Alex è a casa sua. Sta mettendo velocemente alcune cose nella sua sacca, una camicia, un maglione, calzettoni, mutande e poi il suo beauty già chiuso con dentifricio e spazzolino. "Amore, scusami… Succede che c'è un'urgenza a Milano."

"A Milano? E la cena antistress e il dopocena?"

Alex sorride. "Hai ragione, ma mi sto togliendo un sacco di lavoro proprio per essere più libero dopo. Ci sono gli americani che ci vogliono vedere. Andiamo su alle nove io e Leonardo… e basta…" Come se questo potesse tranquillizzarla. "Ritorno domani sera. Spostiamo tutto a domani sera, va bene?"

"No. Non va bene, Alex. Ma la nostra vita sarà sempre così? Vengo dopo americani, giapponesi, cinesi, russi e chissà quant'altri? Mi stai sposando per mettermi in un angolo?"

"Ma amore, che dici?"

"Dico che non sono al centro. Vengo dopo il tuo lavoro e chissà cos'altro. Oggi avevo bisogno di rilassarmi. Oggi più che mai…"

"Ma amore, hanno mandato un aereo privato a sorpresa…"

"E che me ne frega! Pensi che mi possa colpire che hai un aereo privato? Non hai capito nulla di me…"

"Ma no, non dicevo per quello. Nel senso che non lo sapevo neanch'io che saremmo partiti stasera…"

Troppo tardi. Niki ha chiuso. Alex ricompone subito il numero. Niki vede il telefonino suonare, legge il nome e chiude rifiutando la chiamata. Alex scuote la testa e riprova. Niki rifiuta

di nuovo. Niente da fare. Alex scende veloce da casa e sale sulla macchina di Leonardo che lo sta aspettando sotto.

"Allora? Tutto bene?"

"Macché, Niki si è arrabbiata."

Leonardo sorride e gli dà una pacca sulla gamba. "È sempre così le prime volte, poi si abituano. Devi portarle un bel regalo da Milano!"

"Sì, lo farò." Alex è agitato. Poi pensa a quel dvd che arriverà domani mattina a casa di Niki, e forte di quello si sente un po'"più tranquillo. Lo ha fatto con molto amore, ci ha lavorato a lungo, le piacerà di sicuro. È una sorpresa bellissima, di quelle che piacciono tanto a lei, fatta con il cuore e non certo con i soldi. E così si lascia portare da quella macchina verso l'aeroporto dell'Urbe. Li aspetta un aereo privato che li porterà a Milano per questo incontro importante. Alex si lascia scivolare sul sedile, si rilassa un po'. È stanco, molto stanco, ma presto le cose andranno meglio. Quest'incontro sarà decisivo e anche l'ultimo. Tutto sarà più facile, in discesa. Sì, sarà così. E invece Alex non sa una cosa. Dopo questa sera tutto sarà semplicemente diverso.


Centonove


Cristina e Mattia brindano alzando due calici di prosecco e guardandosi negli occhi. Intorno poca gente, quella di una serata infrasettimanale in una piccola trattoria del centro. Mangiano di gusto, ridono, parlano di tutto, si raccontano storie a vicenda. Mattia è divertente, spigliato, uno che dà sicurezza. Cristina sta bene. Lo guarda. Lo ascolta. Lo trova simpatico. Passano le ore e sembrano minuti. Un po'"si stupisce di se stessa. Di sentirsi così a suo agio. Di aver voglia di flirtare.

"Sai che sei magnifica?" e le sorride intensamente.

"Ma dai, dici a tutte così…"

"Tutte chi?" e Mattia si guarda intorno con aria curiosa. "Non vedo nessun'altra che meriti, qui. E nemmeno altrove. Guarda che mica sono un rimorchione, eh…"

"Ah, no?"

"No! Non è che se uno fa l'istruttore di fitness per forza fa sempre il cretino. Anch'io ho i miei gusti! E tu li rispecchi perfettamente…" e le sfiora la mano. Cristina prima la ritira un po', poi si lascia andare e accetta quel gesto. Mattia le sorride.

"Vuoi qualcos'altro? Magari un dolce?"

"Magari se hanno la crema catalana, sì… tu?"

"No, per carità… hai visto, ho preso solo bistecca e insalata. Seguo una buona dieta per restare in forma. Dissociata. Mai carboidrati a cena. Invece ho visto che tu sei una buona forchetta!"

Cristina lo guarda. "Sì, amo mangiare bene."

"Te lo puoi permettere, sei in perfetta forma. E poi le donne che amano mangiare amano anche godere…" e la guarda con aria maliziosa.

Cristina s'imbarazza. Per togliersi d'impaccio cerca il cameriere e lo chiama. "Scusi…"

"Sì…"

"Avete la crema catalana?"

"Purtroppo no, ma abbiamo sorbetto, torta alle mandorle, tartufo bianco, tiramisù e profitterol…"

"Mmm… allora no, niente dolce, ci porti due caffè, per favore."

"Benissimo." Il cameriere si allontana e sparisce dietro il bancone del bar.

"Ci sei rimasta male che non c'era la crema?"

"Un po'"sì… la catalana mi piace tantissimo…."

"Bè, cercherò di rimediare io…" e le stringe ancora più forte la mano.

Cristina fa una smorfia buffa. Non ci posso credere. Ma lo sto facendo davvero? Sono qui con un ragazzo stupendo che mi sta pure simpatico e dice che sono bella e che gli piaccio. E stiamo per andare via da questo ristorante e forse…

Il cameriere porta i caffè. Cristina e Mattia li bevono al volo. Poi Mattia si alza e va a pagare il conto. Qualche minuto dopo sono in macchina.

"Ti va se prima di riportarti a casa ti faccio vedere la mia? Non è molto lontano da qui, in zona Campitelli. È un appartamento che mi ha lasciato mia nonna, ci sto da due anni. Mi farebbe piacere offrirti il dolce…" e ride.

Cristina sembra un po'"perplessa. "Oh, ma dico davvero, eh, non pensare male! Ho una torta alla crema in frigo! Ne ho mangiata solo una fetta…"

Cristina sorride. "Ok, dai, va bene… basta che non facciamo troppo tardi…"

"Promesso. Guarda, giriamo qua e ci siamo quasi."


Centodieci


Niki è davanti allo specchio, ancora arrabbiata nera. "Non ci posso credere! Non ci posso credere!" Prende il telefonino e lo lancia contro l'armadio. Poi si siede al suo tavolo con le mani nei capelli che le cadono giù sul viso e comincia a piangere stanca, sfinita, esaurita. E proprio in quel momento dalla radio, dopo un po'"di pubblicità, parte la canzone She's the One. La loro canzone. Sua e di Alex quel giorno, quando si sono visti per la prima volta. Quell'incidente. E di nuovo le sembra tutto assurdo. Ma io ho vent'anni e sono qui a disperarmi per colpa della persona che sto per sposare, che preferisce andare a Milano a una riunione con degli americani sconosciuti piuttosto che passare la serata con me, ora che ne ho bisogno, che gliel'ho chiesto, che lo vorrei vicino come non mai. E lui che fa? Se ne frega, se ne va così, come se non ci fossero problemi, come se quello che gli ho detto non fosse importante.

Niki va alla radio e cambia stazione proprio mentre la canzone di Robbie Williams sta dicendo "When you said what you wanna say, and you know the way you wanna play, you'll be so high you'll be flying…". E ne mette un'altra."… e tu che sogni di fuggire via… di andare lontano lontano, andare lontano lontano…" Poster, Baglioni. Ecco. Ho bisogno proprio di questo ora, avrei bisogno di fuggire, di andarmene lontano, un anno in Inghilterra a studiare inglese senza telefonino, senza lasciare l'indirizzo a nessuno, puff, sparire, che bello sarebbe, come avrei bisogno di tutto questo. E si mette le mani con il palmo rovesciato sulla fronte, sugli occhi, e poi tira un lungo respiro cercando di rilassarsi. E un attimo dopo alla radio parte Jovanotti."… dolce fare niente, dolce rimandare, stare con i piedi penzoloni guardando il mondo girare, andare andare aspettare dolcemente l'ora di mangiare, guardare l'erba crescere e l'acqua evaporare, tranquillamente all'ombra di una fresca brezza farsi accarezzare, dare forma tonda a bolle di pensieri che scoppiano nell'aria non appena si fan troppo seri o troppo

pesi, starsene leggeri, trasformare le ore in mesi come foglia lungo il fiume dentro la corrente, dolcemente arresi, sììì, starsene così…" Niki sorride. Le è sempre piaciuta quella canzone, forse perché parla di ribellione e di indipendenza, di grandi spazi lontani. E proprio in quel momento sente un bip del telefono. Ecco, ti pareva. Si sente colpevole e siccome gli ho chiuso il telefono due volte ha pensato di scrivermi un sms. Ma se pensa di risolvere le cose così sta fresco. Niki prende il cellulare e apre il messaggio. Ma la vita è proprio così. Quando meno te l'aspetti, quando non ci pensavi più, quando non lo sai che è quello l'attimo giusto, qualcosa accade. Così, leggendo, arrossisce di colpo.


Centoundici


Olly balla in mezzo al corridoio. Sta bene. Le Onde sono sparpagliate qua e là. La festa in facoltà è riuscita molto bene, il dj è in gamba. Ormai è molto tardi. Sono venute un sacco di persone, qualcuna è fuori sul terrazzo a fumare o a bere. Olly si lascia andare, tiene il ritmo, sorride. Cerca di non pensare a Eddy, a quanto sia impossibile con il suo carattere. Eppure è capace anche di insegnarle la pazienza e a crederci davvero. E poi a Simone. A come l'ha salvata quel giorno, così, spontaneamente, mettendosi a lavorare con lei per quattr'ore filate. E a quella volta nel comprensorio di Chris, quando lo ha incontrato nel cortile. Chissà se l'ha capito. E ancora a Giampi. Non l'ha più cercato anche se ormai sa d'aver sbagliato con tutta quella sua gelosia. E la musica continua. E Olly si muove come fosse una danza tribale che libera la mente, che rilassa, senza bisogno di pasticche e aiuti esterni, senza artifici, solo lei e la canzone, Miles Away di Madonna, e la sua nuova felicità di ragazza che ha raggiunto un risultato importante, ha imparato una lezione e ha incontrato un amico. Un vero amico.

Gli studenti continuano a ballare in mezzo ai corridoi e ai saloni della facoltà. La musica è quella del momento, le migliori hit delle classifiche pop e disco. Erica fa il giro di una colonna e si nasconde.

"Ma che fai?" le chiede Olly.

"Shhh… non ci credo. È venuto!"

"Ma chi?"

"Lui!" e indica qualcuno col dito cercando di rimanere nascosta. Olly si sporge e guarda in giro. Ma non distingue nessuno di conosciuto in mezzo alla folla.

"Senti… io non vedo nessuno di particolare. Me lo dici? Sembri una di Distretto. Che è, segreto di Stato?"

Erica si sporge solo un po'. "Lo vedi quello alto, moro, strafigo, vestito troppo bene?"

Olly esce completamente da dietro la colonna e si mette in

punta di piedi per alzarsi al massimo. "No, ma che fai, così ti vede!"

"Ma chi mi vede? Nemmeno mi conosce!" e continua a guardare.

"Dai, guarda… lo vedi? Guarda guarda!"

Olly si sporge.

"Ma non così, non guardare!"

"Insomma devo guardare o non guardare? Comunque uno alto c'è… ma è vecchio!"

"Ma che vecchio! Non ha nemmeno quarantanni, è tipo Alex!"

Olly si gira e fissa Erica. "No, ma mica sarà… non me lo dire…"

"E non te lo dirò…"

"Ma è il tuo prof?"

Erica annuisce felice. "Sì! Lui! È venuto, capisci, è venuto! In aula c'aveva detto che non lo sapeva e invece è venuto!"

Olly lo riguarda. "A me non sembra "sto granché."

"Perché da quando sei single sei diventata acida! E non ti accorgi delle cose!"

"Mah. Sarà. Comunque che vuoi fare, stai nascosta lì dietro la colonna tutta la sera?"

Erica ci pensa su. "No… voglio andarci a parlare! Stasera mi sento in forma!"

"Ma perché, che vuoi fare, scusa?"

"Vado a ringraziarlo per il bel voto che m'ha dato all'esame!" E senza aggiungere altro esce da dietro la colonna e si butta in mezzo alla sala. Si fa spazio tra la calca e arriva davanti al professor Giannotti che si sta muovendo un po'"rigido, cercando di seguire il ritmo e spostandosi da un piede all'altro.

"Buonasera!"

Giannotti stringe un po'"gli occhi per mettere a fuoco. "Ah! Signorina, è lei. Come va? Si diverte?"

Erica balla meglio che può, cercando di muoversi sensuale e fluida. "Ma prof, dammi del tu! Siamo a una festa! In libertà! Mi chiamo Erica, ricordi?"

Il professore annuisce. "Sì, mi ricordo, hai fatto l'esame con me poco tempo fa e ora segui l'altro mio corso. Ti vedo sempre in prima fila, attenta a prendere appunti."

"È merito tuo! Sei così bravo!" e continua a ballargli davanti.

Dopo qualche minuto gli si avvicina all'orecchio. "Vuoi qualcosa da bere? Vado a prenderlo!"

Marco Giannotti la guarda. "Ma non prendere cose alcoliche…"

Erica sorride maliziosa. "Guarda, prof, che se beviamo un gin tonic va bene, no?" e si allontana senza lasciargli tempo di ribattere.

Olly da lontano osserva la scena. Scuote la testa e raggiunge Niki e Diletta che sono in un angolo a parlare.

"Ma lo sapete che Erica sta rimorchiando il professore?"

Diletta e Niki rimangono a bocca aperta. "Ma dove?"

Olly indica in mezzo alla sala. "Sta lì e balla con lui…"

"Ma che vuole fare?"

"Che ne so… ha detto che deve ringraziarlo per il voto d'esame, ma da come gli si muove davanti mi sa che andrà oltre…"

Intanto Erica si è fatta preparare dal baretto improvvisato due gin tonic e sta tornando in pista dal professore. Lo raggiunge. Gli porge uno dei due bicchieri. E lo invita con un gesto a brindare. Il professore la guarda stupito. Poi alza anche lui il bicchiere e ricambia il brindisi. Dopo alcuni minuti si allontanano dalla pista e si mettono a sedere su delle sedie di legno. Parlano. Scherzano. Giannotti è davvero divertente. Fa un sacco di battute ed Erica ride e lo ascolta ammirata.

"Comunque, signorina Erica, sei davvero forte… non me n'ero accorto…" e glielo dice avvicinandosi all'orecchio. Erica prova un leggero solletico. Si scosta un po'"e lo guarda. Gli sorride. Lui ricambia. E scatta qualcosa. Di nuovo. Indefinito. Diverso. Quello sguardo si prolunga. E poi poche parole. Lui che si alza, lei che lo segue. Olly da lontano la vede allontanarsi. Non è possibile. Ma se ne sta andando con lui… E avverte uno strano presentimento.


Centododici


Niki legge di nuovo il messaggio. "Non credi sia ora di pagare quella scommessa?"

E il cuore inizia a batterle veloce. No. Non è possibile. Guido. Proprio adesso, proprio stasera mi manda questo messaggio? Era destino. Niki risponde veloce.

"Sì. Hai ragione. Ci vediamo all'università tra mezz'ora."

E subito dopo si leva quel vestito blu da grande e torna ragazzina, improvvisamente giovane come non mai, e libera più di sempre. Si infila i jeans scuri e delle scarpe da ginnastica a stivaletto, un golf blu con la zip davanti e le tasche, il cappellino, la sciarpa e il giubbotto sopra.

"Ciao… io esco!" Correndo fuori saluta i suoi e si chiude la porta alle spalle. "Torno tardi…" E corre giù per le scale, fuggendo dalla pesantezza dei giorni passati, da quelle mille decisioni, da quegli invitati e quella festa e quel vestito e quelle sorelle e da lui… E da tutta quella responsabilità. Leggera come non mai.

Niki sale in macchina, accende lo stereo e parte a tutta velocità. Balla su Rihanna, Don't Stop the Music, libera, allegra, andando perfettamente a tempo, piegandosi di lato per seguire tutta la curva. Poi quando si raddrizza ha come un mancamento, le viene meno il respiro, si spaventa. Allora rallenta e accosta la macchina. Le ritorna in mente quel sogno interrotto a metà. Camminava tranquilla sull'Isola Blu quando d'improvviso qualcuno arrivava. Veniva verso di lei, sorridendo. E sì, ora se lo ricorda bene. Quel qualcuno era Guido. Con la sua Micra, Niki si ferma nel piazzale dell'università e spegne. Si guarda in giro. Non vede nessuno. Dovrebbe già essere arrivato. Forse anche questo è un segno del destino. Me ne vado. Ma proprio quando sta per riaccendere, una moto si ferma vicino a lei. La sua moto. Guido ha un bellissimo sorriso. E un secondo casco infilato nel braccio. Niki apre il finestrino.

"Ciao."

"Ciao, Niki… Ti va in moto o preferisci la macchina? Se vuoi ho la mia station, devo solo levare le tavole da sopra…"

Niki sorride. "In moto va benissimo." Scende dalla Micra e la chiude. C'è uno strano silenzio nella piazza, nessuno che passa, non un autobus, non una macchina, non un ragazzo. E più su Niki vede nel cielo una luna nascosta da nuvole leggere, come se non volessero mostrarle qualcosa, anche se è una bellissima notte. E per un attimo ha un piccolo ripensamento. Dove vai? Non andare, torna a casa, non è questa la soluzione. E quasi si risponde. Lo so, ma ho voglia. Voglia di che? Di tutto. Di libertà. E quasi si spaventa dei suoi pensieri. Di quello che non mi è permesso in questo momento. Poi guarda Guido che passandole il casco le sorride e allora le sembra tutto più tranquillo. Sì. Non è la soluzione ma questa uscita ci può stare benissimo. Sì, ho capito, Niki, ma cosa accadrà? Non lo so! Ma non ho neanche voglia di pensarci adesso. Per favore… Basta domande.

Ed eccone una semplice, da Guido. "Dove vuoi andare?" Niki sale dietro. "Ovunque. Voglio perdermi nel vento…" Guido rimane spiazzato. Poi incrocia il suo sguardo ed è un attimo. In quegli occhi vede la donna, la bambina, la voglia di libertà, la ribelle, la fragile, la forte, l'avventuriera. E ancora passione e vita e uno sguardo fermo, che quasi gli fa paura. Poi un sorriso più dolce e quella Niki che semplicemente gli chiede: "Andiamo?".

E in un secondo sono proprio come vuole lei, persi nel vento. Corre la moto, corre lungo il Tevere, veloce, senza nessun problema svicola facilmente tra il noioso traffico, tra autobus pesanti che lenti trasportano gente, incrociando solo semafori verdi, libera come il suo desiderio. E Niki si tiene a Guido che accelera così nella notte, si appoggia sulla sua schiena e rimane immobile a fissare tutto ciò che le sfila davanti, strano quadro cittadino, riflessi di luci, bar che stanno chiudendo, passanti alle fermate degli autobus. Poi si ricorda di qualcosa, si tira su… Fruga nella borsa, lo trova, lo guarda. Nessuna chiamata. E allora spegne il telefonino. Puff. E così è come se avesse staccato quell'ultimo sottile filo, come un semplice elastico che si accorcia di colpo dopo essersi rotto. Ora definitivamente libera si appoggia di nuovo a Guido e lo stringe più forte, lasciandosi portare da quella moto che sempre più veloce la allontana da tutto e tutti.


Centotredici


Poco più tardi. Viale Ippocrate 43. Sahara.

"Guarda, si fa così…" Guido infila le mani lavate da poco e comincia a portarsi del cibo alla bocca. "Questo è il modo di mangiare africano, questa è una vera splendida libertà… Mangiare con le mani!" E continua con la punta delle dita a raccogliere riso e a mischiarlo con ottima carne rossa, lavorata con pepe e spezie, e poi un po'"di fagioli scuri, un sorriso e quello strano cucchiaio umano fa il suo corso. "Prova… Prova anche tu!"

Niki non se lo fa ripetere due volte e, superato il primo sciocco e borghese imbarazzo, infila le dita e comincia a raccogliere quel riso caldo e lo intinge nella salsa lì vicino e poi lo porta alla bocca e le sembra ancora più buono di quello che immaginava. Forse è quel sapore di libertà, forse quella nuova stravaganza, quel rompere le abitudini, quell'infrangere costumi. Si lecca le dita, mangia l'ultimo chicco di riso rimasto su un dito e poi sorride, ingenua bambina sorpresa in quell'atteggiamento da affamata e sensuale, selvaggia. E arrossisce, abbassa lo sguardo e quando lo rialza ritrova lui che la guarda, incuriosito, attento a ogni passo di questa nuova Niki così diversa da sempre, così più grande, così libertina, così allegra e divertita.

"Troppo buono! È vero…" Si versa un po'"di birra e poi la versa anche a Guido e bevono e ridono, mentre Niki mangia. Poi Guido le prepara una ingera. Ci mette sopra un po'"di zighinì accompagnata da berbere.

Niki lo assaggia. "Aiuto! Ma pizzica da morire."

"Ma no, dai, che esagerata che sei!" E lo assaggia anche lui. "Ah! È vero! Brucia!" E continuano così, dopo aver bevuto tantissima acqua ed essere rimasti per un po'"con la lingua di fuori. Poi provano del pollo saka- saka e del pollo alle arachidi e infine un pezzetto con del dongo- dongo.

"Uhm, buono questo…" A Niki piace moltissimo. "Se non altro è delicato… E poi non brucia!" E proseguono a lungo, con Sahmed il cuoco che ogni tanto compare e gli spiega ogni piatto, il tipo di sapori, da cosa proviene e con che cosa è fatto. "E poi non potete perdere queste, eh… È il piatto più famoso!" E finiscono per mangiare delle banane fritte con patate dolci e un po'"di manioca bollita, il tutto accompagnato da una vaschetta di crema dolce di origine francese, proprio come Camille, la donna che Sah- med ha conosciuto in viaggio e che adesso sorride dalla finestra della cucina. E poi con un buon bicchiere di Chablis e un piccolo dolce cotto con l'olio di palma si conclude il loro viaggio attraverso l'Etiopia, la Somalia e l'Eritrea e sfrecciano di nuovo per le strade romane.

Corso Trieste, via Nomentana e ancora avanti, viale XXI Aprile e poi XXIV Maggio fino ai Fori Imperiali e poi dritto per il Campidoglio e il teatro Marcello e ancora più avanti fino ad arrivare a via Locri.

"Shhh…"

"Che c'è?"

"Piano, fai piano…" Guido apre lentamente la grande porta in ferro battuto.

Niki gli stringe un po'"il braccio. "Ma ho paura…"

Guido sorride. "Non ti succede niente, ma te lo voglio far vedere assolutamente…" Ed entrano così, qualche passo silenzioso nell'erba alta, tra piante lussureggianti e grossi fusti e poi quelle fredde lastre.

"Ma Guido… Siamo in un cimitero…"

"Sì, acattolico." La prende per mano e procedono così, silenziosi nel buio della notte tra antiche croci e foto sbiadite e scritte in inglese e brevi epitaffi. "Eccola…" Si fermano stupiti e Guido è emozionato nel mostrargliela. "Quando stavo al liceo, e magari avevo litigato con mio padre per l'ennesima volta, prendevo il motorino e mi fermavo qui con il mio libro e una birra magari… al sole… sulla tomba di Keats."

Niki guarda meglio quella lapide.

"Vedi, cosa ha voluto scritto? "Qui giace uno il cui nome fu scritto sull'acqua." Pensa…" Le sorride Guido. "Era amareggiato nei confronti dei suoi nemici… E guarda qui però come qualcuno ha risposto…" E si sposta poco più in là, davanti a una lastra marmorea, e legge. ""Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull'acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange…" Bella, vero? Qualcuno ha voluto farlo sentire amato. Forse uno sconosciuto… Chissà. La cosa più strana è che a volte uno non si rende conto di

quanto sia amato da chi gli sta intorno e magari l'artefice di questa scritta non gli aveva detto mai niente, magari si erano conosciuti per caso o incontrati di sfuggita o non si salutavano neanche…" E continuano così a camminare tra cipressi centenari, su quel fresco prato verde mentre alle loro spalle la piramide Cestia in stile egizio svetta bianca dietro le mura romane. E gatti si muovono veloci nella penombra tra lapidi piene di scritte in tutte le lingue del mondo. Niki e Guido oltrepassano Shelley, il poeta inglese che affondò con il suo vascello al largo della costa Tirrenica, e il cui corpo arrivò spinto dalle onde sulla spiaggia vicino a Viareggio. E poi ancora lo scrittore Carlo Emilio Gadda e William Story, sepolto sotto la sua scultura, l'Angelo del Dolore, che finì poco prima di morire.

"Questo posto è magico… protestanti, ebrei e ortodossi, suicidi e attori non potevano essere sepolti in terra consacrata e allora venivano seppelliti fuori dalle mura. E succedeva di notte. Si dice che il primo a essere sepolto qui fu uno studente di Oxford nel 1738. Un sacco di non cattolici morivano in città. Ho letto che è stato anche aggiunto alla World Monument Fund Watch List, che comprende i cento siti più a rischio. Oggi è gestito da una commissione volontaria di ambasciatori stranieri a Roma. Ma mancano i soldi. E rischia di chiudere… Assurdo, no? Guarda che bella questa statua…"

"Sì, è vero."

"Pensa, Niki, che una band metal finlandese, i Nightwish, l'ha messa sulla copertina di un loro disco…"

"Ma dai, che strano, chissà come gli è venuta un'idea del genere. Più che altro chissà come mai tu sai tutto questo…"

Guido sorride. "A volte le cose più diverse riescono a rapirci, ad attirare la nostra curiosità, e il bello secondo me è quando questo avviene senza un secondo fine…"

Niki rimane molto colpita da questa frase, dalla serenità con la quale Guido l'ha detta, senza enfasi, senza importanza eccessiva, con naturalezza, senza un secondo fine appunto. E lo guarda per la prima volta con occhi diversi, cammina davanti a lei ma riesce a vederne il sorriso ricamato dalla luna sul suo profilo, i ricci un po'"ribelli e le labbra carnose già sul punto di dire qualcos'altro. "Qui c'è anche quel famoso attore, Renato Salvatori, quello di Poveri ma belli., troppo carino quel film. E troppo bravo lui. C'è una scena dove fanno addirittura il bagno nel Tevere… Pensa quant'era pulito e com'erano diversi i tempi."

"E certo, c'era solo il bianco e nero…"

Guido sorride. "Già…" E si ritrovano davanti a quella lapide. ""Uno straccetto rosso, come quello arrotolato al collo ai partigiani e, presso l'urna, sul terreno cereo, diversamente rossi, due gerani. Lì tu stai, bandito e con dura eleganza non cattolica, elencato tra estranei morti…" Le ceneri di Gramsci. È stato Pasolini a scrivere questi versi. Pensa che Gramsci è stato sepolto in questo cimitero acattolico perché allora la sua cultura veniva ritenuta "straniera" rispetto a quella dominante… Assurdo, no?" Guido la guarda con particolare intensità. "E la cosa alla quale non saprei mai rinunciare. La mia libertà…"

E rimangono per un attimo così, nel silenzio della notte. Ora la luna si è liberata da quelle nuvole e domina la città con il suo occhio vigile, anche se chiuso quasi per metà. Si guardano sorridendo e c'è come una nuova intesa tra loro, come se avessero finalmente deciso di smettere il loro sciocco conflitto, l'abbandono delle armi, un silenzioso patto sigillato con un semplice sguardo. E improvvisamente sul fondo del cimitero, tra l'erba alta e canne mosse da un leggero vento notturno, una luce fioca. Da dietro un grande cipresso compare una donna dal passo lento con un vestito lungo e i capelli sciolti bianchi che selvaggi le scendono giù, coprendole il viso. Protegge con una mano la debole fiamma di una candela, mentre ai suoi piedi uno stuolo di gatti affamati la segue speranzoso. Guido ferma Niki che subito, spaventata, gli stringe il braccio.

"Che succede?"

"Shhh… Guarda, guarda laggiù."

"Dove?" chiede Niki a bassa voce.

"Tra quegli alberi. La vedi quella donna?"

"Sì. È una barbona?"

"No, è una donna ancora innamorata. La prima volta l'ho vista che avevo forse sedici anni, ha deciso di venire qui a vivere malgrado fosse ricca e avesse un sacco di proprietà. Tradita dal marito ha perso la ragione, è impazzita, ama l'amore più di ogni altra cosa e così è diventata colei che si occupa di Keats, l'unico che non l'ha mai delusa…"

"Non ci credo, te la stai inventando, è una leggenda…"

"Te lo giuro! "Non posso esistere senza di te. Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti: la mia vita sembra che si arresti lì, non vedo più avanti. Mi hai assorbito." E ancora: "Sposa ancora inviolata del silenzio, figlia del lento tempo e della quiete, narratrice silvana che più dolce della rima sai favole narrare…". È Keats. Non credi che una donna impazzita per amore possa aver scelto di dedicare tutta la sua vita a un poeta come lui? Cosa c'è di più bello? Lei ha rinunciato alle cose pratiche, alla moda, alle sue inutili proprietà, per ritrovare qui il sentimento, essere devota alla poesia e all'amore… Guarda…" La donna finisce di versare in alcuni piattini il cibo per i gatti, poi si avvicina alla tomba di Keats, ai suoi piedi mette un piccolo fiore ancora fresco e subito dopo una candela. Lo fa con cura e rimane lì, sognante, ricordando chissà quale verso, fedele al ricordo di quell'uomo che ha saputo amare l'amore. E lentamente i gatti la circondano, le girano intorno, si strusciano alle sue gambe, fanno le fusa, alzano la coda. E il cibo, più che l'amore, a renderli fedeli, e quella semplice donna ormai anziana li accarezza, poi prende una sedia pieghevole e si mette lì, davanti a quella candela, avvolta in uno scialle e senza nessuna fretta.

Niki stringe il braccio di Guido. "Andiamo via, per favore…"

"Perché?"

"Mi sembra un momento così particolare, qualcosa di suo, qualcosa di personale, al quale noi non siamo stati invitati."

Guido annuisce e senza dire alcuna parola, così come sono arrivati su quel prato verde, su quel manto che riveste defunti famosi e non, i loro passi scivolano via veloci.

E sono di nuovo in moto, attraversano così la città, con calma, senza programmi, lungo una notte misteriosa come un'elegante signora che a un ballo pieno di gente, ammirata e desiderata da tutti, improvvisamente fa perdere le sue tracce. Poco dopo, tra i rami verdi, nella penombra, davanti allo scorrere del fiume, tra i leggeri riflessi di una luna nascosta, due birre si urtano. Dlin.

Guido le sorride. "A quello che vuoi tu… Alla tua felicità."

Niki ricambia il sorriso. "Anche a te." E butta giù un lungo sorso di quella Corona. Felicità. La mia felicità. Qual è la mia felicità? E quasi persa in quella riflessione, senza più confini, senza più solida realtà, in silenzio, dà un altro sorso e poi un altro, fino a fermarsi. Rimane in silenzio, ad ascoltare il rumore del Tevere. Un pezzo di legno, forse un piccolo ramo d'albero, affiora tra lo spumeggiare dell'acqua, nella corrente veloce, appare, scompare, balla tra le onde, si immerge, ritorna su e con una piroetta improvvisa, agile ballerino, continua lontano la sua danza, perdendosi nella silenziosa musica del fiume. Ecco. Così mi sento. Come quel pezzo di legno, in balìa delle onde, Niki perde il suo sguardo in

quell'acqua scura, spaventata dalla forza della natura, ancora di più dal momento che sta vivendo. Che faccio della mia vita? Perché sono qui? E lo guarda. Silenzioso, Guido beve la sua birra. Poi, come sentendosi osservato, lentamente si gira e le sorride.

"Hai espresso il tuo desiderio?"

Niki annuisce. Poi abbassa lo sguardo. Lui allora le si avvicina, le si siede accanto. Si leva il giubbotto e glielo poggia sulle spalle. "Tieni. Ho visto che tremavi un po'. Fa freddo. È l'umidità del fiume."

Niki alza lo sguardo e incrocia i suoi occhi. "Grazie."

Rimangono così, in quel silenzio, senza imbarazzo. Finendo di bere.

"Ehi, ho un'idea." Guido nella penombra sorride.

"Dimmi…"

"Facciamo una bella cosa. Mettiamo una frase nella bottiglia e lasciamola andare nel fiume, destinata a chi la troverà, ti va? Come in quel film…. Le parole che non ti ho detto con Kevin Costner e Robin Wright Penn…"

E stavolta è lei a stupirlo. Lei, che ha amato quella lunga lettera, l'ha imparata a memoria per non perderla più. Lei, che ora si lascia andare… chiude gli occhi e declama: ""Per tutti coloro che amano, hanno amato e ameranno. Alle navi in navigazione e ai porti di scalo, alla mia famiglia e a tutti gli amici ed estranei: questo è un messaggio e una preghiera. Il messaggio è che i miei viaggi mi hanno insegnato una grande verità: io ho già avuto quello che tutti quanti cercano ma che soltanto pochi trovano, la sola persona al mondo che ero destinata ad amare per sempre. Una persona ricca di semplici tesori, che si è fatta da sola e che da sola ha imparato. Un porto in cui mi sento a casa per sempre e che nessun vento, nessun problema potranno mai distruggere. La preghiera è che tutti al mondo possano conoscere questo genere d'amore ed essere da esso sanati. Se la mia preghiera sarà ascoltata saranno cancellati per sempre tutti i rimpianti e tutte le colpe e avranno fine tutti i rancori…"".

"Sì" si stupisce Guido. "Ma ti ricordi tutto! Sì, dicevo proprio quello."

Niki non riesce a crederci. È il suo preferito. Lo ha visto tantissime volte. L'amore che non finisce, l'amore che sopravvive anche alla scomparsa di lei… L'amore oltre la morte. Eros e Tha- natos. E il fatto che lui abbia parlato proprio di quel film le provoca una strana fitta. Ora lo guarda meglio, è lì che ha strappato

un foglio dal suo moleskine e scrive, il suo profilo, Le sue labbra, i suoi tratti decisi. È un ragazzo? È un uomo? Il suo fisico forte tranquillo, solo con un maglione leggero nel vento della notte. La sua vita stretta. Le sue gambe lunghe. E poi quel sorriso.

"Ecco, io l'ho scritta. Te la leggo. "Tu che mi hai trovata… Ti grido amore, che tu possa amare di follia ribelle, di insana passione, che queste parole siano per te l'inizio di spericolata felicità…""

Niki rimane in silenzio, colpita dalla bellezza di quelle parole, dalla loro importanza, dall'incredibile sintonia con tutto quello che sta provando. C'è qualcosa di nuovo. Come un ostacolo superato, un velo caduto, una scoperta dietro l'angolo della strada. Quella canzone che irrompe improvvisa, che squarcia il silenzio, ti scuote. E lui è lì. Guido. Quello del primo giorno, della continua sfida, della battuta facile, della risposta sempre pronta. Un po'"fastidioso, un po'"no. Ora di colpo vicino, in perfetta armonia. È come se suonassero insieme una melodia che ad altri non è dato sentire. E nessuno ci avrebbe scommesso. Soprattutto Niki.

"Sono bellissime."

"Sono felice che ti siano piaciute. Tieni, prendi questo foglio e la penna: scrivine una anche tu."

"No… Non mi va."

"Dai. È un gioco, magari potrà essere utile a chi troverà questa bottiglia, magari farà una riflessione sul suo momento, su quello che sta vivendo…"

Niki ci pensa un po'"su. Guido rimane a guardarla. Si fissano per un po'. Poi lui piega la testa di lato. "Allora?"

E alla fine lei accetta, conquistata da quello strano gioco. "Dammi questo foglio."

Lui glielo passa sorridendo. "Bene. Sono contento…" E rimane a osservarla mentre lei cerca nel cielo la sua ispirazione. Ma Niki se ne accorge. "E dai, non mi fissare, sennò non mi viene niente."

"Ok. Allora intanto io varo la mia bottiglia." Trova un piccolo pezzo di ramo del diametro giusto, poi piega il foglio, l'arrotola, lo mette dentro la bottiglia vuota di Corona e ce lo infila. Con il palmo della mano dà qualche colpetto per farlo arrivare ancora più in fondo e quando ormai è incastrato lo spezza a metà. Prende la bottiglia con quel suo nuovo tappo di legno improvvisato e la poggia dolcemente sul fiume. L'acqua la rapisce, quasi la strappa dalle sue mani e la porta via così, veloce, diretta verso chissà quale destinazione. Niki intanto ha finito di scrivere. "Ecco fatto…"

Arrotola il foglietto e lo infila dentro la sua bottiglia. "Ma non me lo leggi?"

"No. Mi vergogno."

"Ma dai…" Guido le sorride, si finge dispiaciuto. "Sono sicuro che sarà bellissimo."

"Non so. Ho scritto la prima cosa che mi passava per la testa. Chi troverà questa bottiglia la leggerà."

Guido allora capisce che non è il caso di insistere, che lei ha bisogno della sua indipendenza, della sua possibilità di scelta, e che già il fatto che abbia deciso di giocare con lui è un bellissimo risultato. Così la aiuta a mettere un pezzo di un altro ramo per tappo e poi insieme a lei scende sul bordo del fiume per varare anche questa seconda bottiglia. E rimangono così a guardarla andare su e giù nell'acqua, con il collo che scompare ogni tanto per riapparire più in là, fino a perdersi nel buio.

"Fortunato chi leggerà le tue parole. Chissà se sarà in grado di immaginare la bellezza di chi le ha scritte…"

Niki si gira e lo trova vicino. Molto vicino. Troppo vicino. Ora sono avvolti nella penombra di quell'anfratto, sotto la chioma verde di un grande albero. I lunghi rami si abbassano su di loro come un grande ombrello naturale. Li proteggono anche dal più semplice raggio di luna. Sono lì, sospesi da tutto. Un vento leggero, ora più caldo, muove qualche foglia, poi i capelli di Niki. Quel ciuffo ribelle scivola giù così, sul suo viso, e quasi le disegna un ricamo indeciso, un punto interrogativo, un boccolo curioso che finisce la sua corsa lungo il bordo della guancia. Un silenzio fatto di mille parole. I loro sguardi e quegli occhi che sorridono sereni, consapevoli della bellezza del momento. Quell'attimo che sembra durare un'eternità.

Guido muove la mano, la alza delicatamente verso il suo viso, sposta quel ricciolo ribelle e si trova ad accarezzarle tutti i capelli. Lentamente continuano a fissarsi. Occhi negli occhi, mentre le loro labbra avanzano e piano piano si avvicinano con un movimento millimetricamente magico e nello stesso tempo si schiudono come fiori sbocciati sul letto di quel fiume. E quelle labbra rosse, morbidi petali di due giovani sorrisi, sono sempre più vicine. Niki? Niki? Ma cosa stai facendo? Lo stai per baciare? E allora, come destata da un dolce sogno, come richiamata da un'improvvisa ipnosi, Niki torna in sé e quasi si vergogna di quel suo lento cedere, della debolezza di quel momento, della folle, sciocca, semplice, umana attrazione. E mortificata si ritira e abbassa gli occhi. "Scusa ma non posso."

No, non voglio, pensa Guido. No, non mi piaci. No, non ti desidero.

Solo non posso. Come se in realtà volesse, come se il desiderio ci fosse, come se potesse accadere ma non adesso. Un giorno. E allora senza fretta, senza fastidio, con un sorriso pieno di semplicità e leggerezza. "Non ti preoccupare. Ti accompagno a casa."

E in un attimo Niki si ritrova dietro la sua moto, intontita, confusa, disorientata, e non basta il vento fresco del lungotevere a far chiarezza nella sua mente e soprattutto nel suo cuore. La moto procede lenta e a un certo punto Niki sente la mano sinistra di Guido che ha abbandonato il manubrio e si ritrova sopra la sua, la stringe quasi a darle sicurezza, a non farla sentire perduta. "Tutto bene?" Guido incrocia nello specchietto i suoi occhi, che spiano sorridendo, e vorrebbe darle tranquillità e fiducia. Continua e insiste. "Tutto ok?"

"Sì, tutto bene."

Allora sorride e annuisce. Calma e tranquillità. E fanno ancora un po'"di strada mano nella mano, definitivamente messo da parte ogni litigio, ogni sciocca battuta o presa in giro. È come se fossero entrati in una nuova dimensione. Complici. E Niki guarda in basso, sulla sua gamba. La sua mano stretta in quella di Guido, così a lungo, immobile, quasi arresa. Complici. E non si sente colpevole. In fondo cosa ho fatto? Si chiede. Eppure sa perfettamente di respirare aria nuova. Un sospiro lungo, profondo, pieno. Complici. Mai avrebbe pensato di poter stare così con un altro. Un altro. Un altro. Le viene quasi da gridare questo termine, talmente le appare rumoroso e stridente e strano e assurdo e alieno e impossibile. Un altro. Un altro. Mai avrebbe potuto pensarlo. Guarda di nuovo la sua mano, è lì, nella sua e non le sembra possibile. Eppure è così. E allora chiude gli occhi e si appoggia alla sua schiena e si lascia portare completamente arresa per le strade di questa strana notte. Silenzio. Neanche il traffico fa più rumore. Silenzio. E come se tutta la città fosse rimasta a bocca aperta. E una lacrima ribelle le riga il viso. Sì, è così. Sono complice. E, quasi senza accorgersene, si trova davanti all'università.

"Ecco, siamo arrivati…" Niki scende veloce dalla moto e poi quasi nascosta dai capelli, sfuggente anche con se stessa, lo saluta. "Ciao…" E fugge via, senza dargli neanche un bacio. Corre verso la sua auto, la apre e non si gira. Accende il motore e via, non si accorge quasi di guidare fino a casa. Si infila dentro il portone chiudendoselo alle spalle. Poi chiama l'ascensore. E rimane così, respirando affannata, cercando disperatamente di nuovo il suo equilibrio. Entra nell'ascensore e si ritrova davanti allo specchio e stenta a riconoscersi. I capelli mossi dopo la corsa in moto, selvaggi, ribelli

malgrado il casco, e poi il suo viso, così diverso, gli occhi divertiti, turbi, folli, mossi da sana, eccessiva pazzia. Quella voglia di libertà, di incredibile ribellione a tutto e a tutti, di non avere più confini, né limiti, né doveri, di appartenere al mondo e a se stessa. Sì, solo a se stessa. Entra in casa. Tutti dormono per fortuna. Allora in punta di piedi raggiunge la sua camera e chiude piano la porta. Un sospiro. Poi tira fuori dalla borsa il telefonino. Lo poggia sul tavolo e lo fissa. È spento. Mi avrà cercata? Chissà. Ma non ho voglia di accenderlo ora. Non voglio sapere. Non voglio dipendere da nulla e da nessuno. Dov'eri? Cosa hai fatto? Non lo so. Ma sì, ero con le mie amiche. E improvvisamente si ribella anche a questo. Dover dire una bugia. Mentire. Ma come? E la mia vita? Perché devo mentire? Perché non ho più la libertà di essere me stessa? In base a cosa devo controllarmi, limitarmi, far finta di non provare qualcosa solo perché "non si addice" a una che sta per sposarsi? Ma cosa sto diventando? Niki cammina nervosamente per la stanza. Sente come un grido soffocato che la riempie, pretende spazio, attenzione. Ma che sto dicendo? Io amo Alex, sto con lui, ho lottato per lui. Io, che ho sempre criticato tutto questo quando lo vedevo negli altri, ora che faccio? Sono peggio di loro? Erica, Olly, le altre mie compagne di scuola, gli amici del liceo. Ogni volta che ho sentito una storia di questo genere ho sempre sparato a zero su tutto e tutti senza possibilità di trattativa. E ora? Ora non sono altro che una di loro. Anzi peggio, perché ho perfino avuto il coraggio di parlare, di criticare, di giudicare, di riderne, pensando: a me non potrà mai capitare una cosa del genere. Che schifo, dicevo, non potrei mai. E invece ora sono proprio io a essere in una situazione come quella. Indecisa, insicura, non felice, spedita e raggiante verso un unico lui ma, cosa terribile, con un piede in due staffe. E sentendo quest'ultima frase rimbombare nella sua mente come una cannonata, come un boato improvviso, come un possibile attacco a tutto ciò che di bello fino a ieri aveva costruito, Niki non ha più dubbi. Non ha scelta. Non più. E così si avvicina a quel tavolo, lì dove ha studiato per la maturità, dove ha pianto e sofferto e guardato mille volte il telefonino sperando invano in un suo messaggio. Quanti pugni su quel tavolo quando si era lasciata con Alex, desiderando che lui tornasse, che le dicesse ho sbagliato, torniamo insieme, perdonami. Sposta la sedia. Quanti giorni, quante lacrime. Quanta disperazione. E ora? Silenziosamente, si siede. Ora tutto è di nuovo cambiato. E così si passa la mano tra i capelli, li toglie dal viso e si trova costretta a fare quello che non avrebbe mai immaginato.


Centoquattordici


L'appartamento di Mattia è abbastanza grande ma non particolarmente curato. L'arredamento è un misto di mobili anni Settanta e qualcosa preso all'Ikea. Sembra quasi che sua nonna abbia abitato lì fino a poco tempo prima. Su un paio di mobili ci sono addirittura dei centrini all'uncinetto e in corridoio un cassettone con specchio occupa quasi tutto lo spazio. Il salotto è diventato una specie di palestra. Ci sono vari attrezzi e un tapis roulant.

"Qui è dove mi rilasso… l'attività fisica è la miglior cura contro stress e mal di testa. Vieni…"

Entrano in una piccola cucina. Mattia accende il lampadario al neon e apre il frigo. Prende un piatto di vetro con sopra una torta alla crema. Poi da un cassetto tira fuori un coltello e da un altro sportello un piattino e un bicchiere. Sistema sulla tavola il portatovaglioli e una bottiglia di Malvasia a metà.

"Prego, accomodati. Non possiamo lasciare una principessa senza dolce."

Cristina sorride. Si siede. Anche Mattia. Lui le taglia una bella fetta e gliela mette davanti. Cristina inizia a mangiare con gusto. Mattia la guarda. "Ma sei proprio una buona forchetta… insaziabile…"

Mattia prende una punta di crema con un dito e, mentre lei non se ne accorge, le sporca un po'"il naso. Cristina ride. Scherzano. Poi un pezzettino di torta finisce in bocca a Mattia. Giocano. Mattia si avvicina.

"Fatti assaggiare…" e comincia a baciarla piano, quasi a simulare un morso. Cristina prima è un po'"rigida, poi si lascia andare. E un bacio morbido, lungo, intenso. E una carezza. Due. E poi in piedi, una maglietta che vola, un vestito che scivola giù, lui che la solleva e la porta di là. Il corridoio, una porta scura che si apre, una camera da letto, un'abat- jour che si accende. E ancora baci, carezze, passione. Cristina sente sotto le dita quel corpo perfetto, i muscoli definiti, la pelle liscia e calda. Poi si guarda intorno come

può. E nota che quella stanza è l'unica a essere arredata in modo moderno, con molti specchi alle pareti e pochi mobili tutti bianchi. Nota anche un'altra cosa, che Mattia ogni tanto girandosi si guarda riflesso in uno di quegli specchi. Compiaciuto. Forse dei suoi muscoli, di se stesso protagonista di quella scena. Cristina non l'ha mai fatto con tanti specchi intorno e un po'"si sente imbarazzata. Ma Mattia è dolce e alla fine la coinvolge e lei non ci pensa. E ancora baci, e lui sopra di lei. Poi Cristina nota qualcos'altro. Su una mensola vicina alla finestra c'è una piccola sfera di vetro, di quelle con la neve. Dentro c'è un pupazzetto che porta un cartello con su scritto "Ti amo". Cristina di colpo si rattrista. E simile a quella che avevo regalato a Flavio per fargli una piccola sorpresa… e lui aveva riso. E mi aveva abbracciata. E poi aveva girato quella palla di vetro con dentro il pupazzetto una volta e poi di nuovo e aveva guardato la neve cadere. Quella che ora è in camera sul suo comodino. Mi è sempre piaciuta tanto. Magari anche a lui l'ha regalata qualcuno di speciale. E ci tiene, E allora gli sta un po'"più simpatico. E si lascia toccare. Ma mille ricordi riaffiorano mentre Mattia continua a baciarla senza sapere a cosa sta pensando.

Più tardi. I rumori della città si sono affievoliti. È circa l'una. Cristina si riveste con calma. Guarda ancora quel pupazzetto. Mattia è sdraiato sul letto e la luce della luna che sta filtrando dalla finestra lo illumina e crea un gioco strano sugli specchi. Ha gli occhi chiusi. Li apre.

"Te ne vai, tesoro?"

"Sì, è tardi…"

Mattia si mette seduto sul letto. "Allora, ti accompagno…"

"No, non importa, poco fa ho chiamato un taxi…"

"Quando? Non me ne sono accorto…"

"Prima, forse dormivi… e poi mi dispiacerebbe farti uscire adesso. Col taxi ci metto un attimo…"

"Mi piaci, sei una donna indipendente…"

A sentire quella parola Cristina prova una strana sensazione. Poi si alza. Anche Mattia. Cristina prende la borsa e il cappottino che aveva appoggiato in cucina. Mattia l'accompagna alla porta. Uscendo Cristina si gira.

"Chi te l'ha regalato quel pupazzetto che hai in camera, quello nella sfera con la neve?"

Mattia fa la faccia stranita. Ci pensa un po'"su. "Boh… una… ma non mi ricordo il nome… Perché?"

Curioso come un piccolo oggetto, un souvenir così insignificante, possa avere un valore tanto diverso per due persone. Troppo diverso. Non ricorda nemmeno chi era lei. Una lei che magari gliel'ha regalato con amore come avevo fatto io con Flavio. Una lei presa, magari carina, magari paziente, magari convinta che anche lui la ritenesse speciale. E ora lui non ricorda nemmeno il nome. Cristina lo guarda per qualche istante. Mattia sorride.

"Allora, splendida donna, posso chiamarti domani?".

"No…"

Mattia è stupito.

"Forse hai da fare… allora dopodomani."

"No…"

"Tra qualche giorno?"

"Nemmeno…"

Cristina lo saluta, sorride e poi sparisce in corridoio. Mattia resta a guardarla. Non capisce quel cambio di umore. Mah. Donne. È sempre difficile capire. E comunque mai dire mai.


Centoquindici


Erica si volta di scatto. Lì per lì non capisce. Sente il materasso un po'"troppo duro. Ma che succede? Apre gli occhi. Cerca di mettere a fuoco. Ma non riconosce gli oggetti, la stanza. Allora si siede sul letto e si guarda intorno. E lo vede. Di fianco a lei. Ha il respiro pesante e dormendo è rimasto scoperto. Il lenzuolo è quasi tutto per terra. E sdraiato a pancia in su. Il suo corpo nudo è un po'"flaccido. Strano. Non sembrava vedendolo vestito. Erica guarda sul comodino. Un orologio digitale segna le tre di notte. Si accorge che anche lei è nuda sotto il lenzuolo. Nota i suoi abiti sparsi per terra. Si gira di nuovo verso di lui. E ricorda. Hanno lasciato la facoltà. Lui le ha offerto un passaggio per fare un giretto nei dintorni, in macchina hanno scherzato, riso. Lui le ha fatto capire che gli piaceva. E lei era felice. Poi sono arrivati sotto una casa. Lui le ha proposto di salire per un caffè, dicendo che poi l'avrebbe riaccompagnata a casa. E poi dopo qualche chiacchiera l'ha baciata. Sempre di più. Erica si è lasciata andare. E ora guardandolo prova fastidio. Sta lì, steso, addormentato, un po'"bianchiccio. Non gli sembra più bello come prima. Ma che c'avevo visto? Mi pareva un fico. Volevo a tutti i costi che si accorgesse di me e ora che ci sono andata a letto mi sento così. Erica si alza. E cammina un po'"scalza per la stanza, illuminata di riflesso dalla luce di un lampione che filtra tra le persiane. Alcuni libri. Un settimino. Lo specchio. E su un mobile una cornice. Erica la prende. Una foto mostra una bella donna mora dai capelli lunghi e due bambini di sì e no otto, dieci anni. E accanto, accucciato per terra e sorridente, c'è proprio lui. Marco Giannotti. Un'altra foto più grande, con una cornice d'argento, mostra Marco e quella donna nel giorno del loro matrimonio. Allora è sposato. Erica si volta a guardarlo. Ora dorme più profondamente. Sta russando. Erica scuote la testa. Che tristezza. Non è possibile. Chissà che ci fa da solo qui. Magari la moglie e i figli sono via. Oppure questo è solo uno dei tanti appartamenti dove porta quelle come me. E

nel dirsi questa frase si blocca. Quelle come me? Quelli come lui. Io non ho fatto nulla di male. Ho seguito solo il mio istinto. Lui mi piaceva. E basta. È lui che è un bugiardo. Che tradisce la moglie. E prende in giro le studentesse. E quelle parole suonano tanto come una bugia raccontata a se stessa.


Centosedici


La macchina con l'autista posteggia sotto casa di Alex, che scende veloce e prende dal baule il suo trolley. Leonardo abbassa il finestrino. "Prenditi una giornata libera, se vuoi."

Alex sorride. "Ok, grazie. Comunque mi sembra che sia andato tutto a gonfie vele, no?"

"Sì, perfettamente." Leonardo sorride entusiasta. "Gli americani hanno già anticipato una gran fetta del budget del prossimo anno alla loro società e sono rimasti impressionati dalla bellezza dei filmati. Devo dire che tu e Raffaella siete veramente delle macchine da guerra. Mi dispiace che lei non sia venuta."

"Già…" ammette Alex. "Il lavoro che ha fatto è stato molto apprezzato. Se passi per l'ufficio diglielo. Noi ci vediamo dopodomani…"

La macchina con l'autista e Leonardo riparte, mentre Alex entra nel palazzo e chiama l'ascensore. Controlla il telefonino. Che strano. Niki non mi ha chiamato. Nemmeno un messaggio. E ieri ho provato una volta e non prendeva, poi alla cena con gli americani non ho più potuto. Bè, è normale. Comunque adesso si allenterà tutto. È stato il momento decisivo per la scelta della linea della campagna, ora comincia la discesa. Apre la porta di casa. Da adesso in poi sarà tutto più facile. Molto più facile, così potrò anche occuparmi un po'"di questo matrimonio. Entra in casa e posa le chiavi sulla mensola dell'ingresso. In effetti finora non ho fatto molto.

"Niki… Ci sei?" Forse è già uscita. "Niki?"

Magari non è venuta, forse ha preferito restare a casa sua, anche perché mi sa che oggi doveva uscire con la madre per fare la richiesta della chiesa… Ma improvvisamente vede l'armadio aperto. Anche alcuni cassetti della scrivania. La porta della camera identica a quella di Niki è aperta e l'armadio vuoto.

"No, ma che è successo? Sono passati i ladri?" E lo dice titubante, quasi speranzoso, preoccupato che invece possa essere

qualcos'altro, temendo che dietro questo inspiegabile disordine ci possa essere una ragione diversa. No. Ditemi che non è così. Alex poggia la borsa da viaggio per terra e corre per la casa, sempre più agitato fino a quando non arriva in camera da letto e la trova. Alex. Una lettera. Un'altra.

"Oh no…" Apre la busta quasi freneticamente e tira fuori la lettera, la spiega con forza, con rabbia, scuotendola nell'aria, veloce, avido di sapere cosa c'è scritto.

"Caro Alex, forse non è il modo giusto per dirtelo, ma in questo momento sono molto vigliacca."

Alex non crede ai suoi occhi, quasi si sente svenire, gli viene da vomitare la buona colazione della mattina e divora frenetico ogni parola. La scorre veloce, saltando concetti, frasi, righe, cercando, frugando, con il timore di trovare quella frase: mi sono innamorata di un altro. E alla fine rallenta, un po'"più tranquillo, in ripresa, leggermente più sereno.

"Mi dispiace, è un passo troppo grande per me. Mi sono accorta di avere paura, di non essere pronta."

Ecco. Respira più lentamente. È solo questo, nulla di più, cioè, è comunque molto, è importante, ma non è definitivo. Continua a leggere fino all'ultima riga.

"Quindi è meglio se per un po'"non ci vediamo, ho bisogno di riflettere su tutto."

Ma come? Io per te avevo lasciato il lavoro, sono andato su un'isola, su un faro ad aspettarti, e poi siamo tornati insieme perché avevamo deciso di tornare. Ho cambiato casa perché tu non avessi ricordi del mio tempo passato con Elena, ho ricreato la tua stessa camera, in modo che tu potessi venire lì a studiare e sentirti lo stesso a casa tua, libera o comunque indipendente, sono andato fino a New York, ho contattato Mouse e tutto quello che mi sono inventato per poterti chiedere in sposa proprio nel modo che tu sognavi, con la favola che ami, perché la vita può essere una favola se tu lo vuoi, se tu decidi di vivere sognando… E ora tu rinunci al sogno? Non sei pronta? Hai paura? Rinunci a tutto questo? Perché, Niki? Per colpa mia? Perché sono stato troppo impegnato? Perché hai dovuto sopportare le mie sorelle? La preparazione di un matrimonio? Il peso di una scelta? Ti prego, dimmelo, Niki. E rimane così, nel silenzio di una casa vuota, tra quelle mura che ancora sanno di risate e amore, di corse e divertimento, di finte fughe e morbide cadute tra le lenzuola, di baci dati in ogni stanza, di sospiri che ancora echeggiano nell'aria

come lievi sorrisi che lentamente vanno sbiadendo. E di colpo quella casa ad Alex sembra triste, come se avesse perso tutto il suo smalto, come se i colori di quei divani, di quei tappeti, di quelle sedie, di quei quadri, di tutte quelle cose scelte insieme si fossero improvvisamente sbiaditi, come sfuocati, appannati, sciolti nell'acqua. O almeno è esattamente così che adesso li vede attraverso le sue lacrime.


Centodiciassette


Olly sistema la casa al volo, nascondendo un po'"di cose nell'armadio, spolverando qua e là senza molta attenzione. Mette a bollire l'acqua. Prende da un mobiletto vicino al lavello un sacchettino. Con un cucchiaio inserisce un po'"di karkadè dentro il filtro che metterà poi nel bollitore. Da una mensola prende quattro tazze grandi e le poggia sulla tavola, dove ha già messo alcuni biscotti, il limone e lo zucchero di canna.

Continua a sistemare per un po'. Poi suonano al citofono. Tre volte, velocemente. Bene. Deve essere una di loro. Olly va ad aprire e aspetta che arrivi sul pianerottolo.

"Ehi, sei tu." È Erica. "Ciao, entra."

Olly torna in cucina e abbassa la fiamma del fornello. "Vieni di qua, almeno controllo l'acqua."

Erica la segue. Proprio in quel momento risuonano il campanello. Olly corre di nuovo verso la porta.

"Oh, eccoti…"

Diletta abbraccia Olly. "Ma come sei seriosa… Ma che c'ha preso a tutte quante?"

"Hai ragione, scusa… È un periodo un po'"così. E poi quando Niki ci convoca in questo modo mi fa sempre strano… È per colpa sua che sono nervosa!"

Entrano in salotto.

"Ciao, Erica!" Diletta si avvicina e le dà un bacio. "Allora?"

"Eccoci qui."

Diletta si siede su uno sgabello alto vicino al bancone. "Ehi, certo che è proprio bella questa mansarda, l'hai arredata proprio con gusto."

Olly sorride. "Grazie. Sì, mi piace molto e poi ci si dorme bene, è silenziosa. Credo che ogni casa abbia una sua atmosfera, una particolare energia, non credete?"

"Sì, e questa com'è?"

Olly sorride. "Molto positiva. Ma secondo voi cosa ci vorrà dire Niki?"

"Mah… Per me vuole proporre a due di noi di farle da testimoni."

Erica spalanca gli occhi. "Due? Solo due? E perché non tutte e tre? Allora sono sicura che sono io l'esclusa!"

Olly è sorpresa. "E perché? Casomai sono io che resto fuori. L'ho cercata un sacco di volte e non mi ha mai richiamata."

"Anche a me. Ieri sera poi ho provato ed era staccata."

Diletta prende un biscotto. "Posso? Ho una fame."

"Sì sì, certo, anzi scusate. Volete qualcosa?"

Erica scuote la testa. "No no, io no, devo dimagrire, sono ingrassata di brutto."

"Ma che dici, stai benissimo!" Olly guarda Diletta. "Casomai è lei che ha messo su qualche chilo."

Diletta fa finta di niente, sorride e si nasconde invano dietro il biscotto che sta mangiando. "Io? Può essere. Ho sempre fame in questo periodo." Poi si mette a ridere. "Vorrà dire che devo fare un po'"di moto e cercare di recuperare!"

"Sì, ecco." Erica annuisce. "Con Filippo magari."

Diletta le fa una smorfia. "Rosicona. Che, è un periodo che non rimorchi?"

"Io? Ma se non so a chi dare i resti!"

Poi Diletta si rivolge a Olly. "Oh, comunque siamo d'accordo, vero?" mentre sistema sul tavolo i biscottini al burro e alle mandorle che ha portato.

"Boh…" fa Olly. "Mi fa ancora un po'"di rabbia."

"Sì, anche a me" dice Erica spegnendo l'acqua.

"Lo so, ragazze, ma siamo sempre le sue amiche. Ne abbiamo già parlato al telefono, dai, Niki quella volta all'atelier era stanca e stressata, come anche i giorni prima quando non ci rispondeva… Non ce l'ha con noi e non è che ci vuole meno bene… è solo che le è capitato qualcosa che non sa gestire."

"Sì, ma noi che c'entriamo? Volevamo solo aiutarla…" dice Olly mettendo il filtro con la tisana dentro il bollitore.

"Ma lo sa anche lei… solo che per un po'"ha perso lucidità. Ma non hai visto com'era stranita quel giorno. Ragazze, noi siamo le Onde. Nel bene e nel male. Non siamo perfette. Non possiamo sempre essere al meglio. E a ognuna di noi potrà capitare qualcosa di inaspettato… che ci spaventa e che sconvolge i nostri piani" e si sfiora la pancia, in un gesto che può capire solo lei. "Ma noi siamo le Onde. Ricordate? Sempre e comunque. Siamo quattro. E dobbiamo stare vicine anche quando una di noi si allontana un po'"o è

in difficoltà e magari lì per lì ci respinge e noi non capiamo. Tra amici si litiga anche, mica si va sempre e solo d'accordo. Sennò che amicizia è? Una recita. L'importante poi è chiarirsi, trovare il coraggio di buttare giù il muro di silenzio che a volte si crea. Qualcuno doveva fare il primo passo. Bene. Siamo state noi. E vedrete che tutto si sistemerà. Però dobbiamo ritrovare l'armonia… Dai, me lo promettete? Tanto poi dopo stiamo male se lasciamo le cose così…"

Erica e Olly si scambiano un'occhiata. "Guarda, Diletta, che noi vogliamo bene a Niki. La adoriamo e lo sai. Come adoriamo te. Ma la cosa che mi fa rabbia è proprio che Niki, sentendosi in difficoltà, si sia chiusa, non c'abbia più cercato… È lei che ci mette da parte. Va a New York, torna, decide di sposarsi, si isola, si fa aiutare dalle sorelle di Alex, a noi non ci fila neppure… E lei che non riesce a stare con noi… "

"Dai, Olly, non fare la dura… tanto non lo sei… anche a te dispiace che si sia isolata. E proprio questo ci deve far capire che forse sta male. Attaccarla non serve a nulla, ti pare? E poi, ripeto, noi siamo amiche. Punto e basta. E non lo siamo solo a parole. Tanto arriva, no? Sono quasi le quattro. E vedremo."

Dopo qualche minuto suona il citofono. Olly va ad aprire. Poi si gira verso le altre. "È lei."

E si sentono di colpo tese, emozionate, impaurite. Il cuore di Olly batte forte, come prima di una sfida o di una prova difficile. Diletta cammina nervosamente nella stanza. Erica continua a rigirare tra le mani un cucchiaino da tè. Parlarsi. Chiarirsi. Ricominciare. Come non era mai successo prima tra loro. Una piccola frattura che se non risanata in tempo rischia di diventare troppo grande. Un'amica a cui stare vicino, da proteggere, aiutare anche oltre quello che lei stessa può capire. E poi le frasi, tutte quelle frasi che negli anni hanno scritto nei loro diari, si sono dedicate a vicenda, per rinsaldare ogni volta di più il legame. Quel proverbio arabo… "Un amico è colui al quale puoi rivelare i contenuti del tuo cuore, ogni grano e granello, sapendo che le mani più gentili li passeranno al setaccio e che solo le cose di valore verranno conservate, tutto il resto verrà scartato con un soffio gentile." Quella frase di Gibran… "Amico mio, tu e io rimarremo estranei alla vita, e l'uno all'altro, e ognuno a se stesso, fino al giorno in cui tu parlerai e io ascolterò, ritenendo che la tua voce sia la mia voce; e quando starò zitto dinanzi a te pensando di star ritto dinanzi a uno specchio." E ancora Antoine de Saint- Exupéry… "Amico mio, accanto a te non ho nulla di cui scusarmi, nulla da cui difendermi,

nulla da dimostrare: trovo la pace… Al di là delle mie parole maldestre tu riesci a vedere in me semplicemente l'uomo." Ecco, ora è il momento di vedere semplicemente Niki. Al di là del fastidio.

Proprio in quel momento suonano alla porta. E Olly va ad aprire.

"Ciao…"

Niki l'abbraccia subito, cogliendola quasi di sorpresa. Olly lascia cadere giù le braccia, un po'"spiazzata da quel gesto. Diletta ed Erica si guardano. Erica storce la bocca, come a dire: mmm, c'è qualcosa che non mi convince. Poi anche le altre vanno ad abbracciarla. Diletta le sorride.

"Questo matrimonio ti ha rapito da tutto e tutti…"

Niki si stacca e annuisce. "Sì, è vero. Hai ragione."

Nelle sue parole però non si sente la consueta allegria, e le Onde naturalmente se ne accorgono subito. Niki chiude gli occhi per un attimo, solo un attimo, poi li riapre. Diletta, ancora masticando un po'"di quel biscotto, sorride cercando di alleggerire la situazione.

"Allora… Sai cosa abbiamo scommesso? Che oggi sceglierai le due testimoni… E devo dire che ne abbiamo parlato e che una di noi comunque ci rimarrà malissimo… Quindi scarta me che sono la più forte, oppure… Fai testimoni tutti e tre… Io te lo dico, Niki… Il gruppo delle Onde con questa decisione corre un grosso rischio…"

Niki si appoggia al bancone alle sue spalle, come a sorreggersi, a sentirsi più solida per la notizia che sta per dare. Poi sorride, titubante e imbarazzata.

"Non correte nessun rischio…" E si prende una pausa e le guarda negli occhi decisa e determinata nella sua scelta. Ma cercando comunque il loro amore. E il loro appoggio, del quale ha bisogno. "Non mi sposo più."

"Cosa?" Diletta quasi si strozza con l'ultimo pezzetto di biscotto, Erica malgrado la sua voglia continua di essere trasgressiva, questa volta rimane sinceramente sbalordita. "Ma stai scherzando, vero?"

Olly rimane in silenzio, è spiazzata e non sa cosa dire, cosa pensare, cosa provare, se essere felice o dispiaciuta, bambina o donna. Poi sceglie di essere semplicemente amica.

"Raccontaci."


Centodiciotto


"Ma non è possibile."

Flavio, Enrico e Pietro sono allibiti, esterrefatti. Non credono alle loro orecchie. Anzi ai loro occhi, visto che si stanno passando la lettera di Niki e l'hanno già letta a turno almeno tre volte.

"Cioè, non è possibile." Pietro lo ripete scuotendo la testa.

Flavio lo guarda. "L'hai detto già tre volte."

"E lo ridico, non è possibile."

Alex è seduto, affranto, sul divano del salotto. "Ragazzi, è possibile invece. È così. Sta scritto lì. Mica me lo sono inventato."

Enrico cerca di puntualizzare. "A parte che mi sembra una lettera scritta in maniera molto sbrigativa, c'era anche un errore…"

Flavio allarga le braccia. "Ma che t'importa dell'errore! E poi qual è l'errore, scusa, io non l'ho notato…"

"Ma questo, dai, l'ho visto anch'io." Pietro riprende la lettera in mano. "Eccolo qua: alle tue sorelle è impossibile stargli dietro… Dicevi questo, no?"

"Eh…" Flavio allarga le braccia. "Ma ti pare?! Oggi si dice eccome."

"No, doveva dire "star dietro" e basta."

"Ma dai! Quelle sono le lettere tue, quando scrivi a una società magari! Questa è la lettera di una ragazza… Scusa se lo dico, eh" rivolto ad Alex, "che lascia il suo ragazzo."

"Eh! Grazie…"

"Oh, sta scritto qui, eh."

Pietro annuisce. "E che quindi presa dalla foga non va tanto per il sottile."

"Appunto!"

Alex li guarda sconsolato. "A parte l'errore voi come la giudicate?"

Enrico interviene. "Bè, io non una scelta giusta."

"Quale?"

"Quella di far leggere questa lettera a tutti noi!"

"Ma che dici! Non ti chiedevo questo, ma che mi frega, voi siete i miei amici da sempre, se non ne parlo con voi con chi lo faccio! Con quelli di lavoro, con Andrea Soldini, con Leonardo?"

Pietro interviene. "Bè, io sono passato l'altro giorno dal tuo ufficio a cercarti e ti devo dire la verità, con Raffaella affronterei volentieri qualunque tipo di problema…"

"Già, ma in questo momento per me è Raffaello, un uomo."

"Allora sei messo proprio male."

"Malissimo. È la seconda volta che chiedo a una donna di sposarmi…"

"E ti ritrovi con gli armadi di casa tua svuotati e una lettera che ti aspetta."

Pietro si siede di fronte ad Alex. "Cioè, è inevitabile ammettere che c'è qualcosa che non va…"

Alex lo guarda preoccupato. "Tipo?"

"Bè, quando tu chiedi loro di sposarti, con la preparazione del matrimonio e tutto il resto, innesti in loro un tale nervosismo e una paura, anzi parlerei di vero e proprio terrore, che alla fine le porta inevitabilmente a scappare…"

"A parte che con Elena non c'è stata neanche la preparazione…"

Flavio si rivolge a Pietro. "Quindi questa tua teoria non ha valore!"

"Già, io credo però che con la prossima…"

Alex lo guarda allibito. "Con la prossima? Quale prossima? Nooo… Non se ne parla. Io voglio Niki!"

Pietro cerca di calmarlo. "E sicuramente la riavrai. Però con lei ormai la storia del matrimonio è andata in un certo modo. Se mai invece non dovesse più andare con lei…" Alex solo a questo pensiero si sente svenire, ma Pietro continua come se nulla fosse.

"Credo che la cosa migliore sarebbe che d'ora in poi le donne tu facessi finta di invitarle a una festa importante, molto elegante, così loro si preparano ed escono all'altezza e poi… Tà. Le fai arrivare lì dove hai già preparato tutto, ricevimento, testimoni, bomboniere, fiori, fedi… E te le sposi al volo! Senza possibilità di svuotamento armadi… solita lettera e tutto questo dramma già ampiamente vissuto, giusto? E non credo che avresti la capacità di sopportare una terza lettera…"

Alex li guarda uno per uno. "Forse voi non vi rendete conto, cioè, io capisco la vostra situazione personale, il fatto che tutti e tre in un modo o nell'altro, chi più chi meno, abbiate visto in diffìcoltà il vostro matrimonio, e che tutto quello che vi è successo non vi faccia credere più nell'amore… Ma non è il mio caso. Non è la mia storia. Non è la mia favola."

Pietro rimane un po'"sorpreso. "Favola? Che favola?"

"La favola tra me e Niki. Io amo Niki."

Flavio, Enrico e Pietro fanno un sospiro e si lasciano cadere sul divano di fronte ad Alex.

Pietro è il primo a riprendere la parola. "Se a quarantanni credi ancora nelle favole, il problema è più grave del previsto."

Alex lo guarda, poi sorride. "Forse non crederci più è un problema ancora più grande." Pietro annuisce. "Ok ok, sei testardo e vuoi avere ragione. Allora andiamo ad analizzare bene questa lettera. In un passaggio Niki dice addirittura che avrebbe voluto che tu la rapissi da tutto e tutti e con una moto la portassi via… Classica moderna rivisitazione del principe azzurro in chiave terzo millennio con motocicletta al posto del cavallo."

Enrico interviene. "Già, forse però dimentica che dopo l'incidente che hai avuto a quattordici anni insieme a tuo padre, tu ne hai il terrore…"

Pietro la giustifica. "Forse non glielo ha detto."

Alex lo blocca. "No, gliel'ho detto, gliel'ho detto…"

"Allora non è giustificata."

"No, allora è peggio. Ha voluto sottolineare questa tua paura quindi…"

Alex si fa più curioso. "Quindi?"

"Quindi ti vede vecchio."

"Vecchio? A me? E perché?"

"Perché non fai quelle cose da giovane! Quante volte l'hai portata in discoteca?"

Alex ci pensa su un attimo. "Una volta."

"Bene."

"Era la presentazione di un marchio dell'azienda, avevamo scelto una discoteca perché si trattava di una birra come prodotto."

"Male."

"Perché?"

"Mi hai detto discoteca. Era discoteca, sì, ma era anche lavoro. Giri in moto?"

"Nessuno, non ce l'ho e come diceva Enrico ho il terrore!"

"Malissimo."

"Birre prese insieme?"

"No, lei beve Coca Cola e io a volte rum."

"Male! Birra insieme dà leggerezza e senso di libertà e poi fa molto spot. Tatuaggi? Piercing? Ipotesi di cose strane? A sesso come andiamo?"

Alex lo ferma bruscamente. "Senti, Pietro, ha solo paura all'idea di sposarsi."

"Ah sì? Io in questa lettera vedo anche l'ipotesi di un altro."

"Cosa? E dove? Come? Perché?"

"Non lo so. Lo sento. Io non credo a questa paura improvvisa, purtroppo la vita è fatta così e quasi sempre dietro una lettera come questa…" Pietro la scuote per aria. "Quasi sempre c'è l'incapacità di raccontare veramente come stanno le cose."

Alex si alza e va a versarsi da bere. Enrico e Flavio guardano male Pietro, lui fa segno con la mano portandola chiusa verso il mento, come a dire: che volete da me? Proprio in quel momento torna Alex con un bicchiere pieno di Red Bull.

"Bravo, questa ti tiene su! Adesso potresti avere un crollo psicologico."

Alex ne beve un sorso, poi torna a guardarlo tranquillo. "Sai, Pietro, tu parli così perché nella tua vita hai sempre tradito."

"Ho tradito per non essere tradito. Mi era già successo da ragazzino. A diciotto anni ero innamoratissimo di una… che invece era una stronza e andava con gli altri. Quando l'ho scoperto mi sono detto non accadrà mai più, arriverò io prima di loro. Tradirò prima che loro tradiscano me."

Alex beve un altro sorso. "Male, perché vuol dire che così tu l'hai fatta vincere due volte. La prima quando è successo che tu hai tradito e la seconda perché non credi più nell'amore. Io invece ci voglio credere."

"E se avesse un altro, come ci rimarresti?"

Alex ci pensa su un attimo. Tutti gli altri si guardano preoccupati. Poi Alex, sereno, attacca a parlare. "Potrebbe avercelo e non trovare il coraggio di dirmelo… ma perché non dovrebbe? Cosa ci sarebbe di male? L'amore è bello perché ci si innamora e succede senza una ragione precisa, senza una volontà e senza un tempo prestabilito. Tu già sapevi quando ti saresti innamorato di Susanna?"

"No!"

"E tu di Camilla?"

"Neanche."

"E tu di Cristina?"

"Sono sempre stato innamorato di Cristina, anzi non me la nominare perché sto malissimo!"

"Va bè, allora tu non fai testo. Comunque, tornando a Niki, potrebbe darsi che lei si è innamorata di un altro, ma potrebbe anche essere semplicemente che ha avuto paura del matrimonio. Sono tutte e due al cinquanta per cento e io, forse perché voglio credere nella mia favola, scelgo la seconda." E si siede sul divano, ora più sereno, continua a sorseggiare la sua Red Bull e li guarda tutti e tre. Poi cambia completamente espressione. "Anche perché se c'ha un altro io m'ammazzo."

"Ah, ecco! Mi sembrava assurdo questo atteggiamento!" Pietro sorride. "La favola, la favola… Poi, come ti tolgono la favola, ecco i disastri."

Alex gli si avvicina. "Senti, siccome quella casa senza Niki mi sembra veramente terribile… posso restare anch'io qui con voi?"

Flavio lo abbraccia. "Ma certo! Ma che domande fai! Mi casa es tu casa."

Pietro gli batte sulla spalla. "Allora, a parte che questa è mi casa… Poi sono io che decido chi resta e chi no…" E fa una lunga pausa in cui sia Alex che Flavio sembrano pendere dalle sue labbra. Anche Enrico segue la vicenda con il massimo interesse. Poi Pietro sorride e abbraccia Alex. "Ma certo! Ma che domande fai! Questa es tu casa! Anche perché con tutte le volte che mi hai ospitato tu, con le russe e tutti i miei casini, sono felice finalmente di potermi sdebitare un po'. Vieni che ti faccio vedere la camera…" Pietro lo prende sottobraccio e lo accompagna in fondo al corridoio. "La migliore! Ad Alex do la migliore… Perché se la merita!" E scompaiono così uscendo dal salotto.

Enrico e Flavio rimangono seduti sul divano.

Flavio è visibilmente dispiaciuto. "Cazzo, non ci voleva proprio. Alex era così felice, stava andando tutto per il meglio… Almeno per lui."

Enrico annuisce. "Già, almeno uno che potesse vivere la favola, come dice lui, nel nostro gruppo ci voleva proprio! Ora siamo come tanti…"

"Cioè?"

"Ci si lascia, ci si separa, oppure si sta insieme per abitudine, per comodità, per interesse, mai veramente per amore. Cazzo! Ci puntavo su Alex e Niki, erano la mia scommessa vincente, il supe- renalotto dell'amore, il sei stupefacente."

Flavio allarga le braccia. "Però non è detta l'ultima parola,

scusa, potrebbero tornare insieme e sposarsi e vivere alla grande la loro favola… Dopo il faro, il grattacielo…"

"Sì, la luna!" rientra Pietro. "Voi vivete tutti sulla luna, siete alieni!"

"Cioè?"

"Cioè quella ha vent'anni ed è normale che c'abbia l'ormone a mille! Dopo aver provato la cosa strana con uno più grande di lei ritorna, come è giusto che sia, a vivere una bella storia di sesso con un suo coetaneo… Ma dai, ragazzi, non prendiamoci in giro, si vede lontano anni luce che questa c'ha un altro."

Proprio in quel momento Flavio ed Enrico gli fanno segno di girarsi. Alex è dietro di lui con la bocca aperta spalancata, le braccia cadute lungo i fianchi. "Ero venuto per un po'"d'acqua, ma a questo punto credo sia meglio un whisky."

"Sì." Pietro annuisce. "Anche per me, doppio. Scusa, Alex, ma è meglio essere un po'"pessimisti che ingenui. Io ne sono convinto e a questo punto credo convenga che tu questa situazione o la affronti di petto o la dimentichi del tutto e per sempre."

Alex sbatte il suo bicchiere con il whisky contro quello di Pietro. "È meglio la prima soluzione. Per la seconda, dimenticarla, non basterebbe comunque una vita. Io Niki non la dimenticherò mai."


Centodiciannove


Olly è la prima a prendere in mano la situazione. "Lo sapevo, lo sapevo, Alex era troppo perfetto. Simpatico, divertente, bello, sempre attento, fichissimo anche con noi, il faro, poi la sorpresa a New York… Lo sapevo che c'era qualcosa sotto… Ha un'altra. No aspetta, peggio… Qualcosa che tu non puoi contrastare… È gay!"

"No…"

"Ho capito! Era già sposato e non te lo ha detto!"

"No…"

"Cioè… Non ha mai divorziato…"

"Olly… Se mi fai finire te lo dico."

"Sì, hai ragione, scusa."

E le tre amiche, le tre Onde rimangono lì di fronte a lei, leggermente protese in avanti, curiose come non mai.

Niki sorride. "Ecco, allora… Sono stata io." E le amiche sono ancora più sbalordite. "Ho paura, non lo so cosa mi è successo, a un certo punto ero come impazzita, non ne potevo più, mi sembrava una sensazione incredibile… come vedere una clessidra rotta… Ecco, io la giravo ma era bucata, la sabbia scorreva tutta e finiva, scendeva da un buco…" Olly, Diletta ed Erica la ascoltano in silenzio. Niki continua. "E non capivo più niente, avevo attacchi improvvisi di panico, il tempo che scorre, che passa, che vola via, che si brucia, il mio tempo…" E comincia a piangere. "Non lo so cosa mi ha preso. Eppure mi importava così tanto di Alex. Non ci capisco più niente. Sono disperata. Piango per quell'amore bellissimo che provavo… E che non provo più."

Olly per prima le si siede vicino, l'abbraccia. "Ma dai, Niki, non fare così, mi fai stare malissimo, fai piangere anche me."

"Sì…" subito anche Diletta ed Erica si mettono sedute vicino a lei dall'altra parte. "Sì, anche a noi. Ci fai piangere un casino… Guarda…" Diletta le indica i suoi occhi. "Non riesco a fermarle, uffa! Vorrei essere grande e starti vicino e consolarti ed essere una roccia per te… E invece… Piango più di te!"

E scoppiano a ridere e Niki tira su con il naso e anche Diletta. E si abbracciano e si stringono forte. E improvvisamente Niki si trova di nuovo con le sue tre amiche, come se tutto quel tempo passato senza di loro fosse scomparso. E quell'abbraccio cancella le colpe, riduce le distanze, mette la voglia di riprendere il filo e ricominciare come prima, più unite di prima. Ci sarà modo poi di parlare, di chiedere scusa, di chiarirsi gustando quel buon karkadè. Ma quell'abbraccio conta più di ogni parola.

Erica appoggia sul tavolo la tazza ormai vuota. Ha le labbra un po'"sporche di rosso. Olly glielo fa notare dandole un fazzolettino. "Tieni, il karkadè ti ha macchiata."

Erica lo prende e si pulisce. Poi sorride. "Mi sporco sempre!"

"Sei un disastro!" le dice Niki. "E questa cosa mi mancava…"

"Dillo a me… eri scomparsa… sempre appiccicata a Genoveffa e Anastasia!"

Niki ride. "Ma non si chiamano così!"

"Fa lo stesso!"

"Allora io sarei Cenerentola secondo te… in effetti hai un po'"ragione… solo che il principe l'ho perso invece che trovarlo…" Niki si rattrista.

Diletta allunga la mano, cerca la sua e gliela stringe. Anche Olly. Erica si alza e fa il giro del tavolo. Le va dietro e l'abbraccia forte. "Ascoltami bene e ricordati la favola… Cenerentola mica aveva delle amiche come noi!"

Niki si commuove. Tutte la stringono. "Vero… non aveva le Onde… sono fortunata. E vi voglio bene… mi avete sopportata quando mi facevo rabbia da sola…"

Olly cerca di diventare razionale e pratica. "Va bene! Ora basta, forza ragazze, eh… Mica siamo alle medie. Noi dobbiamo essere tranquille, forti, donne, potremmo già essere delle madri…"

Diletta la guarda e sorride senza farsene accorgere. Poi pensa tra sé: eh, a chi lo dici. Olly continua. "Guarda, Niki, che la cosa è facile… Vuol semplicemente dire che non era il momento, mica è un problema! Vuol dire che era troppo presto… Magari va semplicemente rimandato… no? Mica hai fatto qualcosa di male… Tu non hai colpa."

Ma il silenzio di Niki è più eloquente di mille parole. Olly, Diletta ed Erica la guardano. "Niki?"

Niki abbassa gli occhi. "Sono uscita con un altro."

"Cosa?" Olly non crede alle sue orecchie. "Ma tu sei una sorpresa continua!"

Diletta è senza parole. Erica ci mette subito il carico. "E com'è stato? Ti è piaciuto?"

Niki la guarda sorpresa. "Ma Erica!"

"Perché, ora mi vuoi dire che non ci sei andata?"

"No. Ho resistito." Dirlo le provoca una ferita immensa. Per la prima volta lo ammette ad alta voce. Ho resistito. E se ne vergogna comunque. Si sente sporca. E subito Olly e Diletta e perfino la stessa Erica se ne rendono conto. Olly le sorride con amore.

"Ma dai! Non esageriamo, questa è la vita. Si cade, ci si rialza, si continua. Un errore ci sta tutto e, se lo vivi così senza neanche averlo commesso, ci sta due volte!"

E improvvisamente Erica sembra cambiare espressione, diventa quasi un'altra.

"Cos'è che ti ha fatto resistere…"

Niki alza il viso di scatto e la guarda sorpresa.

Erica continua. "Sì, dimmelo, per favore. Cosa ti ha spinta a fermarti. C'è stato un attimo nel quale avresti voluto e invece qualcosa ti ha bloccato. Cosa è stato?"

Niki ci pensa un po'"su. "Non so. Un insieme di cose, ma in realtà quelle più semplici. Ho immaginato Alex. Dov'era in quel momento, cosa stava facendo, quanto doveva essere sereno, magari mi pensava e sorrideva, magari credeva che io già dormissi… Avevo il telefonino spento… E allora immaginando il suo viso, il suo sorriso, ho pensato a come sarebbe potuto cambiare se solo lui mi avesse visto… Ecco, questo mi ha fermato. Questo mi ha fatto resistere. Oggi, comunque vada, comunque andrà, io ricorderò sempre con amore, con la giusta importanza, la mia storia con Alex, non avrò mai nulla di cui vergognarmi." Poi le guarda leggermente più riflessiva, più pensierosa, come se avesse scavato nel profondo, come se queste parole appartenessero a una Niki più grande. "Sì, forse l'ho fatto per me… Egoisticamente ho voluto resistere per stare comunque bene."

Erica solleva le spalle. "Ero curiosa." Poi ci ripensa. "Ma magari in quel momento lui non ti stava pensando affatto, magari stava parlando con i suoi colleghi di lavoro, anzi no peggio, stava facendo il cretino con una… Ecco, sì, diceva quelle cose stupide che a volte dicono certi ragazzi per colpire, invece di essere sinceri, di dire semplicemente tu mi piaci, fanno tutta una serie di giri. Ecco, magari stava facendo uno di quei giri… E tu comunque hai rinunciato a quello che avresti potuto vivere… Perché ci sono cose che non tornano più, sono ed esistono solo in quell'attimo e basta… Ecco, tu invece hai resistito, magari inutilmente…"

Niki sorride. "Sì, forse hai ragione, magari stava facendo uno di quei giri che fanno gli uomini a volte… Ma io non ho resistito inutilmente. Sono felice della mia scelta, così come ero felice fino a ieri nella mia situazione. Ora qualcosa è cambiato."

Olly si gratta la fronte. "Hai parlato con Alex?"

"No, ancora no. Gli ho scritto una lettera."

Olly la guarda preoccupata. "Ma gli hai scritto di questo qui?"

"No." Niki le sorride. "Che, sei pazza?"

Olly fa un sospiro. Diletta scuote la testa. "Se trovassi una lettera poco prima di sposarmi dove il mio lui mi lascia, non so cosa farei! Secondo me mi ammazzerei." Poi si rende conto di quello che ha detto. "No, cioè… La prenderei male, cioè, cercherei di capire comunque… Ecco, una cosa è sicura, ti chiamerei subito, ti telefonerei, verrei sotto casa tua, ti riempirei di domande…" Niki le sorride. "Ma tu non sei Alex. E poi gliel'ho scritto nella lettera. Ho bisogno di un po'"di tempo per me, devo pensare, devo capire… Alex è grande, capirà questa mia esigenza, ne sono sicura."

Erica interviene curiosa. "E con l'altro che hai deciso di fare?"

"Ancora non lo so."

Olly sorride. "È quello dell'università che volevi presentare a noi, vero?"

Niki annuisce. E un po'"si vergogna della sua sicurezza. In amore non ci si deve mai sentire troppo sicuri, in nessun caso.







Centoventi


Dall'altra parte della città. In un loft ancora mezzo sottosopra, Pietro, Enrico e Flavio sono vicini a una porta chiusa.

Enrico chiede sottovoce agli altri due: "Ma che sta facendo? Mica lo capisco…".

Pietro scuote la testa. "E che sta facendo? Sta piangendo!"

"Ma dai, non ci credo!"

"E non ci credere…"

Pietro si sposta un po'"più in là, gli altri lo seguono. "Dici sul serio?"

"Sì, si sentiva perfettamente. Tirava pure su con il naso!"

Pietro allarga le braccia. "Che poi piangere a quarantanni per una… Boh! Per me è veramente assurdo."

Flavio si versa da bere. "Ma non ho capito cosa c'entra per te l'età. Venti o quaranta è lo stesso! Dipende cosa provi per una persona, che tipo di emozione o sentimento, quanto sei innamorato, non quanti anni hai!"

"Per me io ragiono bene. Io, a quarantanni piangere per una, lo trovo ridicolo. Hai capito?"

Flavio si innervosisce. "Ma non è una! È la sua donna, è la donna della sua vita, è sua moglie, è la madre dei suoi figli…"

Pietro fa il preciso. "Allora, per adesso devi usare il condizionale: sarebbe potuta essere la donna della sua vita, sua moglie e la madre dei suoi figli."

Poi indica la porta chiusa della camera di Alex. "Al momento non è niente e le percentuali che Alex possa davvero sposarsela sono obiettivamente bassissime…"

Flavio scuote la testa. "Mi fai schifo, e sei pure suo amico…"

"Proprio perché sono suo amico gli dico la verità! Non lo prendo in giro, non gli faccio credere, come vorresti fare tu, che le favole esistono… Esiste una realtà… E sai qual è la realtà?" Gliela indica con la mano. "Che lui ha quarantanni ed è chiuso in una camera a piangere e lei ha vent'anni ed è chiusa in un'altra camera,

ma a trombare… Questa non è una favola, né un incubo, è semplicemente realtà delle cose. E a volte può essere bella, a volte bellissima, a volte così così e a volte può fare schifo. Ma come te la rigiri te la rigiri, inizia e finisce, ed è la realtà."


Centoventuno


Olly, Diletta, Erica e Niki ora sono più tranquille davanti alle loro tazze vuote. E Olly ne va fiera. "Guardate, è proprio in momenti come questi che uno si deve rilassare…"

Erica non è d'accordo. "Sì, la tisana è stata inventata proprio per quando non ti sposi più." Diletta la guarda malissimo. "Tanto prima o poi proverai anche tu qualche sentimento vero, non potrai fare vita natural durante la cinica disincantata, prima o poi l'amore ti travolgerà e ti stravolgerà…"

Erica le sorride e allarga le braccia. "Ma io me l'auguro proprio… E magari tutto questo accadrà per merito di un gran figone dal sorriso smagliante e un fisico da urlo, insomma una specie di frullato misto tra Clive Owen, Brad Pitt, Matthew McConaughey, Ashton Kutcher e Woody Allen…"

"Woody Allen? E che c'entra Woody Allen?"

"Bè, dopo una bella scopata se un uomo ti fa anche ridere allora hai trovato il paradiso!"

"Erica!"

"No no…" Niki la giustifica. "Questa non era male. Secondo me anche lassù hanno riso…"

Diletta beve il fondo ormai freddo. "Sì sì, ridono… Ma dubito che la lascino passare…"

Erica alza le spalle. "E chi ha fretta! Ne parleremo più in là, c'è sempre tempo per ricredersi o per chiedere perdono. Guarda Claudia Koli… Prima recita nei film di Tinto Brass e poi si fa quasi suora. Fammi combinare quello che ha combinato lei e poi divento sul serio una santa!"

Olly guarda Niki. "A proposito di santi, i tuoi devono essere stati favolosi… Dopo tutta la preparazione, l'incontro con i genitori, i soldi in parte già sborsati per questo matrimonio da favola… non prendersela, non arrabbiarsi, non farti pesare la tua scelta… bè, non è da tutti, eh…"

Diletta su questo è molto curiosa. "Già, come l'hanno presa?"

"Oh, per adesso sono molto sereni…"

Olly annuisce. "Vedete che bello. E così che dovrebbe accadere in famiglia."

Niki alza il sopracciglio.

"Anche perché non gliel'ho ancora detto."

"Ah."


Centoventidue


Chiude piano piano la porta e poi cammina in punta di piedi, sperando che stiano già dormendo o almeno siano a letto. Niente da fare. Delle voci arrivano nitide dal salotto.

"Secondo me non lo vengono a sapere."

"Sì, ma se per caso succede?"

Niki si affaccia in salotto e vede Roberto e Simona seduti al tavolo con diversi fogli davanti. Simona insiste. "Che figura fai? Sai quanto ci tengono, sono paesani, il matrimonio per loro è tutto e tu non li inviti a quello di tua figlia, la loro amata nipote! Tu lo sai che poi non potrai più mettere piede al paese, vero? Ma che dico, nell'intera regione…"

Roberto annuisce. "Ok, allora li invitiamo. Quanti sono i Pratesi? Tre, giusto?"

"Sei! Il doppio! Cavoli! Quindi arriviamo a duecentoquaran- tuno invitati… Ma sono tantissimi!" Simona la vede sulla porta, si alza e le corre incontro. "Niki! Come stai, tesoro. Stamattina sei uscita presto, non hai fatto neanche colazione, ho visto."

"Sì, avevo lezione presto…" Simona la abbraccia. "Sarai distrutta…"

"Già."

Naturalmente, come tutte le mamme, si accorge subito che qualcosa non va, però fa finta di niente e lascia correre. Sa perfettamente che ci sono dei tempi, che a volte bisogna saper aspettare e che una figlia sentirà a un certo punto la voglia di aprirsi e parlare. "Siediti, Niki, se vuoi… noi continuiamo. Stavamo provando a calcolare la disposizione dei tavoli e il numero degli invitati."

Roberto si gratta la fronte. "Già, i Belli hanno detto che da parte loro sono almeno duecentocinquanta, noi siamo già quasi altrettanti… Quindi arriviamo a cinquecento e siccome il catering che hai scelto…"

Simona lo riprende. "Roberto…"

"Bè, sì, che avete scelto, tu e le sorelle e tua madre, insomma voi donne, è sicuramente buonissimo ma anche costosissimo…"

Simona interviene di nuovo. "E dai, Robi…" ma lo fa ridendo.

Roberto allarga le braccia. "Ma non sto dicendo nulla di male. È matematica. Sarà un catering fantastico e viene circa cento euro a persona, che moltiplicato per cinquecento…" Inizia a battere sulla calcolatrice che tiene sul tavolo vicino ai fogli. "Ecco, non mi viene neanche il risultato, esce fuori dal display, cioè si spaventa anche la calcolatrice." Poi Roberto si gira verso Niki. "Insomma, stavamo pensando io e tua madre… ma quelli che fuggono e scappano a sposarsi a New York, a sorpresa? Non è molto più bello?! Noi facciamo finta di non sapere niente e ti regaliamo il viaggio di nozze più bello del mondo, anzi proprio il giro del mondo tutto incluso, più gli extralusso di ogni tipo!"

"Roberto!" Questa volta Simona si arrabbia sul serio. "Ma sei proprio un cafone! Ma come fai a pensare al denaro di fronte al matrimonio di tua figlia? Cioè, preferisci risparmiare piuttosto che vederla mentre si sposa? Dovresti pagare il doppio pur di non perderlo!"

Roberto cerca di minimizzare. "Ma certo, ma dai, stavo scherzando…" Poi rivolto a Niki. "Amore, non ti preoccupare. Spendi tutto quello che vuoi, non risparmiare su niente." Niki li guarda, prima uno poi l'altro. Si morde il labbro e non sa bene come iniziare. Forse in questi casi è meglio una battuta. In realtà non lo sa bene. Non si è mai trovata in un caso simile. Alla fine però pensa che quella è la soluzione migliore, così sorride e si butta.

"Mi sa che risparmieremo su tutto."

"Bene!" fa Roberto, che chiaramente non ha capito. Simona invece si fa subito seria, anche se sa che in momenti come questo non bisogna perdere il sorriso. "Cosa vuoi dire, Niki, tesoro?"

Niki guarda bene la mamma cercando di capire se è arrabbiata. "Voglio dire che per adesso non dovremo spendere tutti questi soldi perché… Bè, perché abbiamo deciso che per ora è meglio non sposarci."

A Roberto cade letteralmente la mascella. "Ah, certo…" come se fosse abituato a notizie e soprattutto a cambiamenti di questo genere. "Avete deciso che per il momento è meglio così…"

Niki annuisce. "Sì." Simona la studia, la controlla. Roberto invece guarda i fogli, da una parte pensa a tutti quegli invitati e ai soldi risparmiati, dall'altra agli acconti già dati e quindi ai soldi

persi. Ma fa finta di niente, cerca di non far pesare questi suoi pensieri sulla situazione già tesa. "D'altronde se avete deciso così…"

Poi Simona fa un lungo sospiro e decide di togliersi questa curiosità. Tanto lo sa benissimo che è impossibile che certi ripensamenti vengano nello stesso esatto momento a tutti e due, soprattutto quando si tratta di cose così importanti e così difficili da decidere. "Scusa, Niki, se te lo chiedo… Ma è stata proprio una decisione comune… cioè presa proprio insieme… O è stato uno di voi due che per primo ha tirato fuori questa possibilità?"

"Perché me lo chiedi?"

"Bè, diciamo per curiosità."

"E cosa sarebbe meglio per te mamma?"

Simona sorride. "Ho capito, Niki. Mi hai già dato la risposta. Se sei felice di questa tua decisione, ne siamo felici anche noi… Vero, Roberto?"

Roberto guarda Simona poi Niki e poi di nuovo sua moglie. "Sì sì, certo. Siamo felici."

Niki si alza, corre verso di lei e l'abbraccia. La stringe forte. "Grazie, mamma. Ti voglio bene." Poi dà un bacio veloce a Roberto e fugge in camera sua.

Roberto si tocca la guancia, è ancora un po'"scosso. "Ma non ho capito… cioè, alla fine la decisione di non sposarsi più praticamente l'ha presa Niki?"

Simona gioca con gli anelli tra le dita. "Sì."

"Eh, ma tu come hai fatto a capirlo?"

Simona lo guarda e sorride. "Perché mi ha fatto una domanda. Se quella decisione l'avesse presa lui, lei comunque non avrebbe avuto colpa… e quindi non avrebbe chiesto cosa preferivo, avrebbe risposto: lo ha deciso lui."

"Ah…" In realtà Roberto non è proprio sicuro di aver capito. Ma poi gli viene in mente una domanda molto più semplice. Perché non farla a sua moglie, poi, d'altronde lei sa sempre tutto. "Ma secondo te, amore, è una decisione serena oppure c'è dietro qualcos'altro?"

Simona lo guarda con più attenzione. "Cioè? A cosa pensi?"

"Non so, ecco… Hanno litigato o magari c'è qualcuno di mezzo…"

"No. Niki non ha nessun altro."

Roberto la guarda. "Ma io non avevo parlato di Niki."

Questa volta Simona non sa proprio cosa rispondere. "Comunque non è quello il problema." Solo su una cosa è sicura. Lei non

ama dire bugie. Poi prende quel pacchetto e lo porta di là. Bussa alla porta della sua camera chiusa.

"Niki? Si può?"

"Sì, mamma."

Simona entra. Niki è distesa sul letto con le gambe poggiate al muro, rivolte verso l'alto. "Dimmi."

"Niente… Ti è arrivato questo, te lo metto qui." E lo poggia sul tavolo.

"Sì, grazie…" Rimane per un attimo sulla soglia prima di uscire. "Per qualunque cosa, tu lo sai che ci sono sempre, vero?" Niki sorride. E un po'"si vergogna. Mamma ha già capito tutto. "Ci sono sempre e comunque." Poi senza neanche guardarla o cercare la sua approvazione, Simona lascia la stanza. Niki rimane per un po'"immobile sul letto, in silenzio. Poi con una mossa agile e veloce ruota le gambe, fa una specie di salto all'indietro e scende dal letto. Si avvicina al tavolo. Guarda il pacchetto. C'è la sua scrittura, la riconosce. Alex. Niki lo soppesa un po', lo tiene così tra le mani. È leggero. E non le viene in mente cosa possa essere, ma in questo momento non ha neanche alcuna curiosità, solo voglia di piangere. E questo nessuno glielo può impedire.


Centoventitré


I giorni seguenti per Alex sono un grande sforzo. Grandissimo. Come se d'un tratto, mai come in questo momento, nulla avesse più ragione di essere. Non il successo, non il lavoro, non gli amici. Improvvisamente perso in quella città, la sua città, Roma. E non gli sembra neanche di conoscerla, le strade sembrano nuove, le stesse di sempre, come sconosciute ai suoi occhi, prive di colore, e i locali, i negozi, i ristoranti famosi, di colpo perdono interesse, ragione, perché. Andare in giro senza una meta, giornate intere senza guardare l'orologio, senza sapere dove andare, senza avere alcun traguardo, alcun perché, alcun dovere. E dentro di lui canta Battisti. E come stare in un frullatore con tutte le sue canzoni. "Che sensazione di leggera follia sta colorando l'anima mia. Senza te. Senza più radici ormai. Tanti giorni in tasca tutti lì da spendere. E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante… Luci ah, di solito così non si fa." Confuso. Di urla, di rabbia, di amore esploso, di dolore fisico, un cuore spaccato, un'amicizia ammaccata, un'emozione spezzata, un sentimento stravolto, accartocciato, tranciato. Così si sente. Con una musica continua nella sua testa e una fragilità interna, un sottile dispiacere, una lacrima improvvisa e la voglia di non parlare. Scorre la notte e quella luna immobile sembra sapere tutto ma non parla. Scorrono i giorni con quel sole che quasi acceca nella sua perfetta rotondità, nel suo doloroso distacco, nel suo ripetersi noioso. Giorno dopo giorno. Notte dopo notte. Tutto è noioso. Alex va in giro con la sua macchina.

"Pronto? No, Andrea. Oggi non passo in ufficio." "Pronto, mamma? Ti volevo dire una cosa." Silenzio e la paura delle domande, della curiosità umana, del perché e per come qualcosa finisce. "No no, è solo rimandato. Fermate tutto." Spostato a un domani, chissà. Ma loro insistono, vogliono sapere.

"Ma perché, c'è forse un'altra persona? Per te? Per lei? Avete litigato? Posso fare qualcosa, mi sembra brutto non chiamarla, e i

suoi genitori poi? Non è carino sparire così… Alex, dicci la verità! Possiamo fare qualcosa per te? La nostra casa è sempre aperta… Passa, raccontaci qualcosa, ti prego."

E dall'altra parte senti una curiosità avida, come se le vicende umane comunque fossero sempre ragione di sorpresa, di frugare, cercare, aprire cassetti, leggere lettere, di sapere notizie, sorprendenti verità, drammatiche scoperte! Affamati di vita altrui. Ma cosa volete sapere mai! Cosa c'è da sapere più del fatto che finisce un amore! È finito allora. Finito? Ed è quasi un urlo straziante, quella parola, è come se il cuore, sentendola pronunciare dalla mente, si attorcigliasse, si stendesse come un elastico dalle assurde capacità, teso come un arco violento pronto a scoccare la dolorosa freccia, ancora di più, più teso, fino all'inverosimile, fino a spaccarsi, come cinque corde musicali portate all'esasperazione, ultimo straziante assolo di un vecchio cantante rock al suo ultimo bis, come antico cigno, ormai rauco, in quel suo amato canto finale. Ecco, così si sente Alex, inginocchiato, stremato, sconfitto, graffiato, di fronte alla bellezza e alla grandiosità del suo amore per Niki. Solo ora capisce quanto l'ha amata, solo ora si vergogna di averla fatta soffrire, di avere tolto anche solo per un attimo quel sorriso dal suo viso, e vorrebbe punirsi per aver causato qualche lacrima, vorrebbe sdoppiarsi, clonarsi, creare un altro Alex, innocente, al quale dare una frusta per farsi punire, sentire sulla sua schiena quei colpi taglienti e quegli stessi segni dipingersi immediatamente dello stesso meraviglioso rosso delle labbra di Niki, e ancora altri segni, nuovi, sottili ma feroci e profondi, graffianti, con uncini che portano via la sua pelle, perfetti come il sorriso di lei… quel sorriso che terribilmente gli manca. Tutto questo vorrebbe sentire e altro ancora. E nemmeno il peggiore dolore fisico è paragonabile a quello che sta provando nel suo cuore. L'assurdo di quel vuoto pneumatico, l'assenza totale di tutto, come un respiro fatto in un mondo senz'aria, come aver mandato giù un bicchiere vuoto, un tuffo in una piscina senz'acqua, il silenzio delle profondità marine, l'assenza di qualsiasi suono, parola, colore, gioia, felicità, sentimenti cristallizzati, come un mondo spaccato a metà, e improvvisamente quel sorriso rubato, stampato, crocifisso, impagliato, privo di anima. Così si sente Alex, con un vuoto lancinante. Chi è stato a rubarmi l'emozione, il sentimento, la felicità? Ladro, maledetto ladro dell'amore, l'hai preso e poi nascosto, imbottigliato, e spedito nelle profondità più fredde di questa terra che oggi mi ospita. Avanzo giorno dopo giorno senza avvertire più

il calore del sole, e tutto mi annoia e dolorosamente mi tortura, destinato a soffrire in eterno, come un condannato all'ergastolo che però non ha mai visto un tribunale o dei giudici o qualcuno che potesse dirgli qualcosa, il perché delle sue colpe, qualunque esse siano. No. Starà per sempre in quella stanza, solo, con i suoi pensieri e i suoi ricordi, cercando di immaginare chi lo ha rinchiuso e quale potrà mai essere stata la sua colpa… Se mai c'è stata colpa. Come quel film che mi aveva spiazzato, violento, drammatico, straziante nella sua strana assurdità. Old Boy. Un film coreano. Una vicenda incredibile che pescava nella parte più profonda della mente, nel nero più scuro. Come se un enorme octopus, uno di quei polpi giganteschi, arrivasse dagli abissi, avvolgesse con i suoi enormi tentacoli la zattera di un povero naufrago che sta dormendo e se lo portasse giù, nell'oscurità del mare senza che lui se ne possa accorgere, sparendo così, pluff, d'incanto. Quando soffri in questo modo stenti a credere che ci sia un Dio, che ci sia veramente qualcuno lassù tra quelle stelle che non abbia pietà della tua disperazione. E per un attimo ti ricordi della felicità dell'amore e il solo scorgere la bellezza di quel paradiso ti fa capire ancor di più le atrocità dell'inferno che stai vivendo. Poi Alex guarda la tv. Un conduttore straordinario, che ha conquistato tutto e tutti, annaspa sudato su un palcoscenico, si butta per terra, salta, prova a dirigere un'orchestra, poi di colpo si ferma e parla di qualcosa. Ma Alex ha tolto il volume. E così non sa quello che dice, ma vede le sue labbra, sente i suoi occhi. È affaticato e quello sguardo è triste e i suoi occhi si dipingono di sofferenza e allora Alex capisce che non servono parole, né soldi, né successo o potere per riacquistare quella luce, quella piccola enorme fiamma il cui nome è felicità. E non esiste negozio, né documento o carta o raccomandazione che te la possa restituire. Ma allora non è vero nulla. Alla fine degli arcobaleni non c'è quella pentola piena di monete d'oro. Dopo il "The end" dei film romantici, dopo quella bellissima scena d'amore, dopo quell'ultimo bacio appassionato prima di andare a nero con quella musica bellissima, non c'è più nulla. Nulla. Anzi, magari quei due attori si odiano! Dopo lo "stop!" del regista non si salutano, non si parlano, si chiudono nei loro rispettivi camerini e telefonano a qualcun altro per sparlare l'uno dell'altra.

"Sai che ha fatto? Ha allungato le mani, è un porco, sembra uno fichissimo sullo schermo e invece fa schifo."

Oppure è lui che si sfoga. "Non sai, bacia malissimo! E in più

ha un alito terribile, un corpo flaccido… Mi dovrebbero dare il doppio dei soldi solo per girare quella scena con lei…"

E Alex continua così, come ubriaco dentro il suo dolore senza però aver bevuto un goccio. Cerca di dare un senso a questa vita, ma in certi casi è proprio come dice Vasco, quando si soffre così, la vita un senso non ce l'ha. Non ce l'ha senza l'amore. Senza te, Niki. E continua quel frullato. "Tanti giorni in tasca tutti lì da spendere. Ma perché adesso senza te mi sento come un sacco vuoto, come un coso abbandonato?" E continua a mettere le canzoni di Battisti come se in qualche modo solo lui e Mogol sapessero veramente di cosa Alex stia parlando, come se solo loro due al mondo sapessero veramente quale dolore infinito è perdere l'amore. E resiste e soffre in silenzio, e porta avanti la sua vita come se fosse tutta aggrappata a delle grosse funi, e se le aggancia alle spalle, quale giogo di bue, e trascina soffrendo il peso della vita, giorno dopo giorno, al lavoro, in ufficio, scherzando e ridendo con tutti come se nulla fosse successo, tra la gente, per strada, nei negozi, dall'alimentari e ancora tra i suoi amici, la sera, in quell'unico silenzio che ogni tanto gli è permesso. Eppure resiste, passano le settimane e resiste. E gli sembra impossibile. E ogni sera gli sembra ancora più dolorosa, come se mettesse spazio oltre che tempo tra tutto ciò che aveva e quella improvvisa partenza per un viaggio non previsto, magari senza ritorno. Tutto è finito? Sul serio è tutto finito? No. Non può essere. E vivere in questa incertezza fa ancora più male. È come se Alex volesse rimanere nel dubbio, non sapere bene fino in fondo cosa sarà di loro, quella stessa frase che si erano detti sempre allegramente, quasi prendendosi in giro… lo scopriremo solo vivendo. E ora? Cosa rimane ora da scoprire? Forse il nulla del loro silenzio. Freddo, cinico, perfido, cattivo, divertito. Ah, terribile. E allora solo quella canzone. Orgoglio e dignità. All'infinito. Resistere. "Lontano dal telefono. Sennò… si sa."


Centoventiquattro


Il parco di Villa Pamphili è illuminato da un bel sole. Molte persone si godono una breve passeggiata prima del pranzo domenicale. Enrico spinge il passeggino mentre Ingrid ride indicando dei bambini che corrono più in là.

"Che fai?" chiede voltandosi indietro. Anna si è fermata a guardare una quercia molto grande. La osserva con attenzione.

"Hai visto quant'è bello quest'albero? È sanissimo. Mi piace."

"Sei un'ecologista, eh?"

"Sì, e gli alberi sono importantissimi… Sai, no, che fissano il carbonio…"

"Io so che fanno fresco d'estate… Ingrid, che c'è? Non ti sporgere così." La bambina sta cercando di prendere un sonaglio che le è caduto per terra. Anna fa una piccola corsa, li raggiunge e si inginocchia a raccoglierlo. Lo porge a Ingrid che ride. Anna si alza e ricominciano a camminare, ora vicini.

"Come mai così appassionata di natura?"

"È stato mio padre… mi ha insegnato molto facendomi capire l'importanza di amare, capire e proteggere l'ambiente. Mi portava con sé in lunghe passeggiate in campagna e collina, andavamo al mare, in bicicletta, insomma sempre in giro e senza automobile. Mi divertivo tanto. Sapeva spiegarmi ogni cosa, il nome di ogni animale, perché si comportava così, come mai quell'albero aveva le foglie di quella forma e tante altre cose… Mio padre era forte. Si era trasferito a Roma quando aveva solo vent'anni per lavorare come grafico e ce l'ha fatta."

"E dove abitava prima?" chiede Enrico sistemando un po'"meglio il giubbottino di Ingrid.

"In Olanda. Mio padre era olandese. Ecco perché sono così bella e bionda!" Anna scuote un po'"i capelli con aria provocatoria. Ma poi non resiste e si mette subito a ridere. Enrico la guarda. In effetti è proprio bella. Ma Anna è già oltre. Parla velocemente guardando avanti a sé. "See! Scherzavo… bella, proprio no. Ma

bionda sì! Comunque era un grande uomo… è morto tre anni fa… e mi manca tantissimo…"

Un velo di tristezza si posa improvviso sugli occhi di Anna. Si ferma e si avvicina al passeggino di Ingrid per giocarci un po', un modo per allontanare quella nostalgia che difficilmente passa. Enrico la guarda di nuovo. E sente una dolcezza improvvisa che lo avvolge. Vorrebbe quasi abbracciarla per consolarla da quei pensieri! Riprendono la passeggiata.

"La cosa più bella che mi ha insegnato, comunque, è l'amore. Ha amato tantissimo mia madre, che è romana. Sono stati una coppia fantastica, uniti, complici. Per questo ho le mie idee sul matrimonio. Non mi voglio accontentare di una storia così, tanto per fare… per me dev'essere qualcosa di unico, intenso, un progetto vero di due persone che si adorano e si aiutano a vicenda, che si piacciono molto e anche dopo tanti anni hanno voglia di baciarsi… come succedeva ai miei genitori che si cercavano sempre anche fisicamente…" continua Anna.

Un vento leggero le scuote i capelli, mandando un ciuffo sugli occhi. Lei lo scosta delicatamente e continua a camminare.

"E quindi il tuo sogno è sposarti?" chiede Enrico.

"Il mio sogno è una famiglia, come formalizzarla poi uno lo vede lì per lì. Ma una famiglia solida, allegra, vera, che non si rompe alle prime difficoltà… una famiglia composta da un uomo e una donna che si rispettano davvero, che vogliono il bene dell'altro e non si arrendono… ma vedo che troppo spesso non è così. Oggi le coppie si rompono al primo problema, sembra che stiano insieme solo perché è di moda essere coppia, non perché ci credono davvero… Hai visto quanti matrimoni finiscono dopo pochissimo tempo?" Poi Anna si blocca. Certo che l'ha visto… È successo anche a lui. "Scusami, Enrico… non volevo dire…"

Enrico sorride un po'"amaramente. "Non ti preoccupare… hai ragione… anch'io la penso come te. Solo che poi mi guardo intorno e vedo anche i miei amici, Flavio, Pietro, lo stesso Alex, nemmeno le loro storie vanno bene… La nostra società si modifica e alla fine uno si deve accontentare non di realizzare il suo sogno ma quello comune… che è meno bello e romantico… "i castelli in aria che si costruiscono con poca spesa sono costosi da demolire…""

Anna lo guarda. "Bella questa frase…"

E per un attimo Enrico si sente simile a Pietro, il "citazionista" che tante volte ha criticato perché usa le frasi altrui per farsi bello.

"Sì, grazie… non è mia, è di François Mauriac…" E un po'"se ne vergogna.

Continuano a camminare, dirigendosi verso il parcheggio. Ormai l'ora di pranzo è vicina e Ingrid inizia ad aver fame.

"Resti a mangiare con noi oggi? Dai… Facciamo un primo e poi ci sono formaggio e affettati e un po'"di radicchio fresco con l'aceto balsamico, se vuoi…" chiede Enrico.

Anna sorride. "Sì, dai, non ho nulla in frigo… mi salvi!"

Poco più tardi a casa d'Enrico. Anna è in cucina che sta mettendo piatti e stoviglie in lavastoviglie. Enrico sta finendo di sparecchiare mentre Ingrid si è addormentata sul divano. Squilla il telefono. Enrico va a rispondere.

"Pronto…"

"Pronto." Enrico si blocca. Ha riconosciuto subito la voce. In sottofondo si sentono dei rumori di gente che parla. Sembra un ristorante. "Camilla…"

"Sì. Come va? Tutto bene la bambina?"

"Sì… bene… è con la babysitter… quando passi a trovarla?"

"La prossima settimana… senti… ma non ti sei dimenticato di qualcosa?"

Enrico aggrotta le sopracciglia. Non capisce. Scorre velocemente impegni vari ma non gli viene in mente nulla. "No… non mi sembra… ma dici per Ingrid?"

"No… dico di me. Ieri era il mio compleanno."

"E allora?"

"E allora non mi hai detto nulla… nemmeno un augurio, scusa…"

Enrico non ci crede. Non è possibile. Questa si fa viva quando le pare e mi viene a dire che mi sono scordato del suo compleanno? Ci sono persone che non hanno proprio rispetto per gli altri, non tengono conto di quello che fanno e di cosa hanno fatto a chi dicevano d'amare.

"Non mi sembrava ci fosse nulla da festeggiare, sinceramente, Camilla… e poi, no, non me lo ricordavo. E ti devo dire una cosa: il fatto di essermene realmente dimenticato mi riempie di una strana felicità."

E butta giù, senza lasciarle il tempo di ribattere.

Enrico è ancora sbigottito quando rientra in cucina.

"Che hai, Enrico? Cosa è successo?" Anna si accorge della sua strana espressione.

"Niente… Un problema inutile. Non si può risolvere…" e si

rimette a sparecchiare. Anna decide di non approfondire, non le sembra ne abbia voglia. Enrico sistema la bottiglia di vetro

dell'acqua in frigo e guarda Anna.

"Senti, Anna… quand'è il tuo compleanno?"

Anna si gira un po'"stupita. "Pensa che è stato proprio quando ci siamo incontrati sul pianerottolo per la prima volta… Un bel po'"di tempo fa. "

Enrico fa un rapido calcolo. Meno male, non sono dello stesso segno lei e Camilla.

"E non ti ho mai raccontato quale è stato quel giorno il regalo più bello… me lo ha fatto Ingrid… appena avevamo finito il colloquio e tu me l'hai fatta prendere in braccio…"

"E quale è stato?"

"Un bellissimo sorriso… sembrava sapesse della mia festa."

Enrico sorride. Il prossimo anno me lo ricorderò. E soprattutto spero che avrò il modo di farle gli auguri.


Centoventicinque


Altrove la festa procede. Ragazzi ballano a gruppetti, ridono, bevono qualcosa. La musica esce dal mixer e dalle casse del dj in un crossover che va dagli anni Settanta fino agli ultimissimi successi. Niki ha invitato anche le Onde. Olly si sta scatenando come una pazza, saltella su ogni pezzo. Erica beve un po'"di bitter e dondola il bicchiere tenendo il ritmo. Filippo si avvicina a Diletta con un bicchiere di succo di frutta all'ananas.

"Tieni, amore, è fresco!"

Diletta lo prende e inizia a bere. "Mmm, buono!"

"No! Senti, forte questa…" e Filippo inizia a ballare. Piano piano finisce in mezzo al corridoio che in quel momento fa le veci di una pista. Trova Niki e Olly e si unisce a loro.

"Ciao!"

"Ciao, come va?"

Continuano a ballare urlando sopra la musica per sentirsi.

"Tutto bene! Visto che bella la mia Diletta laggiù?" e si gira verso di lei, salutandola con la mano. Diletta ricambia alzando il bicchiere col succo di frutta.

"Certo, Diletta è sempre bella!" fa Olly. "Mi sembra solo un po'"più cicciottina, vero?"

"Sì, leggermente…" risponde Niki, "ma sta proprio bene! Sembra anche più grande!"

E quelle parole colpiscono Filippo come un fulmine che squarcia il cielo di notte. "Lo penso anch'io! A me piace molto di più così… più morbida… in tutti i sensi!" e la guarda ancora mentre la musica continua e per la prima volta avverte qualcosa di diverso, una nuova sensazione che cresce dentro. E ballando non smette di pensare a quella nuova Diletta, così diversa, così dolce, matura. E ricorda il suo coraggio nei primi giorni, dalla dottoressa Rossi, di come fosse lei a stargli vicino, cercando di semplificare tutto nonostante fosse molto spaventata. Si rivede confuso, arrabbiato, spaesato a casa, all'università, con gli amici, con lei. Come in attesa di

non si sa bene cosa. Come se qualcun altro potesse scegliere per lui. E quella notte, quando fino a tardi hanno parlato della possibilità di abortire, di cosa avrebbe significato per lei, per entrambi, cercando di immaginare tutto, dopo che erano stati insieme al consultorio. Quelle parole, le ipotesi, tutto vissuto come al rallentatore. E lui che cercava in ogni modo di negare l'evidenza e di non accettare quella nuova realtà. Ma Diletta c'è sempre stata, bellissima e forte, più coraggiosa di lui, capace di trasmettergli un'energia così grande. E la guarda ancora. Le sorride. Diletta ricambia e si accorge che qualcosa in quegli occhi è cambiato.


Centoventisei


La pioggia cade insistente ormai da un'ora. Susanna esce e lo vede.

"Ehi! Che ci fai qui?"

Davide si gira. "Eh, la Smart…" e la indica. "Non mi parte. Di sicuro un problema elettrico all'avviamento… e non so come tornare a casa. E ovviamente piove! Ma tanto ora smette, no? Non può…"

"… piovere per sempre. Eh già, il film…"

"Brava, vedo che ricordi bene…"

"Già. E mi ricordo anche che ti devo un favore. Dai…"

Davide la guarda con aria interrogativa.

"Sì, ti restituisco il passaggio dell'altra volta!"

"Ah, ok, grazie, accetto volentieri."

Durante il viaggio ridono e scherzano. Susanna mette un cd, Paolo Conte.

"Accidenti, che gusti raffinati…" Davide la guarda. "Ma in fondo me lo immaginavo…"

"Perché?"

"Perché sei una donna affascinante" e lo dice con allegria, quasi distratto.

Ma perché fa così? Non si capisce mai cosa pensa… Gli piaccio? O mi prende solo in giro? Ma in fondo perché mi preoccupo? Susanna continua a guidare.

"Dove abiti?"

"Continua pure dritto di qua e quasi ci siamo." Dopo qualche minuto Davide le indica di svoltare a destra, in una piazzetta. "Ecco, cerca un posto… a quest'ora forse lo troviamo."

Susanna fa finta di nulla. Ma mentre compie due o tre giri dell'isolato per cercare un parcheggio, si domanda cosa sta succedendo. Mi ha detto di posteggiare. E io lo sto facendo. Cioè, sto accettando di fermarmi con lui? E lui l'ha dato per scontato? Ma che mi prende. Non ho nemmeno detto nulla.

"Ecco, ecco, lì c'è un posto… Ci entriamo." Davide indica più

avanti. Susanna ubbidisce. E parcheggia. Davide esce dall'auto e prende i borsoni di entrambi. Anche Susanna scende.

"Io abito lì. in quella palazzina gialla, al terzo piano. E abito da solo." Anche questa frase la butta così, con nonchalance.

"Ah, bene."

Bene? Ma che dico?

"Posso offrirti un tè per ringraziarti?" Davide non le lascia tempo di pensare o rispondere. Le sorride e si avvia facendole strada. Susanna ancora una volta non obietta, ricambia il sorriso e lo segue. Poi ci ripensa. "No. E troppo tardi per un tè. Poi non dormo. Ma vengo su volentieri." E sorride serena, improvvisamente di nuovo padrona di ogni sua scelta.


Centoventisette


La musica impazza. Diletta, Erica, Olly e Niki ballano tutte insieme, ognuna a modo suo, con la voglia e il bisogno di sfogarsi. Con le mani al cielo, i capelli al vento. "Balla per me balla balla, tutta la notte sei bella…" E mai canzone fu più giusta per quel momento di sana euforia, di voglia di urlare, di cantarsi in faccia. "Non ti fermare ma balla, fino a che non finiranno le stelle, l'alba dissolva il tramonto, io non completo il mio canto e canto te!" Ridendo, scherzando, spingendosi a tempo, urtandosi, folli di simpatia, d'amore per la vita, di forza e fragilità, di entusiasmo e desideri, di voglie nascoste, di sentimenti palesi, di amicizia profonda, di finto coraggio, di immane paura. E continuano così, sotto gli occhi di tutti, di nuovo giovani e allegre, perdutamente amiche. Sullo sfondo qualche professore alla ricerca della propria gioventù. Ragazzi e ragazze bevono drink colorati, un dj ascolta in cuffia il prossimo disco per centrare perfettamente il possibile mix improvvisato.

"Ehi, io vado a bere. Non ce la faccio più… Vi porto qualcosa?"

Niki è la prima a cedere, sorride sudata alle amiche, aspetta fiduciosa la loro risposta. "Allora? Oh, io vado, eh!"

"Vai vai e vai…"

"Dai! Ci vediamo dopo!"

"Sei davvero antica che molli proprio ora! Balla con noi, dai!" Niki si allontana abbassando la mano. Proprio in quel momento entra perfettamente mixata Alala dei CSS.

Diletta sembra impazzire. "Questa è stupenda, vi prego! Vi prego!" E inizia a gridare il testo, "Ah la la, ah la la… Would you be kind? Gìmme one little more, and I'll be superfine…" eia tutto un ballo saltellando su un piede solo, un piccolo giro, quasi chiudendo gli occhi, ispirandosi verso l'alto chissà a cosa o a chi, e tutte le sono subito dietro.

"Una Diet Coke, per favore…" Niki dopo aver fatto la sua ordinazione batte il tempo guardando da lontano le sue amiche che

ballano euforiche. Scuote la testa assaporando da lì la loro splendida felicità, quasi si avverte nei movimenti, nel sorriso, nel ridere senza senso che hanno quando si abbracciano, quando si stringono, quando saltano insieme, quando fanno lo stesso passo. "Belle. E le guardi con un amore incredibile…"

Ha un tuffo al cuore quando sente quella voce. Lo riconosce subito anche se non sa più nulla di lui da quella sera. Guido. Non pensava di incontrarlo a quella festa. O forse sì. Ma una cosa è sicura. È felice di vederlo. E sorride mentre fa un altro tiro dalla sua cannuccia. Guido la guarda divertito. "Come stai?"

"Bene…"

"Bene bene o bene benissimo?"

"Bene benino."

"Ah, questa non l'avevo considerata…"

"Vedi…" Niki sorride mentre dà l'ultimo sorso alla sua Diet Coke. "A volte qualcosa ti sfugge…"

"O faccio finta che mi sfugga." Niki poggia il bicchiere e lo guarda. Guido continua. "Ogni scelta è inevitabilmente un momento di dolore e di felicità."

"Ma…" Guido le mette una mano sulla bocca. "Shhh… Non parliamone. Non c'entro nulla io. È una tua scelta e come tale non devi risponderne che a te stessa e al tuo cuore, lì dove gli altri non sono invitati a entrare. Tu solo sai… No?"

Niki sorride. "Grazie."

"Vieni con me." Ma non le dà il tempo di rispondere. La prende per mano e la trascina via da tutta quella gente, tra braccia alzate che si muovono a tempo, ragazzi e ragazze che chiacchierano, amori che nascono o semplici simpatie che decidono di darsi una possibilità in più. Forse proprio come loro due. È così? Pensa Niki. E per lui? Lo guarda mentre la trascina fuori da quella grande sala dell'università, di colpo lontani dagli altri, e si accorge di ridere di questo, di esserne felice, piacevolmente distratta, rapita dalla normalità, dall'abitudine. È per lui che sta succedendo tutto questo? E per lui che è successo? È lui il motivo della mia confusione? È lui il motivo della mia improvvisa ribellione? E chiude gli occhi quasi spaventata, poi li riapre proprio in tempo per vedere Guido che si gira e le sorride.

"Tutto benino?"

Stavolta anche Niki sorride.

"Tutto bene." E così si lascia portare verso l'uscita.

"Ecco. Fermati." Rimangono immobili sulle scale di marmo.

Guido le sta vicino ora, le tiene sempre la mano. "Chiudi gli occhi." E Niki senza alcun timore segue le sue indicazioni. Guido si porta dietro di lei. ""Per sempre me ne andrò per questi lidi, tra la sabbia e la schiuma del mare. L'alta marea cancellerà le mie impronte, e il vento disperderà la schiuma. Ma il mare e la spiaggia dureranno in eterno." È di Gibran. Senti il rumore lontano, senti cosa ti sussurra il vento?" Si appoggia sulla sua spalla quasi sfiorandola, poi timoroso ed educato si avvicina alla sua guancia. "Le onde lontane ci chiamano, ci sfidano, spavalde, impavide, forti della loro stessa forza, ridono di noi… Il respiro della natura pensa che abbiamo paura… Non è così, vero, Niki? Noi accettiamo la sfida, vero?" E lo dice quasi implorando, pregando, chiedendo che quel momento così bello, così perfetto, non venga spazzato via da un suo semplice, piccolo, no. Niki allora apre gli occhi, lo guarda e improvvisamente non ha dubbi. E sorride.

"Noi non possiamo aver paura."

Guido quasi impazzisce di gioia. "Wow! Lo sapevo, lo sapevo! Andiamo." E corre giù per le scale trascinando Niki che quasi inciampa e lo segue ridendo.

"Piano! Vai piano! Che cavolo! Sei pazzo!"

Ma Guido non si ferma e salta gli ultimi scalini e va a perdifiato e supera l'angolo della strada arrivando davanti alla sua macchina. "Ecco. Queste saranno le nostre armi…" E indica le due tavole da surf già caricate sulla macchina.

"Ma io non ho nulla con me."

Apre il bagagliaio. "Ho una muta da donna 30, la misura americana…"

Niki è leggermente imbarazzata. È proprio la sua taglia. Guido decide di essere sincero. "L'ho chiesto a Luca e Barbara… Una volta avete fatto surf insieme, ha detto che la sua ti andava benissimo. E lei porta la 30."

Niki è un po'"sollevata. E poi è felice che Guido le abbia detto la verità. Alla fine la conquista del tutto. "L'ho comprata ieri… È nuova."

"E se ti dicevo no?"

"Al massimo te la regalavo per il tuo compleanno. A essere buoni non si rischia mai nulla…" La guarda. E quest'ultimo sorriso di Niki, poi, è la sua resa. E allora si lascia andare così, sale in macchina in silenzio, chiude gli occhi e la sente partire. È un attimo. E già si perde tranquilla lungo le strade della città.





Centoventotto


L'appartamento è piccolo ma ben curato. Pavimenti in parquet. Illuminazione a faretti. Arredamento essenziale e moderno. Un computer portatile è aperto su un tavolinetto di legno bianco. Alcune scaffalature di metallo leggero contengono libri sullo sport e il fitness, una lampada in stile anni Sessanta, un iPod.

"Ecco il mio regno… appoggia pure il borsone dove vuoi. Vado a mettere l'acqua per un buon caffè d'orzo. Ti va?" Susanna sorride. "Sì. Quello è perfetto." E Davide si allontana dietro un muretto che separa il cucinotto dalla zona pranzo.

Susanna si guarda intorno. Grandi foto alle pareti che ritraggono Davide in pose sexy, stile calendario, e in alcune in cui sta facendo Kickboxing. È davvero bello. E sente un leggero rossore sulle guance. Mi sento come una ragazzina. Chissà che penserebbero le mie amiche. E i miei figli? Ora sono a fare sport e mia madre andrà a riprenderli. Non posso trattenermi tanto. Susanna guarda l'orologio. E in quel mentre rientra Davide. "Eh no, mica vorrai andartene… non puoi perderti il famoso caffè d'orzo alla kick!" e ride di quel sorriso bellissimo che l'ha colpita dal primo giorno in palestra.

"Ok, non me lo perdo…"

"È quasi pronto… ma accomodati. Te lo porto di qua" e sparisce ancora per tornare dopo qualche istante con un piccolo vassoio, due tazzine colorate e due ciotoline di zucchero, di canna e normale. Appoggia tutto sul tavolo davanti al divano su cui Susanna si è appena seduta. E le si mette accanto.

"Prego…"

Susanna prende il cucchiaino, sceglie lo zucchero di canna e lo aggiunge al caffè. Inizia a girare. Poi beve.

"Mmm… ma è fortissimo!"

"Eh… il caffè d'orzo corretto con un goccio di Baileys, il caffè alla kick! Forte come un pugno… nell'occhio dei mariti!" e sorride bevendo anche lui.

"Dai, Susanna, non ho mai avuto modo di parlartene ma è da tanto che ti osservo e ci penso. Sei una donna bellissima, allegra, determinata. Una madre che non si arrende mai, una donna che può dare e dà tanto. Fidati… e lanciati ancora nella vita… ci sono tante cose che puoi scoprire e apprezzare… Te lo meriti. So che te lo meriti." Davide appoggia la sua tazzina ormai vuota sul vassoio. Prende quella di Susanna dalle sue mani. Poi la guarda. E le sorride. E lei si imbarazza e distoglie lo sguardo. E lui le prende dolcemente il mento e la tira a sé. E un bacio lento, caldo, tenero e poi più intenso cattura Susanna. E non sa che pensare. E non vuol più pensare. Si lascia andare a quell'abbraccio che diventa avvolgente, e il divano è comodo, e si ritrovano così, sempre più uniti. E passa il tempo. E non sa quanto. Indefinito. Poco o tanto non saprebbe dire. Sa solo, Susanna, di essere felice. Per un po'"dimentica tutto. Leggera. Se stessa.

Davide l'abbraccia forte e lei si copre col plaid giallo in pile, piegato ordinatamente fino a poco prima sul bracciolo del divano.

"Sai… l'altra volta quando mi accompagnasti a casa…"

"Eh…"

"Pensavo ci provassi e invece… mi sono detta: mica sarà gay?"

"Eh, se non ci proviamo siamo gay, se ci proviamo siamo i soliti porci, insomma, non andiamo mai bene…"

"No no, tu vai bene, eccome…" E Susanna si stringe di più a lui. E poi sorride serena, senza pensare a niente.


Centoventinove


Una canzone piano piano si diffonde nella macchina. Lovelight. È la musica perfetta. Niki sorride sempre senza aprire gli occhi. Cosa dice quella canzone? Ah, sì… "What am l supposed to do to keep from going under? Now you're making holes in my heart and yes it's starting to show…" Che buffo. Non ci aveva mai pensato. E poi sente accelerare e poco dopo sono nella campagna laziale, sull'Aurelia verso Civitavecchia. Verso il mare. Cambia il verde degli alberi per lasciare posto ai campi di grano, ai colori più chiari, alle ginestre ancora nascoste. Cambiano le piante, giovani ulivi lungo la strada si inchinano in saluti notturni, piegati dal fresco vento marino, brillano le loro mille foglie argentate baciate dai riflessi della luna. La station wagon blu con le tavole sopra rallenta ed esce dall'Aurelia. Si infila in una strada sterrata, trotterella, rimbalzando sui sassi rotondi, tra fronde di rami impolverate che leggere la accarezzano al suo passaggio, e un dolce raschiare accompagna per un po'"la macchina fin giù alla spiaggia, poi l'abbandona. Continua così a viaggiare, ora più silenziosa. Poco dopo si apre di fronte a loro il mare. Ecco la grande sfida. Il mare e la sua forza. Il mare e il suo potente respiro. Il mare e la sua rabbia divertita. Grosse onde si riversano sulla spiaggia. Schioccano cavalloni marini, spumeggiando imbizzarriti, corrono fino al bagnasciuga ed esplodono sui piccoli scogli che delimitano quella spiaggia. Alcune macchine con i fari accesi rivolti verso il mare dipingono di luce quelle onde. Surfisti spericolati appaiono e scompaiono scivolando sulle creste, scendendo giù come impavidi sciatori marini. "Yuuu!" Si sentono le urla fino a terra, mentre sulla spiaggia fuochi accesi con legna di pino e qualche vecchia trave di barche affondate chissà quando, crepitano riscaldando qualche surfista appena uscito dall'acqua, che racconta esaltato le sue precedenti gesta perdute nel buio della notte.

"Sei pronta?" Guido le sorride e scende dalla macchina.

"Sempre pronta per questo." Scende anche Niki e lo aiuta a

scaricare le tavole. Subito dopo le poggia per terra, si infila in macchina e inizia a spogliarsi, ma si ferma quando si accorge che lui è lì vicino. "Ehi… Mi puoi lasciare un po'"sola?"

Guido si volta. "Certo."

Niki spegne la luce interna. Poi lentamente controlla in giro. Ecco. Non c'è nessuno, è nel buio. Comincia a togliersi i vestiti, poi si infila la muta. Le sta perfetta. Scende dalla macchina, ripiega la camicia, il maglione, i pantaloni e li poggia sui sedili posteriori.

"Guido?"

Un attimo dopo è davanti a lei. "Ecco fatto, è tutto a posto?"

"Sì." Si è cambiato anche lui. Mette i vestiti vicino ai suoi, chiude la macchina e nasconde le chiavi sulla ruota davanti. "Le ho messe qui eh, per qualunque cosa…"

"Shhh! E se ti sentono?" chiede Niki.

Guido alza le spalle. "Embè, non c'è nulla da rubare." E le fa gesto con il capo indicando verso il mare. "Andiamo?"

"Sì."

Prendono le tavole, se le infilano sotto il braccio e vanno verso l'acqua. Poi un pensiero improvviso. Non ho detto nulla a Olly, Erica, Diletta. Forse mi stanno cercando, si preoccuperanno… I miei… Devo avvisare i miei. Ma subito un'altra riflessione. Quanto tempo è che mi preoccupo di tutto? Troppo. Ora è notte ed è tutto bellissimo. Niki piano piano abbandona i suoi pensieri e ogni passo è un po'"di tranquillità in più. La sabbia è fredda. Passano vicino a un fuoco, intorno ci sono dei ragazzi. Stanno cucinando qualcosa.

"Ehi, Guido, ve ne tengo due… Così quando finite vi scaldate un po'! Ok?"

"Certo, grazie, Clà!" Poi si rivolge a Niki. "Così quando usciamo ci mangiamo due salsicce e un po'"di birra, ti va?"

"Sì, certo…" Alla fine dimentica le sue amiche, i suoi genitori, il resto del mondo. "Ehi, è fredda." Entra anche lei e si distende subito sulla tavola. "Sì, è freddissima. Ma è una ficata di notte… Non l'avevo mai fatto." Dà due bracciate veloci e poco dopo viene presa dalla prima corrente e in un attimo è al largo. Persa nel buio, tra i fasci di luce delle macchine sulla spiaggia, la luna lontana e non piena. Niki guarda verso il mare aperto aspettando l'onda. Qualcosa la sfiora ma non ha paura. Deve essere un pesce, anche grosso. Silenzio. Nessun pensiero ora. Né amiche, né genitori. È sola in mezzo al mare di notte. E la cosa strana è che neanche per un attimo ha pensato ad Alex. Ma si sente leggera. Leggera. Da

quant'è che non viveva un momento come questo? Da tanto. Da troppo tempo. E quasi per magia ecco che sente il mare sotto di lei ritirarsi, si gonfia, come un grande, profondo respiro. E l'arrivo di un'onda importante e Niki lo sa. Non ha bisogno di vederla per capirlo. Fa velocemente delle bracciate verso il largo e poi si ferma, gira su se stessa, appena in tempo, la tavola viene presa da sotto dall'acqua e inizia a correre nella sua scia potente. Per Niki è un attimo, si piega sulle gambe e salta su, in piedi, senza incertezze, segue l'onda, gioca con la tavola, ci passeggia sopra, si sposta ora a destra, ora a sinistra, facendo piccole curve, salendo e scendendo veloce sulla ripida pancia dell'onda. Ogni tanto incrocia qualche altro surfista, lo supera, lo schiva e prosegue nel suo gioco. Scende e sale, appare e scompare, lei meravigliosa cavallerizza su quei cavalloni selvaggi fatti d'acqua che nitriscono spumeggiando, si increspano sotto di lei, fino a quando, dopo averne domati alcuni, riesce perfino ad infilarsi in un tubo. Accarezza con la mano la parete dell'acqua che le sfila accanto e poi si fa portare da quell'ultima onda, dolcemente a riva. Mentre si sta levando lo strep dalla caviglia le si avvicina Guido.

"Uff… Eccomi qui! Che cosa fantastica."

Niki è raggiante. "Sì, bellissima. È un'emozione unica, sul serio."

"Non avevi mai surfato di notte?"

"Mai." Niki è commossa, ha quasi le lacrime agli occhi. "È sciocco, vero? A me queste cose mi prendono da morire, ti giuro, mi emozionano dentro, non so cosa sia…" Guido sorride. Un po'"si vergogna di non provare emozioni altrettanto forti. "E la bellezza della natura che ti avvolge, sei in perfetta armonia, su quelle onde ti senti di far parte di questo mondo e nel buio della notte non hai riferimenti e così… Bè, così si sente di più. Ma è un privilegio di pochi." Poi le sorride di nuovo. "Di quelli come te…"

"Come sei sciocco…"

"È vero! È così."

"Comunque è stata una cosa bellissima e lo devo a te. Quindi grazie."

Rimangono per un po'"in silenzio, poi Niki dice qualcosa per rompere quell'imbarazzo. "All'inizio avevo anche un po'"paura, sai… Ma non volevo fartelo vedere. Non ti volevo dare questa soddisfazione."

"Oh, l'avevo capito…"

"Ma figurati!"

"Certo… Poi dopo la prima onda non ho avuto problemi…" Niki sorride. "Ne ho prese almeno cinque."

"Sei…"

"Che ne sai tu?"

"Ero sempre dietro di te. Ero nell'onda successiva, che ti credi? Non ti ho mollato un attimo, avevo anche una certa responsabilità…" Niki non sa se crederci o no. Comunque è anche normale, poteva essere pericoloso. "Dai, Niki, andiamo vicino al fuoco, così ci mangiamo qualcosa…"

"Ecco, questo mi sembra saggio…"

Iniziano a camminare. "Sul serio mi stavi dietro?"

"Certo." Guido le sorride. "Ero il tuo angelo custode marino…"

"Non so se crederci."

"Fà come vuoi. Comunque sei stata bravissima a infilarti nel tubo. Io non ci sono riuscito… Eccoci, ragazzi! Ci sono ancora le nostre due salsicce o ve le siete già spazzolate?" Guido si siede in mezzo al gruppo. Niki lo guarda. Ma allora è vero. Mi è sempre stato vicino. Non l'avrebbe saputo, sennò.

"Allora che fai? Dai, che si fredda, Niki!"

E si siede vicino a lui, saluta gli altri surfisti e un attimo dopo è attaccata alla birra e soprattutto ha in mano una bella salsiccia ancora calda. "Uhm! Che fame! Questa è veramente degna… È buonissima."

Una ragazza bionda le passa un po'"di pane. "Tieni, è ancora caldo."

Un'altra le dà una vaschetta di plastica. "Qui ci sono dei pomodori pachino, li ho lavati."

"Grazie…"

Si sorridono, non si conoscono ma non c'è bisogno di presentazioni. L'amore per quelle onde è il miglior biglietto da visita. E così continuano a mangiare, a sorridere, a chiacchierare del più e del meno, a passarsi una birra, a raccontare qualche aneddoto di surfisti alle prese con onde più grandi, in chissà quale parte del mondo. E la notte scorre e i fuochi piano piano si affievoliscono.

"Brrr… Inizia a far freddo." Niki si passa le mani sulle spalle, la muta si è asciugata.

"Me la dovevo togliere. Mi sa che mi è entrato il freddo nelle ossa… Andiamo?"

"Ho la soluzione per non farti ammalare! Lo sai che quando ti

prendi molta acqua fredda, qui sul surf o in motorino sotto la pioggia, la cosa migliore è farsi una doccia calda?"

"Certo, ma dove la troviamo qui? Mica c'è la doccia…"

"Qui no. Ti fidi?"

Niki piega la testa di lato e lo guarda incerta.

"Scusa, ti sei fidata fino adesso… E quello che hai fatto ti è piaciuto, no? Perché dovrei darti proprio ora una fregatura?"

Niki lo guarda di nuovo, alza un sopracciglio. Già, perché dovrebbe? Poi cede. "Ok, andiamo, ma non facciamo troppo tardi, vero?"

"Promesso."

E così salgono in macchina, il condizionatore a palla, la musica invece soft. Guido cambia cd mentre vanno. L'aria calda che le arriva addosso è piacevole. In poco tempo là dentro è come stare in un deserto in cui un vento caldo asciuga ogni cosa. Intanto le note di Vinicio Capossela riempiono l'aria. Neanche a farlo apposta. Una giornata perfetta.

"La vita è un ricciolo leggero nel vapore un filo, cielo color mattino color cestino azzurro dell'asilo. Fischiare quando passan le ragazze come primavere, fischiare e rimanere al tavolo seduto, non inseguire niente né botole né imbuto perché… È una giornata perfetta, passeggio nell'attesa senza fretta…"

Sì. È una serata perfetta. Niki lo guarda, sorride. Anche lui. Poi chiude gli occhi. Non voglio pensare, non stasera. Continua Capossela e lei è d'accordo. "Non si è fatti per stare a soffrire, andarsene se è ora di finire, affidarsi alla vita senza più timore, amare con chi sei o dare a chi ti dà e non desiderare sempre e solo quello che se ne va…"


Centotrenta


La station wagon blu procede veloce lungo le strade di campagna. Niki apre il finestrino per prendere un po'"d'aria.

"Guarda, ti faccio vedere una cosa…"

Guido spegne le luci e continuano così, nel buio, a fari spenti, illuminati solo dalla luna che ora sembra più intensa. "Bello, no? Siamo soli, giù per questa discesa…" Guido leva l'acceleratore e mette in folle. La macchina vola silenziosa nella notte, sotto il cielo scuro, tra il verde dei boschi, non si sente neanche più il rumore del motore, sembra di stare su uno strano surf, entra il vento dai finestrini, il calore da sotto le gambe e poco più avanti, tra gli alberi, si vede qualcosa di strano.

"Guarda, Guido…"

Lui sorride, poi ingrana la marcia e riaccende tutte le luci. "Sai cosa sono quelle piccole fiammelle?"

"No, cosa?"

"Le lucciole." Accelera un po'"e sparisce dietro la collina. Guida sicuro, curve lunghe, lente, tagliando tra grandi prati verdi e distese di grano, ormai definitivamente soli nella campagna toscana. "Ecco… siamo arrivati."

Niki si alza sul sedile, curiosa, divertita, di nuovo ragazzina. E tanto. Dietro la curva, giù per una discesa sconnessa, la macchina saltella fino a fermarsi in una piccola radura. Guido spegne. Davanti a loro del fumo chiaro, leggero, sale su lentamente verso il cielo, fino a perdersi. Sono alle terme di Saturnia. Come un piccolo inferno naturale, uomini e donne nella penombra sono immersi in pozze piene d'acqua sulfurea, come un allegro girone dantesco, naturale e piacevole, senza particolari pene ma forse qualche colpevole… Dal buio del bosco una grande cascata calda spicca un salto da una roccia e piomba al centro della grande pozza. Lì dentro si intravede qualche persona. Si muove lentamente dentro quello strano ribollio, appare e scompare ogni tanto tra quelle esalazioni di zolfo.

Guido osserva Niki. È affascinata e persa dietro quest'immagine infernale. "Allora? Sei pronta a immergerti? Sarà bellissimo."

Niki lo guarda e sorride. "Mi sembra una cosa fantastica."

E in un attimo scende dalla macchina, fa qualche passo a piedi nudi sulla roccia fredda e porosa che circonda la pozza, poi lentamente entra in acqua con la sua muta leggera addosso. Si immerge. "Ma è stupendo… vieni." E un istante dopo anche Guido fa una corsa veloce in punta di piedi e scivola piano piano vicino a lei.

"Allora? Non ti ho delusa, vero? E fantastico questo posto… Ci eri mai stata?"

"No." Rimane in silenzio, poi Niki, immersa fino al mento dentro quell'acqua così calda ammette: "Ma è bellissimo, ti giuro, rilassa da morire…".

Guido le sorride. "E non sai come fa diventare la pelle…" Poi si corregge. "Anche se la tua è già bellissima."

Niki sfugge al suo sguardo e si immerge un po'"di più, ora l'acqua le arriva quasi sotto il labbro. Le sembra di stare in una vasca, come a casa, quando da piccola faceva il bagno. E tanto tempo che non le capita più. È proprio rilassante.

"La cosa strana di queste pozze è che se ti allontani dal centro l'acqua diventa un po'"più fredda…"

Guido annuisce. "Uhm… Uhm…" Poi gli viene un'idea. "Seguimi!" La prende per mano e la fa uscire. "Ma ho freddo!"

"Vieni, vedrai che staremo ancora meglio."

Si arrampicano da bravi surfisti sul bordo della cascata fino ad arrivare alla pozza superiore. Qui c'è un'altra cascata che arriva ancora da più in alto e dove non c'è nessuno. "Vieni!"

Guido entra per primo, Niki lo segue. "È caldissima qui, è stupendo…"

"Sì, mettiamoci sotto."

"Come?"

"Così." Guido nuota verso il centro e si mette sotto l'acqua, che calda casca da almeno due metri più in alto e si rompe sulle sue spalle, sulla testa, sulla schiena, facendogli quasi un vigoroso massaggio. "Vieni, Niki! È bellissimo! Che, hai paura?"

"Non ho paura di niente!" E un attimo dopo è vicino a lui, sotto quell'acqua che quasi la travolge, e Niki resiste e muove le spalle sotto quel getto potente e si sente sciogliere i muscoli, sempre di più, sempre più rilassata e serena. Erano mesi che non stava così. Sotto quell'acqua calda Niki chiude gli occhi e si lascia trasportare da quel pensiero, un sospiro lungo, più lungo, poi completamente abbandonata. Ah… Che bello, ci voleva proprio. Poi d'improvviso si sente prendere per un braccio. Apre gli occhi e si sottrae alla caduta dell'acqua. È Guido. La sta tirando a sé, tra la cascata e le rocce, nascosti da tutto e da tutti, in una piccola grotta dove l'acqua che cade dall'alto davanti a loro è come una tenda. Attraverso quei getti si intravede la luna, ai bordi della cascata invece c'è solo il bosco scuro.

"Allora, Niki… Ti piace?"

"Moltissimo… Questo posto ti rimette al mondo, sul serio. Qui ti ricarichi completamente, ora potrei surfare per ore."

Guido la tiene ancora per mano e poi la guarda negli occhi. "Dove vanno queste mie parole, dove fuggono… Hanno forse paura di dire ti amo?"

E Niki rimane a bocca aperta, non può crederci. "Ma è la mia frase, quella frase che avevo messo nella bottiglia!"

Guido le sorride. "Dopo averti accompagnato a casa, ho corso tutta la notte lungo il fiume. Non avrei mai potuto permettere che qualcun altro le trovasse al posto mio…" Un sorriso ancora, e poi lentamente le si avvicina. Le sue labbra piano piano sotto quella cascata. E allora quel sorriso così vicino, così bello. Quelle parole poi. Tutta la notte ho corso lungo il fiume. Ancora più vicino… Non avrei mai potuto permettere… Ancora di più… Che qualcun altro trovasse le tue parole al posto mio. E allora Niki chiude gli occhi e non vede più niente, né con la mente, né con il cuore, né quel faro lontano, altri giorni, altri tempi, quell'Isola Blu, il mare, i ricordi. Niente più. E finalmente si butta, salta e cade tra le sue braccia, persa in quel bacio morbido, di calde labbra dimenticate, di confusione umana, di colpa e di perdono allo stesso tempo, lei giovane ragazzina travolta da uno sciocco, stupido desiderio, essere libera ancora una volta. E subito dopo, in un attimo sono sotto quella cascata, quasi liberatoria, e si staccano e si cercano e ridono, imbarazzati, divertiti, di quello strano passo, così leggero, così bello, così pulito… E non solo per tutta quell'acqua. Niki si lascia galleggiare. Poggia indietro la testa. Sente le orecchie tappate e rumori lontani, strani echi marini in quella pozza sulfurea. I suoi capelli scendono giù, così le sue braccia, abbandonate lungo i fianchi, sfiora poi con le dita sott'acqua qualche piccola pietra arrotondata dallo zolfo. Tra i fumi della pozza e tutto quello che è accaduto, improvvisamente è persa. Chi sono io? Dove sono finita? Cosa accadrà di me? E il mio amore? Il mio amore forte, solido, convinto, quasi rabbioso, determinato, deciso malgrado il

mondo contrario alla nostra differenza di età? Alex… Perché mi hai abbandonato? Anzi, no. Perché ti sto abbandonando io? Ma non è sempre colpa di entrambi? E rimane così, distesa in quell'acqua, sfinita da mille domande che non trovano risposta. Silenzio. Ho bisogno di silenzio. Cuore, non chiedermi nulla, mente, lasciami andare. E solo una lacrima allora abbandona i suoi occhi, scende e scivola giù sulla sua guancia al riparo da tutto e tutti, furtiva, nascosta, come una piccola ladruncola che ha fregato qualcosa al mercato e sgattaiola via così, perdendosi tra la gente, allo stesso modo quella lacrima finisce in acqua esaurendo il suo breve percorso e tutti quei perché che l'avevano generata. Niki rimane ancora un po'"in acqua. Poi si solleva e gli sorride. Guido la guarda curioso, quasi preoccupato, forse leggermente pentito, forse. "Ho sbagliato?"

Niki si mette a ridere. "Se qualcuno ha sbagliato quella sono io… Ma lo sapevo… E poi…" Guido la guarda aspettando il seguito di quella frase. "E poi?"

"Lasciamo stare…"

"No no, ti prego, dimmi…" E le prende di nuovo la mano, anzi tutt'e due le mani, per un attimo timoroso, quasi prudente, indeciso se oltrepassare di nuovo il limite. "E poi?"

Niki gli sorride. "E poi… Avevo voglia di fare un bagno." Ed esce dalla pozza. Guido la guarda. Per la prima volta in quella muta dipinta dalla luna, incorniciata dal verde di quel bosco buio, vede una donna. Ne vede il corpo disegnato, deciso, femminile, morbido, arrotondato. E per la prima volta non è più un semplice gioco. Ora è desiderio vero. E sente un brivido, forte, intenso, che gli percorre la schiena, che gli stringe la pancia, che non gli concede tregua in quell'attimo che sembra non finire. Poi Niki si gira e lo vede in quella pozza, immerso nell'acqua con quei fumi leggeri che esalano davanti a lui. Vede i suoi occhi nell'oscurità, le sue labbra carnose, il suo desiderio chiaro in quella luce notturna. "Allora, che fai? Vieni?" Guido esce silenzioso. Non si dicono più nulla e poco dopo sono in macchina. Poi oltre le colline, sull'Aurelia e infine in città. Si fermano sotto casa di Niki. È stato un viaggio fatto di silenzio. Guido la guarda. Lei ha ancora negli occhi quella campagna e nessuna voglia di confrontarsi con la realtà. Poi Niki si gira verso di lui. "Grazie. È stata una bellissima serata." E gli dà un bacio leggerissimo sulle labbra e scappa via. Così leggero che sembra quasi non dato, che lascia ancora mille interrogativi alle spalle. Chi siamo noi? Amici? Amanti? Innamorati? Fidanzati? Nulla? E con quest'ultima domanda la vede sparire dentro il portone.

Niki non chiama l'ascensore. Sale a piedi per fare meno rumore possibile. Guarda l'orologio. No. Non ci posso credere, le quattro e mezza. Quant'era che non facevo così tardi? Una vita… Arrivata davanti alla porta di casa infila piano le chiavi nella toppa e le gira lentamente. Tac. Per fortuna non hanno messo il blocco. Così entra e richiude la porta con tutte e due le mani, accostandola con cautela per non far scattare la serratura. Poi si toglie le scarpe e in punta di piedi va verso la sua camera. Quando nel corridoio passa davanti a quella dei suoi controlla sotto la porta. La fessura è buia. Non hanno la luce accesa. Meno male. Niki non sa che in quella stanza, Simona è di nuovo sveglia. Le è bastato lo scatto leggerissimo della porta di casa per farle aprire gli occhi, o forse è stato qualcos'altro, chi lo sa. Fatto sta che segue i passi di sua figlia come se la vedesse, e, proprio come tutte le mamme ha capito, fino a che punto non si sa… Ma ha capito. Poi sente la porta della camera di Niki chiudersi, allora fa un lungo respiro e cerca di nuovo il sonno. Si rigira nel letto. Ma devo fare qualcosa? Posso intervenire nella vita di mia figlia? Chi sono io per dirle qualcosa? Sua madre. Sì, è vero, certo. Ma posso sapere del suo amore? Come posso interpretare, decidere, tradurre il suo sentimento, quello che prova, che sente, che sogna… Se ora è felice o triste o spaventata… Ci sta ripensando? Sta valutando. Niki è sempre una ragazza, matura a volte, fin troppo grande per la sua età. È giusto allora che viva la sua vita, che sia favola o cruda realtà, che lei cada o si rialzi, che proceda spedita o arranchi, che viva tre metri sopra il cielo o sotto terra. Il ruolo della madre è questo, starle sempre silenziosamente accanto, pronta a raccoglierla e tirarla su quando serve, lasciarle la massima libertà di scelta ed essere d'accordo con le sue decisioni, sperando che combacino anche con la sua felicità! Che noia. Come sono noiosa… Che mamma noiosa. E si trova a sorridere ripensando alle sue riflessioni. Ma sì, Niki, sai che farò? Non ti romperò le scatole. Accetterò ogni tua scelta sperando che sia una scelta di felicità. Ecco… Poi vede Roberto, vicino a lei, che dorme, addirittura con un russare leggero. Ma guardalo! Dovrei fare come lui. Dorme e se ne frega di chiunque e soprattutto di quello che succede in questa casa! E russa pure! E così, almeno per questa ragione, gli dà un calcio deciso e secco colpendolo alla gamba. Roberto fa un piccolo balzo, poi uno strano respiro più profondo del solito. Sbatte un po'"le labbra come se avesse fame, come se

cercasse qualcosa nell'aria e poi, come se nulla fosse, si rigira dall'altra parte continuando a dormire. Non ci credo! Non è possibile. Dorme come un angelo, lui dorme e io qui ad arrovellarmi nel mio dilemma… che dovrebbe essere nostro, poi! Roberto fa un altro mezzo giro. Non è possibile, pensa, ed è sconfortata ancora di più. Ha pure ripreso a russare! Ma dimmi tu.


Centotrentuno


Niki inizia a spogliarsi. Si annusa la pelle. Si porta il gomito al naso. Uhm. Che strano questo odore. E tipo quel sapone che usava ogni tanto papà. Però buono. E forte. Però è vero! Ho la pelle liscissima. E pazzesco quanto lo zolfo lavora sul ph, fa benissimo ai funghi, alle bollicine, protegge la pelle… Insomma uno dovrebbe immergersi in quelle pozze almeno una volta alla settimana… Già. E poi? Sorride. Cosa accadrebbe, se dopo un solo bagno in quella pozza l'ho già baciato? L'ho baciato. E improvvisamente quella parola le suona così strana. L'ho baciato. Poi si guarda allo specchio. Ha i capelli crespi e selvaggi, le circondano il viso dandole un aspetto diverso e quasi non sì riconosce in questa nuova luce. L'ho baciato. E si guarda ancora, dubbiosa, come se cercasse nei suoi stessi occhi la traccia di un vero e proprio cambiamento. Come quel film, quel remake con Nicole Kidman che parla di alieni che prendono le sembianze umane, piano piano entrano in tutte le persone, che infatti cominciano a comportarsi diversamente dal solito. Niki si avvicina un po'"allo specchio. Che sia entrato un alieno dentro di me? Poi sorride. Non mi è piaciuto quel film. E stasera? Stasera ti è piaciuto? E rimane così, come sospesa, si guarda allo specchio. Poi sorride a quella strana ragazza dall'aspetto ribelle. Avevo voglia di fare un bagno, ok? La possiamo mettere così? Ecco. Diciamo così, per favore. E continua a spogliarsi, toglie i pantaloni, li poggia sulla sedia e proprio in quel momento le arriva un'altra domanda, all'improvviso, tra capo e collo, che quasi la tramortisce. E Alex? Cosa direbbe Alex? A lui piacerebbe? E messa alle strette, in quell'angolo, si sente come morire. No. Non credo. Non credo. Ma sentitela. E come se ci fosse un'altra a ridere dentro di lei. Non credo! Ma come puoi dire una cosa del genere! Te lo stavi per sposare, hai costruito giorno dopo giorno, settimane, mesi, più di un anno e mezzo di cose importantissime con lui, e dici non credo che gli piacerebbe? Ma certo che no! Starebbe malissimo. Quello che hai fatto è impossibile pure da pensare, da immaginare, anche solo minimamente ipotizzare… E allora, come tante volte, la vita è beffarda, si diverte con te, ti stuzzica, ti provoca, ti ridicolizza… Ecco che i suoi occhi lo vedono. È lì, in quell'angolo, proprio lì dove lo aveva lasciato un po'"di tempo fa. Quel pacchetto che le aveva mandato Alex. E quasi in trance, malgrado lei non voglia, o almeno non vorrebbe, le piacerebbe resistere, andare a letto, addormentarsi… Lo prende in mano. Lo guarda solo un attimo e poi crolla. Inizia a scartarlo, avida, curiosa, strappa la carta, quasi ad affrettare la punizione, per farsi male il prima possibile, per potersi in qualche modo fustigare ed espiare del tutto e subito quella voglia da ragazzina… di farsi un bagno. L'ultimo pezzo di carta cade per terra. Ed ecco che appare lì, tra le sue mani.

"Per te, per Niki."

Un dvd. Cosa sarà? Quando me l'ha spedito? Aveva già trovato la mia lettera? Poi vede la data. No, è stato il giorno che è partito. La sera che sono uscita per la prima volta con Guido. E solo a pensare quel nome e tutto quello che è successo da allora, le sembra assurdo, un'eternità, un'altra era, un altro mondo, un altro pianeta. E prima che un attacco di panico si impadronisca di lei, Niki si aggrappa a quel dvd, lo apre, lo tiene tra le mani, con tutte e due insieme, come se fosse un documento importantissimo ritrovato dopo anni e anni di ricerche. Lo tira su piano. È delicato, fragile, fondamentale, è la mappa della verità, la testimonianza di quella leggenda da sempre raccontata e mai veramente svelata. Ecco. Sono sicura che qui dentro ci sarà tutto ciò di cui ho bisogno. E allora lo infila nel suo computer e dopo pochi secondi appare l'icona nera con sopra scritto "Play". Niki ci clicca sopra ed è come aprire una porta, l'affacciarsi in una dimensione sconosciuta. "I was her, she was me, we were one, \ve were free." La canzone di quando ci siamo conosciuti, quando abbiamo fatto l'incidente, cioè quando sono caduta. Sbe's the One… E lentamente continuano le note. "We were young, we were wrong, we were fine ali along…" E nel filmato compare Alex. Sorride. Piano piano la musica si abbassa e comincia a parlare.

"Amore… Vorrei dirti quanto sono felice ma non ho trovato le parole sufficienti… Questo mondo non ne ha inventate abbastanza per poterti dire l'amore che provo per te. E allora vorrei fossero queste immagini a parlare per me…" E il video scorre. La musica sale di nuovo e una dopo l'altra vede le foto di loro due insieme. Alex e Niki a una festa, Alex e Niki a fare lezione di guida, foto

fatte con il telefonino. E poi Niki che dorme e si imbroncia perché si accorge che lui la riprende mentre si sveglia e si sente ogni tanto la voce di lui. "Qui eri bellissima, qui ti ho amato tutta la notte, qui ho avuto paura… Paura perché mi stavo innamorando di te…" E la musica si alza ancora e cominciano delle foto di Alex da solo al faro, in tutti quei giorni che l'aveva aspettata. "Qui quando la mia vita non aveva più senso…" Niki sorride. "Qui quando ho capito che ricominciava." Un breve filmato di quando lei esce dalla casa del vecchio guardiano del faro.

"A tavola!" La sua voce, di lei, Niki. Com'ero buffa vestita in quel modo… Era la prima zuppa della mia vita! E ancora foto, immagini… "E qui quando ho capito che ero sciocco, che avevo solo perso tempo…" Una musica diversa. Coldplay. E iniziano le immagini di New York. Niki si sente una stretta al cuore. Rimane in silenzio a vedere loro due che corrono per le strade di Manhattan, lei che entra da Gap e poi da Levi's, lei che prova vestiti, camicie, lei che spinge con una mano la telecamera. Lei che dice "E dai, non mi riprendere… Guarda che se fai così non ti sposo più…". E quel giorno lo aveva detto come se fosse uno scherzo, come se fosse solo una frase sciocca che mai e poi mai sarebbe potuta diventare realtà. E allora Niki comincia a piangere lentamente, in silenzio, una dopo l'altra scendono veloci quelle lacrime, come un fiume in piena, come un'onda che si gonfia, enorme, che non può essere più trattenuta, e allora si abbandona, si lascia andare e viene come travolta da una valanga di sentimenti confusi, e piano piano il suo pianto aumenta. La musica continua. Appare il giro in elicottero, la vista di New York dall'alto. E poi quella scritta sul grattacielo dell'Empire. "Scusa ma ti voglio sposare." E il primo piano finale di Alex. "Scusa ma non sono stato preciso. Scusa ma ti amerò per sempre." E allora Niki non si tiene più e comincia a singhiozzare e si copre il viso vergognandosi di quel bacio, di quella sua voglia improvvisa di ribellarsi, di essersi allontanata da tutto quello che aveva, dall'amore bellissimo di Alex. E allora, piccola naufraga per sua scelta, continua a disperarsi in silenzio, si asciuga le lacrime con il dorso della mano, dispiaciuta, spaesata, disorientata, e alla fine arrabbiata di non poter trovare il colpevole di tutto questo se non in lei stessa e nel suo strano, improvviso cambiamento. Ma perché le cose sono andate così? Cosa è veramente successo? Un vuoto enorme l'assale e si sente sola come non mai. Anche se di là nella camera accanto ci sono i suoi genitori che la amano e le sono vicini in ogni sua scelta, anche se ha le sue splendide amiche, da sempre in sintonia con lei, sempre presenti in ogni occasione. In questo momento Niki si sente come un palloncino sgonfiato, c'è qualcosa che nessuno può allontanare. Qualcosa di cui non puoi neanche parlare perché non serve a niente, non si può spiegare, non si può comprendere. La mancanza dell'amore. Perdere l'amore, la fine di un amore, la fuga di un amore. E allora ti ritrovi così, nuda, vuota. Forse sei a posto con te stessa, forse, comunque bella ma senz'anima. E in quest'immensa solitudine non le rimane che mettersi a letto. Forse domani vedrò tutto diversamente. Forse. E stavolta, affranta, sfinita, si butta sul cuscino, come cercando un qualche riparo, una spiaggia sicura, un'ansa tranquilla dove abbandonarsi, lontana da tutti quei pensieri. Ma chi è veramente il colpevole di tutto questo?


Centotrentadue


Una bellissima scatola incartata di giallo e arancione è appoggiata sul tavolinetto di vetro del salotto. Accanto, due bicchieri di aranciata e due fette di torta al cioccolato e cocco. Diletta guarda Filippo sorridendo.

"Ma perché?"

"Come perché… perché te lo meriti!"

Diletta guarda il pacco. "Ma non è il nostro anniversario o il mio compleanno!"

"No, ma è una festa! Fidati… apri…"

Diletta prende la scatola. La osserva, la ruota, la scuote per indovinare che c'è dentro. "Non fa rumore…"

Filippo non risponde e sorride. "E dai, apri!" E si vede che non sta più nella pelle. Diletta lo accontenta. Comincia a scartare piano, stando attenta a non strappare la carta. Non le è mai piaciuto distruggerla. E piano piano la confezione si svela. Diletta non crede ai suoi occhi. Poi nota un bigliettino. Lo prende. Lo legge.

"Non ci credo…", si volta, lo guarda e gli salta addosso dalla felicità. Lo riempie di baci, lo abbraccia e ride commossa. Filippo si lascia travolgere e ride anche lui, sorpreso e appagato da quello scoppio di gioia. Perché quello è più di un regalo. E una promessa, una scelta, una presa di coscienza, è un viaggio da fare insieme alla volta di tante e diverse sorprese. È un salto nel vuoto ma con un bel paracadute capace di tenere al sicuro entrambi. Diletta si alza e prende Filippo per mano. Lo guarda dolcemente. "Vieni… vieni di là con me…" e lo porta in camera sua e chiude la porta e lo fa accomodare sul letto. E comincia a baciarlo. E sono vicini, uniti come non mai, un po'"più grandi e consapevoli, ancora impauriti ma pronti. Finalmente pronti.

Di là, sul divano, in mezzo alla carta non strappata e al grande fiocco che l'avvolgeva, giace una scatola aperta, con dentro una tenerissima tuta da neonato, di color giallo chiaro e con tanti

orsacchiotti ricamati sopra. E poi quel bigliettino… "Giallo come il sole che illumina il tuo mondo, giallo come un fiore che brilla a mezzogiorno, giallo come il biondo dei tuoi capelli d'oro, giallo come un sogno che poi sarà realtà. Maschietto o femminuccia non importa: sarà meraviglioso come te…"


Centotrentatré


Pochi giorni più tardi. Un cielo azzurro senza nuvole. Un traffico lento ma senza nessun clacson che cerchi di sveltire il ritmo della città. Alex ha appena chiuso la macchina. Procede spedito nel cortile ed entra nell'edificio.

"Buongiorno, dottor Belli, la stanno aspettando di sopra."

"Ok, grazie."

Mi stanno aspettando? Ma chi? E perché? Cosa è successo? E mentre entra in ascensore uno strano pensiero, un ricordo del passato si affaccia dolorosamente nella mente. Quel giorno, al telefono.

"Ciao… La tua segretaria non mi ha fatto parlare con te…"

"Mi dispiace, ma dove sei?"

"Fuori dal tuo ufficio…"

Alex si precipita fuori e la vede lì, seduta nella sala d'attesa su quel divano colorato, con quella giacca blu e gli stivaletti Adidas alti e le sue gambe, quella cartellina con i disegni della campagna LaLuna… E in un attimo è come tornato indietro e gli sembra impossibile che Niki non ci sia più nella sua vita. Ed è arrivato proprio davanti a quel divano quando realizza tutto questo. Niki, dove sei? Cosa ne è stato della nostra vita? Perché? E ha come una vertigine, tanto gli sembra assurdo tutto questo. Ma proprio in quel momento si apre la porta della stanza delle riunioni.

"Alex, ti stavamo aspettando. Vieni!" Leonardo gli corre incontro e lo prende sottobraccio. Poi, quasi trascinandolo, sfodera il suo sorriso migliore. "Eccolo qui il mio numero uno: Alessandro Belli!" E lo fa entrare. Nella sala riunioni lo accoglie un gruppo festante di advertising, copywriter, creativi, producer, account, il presidente e perfino l'amministratore dell'azienda.

"Complimenti, bravissimo, eccellente!"

Sono questi gli aggettivi con i quali sottolineano il suo successo. E Alex li guarda stordito, gira lentamente la testa da sinistra a destra, da destra a sinistra, riconoscendoli tutti dopo anni di

lavoro, fin dalla sua partenza ai livelli più bassi, la sua gavetta fatta di oneri, di miglioramenti, di tenacia, testardaggine, di applicazione, di ingegno, di piccoli traguardi, di enormi fatiche, di corse infinite, di ore pesanti, di grandi successi. Eppure baratterebbe volentieri tutto questo e tutta quella gente con una sola persona. Dove sei, Niki? E che cos'è un successo se non c'è la persona con la quale dividerlo, l'unica che ami?

"È un incredibile trionfo in America!" Leonardo gli tiene le spalle riportandolo alla realtà. "Avete veramente azzeccato tutto… Perfino lo slogan è piaciuto."

Così si gira e vede Raffaella, bella come sempre, più di sempre, elegante, composta, silenziosa, perfetta nei modi e nei tempi, che gli sorride da lontano e gli fa l'occhietto con simpatia, senza malizia, e poi lo indica come a dire sei tu, è grazie a te che c'è tutto questo, è attraverso te che viviamo questo momento di gloria. E Alex accenna un sorriso intontito da tutte queste parole.

"Dai, fatelo partire."

E la sala cade quasi in un silenzio religioso quando scende dall'alto lo schermo motorizzato, e Alex non fa in tempo a fermarsi che in un attimo viene inondato dalle immagini del loro short movie. Animali in corsa, un leone, un ghepardo, una pantera, un'antilope che salta, una gazzella viene afferrata al volo dalla zampata di un giaguaro, il tutto con sotto due mani scure che battono costantemente su un tamburo in pelle. Tum tum tu. Tum tum tu. E le immagini continuano in dissolvenza. Poi compare la parola "Istinto" che viene dal fondo su una musica in crescendo. Primissimo piano della bocca di una pantera che si spalanca e libera il suo ruggito. Poi "Amore": un leone e una leonessa che si accoppiano selvaggiamente mordendosi sul collo, quasi sbranandosi di passione. E ancora una serie di antilopi sempre più veloci, a centinaia, che scappano, corrono e saltano quasi dentro la macchina da presa: è la volta della parola "Motore" e subito dopo sfreccia in primissimo piano, facendo una curva, frenando, una macchina nera. Passa una pantera che la guarda e si struscia sul fianco, poi si allontana mentre compare il nome dell'auto e il suo slogan: Istinto, Amore, Motore. Si accendono le luci e tutti battono le mani entusiasti. Alex è sorpreso, quasi spiazzato.

"Bravo! Bene!"

Tutti continuano ad applaudirlo, ogni tanto qualche pacca sulle spalle. "Bravissimo! Complimenti, veramente bella questa campagna, la più bella che io abbia mai visto su una macchina."

Alex sorride. Ma non gli sembra possibile. Come posso aver fatto questo. Ho usato lo slogan della mia vita, della mia filosofia, la mia corrente di pensiero, per una macchina, per un pezzo di ferro che un giorno in maniera fredda mi sopravviverà, che non pensa, non ragiona, non soffre, non gioisce. Amore- motore. Sono arrivato a questo? Non è possibile. Saluta ancora qualcuno sorridendo, poi esce dalla sala e corre verso la sua stanza. Si chiude dentro e comincia di corsa a rovistare sul tavolo tra i fogli, in mezzo alle cartelle, sotto i disegni, sotto le diverse scritte valutate, scelte, ipotizzate. Fino a quando la trova. "Amore motore". È la sua scrittura. L'ho fatta io! Sì, è così. Poi trova un altro foglio più sotto, pieno di punti interrogativi e un altro con un cuore e poi le scritte di alcune lettere, sempre le stesse A e N. Ecco. Dovevo essere ubriaco, avevo bevuto, quando è stato? Quando sono stato male. Sono settimane ormai che sto male. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro e ho combinato pure qui un casino. Si mette le mani tra i capelli… ma come è possibile? Proprio in quel momento bussano alla porta. Alex tira su la testa. "Avanti!"

È Raffaella. "Ciao! Come va? Hai visto che successo?"

"No… Ho visto che cosa è successo!" Alex arrabbiato tira fuori la scritta "amore motore". "Questa l'hai scelta tu?"

"No, Alex, non mi permetterei mai. L'avevi lasciata sul tavolo. Poi sei andato a casa la sera che dovevamo chiudere il filmato perché… Stavi poco bene…"

Alex la guarda, si ricorda. Era il giorno che si era ubriacato e lo aveva accompagnato lei in taxi. L'aveva aiutato a entrare in casa e se ne era andata… Era stata carinissima e, soprattutto nei giorni successivi, non aveva detto nulla e aveva fatto finta di niente e non una parola con nessuno di quella storia. Alex abbassa il foglio. Raffaella gli sorride. Sa che si è ricordato. "Poi Leonardo mi ha detto che ti ha chiamato a casa e gliel'hai dettata tu la frase dello slogan. Istinto… Amore, Motore!" Raffaella sorride di nuovo. "È bellissima. E anche se non te ne accorgi, tu sai fare solo cose bellissime." Ed esce dalla stanza con la voce che un po'"le trema.

Alex scuote la testa e sbatte la mano sul tavolo, poi si accascia sulla poltrona. Ci mancava solo questa. L'ho mortificata. Ha fatto tutto lei, il filmato, la scelta delle musiche… il montaggio, il ritmo, le scene degli animali dal National Geographic, il primo piano della pantera e infine della macchina. Istinto e io… io ho trovato solo lo slogan. Anzi non l'ho trovato! Ho usato uno che già esisteva. Ho pure copiato! Da me… ma ho copiato! E mi sono pure

arrabbiato. Che disastro che sono… Bè, in qualche modo dovrò recuperare, in fondo è un successo molto più suo che mio e tutti festeggiano me… E proprio in quel momento sente un bip dal suo telefonino. Un sms. Quasi senza pensarci lo tira fuori dalla tasca. Chi sarà ora? Un altro ringraziamento? Qualcuno dei colleghi, un advertising, un copy, Leonardo che mi vuole invitare a pranzo? Speriamo di no. Non ho proprio fame oggi. E quando apre il messaggio e vede il nome sente come ruotare la stanza, cadere il cielo, tremare le pareti, sussultare la terra, un vortice improvviso, un terremoto emotivo. Niki. Guarda di nuovo bene il messaggio. Allontana il telefonino dal suo volto. Sì. Niki. E lei. E rimane come fermo in bilico, sull'orlo di un precipizio, di un baratro, della voragine di un vulcano in eruzione… o forse, invece, è davanti alla soglia di un paradiso? Cosa ci sarà scritto in questo messaggio? Sarà di nuovo felice o non potrà più neanche sperarlo? Subito una marea di ipotesi, di frasi che Alex immagina di trovare aprendo quel messaggio.

"Scusa ma sto con un altro." No, ti prego, dimmi che non è così. Una ancora più dolorosa per certi versi. "Scusa ma non ti amo proprio più." Poi ancora peggio. "Scusa ma non ti ho mai amato." Poi un lieve miglioramento. "Scusa ma ci sto pensando." "Scusa ma sono ancora indecisa." "Scusa ma ci ho ripensato." Ancora meglio. "Scusa ma torniamo insieme." "Scusa ma… ti voglio sposare." Sì. Magari. E rimane così, a fissare quella piccola busta chiusa. Solo lei sa cosa contiene. Lei che l'ha scritto. Fissa ancora quel messaggio. Prima di aprirlo posso immaginare qualsiasi cosa, dopo, solo quello che veramente troverò. Potrei cancellarlo e non leggerlo, immaginare per sempre quello che avrei voluto trovare. Poi capisce che non potrebbe essere così, che la vita va vissuta fino in fondo. Una volta non si ricorda chi dei suoi amici gli aveva detto: "Un amaro calice va bevuto fino in fondo, solo così si potrà risalire". Allora chiude gli occhi solo per un istante, un respiro profondo, poi li riapre e spinge il tasto per leggerlo.

Rimane così in silenzio, davanti a quelle parole. Le rilegge più volte. Poi decide di rispondere. Proprio in quel momento bussano di nuovo alla porta.

"Si può?" Ma Leonardo non aspetta risposta ed entra. "Ti ho portato un caffè e un cornetto! Per festeggiare con un po'"di dolcezza il tuo personale successo…" Non fa in tempo a finire la frase. Alex si alza dalla poltrona, prende la giacca, poi la borsa ed esce veloce dalla stanza.

"No… Scusami."

"Alex… Ma il tuo successo, una giornata come questa, ti vogliono parlare tutti…"

Alex entra nell'ascensore. Non gli risponde, spinge il tasto T. Le porte si chiudono davanti a lui. Leonardo dice ancora qualcosa ma Alex non lo vede, non lo sente. Per lui contano solo le parole di quel messaggio.

"Alex vorrei parlarti. Sono a Villa Glory. Ti va di passare?" E poi la sua risposta semplicissima. "Sì."


Centotrentaquattro


Un vento leggero muove le foglie dei grandi alberi. Altre, cadute, fanno di quel grande prato verde un tappeto variegato. Alcuni arrancano su per la salita verso la croce ai caduti. Altri, più sfaticati, corrono lungo il grande anello che circonda le giostre e alcune strutture architettoniche messe lì da chissà quale fantasioso scultore.

Alex cammina spedito. Da quando è uscito dall'ufficio non ha fatto altro che ripensare a quel messaggio. "Ti va di passare?" Come se fosse una cosa normale, come se tra loro non fosse accaduto assolutamente nulla, come se si fosse trattato di una breve vacanza di uno dei due, di un lavoro all'estero… Eppure l'aveva chiamata qualche volta e le aveva anche mandato diversi messaggi dove aveva espresso la voglia di vederla, di capire, di parlare, chiarire, scambiare quattro chiacchiere, poter guardare i suoi occhi. Poter affrontare quello sguardo. Alex era sicuro che così avrebbe capito. Gli sarebbe bastato un silenzio, un tempo sufficientemente lungo per scoprire nei suoi occhi la verità. Se si fossero abbassati, se avessero cercato altrove, se fossero stati sfuggenti o nervosi, allora non avrebbe avuto dubbi. Era finita. E così cammina per quella strada in salita, lì dove si erano incontrati mille volte, dove avevano riso e scherzato, passeggiato mano nella mano, addirittura ogni tanto fatto footing insieme. Alex sorride. Aveva rallentato, quelle volte che correvano insieme, per averla sempre al suo fianco, per non lasciarla indietro, per sentirla soffiare ogni tanto come a darsi il ritmo. L'aveva aiutata, le aveva insegnato lo stret- ching, e come correre sulle punte, a fare una salita ripida correndo all'indietro per far lavorare al meglio i muscoli del sedere, tanto cari alle donne e, per altri versi, anche agli uomini. E ora? Alex cammina con il fiato corto, il nervosismo addosso, un sorriso tirato. Ora anche questa villa è cambiata. Sembra quasi appartenere a un altro tempo. A un momento diverso di tutta la mia vita. A qualcosa che è come accaduto anni e anni or sono, che non è

più, che si è perso, lontano, nel tempo accudito gelosamente da uno strano e ormai ottuso ricordo, anche un po'"confuso. Alex arriva alla piazzetta e comincia a fare il giro del percorso. Si guarda a destra e a sinistra, nei campi che costeggiano la strada. Qui e là qualche persona passeggia con le mani in tasca, una sigaretta in bocca e il cane sciolto che corre qua e là dietro a chissà quale apparizione di animale. Qualche ragazzo supera Alex, forse impegnato a battere qualche record personale. Due ragazze gli passano vicino. Anche loro stanno facendo footing. La prima, dai capelli biondi, ha un seno grosso che traballa un po'"e rimbalza seguendo il suo passo e il suo ritmo, l'altra, più magra e più bassa, ha un seno più piccolo, i capelli scuri saltellano sulle spalle. Chiacchierano correndo, hanno un buon fiato e un buon ritmo e tutte e due superando Alex lo guardano per un attimo. Poi, quando sono un po'"più in là, la bionda dice qualcosa, la bruna si gira di nuovo a guardare Alex, poi annuisce e le risponde qualcosa. Tutte e due scoppiano a ridere e continuano così, allegre e sportive, sparendo dietro la curva. Ma come spesso accade a chi sta male per amore, tutto questo Alex non lo nota. Cerca lontano, tra gli alberi, lungo le piccole pianure, i brevi sprazzi di verde tra una struttura e l'altra, fino a quando la vede. Eccola. Cammina con un cappotto blu scuro, lungo, moderno, un po'"vintage, un cappotto militare. Dove lo aveva preso? Ah sì. Al Governo Vecchio, prima di piazza Navona, lì dove c'è quel piccolo rigattiere. L'avevamo preso insieme una sera che passeggiavamo da quelle parti. Niki aveva fatto impazzire il proprietario del negozio. Aveva provato tutto e di più e con ogni capo aveva improvvisato una specie di buffa sfilata per lui. Questo se lo ricorda come se fosse ieri. Era seduto su una vecchia poltrona in pelle ad ammirare la sua modella preferita, quella della pubblicità della sua vita. Amore motore. Quella che ogni giorno gli dava la forza di essere felice, di sorridere alla pioggia, di festeggiare il sole e ogni cosa che accadeva sulla terra. Amore motore… Chissà cosa dirà Niki quando vedrà usato lo slogan che è stato praticamente coniato dalla nostra storia… Alex taglia la strada e si dirige verso di lei. Niki cammina con le mani nelle tasche dei jeans, dando ogni tanto un calcio a qualcosa. Tiene la testa bassa, guarda per terra e a tratti la scuote come se non fosse d'accordo con qualcuno, come se stesse discutendo al telefono… Infatti, ora che è più vicino, Alex vede che ha un auricolare all'orecchio. Con chi starà parlando? E lo assale un'assurda gelosia. Cosa starà dicendo? Riderà? Userà parole d'amore, tenere, battute, tormentoni, frasi romantiche? Ed è così travolto da quest'improvvisa valanga di pensieri che vorrebbe fuggire, andarsene, scappare lontano. Poi guarda meglio e si accorge che ha un auricolare anche all'altro orecchio. Fiuuu. Fa come un sospiro di sollievo. Non sta parlando con nessuno. Sta ascoltando della musica. Ecco perché muoveva la testa, ballava, teneva il ritmo. E adesso è come se Niki avesse avvertito la sua presenza anche senza vederlo. Allora alza il viso. E Niki ha uno sguardo così delicato. Degli occhi che Alex riconosce subito. Hanno pianto molto. Hanno sofferto. Sono stanchi, sfiniti, hanno bisogno di parlare. E si sente stringere lo stomaco. No, Niki… Ti prego, non mi dire nulla. Poi lei accenna un sorriso lieve, appannato, debole, e si leva gli auricolari.

"Ciao… Stavo ascoltando James Morrison. Come stai?"

Come sto? Pensa Alex. E come devo stare? Come un uomo finito, distrutto, senza una ragione di vita, senza un motivo… Ma decide di non farle vedere tutto questo, di renderle la vita più facile, di aiutarla a fare un passo, se mai vorrà farlo, di spingerla a parlare.

"Bene…" sorride Alex. "Ora sto bene. Meglio…" Qualcosa ha dovuto dire, non sarebbe stato credibile. L'avrebbe insospettita, non le avrebbe permesso di dire serenamente quello che pensa a un uomo maturo, non a un ragazzo fragile, martoriato, triturato, affettato dall'amore, dalla gelosia, dai dubbi, dalle insicurezze, dai film che uno si fa quando non sa, quando non ne può più, quando sfinito, messo da parte l'orgoglio, coprendo il numero telefona all'amata e trova il suo cellulare spento, alle ore in cui non lo dovrebbe essere e per troppo tempo. Ma Alex sorride e in un attimo è come se avesse cancellato tutti quei minuti, quei giorni, quelle settimane delle quali ormai ha perso il conto. Su, su, devo stare su, si sforza di ripetere dentro di sé. Stringi i denti. Ancora, forza, su, fai finta di niente, avanti, tutto di rabbia, di volontà, di resistenza. E allora la frase più dolorosa, più stupida e inutile, ma così necessaria per iniziare un discorso.

"Che mi racconti?"

Niki abbassa subito gli occhi e cerca la forza di dirgli tutto, di raccontare bene, senza tralasciare nulla. "Sai, credo che abbiamo fatto un passo troppo lungo… Forse non era ancora il momento, forse avevo bisogno di vivere ancora per un po'"la mia libertà…" E mentre parla se ne accorge da sola. Non sto dicendo tutto. In parte sto mentendo, non gli sto raccontando di lui. "E anche le tue sorelle, la scelta di tutte quelle cose…" E proprio in quel momento

i loro occhi si incrociano, segue un silenzio troppo lungo. E subito guardano altrove e poi si abbassano. Alex ha una stretta al cuore e in un attimo capisce. È come aveva immaginato. E vorrebbe scappare lontano, da solo, di nuovo in quel faro, in mezzo al mare, nel silenzio. Solo. Solo. E invece rimane lì. E continuano a parlare di tutto, di niente, a ipotizzare più libertà.

"Ma sì, non sposiamoci adesso, magari… un domani. O mai."

"Cosa?"

Niki è quasi sorpresa, spiazzata nel sentirlo parlare così. Ma di colpo se ne accorge. Alex è provato, teso, sfinito. È uno di quei momenti in cui per amore si farebbe tutto e di più, uno di quei momenti chiamati "a tappetino", che quando li hai vissuti non li dimentichi più e quando ti tornano in mente, in un futuro, lontano o vicino, ti fanno vergognare di esserti umiliato così tanto. Quei momenti non li hai confessati a nessuno, non ne hai parlato neanche con il migliore amico o amica. E quei momenti appartengono solo a te, e ricordandoli capisci quanto sei arrivato ad amare.

"So solo di non essere pronta." E non dice altro. Non vuole dire altro. Anche perché Niki non sa bene che dire. Dopo aver sentito Alex parlare, improvvisamente ha perso tutta la sua chiarezza. Era venuta per confessargli che stava uscendo con un ragazzo e invece non gli ha detto nulla. Nulla. Forse era importante parlarne perché avrebbe aiutato Alex a superare questo momento. E lei ad ammettere l'esistenza di un altro nella sua vita. Ma c'è davvero un altro nella sua vita? In realtà non è accaduto più niente proprio perché lei ancora non è sicura, perché è spaventata, perché sta male, perché piange spesso, perché vorrebbe essere tanto felice e invece non ci riesce. Non è giusto. Non è possibile. Perché proprio a me? Niki si dispera. E lì, in silenzio, a dibattersi nel suo dolore.

Alex se ne accorge. "Niki, che c'è? Posso fare qualcosa per te? Ti prego, dimmelo, vorrei tanto aiutarti, mi sento colpevole per come stai, per quello che stai provando… È come se fosse tutta colpa mia… E come se io con i miei vent'anni di differenza ti avessi costretto a bruciare i tuoi, come se tu ti fossi all'improvviso ritrovata a fare un balzo in avanti, a saltare di botto tutto quello che invece devi giustamente vivere…"

Allora Niki fa un sospiro. Vorrebbe tanto dire ad Alex tutto quello che prova, che non è colpa sua o almeno non solo, che lei è una sciocca, una ragazzina, una insensibile, che non ha saputo starsene per conto suo e riflettere e aspettare e decidere prima di fare

qualsiasi passo. E ora è solo confusa e stanca. E Alex la vede di nuovo con quello sguardo un po'"triste, lontano, come offuscato. Tutto quello che Niki non era. E allora soffrendo per quel sorriso che non trova più, cerca di distrarla.

"Ma non mi hai detto niente… Ti avevo mandato un dvd, dentro c'era un video che avevo fatto per te… E con te… Lo hai visto?"

E Niki si ricorda di quel bellissimo filmato e soprattutto di quando l'ha visto. La sera che ha baciato Guido. Alex continua a parlare. "Sai, ho voluto mettere She's the One perché è un po'"la nostra canzone… Quando abbiamo sbattuto…" Ma quando la guarda cercando i suoi occhi, si accorge che lei sta piangendo. In silenzio, lentamente, le scendono le lacrime, una dopo l'altra, senza fermarsi. E Alex non capisce, non sa che dire, è completamente spiazzato.

"Amore… che succede… è per il filmato? Non dovevo mandarlo… Ma io lo avevo già spedito prima di ricevere la tua lettera, non l'ho fatto per riconquistarti, buttalo se non ti piace, non è così importante…" E Alex le si avvicina, prova ad abbracciarla, vorrebbe stringerla, amarla, farla sorridere, farla sentire felice, di nuovo, come sempre, più di sempre, lei, la sua Niki.

Ma lei si scosta, lo allontana. "No, Alex…" Continua a piangere. E poi solo quelle parole. "Perdonami. Non dovevo cercarti."

E se ne va via correndo, scappa nel prato, lì dove si erano tanto amati, dove si erano abbracciati, rotolando tra i fiori in una giornata di sole, riempiendosi di baci in un pomeriggio primaverile. E invece scappa via, senza dire altro, senza voltarsi indietro. E come accadono a volte le cose, così, senza un vero perché, ad Alex viene in mente una canzone di Battisti. Senza una ragione, senza capo né coda, come gli sembra la sua vita. Come erano quelle parole? "Un sorriso e ho visto la mia fine sul tuo viso, il nostro amor dissolversi nel vento… Ricordo. Sono morto in un momento." Alex guarda ancora in quella direzione. Non c'è più Niki. Non c'è più niente. Non è possibile. Gli sembra un incubo, una dimensione assurda, un mondo parallelo. E vede gente che corre, ragazzi che ridono, persone che parlano, innamorati che si baciano, quelle due ragazze che passano di nuovo correndo ora più stanche e lo guardano come prima, sorridendo. Non è possibile. Quando per te qualcosa finisce per gli altri tutto continua. Non è possibile. Perché? Fermatevi anche voi, vi prego… E comincia a camminare. E gli tornano in mente altre parole di quella canzone. "Un angelo caduto in volo, questo tu ora sei in tutti i sogni miei…" Questo sei

per me ora, Niki? Un angelo caduto in volo? E ancora altre parole. "Come ti vorrei… Come ti vorrei…" E ancora altre. "All'improvviso mi hai chiesto lui chi è… Un sorriso e ho visto la mia fine sul tuo viso, il nostro amor dissolversi nel vento…" Ecco di cosa parlava quella canzone. Ora tutto è più chiaro. Di un tradimento.


Centotrentacinque


Una settimana dopo.

Tardo pomeriggio. Olly apre la porta e lancia la sua cartella di lavoro sul divano. Poi si toglie le scarpe e va scalza in cucina. Apre il frigo, prende la bottiglia di Coca Cola, la stappa e ne beve un po'. Poi la rimette a posto. Si guarda intorno. Sì, oggi può andare, non è molto disastrosa, la casa. Solo qualche giubbotto tirato qua e là, le pantofole infilate sotto il tavolo e qualche custodia di cd aperta. Poi guarda l'orologio alla parete. Tra poco arrivano. Chissà che avrà da raccontarci di bello…

E dopo alcuni minuti ecco che suonano al citofono. Sono qui. Olly corre ad aprire. E le vede tutte e tre accanto.

"Ciao! Ci siamo trovate giù! Guarda, Diletta, ha portato tante cose buone da mangiare!" dice Erica.

Diletta sorride mostrando una busta del supermercato. "Sì, stavolta offro io, ho comprato un sacco di schifezze buonissime!" ed entrano.

Si sistemano sul grande divano. Diletta inizia a togliere dalla busta le bottiglie di Coca Cola e i succhi di frutta, un po'"di snack di riso e cioccolata, noccioline, pistacchi…

"Oh, ma come, nemmeno un po'"di vino?"

"Erica! Ma che dici? È pomeriggio!" risponde Niki.

"Va bè, ma io dicevo tipo aperitivo!"

"Eh, l'aperitivo ce lo facciamo con i succhi di frutta!" dice Diletta finendo di sistemare le cose sul tavolo. "Sono più salutari!"

Niki ride. "Bè, insomma, non è che le cose che hai comprato fanno proprio bene, eh… ma che, ti sei data alle merendine? Per questo sei ingrassata, eh?"

"Ogni tanto mi tolgo qualche sfizio, è vero, e poi per ora ho smesso di correre…"

Olly la guarda. "Allora, che dovevi dirci di tanto importante? C'hai convocate con un sms troppo strano… "Vi annuncio una piccola onda…" e che vuol dire?"

"Sì, anch'io non ho mica capito" fa Erica sgranocchiando un

po' di noccioline.

Diletta sorride. E le guarda, una dopo l'altra. Le mie amiche.

Da sempre insieme. Divertenti. Bellissime. Così diverse, così unite.

E ora lì per lei, sempre pronte a rispondere, a esserci. Poi guarda

Niki. E pensa a quando si era allontanata con le sue difficoltà. Ma oggi è presente. E sta per ascoltare quella notizia…

"Care le mie Onde… che farete tra circa sei mesi?"

Le Onde si guardano l'un l'altra senza capire. "Non lo so" fa Erica, "magari me ne starò con un ragazzo fichissimo!"

"E io magari starò facendo un bel lavoro con l'agenzia!" dice Olly.

"Io non lo so proprio…" dice Niki rattristandosi.

Olly le stringe la mano.

"Bè, io lo so…"

Tutte si voltano a guardare Diletta.

"Sì, lo so… sarete all'ospedale!"

Olly di colpo fa le corna con la mano sinistra, Erica strabuzza gli occhi e Niki fa la faccia strana. "Oh, ma che, porti sfiga?"

"Sarete all'ospedale e cercherete la mia stanza…"

Le ragazze si guardano ancora più stupite.

"Diletta, ci spaventi… che succede?" Niki è davvero preoccupata.

Diletta sorride scuotendo la testa. "Sì, cercherete la mia stanza nel reparto ostetricia…"

Niki guarda Olly. Erica inghiottisce troppo velocemente un pistacchio e comincia a tossire. Niki si mette la mano sulla bocca. "No… ma…"

Olly salta di colpo sul divano. "Ma… ma… mica vuoi dire che…"

Diletta le guarda tutte e poi sorride. Si sfiora la pancia con una mano. "Ve l'ho scritto, no? È in arrivo una piccola Onda…"

Olly, Erica e Niki si guardano. E poi scoppiano a urlare e abbracciano Diletta, la stringono, la baciano e cominciano a piangere.

"Piano, piano! Sennò come faccio a farvela la piccola Onda?!"

E poi mille domande e ancora grida e risate e sorrisi. Diletta racconta dei suoi dubbi, del pensiero di abortire, delle incertezze di Filippo. E poi invece la scelta, il coraggio di andare avanti, la voglia di Filippo e sua di avere il bambino. E le Onde le fanno ancora domande, le chiedono come sta, come si sente, se è felice.

"Oh, ma poi mi toccherà chiamarti mamma! Mamma Dile!" fa Erica.

"Sì, così poi vengo da te a chiedere consiglio quando mi stressa la mia di mamma!" scherza Olly.

"Sei coraggiosa…" le dice Niki.

"Sai Niki… basta volerle le cose…"

E le sorride. Niki rimane colpita da quelle parole. Semplici, vere, capaci di farla riflettere. E per un attimo se le ripete in silenzio, una, due, tre volte. Basta volerle le cose. È proprio vero. La vita dipende da noi. Come la felicità. Quello che ci faceva paura può diventare ragione di forza e bellezza. E rimane così, a pensare, mentre Erica e Olly parlano con Diletta e si commuovono ancora per quella stupenda novità che cambierà la vita della loro amica. E un po'"anche la loro.


Centotrentasei


"Ehi, ma che fine hai fatto?" Niki è sorpresa. Non si aspettava di incontrarlo. Non ora almeno. Guido. "Non ti ho visto per un sacco di giorni a lezione…" Guido sorride. Cerca comunque di non essere troppo invadente. "Tutto a posto?"

Niki alla fine pensa dentro di sé. Ma sì, lui che c'entra, in fondo mica è colpa sua, no?

"Sì sì, tutto a posto. È che certe cose non sono mai facili."

"Già, è vero. Quasi sempre sono le più difficili."

Quel detto non detto, che lascia spazio a tutta l'immaginazione. Rimangono così un po'"in silenzio, ciascuno rincorrendo i suoi pensieri. Niki. Che poi chissà cosa ha capito. È difficile comunque cercare di interpretare il proprio cuore, dove sta andando, dove ti porterà… Quanto ti farai male. Guido rimane a fissarla. Chissà che decisioni ha preso. Mi sembra così spaesata in questo periodo. Va bè, che poi l'ho rivista solo due volte e in mezzo a così tanta gente… Non abbiamo neanche potuto parlare più di tanto. Io ci provo.

"Ti va di venire a studiare un po'"da me?"

Niki rimane a guardarlo perplessa, poi alza il sopracciglio. "A studiare sul serio, però! Io sono tremendamente indietro sul programma."

Guido sorride e incrocia i due indici sulla bocca. "Giuro!" E così, poco dopo sono a casa sua.

"Vieni.:. I miei sono già partiti, beati…" sorride. "Se la prendono comoda loro. Abbiamo la casa al mare a Pantelleria e vanno mesi prima dell'estate fingendo di doverla sistemare… A me fa comodo. Tanto mi lasciano Giovanna, la signorina che pulisce casa e mi fa la spesa e da mangiare ogni giorno. Cosa posso chiedere di più? Libertà… E comodità."

E così si trovano da soli in una casa grande, in un'atmosfera tranquilla.

"Vuoi un tè?"

Niki sorride. "Magari…"

Si mettono in cucina a chiacchierare del più e del meno, di qualche amico dell'università che si è fidanzato, di qualcun altro che si è mollato.

"Ma dai, sembravano così carini!"

"Sì, stavano proprio bene insieme."

E per un attimo Niki pensa alla sua di situazione e ha un piccolo sussulto, un battito di cuore improvviso, un sottile dispiacere. Guido sembra accorgersene o forse no, fatto sta che cambia subito discorso. "Oh, noi abbiamo già prenotato la casa a Fuerteventura, eh… Vengono tutti!"

Niki è felice di distrarsi. "Tutti chi?!"

"Bè, Luca, Barbara, Marco, Sara, Erica ha detto di sì, anche Olly forse e Diletta e Filippo…"

"Sul serio? Me lo avevano accennato ma si tenevano ancora sul vago…"

Guido sorride spegnendo il fuoco e infilando le bustine di tè nel bollitore. "No no, guarda che le tue amiche ti stanno tagliando fuori eh…"

"Mai lo farebbero, sono le mie Onde. Con loro faccio il surf della vita e se gli gira male… Ti fanno fare un tuffo a te… In mare aperto, però!"

"Ok ok, come non detto… Mi arrendo. Vuoi latte o limone?"

"Limone, grazie…"

Versa il tè in due tazze prese dagli armadietti sopra il lavabo e si siedono al tavolo della cucina. E aspettano insieme che quel tè fumante si raffreddi un po'.

"Ah, non sono mai riuscita chiedertelo… Ma come hai fatto ad avere il mio numero?"

Guido sorride bevendo il primo sorso. "Ahia, brucia ancora!"

"Ti sta bene! Allora? Chi te l'ha dato?"

Guido allarga le braccia. "Si dice il peccato ma non il peccatore!"

"Allora… A parte che il peccatore già si sa chi è, e sei tu…"

"Io? E perché?"

"Piantala di fare il finto moralista, prenditi le tue responsabilità… Sai quanta gente a questo mondo si comporta come te? Tantissima! È perché non ha le palle… Tu ce l'hai le palle, vero?"

Guido è spiazzato da un discorso del genere, non se l'aspettava. "Certo…"

"Ecco, allora sei consapevole che in qualche modo hai contribuito al fatto che io non mi sposo più, vero?"

Guido rimane un attimo perplesso. "Cioè… tu mi vuoi dire che se non fosse stato per me ti saresti sposata? Sono onorato… Però magari ci sarebbe stato un altro al posto mio…"

"Sì, va bè… Vedi, non hai le palle! Stai allontanando da te questa responsabilità…."

Niki lo guarda e alza le spalle, poi beve un po'"di tè che finalmente si è raffreddato. Guido le ferma la mano. "Ok, mi prendo le mie responsabilità. Sono felice che tu non ti sia sposata a causa mia, ok?" Poi sorride. "Bene… Ora puoi bere il tè… Dopo un'ultima domanda però. Sei felice?"

Niki fa un sospiro. La domanda più difficile di questo mondo. "Diciamo che sono alla ricerca della mia felicità… E che sono sulla buona strada. Sai cosa diceva un giapponese? La felicità non è un punto d'arrivo… è uno stile di vita."

Guido ci pensa un po'"su… "Uhm, mi piace…"

Niki sorride. "Lo so. Perché è bella. Ma l'aveva detta il mio ragazzo. Alex." E in quel momento parlarne così, e con un altro poi, con Guido, le sembra incredibile, fuori da ogni possibile immaginazione. Eppure è così. "Comunque, tornando a noi, non mi hai detto chi ti ha dato il mio numero."

Guido finisce di bere. "Allora, lo vuoi sapere?"

"Certo!"

"Ho provato tutte le possibili combinazioni!"

"E dai! Lo vedi… Non sai affrontare un discorso."

"Ok, me l'ha dato Giulia."

"Lo sapevo!"

"Come, lo sapevo?"

"Ne ero sicura! Che falsa quella ragazza. L'ha fatto apposta."

Загрузка...