamente, aveva assunto il comando. Arrossì. «Chiedo scusa, Ingtar. Solo, negli ultimi giorni mi sono abituato a prendere le decisioni. Non volevo mettermi al tuo posto.»

Ingtar annuì lentamente.

«Moiraine ha scelto bene, quando ha detto a lord Agelmar di nominarti mio secondo. Forse sarebbe stato meglio se l’Amyrlin Seat avesse affidato a te il comando.» Scoppiò a ridere. «Tu, almeno, sei riuscito a mettere le mani sul Corno!»

Dopo questa battuta, continuarono in silenzio.

Il Grande Albero pareva la locanda gemella del Difensore del Muro del Drago: un alto edificio quadrato, di pietra, con la sala comune rivestita di pannelli di legno scuro e rifiniture d’argento, e con un grosso orologio sulla mensola del camino. La padrona pareva la sorella di Cuale: comare Tiedra aveva lo stesso aspetto grassoccio, gli stessi modi untuosi... e gli stessi occhi acuti, la stessa aria d’ascoltare quel che c’era dietro le parole. Ma conosceva Verin e il suo sorriso di benvenuto per l’Aes Sedai fu caloroso; non nominò mai le Aes Sedai, ma Rand era sicuro che la donna sapesse.

Tiedra e uno sciame di persone di servizio provvidero a sistemare i cavalli e accompagnarono i clienti nelle loro stanze. Quella di Rand era bella come l’altra andata a fuoco, ma lui era più interessato alla grossa vasca di rame che due servitori portarono a fatica nella stanza e ai secchi d’acqua fumante che le sguattere portarono su dalla cucina. Un’occhiata allo specchio sopra il lavabo gli mostrò un viso che pareva sfregato con la carbonella e la giubba piena di macchie nere.

Rand si spogliò e s’infilò nella vasca; mentre si lavava, cominciò a riflettere. Verin era lì. Una delle tre Aes Sedai che non avrebbero cercato di domarlo né di consegnarlo nelle mani di quelle che l’avrebbero domato. In apparenza, almeno. Una delle tre che volevano fargli credere d’essere il Drago Rinato, per usarlo come falso Drago. Verin rappresentava gli occhi di Moiraine che lo sorvegliavano, la mano di Moiraine che lo muoveva tirando i fili. Ma lui li aveva tagliati, quei fili.

I servitori avevano portato nella stanza le bisacce e un fagotto con abiti puliti. Rand si asciugò e aprì il fagotto... e sospirò. Aveva dimenticato che tutte le altre giubbe erano eleganti come quella buttata sulla spalliera d’una sedia perché la cameriera la pulisse. Dopo un momento, scelse la giubba nera, che sì adattava al suo umore. Nell’alto colletto c’erano aironi d’argento e lungo le maniche erano ricamate due rapide d’argento, acqua che si mutava in spuma contro rocce frastagliate.

Mentre trasferiva varie cose dalla giubba sporca a quella pulita, Rand trovò le pergamene. Senza pensarci, mise in tasca gli inviti e studiò i due biglietti di Selene. Si domandò come era stato così sciocco. Selene era la bellissima figlia d’una Casa nobile. Lui era un pastore che le Aes Sedai cercavano d’usare, un uomo condannato a impazzire, se non moriva prima. Tuttavia, solo a guardare i biglietti, era ancora attratto da lei: quasi sentiva ancora il suo profumo.

«Sono un pastore» disse ai biglietti. «Non un uomo importante. E se potessi sposare una ragazza, sposerei Egwene; ma lei vuol diventare Aes Sedai. E come posso amare una donna, sapendo che finirò per impazzire e forse per uccidere anche lei?»

Le parole però non offuscarono il ricordo della bellezza di Selene, né il modo in cui lei gli scaldava il sangue, solo guardandolo. A Rand parve che Selene fosse con lui nella stanza, quasi sentì il suo profumo, tanto che si guardò intorno e si mise a ridere, vedendo d’essere solo.

«Ho le traveggole, come se fossi già impazzito» borbottò.

D’impulso, tolse la protezione al lume sul comodino e spinse sulla fiamma i due biglietti. Fuori della locanda, il vento crebbe d’intensità, filtrò dagli scuri e alimentò le fiamme che avvolsero i fogli di pergamena. Rand si affrettò a gettarli nel camino spento, per non bruciarsi le dita. Aspettò che l’ultimo frammento annerito si spegnesse, poi si agganciò la spada e uscì.

Verin aveva preso una stanza da pranzo privata, i cui scaffali lungo le pareti scure contenevano più argenteria di quelli della sala comune. Mat faceva il giocoliere, usando tre uova sode al posto delle palle colorate, e cercava di mostrarsi indifferente. Ingtar, con la fronte corrugata, scrutava il camino spento. Loial, che nelle tasche aveva ancora alcuni libri presi a Fal Dara, leggeva seduto accanto a un lume.

Perrin, seduto scompostamente al tavolo, si guardava le mani. Per lui, la stanza odorava della cera d’api usata per lucidare i pannelli di legno. “Era lui” pensava. “Rand è l’Ammazza-Ombra. Luce santa, cosa succede a noi tutti?" Strinse le mani a pugno. “Queste mani erano destinate al maglio da fabbro, non all’ascia da guerra."

All’ingresso di Rand, alzò gli occhi: l’amico gli parve determinato, come se avesse deciso la linea da seguire. L’Aes Sedai indicò a Rand di sedersi di fronte a lei.

«Hurin come sta?» domandò Rand, sistemando la spada in modo da sedersi comodamente. «Riposa?»

«Ha insistito per uscire» intervenne Ingtar. «Gli ho detto di seguire la traccia solo finché non avesse fiutato i Trolloc. Lo raggiungeremo domani. O vuoi partire all’inseguimento stasera stessa?»

«Ingtar» disse Rand, a disagio «sul serio, non volevo prendere il comando. Ho parlato senza riflettere.» Ma non con lo stesso nervosismo che avrebbe mostrato un tempo, pensò Perrin. Ammazza-Ombra. Stavano cambiando, tutt’e tre.

Ingtar non rispose, ma continuò a fissare il camino.

«Ci sono alcune cose che m’interessano moltissimo, Rand» disse Verin, a bassa voce. «Come sei svanito dall’accampamento senza lasciare traccia. Come sei arrivato a Cairhien una settimana prima di noi. Quel funzionario è stato chiarissimo, su questo punto. Avresti dovuto volare.»

Un uovo sodo cadde per terra e si ruppe. Mat però non lo guardò: fissava Rand. Anche Ingtar si era girato. Loial fingeva ancora di leggere, ma aveva l’aria preoccupata e le orecchie dritte.

Perrin s’accorse di fissare anche lui Rand. «Be’, non ha volato» disse. «Non gli vedo ali. Forse ha da raccontarci cose più importanti.»

Verin spostò su di lui l’attenzione, solo per un momento. Perrin riuscì a sostenerne lo sguardo, ma fu il primo ad abbassare gli occhi. Aes Sedai! Perché erano stati così sciocchi da seguire un’Aes Sedai? Rand gli rivolse un’occhiata di gratitudine e Perrin rispose con un sogghigno. Non era il Rand d’una volta... pareva nato con quella giubba elegante che ora gli stava a pennello... ma era pur sempre il ragazzo che aveva visto crescere. Ammazza-Ombra. Un uomo che i lupi guardavano con timore reverenziale. Un uomo in grado d’incanalare il Potere.

«Non c’è nessun segreto» disse Rand. E raccontò con semplicità quel che era accaduto.

Perrin si ritrovò a guardarlo a bocca aperta. Pietre Portali. Altri mondi dove il terreno pareva cambiare posizione. Hurin sulla pista che gli Amici delle Tenebre avrebbero potuto lasciare. E una bellissima donna in pericolo, proprio come nelle storie dei menestrelli.

Mat fischiò piano, stupito. «E lei ti ha riportato indietro? Per mezzo di una di queste... Pietre?»

Rand esitò solo un istante.

«Di sicuro è stata lei» rispose. «Per questo siamo giunti molto prima di voi. Quando Fain arrivò, Loial e io riuscimmo nella notte a riprendere il Corno di Valere. Siamo venuti a Cairhien perché non pensavo di riuscire a passare in mezzo a loro, dopo averli svegliati. Ingtar avrebbe continuato verso meridione, alla loro caccia, e prima o poi sarebbe giunto a Cairhien.»

Ammazza-Ombra. Rand guardò, incuriosito, Perrin e quest’ultimo si rese conto d’avere parlato ad alta voce; ma non tanto da farsi udire dagli altri, pareva, perché nessuno gli rivolse occhiate di curiosità. Ebbe voglia di parlare dei lupi a Rand. Conosceva il segreto di Rand e sarebbe stato giusto che anche lui sapesse il suo. Ma c’era Verin: non poteva parlare di fronte a lei.

«Interessante» commentò l’Aes Sedai, con aria pensierosa. «Mi piacerebbe moltissimo conoscere la ragazza. Se può usare una Pietra Portale... Perfino il nome è poco noto.» Si scosse. «Be’, sarà per un’altra volta. Non dovrebbe essere difficile trovare, fra le Case cairhienesi, una ragazza d’alta statura. Ah, ecco il nostro pranzo.»

Perrin sentì profumo d’agnello ancora prima che comare Tiedra precedesse il piccolo corteo con i vassoi di cibo. Si sentì venire l’acquolina, più per la carne che per i piselli e le zucchine, le carote e i cavoli di contorno, o le pagnotte calde e croccanti. Trovava ancora saporite le verdure, ma a volte, negli ultimi tempi, sognava la carne rossa. Cruda, di solito. Sconcertato, si scoprì a pensare che le belle fettine d’agnello appena tagliate dalla locandiera erano fin troppo cotte. Prese una porzione di tutto. E due porzioni d’agnello.

Fu un pranzo silenzioso, durante il quale tutti erano presi dai propri pensieri. Perrin trovò doloroso guardar mangiare Mat: aveva l’appetito di sempre, malgrado il rossore febbrile del viso, e puliva il piatto come chi fa l’ultimo pasto prima di morire. Perrin cercò di alzare il meno possibile gli occhi dal piatto e rimpianse che lui e i suoi amici avessero lasciato Emond’s Field.

Le cameriere sparecchiarono e uscirono. Verin insistette perché rimanessero tutti insieme fino al ritorno di Hurin. «Potrebbe portarci notizie tali da indurci a partire subito» spiegò.

Mat riprese a fare il giocoliere e Loial si mise di nuovo a leggere. Rand chiese alla locandiera se aveva qualche libro e Tiedra gli portò I viaggi di Jain Farstrider. Un libro che piaceva anche a Perrin: storie d’avventure fra il Popolo del Mare e di viaggi in terre al di là del Deserto Aiel, da dove proveniva la seta. Ma Perrin non aveva voglia di leggere, per cui iniziò con Ingtar una partita sul tavoliere dei sassolini. Quasi tutte le partite terminarono pari, ma Perrin riuscì a vincerne tante quante Ingtar. Sul far della sera, quando tornò Hurin, lo shienarese guardava con rispetto Perrin.

Hurin aveva un sorriso di trionfo e di perplessità insieme. «Li ho trovati, lord Ingtar, lord Rand» disse. «Ho rintracciato il loro covo.»

«Covo?» disse Ingtar, brusco. «Si nascondono qua vicino?»

«Sì, lord Ingtar. Ho seguito dritto al covo quelli che hanno preso il Corno e tutt’intorno c’era l’odore di Trolloc che si aggiravano di nascosto come se non osassero farsi vedere neppure lì. E non c’è da stupirsene.» Ispirò a fondo. «Il covo è il grande palazzo che lord Barthanes ha appena costruito.»

«Lord Barthanes!» esclamò Ingtar. «Ma lui è... è...»

«Ci sono Amici delle Tenebre tanto fra la gente importante quanto fra la gente comune» disse Verin, calma. «I potenti danno all’Ombra la loro anima tanto spesso quanto i deboli.»

Ingtar si accigliò, come se non volesse pensare a queste cose.

«Ci sono guardie» continuò Hurin. «Con venti uomini, non ce la faremo a entrare e a uscire. Cento potrebbero riuscirci, ma duecento sarebbero meglio. Questo è il mio parere, milord.»

«E il re?» domandò Mat. «Se Barthanes è un Amico delle Tenebre, il re ci aiuterà.»

«Sono sicura» disse Verin, ironica «che Galldrian Riatin si muoverebbe contro Barthanes Damodred basandosi solo sulla voce che sia Amico delle Tenebre, e che sarebbe felice della scusa. Sono anche sicura che Galldrian non rinuncerebbe mai al Corno di Valere, una volta che l’avesse in mano sua. Nei giorni di festa lo mostrerebbe al popolo per dire quanto è grande e potente Cairhien. E nessun altro lo vedrebbe.»

Perrin restò sorpreso. «Ma il Corno di Valere dev’esserci, quando sarà combattuta l’Ultima Battaglia. Non può tenerlo per sé.»

«Conosco poco i cairhienesi» disse Ingtar «ma di Galldrian ho sentito parlare abbastanza. Ci festeggerebbe e ci ringrazierebbe per la gloria che abbiamo portato a Cairhien. Ci riempirebbe d’oro e d’onorificenze, E se cercassimo d’andarcene col Corno, ci taglierebbe la testa senza battere ciglio.»

Perrin si passò le dita fra i capelli. Più conosceva i sovrani, meno gli piacevano.

«E il pugnale?» domandò Mat, diffidente. «Quello non lo vorrebbe, no?»

Ingtar lo guardò di brutto e Mat cambiò posizione, a disagio. «So che il Corno è importante» proseguì «ma io non combatterò nell’Ultima Battaglia. Quel pugnale...»

Verin posò le mani sui braccioli della poltrona.

«Galldrian non avrà né l’uno né l’altro» dichiarò. «Ci occorre solo un modo per entrare nel palazzo di Barthanes. Se troviamo il Corno, forse troveremo anche il modo per portarlo via. Sì, Mat, e anche il pugnale. Appena si spargerà la voce che in città c’è un’Aes Sedai... be’, di solito evito questi stratagemmi, ma se confidassi a Tiedra che mi piacerebbe vedere il palazzo di Barthanes, entro un paio di giorni riceverei un invito. E non dovrebbe essere difficile farmi accompagnare da qualcuno di voi. Cosa c’è, Hurin?»

L’annusatore non stava più nella pelle, da quando Verin aveva parlato d’inviti. «Lord Rand ha già un invito» disse, «Di lord Barthanes.»

Perrin fissò Rand; e non era il solo.

Rand tolse dalla tasca della giubba due pergamene sigillate e senza una parola le tese all’Aes Sedai.

Ingtar, stupito, venne a guardare i sigilli, da sopra la spalla di Verin. «Barthanes e... e Galldrian!» esclamò. «Rand, come hai fatto a procurarteli? Cos’hai combinato?»

«Niente» rispose Rand. «Non ho fatto niente. Me li hanno mandati e basta.»

Ingtar lasciò uscire un lungo respiro. Mat era a bocca aperta,

«Be’, li hanno mandati» ripeté Rand, piano. In lui c’era una dignità che Perrin non ricordava: Rand guardava come suoi pari l’Aes Sedai e il lord shienarese.

Perrin scosse la testa. Rand si adattava davvero a quella giubba, Stavano cambiando tutt’e tre.

«Lord Rand ha bruciato tutti gli altri» spiegò Hurin. «Ogni giorno ne arrivavano di nuovi e ogni giorno lui li bruciava. Tranne questi due, naturalmente. Ogni giorno, dalle Case più potenti.» Pareva orgoglioso. « La Ruota del Tempo ci intreccia tutti nel Disegno come vuole» disse Verin, guardando le pergamene «ma a volte ci fornisce ciò che ci serve prima ancora che ne abbiamo bisogno.»

Con indifferenza accartocciò l’invito del re e lo gettò nel camino sui ciocchi freddi. Spezzò l’altro sigillo e lesse. «Sì» disse. «Sì, andrà benissimo.»

«Come faccio a presentarmi?» le domandò Rand. «Sapranno che non sono un lord. Sono un pastore, un contadino.» Ingtar parve scettico. «Davvero, Ingtar. Te l’ho già detto.» Ingtar scrollò le spalle e parve ancora poco convinto. Hurin fissò Rand, con aperta incredulità.

"La Luce mi fulmini” pensò Perrin. “Se non lo conoscessi, nemmeno io ci crederei." Mat guardava Rand, a testa piegata, corrugando la fronte come di fronte a una cosa mai vista prima. Anche lui vedeva Rand sotto una luce nuova.

«Puoi farlo benissimo, Rand» disse Perrin. «Senza difficoltà.»

«Ti troverai meglio» commentò Verin «se non dirai a tutti cosa non sei. La gente vede ciò che s’aspetta di vedere. A parte questo, guarda tutti negli occhi e parla con fermezza. Come hai parlato a me» soggiunse, asciutta; Rand arrossì, ma non abbassò gli occhi. «Non importa cosa dici. Eventuali passi falsi saranno attribuiti al fatto che sei forestiero. Ricorda come ti sei comportato di fronte all’Amyrlin. Se mostrerai la stessa arroganza, ti crederanno un lord anche se fossi vestito di stracci.»

Mat represse una risatina.

Rand alzò le mani. «E va bene. Farò il lord. Ma penso sempre che se ne accorgeranno appena aprirò bocca. Quando?»

«Barthanes ti ha invitato per cinque date diverse: una cade domani sera.»

«Domani!» esplose Ingtar. «Domani sera il Corno potrebbe essere a cento miglia più a valle, via fiume, oppure...»

Verin lo interruppe. «Huno e i tuoi soldati terranno d’occhio il palazzo. Se cercano di portare altrove il Corno, li seguiremo e forse potremo ricuperarlo più facilmente.»

«Può darsi» ammise Ingtar, di malavoglia. «Solo, non mi piace aspettare, ora che il Corno è a portata di mano. Lo avrò! Devo! Devo!»

Hurin lo fissò. «Ma, lord Ingtar, non è questo il modo. Ciò che accade, accade; e ciò che dev’essere...» L’occhiataccia di Ingtar lo zittì.

Ingtar si rivolse a Verin. «Verin Sedai, i cairhienesi tengono molto al protocollo. Se Rand non invia una risposta, Barthanes si riterrà insultato e non ci lascerà entrare, anche con l’invito. Ma se Rand risponde... be’ Fain almeno lo conosce. Rischiamo di metterli sull’avviso e di farci preparare una trappola.»

«Li sorprenderemo» replicò Verin, con un sorriso nient’affatto piacevole. «Ma penso che Barthanes voglia vedere Rand in qualsiasi caso. Amico delle Tenebre o no, non avrà certo rinunciato alle trame contro il trono. Rand, l’invito dice che hai mostrato interesse in un progetto del re ma non precisa quale. Cosa significa?»

«Non so» rispose Rand lentamente. «Da quando sono qui, non ho fatto un bel niente... Un momento! Forse si riferisce alla statua. Abbiamo attraversato un villaggio dove riportavano alla luce una statua gigantesca. Dell’Epoca Leggendaria, dicono. Il re vuole portarla a Cairhien, anche se non so come si possa spostare una statua così grande. Ma ho solo domandato che cos’era.»

«L’abbiamo oltrepassata proprio oggi e non ci siamo fermati a fare domande» disse Verin, lasciandosi cadere in grembo l’invito. «Forse Galldrian non fa una cosa saggia, a dissotterrarla. Non c’è un vero pericolo, ma non è mai saggio, per chi non conosce il fatto suo, impicciarsi in cose dell’Epoca Leggendaria.»

«Che cos’è?» domandò Rand.

«Un sa’angreal» rispose Verin. Lo disse come se fosse davvero cosa di scarsa importanza, ma Perrin a un tratto ebbe la sensazione che Rand e Verin erano entrati in una conversazione privata e dicevano cose che nessun altro poteva udire. «Parte di una coppia: i due più grandi sa’angreal che si conoscano. Una coppia bizzarra, per giunta. Il primo, ancora sotterrato a Tremalking, può essere usato solo da una donna. Questo, solo da un uomo. Furono fabbricati durante la Guerra dei Poteri e dovevano essere armi; ma se c’è qualcosa per cui essere grati, nella fine di quell’Epoca o nella Frattura del Mondo, è proprio il fatto che la fine sia giunta prima che le due armi fossero usate. Insieme, sono abbastanza potenti da provocare una nuova Frattura del Mondo, forse peggiore della prima.»

Perrin strinse i pugni. Evitò di guardare Rand, ma anche con la coda dell’occhio vide che era sbiancato. Pensò che avesse paura e non lo biasimò affatto.

Anche Ingtar parve scosso. «Quella statua dovrebbe essere sotterrata di nuovo, il più profondamente possibile» disse. «Cosa sarebbe accaduto, se Logain l’avesse trovata? O qualsiasi disgraziato in grado d’incanalare il Potere, anche se non si proclama il Drago Rinato? Verin Sedai, devi avvisare Galldrian dei pericoli che corre.»

«Cosa? Oh, non ce n’è bisogno, penso. I due sa’angreal devono essere usati contemporaneamente, per utilizzare l’Unico Potere in quantità sufficiente a provocare la Frattura del Mondo. Era così, nell’Epoca Leggendaria: uomo e donna, insieme, erano dieci volte più potenti di ciascuno da solo. E quale Aes Sedai, al giorno d’oggi, aiuterebbe un uomo a incanalare il Potere? Un’Aes Sedai da sola è abbastanza potente, ma conosco ben poche donne tanto forti da sopravvivere al flusso che passa attraverso il sa’angreal di Tremalking. L’Amyrlin, ovviamente. Moiraine e Elaida. Forse un altro paio. E tre ancora in addestramento. In quanto a Logain, gli sarebbe occorsa tutta la sua forza solo per evitare d’essere ridotto a tizzone bruciato. No, Ingtar, non credo che tu ti debba preoccupare. Almeno, finché il vero Drago Rinato non si manifesta; e allora avremo ben altre preoccupazioni. Pensiamo invece a come agire appena saremo nel palazzo di Barthanes.»

Parlava a Rand. Perrin lo capì; anche Mat, a giudicare dall’aria disgustata, se ne era accorto. Persino Loial si mosse a disagio sulla poltrona. “Luce santa, Rand” pensò Perrin. “Non lasciarti usare da lei!"

Rand premette sul piano del tavolo le mani, con tanta forza da far sbiancare le nocche, ma parlò con voce ferma e non staccò mai lo sguardo dall’Aes Sedai. «Prima dobbiamo riprendere il Corno e il pugnale. E poi basta, Verin. Poi basta.»

Guardando il sorriso di Verin, lieve e misterioso, Perrin provò un brivido. Secondo lui, Rand non sapeva nemmeno la metà di quel che credeva di sapere. Nemmeno la metà.

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