"Alex?"

"Eh?"

"Ma a cosa stai pensando?"

"Ti sto ascoltando…"

"Bugiardo…" Ma questa volta Niki lascia correre, di nuovo serena, tranquilla. E poi prende in mano il dvd La spia che mi amava. "Dobbiamo assolutamente vederlo… Il tipo del negozio mi ha detto che è bellissimo… È uno dei più riusciti con Sean Con- nery, sai che ero indecisa se regalarti quell'altro…"

"Quale?"

"Austin Powers: la spia che ci provava! Eri così buffo all'università…" E ridono e scherzano.

Il proprietario, vedendo che la bufera è passata, si avvicina al tavolo. "Allora, possiamo ordinare? Sennò poi la cucina chiude…" e loro finalmente annuiscono divertiti, giocano con il menu, parlano di piccole sciocchezze, fanno dei commenti, ordinano, poi cambiano idea mentre l'uomo tiene in mano il suo blocchetto e scrive e cancella e scrive di nuovo. E sbuffa.

"Ok, basta io ho deciso. Insalata di mare."

"Anche per me allora."

"Un pesce al forno ti va?"

"Sì, perfetto."

"Ok, allora magari il più fresco che avete, per due, e un po'"di vino bianco…"

"Cosa desiderate?"

Alex la guarda un attimo. "Che ne dici se ceniamo a champagne…"

"Oh sì, mi piace."

"Ok. Allora un po'"di champagne, e che sia freddo, mi raccomando."

Il proprietario si allontana soddisfatto di quello che consumeranno. A volte ci vogliono queste litigate… Se poi fanno pace così!

Niki lo guarda e annuisce convinta. "Hai capito che ti devi far perdonare, eh…"

"Già…" Alex sorride. Ma non sa perché in realtà ha chiesto quello champagne. Gli è venuta così, per l'ebbrezza del momento, la gioia d'aver recuperato quella che poteva essere una serata davvero brutta.

Il proprietario torna al volo con una bottiglia di acqua naturale. "Intanto vi lascio questa." E si allontana.

Niki sta per versarsene un po'"ma Alex le prende la bottiglia dalle mani e versa lui. "Grazie…" fa Niki sorridente.

"Prego… figurati."

Niki sta per bere. "Mi piace vederti così attento… Dovresti venire più spesso all'università!" Poi beve e poggia il bicchiere. "Uhm. Sai qual è la cosa che mi ha fatto morire dal ridere?"

"Quale?"

"Quando il prof Borghi, quello in macchina, ti stava per mettere sotto!"

"Ti sei accorta anche di quello!"

"E da sotto casa che ti avevo visto!"

"Sul serio?"

"Certo, aspettavo che mi chiamassi… Ho pensato perfino che mi fossi sbagliata, ma dopo ti ho visto posteggiare all'università." Anche Alex beve e pensa. Si è accorta di tutto… Incredibile. Ma come mai? Perché è così attenta? Ha qualcosa da nascondere… E solo un attimo. Subito la sua paura sparisce ed è felice della decisione che ha preso. Arriva lo champagne, lo stappa lui e lo versa nei due calici. Alex solleva il suo e cerca lo sguardo di Niki. Occhi. Silenzio. Poi un sorriso.

"Amore…"

"Sì?"

"Vorrei spiarti sempre!"

Ridono, brindano e bevono tutti e due guardandosi negli occhi.

D'un tratto dalle casse del ristorante arriva una canzone. "La felicità è non pensare a niente, ehi… La felicità è insieme a te sconsideratamente. La felicità è la fortuna che ti bacia in fronte." Vero. È proprio come canta Paola Turci. Felicità è stare bene così, per il fatto di essere insieme. Certo, la felicità è anche di più, è poterle dire qualcos'altro. E Alex vorrebbe, vorrebbe rivelarle la sua decisione, ma per quello ci vuole un'idea veramente straordinaria. Altro che "chiodo fisso". Altro che la semplice insegna di un ristorante del centro. Le stringe nuovamente la mano e sente un brivido piacevole. Come quando sai che tutto andrà bene.


Ventisette


Mattina soleggiata. È presto. Non c'è quasi nessuno. Le finestre rimandano una luce piacevole e bianca, riflessa dalle pareti del palazzo di fronte. Alex entra nell'ufficio di Leonardo, che rimane sorpreso.

"Buongiorno! Che piacere vederti così di buon mattino! Hai per caso un altro regalo per me?"

Alex si siede davanti a lui. "Caro direttore… Credi forse di meritartelo?"

Leonardo alza un sopracciglio, capisce che c'è aria di bufera. "Ho capito, vuoi un caffè?"

"Già preso!"

"Una camomilla?"

Alex piega la testa di lato, Leonardo sorride scusandosi. "Ok, scherzavo. Però mi sembra d'aver fatto di tutto per farti stare meglio anche sul lavoro. Un'assistente come nessun altro ha. Per farti felice… "

"Appunto. Ma io ero già felice…"

"Quindi?"

"Cercamene un'altra."

"Ma è la più brava, la più in gamba, la più…"

"Sì, immagino quanti altri più potresti aggiungere. Ma li intuisco da solo senza che mi aiuti…"

"Quindi?"

"Quindi assegnala a qualcun altro. Con una così io lavorerei di meno. Quindi ci rimetteresti anche tu. È una distrazione."

"Pensavo di farti un piacere… Di renderti felice…"

"Te l'ho già detto, lo sono già felice, molto felice… E soprattutto vorrei continuare a esserlo…"

"Ok, come vuoi." Leonardo si alza dalla scrivania. "D'accordo. Ho capito. Le ho fatto un contratto di un anno e non la posso mandare via. La terremo a disposizione e la farò lavorare su qualche mio progetto."

"Ecco, mi sembra perfetto."

"Volevo solo farti cosa gradita."

"Vuoi fare veramente una cosa per me?"

"Certo! Sul serio, sono sincero."

Alex sorride e decide di fidarsi. Gli racconta il suo piano e rimane sorpreso dall'entusiasmo di Leonardo. "Bravo! Non so cosa ci vai a fare, ma te lo meriti! E poi sono sicuro di una cosa: lì troverai gli spunti per lavorare al nostro corto."

Alex si gira e lo guarda male. Leonardo allarga le braccia.

"Da solo. Massima creatività, senza assistente o possibile distrazione…"

"Ok."

Alex gli dà la mano. "Affare fatto." Ed esce come una furia dal suo ufficio, si dirige velocemente verso l'ascensore, quando nel corridoio incontra Raffaella. "Ciao Alex, guarda, ti ho raccolto un po'"di filmati che potrebbero darci degli spunti per il nostro progetto."

Alex continua a camminare verso l'ascensore. "Mi dispiace, sarò fuori per dei sopralluoghi. Il direttore ha deciso di assegnarti a un suo progetto personale…" Alex arriva all'ascensore e spinge il pulsante di chiamata.

"Ma come?" fa Raffaella rimanendoci visibilmente delusa. "Non ne sapevo niente…"

Alex sale in ascensore. "Mi dispiace. Ci sono rimasto male anch'io. Me l'ha detto proprio ora… Ma sai lui com'è fatto, no? Come ti giri cambia le carte in tavola…"

Preme un tasto e le porte si chiudono senza darle la possibilità di rispondere. Alex vede come ultima immagine il suo viso imbronciato. E nello spiraglio lasciato dalle porte vede lei che si gira sulle gambe strepitose.

Sarebbe stato impossibile resistere a quella tentazione di distrazione. È amore anche questo.


Ventotto


L'outlet Levi's è pieno di gente. Diletta è incuriosita dal reparto bambini. Sta guardando delle piccole salopette molto carine. Olly e Niki se ne accorgono e la prendono un po'"in giro mentre scelgono alcuni vestiti poco più in là.

Davanti agli spogliatoi c'è la fila. Erica ha trovato due paia di jeans e due magliette e sta aspettando che si liberi un camerino per provarle.

Un ragazzo accanto a lei la nota. "Che casino, eh?"

Erica si gira. "Eh sì… qua fanno un sacco di sconti, quindi è normale" e sorride.

Il ragazzo risistema alcune paia di pantaloni che tiene in mano e che gli stanno scivolando. "Io mi sono preso questi…" e li mostra a Erica che lo guarda un po'"perplessa.

"Eh… forte. Io no."

Il ragazzo si accorge di non essere stato molto brillante. In quel momento la cabina davanti a loro si libera. Lui si gira subito verso Erica. "Dai, vai pure tu, io aspetto…"

Erica lo guarda stupita. Poi sorride. "Ah, grazie, perfetto!" e s'infila dentro. Si spoglia e si prova il primo abbinamento. Levi's Slim Fit più maglietta attillata blu che le mette in evidenza il seno. Esce dalla cabina e fa una giravolta. Guarda il ragazzo. "Come mi sta?"

Lui un po'"imbarazzato annuisce. "Benissimo…"

Erica sorride maliziosa. "Ok… aspetta. Mi provo anche l'altro." Richiude la tenda e rientra in cabina. Dopo un paio di minuti esce di nuovo. Stavolta indossa un modello 609 Hotstuff e una maglia a maniche lunghe bianca. Improvvisa una piccola sfilata davanti al ragazzo. Nel frattempo Olly e Niki, con un abito ciascuna in mano, l'hanno raggiunta. Si accorgono della scena. Si guardano. Cominciano a ridere. Il ragazzo, sempre un po'"impacciato, osserva Erica che si ferma di colpo davanti a lui.

"Allora, che ne pensi?"

Lui balbetta. "Bè, anche questo ti sta bene, sì…"

"Quindi quale prendo?" e continua a muoversi davanti allo specchio.

Il ragazzo non risponde. Olly e Niki gli vanno vicino. "Dai, consiglia la nostra amica, sennò è capace di farci stare qui tutto il pomeriggio…"

Erica si gira. "Su, che mi dici?"

"Fossi in te prenderei tutt'e due…" risponde lui poco convincente.

"Eh già! Ma che, per caso sei un commesso del negozio in incognito?! No, devo scegliere. Uno o l'altro." Si guarda un'ultima volta. "Con l'altro sono più sexy. Ho deciso" e rientra in cabina a cambiarsi.

Il ragazzo è basito. "Ma la vostra amica fa sempre così?"

"Peggio… ma è forte, no?"

Lui non ha certo voglia di contraddirle. "Sì… sì…"

Olly e Niki si guardano e ridono. Dopo qualche minuto Erica esce dal camerino coi suoi abiti di sempre e tiene in mano quello che ha scelto. Si ferma un attimo. Guarda il ragazzo. "Grazie d'avermi fatto passare. Senti, anche le mie amiche devono provarsi il vestito. Le fai andare?"

Lui non ci crede. Ma guarda questa! Solo che non fa in tempo a rispondere "No" che Niki e Olly sono già entrate in cabina, fregandogli il posto. Erica sorride. "Grazie, sei un tesoro!" e si allontana. Il ragazzo alza le spalle e resta lì ad aspettare.

Erica raggiunge Diletta. "Allora? Ti sei scelta qualcosa?"

"No… però hai visto che carine quelle cose da bambini? Sembrano proprio come quelle da grandi!" dice Diletta.

"Sì, ho capito, ma ti sei presa qualcosa?"

Diletta si guarda un attimo intorno. "Boh, non c'è nulla che mi convinca davvero…"

"A me sì, guarda, ho preso questi" e mostra a Diletta jeans e maglietta blu.

"Belli!"

"Ho deciso che mi vesto così per l'esame con Giannotti."

"Ma non sarai un po'"troppo attillata?"

"Appunto! Almeno mi nota! Sapessi che fico che è…"

"Ma Erica! E il tuo professore!"

"Embè? È un uomo! Fico e pure giovane. Non arriva ai quaranta, secondo me. Vedessi come viene vestito: tutto alla moda, con le polo di lana pettinata e i Dockers. Cioè, coi Dockers, hai

capito? Molto casual. E vedessi come gli stanno bene… ha un sedere…"

"Erica! "

"Che c'è? Gli uomini sono uomini, professori o non professori! E poi se mi nota magari mi dà anche un voto più alto!"

Diletta si porta una mano alla fronte. "Sei irrecuperabile. Sei diventata peggio della Olly di una volta!"

"Evoluzione, Diletta, si chiama evoluzione!" e va verso la cassa.

Intanto Niki e Olly sono uscite dalla cabina con indosso i vestiti che hanno scelto. Sembrano soddisfatte. Si guardano a vicenda, muovendosi, scherzando, mentre il ragazzo continua a stare lì finché finalmente non si libera il camerino accanto. Lui ci si infila dentro al volo, scappando da quell'imbarazzo. Olly e Niki ridono come matte e tornano in cabina.

Dopo un po'"le Onde escono dall'outlet ognuna col suo sacchetto, tranne Diletta.

"Oh, ma lo sapete che Erica si è fissata con il suo prof di Antropologia?"

Niki e Olly si guardano. "Ma sarà vecchio, Erica!"

"Che vecchio! Avrà l'età di Alex, quindi se non è vecchio Alex non è vecchio nemmeno il mio!" e fa un sorrisetto falso.

Niki si gira. "Sì, va bè, ma è diverso… lui è il tuo prof, cioè, nel tuo caso c'è anche un conflitto d'interessi…"

"Che conflitto? Anzi! Magari ci scappa pure un bel voto!"

E continuano a camminare così, scherzando, tirandosi qualche spinta, allegre, leggere.


Ventinove


Davanti alla porta, varie proposte scritte in colori accesi. Dépliant con offerte allettanti fanno capolino su una bacheca di sughero disposta dietro un vetro. Alex sale i tre gradini ed entra. E lì sanno già come trattarlo.

"Ciao, Chiara! Allora, questa volta dobbiamo fare una cosa veramente speciale… Insomma, importante…"

"Che vuoi dire, che non sei rimasto soddisfatto dell'ultima volta?"

"No… Assolutamente no, è andato tutto benissimo, perfetto, ma questa volta, bè, sì insomma, lo deve essere ancora di più!"

"E chi è la nuova fortunata?"

Alex alza il sopracciglio. "Perché?"

"Bè, ti vedo così entusiasta…"

In effetti a certe persone può sembrare strano fare qualcosa di diverso sempre per la stessa persona. "E Niki Cavalli."

"Ah…" E Chiara sembra delusa. Alex lo nota subito. Forse per lei l'amore è già figlio dell'abitudine. Peccato.

Alex le si siede di fronte. "Allora, ho quattro giorni e ho pensato che… Potrebbe essere bello… Sì, insomma, oggi pomeriggio mentre stavo in ufficio ho navigato un po'"in Internet e ho trovato delle cose davvero stupende…"

E dispone alcuni fogli sul tavolo. Chiara li guarda. Sono pieni di appunti, sottolineature, disegni, posti evidenziati, poi una mappa fatta con estrema cura e soprattutto… con amore. Ecco, forse è questa la cosa che deve stupire così tanto Chiara, pensa Alex. E in effetti è così. Mentre Chiara scorre con lo sguardo i fogli, si domanda come sia possibile che dopo due anni un uomo di successo come lui, bello, divertente e simpatico, insomma uno che potrebbe avere tante donne, sia ancora felice come un bambino nel fare una sorpresa a questa benedetta Niki Cavalli. Ma che c'avrà poi di così speciale? Chiara ascolta con un sorriso questa specie di mare di parole in tempesta. Alex e le sue proposte, Alex

e le sue idee fantasiose, le sue ipotesi, le sue curiosità. E lei annuisce mentre lui legge alcuni indirizzi tra i suoi appunti. Poi Chiara si guarda allo specchio dietro di lui e si aggiusta i capelli. E pensa. Ma cosa avrà più di me questa Nicoletta? Perché io, che sono una bella ragazza, simpatica, divertente, una trentenne messa benissimo, non potrei andare bene per uno come lui?

Alex alza il viso dai fogli. "Ma mi stai seguendo?"

"E certo!" Chiara si scuote un attimo e torna in sé. "Ma certo! Certo…"

La ragazza apre una pagina sul suo pc, controlla dei dati, poi ne apre un'altra, sfoglia un dépliant, fa una serie di considerazioni mentali e si mette al lavoro. Per l'ennesima volta studierà il miglior pacchetto possibile per accontentare il cliente, lo stesso pacchetto che almeno una volta, una sola volta, vorrebbe ricevere in regalo da qualcuno che la stupisca, rapendola per un giorno, per un weekend, per tutta la vita. Per Chiara programmare le vacanze altrui è una sofferenza incredibile. Quanto vorrebbe essere lei al posto di quella "ragazzina", come l'ha chiamata tutto il tempo nei suoi pensieri… Poi quella domanda che le tocca fare.

"E quanto vorresti spendere?"

Alex le sorride. "Senza limite di spesa."

Chiara scuote la testa. "Ok… Certo." E si rituffa nel computer e improvvisamente realizza. Non c'è lotta. Da dietro lo schermo sorride un'ultima volta ad Alex e capisce che non potrà mai essere suo per una semplice, anzi, semplicissima ragione. È perdutamente innamorato di lei.

Alex la guarda. Certo che Chiara s'impegna proprio nel fare le cose. Non c'è niente di più bello di chi ama il proprio lavoro. È brava. E poi è sempre molto cortese. E meraviglioso trovare persone così. Se solo Alex sapesse… Ma Alex ignora la verità, come spesso accade con molti di quelli che ci sono accanto e che sono gentili con noi. Non sapremo mai perché lo sono e quello che realmente provano.

Dopo una mezz'ora Alex la saluta, si richiude la porta alle spalle e scende i gradini. È felice del suo piano. Sono bravi in quest'agenzia. Poi si mette al telefono. Chiama altre persone, quelle giuste per riuscire a fare quello che gli è venuto in mente. Capisce che è assurdo e sorride mentre inizia a raccontarlo. Sì, non è certo una cosa facile. Ma anche solo averlo potuto immaginare è come aver realizzato già metà di quel sogno.


Trenta


Alex inizia a preparare la borsa per il calciotto. Ci mette dentro la maglia blu e anche quella bianca. Questa volta non sono arrivate le formazioni, tanto vale essere sicuri e portarsi al campo tutte e due le magliette. E poi c'è sempre qualcuno che sì è dimenticato la sua e te la chiede in prestito.

Improvvisamente un bip dal cellulare. Un messaggio. Oddio, e ora che succede? Non mi dire che… Alex va subito a prendere il telefono nella tasca della giacca, preme il tasto e apre la bustina. Legge. "Vieni presto da Enrico. Problemi. Flavio."

Oh no! Non si gioca neanche stavolta. Che palle. Alex compone il numero di Flavio, ma non fa in tempo a fare due squilli che subito risponde.

"Pronto, Alex!" Si sente una gran confusione sotto.

"Ahia! Mi butto, lasciami!"

"Vieni, Alex, presto!"

"Ma che succede?"

"Non riusciamo a controllare la situazione."

"È tornata Camilla."

"Peggio." Si sente un urlo. "Io mi butto!" e un rumore di vetri.

"Fermo, fermo!" urla Flavio. "Alex, devo chiudere" e tronca così la conversazione. Alex rimane a guardare attonito il telefono muto. Anche lui è senza parole. Non sa veramente immaginare cosa possa essere successo. Si infila di nuovo la giacca e corre giù per le scale. Mentre scende compone comunque un numero.

"Pronto, Niki?"

"Ciao, che succede? Ti sento di corsa. Stai scappando a giocare a calciotto?" Niki guarda l'orologio. "Ma non è presto?"

"No, non giochiamo stasera." Alex si ricorda della bugia dell'altra settimana e si rende conto che questa volta non vale proprio la pena di mentire.

"E dove vai? Mica dovrai andare a spiare qualcun altro, vero?"

"Macché, a casa di Enrico."

"Non è che ti ha preso come investigatore al posto di quello dell'altra volta, com'è che si chiamava, Costa… E non ha dato alcun risultato."

Alex ripensa alla seconda cartella con le foto di chissà chi e si maledice per questo, poi ripensa alla figuraccia da spia approssimativa fatta all'università e si vergogna. "No, sono i miei amici che devono aver combinato qualche altro casino…"

"Di che genere?"

"Non lo so…"

"Alex… Non è che mi stai dicendo qualche cavolata, vero?"

"E perché mai? Qualunque cosa la saprai da me prima che da te stessa."

Niki sorride sentendo usare la sua stessa frase. "Ecco, così mi piaci."

Anche Alex sorride. "È che ho un'ottima insegnante…"

"Sì sì, prendi in giro! Però dopo chiamami, che sono troppo curiosa."

"Ok, ciao amore, a più tardi!"

Dopo neanche dieci minuti, Alex bussa alla porta di Enrico.

"Chi è?"

"Io."

"Io chi?"

"Ma come io chi? Alex…"

Enrico apre la porta. È vistosamente arrabbiato e nero in volto. "Entra" poi chiude la porta e incrocia di nuovo le braccia sul petto. Evidentissimo segno di chiusura. Flavio è in mezzo alla stanza, che passeggia. "Ciao."

Pietro invece è seduto sul divano, ha un panno con del ghiaccio dentro e se lo tiene poggiato in alto, sul sopracciglio destro, che si è gonfiato. Alex guarda sbigottito i suoi amici. "Ma si può sapere che succede? Avete litigato, avete fatto a botte tra di voi? Si può avere o no qualche spiegazione?"

Flavio scuote la testa, non crede ancora a quel che è successo, è sconvolto. Enrico batte con il piede nervosamente sul parquet. "So soltanto una cosa. Sono solo. Ero riuscito ad addormentare Ingrid… e ora con tutto questo casino mi sa che si è svegliata."

"Ahhh" si sente l'urlo di una bambina dalla camera in fondo al corridoio. Enrico chiude pollice e indice e tira una linea dritta a mezz'aria. "Ecco, appunto, avete visto, che vi dicevo? Tempismo perfetto!"

Flavio allarga le braccia. "Così te la tiri!"

"Sì, sì, certo… Io, eh? È con voi che succedono sempre casini!"

Enrico si precipita di là.

Alex sembra più tranquillo. "Insomma, mi volete spiegare o no?" Poi si accorge che un vetro della finestra del salotto di Enrico è tutto rotto. "E questo? Chi è stato?"

Flavio indica Pietro. "Lui. Si voleva buttare di sotto!"

"Ma scusa… Non potevi aprire la finestra?"

"Simpatico! Però è per questo che Enrico è così arrabbiato…"

"Me la cavo, a parte gli scherzi."

Pietro si toglie il tovagliolo dall'occhio, risistema il ghiaccio e ce lo riappoggia sopra. "Guarda che non mi diverte affatto."

Alex diventa insofferente. "Sentite, mi volete spiegare una volta per tutte cosa è successo? Sennò me ne vado. Cavoli, non giochiamo neanche questa volta…"

Pietro lo guarda sconsolato. "Non ce la faccio. Diglielo tu, Flavio. Io mi tappo le orecchie, non ci posso credere, non ci voglio pensare…"

Così lascia il panno e si copre le orecchie. Flavio lo guarda e sbuffa.

"Susanna ha lasciato Pietro."

"Pure? Non ci posso credere. Ma che è, un'epidemia? Prima Enrico e ora Pietro…"

Anche Alex si siede sul divano. "Stiamo crollando…" Poi pensa tra sé: ma come mai proprio ora? Non ci voleva. "Ma si può sapere perché?"




Trentuno


Qualche ora prima. Pomeriggio. Susanna si avvicina al telefono. Lo prende. Digita velocemente dei numeri sulla tastiera.

"Pronto, Pietro?"

"Mi dispiace ma l'avvocato non c'è. Credo che avesse un appuntamento fuori o si sentisse poco bene. Sa com'è fatto…" La segretaria sorride e alza le spalle. Anche lei ormai conosce Pietro. Susanna invece non ne è del tutto sicura. Chiude la telefonata. No. Non so com'è fatto, e oltretutto ha spento il cellulare, quando invece gliel'ho detto mille volte che ci possono essere delle emergenze. Non capisco perché gli uomini non ci considerano. Facciamo la spesa, prendiamo i figli da scuola, li portiamo a nuoto, a ginnastica, a inglese, teniamo la casa pulita e anche se lavoriamo fuori facciamo in modo che tutto sia a posto, prepariamo da mangiare, ci teniamo in forma per restare carine e non farci tradire, stiriamo, organizziamo mille cose, andiamo a ritirare i vestiti in tintoria. Mogli, madri, amanti, manager. E se per caso c'è un'urgenza come oggi, che finalmente l'idraulico si è liberato e viene a casa? Allora salta tutto il sistema. Mandi all'aria il programma. Anzi, sei quasi una scocciatrice. È uno dei rari casi in cui un uomo deve avere il telefono acceso e rendersi disponibile per sostituirci in una delle nostre tappe obbligate.

Susanna compone un altro numero. Ah, meno male, è libero.

"Mamma, pronto? Scusa se ti disturbo…"

"Ma tu non disturbi mai…"

"Potresti andare a prendere Lorenzo a nuoto?"

"Ah…"

"Sì. E lo porti da te, io arrivo subito nel pomeriggio."

"Ma io devo vedere le mie amiche…"

"Passo prestissimo, ho solo un'urgenza ora e non lo voglio far aspettare fuori dalla piscina con tutti i suoi amici che vengono presi dai genitori e lui che ci rimane male."

"Eh sì… È già successo una volta…"

"Appunto, vorrei che non succedesse più."

"Va bene."

"Grazie, mamma… Ti chiamo appena ho finito."

Susanna fa un sospiro. Almeno una cosa è fatta. E monta in macchina, partendo a tutta velocità. Esce dal parcheggio e taglia la strada a un'auto che inchioda, facendola passare. Un uomo salta sul clacson e sbracciandosi dal finestrino urla: "Ma come cazzo guidi?".

"Meglio di te!" E la pronta risposta di Susanna, che guida spericolata fino ad arrivare sotto casa. Per fortuna trova subito parcheggio. "Mi scusi, mi scusi…" Arriva in un attimo davanti al cancello dove c'è il giovane idraulico che l'aspetta. Sorride. "Non si preoccupi, signora, anch'io sono arrivato da due minuti…"

Susanna ancora trafelata apre il cancello, poi il portone e infine chiama l'ascensore. Entrano tutt'e due. Rimangono in silenzio. Un po'"d'imbarazzo, un sorriso di circostanza. Finalmente sono al piano. Arrivati davanti alla porta, Susanna infila la chiave. Che strano. È chiusa a una sola mandata. Stamattina sono uscita io per ultima e ne avevo date due. Boh. Ormai sono completamente fusa.

"Prego, prego, si accomodi…"

Sì. Sono proprio fusa. Devo farmi una bella vacanza. Devo chiamare Cristina e ce ne dobbiamo andare alle terme. Ce lo siamo sempre promesso che avremmo staccato un attimo e fatto due giorni in un centro benessere.

"Ecco, è di qua, venga…"

Cristina sta meglio di me. È meno stressata. Non ha due figli che vogliono comprare e fare tutto quello che c'è a disposizione sul mercato e soprattutto un padre che dice loro sempre di sì. Secondo me Pietro lo fa perché vuole mettermi in difficoltà, tirare la corda, provare la mia pazienza, la mia tenuta, per vedere dove arrivo, fino a che punto ce la posso fare. Mah… Poi improvvisamente vede una giacca buttata sul divano, un maglione, una camicia. Come se fosse quella favola che le raccontava sempre da piccola sua madre. I pezzi di pane di Pollicino… Pollicino. Ma questi sono indumenti. Anzi, sono i vestiti di Pietro! Percorre veloce il corridoio e apre piano la porta della loro camera.

Una serie di candele vicino al letto. Un secchiello con una bottiglia di champagne appoggiato sul comò. Pietro sul letto. E accanto una donna.

"Pietro!" urla come impazzita. Prende una candela in mano. "Ma queste sono quelle che ho comprato io…" Poi prende la bottiglia di champagne. "Questa l'avevo presa per la cena di domenica!"

"Amore, scusami, non so cosa mi ha preso… Ma ho la febbre…

Mi sentivo male… e lei mi ha aiutato… È una professoressa. Cioè, è il mio medico…"

Susanna non sente nemmeno la bugia assurda di Pietro. La guarda per un attimo. La cosa che le dà più fastidio è che sia più giovane di lei. E che comunque è un cesso. Questo le fa ancora più rabbia. Prende i vestiti della donna e glieli tira in faccia. "Sparisci." Vorrebbe dirle di più, molto di più, ma non ce la fa.

La donna si alza mezza nuda dal letto e scivola via dalla stanza, sotto gli occhi comunque curiosi dell'idraulico, che in leggero imbarazzo si rivolge a Susanna.

"Signora, mi dispiace… Se vuole sparisco anch'io…"

"No no! E lei quando la ritrovo… Venga, il bagno è quello di mio figlio più grande." Susanna esce dalla camera e va verso l'ultima stanza in fondo al corridoio. "Ecco, è questo qui. Vede il tubo della doccia? Sotto ci deve essere il problema… L'acqua non scorre bene e crea dell'umidità… Si metta qui e lavori pure."

"Ok." L'idraulico un po'"perplesso posa la borsa per terra, tira fuori i suoi strumenti, tra cui alcuni cacciavite, un metro e una chiave inglese particolarmente grossa, e inizia a smontare la grata dello scolo.

"Dov'è il rubinetto centrale, signora?"

"Dietro la porta."

"Ah sì, eccolo." L'idraulico trova il rubinetto e lo gira velocemente chiudendo così il possibile passaggio dell'acqua.

Proprio in quel momento entra nel bagno Pietro, che nel frattempo si è rivestito. "Amore, mi dispiace… Non credevo che tornassi…"

"E certo, ti dispiace perché ti ho scombinato i piani!"

"Ma no, non intendevo questo…" Poi rivolto all'idraulico: "Pure lei, non si trova mai… proprio oggi, eh…".

Susanna a quest'ultima stupida battuta non ci vede più. "Ma abbi il coraggio di stare almeno zitto!" Afferra l'enorme chiave inglese poggiata per terra e prova a colpire Pietro, che però la vede all'ultimo e schiva a sinistra prendendo il colpo sulla fronte, appena sopra l'occhio destro. "Ahia!"

"Io t'ammazzo! Maledetto, maledetto!"

L'idraulico la blocca da dietro. "Signora, calma… Calma, calma… Che sennò finisce in prigione." Riesce a toglierle la chiave inglese dalle mani. "Mi sembrava che l'aveva presa troppo bene!"

Pietro barcolla verso il salotto. Susanna lo guarda senza la minima emozione.

"Sparisci per sempre dalla mia vita."


Trentadue


Pietro si leva le mani dalle orecchie, giusto in tempo per ascoltare quelle ultime parole.

"No, dico, Alex, capisci? No, dico, capisci? Mi voleva ammazzare…"

Alex è allibito. "No, non capisco, capisco solo quanto sei cretino!"

"Cioè?"

"A parte che non avresti dovuto tradirla come hai sempre fatto… E poi lo fai portandoti una a casa?"

Flavio interviene. "È quello che gli ho detto pure io. È stato un modo per farti scoprire: non sapevi come dirglielo e hai trovato questa soluzione…"

"Sì, è arrivato lo psicologo… Il fantathriller sentimentale… Mi ha beccato e basta…"

"Ho capito, ma non potevi portartela da un'altra parte, se proprio dovevi?"

Flavio scuote la testa. "Io non riuscirei mai a fare una cosa del genere…"

"Perché voi siete troppo calcolatori. Quando ti prende la passione è così… Ci siamo sentiti, abbiamo preso un caffè. Eravamo a un passo da casa. Ti va di salire? E dai… In quei momenti prendere una camera d'albergo è troppo di cattivo gusto…"

"Pietro!" urla Alex. "Cattivo gusto? Ma stai parlando del tuo matrimonio! Hai due figli!"

Enrico rientra in salotto. "Ecco, io ne avrei una che si è appena addormentata… Potreste gentilmente, no dico, gentilmente non urlare?"

Alex sospira. "E io che pensavo aveste fatto a botte tu e Flavio. Sarebbe stato meglio."

Flavio lo guarda male. "E chi vinceva?"

"Cretino…" Pietro si massaggia la fronte. "Sembri Susanna. Sai che ha detto? Voglio sapere solo una cosa: come mai quando stavamo insieme non mettevi mai una candela, un po'"d'atmosfera, della musica, una bottiglia di champagne?" "Così ha detto?"

"Sì, prima di cacciarmi per sempre." "Secondo me allora forse potresti recuperare…" "Ci ho provato tutto il pomeriggio. È stata irremovibile." "E certo, perché secondo te ora basta un pomeriggio… Va bè… È chiaro… È ancora visibilmente scossa."

"Scossa… Non ragiona, vorrai dire. Ho due valigie in macchina. Ha cambiato la serratura di casa e mi ha fatto chiamare dal suo avvocato per farmi una diffida. Non posso avvicinarmi a mia moglie… Che poi quell'avvocato era pure un mio amico…" "Bell'amico!"

"Già… Una volta però ho raccontato a Susanna che prima di conoscerla avevo avuto una storia con la ragazza di questo avvocato e lei ieri lo ha chiamato dicendoglielo e chiedendogli subito dopo se poteva occuparsi della nostra storia. E quello ha accettato subito! Figurati…"

"No, figurati tu! Ma perché, gliel'hai raccontato?" "Ma è successo una vita fa!"

"Ma che c'entra, in amore non c'è mai un tempo…" "Pensavo che io e Susanna fossimo complici, una squadretta…" "Sì, e certo… Dove tu non le nascondevi niente, vero?" Pietro guarda i suoi amici. "Sentite, io credevo che tra me e lei ci fosse un tacito accordo. Tutti tradiscono tutti. E tutti facciamo finta di non saperlo, di non vedere, non sentire… Sai quante volte mi sono scopato donne che un secondo prima avevano giurato amore ai loro mariti al telefono, e perfino alcune con un figlio in pancia… Donne in attesa, avete capito? Che però non sanno rinunciare al sesso… Esattamente come noi!"

Alex scuote la testa, amareggiato. "No, ti sbagli, esattamente come te. Io, dopo che mi sono lasciato con Elena, non ho avuto voglia di nessuna fino a quando non mi sono innamorato di Niki. Innamorato, capisci? E da quando sto con lei non l'ho mai tradita."

"E da quanto ci stai?" "Quasi due anni…"

"Sì, ma non sei sposato! Mettiti nei miei panni. Vedila ogni giorno per dodici anni, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno. Voglio vedere poi cosa ti inventi… Vienimelo a raccontare… Se ci arrivi! Io, sono un traguardo! Io, sono

un successo nell'arrivare dove sono arrivato! Guarda lui…" E indica Enrico che lo fissa sorpreso.

"Bè? Che hai da dire su di me?"

"Sei stato sempre fedele?"

"Sempre…"

"E ci ha rimesso! Lei se ne è andata con uno conosciuto dieci giorni fa… Pensa a quante scopate hai rinunciato!"

Alex non è più disposto a sentirlo. "Senti, Pietro, io credo che tu abbia un problema… Non è una lotta, la nostra. Deve esserti successo qualcosa, c'è troppa acredine in quello che dici."

Pietro allarga le braccia. "E invece ti sbagli, la penso naturalmente così… Senza nessun trauma adolescenziale."

Flavio si versa un po'"di birra. "Questo lo credi tu. Spesso non si è coscienti, si è sofferto talmente tanto per le cose che sono accadute, che alla fine le si cancella o rifiuta in blocco…"

"No, guarda…" Pietro si toglie il panno dalla testa. "Ne sono consapevole, tanto è vero il bernoccolo che ho qui in fronte… È tutta una cazzata. E più si va avanti più uno se ne rende conto. Flavio, tu e Cristina state insieme solo per paura… come moltissime altre coppie! Il vostro non è vero amore. È vero terrore! E io credevo che, senza dircelo, io e Susanna avevamo trovato l'equilibrio. Ma non era così. E sapete cosa vi dico? Meglio…" Si alza, si infila il giubbotto. "Da domani ricomincia una nuova vita. Voglio una casa tutta mia! Magari un loft, atmosfera giovane e poi donne… Divertimento… Nessuna responsabilità!" Ed esce chiudendosi la porta alle spalle.

"Ma perché, scusate…" Flavio guarda gli amici sconcertato, "fino a oggi che ha fatto di diverso?"

Alex annuisce. "Appunto, con l'unica differenza che non si era fatto beccare…"

"Infatti! Poteva stare attento comunque, era una coppia così divertente. Mi ricordo al loro matrimonio, lui… sembrava tanto innamorato…"

"Ecco, sembrava! Quel giorno ci provò anche con la hostess che prendeva i cappotti."

"Ah, sì… Me la ricordo pure io. Son passati dodici anni, eh… Ma era di un bono…"

"Sì, con due tette così… Ma al tuo matrimonio, cavoli, cioè, resisti almeno quel giorno."

"Lui no!"

"Però… Già il fatto che si sta cercando una casa, che vada a vivere da solo… Potrebbe servirgli per capire alcune cose."

"Tu credi?" Proprio in quel momento bussano alla porta.

"E ora chi è?" Enrico va ad aprire.

E Pietro con una valigia in mano. "Senti, da domani mi cerco un posto dove dormire… Ma stasera posso restare qui? Tanto sei solo, no?" Enrico si sposta e lo lascia entrare. "Ce l'hai un altro letto matrimoniale oltre al tuo?"

Alex e Flavio si guardano. "Niente. Non cambierà mai."




Trentatré


Bella mattina di sole. Sabato. Sono quasi le undici. La gente cammina lenta e curiosa per le stradine del mercato. Niki sta letteralmente scavando all'interno di una cesta di magliette in offerta messa su un banco coloratissimo di via Sannio. "Che dici, questa rosa è carina, no?"

"Sì, dai, può andare e poi costa solo cinque euro!" Olly si sta misurando un paio di jeans appoggiandoli sopra ai suoi. Hanno alcuni ricami sulla coscia sinistra. "Oh, forti questi… sono stilosi!"

"Oh, ma senti come parla questa da quando l'hanno presa a fare lo stage! A Olly & Gabbana!" dice Erica mentre spulcia una serie di coprispalle.

"Seee… è che sono stilosi davvero, nei mercatini si trovano sempre cose originali, e poi la gente ti chiede dove le hai comprate perché sembrano di negozio… E comunque vedrai come mi verrai a cercare quando sarò famosa e tutti vorranno i miei abiti!"

"Allora devi anche pensare alla griffe…" ride Diletta guardando le amiche così prese alla ricerca di vestiti.

"Vero. Potrei chiamare la mia casa di moda… Olly the Waves! Olly le Onde. Che figata!"

"Seee… Sembra Gerry Scotti al Milionario quando dice "Only the braves"!" scherza Niki.

"E infatti. Solo i coraggiosi realizzano i propri sogni! Lo dice sempre anche Giampi." Olly rimette sul bancone i jeans e fa segno alle amiche di proseguire nel giro. "Andiamo a vedere dove li fanno meno cari, basta girare un po'"per trovare l'offerta migliore!"

Camminano in mezzo alla gente, a volte sottobraccio, a volte lasciandosi perché non è possibile proseguire in quel modo. Guardano tutti i banchi, commentano, annuiscono, scuotono la testa vedendo magliette, abiti, cinture.

"Certo però, Olly, mamma mia con "sto Giampi" dice Erica raggiungendole dopo essere rimasta un po'"indietro per guardare un giubbino giallo di pelle appeso a una stampella. "Ne parli

sempre! Una come te che diceva sempre male dell'amore! Me lo ricordo, sai!"

"Io non dicevo male dell'amore! È che non mi ero mai innamorata! E Giampi mi piace un casino! E bello, è alto, è moro, è premuroso ma anche un po'"spaccone, è pieno di amici, va in palestra, è simpatico, non si dimentica mai di telefonarmi, mi fa le sorprese!"

"Eh…" fa Diletta, "sembra la descrizione di Filippo!"

"O di Alex!" dice Niki.

"O di… boh! Io non ce l'ho il ragazzo!" dice Erica, e tutte si mettono a ridere.

Proseguono in mezzo ai banchi coperti attaccati uno all'altro che vendono abbigliamento vintage, militare, stock di marca, scarpe. E anche abiti di scena: è proprio a uno di questi che si ferma di colpo Niki. Vede un grande cappello rosa con le piume e se lo mette. Si atteggia un po'"ad attrice, facendo le smorfie con la bocca e ammiccando. La signora del banco sorride.

"Ahò, je sta proprio bene, signori…"

Arrivano anche le Onde e cominciano a provarsi di tutto. Abiti lunghi, corti, cappelli, bandane. Li provano sopra i vestiti che hanno e fanno una minisfilata davanti al banco. La gente si ferma e ride, altri se ne vanno a testa bassa scocciati, lamentandosi per quello strano evento che sta rallentando il loro passo.

Qualche minuto dopo camminano di nuovo in mezzo alle viuzze del mercato.

"E comunque, care mie, Giampi è forte e se qualcuna me lo guarda troppo o gli si avvicina, gli spezzo le braccine! In effetti è uno che piace un po'"troppo alle donne…"

Le Onde si guardano. Poi scoppiano a ridere. "Ma senti senti! Olly gelosa! Pfiuuu!" e cominciano a far gesti con la mano e a provocarla.

"Allora, Erica, stasera ci esci tu con Giampi o tocca a me?" dice Niki.

"In realtà stasera tocca a Diletta, a me domani e a te lunedì!"

"Ok ok, basta organizzarsi!" Olly tira un colpo sulla spalla di Niki.

"Ahia!"

"E ahia sì! E anche più di ahia! Giù le manine! Avete già il vostro e chi non ce l'ha…" si gira verso Erica, "… vada a comprarselo al mercato!" e scappa via, rincorsa da Erica e le altre. E vanno così, in mezzo alla gente che non capisce quelle quattro scalmanate che urtano borse, saltano scatole, spingono un po'"per passare. E ridono. Amiche.


Trentaquattro


Alcuni giorni dopo. Niki ha appena finito la sua lezione quando incrocia il gruppo di amici dell'università che si stanno organizzando. Marco e Sara lanciano l'idea.

"Ehi, che fate? Vi va di venire a mangiare una cosa con noi?" Giulia, Luca e Barbara ci pensano un attimo. "E tu, Niki?"

"No, grazie, io torno a casa. Ho l'esame abbastanza presto e voglio cominciare subito per non dover studiare come una pazza solo alla fine."

Giulia ci ripensa. "Anch'io vado a casa, magari domani."

Barbara solleva le spalle.

"Ok, come volete, come siete pesanti però…"

Giulia cerca di scusarsi. "Oh, io so solo che sono appena al secondo anno e già non ne posso più…"

Barbara sembra saperla lunga. "Perché, secondo te quando poi finisci l'università va meglio?"

Sara alza le mani come se si arrendesse. "Non mi tirare fuori la solita frase…"

Niki è curiosa. "Quale?"

"Gli esami non finiscono mai…"

"Hai ragione…"

Sara scuote la testa. "Mamma mia, come sono noiosa…"

Niki sorride. "Dai, domani promesso che mangiamo tutti insieme. Anzi esagero, domani porto da bere, anzi una torta… Mi sto specializzando in dolci. Cioè, quando mi innervosisco e non ho più voglia di studiare, per fare un break preparo una torta. E vi dico solo una cosa: sto diventando bravissima. Pensate che voglia dì studiare che ho!"

"Non ci credo…" Luca ride. "Io quando non ne posso più di studiare… mi masturbo!"

"Luca!" Barbara si gira e gli dà un pugno sulla spalla. "Cioè, ti rendi conto di che cavolo dici?"

"Oh, ma è vero, è uno sfogo! Guarda che ho saputo che capita

a un sacco di ragazzi… È che molti non hanno il coraggio di dirlo, io sì!"

Marco ride. "Sì, il segaiolo coraggioso." Barbara non si diverte affatto.

"Ho capito, ma a chi pensi facendolo…"

"Scusa, fai Lettere e ti masturbi?!" Si infila Guido. "Minimo minimo pensa a Nicole Kidman…"

Barbara non capisce. "Che c'entra?"

"Bè, ha interpretato Virginia Woolf ed è una bella gnocca."

Barbara scende dal muretto e scuote la testa. "Ma voi siete due malati… Sara, tu hai capito con chi stiamo insieme?"

"E noi che li immaginavamo gli ultimi due poeti… Ma de che! Gli ultimi due porci!"

"E dai, amore, non fare così." Marco prova a prendere Sara, che si sfila. "A Niki, porta la torta che è meglio…"

"A bella sì… almeno v'addolcisce!"

Niki si diverte in quella lotta tra sessi. "Sì… Per voi faccio un bel tiramisù… che se per caso studiate troppo… Vi ci vuole proprio!" Niki ride e si allontana. Cammina per i viali dell'università. Guarda in alto nel cielo, un azzurro intenso, bello, pulito. Un vento ancora caldo spazza i cortili, qualche piccolo uccello ritardatario passa veloce cercando invano di raggiungere quell'ultimo stormo già partito da tempo. Un momento semplice e bellissimo, di quelli che arrivano di colpo e ti fanno sentire in pace col mondo. Nessuna ragione particolare. Semplicemente vita. Niki sorride e leggeri pensieri passano nella sua testa. Che forti questi nuovi amici. Sono allegri, sinceri, scherzano e ridono senza farsi problemi, senza penombre. Luca e Barbara, Marco e Sara e poi Giulia, che è sola da sempre. Chissà quanto dureranno le due coppie, eppure sembrano così affiatate, non c'è niente da fare, si vede perfettamente quando una storia funziona, quell'allegria amorosa, quei divertenti litigi sono proprio la carica necessaria, la spinta per dare energia continua a una storia. Ecco, cambiamenti, sogni, programmi… Non avere limiti, pensare sempre in positivo, che tutto sia possibile. Che non ci sia nessun ostacolo… Niki contempla in silenzio quel delicato tramonto e d'improvviso… bum. Come lo sparo di un cacciatore. E tutti quei suoi pensieri, come uno stormo di uccelli sui rami di un albero, fuggono via veloci, impauriti. Rapidi battiti d'ala nel cielo e tutto si perde in quel pallido sole all'orizzonte più lontano.

Lui è lì, seduto sul suo motorino. La vede e sorride. Niki no.

"Che ci fai qui?"

"Mi volevo scusare."

Guido scende dal motorino e solo ora Niki si accorge che ha un fiore in mano.

"È una calendula. Sai che vuol dire? Indica dolore e dispiacere, quindi pentimento. Si schiude al mattino e si chiude la sera. Come se salutasse e piangesse tutti i giorni la partenza del sole…"

"Cioè, ti stai scusando? E perché? Forse non era vero quello che mi hai raccontato?"

"Cosa?"

"Tutta quella storia di te e quella ragazza… Lucilla."

"Sì, che era vera."

"E allora di cosa ti scusi?"

Guido sorride. "Non lo vuoi questo fiore?"

Niki lo prende tra le mani. "Grazie."

Guido la guarda. "C'era una ragazza che veniva al mare dove andavo io da piccolo, a Ischia. Ci guardavamo a volte per tutta l'estate e non ci dicevamo mai nulla, ma aveva un sorriso bellissimo come quello che hai tu…"

"C'è solo un piccolo problema."

"Sì, lo so, sei fidanzata…"

"No. Io non sono mai stata a Ischia."

Guido ride. "È un peccato. Ti sei persa un posto bellissimo. Lo so che non sei tu quella ragazza! E che non vorrei fare lo stesso errore. Non l'ho più incontrata e non le ho mai potuto dire tutto quello che avrei voluto…"

Niki poggia la sacca sul motorino. "Allora in questo caso c'è un altro problema. È come dici tu. Sono fidanzata."

Poi si china e inizia ad aprire il blocco alla ruota.

"Lascia, faccio io." Guido le prende le chiavi dalle mani, per un attimo si sfiorano, si guardano negli occhi, poi lui sorride. "Posso? Non c'è niente di male se ti aiuto a togliere il blocco, no?"

Niki si tira su e si appoggia al motorino. Guido chiude il blocco e glielo mette nel bauletto. "Ecco fatto. Ora sei libera… Comunque lo sapevo che sei fidanzata. Ma ti volevo parlare d'altro. Ecco, un sacco di volte noi conosciamo una persona, non sappiamo niente di lei, la guardiamo, ascoltiamo quello che dicono gli altri, magari ci obblighiamo a pensare che per noi sia sbagliata o giusta senza farci portare veramente dal nostro cuore…"

"Ma che vuoi dire?"

"Che tu credevi che quel professore fosse sensibile, addirittura

gay, e invece è uno che va con tutte, che ogni anno ha una ragazza diversa, del suo corso o no, ma comunque più giovane di lui."

"È vero, mi sbagliavo sul suo conto…"

"Ecco, ma non sempre c'è la persona al momento giusto che ti può dire quello che non sai, mostrarti le cose da un altro punto di vista, non farti commettere l'errore, impedirti di lasciarti ingannare da una semplice immagine."

"Sì, è vero."

"Così come forse tu mi ritieni un donnaiolo e quindi non ti fidi di me, pensi che quello che dico lo dico solo per colpirti e non perché serenamente lo penso… E io vorrei convincerti del contrario…"

Niki sorride. "Mi hai regalato un bellissimo fiore."

"Nell'Ottocento era il simbolo dei cortigiani adulatori."

"Allora, vedi?"

"Ma c'è anche una corrente di pensiero che lo vuole simbolo dell'amore puro e infinito. L'emblema di Margherita d'Orléans era una calendula che girava attorno al sole con il motto: "Io non voglio seguire che il sole"."

"Resta comunque un bellissimo fiore e…"

"E…?"

"E…" Niki sorride sicura. "E bastava questo, senza bisogno di tutte quelle parole, per mettere a posto le cose."

"Ma non è vero! Ho sbagliato, me ne sono andato, mi ha innervosito ricordare la storia del professore e Lucilla, e poi il fatto che tu addirittura lo vedevi come uno sensibile e innocente mi infastidiva ancora di più… E per questo ho sbagliato, non sono rimasto padrone di me stesso, ho poggiato la tua borsa sul muretto, t'ho mollato lì, non ti ho accompagnato su a segnarti all'esame. Che sarebbe stata la cosa che avrei voluto fare di più al mondo in quel momento, e invece tutta la situazione si è incasinata, ho finito per rovinare tutto…"

Niki non sa bene che fare, è leggermente imbarazzata. "Credo che tu ci abbia dato troppa importanza… Pensa che mi sentivo io in colpa…"

Guido sorride. "Sì, ma non mi hai regalato un fiore per rimediare…"

"Non così in colpa."

"Ok. Ho la moto qui vicino. Posso accompagnarti a casa?"

Niki rimane un attimo in silenzio. Un attimo troppo lungo. Guido capisce che non è il caso di esagerare. "Facciamo almeno

un pezzo di strada fino a piazza Ungheria insieme, tanto andiamo nella stessa direzione, no?"

"Ok." Niki apre il bauletto, prende il casco e se lo infila. Mette la chiave, la gira, il quadro si illumina. Il motorino si accende. Cavoli. Mi vuole accompagnare a casa. Mi vuole scortare per un pezzo. E sa dove abito. Si è informato, ha chiesto di me. E per un attimo il cuore le batte più veloce, ma è una strana emozione. Cerca di capirla, di interpretarla. Paura? Vanità? Insicurezza? E in quel momento Guido riappare vicino a lei con una Harley Davidson 883.

"Che bella, è tua?"

"No, l'ho fregata stamani!" e sorride. "Ma certo che è mia… La sto ancora pagando!"

"Anch'io amo tanto le moto. Non so, mi danno un senso di libertà, non stai mai fermo, svicoli nel traffico, nessuno ti può fermare… Sei sempre libero."

"È proprio questa la filosofia dei motociclisti. Perdersi nel vento."

Niki sorride, poi scende dal cavalletto, fa un lungo respiro. "Andiamo." Un vento leggero è come se riordinasse i suoi pensieri. Niki ora è più serena, sicura. E proprio vero, si è informato su tutto e sa anche che sono fidanzata. Guida tranquilla, lui è poco più indietro e ogni tanto incrocia il suo viso nello specchietto del motorino. Guarda i suoi capelli nascosti sotto il casco, il naso dritto, il sorriso che improvvisamente appare. Si è accorto che lo sta guardando. Anche Niki sorride, poi guarda la strada. Certo che è un bel ragazzo. Una cosa è sicura, fossi stata Lucilla non lo avrei mai lasciato per quel professore. Ma lo ha detto anche lui prima, non si sa mai nulla veramente fino in fondo, a volte ci facciamo suggestionare dalle apparenze. Appunto. E se dietro quel sorriso ci fosse una persona cattiva, un egoista, uno di cui una volta che ti innamori sei perduta, non ti farà che soffrire… Niki! Quasi si urla da sola in mezzo a quei pensieri… Che fai? Ma che ti frega di com'è davvero. Ed è come se tutti quegli uccelli piano piano riprendessero posto tra i rami. Che dici? Che cosa ti inquieta… Tu non rischi nulla. Tu sei di Alex. Hai avuto coraggio, ti sei buttata, hai rischiato e sei felice di quello che hai trovato. Si ferma al semaforo rosso di viale Regina Margherita. Guido la raggiunge. Niki gli indica in fondo alla strada. "Io alla prossima giro a destra…"

"Sì, lo so. Io invece vado dritto. Abito a via Barnaba Oriani."

"Ah sì? Non siamo lontanissimi."

"No. Infatti." Guido sorride. "Magari una volta di queste passo da te e andiamo insieme all'università."

"Oh…" Niki prende un attimo di tempo, poi trova la risposta sicura. "Ancora non ho capito quali corsi mi interessano…" Vede che Guido sta per dire qualcos'altro e trova una scusa che non dà appello. "Poi io dopo le lezioni o vado dal mio ragazzo o in palestra… O comunque ho sempre qualcosa da fare con le mie amiche… Quindi devo essere indipendente." Poi vede che scatta il semaforo verde. "Ciao… Ci vediamo presto." E parte a tutto gas.

Guido le è subito dietro, fanno un ultimo pezzo di strada insieme. E lui insiste. "Ma così…" le dice lui, "è tutto un po'"monotono, no? Ci vorrebbe un imprevisto…"

"La vita è un continuo, bellissimo imprevisto." Poi Niki svolta a destra. Un ultimo sguardo, un sorriso e via, per due strade diverse. Ecco, uno così ci vorrebbe a Erica, sarebbe perfetto. Sono sicura che in questo modo comincerebbe sul serio una nuova storia e lascerebbe vivere Giò. È assurdo che continuino a farsi male. Si lasciano e si riprendono e intanto, quando sta da sola, lei ne prova qualcun altro e non gli dice mai nulla. Giò non so che combina. Ma perché la gente ama tanto farsi del male? Perché non riesce a trovare il proprio equilibrio? Se una persona non l'ami più glielo devi far capire chiaramente, non la puoi tenere appesa a un filo solo per le tue insicurezze. Che cosa potrà mai succedere? E mollala… Tutto il resto è vita. Si va avanti… Avanti.

E Niki continua serena e sicura verso casa, lasciandosi accarezzare da quel piacevole vento, senza pensare più a nulla, con quelle felicità e tranquillità che a volte ti travolgono e ti fanno sentire bene, al centro di tutto, senza invidie o gelosie, senza preoccupazioni. E non sai nemmeno da che parte arrivi, una specie di equilibrio talmente perfetto che hai paura perfino a pronunciarlo. Ti sorprende per quanto sia raro e difficile, quello strano delicatissimo magico accordo dove il tuo mondo sembra improvvisamente suonare nel verso giusto. Sono attimi. Attimi che andrebbero vissuti con la massima coscienza e consapevolezza perché sono rari. E perché a volte, senza un vero e proprio motivo, possono finire all'improvviso.


Trentacinque


Primo pomeriggio. Susanna ha appena finito di sistemare la cucina dopo il pranzo. Sul tappeto blu sono sparsi vari giochi. Lorenzo prende un pacchetto di carte dei Gormiti e le sfila una a una. Controlla bene cosa gli manca. Poi si alza, va a prendere il suo telefonino disperso in un angolo del grande tappeto persiano, lo apre e digita un sms. Dopo qualche secondo gli arriva la risposta. Lorenzo la legge soddisfatto.

"Evvai, Tommaso ha il doppione di quella che mi manca! Domani a scuola me la faccio portare… ma io che gli do in cambio?" e continua a spulciare le carte, cercando anche lui qualche doppione di cui liberarsi e che possa essere di qualche interesse per l'amichetto.

Carolina invece sta facendo un incontro di boxe con la Nintendo Wii. È in piedi in mezzo al salotto davanti al grande schermo al plasma appeso alla parete. Sta in posizione. Ha scelto l'avatar che secondo lei le somiglia di più, una faccia rotonda e sorridente con le lentiggini e i capelli scuri raccolti in una coda. Le sopracciglia le ha disegnate girate in alto, un po'"da cattiva. Preme il tasto dietro il telecomando ergonomico e inizia il match. Sta combattendo contro la consolle, che ha le sembianze di un omaccione grosso e peloso ma con la faccia buona. Lo ha scelto lei. Inizia. Si piega sulle ginocchia e comincia a boxare, tenendo i pugni in alto, stretti vicino alla faccia. E ogni tanto spara dritto fendendo l'aria. Sul monitor il suo avatar riproduce le azioni, muovendosi come vuole lei anche se un po'"rallentato. Carolina colpisce ancora e ancora.

"Sì! Evvai, l'ho buttato giù! KO!"

Lorenzo alza la testa e vede sulla tv l'omaccione sdraiato per terra e l'avatar rimasto in piedi sul ring col fiatone. Attorno il pubblico fa il tifo. "Sì, va bè, ma quello mica è il più forte! Dammi qua…" e si alza. Prende il controller Wii dalle mani di Carolina e si mette in posizione.

"Oh, uffa, io mica ho finito di giocare… Mamma!"

"E dai, c'hai giocato fino a ora!"

"Va bè, ma allora facciamo uno contro l'altro, vai a prendere l'altro controller!"

"No, mammaaaa… uffa! Io voglio giocare contro il computer!"

Susanna sbuca dalla cucina. "Oh, ma allora! La fate finita? Tanto sono le tre. Forza, in camera a fare i compiti!"

"Ma, mamma… ho poca roba, li posso anche fare dopo…" dice Carolina sbuffando.

"No. Hai già giocato. Li fai ora e basta. Lo sai. Non si discute su questo. Anche tu, Lorenzo, forza, rimetti a posto le carte e i giochi nel cestone e vai di là!"

I due bambini scocciati obbediscono a Susanna. Carolina spegne la consolle e Lorenzo butta tutto nel cestone, tranne le carte che raccoglie con cura e rimette nel loro astuccio di plastica. Poi vanno di là insieme, dandosi qualche spintarella.

Susanna li vede sparire nel corridoio. Si siede sul divano. Si mette comoda, sistemando meglio un cuscino dietro la schiena. Poi si guarda intorno. La casa. La sua casa. La loro casa. I quadri alle pareti. Quello di Schifano. Paesaggio anemico. Proprio come si sente lei ora. Poi quelle cornici con dentro le foto. Momenti di famiglia insieme. I bimbi piccoli. Un suo ritratto fatto dal fotografo, con lei che indossa un grande cappello bianco con le tese. Pietro vestito da calciotto e un'altra con un bel vestito durante il matrimonio di un amico. Ricordi. Lui. Pietro. Quanto ti ho amato. Quanto mi piacevi alle superiori, quando facevi ridere tutti. Quando facevi il furbo e te la cavavi sempre. E poi ci siamo fidanzati. E grazie a te mi sentivo bellissima, una regina, la migliore di tutte. Quanti regali. Quante attenzioni. Le cene. I gioielli. Le vacanze. Poi l'università, la laurea, il lavoro, lo studio. Sì, te la sei sempre cavata. Quanto mi hai presa in giro. Quanto ti ho creduto. Per me eri un mito. Una persona ammirata e da ammirare. Una persona che mi faceva sentire al centro dell'attenzione. Ma perché mi hai fatto questo? Mi hai tradita. Chissà quante volte. Hai toccato, amato, apprezzato altre donne al posto mio. Le hai guardate, ti sei eccitato e mi hai messa da parte. Che rabbia. Che umiliazione. Pensarti con loro, a letto con loro, in macchina con loro o a farle ridere, scherzare, farle sentire importanti. Cosa dicevi loro che non hai detto a me? Non lo so. Non lo saprò mai. Mi fa troppo male. Non lo accetto. E gli occhi di Susanna si velano di lacrime. Rabbia. Delusione. Debolezza. Mi sento sola. Sono sola. Mi

restano solo i figli. E dovrò ricominciare in qualche modo. Poi di colpo si alza. Va verso la finestra. Guarda fuori. Sì, il mondo mica se ne accorge se sto male. Il mondo va avanti. Devo fare qualcosa per me. Devo rinnovarmi. Sono una bella donna. Sono una madre. Sono una persona. Devo farmi coraggio. Poi torna in salotto. Nota su un tavolinetto un dépliant in mezzo a lettere e pubblicità. Lo apre. "Palestra Wellfit. Allenati gratis per una settimana! Prova i nuovi corsi di Kickboxing con Davide Greco e Mattia Giordani… Una disciplina adatta a tutti! Provatela!" e vede alcuni numeri di telefono e una e- mail da contattare per informazioni. Kickboxing. Sarà faticosa? Non mi è mai piaciuta la palestra in sé, corpo libero, body building, pilates, spinning, fitness in genere. Ma una disciplina di lotta e difesa è un'altra cosa… potrebbe essere interessante. E poi ho bisogno di rimettermi in moto, di tonificarmi. Di pensare ad altro.

Susanna prende il cellulare. Rilegge il numero sul dépliant e lo compone. Ma sì, proviamoci.


Trentasei


Niki posteggia velocemente il motorino sotto casa, mette il blocco alla ruota davanti e, proprio mentre sta per entrare nel portone, si accorge di una specie di limousine nera parcheggiata lì di fronte. E che succede? Che cosa è questa storia? O è arrivato un ambasciatore o c'è qualcuno che si sposa… Boh. Solleva le spalle e fa per entrare.

"Mi scusi…" Un signore elegante, con tanto di divisa, scende dalla macchina levandosi il cappello. "È lei la signora Cavalli?"

"Dice a me?" Per un attimo Niki è veramente spiazzata. "Forse intende mia madre!" L'autista sorride. "La signora Nicoletta Cavalli?"

"Sì, sono io. Ma le posso chiedere un favore? Mi può chiamare Niki?"

"Ah sì…" Allora non ci sono più dubbi. In questa strada a questo civico e con questo nome e cognome ci sono solo io. L'autista sorride e apre la portiera.

"Prego, Niki…" Oddio, non posso crederci. Ma che, è uno scherzo, ma che ci sono le telecamere? Oddio… È una sorpresa! O forse un imprevisto, come diceva prima Guido. Ma no, non può essere così pazzo. "Mi scusi. E proprio sicuro che doveva prendere me?"

L'autista la guarda dallo specchietto e le sorride. "Sicurissimo… E chi mi ha mandato a prenderla ha ragione."

"Perché, cosa le ha detto?"

"Che non mi potevo sbagliare, è unica…"

Niki sorride. "Ma stiamo parlando della stessa persona, vero?"

"Credo proprio di sì." L'autista sorride. Niki ricambia ma si sente in colpa per aver anche semplicemente pensato a qualcun altro. Poi l'autista accende lo stereo. "Mi ha detto che se avesse avuto paura, qualche dubbio o non fosse voluta venire con me, le avrei dovuto far sentire questo…" L'autista spinge un bottone e parte Broken Strings, Nelly Furtado e James Morrison insieme.

Niki sorride. Emozionata guarda fuori dal finestrino. Poi con gli occhi umidi di felicità incontra di nuovo quelli dell'autista. "Tutto a posto adesso, signora?" Niki annuisce. "Sì. Mi porti anche in capo al mondo."

La limousine accelera e piano piano va sul suono della canzone… "You can't play on broken strings, you can't feel anything that your heart don't want to feel, I can't teli you something that ain't real…" Verità del dopo. E la musica è così bella.

L'auto procede lenta, quasi senza rumore, come portata su dei cuscinetti di vento, come sospesa, scivola nel traffico, si destreggia tra le macchine e abbandona la città. Ora libera, sull'Aurelia, corre più veloce, poco traffico e uno dopo l'altro i segnali blu con le indicazioni: Castel di Guido, Fregene. E ancora avanti…


Trentasette


Fiumicino.

"Ecco, siamo arrivati." L'autista scende e apre la portiera.

"Ma… A Fiumicino?"

"Così mi è stata data disposizione… Ah, un'altra cosa… Dovrebbe lasciarmi quello…" L'autista indica lo zaino con dentro i libri dell'università.

"È sicuro? Sono i miei libri per l'esame…"

"Vi vengo a prendere io quando tornate… e glieli restituisco. Ha detto di dirle che lì non c'è tempo per studiare."

"Ma dove andiamo?"

L'autista le sorride. "Io non lo so, ma lui sì…" E intanto indica qualcuno alle sue spalle davanti alla porta a vetri che si è appena aperta.

"Alex!" Niki corre e gli salta in braccio travolgendolo. "Ma tu sei pazzo."

"Sì… Me l'hai attaccata tu… questa bellissima follia" poi guarda l'orologio, "andiamo… è tardissimo!"

"Ma dove?"

"New York."

Fanno per correre via. Poi Alex sorride e si gira verso la macchina. "Ah, ci vediamo qui tra quattro giorni. Le faccio sapere l'ora… E grazie."

L'autista rimane davanti alla limousine e li guarda scappare sulla scia della loro felicità, sull'entusiasmo del loro amore. "Domenico. Mi chiamo Domenico."

"Dobbiamo prendere questo bus che ci porta al terminal cinque. Si parte di là per l'America."

"Ma come hai fatto? Tu sei pazzo…"

"Da quando siamo rientrati tutto è diventato troppo normale. E poi dopo LaLuna noi non abbiamo mai festeggiato…"

"Che cosa? Il successo della campagna?"

"No, che mi hai raggiunto al faro… E che stiamo ancora insieme! Il nostro grande unico e personalissimo successo!"

Niki prende il telefonino.

"Che fai? Ti è piaciuta così tanto che te la scrivi?"

"Ma per chi mi hai preso… Guarda che sei tu il pubblicitario!"

"Ah già…"

Niki scuote la testa. "Telefono…"

Alex si appoggia a lei. "So già a chi…"

"Pronto, mamma…"

"Niki, ma mi avevi detto che rientravi a casa. Ti avevo preparato anche qualcosa da mangiare… Sono tornata e non c'eri!"

"Allora siediti."

"Oddio, che ti è successo? Che mi devi dire? Non mi fare preoccupare…"

"Niente di preoccupante. Per festeggiare, Alex e io andiamo quattro giorni fuori."

"E dove? E a festeggiare che?"

"A New York!"

"E dai, Niki! Beata te che hai sempre voglia di scherzare. Senti, torna presto perché devo uscire con tuo padre, che abbiamo teatro, e non mi va di lasciare tuo fratello di nuovo da solo." E chiude.

"Pronto, mamma? Mamma?" Si gira verso Alex. "Non ci credo! Ha chiuso! Oh, io ho provato a dirglielo per la seconda volta. Prima dice che ci dobbiamo raccontare tutto ma proprio tutto, e poi ogni volta che cerco di dirle qualcosa in più, qualcosa di diverso dal solito… mi chiude il telefono in faccia… Valle a capire le mamme!"

Alex sorride. "Tieni."

"Cos'è?"

"Dentro questa sacca c'è una camicia da notte, tutti i trucchi che hai lasciato nel mio bagno, una camicia e un maglione per domani mattina, la tua biancheria intima… E lo spazzolino da denti che tanto ami…"

"Amore" lo stringe forte, si ferma in mezzo all'aeroporto e lo bacia. Un bacio lungo, morbido, caldo, innamorato… Alex apre gli occhi. "Amore…"

"Sì?" Niki risponde con aria sognante.

"Ci sono due guardie che ci osservano…"

"Sono invidiose."

"Ah… Sì, certo, però non vorrei che ci mettessero dentro per oltraggio al pudore…"

"Embè?"

"Embè, non vorrei perdere l'aereo."

"Ora mi hai convinto!" E cominciano a correre veloci verso l'imbarco. Poi di colpo Niki si ferma. "Amore… Ma c'è un problema assurdo, tremendo, drammatico."

Alex la guarda spaventato. "Quale, che non parli inglese?"

"Macché… stupido! io non ho il passaporto…"

"Io sì!" Alex sorride e lo tira fuori dalla tasca. Niki lo prende e lo apre.

"Ma questo è il tuo, con le bande magnetiche come va fatto adesso…"

Alex mette la mano nell'altra tasca. "E questo il tuo… Con le stesse bande magnetiche!"

"Ma dai… Me lo hai fatto fare!"

"In due giorni."

"E come ci sei riuscito?"

"Avevo tutti i tuoi dati, fototessera e quant'altro… E anche la tua firma, ti ricordi che ti avevo fatto firmare un foglio? Era per questo."

"Ho capito, ma in due giorni?"

"Non lo sai? Procedura speciale… Vai a fare un servizio fotografico a New York per la nuova campagna!"

"Bene! Mi piace questa cosa! E pagano tutto loro?"

"No… Eh, quello no…"

"Eh no, Alex, allora non vale. Io voglio dividere il viaggio… Eh scusa, festeggiamo come hai detto tu il nostro grande unico e personalissimo successo… E merito di tutti e due, appartiene a tutti e due e va diviso tra tutti e due…"

"Amore, ma ho scelto il top del top…"

"Cioè?"

"Se dividiamo sei mia debitrice a vita!"

"Cafone. Non dovevi dirlo quanto costava."

"Ma infatti non l'ho detto…"

"Sì, ma lo hai fatto capire."

Salgono sul pullman. Niki improvvisamente ha un'idea. "Allora facciamo così. Il nostro prossimo grande unico personalissimo successo, che da adesso in poi si chiamerà G. U.P. S… lo festeggeremo a spese mie dove dico io…!"

"Ok, sono d'accordissimo! Che bello, mi piace un sacco l'idea di andare in vacanza a Frascati!"

Niki gli dà una botta forte sulle spalle. "Ahia! E perché questo?"

"Cafone…"

"Di nuovo? Ma che ho detto?"

"Hai fatto capire…"

"Ma che cosa?"

"Che andiamo in un posto vicino e che costa poco."

"Ah, io non avevo capito!"

"Sì, bugiardo…"

Si avvicinano al bancone del check- in. "Prego" e Alex prende i passaporti, insieme ai biglietti.

"Avete dei bagagli da imbarcare?"

"Ah già… Il tuo è pieno di trucchi, devi mandarlo così per forza. Che scocciatura."

"Meglio, così viaggiamo leggeri."

"Metto anch'io la mia per solidarietà."

La hostess si affaccia e vede due piccole sacche. "Tutto qui?"

"Sì."

Fa una faccia perplessa, poi alza le spalle, ormai ne avranno viste di tutti i colori e quella in fondo è solo una piccola stranezza.

"Ecco qua i vostri biglietti. 3A e 3B. Buon viaggio."


Trentotto


Ma che giorno è? Si controlla per l'ennesima volta allo specchio. Cerca distrattamente un indizio, qualcosa sul viso, ma non vede niente. Nessun segnale. Meglio. Almeno stavolta non dovrò usare come sempre il correttore. Che fortuna. Avrò avuto qualche sbalzo, come si dice. Ma sì, un po'"di stress che ha sballato tutto. E c'ho guadagnato zero brufoli! Una volta tanto. Prova a convincersene guardandosi un'ultima volta allo specchio. Niente. La sua solita faccia solare e serena, circondata dai capelli chiari e luminosi. Mah. Va in camera e si veste per uscire. Il cellulare vibra. Un messaggino. Diletta lo prende e legge. "Passo stasera alle otto, il film inizia alle otto e quaranta! Baci cinematografici!" Che scemo. A volte è proprio un bambino. Diletta sorride e si infila le ballerine rosse lucide. Poi prende la borsa dalla mensola e il cappottino grigio chiaro. Supera il corridoio ma poi si ferma di colpo. Gira su se stessa e va in bagno. Cerca in un mobiletto. Ecco la confezione. Sfila due bustine e le mette nella tasca interna della borsa. Tante volte mi servissero proprio stasera. Non si sa mai. Chiude la porta, torna in corridoio, prende le chiavi.

"Ciao mamma, torno presto."

Dalla cucina arriva una voce smorzata dalla tv accesa. "Ma esci con Filippo?"

"Sì! Ma mi aspetta giù, non gli faccio fare quattro rampe di scale, l'ascensore è ancora rotto!"

"Ok, salutamelo e non fare tardi."

E ti pareva. Ma saranno assurdi i genitori. Le ho appena detto che torno presto e mi dice di non fare tardi. Come quando ti dicono "Stai attenta". Come se uno non lo sapesse che deve stare attento e non comportarsi da irresponsabile. Perché poi ci sono delle conseguenze. E di colpo, su quella parola, mentre la pensa, ha una fitta allo stomaco. Conseguenze. Stare attenti. Come uno strappo che lacera qualcosa. Una fitta. Ma non è il segnale che aspettava, quello naturale, di sempre. Non arriva dal basso

addome. È altro. Più diffuso. Un tonfo. Una specie di folgorazione. Diletta si ferma sulle scale. Comincia a contare freneticamente usando le dita di entrambe le mani. Come una bambina delle elementari che fa un'addizione. O meglio una sottrazione. E quando arriva al risultato spalanca gli occhi. No. Non è possibile. Rifa tutto da capo, stavolta conta più lentamente. Nulla da fare. Stesso risultato. Ci riprova una terza volta. Ma le viene in mente quella regola, "Cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia". Cavoli. E di colpo ricorda. Non vorrebbe pensarci. Però ci pensa. E ricorda. E in effetti, porca miseria, ci può anche stare. E sempre stata puntuale come un orologio svizzero, da quel che si ricorda. E guarda caso stavolta no. Non è possibile. Poi velocemente, come un investigatore che ha messo insieme tutti gli indizi e sta per comporre il puzzle finale che risolverà l'inchiesta, realizza. Se in sette anni non è mai successo una volta che qualche brufoletto non le spuntasse in faccia in quei giorni, ci sarà un perché. E quel perché somiglia troppo a una serata in particolare. Quella volta dopo il pub, quando Filippo prima di riaccompagnarla a casa, fece un giro largo in macchina per mostrarle un arco antico sull'Appia che aveva scoperto per caso e gli era piaciuto molto. E poi, parcheggiati lì al buio, dopo aver parlato e scherzato come sempre, avevano iniziato ad accarezzarsi e farsi le coccole. Di più. Sempre di più, persi nella musica che usciva dall'autoradio. Protetti dalle chiusure automatiche delle portiere eppure con il timore per il posto sconosciuto, loro sempre prudenti, sempre attenti, con tutto quel che si sente dire. E stavolta invece un po'"incoscienti, un po'"ribelli, nella passione imprevista che a volte ti prende così. E si erano lasciati andare, presi dall'amore, dal desiderio. E poi Filippo che di colpo si era accorto di non aver preso i preservativi. E si era accasciato affranto su Diletta. E lei allora, dolcemente, gli aveva detto che forse era meglio fermarsi. E lui era d'accordo. Ma poi insieme, senza riuscire a controllarsi, avevano continuato. E baci, carezze, abbracci, desiderio, passione. Occhi negli occhi. Ancora e ancora. E le stelle dal finestrino, il paesaggio, la notte. E loro uniti, vicini, insieme. E un lungo abbraccio. Loro che si erano guardati negli occhi un po'"ridendo un po'"preoccupati e quella frase di Filippo… "Sono stato attento, hai visto, amore?" No. Non ho visto, amore, perché mi sono lasciata andare e mi sono persa con te, in te. Mi fido. E anche Filippo si era fidato di se stesso. E ora? Ma non sarà mica davvero così? Diletta cerca affannosamente il cellulare nella borsa. E mentre lo fa, trova le due

bustine di assorbenti prese dall'armadietto in bagno e che spera tantissimo che le servano. Le guarda e le rimette a posto. Afferra il cellulare. Scrive al volo un sms. "Amore, non passare, ti raggiungo io al cinema…" Ma poi ci pensa. Che faccio, è già tardi. Filippo starà per arrivare. E lo cancella. No. E poi stasera c'è il film. Ci va troppo di vederlo. Questione di cuore dell'Archibugi. Stasera non ci voglio pensare. E poi magari mi sbaglio. Domani. Ci penso domani. E magari vado anche in farmacia. Magari. Poi rimette il cellulare in borsa e scende le scale, accompagnata da quel nuovo, sottile presentimento.


Trentanove


È ora di partire. Niki e Alex danno il biglietto alla hostess davanti al gate.

"Prego." Stacca il tagliando facendolo sfilare dentro una macchinetta che lo legge velocemente e lo sputa dall'altra parte. La hostess lo riconsegna ai due che entrano.

"Che bello, non ci posso credere… Un po'"ho paura" fa Niki ad Alex stringendogli la mano.

"Di cosa?"

"Dell'altezza… e della lunghezza… Quanto dura il volo?"

"Mah… Saranno nove ore circa…"

"Non mi lasciare mai…"

"Eh. E dove vado, scusa? Stiamo su un aereo!"

"Sì sì, lo so… A parte, sai, c'hanno fatto anche un film…"

"Su che?"

"Su gente scomparsa da un aereo in volo. Quello con Jodie Foster che aveva smarrito la figlia di otto anni e nessuno voleva crederle… Comunque, intendevo in generale… Non lasciarmi mai. Ti voglio sempre vicino, che mi fai sentire sicura."

E in quel momento Alex è sempre più convinto della scelta che ha fatto. Le stringe forte la mano. "Certo, tesoro…"

Arrivati all'entrata dell'aereo, Niki e Alex mostrano i biglietti a una hostess e uno steward. "Prego, sono i posti subito a destra nel secondo corridoio."

"Grazie." Superano il primo e guardano in alto, sotto la cappelliera, cercando il loro numero. "Ecco, 3A e 3B…"

Niki lo guarda sorpresa. "Ma sono dei divani! Siamo in prima classe!"

"E certo, tesoro."

Niki si avvicina al suo e vede un pacchetto di plastica con tanto di mascherina per dormire, cuscinetto e coperta. Lo apre. "La coperta è morbidissima!" Si siede al suo posto e lo prova. "Ma è fichissimo… Si possono anche stendere i piedi…"

"Già… Possiamo dormire… o anche restare svegli, tesoro…" e le sorride.

"Ma ci vedono tutti! Mica mi starai portando fino a New York per fare quello che possiamo fare ogni giorno tranquillamente nella tua stanza, amore! Vero?!"

Alex si mette a ridere. "Sei tremenda…" E quanto vorrebbe dirle la verità. Invece si siede anche lui al suo posto, sono vicino ai finestrini. Poco dopo arriva una hostess.

"Buonasera, prego… Posso offrirvi dello champagne?"

"Perché no…" Niki solleva le spalle. "Certo, tanto non devo studiare…"

Prendono i due calici e li sbattono allegramente guardandosi negli occhi, sennò il brindisi non vale. "Esprimi un desiderio."

Niki chiude gli occhi. "Fatto."

Poi lui sorride. La guarda. "Anch'io…" E rimangono un attimo in silenzio, domandandosi se hanno espresso lo stesso desiderio. Alex dovrà aspettare almeno che arrivino a New York per sapere se è proprio quello che anche lui ha in mente. Oppure no, insomma almeno fino a quando non gliel'avrà detto. Proprio in quel momento suona il cellulare di Niki. Lei guarda il display. Poi sorride, scusandosi con Alex.

"Ehm, mia mamma…" Risponde. "Sì? Pronto, mamma…"

"Ma, Niki! Quanto ti manca… Dove sei?"

"Ma mamma, te l'ho già detto… Sto partendo, torno fra tre giorni…" Alex scuote la testa e le mette davanti quattro dita. "Quattro!" Niki muove veloce la mano, come a dire: va bè, non fa niente, non importa, sennò si preoccupa. Simona sbuffa al telefono. "E dai… Il gioco è bello quando dura poco…"

"Mamma, mi vuoi ascoltare? È vero!" Simona decide di stare al gioco pensando sul serio che la figlia stia scherzando. "E come mai puoi rispondere ancora al telefono?"

"Perché ancora non siamo partiti…"

"Ah, e tra quanto…" Simona usa un tono ancora più spiritoso, "decollate?"

"Eh? Aspetta un attimo, mamma… Scusi?" Niki chiama la hostess che si avvicina. "Tra quanto partiamo?"

"Stiamo per staccarci… Anzi" fa un sorriso molto professionale, "dovrebbe gentilmente spegnere il telefonino."

"Sì, certo…" Poi avvicina il cellulare all'orecchio e riprende a parlare con Simona. "Hai sentito, mamma? Stiamo per decollare!"

"Sì, ho sentito, ma allora è vero! Ma quando me lo dici?"

"Ma come quando me lo dici, ma te l'avevo detto."

"Pensavo che scherzassi."

"E che scherzo sarebbe?"

"Ma quando torni?"

"Fra tre…" Alex le rifà segno con la mano aprendo quattro dita davanti al suo viso. "Quattro giorni…"

"Tre o quattro giorni? E che gli dico a tuo padre?"

"Che gli porto un regalo! Dai, mamma, ora devo attaccare…"

"Niki…"

"Si?"

Simona fa una pausa, un sospiro, ha un groppo in gola. "Divertiti." E lo dice con una voce diversa, sottile, quasi spezzata. E anche Niki improvvisamente si commuove.

"Mamma, non fare così sennò mi metto a piangere…" E le scende una lacrima e un po'"ride guardando Alex e un po'"si commuove. "Oh uffa… E dai!"

Simona ritrova la voce e ride anche lei, tirando su con il naso. "Hai ragione, figlia mia, divertiti!"

"Ecco, così ti voglio, mamma… Ti voglio un sacco bene."

"Anch'io." E chiude giusto in tempo, perché arriva la hostess. Passa guardando tra i sedili, controlla che non ci sia nessun tavolinetto abbassato, poi incrocia lo sguardo di Niki che sta spegnendo il cellulare. La hostess le sorride. Niki ricambia infilandolo nella tasca davanti. Anche Alex spegne il suo.

"Certo che tu e la tua mamma, eh… E pensa se partivamo per più di quattro giorni… Pensa se andassimo a vivere fuori…"

Niki lo guarda sicura. "Se io sono felice, loro sono felici. Vogliono solo vedermi sorridere…" Poi si avvicina curiosa ad Alex. "Ma è per questo che stiamo andando a New York? Ti spostano come sede? Andiamo a vivere laggiù? Dobbiamo trovare una casa per te…"

Alex si gira di botto. "Come per me? E tu?"

"Che c'entra, io devo studiare. Ho già dato qualche esame… Sto andando avanti. Che faccio a New York mentre tu lavori… Non conosco nessuno!"

"E allora mi lasceresti per questo?"

"Macché! Ormai con Internet, Skype, webcam, social network e vari, ci sono mille soluzioni per vedersi e parlarsi anche a distanza e non costa nulla… Sarebbe perfetto…"

"Ah sì… e come la mettiamo col resto?"

"Cioè?"

"L'amore… quando facciamo l'amore?"

"Madonna, ma tu sei tremendo… Pensi sempre a quello!"

"Macché! È una piccola, giustificata curiosità…"

"Lo potremmo fare ogni volta che ci vediamo, quando io verrei a trovare te o tu me."

"E certo."

Proprio in quel momento passa un'altra hostess. E molto bella e incrocia lo sguardo di Alex sostenendolo un po'"troppo a lungo. Alex se ne accorge e la fissa volutamente, poi quando lei sorride e li supera, torna a guardare Niki.

"E certo. Potrebbe essere… Io così sarei un po'"più libero…" Ripassa la hostess e Alex la ferma. "Mi scusi?"

"Sì?" Si avvicina leggera, bellissima e sorridente.

"No, ecco… Volevo sapere, se non è un problema per lei… Sì, insomma…"

Niki gli dà un'occhiata curiosa e infastidita. Alex la guarda e prende tempo, la hostess lo incalza. "Prego, mi dica…"

"Ecco, se si può avere un altro po'"di champagne…"

"Ma certo, è per voi." Poi si rivolge a Niki. "Lo vuole anche lei, signora?"

Niki risponde facendo prima un lungo respiro. "No…" E solo alla fine aggiunge: "Grazie…".

La hostess si allontana e appena scompare dalla loro vista Niki si gira e colpisce con un pugno in pancia Alex.

"Ahia! Ma sei matta? Cosa ho fatto? Ho chiesto solo una coppa di champagne…"

"Appunto…" E gli dà un altro pugno in pancia. "È come… l'hai chiesta!"

"Ma non è vero… Sei tu che ci hai letto della malizia!"

"Ah sì? Guarda che te ne do un altro più in basso cancellando le possibilità di qualunque tipo di malizia…"

"No no" fa Alex fingendosi spaventato. "Ti prego no, Niki! Anche se fossi un po'"più libero… Non avrei nessuna tentazione…"

Proprio in quel momento ritorna la hostess. "Ecco lo champagne… Sicura che non ne vuole, signora? Non è che ci ha ripensato?"

"No no, grazie, sono sicurissima." La hostess si allontana, Alex beve un po'. "Uhm… che bontà…" Niki accenna a un movimento e Alex subito si mette sulla difensiva, "… questo champagne!" E poi un sorriso e piano piano l'aereo raggiunge la pista di decollo, i motori iniziano a rombare, salgono di giri. Poi l'aereo comincia a

correre forte, più forte, ancora di più. Niki prende il braccio di Alex. Lo stringe, guarda dal finestrino proprio nel momento in cui l'aereo si stacca da terra. È un attimo. Poi qualche nuvola, le onde leggere del mare poco più sotto e un'improvvisa curva a sinistra… L'aereo si piega e va verso l'America.

Alex le sorride e le accarezza la mano. "Non aver paura, sei con me…" Niki sorride ora più tranquilla, si abbandona sul comodo sedile e ruba un po'"di champagne dal suo bicchiere, guardandolo furbetta sì, ma come un giovane guerriero che ormai ha deposto le armi e accetta sereno quella semplice resa. Poi Niki si appoggia alla sua spalla e piano piano si addormenta. Alex poco dopo le sposta con dolcezza i capelli dalla guancia, scopre quelle morbide labbra già leggermente imbronciate, quegli occhi chiusi, sereni, senza un filo di trucco, che riposano tranquilli in attesa di chissà quale sogno. E allora anche lui sorride travolto da quell'immensa tenerezza e forte, sicuro, si lascia scivolare sul suo sedile e tira un grande respiro, lungo, profondo, accompagnato dalla sensazione di aver fatto la scelta giusta. E continua a tenere la mano poggiata sulle gambe di Niki, come a sentirla sempre lì, vicina, come un gesto di proprietà, di sicurezza, che lei non possa scappar via. Alex sorride. Che poi dove potrebbe andare… su un aereo. Ma la consapevolezza di averla accanto gli fa venire in mente un'altra cosa. Ma come ho fatto a non pensarci prima?


Quaranta


Poco più tardi. Un rumore. Un improvviso vuoto d'aria. Niki sobbalza, si sveglia, si guarda intorno impaurita, disorientata.

"Shhh… Eccomi, sono qua." Alex l'accarezza dalla gamba fin sulla pancia. "Sono qui, è tutto a posto."

"Ma dove siamo?"

"Credo sopra la Spagna, ho controllato prima. Ti sei persa il film, The Hangover, carino, una commedia di Todd Phillips ambientata a Las Vegas, parla di tre testimoni che perdono l'amico che si deve sposare…" Sul monitor davanti ad Alex scorrono le immagini dei titoli di coda. "Però se vuoi lo rivediamo a Roma quando esce, oppure adesso che arriviamo a New York!"

"Sciocco…" Poi si guarda in giro. "La tua hostess non è più passata?"

Alex è preoccupato. "No… Assolutamente. Sul serio…"

"Peccato. Ho sete. Vorrei un po'"d'acqua."

"Spingi qui. E arriva subito…" Alex si sporge dalla sua parte e schiaccia un tasto sul bracciolo. Sopra di loro si accende una piccola lucina. Niki lo guarda storcendo la bocca. "Uhm… Sei troppo esperto!"

"Ma Niki, è su tutti gli aerei da sempre, anche quelli di linea… E un po'"ho viaggiato."

"Lo so… Ma non mi piaci!"

"Ma dai!"

"Il pensiero che tu potessi essere un po'"più libero l'hai preso con estrema felicità, troppa… E sì che non stiamo sempre insieme."

"Appunto…"

"E se già così vuoi la libertà, pensa se fossimo…"

Proprio in quel momento arriva una hostess. Ma non è la stessa di prima. "Mi avete chiamato?" Alex e Niki si guardano e scoppiano a ridere.

"Sì… Ci scusi…" Niki torna seria. "Posso avere, per favore, un po'"d'acqua?"

"Certo, gliela porto subito."

"Grazie."

"Vedi…" Alex la guarda sorridendo, "il pericolo è passato."

"Ma figurati! Non avevo paura neanche di quell'altra, che ti credi! Sei tu che ci rimetti…" Alex decide di incassare il colpo.

"Sì… Ma che stavi dicendo?"

"Io? Niente…" Niki fa la vaga. "Non mi ricordo. Comunque sai cosa mi piacerebbe un sacco? Leggere."

"Sul serio? Anche a me adesso!"

"Ma io non ho portato un libro…" Alex sorride e prende il suo zaino da sotto la poltrona. "Ci ho pensato io…" E tira fuori un grosso libro. È di Stieg Larsson. Niki lo guarda. "Uomini che odiano le donne? Ma che è, un messaggio?"

"Macché… È un bellissimo thriller di uno scrittore svedese che purtroppo non c'è più ma sta avendo un incredibile successo in tutto il mondo…"

Niki se lo rigira tra le mani. "Ma è enorme questo libro… Non so quando lo finisco!"

"Lo leggiamo insieme."

"E come? Scusa, hai detto che è un thriller! Che facciamo, lo dividiamo a metà, io leggo la prima parte, tu l'altra e poi ce lo raccontiamo?"

Alex sorride e infila di nuovo la mano nello zaino. "Ne ho due." E tira fuori un'altra copia dello stesso libro. "Ma dai! È bellissimo così!" E Niki lo guarda con gli occhi lucidi, innamorati. E che bello. Troppo bello. Nessuno mai aveva fatto una cosa così. E ha quasi paura della sua felicità. E cominciano a leggere, curiosi, divertiti, poi presi, appassionati, rapiti. E vanno avanti così per un bel po'"mentre superano il Portogallo e poi si trovano sull'Atlantico. E quell'aereo leggero, silenzioso, continua il suo viaggio.

Alex a un certo punto si sporge verso di lei per guardare il numero della pagina. Venticinque. "Sei indietro…"

"Non è vero… Fai vedere" e controlla la sua. Quaranta. "Ma non ci credo. Tu salti le pagine, lo fai apposta, dopo ti interrogo… Anzi ti interrogo adesso. Come si chiama il periodico dove lavora…"

""Millennium"."

"Va bè, quello non vale, c'è scritto anche nella trama…" e continuano così, interrogandosi a vicenda, facendo supposizioni su quello che accadrà.

"Ma non è strana la storia dei due, lei sposata con un altro che ogni tanto dorme da lui…"

"Ma non è vero!"

"Ma sì, lo dice all'inizio, vedi che hai saltato le pagine!"

"Ah già, è vero…" ride Alex.

"Non fare finta, non lo sapevi sul serio… Sei un falso!"

"Ma no… l'ho letto. Hanno una storia così perché fa parte della mentalità svedese, loro sono molto più aperti… Hai capito… Sesso libero."

E Niki lo ricolpisce.

"Ahia! Ma che ho detto, è nel libro."

"No, hai riguardato la hostess…"

"Ma solo perché stanno per servire da mangiare e ho una certa fame…" Poi si avvicina come a darle dei morsi. "Di te!"

"Cretino, guarda che mi stai facendo arrabbiare con questa hostess…"

"Ma io ho fame di te, sul serio… Ci nascondiamo in bagno?"

"Sì, come in quel film che mi hai fatto vedere, come si chiamava?"

"Ricche e famose."

"Sì, è quello che sull'aereo lui fa finta che ha perso la moglie per convincere quell'attrice bella… Com'era il nome?"

"Jacqueline Bisset."

"Esatto… a stare con lui e poi, mentre lei va in bagno, lui ci si infila e stanno insieme… Solo che quando sbarcano Jacqueline Bis- set vede che a prenderlo arriva la moglie, che è viva, con tanto di figli!"

"Eh sì, quei tipi così ricorrono a ogni stratagemma, anche alla commiserazione, pur di rimorchiare… Ma non è certo il nostro caso. Mi infilo in bagno?"

"Ehi, ma che t'è preso? È l'aereo che ti fa questo effetto? Non ti ci manderò mai più da solo… E comunque lo sai che un attore famoso è stato beccato mentre lo faceva con una hostess…"

"Certo. Ci volevano fare anche una pubblicità! Era una hostess australiana della Qantas e lui è Ralph Fiennes, quello che ha fatto Il paziente inglese… Solo che questa volta… È stato un impaziente americano!"

E continuano così, ridendo, chiacchierando, leggendo, prendendosi in giro. Arriva la cena e bevono un altro po', assaggiano la crêpe, mangiano un filetto, Alex le passa il dolce che non mangia, lei il pezzo di formaggio che ha lasciato.

"Vuoi sentirla questa? Ho preso la doppia cuffia anche per l'i- Pod." E ascoltano insieme un po'"di mix. James Blunt, Rihanna,

Annie Lennox. E questa volta è Alex ad addormentarsi. Passa una hostess, gli leva il vassoio. Allora Niki chiude il tavolinetto, lentamente lo piega, lo infila nel grande bracciolo laterale e lo richiude. Poi vede qualche briciola sul suo golf. Allora, leggera come una pinzetta, come in quel gioco, L'allegro chirurgo, le toglie senza quasi sfiorarlo, preoccupata che anche adesso qualche cosa possa suonare. E dopo passa la mano leggera sul suo braccio, una carezza che lo accompagni in chissà quale sogno.


Quarantuno


Niki si affaccia al finestrino. Il bizzarro gioco dei fusi orari le ha fatto perdere il senso del tempo. C'è una strana alba ora, lontana, al limite della vista. E come una specie di linea che segue l'orizzonte, di un arancione intenso, forte, che segna l'inizio di chissà quale importante giorno. E in un attimo Niki si ritrova a percorrere la loro storia. Come se le immagini passassero leggere tra le nuvole… Un lungometraggio proiettato solo per lei, unica spettatrice di una sala volante. Non ci posso credere… Il nostro primo incontro, o meglio scontro, con il motorino, e poi quel giorno stesso l'interrogazione in italiano andata bene, cioè io non avevo mai preso un voto così in italiano; già da quello dovevo capire che portafortuna è, uno così una donna se lo deve tenere stretto. E poi i suoi amici, le mie amiche, un mondo così diverso, lontano anni luce e non certo per l'età… Ma alla fine era come quella storia degli opposti che si attraggono, sembravamo perfetti… Niki lo guarda. Alex dorme ancora. Siamo perfetti. Sorride e sbircia di nuovo fuori. Un'ala dell'aereo taglia una nuvola, l'attraversa, la ferisce, e lei, morbida, si lascia oltrepassare e rimane così, sospesa nel vuoto di quell'infinito spazio. E Niki riprende il suo film. La prima volta, bellissima, a casa sua, con quel profumo di gelsomini, e le altre volte, forse ancora più belle. Mangiare giapponese in quel modo, ride quasi tra sé coprendosi la bocca, forse in tema con quel costume orientale che aveva indossato e poi tolto, con tutto quel che ne era seguito… E poi la sorpresa di quelle foto in camera, la campagna LaLuna, trovarsi appesa per tutta Roma… Poi Niki diventa più seria, un altro ricordo. Più difficile, più doloroso, che rimane ancora lì, in quella penombra. Quel giorno. Quelle parole. "C'è troppa differenza di età, Niki." E in realtà la ragione era un'altra. C'era di nuovo lei. Elena era tornata. Niki si gira verso di lui. Alex dorme beato, tranquillo, un angioletto. Eppure non le aveva detto la verità, non aveva raccontato come stavano veramente le cose. L'aveva fatta sentire all'improvviso insicura, non

all'altezza di quel sogno che per lei era diventato realtà. E i giorni successivi. Studiare per l'esame di maturità ma non riuscire a staccare davvero la spina. Alex. La sua niente che tornava di continuo a lui, come una calamita, come un video in loop, un disco rigato quando la testina salta e ricomincia dallo stesso punto. E così di nuovo, di nuovo, sempre quella stessa frase. "C'è troppa differenza di età, Niki." Poi la sua mente e il suo cuore dolorosamente congelati. Estate. Quella mitica vacanza in Grecia con Olly, Diletta ed Erica, tante risate e il disperato, inutile tentativo di non pensare a lui… Ma poi era tornata a casa e aveva trovato la sua lettera e quelle fantastiche parole…

Al mio amore.

Al mio amore che ride al mattino per un biscotto buono da tuffare nel caffellatte.

Al mio amore che guida veloce in motorino e riesce a non arrivare mai in ritardo.

Al mio amore che scherza con le amiche e sa sempre ascoltarle.

Al mio amore che c'è anche quando me ne dimentico.

Al mio amore che mi ha insegnato tanto e mi ha dimostrato cosa vuol dire "essere grandi".

Al mio amore che è l'onda più bella e forte del mare che devo ancora navigare.

Al mio amore sincero, forte come una roccia, saggio come un antico guerriero, bello come la stella più meravigliosa del cielo.

Al mio amore che ha saputo farmi capire che la felicità non arriva un giorno per caso ma è un desiderio conquistato e da difendere.

Al mio amore Niki.

Se la ricorda ancora a memoria Niki, tante volte l'ha letta, giorni, pomeriggi, sere, notti… Fino a consumarla, fino a saperne ogni passaggio, fino a piangere e poi sorridere e infine ridere di nuovo. Ritrovare in ogni riga ogni istante di quei momenti vissuti, di quella splendida favola d'amore che credeva finita e che improvvisamente vedeva risorgere dalle ceneri, riprendere vita e sorriso, sogno e speranza, entusiasmo e felicità, fino ad arrivare a quel giorno. Sì, mettere da parte ogni paura e partire tranquilla per quell'Isola Blu, l'isola degli innamorati. Lì dove Alex la stava aspettando da oltre venti giorni.

Niki si gira un'ultima volta a guardarlo. E ora siamo qui, su

quest'aereo in volo, stiamo andando a New York. Io e lui. Ancora insieme, contro ogni possibile pronostico. Che bello… Trentamila metri sopra il cielo. E rimane così, sognante a fissarlo. Con la mano poggiata sulla sua, leggera, con la paura di svegliarlo mentre l'aereo continua veloce la sua corsa e i minuti passano silenziosi, scorrendo come quei primi grattacieli sotto di loro.


Quarantadue


Pietro legge l'insegna distrattamente, mentre supera la porta. Si guarda in giro. Certo che è proprio una novità questa. Non le sono mai piaciute le palestre e ora viene a fare sport. Questa poi.

Alcuni divanetti, due distributori automatici di bibite, integratori e snack dietetici. Dietro un bancone azzurro una ragazza risicata in tuta bianca sta controllando qualcosa al computer. Pietro la vede e si avvicina subito.

"Buongiorno."

La ragazza si gira. La giacca della tuta ha la cerniera abbassata e mostra un reggiseno blu sportivo. Pietro inizia a sorridere. Però. Mica male qua dentro. "Salve, volevo sapere dove fanno Kick- boxing. A che ora, cioè."

"Vuole iscriversi? Il corso è tre volte la settimana in due diversi orari. Ecco qua…" e gli mostra un dépliant.

"No no… devo salutare una persona e credo che ora sia a lezione."

"Ah. Allora è di là, due stanze a destra da qui…" e gli indica la porta.

Pietro la guarda. "Certo che questa Kickboxing fa proprio bene, eh…" e la scruta dalla testa ai piedi. Lei sorride e poi si volta di nuovo verso il computer.

Pietro alza le spalle e si avvia in corridoio. Passa davanti a sale con attrezzi, specchi e tappetini. Ragazze e ragazzi che si allenano, musica ritmata o soft a seconda delle discipline e dei programmi. Poi arriva alla seconda stanza a destra. Un gruppo di persone in cerchio sta alzando la gamba sinistra. Al centro un ragazzo alto, dai capelli mossi e castani, muscoloso ma non molto alto, mostra il movimento che gli altri stanno imitando. Però, pensa Pietro, è proprio messo bene. Belloccio. Mmm. Poi Pietro guarda una a una le persone del cerchio. Varie ragazze giovani, quattro uomini, due donne più grandi… tre. Ecco, la riconosce. Con una fascia bianca che le tiene indietro i capelli, raccolti in una specie di crocchia. Dei

leggings leggeri neri sotto una maglietta attillata azzurra, scarpe da ginnastica e calzini bassi. Susanna sta in equilibrio sulla gamba destra, in tensione, in attesa. Di colpo l'istruttore fa "Oh!" e ributta giù la gamba sinistra scalciando quella destra. Sferra un calcio immaginario. E tutti lo imitano. Compresa Susanna.

"Tenete i talloni leggermente sollevati e quando tirate i calci colpite con la tibia, non con il collo del piede. La tibia fa molto più male per chi viene colpito. Ruotate il piede d'appoggio come se fosse la punta di un compasso e fate in modo che l'anca e la spalla della gamba che colpisce seguano la traiettoria del calcio e non vadano in opposizione…" e fa la dimostrazione per due, tre volte.

Pietro resta sulla porta. E quando l'istruttore dice al gruppo di risistemarsi in fila, entra. Alcune ragazze lo guardano e sorridono dandosi delle gomitatine a vicenda, come a dire "che vuole questo?". Anche l'istruttore si gira notando un'ombra. Susanna, che si era accucciata per sistemarsi un calzino, si rialza e lo vede. Non è possibile.

Pietro si avvicina a lei. "Ciao, amore… dobbiamo parlare…"

"Ma che vuoi qui, non è il momento, mi sto allenando…"

"Eh, lo vedo… ma che è "sta storia della boxe? Non te n'è mai fregato nulla. L'ho scoperto da tua madre. Hai lasciato da lei i bambini."

"A parte che non è boxe ma Kickboxing… e poi che male c'è se lascio i bambini a mia mamma? Mica è una serial killer… E poi per la cronaca sono tante le cose di cui prima non me ne fregava nulla e ora sì…"

L'istruttore intanto indica qual è la nuova mossa da provare prima del combattimento di allenamento. "Ci siamo? Dai, si comincia… Tutto bene lì?"

Susanna si volta e sorride. "Certo, tutto ok!" Poi di nuovo rivolta verso Pietro: "Ora vattene per favore. Non c'è altro da dire".

"Ma, Susanna, dai… vieni un attimo di là e parliamo senza tutta "sta gente intorno."

"Ti ho detto di no. Vai via. Ci dovevi pensare prima."

"Ho capito, ma almeno parlare… è da persone civili, no? Se non mi rispondi mai al telefono come devo fare, scusa?"

Intanto le altre persone si sono fermate e stanno seguendo la scena.

"Pietro, non mi sembra il caso… Se non ti rispondo è perché non ne ho voglia! Mi pare semplice da capire per un avvocato sveglio come te, no?"

"Ma se non parliamo come facciamo a chiarire?"

"Mi sembra tutto già molto chiaro! Mi hai tradita e basta! E ora mi riprendo la mia vita!"

Pietro la stringe per un braccio cercando di tirarla a sé. "Susanna…"

Non fa in tempo a finire che Susanna gli pianta un perfetto pugno in faccia e lo colpisce in pieno occhio, con una violenza assurda, stendendolo. Tutti restano senza parole. L'istruttore si avvicina correndo. Guarda Susanna e poi, preoccupato, Pietro. Lo aiuta a rialzarsi. "Tutto bene? Vuole del ghiaccio? L'occhio si sta già gonfiando…"

Pietro scuote la testa. Si tocca la faccia. Vede un po'"doppio. Cerca di nuovo di chiamare Susanna che intanto è stata allontanata da una ragazza perché si calmi. Davide, l'istruttore, sorregge Pietro. "Mi scusi eh, non mi voglio intromettere, ma non mi pare che la signora abbia tanta voglia di parlarle…"

"Ma che vuole, che ne sa lei, io la conosco, lei no, è mia moglie, non la sua, fa sempre così ma poi…"

"No, ci mancherebbe, mica mi volevo intromettere… Su… l'accompagno in infermeria, di là, mettiamo il ghiaccio, almeno non diventa enorme. E così si calma pure." Davide, sempre sorreggendo Pietro, si avvicina alla porta, si gira: "Voi continuate ad allenarvi…". Poi cerca con lo sguardo Susanna. Lei se ne accorge. Lui le fa segno con la mano di aspettarlo dopo. E poi si allontana. Susanna arrossisce leggermente. Non sa se è per la rabbia che le ha fatto Pietro o per la sorpresa di vedere Davide che per la prima volta da quando si è iscritta le ha dato attenzione. Un'attenzione particolare. Più lunga del solito. Solo per lei. Susanna si ricompone. La ragazza vicino a lei le dà una pacca sulla spalla. "Eh, certo che te la cavi coi colpi! L'hai steso! Ma davvero era tuo marito?"

"E certo, purtroppo. Gli dovevo menare molto tempo prima. Dai, scaldiamoci un po'…" e si rimette al centro della sala. "Tanto adesso torna anche Davide, no?" Inizia a fare alcuni movimenti di stretching. L'altra ragazza la raggiunge subito.

Fuori dalla palestra Pietro si divincola da Davide.

"Sicuro di stare bene?"

"No, ma in ufficio c'arrivo."

"Certo che è forte sua moglie…"

Pietro si gira di colpo e fulmina con lo sguardo Davide. "Ancora? Ma lei che ne sa, che vuole? Non la conosce. E poi in che senso è forte, scusi?"

"Vero, non la conosco… Dico solo che è forte. L'ha stesa, no?! E si allena solo da poco tempo… Promette bene."

Pietro si trattiene. Lo guarda. Decide di lasciar perdere. Anche perché quel ragazzo è messo davvero bene e non vorrebbe finire a terra per la seconda volta. "Va bè, io vado."

Davide alza le spalle e lo saluta. Poi rientra in palestra. Pietro cammina verso la macchina parcheggiata poco più in là, quasi in doppia fila e di traverso. Si avvicina e la vede. Per un attimo spera che sia una pubblicità. Ma il colore è inconfondibile. Rosa multa da pagare con sfumature divieto di sosta. Ecco. Lo sapevo. Facevo proprio meglio a starmene in studio.


Quarantatre


Stu- tump. Un rumore sordo, improvviso, i carrelli che si aprono sotto la plancia dell'aereo, le luci interne che si accendono, il comandante che parla. Alex si sveglia all'improvviso, si guarda intorno spaesato ma vede Niki sorridere e subito si tranquillizza. Si stiracchia un po'. "Uhm… Ho dormito anch'io…"

"Eh già. Un bel po'."

Si tira su, poggia la schiena più indietro, sulla poltrona. "Dove siamo?"

"Siamo quasi arrivati…"

"Ma allora ho dormito un sacco!"

Le hostess passano veloci lungo i corridoi controllando che tutto sia a posto, che i passeggeri abbiano chiuso il tavolinetto e raddrizzato il sedile. Qualcuno dà ogni tanto delle indicazioni.

"Mi scusi, dovrebbe chiuderlo. Grazie."

Alex prende il suo orologio e se lo sfila dal polso. "Dobbiamo cambiare l'ora, sono le cinque e mezza…" sposta la lancetta e se lo rinfila. Anche Niki fa lo stesso.

"Bene…" Alex sorride, "siamo in perfetto orario… Così possiamo rispettare il programma."

"Ma quale programma?"

"Oh, ho organizzato un po'"di cose… Spero che ti piaceranno!"

"Dimmi solo una cosa… È previsto un po'"di shopping? Chissà quando torneremo a New York, è un'occasione che non mi posso perdere!"

"Tutto domani mattina visita guidata e di pomeriggio shopping! Gap, Brooks Brothers… dove vorrei prendere le camicie bot- ton- down, poi ti voglio portare da Macy's che è un posto fantastico per gli acquisti, Century 21, Bloomigdale's…"

"Stupendo, passiamo anche da Sephora? Hanno tutti i tipi di trucchi."

"Ma c'è anche a Roma a via del Corso…"

"Veramente? Ma non l'ho visto!"

"Ha aperto da poco! Vieni fino a New York per comprare qualcosa che hai sotto casa… Ah ah!"

"Non mi prendere in giro." Niki gli salta addosso.

"Ahia, ancora!"

"E poi io mica lo sapevo che venivo a New York… Anzi dobbiamo comprare anche qualcosa da mettere se vogliamo uscire la sera. Non mi sono portata nulla… Qualche vestitino carino a casa ce lo avevo!"

Alex sorride. "Facciamo come in quel film. Tu vai in giro e scegli dei vestiti… Insomma fai Pretty Woman"

"A parte che era a Los Angeles… e poi non mi piacciono queste battute." Niki lo picchia e scherzano di nuovo.

"Ahia! Ma non volevo essere allusivo… Ahia! Basta, Niki… Praticamente mi hai menato per tutto il viaggio… Non c'è stata turbolenza, ma il "Niki ciclone"'."

Proprio in quel momento passa la hostess anche da loro. "Per favore… Allacciate le cinture" e si allontana scuotendo la testa, pensando: beati loro, stupidi, allegri, felici del loro stesso amore, che non sono su questo aereo come me per lavoro, ma per continuare a sognare. E si siede rivolta verso i passeggeri, mette anche lei la cintura intorno alla vita e poggia le mani sulle gambe, elegante e tranquilla, ormai abituata a quella routine e, soprattutto, a non avere il suo uomo accanto.

Piano piano l'aereo scende di quota e alla fine quasi sembra sfiorare il ponte di Brooklyn e i primi grattacieli, fino ad atterrare con un leggero sussulto, quasi un piccolo rimbalzo, seguito dalla potente frenata. All'interno dell'aeroplano un breve tentativo di applauso si spegne però quasi subito, mentre l'apparecchio continua a correre sulla pista accompagnato dai sospiri dei viaggiatori più apprensivi.

Alex e Niki scendono tra i primi dalla scala mobile centrale e, dopo una lunga fila per i controlli di sicurezza, si uniscono agli altri passeggeri che si apprestano veloci a raggiungere le proprie valigie che girano incustodite sul nastro.

Niki si guarda in giro. "Dobbiamo prendere un taxi…"

Alex sorride. "Credo che ci sia…" e proprio in quel momento vede il cartello che spunta tra le persone davanti all'uscita, "Alex e Niki", "… qualcuno che ci aspetta!"

"Amore… ma come mai? Non è da te… È tutto organizzato troppo bene!"

"Perché dici questo? Non hai fiducia… Tu mi sottovaluti sempre…"

Raggiungono la persona che li sta aspettando e che parla perfettamente italiano. "Tutto bene il viaggio? Sono Fred."

"Benissimo, grazie!" Alex e Niki si presentano e poi lo seguono verso l'uscita. Niki si sporge verso Alex senza farsi sentire. "Ma lo conoscevi già? Come hai fatto a trovarlo?"

"C'è un mio amico, un famoso grafico, si chiama Mouse, Topo, che si è trasferito qui da tempo. È lui che mi ha dato una mano… visto che secondo te sono un disastro!" E sorride rincuorandola.

Niki non sa ancora quante sorprese l'aspettano.

"Fermatevi qui… Vengo subito." Fred scompare e un attimo dopo torna al volante di una limousine americana.

"Wow…" Niki lo guarda alzando il sopracciglio. "Ma che succede? Mi devo preoccupare? Cosa hai combinato, Alex? Di cosa ti devi scusare?"

"Ma di niente…" Le apre lo sportello prima che scenda Fred. "Non hai ancora capito com'è andata bene la campagna LaLuna…"

Niki sale. "Ma sono passati quasi due anni…"

"Da qui il nuovo detto… meglio festeggiare tardi che mai!" E fa il giro della macchina dove trova lo sportello aperto da Fred, che subito torna al posto di guida. "Vi porto in albergo?"

"Certo…"

Fred guida sicuro tra le strade newyorchesi. Niki è attaccata al finestrino. Come rapita. E la città passa sotto i suoi occhi e rimane in silenzio a guardare quel film, il suo film. E dopo non so quanto è come se si risvegliasse. "Non ci credo… È pazzesco… È troppo bello…"

"Sì… E poi ti sembra di conoscere ogni angolo di questa città."

Niki si gira e gli sorride. "No, molto di più… Ti sembra di stare in un film… Il nostro…" e stavolta non lo picchia. Gli salta addosso e lo bacia. Niki si stacca e sorride maliziosa. "Ma sono queste le macchine dove raccontano che i vip ogni tanto fanno l'amore… Quelle con i vetri scuri, così lunghe… E spaziose?"

"Già…" Niki si avvicina di nuovo ad Alex, sensuale. E lo bacia ancora sorridendo. "Mi viene in mente quella scena di Pretty Woman…"

"Quale?"

"La prima, quando lei guarda la tv e ride su un vecchio film comico in bianco e nero… E un po'"si occupa di lui…" E comincia ad aprirgli la camicia. Alex si distende indietro, poggia la testa, Niki ne sbottona altri due.

Alex sorride. "Niki…?"

"Sì?"

Alex rialza la testa e allarga le braccia. "Sarebbe bellissimo, ma…"

"Ma?"

"Siamo arrivati."

Niki guarda fuori. Solo in quel momento se ne accorge. È vero. Scendono veloci dalla macchina davanti all'albergo. Sono in Park Avenue. Il Waldorf- Astoria si staglia in tutta la sua altezza. Niki gira su se stessa guardando in alto. Il grattacielo le fa quasi venire le vertigini. Ma è bellissimo…

"Lo riconosco! È qui che hanno girato quel film con Jennifer Lopez che fa la cameriera… che s'innamora del politico bello e ricco… Ma dai, sì… Com'era… Un amore a 5 stelle!"

Fred tira giù il finestrino. "Ripasso tra un'ora. Ve lo ricordate, vero?"

Alex è tranquillo. "Certo!" E prende per mano Niki entrando nell'albergo.

Niki salta davanti a lui. "Ma certo cosa? Cosa facciamo?"

Alex arriva alla reception. "Good evening, Belli and Cavalli" e consegna i passaporti. Dopo un secondo viene indicata loro la camera. "Top floor."

"Allora? Non mi hai detto cosa facciamo dopo."

Alex spinge il tasto dell'ascensore mentre Niki lo tempesta di domande.

"Ti porto a teatro… Uno spettacolo bellissimo in assenza di gravità, Fuerzabruta. All'Union Square… una compagnia teatrale argentina. Una meraviglia."

"Ma fa freddo. Non abbiamo nulla." Escono dall'ascensore e arrivano davanti alla porta della loro stanza. "Alex, mi ascolti? Io non ho un vestito, ma come faccio? Non posso venire mica così, non ci hai…" Proprio in quel momento Alex apre la porta. Sul letto due splendidi abiti neri."… pensato…" Con tanto di cappotti e biancheria intima per tutti e due.

"Amore!" Niki gli risalta addosso. "Ma sei fortissimo!" Poi va a controllare bene l'etichetta. "Ma… c'è scritto 8?"

"È la nostra 42!"

Niki sorride conquistata. "Devo rimangiarmi tutto quello che ho detto… Sei perfetto! Anzi, troppo perfetto! Sai che comincio ad avere un po'"paura?"

"Sciocca… Dai, che abbiamo poco tempo. Io vado subito a farmi una doccia."

Alex si spoglia e si infila nella cabina doccia del grande bagno in marmo color avorio. Apre l'acqua e la regola sulla temperatura ideale. Un secondo dopo la porta si apre. Si affaccia Niki, sorride e poi si infila anche lei, completamente nuda. Lo guarda maliziosa.

"Questa scena in Un amore a 5 stelle non c'era…"

Alex sorride mentre lei gli si avvicina.

"Già."

Niki gli sussurra all'orecchio: "O forse l'hanno tagliata perché era troppo hard…". E in un attimo, proprio come quell'acqua calda, scivola su tutto il suo corpo.

"Ma, amore… Il teatro… Lo spettacolo…"

"Eccolo qui…"

Alex capisce che non c'è fretta. E che forse a teatro può anche andarci qualcun altro. E si abbandona a quel gioco morbido e sensuale, delicato e spinto, mentre l'acqua cade piacevolmente sulla loro pelle.


Quarantaquattro


Più tardi escono rilassati e sorridenti dall'albergo. Fred è lì davanti che li aspetta. "Prego…" Apre la portiera facendoli salire.

"Tutto a posto, Fred?"

"Ho fatto come mi ha suggerito lei, signor Belli, ho dato i biglietti a mio figlio che è andato con la sua ragazza, mi ha telefonato poco fa. Ha detto che lo spettacolo è stato bellissimo…"

"Già… Un peccato averlo perso…" Niki e Alex si guardano sorridendo. Poi Niki fa la faccia imbronciata… "Un peccato?"

"Shhh…"

Fred sorride dallo specchietto. "Se volete li ho fatti prenotare anche per domani, ne erano rimasti due, siete stati fortunati."

"Ma…" Alex fa per intervenire ma Fred annuisce. "Stia tranquillo… Finisce perfettamente in tempo…"

"Allora va bene!"

Niki capisce che stanno tramando qualcosa e guarda Alex con occhio indagatore.

"E ora andiamo…"

"E dove?"

"A cena. Ho una fame!"

E dopo una bistecca e dell'ottimo vino italiano alla Maremma, una trattoria a Times Square, servizio impeccabile, Alex e Niki si ritrovano in un piccolo locale a SoHo.

Niki è estasiata. Si lascia portare da lui fiduciosa e curiosa, come una piccola Alice nel Paese delle Meraviglie che però non incontrerà brutte sorprese. E scopre, vede, si stupisce. SoHo, il vero paradiso dello shopping. Ne ha sempre sentito parlare, ha visto tante immagini in tv. Ecco le grandi catene commerciali, Adidas, Banana Republic, Miss Sixty, H&M, il mitico Levi's Store. E Prince Street coi suoi abiti vintage, brand glamour, boutique prestigiose, lingerie adatte per ogni situazione e bancarelle che offrono di tutto… E poi la galleria fotografica dove Alex le racconta tutto.

"Vedi quante foto… è nata nel 1971 dall'idea di un gruppo di fotografi e artisti indipendenti. Qui ogni mese ci sono delle mostre personali… E sai perché si chiama SoHo?"

"No!"

"Deriva dalle iniziali di South of Houston, perché si trova a sud di Houston Street."

E poi quel locale. Mere Bar, scritto in color bronzo su mattoncini rossi. Pazzesco. Niki e Alex entrano. Luci soffuse, musica a palla, gente che sorride, brinda, parla. Alex tiene Niki per mano e procede tra le persone.

"Ecco… lui è Mouse!" Arriva il giovane grafico. Sorride, ha un pizzetto alla D'Artagnan, un sorriso bellissimo, capelli ricci scuri, giubbotto di pelle e dei pantaloni stretti con scarpe Church's. Lui e Alex si abbracciano.

"Quanto tempo!"

"Che bello rivederti!" Rimangono così, tenendosi tra le braccia, fino a quando Alex sorride. "Grazie di tutto, eh…"

"Figurati… Ma che non me la presenti? Hai paura che si innamori perdutamente di me, eh!"

Niki sorride. In effetti quel ragazzo non è male. Mouse le dà la mano. "Allora sei tu la famigerata Niki- LaLuna…"

"Ma così sembra un nome mafioso!"

Mouse ride. "Qui ti chiamano tutti così… Sei diventata famosa nella nostra agenzia… Ehi però…" La guarda meglio e sorride ad Alex. "È meglio dal vivo, eh! E bravo il nostro Alex…"

Degli artisti in fondo al locale cominciano a suonare. E un jazz samba. Una donna bionda, con una voce bassa, canta calda, sulle note di un sax. Una chitarra sotto tiene il tempo. Alex, Niki e Mouse si siedono al loro tavolo e si perdono così, tra le note di un pezzo storico di Charlie Byrd e qualche birra perfettamente gelata.


Quarantacinque


Più tardi. Sono ancora lì. Una milonga pazzesca di chitarre riempie il locale. Una coppia in mezzo alla sala inizia la sua danza. Ballano stretti, lui tiene il braccio destro di lei in alto, all'altezza delle loro teste, lei intreccia passi impeccabili nell'incrociare quelli di lui. Un abbraccio stretto, poi frontale, il ballerino con la destra cinge la schiena della sua compagna e con la sinistra le tiene la mano. La guida. Roteano leggeri, sembra quasi facile a guardarli. Niki stringe la mano di Alex sotto il tavolo. Si sorridono. Mouse se ne accorge e scuote la testa sorridendo anche lui.

Ancora un po'"più tardi. "Noi iniziamo a sentire un po'"il fuso… Andiamo… Quant'è?"

"Ma non dirlo neanche per scherzo, siete miei ospiti."

"Bè, grazie."

Mouse si alza, lascia passare Niki, le dà la mano e la bacia. "Sono proprio felice di averti conosciuto."

"Anch'io."

Poi saluta Alex. "Ci sentiamo domani" e sporgendosi per non farsi sentire, "comunque è tutto a posto…" Alex gli dà una pacca sulla spalla. "Ok, grazie di tutto… A domani."

E spariscono in fondo al locale. Di nuovo via per le strade di SoHo, fino all'albergo.

E poi lavarsi i denti ridendo, facendo la schiuma, cercando di parlare senza farsi capire, bofonchiando contro lo spazzolino e poi sciacquarsi, asciugarsi, ricordando una scena del locale, una faccia al ristorante, un tizio vestito originale visto a un incrocio per strada. E subito infilarsi in quel letto enorme e poi notte. Notte di coccole che sanno d'avventura. Di un materasso diverso ma comodissimo. Notte di tende leggere che si muovono lente alla brezza che entra da quell'unico spiraglio lasciato aperto. Notte newyorchese. Notte di luci al neon, notte alta, notte di traffico lontano.

Passano le ore. Alex si rigira nel letto, la guarda. Dorme Niki, dorme stanca, tranquilla, serena, piena di tutte le immagini di

quella giornata inattesa. Un respiro lento, un leggero schioccare ogni tanto delle sue labbra, come una bollicina, un salto, un respiro un po'"ribelle. Chissà se sogna. E cosa. Dorme Niki, dorme perché non sa. Alex fa un respiro lungo, è stanco, vorrebbe addormentarsi anche lui ma è un po'"nervoso. Lui sa tutto perfettamente ed è quell'emozione così intensa a togliergli il sonno. Che succederà? Quanto davvero si può essere sicuri che le nostre decisioni renderanno felice anche l'altra persona? Resteremo in sintonia come adesso anche dopo che gliel'avrò detto? Avrò interpretato bene i segnali? O mi starò solo illudendo? Com'è difficile a volte la felicità. Quanti dubbi. Eppure basterebbe crederci fino in fondo, buttarsi e via, proprio come ha fatto lei con me due anni fa. Contro tutto e tutti. Anche contro i miei stupidi ripensamenti. Lei coraggiosa. Lei saggia. Lei pazzesca. Alex guarda un'ultima volta la tenda che continua a danzare contro il vetro. Si muove divertita e giocherellona, senza posa. E anche lui vorrebbe avere quella stessa semplice leggerezza.


Quarantasei


"Allora? Non siete puntuali… Non la prendo la gente così. Mi aveva assicurato Mouse… Come al solito non mi devo fidare di certa gente."

Alex e Niki sono fermi davanti all'albergo. Niki sbuffa. Claudio Teodori è un ex giornalista italiano che ormai da molti anni fa la guida. Mouse ne aveva parlato spesso ad Alex, ma non gli aveva detto che era così burbero.

"Allora? Volete salire o no?" Claudio li guarda seduto a bordo della sua Mustang rossa, antica almeno come lui. "Che vi ci vuole, l'invito scritto?"

Alex e Niki non se lo fanno ripetere due volte e salgono a bordo dell'auto. Claudio quasi non aspetta che Alex abbia chiuso il suo sportello che è già partito.

"Forza, andiamo a fare colazione."

Alex sorride cercando di fare amicizia. "Di solito siamo puntualissimi…"

Claudio lo guarda e gli fa uno strano sorrisetto. "Ecco, usano tutti questa parola: puntualissimi. Ma non esiste! Si può essere puntuali o non esserlo. Non c'è il superlativo. Non si può arrivare ancora più puntuali… se si arriva puntuali."

Alex guarda Niki e inghiottisce. Ahia, questo non l'avevo proprio immaginato. Non sarà facile. E invece, contro ogni pronostico il burbero Claudio si rivela una sorpresa. Fa scoprire loro una New York diversa, inaspettata, lontana dalle solite immagini che rimandano rotocalchi e servizi in tv. Non la città dei giri turistici, ma la New York che non ti immagini, che non conoscerai mai se non la giri in questo modo.

"Non è cattivo… è che lo disegnano così" sorride Niki.

Vagabondano lungo l'East e il West Side di Manhattan mentre Claudio racconta il tempo dei nativi, dei pirati, della costruzione del ponte di Brooklyn e degli interventi urbanistici di Robert Moses.

"Quante cose sai, Claudio… è tanto che vivi qui?" chiede Niki curiosa.

"Quanto basta per capire che i newyorchesi si dividono fra quelli nati a New York e tutti gli altri e io sarò per sempre un "tutti gli altri", non conta da quanto sto qui. Ho imparato tante cose del loro modo di vivere, che ora è anche il mio."

"Racconta…"

"Ad esempio il brunch, il pasto che si fa generalmente la domenica, a metà tra la colazione e il pranzo. Si va nei locali di domenica mattina, si chiacchiera e si legge il "New York Times". A New York ci sono decine di locali dove fare il brunch, tipo il Tavern on the Green, il Mickey Mantle's, vicini a Central Park. E poi gli happy hour che ora vanno anche da voi ma non allo stesso modo. Qui gli impiegati lavorano generalmente dalle nove della mattina fino alle cinque del pomeriggio. E la gente non è che poi va subito a casa, ma si ferma nei bar a bere qualcosa e in vari locali si offrono due drink al costo di uno…"

Claudio li guida nei quartieri nascosti, tra i mormoni, dal vecchio rigattiere a SoHo, fino a entrare nel covo di una banda cingalese nel Bronx, con tanto di bandiere della gang, foto e mutandine appese come trofei di più o meno vere e antiche conquiste.

"Per un attimo mi sono ricordato quel film, The Warriors… I guerrieri della notte…" Claudio si gira e dice serio ad Alex: "Dovrei lasciare in quel covo quelli che ritardano più di cinque minuti…". Poi sorride. "Scherzavo… Non lo farei mai. Quelli non hanno il senso dell'umorismo. Guardate là…" e indica una specie di megalavanderia dentro un grande capannone tra graffiti stinti e case popolari. "Qui nel Bronx vanno di moda i negozi- matrioska, specie ora che c'è crisi…"

"E che vuol dire?"

"Un negozio dentro l'altro per risparmiare spazio e affitti. Lì ad esempio c'è Hawa Sidibe, una parrucchiera malese che usa un angolo della lavanderia subaffittato dal titolare per il suo lavoro. Mentre gli abiti girano nei grandi oblò dell'asciugatrice, lei taglia i capelli ai clienti. Ma non solo. All'occorrenza vende anche bigiotteria, biancheria e altro. Non potrebbe permettersi un negozio fuori da qui… Così, mentre una signora porta i suoi vestiti a lavare, inganna l'attesa facendosi pettinare. Non male, eh? Succede anche a Jackson Heights nel Queens. Condividono gli affitti e ottimizzano i servizi… Alcuni negozi sono in regola, altri no…"

Alla fine Claudio li riporta nel centro di Manhattan. "Ora forza, scendete. Fine della gita e inizio del vostro shopping!"

"Arrivederci…"

"E grazie!"

Alex e Niki guardano la macchina allontanarsi. "Fiuuu… C'è andata bene…"

"Sì, abbiamo rischiato grosso."

"Secondo me un po'"ci faceva."

"E un po'"c'era! Comunque ora New York la conosciamo veramente bene. Forza, andiamo." Ed entrano da Gap e poi da Brooks Brothers e poi da Levi's.

"Non ci credo… Costano pochissimo e hanno quelli introvabili che piacciono tanto a me…"

"Prendili, amore!"

E poi da Century 21. "Ma qui hanno di tutto…"

"E di più!" E trovano le cose più diverse e incredibili, dal cappotto di velluto a costine al famoso giubbotto in pelle che qui vendono a poco, dai pantaloni di marca a quelli sconosciuti, e ogni volta che si fermano da qualche parte e controllano la loro mappa sulla Lonely Planet, c'è sempre una donna, un uomo, un ragazzo o un poliziotto americano che si ferma accanto a loro e dice "May I help you?".

Alex e Niki si guardano e poi rispondono in coro: "Yes, thanks". Ormai anche questo è diventato un gioco.


Quarantasette


Più tardi in albergo per una doccia, questa volta veramente veloce, e poi ancora in macchina con Fred per arrivare in tempo allo spettacolo Vuerzabruta.

Gli spettatori, al centro di un piccolo teatro, sono tutti in piedi, si spostano seguendo lo spettacolo. Alex e Niki abbracciati tra gli altri, stranieri tra cento stranieri, guardano in su. Un telo trasparente con l'acqua sopra, giochi di luce e donne nude e uomini che con loro si lanciano su questo strano scivolo e poi ancora uomini e donne che corrono in circolo sui lati alti del teatro, attaccati a un cavo. Ballerini e ballerine perfettamente a tempo cercano di prendersi, si rincorrono, si spingono e di nuovo si avvicinano, giochi di luce in una strana guerriglia fisica e sensuale su teli dorati e, all'ultimo, un'esplosione improvvisa con mille piccoli foglietti d'argento che cadono dall'alto, lenti, ballando su se stessi e segnando così la fine dello spettacolo.

"Allora, com'era? Aveva ragione mio figlio?" "Sì. Bellissimo… Unico. Veramente bravo questo coreografo, lo avevo letto. Non è il primo spettacolo di successo, ne hanno parlato anche in Italia…"

"Già." E continuano così fino ad arrivare a uno spiazzo. "Ecco, ci siamo. Perfettamente in orario." Niki non capisce. "Ma che succede?" Alex la prende per mano. "Dobbiamo scendere." Niki segue Alex. "Ma che c'è qui? Non vedo niente…" "Già…" Alex guarda in alto. "Perché sta arrivando." E proprio in quel momento, da dietro un grattacielo, insieme a tutto il suo rumore compare lui, un grosso elicottero nero con le grandi pale sopra e i riflessi d'argento sotto, e piano piano scende atterrando nella piazzola di fronte a loro. Il pilota apre il portello laterale facendo segno di salire. Niki si stringe forte ad Alex. "Io ho paura!"

"Amore, non ti preoccupare. È una cosa bellissima, sono americani, i migliori, lo fanno ogni giorno… Sul serio, tesoro… Non devi aver paura, non di cose così. La paura non ti permette di vivere, a volte."

Quest'ultima frase la convince e Niki si lascia portare, si siede all'interno, vicino a lui, gli stringe forte il braccio. Alex chiude il portellone ed è il segnale, l'elicottero fugge via di lato, si alza così, tra i grattacieli, e con un'abile virata è già alto nel cielo. E man mano che sale il rumore è come se si attutisse, lontano dalle mura dei grattacieli rimbomba di meno.

Niki guarda i due piloti seduti davanti a lei e piano piano si rassicura, molla la presa del braccio di Alex. "Meno male… Me lo stavi stritolando…"

Niki non risponde. Guarda giù e fa un respiro lungo. "Mamma mia… È pazzesco… Siamo altissimi… Però hai ragione. La paura a volte non ti fa vivere cose così belle…"

Alex sorride. Già pensa tra sé. Per poco la paura non mi rovinava tutto quello che ho preparato. E proprio in quel momento, come convenuto, gli arriva un messaggio sul telefonino. Lo apre, lo legge.

"Vi vedo, state arrivando, è tutto pronto. Mouse."

Allora Alex risponde velocemente. "Ok." Poi fa un bel sospiro. Non c'è più tempo. Ora o mai più. Solo ora.

"Niki…"

Si gira verso di lui felice di tutto. "Sì?"

Alex deglutisce. "Sono diverse notti che non dormo per cercare le parole adatte, per riuscire a farti capire quanto ti amo, quanto ogni tuo sorriso, ogni tuo respiro, ogni tuo minimo movimento siano la ragione della mia vita, vorrei resistere, vorrei dire che non è così, vorrei far finta di niente… Ma non è possibile…"

Alex guarda di nuovo fuori. Ormai ci sono, i tempi sono perfetti. L'Empire State Building è proprio davanti a loro. Si volta ancora verso di lei.

"Mi dispiace, ma è proprio così… non posso farci niente!"

Niki lo guarda e non capisce. "Ma di che cosa?"

Alex allarga le braccia.

"Niki, scusa…"

"Scusa?"

E in quel momento l'ultimo piano del grattacielo di fronte a loro si accende nella notte. E Niki vede comparire una grande scritta, immensa, perfettamente illuminata, come se fosse giorno. Allora Alex le sorride leggendola. "Sì, scusa ma ti voglio sposare!"

Niki rimane a bocca aperta e quando si gira lo vede lì, davanti a lei, con in mano un astuccio aperto. Un anello con un piccolo diamante sopra brilla nella notte. Alex sorride emozionato. Brilla anche lui, quasi.

"Niki?"

Niki è a bocca aperta.

Alex le sorride. "Di solito a questo punto la donna, in questo caso tu, dovrebbe dire di sì oppure no…" Niki si lancia su di lui. "Sì, sì, sì! Mille volte sì…" E rischia di far cadere tutti e due dal seggiolino.

"Aiuto!" Alex riesce a non perdere l'anello e alla fine si trova travolto sotto di lei e ride entusiasta e felice che tutto sia andato bene.

Niki piange. "Amore! Guarda… Mi hai fatto piangere di felicità! Porca miseria…" E ridono insieme mentre lui le infila l'anello e lei si asciuga il rimmel che cola.

Poco dopo l'elicottero atterra sul tetto del grattacielo e quando entrano nel ristorante dell'Empire State Building, alcune persone ai tavoli si alzano in piedi e applaudono felici. Niki è emozionata.

"Adesso lo sanno proprio tutti…"

"Sembra di sì."

Poi vengono accompagnati a un tavolo. Dal fondo del ristorante appare Mouse che solleva il pollice e chiede divertito da lontano: "Tutto bene?".

Alex alza a sua volta il pollice come a dire "tutto benissimo".

Niki se ne accorge. "Ma quello è Mouse! Troppo forte…"

"Sì, mi ha dato lui una mano. Però mi ha detto che quando qui all'Empire hanno saputo della mia idea hanno organizzato la serata vendendo i tavoli al doppio!"

"Ma dai!"

"Sì! Sono tutti a cena qui per noi… È piaciuta da morire l'idea della proposta di matrimonio in volo con l'ultimo piano del grattacielo che si accendeva. A bella!"

"E certo… A fanatico! Da vero pubblicitario… A bello…" E ridono di questo buffo inutile tentativo di essere bori. Subito arriva un cameriere che prende le loro ordinazioni, mentre un altro versa lo champagne e un perfetto violinista si avvicina, intonando per loro le note della canzone tanto amata da Niki. I Really Want You di James Blunt.

"Nooo… Non ci credo, ma è un sogno."

Alex le sorride e le prende la mano. "Tu sei il mio sogno."

"Alex… ora però che ci sposiamo devi dirlo anche ai miei genitori…"

"Pure?"

"E certo… Anzi glielo dovresti proprio chiedere…"

"Ah, certo!" Alex apre il tovagliolo e se lo mette sulle gambe.

"Ma che, devo portare anche loro in elicottero?"

"No, quello no!"

"Allora speriamo solo che dicano di sì…"

"Al massimo dopo ci parlo io…"

"Ma Niki!" E continuano così, ridendo, mangiando del pâté d'anatra accompagnato da un gelato alla menta e insalata freschissima, poi per tutti e due una bistecca medium rare con delle patate enormi e splendidamente fritte, e infine una cheesecake leggerissima… bè, non proprio, ma comunque davvero buona. E accompagnano ogni piatto con un ottimo Sassicaia consigliato dal maitre.

"Ci sarà da trovare la chiesa… E il vestito…"

"Ma lo facciamo in un posto classico? O cerchiamo qualcosa di un po'"originale?"

"Tu, Alex, che ti metti? Non sarai mica serioso, vero?" E poi ancora: "Dobbiamo decidere le bomboniere…".

"E il catering!"

"Ah sì… Io farei tutto mare… Ma se qualcuno è allergico?"

"Al pesce? Non lo invitiamo!"

"Ma dai, non è carino!"

"E i fritti?"

"Ci devono essere!"

"E un po'"di prosciutto crudo?"

"Ci deve essere!"

"E un po'"di parmigiano?"

Tutti e due insieme. "Ci deve essere!"

E così continuano a inventare, a sognare, a spaziare in ogni direzione.

"Ah sì… per la musica io vorrei una band rock… Anzi no, tutte trombe. Tutto sul jazz. Anzi sarebbe forte chiamare i Negramaro."

"Ma quando ti ci vengono!"

"E allora Gigi D'Alessio… Pensa i miei!"

"Perché, non gli piace?"

"Ma no! E che inviti a suonare al tuo matrimonio uno che si è separato!"

"Ah già…"

"Ehi… Mica è facile mettere su un matrimonio."

E continuano così, pensandole tutte e di più.

Poi finiscono di cenare e tutta la sala, vedendoli uscire, si alza in piedi e di nuovo li applaude. Alex sorride imbarazzato e alza la mano a mò di presidente.

"Cavoli… Mouse questa me la paga… E ora poi abbiamo un problema."

"Cioè?" Niki lo guarda sorpresa.

"Non possiamo deluderli!"

"Sciocco!" E dopo riprendono l'elicottero e attraversano New York, Central Park, Manhattan, fino ad atterrare proprio sul loro albergo.

"Grazie di tutto!" Sorridono e salutano i piloti prima di scendere. Poco dopo sono in camera.

"Alex, è stata una serata fantastica…" Niki si sdraia sul letto enorme.

Alex si toglie le scarpe e si butta vicino a lei. "Ti è piaciuto?"

"Sì, è stato tutto troppo bello…"

"Bè, sai una cosa? Avevo organizzato tutto da Roma, conoscevo ogni passaggio, ogni momento, eppure mentre lo vedevo realizzarsi mi sembrava che non potesse essere vero. Mi domandavo se stavo sognando…"

"Amore…" Niki si gira emozionata verso di lui. "Ma che, mi fai piangere di nuovo?"

"No… Non vorrei mai…" Alex la stringe tra le braccia. Niki si perde in un suo bacio, poi sorride. "Non avrei immaginato… Sai, fin da ragazzina ho sempre pensato a questo momento… Sentirmi chiedere: "Niki, mi vuoi sposare?". L'ho pensato in tutti i modi, i più strani, i più belli."

"Non è possibile."

"Perché?"

"Non mi conoscevi ancora."

"Sciocco…" Niki fa un lungo sospiro. "Però mi hai regalato un sogno che supera la realtà…"

Alex le sorride. Quando sei così innamorato di una persona ti sembra che nessuna parola, nessuna sorpresa possano bastare per farglielo capire. Ti amo, Niki. Ti amo d'amore e per sempre. E poi un bacio e un altro e una luce che si spegne. E i neon dei palazzi intorno e qualche nube lontana che gioca con la luna, cambiando quei fasci luminosi che a tratti illuminano la stanza, come se fossero delle volanti con i loro fari o aerei lontani… o la luce di un faro. E lentamente i vestiti che si sfilano e cadono dal letto.

"Ehi, ma queste non le avevo viste…"

"Ti piacciono?"

"Molto…"

"Le ho prese oggi di nascosto, Victoria's Secret…"

"Uhm, le voglio vedere… da vicino…"

E un sorriso nella penombra e una mano furtiva e poi un inaspettato piacere e un morso e un sospiro, una voglia infinita di continuare a sognare, facendo l'amore. E poi notte. Notte fonda e scura. Notte pesante. Notte immobile. E solida. Notte bloccata. Notte che sembra non passare mai. Alex fa un respiro lungo, sereno, tranquillo. Spogliato per metà, a pancia sotto, con le braccia che scompaiono sotto il cuscino, le spalle scoperte, leggermente avvolte dalle lenzuola che sembrano una piccola onda su una lunga spiaggia. E dorme. Profondamente. Un pallido raggio di luna disegna i contorni del suo riposo.

Poco più in là il cuscino di Niki, vuoto. E tutta la camera è come immobile, sospesa. Una grande poltrona con sopra qualche vestito abbandonato, un tavolo con pochi oggetti appoggiati, una lampada spenta, più su un quadro moderno dai colori accesi. Tutto in silenzio, rigorosamente in attesa. Poco più in là, nel bagno chiuso, dietro la porta, come nascosta, appoggiata al lavandino per non cadere, Niki.

Un respiro affannato, fuori tempo, la fronte appena imperlata di sudore. Una strana morsa allo stomaco in quella notte perfetta con i secondi che scorrono. Non ci credo, Niki, che ti succede? Ma questo è panico, panico vero, paura, terrore… Cioè… Niki, hai paura di sposarti? Si guarda allo specchio, si lava per la quarta volta la faccia, si asciuga con il grosso asciugamano bianco sotto il lavandino e si perde quasi tra quelle morbide pieghe cicciotte di quel tessuto perfetto. Ora il respiro rallenta, il cuore batte più lento, recupera piano piano un po'"di fiato, un respiro più lungo, ancora uno e un altro. Ecco. Per incanto è come se guardandosi allo specchio si vedesse all'improvviso dieci anni dopo. Ha il viso tutto sudato, i capelli le scendono ribelli, ciocche sparse, disordinatamente scomposte, qualcuna è bianca! Qualche ruga attorno agli occhi, un'espressione stanca. Niki guarda meglio… Oh no. "Mamma, mamma!" Un bambino le tira il vestito. "Mamma? Mamma." Ma… Lo guarda meglio, lui è mio figlio. E poi un altro dall'altro lato. "Mamma, ho fame!" Stavolta è una bambina! E d'improvviso si sente gonfia e pesante, goffa, si guarda allo specchio e il suo viso le sembra leggermente ingrassato. Allora guarda

in giù. "Oh no!" E ha una pancia incredibile. Sono incinta, cioè, non è possibile, ne aspetto un altro. Cioè… ne ho tre! Tre, il numero perfetto! E proprio in quel momento nella cucina immaginaria entra Alex, sorridente. Ha qualche ciuffo bianco tra i capelli ma solo sulle basette e gli dona molto… E poi non è ingrassato, neanche un po'. Cavoli, non è possibile. "Ciao, amore… Ciao, bambini! Niki, io esco…"

E rimane sola nella cucina, ancora più sudata, con una pancia enorme, i bambini che urlano. I piatti da lavare sono tantissimi e sporchi, una pila incredibile che quasi ondeggia sul lavandino e sta per cadere ma si appoggia su un'altra dalla parte opposta. Le due pile si piegano e poi i piatti cadono tutti insieme dentro al lavabo e si rompono, esplodono, schizzano sugo e pasta e pezzi di cibo come una strana mitragliatrice impazzita. Niki si pulisce il viso con il grembiule bagnato. Ora è sudata e colorata di sugo, le viene da piangere. E dalla penombra arriva Susanna, la moglie di Pietro.

"Ciao! Niki, hai capito? Sto uscendo."

Susanna l'aiuta a pulirsi. "Loro fanno così… A noi i piccoli…", indica i bambini che corrono per la cucina, urlano come pazzi, si tirano i capelli, si picchiano e alla fine, tramutati in giovanissime erinni, spariscono nel buio della stanza.

"… Mentre loro se la divertono, hai capito? Fanno finta di lavorare, stanno in ufficio fino alle nove e mezza di sera… Ma stanno veramente in ufficio, poi? L'unica volta che l'ho cercato sul serio l'ho trovato con un'altra…"

E proprio in quel momento compare Camilla. "Già, e che altro fanno sennò… I cretini con la segretaria… O con la stagista, la giovane assistente… Perché ricordati…" Camilla le bussa con le dita raccolte sulla spalla, "a questo mondo ci sarà sempre una più giovane di te!" Niki alza il sopracciglio. No. Non ci posso credere, questo non è un incubo. È di più. È il nuovo Wes Craven. Uno Scream sull'amore, e che cavolo…

Camilla sorride. "È per questo che me ne sono andata! Alle Maldive e con un avvocato più giovane di me… E che, possono farlo solo loro? Allora meglio che lo faccio io prima che sia lui a fregarmi… giusto?"

Susanna sorride. "Va bè, ma lei è già così giovane! Lei con Alex ce la fa, non ha i nostri problemi…"

Camilla alza il sopracciglio. "Dici? Guarda che gli uomini sono tutti uguali, dopo qualche anno sparisce quella differenza d'età, una ragazza anche più giovane diventa una come tante… L'abitudine: il sepolcro del matrimonio. Cara Niki, aspetta di vederlo girare per casa in pigiama la domenica pomeriggio che non ti ascolta mentre non vede che partite… che non ti porta più un fiore… Si dice che il difetto viene dopo il confetto!"

Poi interviene Susanna. "E se ti porta dei fiori lo fa solo perché ti sta nascondendo qualcosa… Oppure ancora non l'ha fatto ma ci sta pensando, e allora te li porta per confonderti le idee…"

E spariscono così anche loro, nella penombra della stanza. Niki fa un respiro più lungo, da panico totale. Ma ecco comparire Cristina. "Niki, non ascoltarle, loro esagerano… È dura ma ce la si può fare! Certo, dopo qualche anno ti manca l'entusiasmo dei primi tempi, la sorpresa quando torni a casa, il viaggio organizzato all'ultimo, la passione sotto le lenzuola… Però devi andare avanti… Come un soldatino, tum, tum, e anche quando non ti va, lo so che è brutto dirlo, ti conviene fartelo andare… Purtroppo ne hanno spesso voglia, non hanno il candore come noi… Ehm… Come alcune di noi…" E scuote la testa uscendo anche lei di scena, e subito dopo arriva Flavio che la guarda, sorride, non dice nulla, alza le spalle e la segue. Niki si appoggia al lavandino. No, ragazzi. Non è possibile così, io non ce la posso fare. Io ho ancora vent'anni. Solo vent'anni… I miei splendidi vent'anni e che, già finisco così? Ma queste qua sono tristissime… Ma allora… Non me l'avevate mai detto che si finisce così, non un sorriso, non un po'"d'entusiasmo, zero felicità… Ma allora… Il matrimonio è una trappola! E proprio mentre ha quel pensiero, davanti a lei compaiono i suoi genitori, Roberto e Simona. La mamma la guarda con amore.

"E noi, Niki? Noi non ci consideri? E la nostra felicità? La bellezza di un percorso insieme, cadere e rialzarsi, amare e perdonarsi, migliorare insieme, mano nella mano sempre, anche se lontani, il nostro cuore nel cuore dell'altro."

Roberto sospira. "Sai a quante partite di calcio ho rinunciato per lei, a quante trasferte…"

Simona lo colpisce. "Ma Roberto!"

Lui le sorride. "Aspetta, fammi finire… Ma alla fine le rinunce sono servite perché un giorno sei arrivata tu e il tuo primo sorriso… E la nostra immensa felicità."

Anche Simona adesso sorride. "E poi è arrivato tuo fratello… E poi sono arrivati gli altri giorni, uno dopo l'altro, faticosi, duri, difficili, quelli che a volte ti esauriscono… Ma anche belli, forti, sani, consapevoli, giorni che scegli ogni giorno perché vuoi costruire…" Roberto prende la mano di Simona, lei si appoggia sulla sua spalla.

"E oggi siamo ancora qui… Ed è bellissimo e non finisce mai, non c'è traguardo, non c'è un vero e proprio finale, c'è solo la bellezza, se la si sa apprezzare, da cogliere in mezzo alla paura di fallire… Se vuoi, Niki, ce la puoi fare, dipende da te…"

Simona indica la porta del bagno. "E da lui…" E Niki piano piano sorride e lentamente il sudore si asciuga, i capelli le si ricompongono, quei ciuffi bianchi scompaiono. Si porta il dorso della mano sulla fronte, poi un sorriso, un ultimo sorriso, verso i suoi genitori. Simona e Roberto la guardano con amore e poi lentamente anche loro scompaiono nel buio in fondo alla stanza che è come si sgonfiasse, si ricomponesse, diventasse di nuovo bagno e basta.

Niki apre piano la porta, attraversa la stanza, alza le lenzuola e ci si infila dentro, scivola vicino ad Alex, piano piano si incastra tra le sue gambe, in quel tranquillo tepore. E poggia in fondo il piede contro il suo per sentirlo vicino, come per rassicurarsi. E improvvisamente si sente meglio. Sì, ce la posso fare, quasi bisbiglia tra sé, mentre Alex si muove un po', spinge di più una mano sotto il cuscino e continua a dormire. Niki chiude gli occhi. Ecco, ora posso dormire. Ma sì, mi sono fatta solo troppi stupidi pensieri. E non sa invece che a volte, quando una paura non si affronta, non si risolve del tutto, rimane sempre lì, in agguato, come una pantera nera nascosta nell'erba alta, nella confusione di ogni giorno, pronta a spiccare il salto e comparire all'improvviso con la sua violenta zampata… non lasciando più scampo neanche alla fuga.


Quarantotto


Italia. Roma. Via Panisperna.

Seduta sul grande divano in stoffa blu, Ingrid sta guardando il dvd di Mostri contro alieni affascinata dalle immagini colorate in movimento. Accanto a lei, da un lato Anna e dall'altro Enrico le fanno compagnia. La bambina si getta su Anna e l'abbraccia forte. Lei ricambia e restano per un po'"così. Enrico le guarda. Sì, stanno davvero bene insieme. Poi si accorge che sono le sette.

"Ehi, Anna, che dici, ci prepariamo qualcosa, così la bimba mangia e ceni anche tu? Puoi salire dopo, no?"

La ragazza guarda l'orologio. E fa un piccolo sbuffo.

"Bè, se non puoi non importa…" le dice Enrico.

"No, non è quello… notavo solo che qui il tempo mi vola… ci sto giornate intere e mi sembrano cinque minuti! Ok, sì, facciamo un po'"di pasta con le zucchine, ti va? Mi viene buona. Ci sono, perché stamani io e Ingrid siamo andate a fare la spesa, vero principessa?" la pizzica piano sul braccio morbido e rotondo e la bimba ride subito.

"Ottimo! Mi piace la pasta con le zucchine."

E si mettono a preparare. Anna lava e taglia le zucchine in piccole striscioline. Enrico prende una padella antiaderente, ci mette un filo d'olio e lo riscalda sul piano di cottura in vetroceramica, insieme a un po'"di scalogno. Dopo qualche istante Anna ci mette le zucchine e le gira con un mestolo in legno. E scherzano, ridono, si fanno i dispetti mentre Ingrid sul seggiolone li guarda e partecipa a modo suo, spostando alcune cose sulla tavola apparecchiata.

"È divertente cucinare con te!" dice Anna mettendo il coperchio sulla pentola con l'acqua perché arrivi prima a bollire.

"Sì! Che pasta mettiamo?"

"Quella all'uovo, ce l'hai lì, in dispensa."

"Ah…" e sorride. Ne sa più di me di casa mia. Si è ambientata. E prova un improvviso piacere a pensarlo.

Dopo un po'"sono tutti a tavola. Insieme. E mangiano di gusto

quella pasta buonissima, leggermente al dente e spolverata con prezzemolo tritato e parmigiano. Ingrid col cucchiaio finisce il suo omogeneizzato. Anche lei è serena. E poi tanta buona frutta fresca. E infine il caffè. Quindi Anna porta Ingrid nella sua stanza perché le è venuto sonno. E torna in cucina. Enrico si è messo il grembiule e i guanti di gomma.

"Ecco, dato che hai cucinato tu, io lavo e tu asciughi!"

"Sì, in effetti la lavastoviglie è vuota e questi sono pochi piatti. Meglio a mano. Oppure li lasci, li metti dentro ora e aspettiamo domani sera ad accenderla, quando è piena. Sai, è importante non sprecare acqua ed energia. Io sto molto attenta a queste cose."

Enrico sorride. "Ok ok, capo! Divento ecologico anch'io!"

"E fai bene! Il pianeta ti ringrazierà! E ti comunico che domani compro le nuove lampadine a basso consumo e te le sostituisco. Costano un po'"di più ma durano tanto e ti fanno risparmiare."

"Ok, grazie. Ti lascio i soldi sul tavolo."

"No, me li ridai poi quando ho fatto! Dai, iniziamo! E poca acqua e detersivo, eh, non ne serve un secchio!"

Cominciano a lavare piatti, bicchieri, padella, pentola e tutte le altre cose che hanno usato. Enrico lava, Anna asciuga. Un perfetto sincronismo. E nel mentre ridono ancora, si raccontano episodi vari, ricordi di campeggio, di vita da soli. E poi mentre le porge una scodella, "Sai, Anna…".

"Sì?"

"Non so come dirtelo…"

"Cosa?" lei lo guarda incuriosita perché Enrico di colpo ha fatto la faccia seria.

"Un po'"mi vergogno, ma devo ammettere una cosa…"

"Quale?"

"Non è facile da dire, ma quando sto con te…"

Anna smette di asciugare il piatto e lo guarda.

"Sì, insomma, quando sto con te, e per la prima volta dopo tanto tempo, non penso solo a Ingrid…"

Anna lo guarda e poi sorride di un sorriso dolcissimo, un po'"imbarazzato. Poi per allentare quella piccola tensione che si è creata, prende la pentola e la rimette al suo posto. Enrico la guarda per un attimo. E vorrebbe dirle di più. Raccontarle quel suo nuovo stato d'animo. Quella leggerezza che è tornato a provare dopo tanto tempo. Quel suo ricordarsi nuovamente di esistere. E anche che lei è bella, sì. E dolce. E sta troppo bene in sua compagnia. Ma quando Anna sta per girarsi e lui per parlare, Enrico non ce la fa

e abbassa subito la testa. Torna a lavare un piatto che gli è rimasto in mano cercando di dissimulare. Uno di quei momenti che sembrano essere sul punto di esplodere e poi di colpo, senza una ragione apparente, si spengono. E non tornano. Anna gli si rimette accanto. Aspetta qualcosa. Non solo un altro piatto da asciugare. Una frase. Una parola. Forse ci spera. Anche lei si sente strana, come scoperta. Per qualche istante restano entrambi in silenzio. E il filo si spezza.

"Sì… nel senso che ho passato giorni a preoccuparmi della bambina, di come fare con lei, di darle il meglio per non farle sentire la mancanza della madre… e mi sono annullato. Andavo al lavoro, passavo da mia madre a lasciarle Ingrid, poi tornavo a riprenderla e venivo qui. Ogni giorno in questo modo. Ogni sera così. Non c'era più calciotto, non c'erano più serate con Alex, Flavio e Pietro. Niente… e invece ora, grazie a te, riesco di nuovo a rilassarmi, a pensare che ho anche una vita fuori da qui, degli amici. Insomma, se non fosse stato per il tuo aiuto, mi sarei perso. Sei una collaboratrice preziosa. Se qualche mio amico avrà bisogno di una babysitter ti segnalerò senz'altro!" e continua a passare stoviglie ad Anna.

Lei non lo guarda. Abbozza solo un sorriso. Amaro. Distante. Forse deluso. Poi apre lo sportello di un mobile e ripone un pentolino. Sì, è proprio così. Ci sono istanti in cui tutto sembra possibile e tutto può cambiare. In cui tutto è a portata di mano. Facile e bello. E poi di colpo un dubbio, la paura di sbagliare e di non aver capito bene quello che il cuore sente davvero. E puff. Niente. Una promessa mancata.


Quarantanove


Diletta finisce di preparare la tavola. Poi va in cucina e controlla il forno. Bene. La cottura procede. E l'acqua per la pasta sta per bollire. Guarda l'orologio. Le otto. Ci siamo. Dopo qualche minuto appena suona il citofono. Va ad aprire.

"Sono io, amore!"

Diletta apre e lascia il portoncino socchiuso. Filippo arriva un po'"affaticato dai quattro piani di scale appena fatti.

"Sono puntuale, amore? Stavolta hai visto che non sono in ritardo!"

Diletta sorride. Ora più che mai quella parola ha assunto un significato particolare. Ritardo. No, amore, tu non sei in ritardo, gli vorrebbe dire… ma io sì!

"Ma quando lo aggiustano l'ascensore?" e la bacia dolcemente sulle labbra. "Tieni!" e le dà una bottiglia di vino bianco appena comprato. "Lo mettiamo un po'"in frigo?"

Diletta sorride di nuovo. "Sì! Guarda che ti fa bene fare un po'"di scale… Specie se poi mangi da me! Lo sai, qua solo porzioni abbondanti!"

E finalmente la cena. Una di quelle improvvisate, un po'"rubate, cercando la casa libera, aspettando con pazienza. Una cena da fare tranquilli, senza uscire, perché certe cose hanno bisogno di intimità. Un buon antipasto di gamberetti in salsa rosa e pane tostato. Un primo leggero a base di orata e verdure e infine sarde gratinate con pan grattato in forno. Ridono, parlano, scherzano, un po'"di tutto e niente.

"Ma i tuoi a che ora tornano?"

"Mah, a teatro finiranno per mezzanotte. Poi devono tornare. Non è vicino. Che ne so, mezzanotte e mezza penso…"

"Bene! Allora possiamo anche mangiarci il dolce, con calma…" e le sorride malizioso. Diletta prende la bottiglia di vino e ne versa due dita a entrambi. Poi alza il bicchiere. "Brindiamo?"

"Certo! A cosa?"

"Alle sorprese che cambiano la vita."

Filippo solleva a sua volta il bicchiere. "Sì!" e si guardano negli occhi facendo suonare il vetro nell'aria.

Poi Diletta si alza. "Aspettami…" e va di là. Torna dopo qualche istante con un sacchettino di plastica. Toglie la scatola che c'è dentro e la tiene tra le mani.

"Cos'è, amore?"

"La sorpresa che cambia la vita."

"Ma come, perché… cioè, che succede?"

"Succede che sono in ritardo…"

Filippo la guarda e non capisce. Poi si allunga sulla tavola e prende la scatola. Legge l'intestazione. Spalanca gli occhi.

Diletta gli sorride cercando di non drammatizzare. "Sì. Lo facciamo insieme? Guarda che ho paura anch'io…" e fa il giro del tavolo e si avvicina a lui. Gli dà un bacio. Lo prende per mano. Filippo si muove quasi come un automa. La guarda. Guarda la scatola. Si lascia portare di là. Diletta apre la porta del bagno, prende la scatola dalle mani di lui.

"Aspettami…" ed entra.

Filippo resta in corridoio ancora imbambolato. Cioè, non ci credo. E ora? Ma veramente? No… è un sogno. E comunque non è detto. Ma se fosse? Che faccio? Anzi, che facciamo? E si mette a camminare su e giù con i pugni in tasca, la testa piena di dubbi e un certo batticuore.

Diletta apre la scatola, prende uno dei due test che ha acquistato nel pomeriggio al supermercato, vergognandosi un po'. Ha provato anche ad andare in farmacia ma poi non ce l'ha fatta. Si è immaginata davanti alla signorina, chiederle il test, lei che l'avrebbe guardata, avrebbe fatto una serie di valutazioni sulla sua età e magari qualcuno alle sue spalle avrebbe sentito, giudicato, pensato… No, non ce l'ha fatta. Si è ricordata di averli visti anche al centro commerciale, nel reparto cerotti, disinfettanti e garze. Ed è andata lì. E quando è arrivata alla cassa ha cercato di nascondere la scatola sotto qualche confezione di merendine, crackers e una di yogurt, cose comprate senza necessità, forse solo per consolazione o per mascherare quell'acquisto così insolito appoggiato sul nastro trasportatore nero. Poi ha messo tutto velocemente nella busta ed è scappata, come una ladra che non è stata colta sul fatto, come qualcuno che ha un segreto da nascondere. E via a casa. Ha acceso il computer, ha cercato qualche buona ricetta semplice e si è messa a preparare. Ha salutato i suoi genitori, vestiti bene per andare a

una prima, e ha continuato a cucinare. Ha resistito a non farlo da sola. Ha voluto aspettare Filippo. E prima godersi quella cena solo per loro due, pensata con amore. Mangiare e pensare. Mangiare e guardare lui. Mangiare e sapere che tra poco tutto potrebbe cambiare. In un modo o nell'altro.

Diletta toglie il cellophane dallo stick del test. Guarda la fessurina bianca da cui tra poco si affaccerà una verità. Bella o brutta non si sa. Ha letto qualcosa in Internet. I test rilevano in un campione di urine la presenza dell'ormone tipico della gravidanza. L" HCG. Che nome. Dall'apposita finestrina in qualche minuto arriverà il risultato. Una linea scura. O due. Normalità. Novità. Assurdo. La tua vita di colpo cambia per via di una lineetta in più che si colora. E che novità. Certo, dicono che ci sono anche falsi positivi e falsi negativi. Ma l'attendibilità è alta. Diletta fa un sospiro e procede. Pensa anche agli altri sintomi che ha letto in Internet. Vomito, nausea, tensione al seno, variazioni dell'umore e dell'appetito. Sintomi di gravidanza. Boh. Ma io ce li ho? Difficile capire. Sono così confusa. Ecco fatto. Diletta si sistema, volta lo stick per non vedere subito, si siede sul bordo della vasca da bagno e chiama Filippo.

"Amore, vieni… guardiamo insieme."

Filippo entra con una faccia cadaverica. La guarda. "Che dice?"

"Eh, appunto. Vediamolo insieme, no?" e lo invita a sedersi accanto a lei.

Filippo si avvicina e si siede. Diletta gli prende la mano. Gliela stringe forte. Poi con l'altra volta lo stick. Un secondo. Due. Tre. Dieci secondi. Filippo e Diletta scrutano la finestrella. Poi si guardano tra loro. Stupiti. Sbalorditi. Ma ancora come sospesi. Non riescono a crederci.

Diletta continua a rigirare tra le dita lo stick. E poi di colpo sente le lacrime salirle agli occhi. Si commuove. Positivo. È incinta. Tutta la tensione nervosa di quei due giorni è come se si fosse sciolta di colpo. Filippo se ne accorge. È spaventato. L'abbraccia. La tiene vicina. Ma poi la strattona un po'. "Dai, amore, rifacciamolo."

"Mah… guarda che di solito sono sicuri…"

"Macché… rifacciamolo, Dile. Almeno ne siamo certi, no? È importante. Tanto nella scatola ce ne sono due, no?"

"Sì, ma…"

Filippo non risponde, prende la confezione, toglie l'altro stick, lo apre e glielo dà. "Tieni."

Diletta lo guarda dubbiosa. Ancora non ci crede. Ma sì, forse ha ragione lui, è meglio riprovare. E riprova. Filippo aspetta con lei. E poi di nuovo seduti sulla vasca. Uno. Due. Tre. Dieci secondi. Diletta gira lo stick. E la finestra dice la verità. Di nuovo. La stessa di prima. Due lineette. Due barrette. Due segni. Due. Che significano però uno. Una sola cosa. Un bambino.

Filippo si alza, prende la scatola dei test, cerca il foglietto delle istruzioni. Lo spiega, lo legge.

"Guarda, Filippo, che lo sappiamo già cosa vuol dire…"

"No, magari abbiamo capito male…" e legge nervosamente. Scorre le righe. No. Non è possibile. "Il risultato è positivo (gravidanza) quando accanto alla linea (o punto) di controllo ne appare un'altra. Il test va considerato positivo anche se la linea (o il punto) si presentano meno definiti e di colore meno intenso rispetto al controllo. Il valore di affidabilità dei test dichiarato dalle aziende produttrici è superiore al 99 % (paragonabile a quella di un test di laboratorio)." Filippo legge a voce bassa, quasi mangiandosi le parole. E quelle parole gli rimbombano in testa. Due lineette. Gravidanza. E quella percentuale, il 99 %. Anzi, più del 99 %. Praticamente è certo. Praticamente è la fine. E ancora. "È consigliabile confermare lo stato di gravidanza con esami di laboratorio, su richiesta del medico. È bene sospendere l'assunzione di farmaci che potrebbero essere dannosi per il feto (compresa la pillola anticoncezionale), l'assunzione di alcol e astenersi dal fumo." Poi si ferma. E gli viene quasi da ridere. Perché per un istante si attacca a quel ricordo come fosse un'ancora di salvezza. Ci naviga dentro, un po'"per consolarsi, un po'"per distrarsi. Una cosa che aveva imparato al liceo, durante un esercizio di italiano sull'etimologia delle parole. Il foglietto illustrativo dei farmaci si chiama anche bugiardino: questo nome si pensa derivi dall'abitudine con cui in Toscana, nel senese, gli anziani chiamavano la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole. Poi per estensione chiamarono così il foglietto dei medicinali. Una volta dicevano che era perché le "istruzioni per l'uso" tendevano a sottolineare solo i pregi e l'efficacia del farmaco. Dicevano insomma delle piccole bugie. Bugiardino. E per un istante Filippo ci spera. Spera che sbagli, quella sentenza. Quella mazzata. Quella novità assurda.

Filippo si risiede sulla vasca e guarda Diletta. Lei ha la mano sulla bocca, le viene ancora da piangere.

"E ora?" Filippo è sconvolto. "Che facciamo?"

"Non lo so… non me l'aspettavo…"

"Comunque lo dice anche qui. Ci si può sbagliare, ci vuole la conferma del medico. Perché magari il test è falsato, magari abbiamo fatto qualche errore, magari il test era mal conservato al supermercato, dice qui che se hai assunto dei farmaci particolari…"

Diletta guarda Filippo con aria perplessa. "Amore… io non uso farmaci."

"Va bè. Comunque si va dal medico. E presto." "Sì, domani telefono e prendo un appuntamento…" E restano così, sulla vasca, a guardare nel vuoto. Vicini. Molto vicini. Diletta gli tocca una gamba e gli appoggia la testa sulla spalla. E intanto un pensiero, quel pensiero tanto grande e insolito, prende spazio e li riempie. Ma in modo così diverso.


Cinquanta


Pietro arriva davanti al circolo. Scende e si guarda in giro. Gli otto campi da tennis in terra rossa sono tutti pieni. Poi finalmente lo vede. Suo figlio Lorenzo è lì che gioca e rimanda la palla dall'altra parte con una certa sicurezza. Carolina, la sorellina più piccola, invece è più incerta, non stringe ancora la racchetta con la giusta forza, è più morbida nel colpire, meno determinata. Pietro vede Susanna seduta sugli spalti lì vicino e la raggiunge.

"Amore…"

Susanna sta facendo un sudoku, non stacca lo sguardo dal suo tentativo di trovare il numero giusto per quella casella, e in particolare per tutta la linea, ma riconosce perfettamente quella voce. E poi, sotto sotto se l'aspettava.

"Scusa…" Si gira con un sorriso forzato ma duro, deciso, fermo. Anzi di più. Affilato. "Scusa ma non chiamarmi amore. Non ti permettere. Non più. Non ne hai più il diritto…"

"Ma, tesoro…"

Susanna lo guarda malissimo. Pietro allarga le braccia. "Tesoro non me lo hai vietato." Susanna scuote la testa scocciata e riprende a giocare a sudoku, o almeno ci prova. Pietro continua. "Ma, tesoro, mi sembra assurdo non mettere una pietra sopra a quello che è successo… È stata una scivolata."

"Una scivolata? Magari lo fosse stata sul serio… Dovevi andare lungo, fino a prendere il primo gradino che incontravi e spaccarti tutti i denti… poi volevo vedere se continuavi a fare questo sorriso ebete che ti ritrovi. Ma non ti rendi conto di quello che hai fatto? Guarda… Guarda…" Susanna smette di scrivere e gli indica il campo da tennis con Lorenzo e Carolina… E proprio in quel momento, forse un colpo fortunato, Carolina riesce a mandare perfettamente la palla dall'altra parte. Si gira verso di loro e sorride cercando il compiacimento dei genitori. Pietro continua a guardare in quella direzione ma non capisce a cosa si riferisca Susanna. Allora accenna un commento.

"Sì, giocano benino, stanno migliorando."

"Non è questo. Sono un miracolo. Sono nostri, li abbiamo fatti insieme. E sono la cosa più preziosa che ho e purtroppo l'unica che ancora mi lega a te…"

"Ma sei troppo dura, Susanna… Non è stato nulla. Non mi interessa niente di quella donna… Non è come nell'Ultimo bacio."

"Che c'entra?"

"L'ho rivisto ieri per caso, lì lui si innamora dell'altra."

"Macché! È la paura del matrimonio che gli fa credere di amarla, la voglia di restare ragazzo… Di non crescere! La stessa che ti porti dietro tu… Ma da sempre, Pietro!"

"Non dire così!"

Susanna si guarda in giro. "Non posso urlare perché sennò mi caccerebbero dal circolo e i miei figli si spaventerebbero e sicuramente Carolina piangerebbe…"

"Ma amore…"

"Te l'ho già detto, non chiamarmi così."

"Ma pensaci."

"Ci ho già pensato e sai qual è il problema? Che tu non ti rendi conto di quanto sia grave quello che hai combinato, perché lo hai sempre fatto, solo che non sei mai stato beccato. Bè, meglio tardi che mai!"

"È che sono stato sfigato. Non mi dovevo ammalare. Ho avuto la febbre. Deliravo… Lei si è presentata così… Avevo preso due aspirine. Forse c'avevo bevuto sopra del vino a pranzo… No, ecco, della Coca Cola… Lo sai che aspirina e Coca Cola mischiate diventano come una droga, sì, ha un effetto stranissimo come quello degli stupefacenti. Ecco, ero drogato! Com'è successo a Daniel Ducruet, l'ex marito di Stéphanie di Monaco, lo sai, no, l'ha detto a tutti i giornali: quando lo beccarono con quella tipa fu perché l'avevano drogato."

"E infatti lei poi non l'ha perdonato lo stesso."

"Sì, ma ci va ancora d'accordo, ha capito che l'avevano messo in mezzo… E comunque non puoi prendertela così, ero fuori di me… Ero drogato, non ero in me!"

"No! Ero drogata io quando ti ho sposato! Drogata d'amore! M'avevi rimbecillito ben bene! Poi mi hai messo incinta una volta e poi di nuovo, e così mi hai legato con due catene…" Indica i figli. "Mi hai tenuto imprigionata a casa per l'amore smisurato che provo per loro! Ma da adesso è finita… Mi sono liberata."

"Ah… Quindi non li ami più?"

"No! Non amo più te… Che sei uno stronzo! Hai capito? Sei solo uno stronzo. Chissà quante ne hai combinate, se l'unica volta che torno prima a casa, che cambia una cosa dopo dieci anni, ti becco a letto con un'altra…"

"Ma tesoro… Non può finire così." Pietro cerca di prenderle la mano, Susanna prontamente la sfila e cerca di colpirlo con la penna aperta.

"Non mi toccare! E non mi chiamare tesoro…"

Pietro la guarda con la taccia triste, dispiaciuta, ferito, cercando di farle pena. "Perdonami… Ti prego…"

Susanna si gira e lo fìssa. "Guarda che non mi impietosisci mica, non mi fai tenerezza, non me ne frega più niente, sul serio, te lo dico serenamente. È inutile. Rovineresti anche quel poco di buono che forse, dico forse, c'è stato all'inizio tra noi. Quindi te lo consiglio, evita proprio…"

"Ma è stata solo la mia insicurezza che ha portato a questo…"

Susanna lo guarda meglio. "Cioè? Spiegami un po'"quest'altra tua trovata…"

Pietro fa un lungo respiro. "Da ragazzo a diciotto anni io sono stato con una… bè, sì insomma… Sono partito per l'estate e, mentre ero via, lei è stata con un mio grande amico e poi anche con un altro dove andava sempre al mare, uno che ha incontrato alla fine dell'estate… Poco prima che io tornassi…"

"E allora?"

"E allora è questo, faccio così perché cerco di essere io quello che tradisce prima di essere tradito…"

"Senti… la sostanziale differenza è che quella era una facile e può capitare, soprattutto da ragazzi, di non saper distinguere… Ma io non sono una mignotta come quella, capito? E lo dovresti sapere. E ora mi vieni a dire che tu mi tradisci per evitare che lo faccia io per prima? Ma per chi mi hai preso? Sono una donna che si è sposata convinta, che ha voluto fare una scelta, rispettarla, e ha saputo anche fare delle rinunce ogni giorno per difendere quella scelta."

Pietro ora è curioso. "Cioè… Che vuol dire rinunciare ogni giorno?"

"Che molte persone si sono proposte, mi hanno corteggiato, mi hanno fatto ridere, hanno acceso la mia vanità di donna… Ma tutto è finito lì, capito? Che ti credi, di essere l'unico che piace? Eppure ti ho sempre rispettato. Ho rispettato il nostro matrimonio. Io."

"E chi sono questi? Chi sarebbero?"

Susanna si gira verso di lui ridendo in modo scoraggiato. "Vedi… sei proprio così, un uomo inutile! Ora è importante chi mi ha corteggiato e non che io abbia rifiutato quelle proposte…"

"Bè, certo… perché dipende chi ti ha corteggiato."

"Che vuoi dire?"

"Che se era l'elettricista o il muratore che ci ha fatto i lavori quest'estate la tua rinuncia è ridicola."

"Cioè, veramente… Tu sei ridicolo! Sono persone comunque migliori di te, e mi dispiace quasi di aver rinunciato. Pensa, potrebbe essere uno di questo circolo, uno degli avvocati che abbiamo invitato qualche volta a cena a casa… O addirittura uno dei tuoi amici… Ma ti dico solo una cosa: ora serenamente, senza dovermi nascondere come fai tu, ci ripenserò e li riprenderò in considerazione… È chiaro?"

"Ah sì… E i nostri bambini?"

"Perché, tu c'hai pensato a loro quando ti scopavi le tue donnette?"

"Che c'entra… io sono il padre."

"Ah, quindi hai l'immunità. A differenza tua io ho una coscienza da genitore. Ho già parlato con loro. Ho fatto un discorso adulto e maturo. Quello che tu ancora non sei riuscito a fare a te stesso e che invece loro hanno capito molto bene."

Pietro si guarda attorno, è spaesato, non sa più cosa fare, cosa dire. "Ti prego, Susanna, dammi un'altra possibilità…"

"Sì, te la do. Ora Lorenzo, Carolina e io andiamo a casa, gli faccio la doccia e poi usciamo. Staremo fuori tutto il giorno, andremo a mangiare da McDonald's e poi al cinema…" Pietro quasi ci spera, sorride. La guarda. Susanna continua. "Sì, voglio un giorno di libertà, del tempo per noi. Poi rientreremo a casa verso le undici massimo… o mezzanotte!"

"Sì, cara… Puoi fare tutto quello che vuoi…"

"Non hai bisogno di dirmelo tu. Ecco la tua ultima possibilità. Se per quell'ora non avrai tolto dall'armadio ogni cosa, tutto quello che per caso avrai lasciato o dimenticato, io lo brucerò."

E Pietro non riesce a dire altro che "Ma…".

Proprio in quel momento escono Lorenzo e Carolina.

"Ciao, papà…"

"Ciao…"

"Non ti baciamo perché siamo sudati."

Carolina è ancora più pura. "E poi perché hai fatto arrabbiare la mamma."

E si allontanano così, con Susanna che non si gira e prende per mano i suoi bambini. E Pietro finisce da solo quella frase. "Ma… non è giusto." In silenzio, quasi dentro di lui. Quei bambini sono anche miei. Poi d'improvviso gli viene in mente quella canzone. "Chi ci sarà dopo di te respirerà il tuo odore pensando che sia il mio…" E si ricorda di avergliela cantata a un piano bar. "Mille giorni di te e di me…"

Susanna. E la vede andar via di schiena così, come non aveva mai pensato fosse possibile… Poi si ricorda un'altra frase. "E una storia va a puttane… Sapessi andarci io…" E per un attimo si vergogna. Non se la sente di mentire anche a se stesso. Quello lo sa fare benissimo. Allora rimane così, con un vuoto dentro improvvisamente immenso. La sensazione di aver perso per sempre qualcosa, quella persona. Una certezza, una sicurezza, quell'insieme di cose che lo faceva sentire unico, al di sopra di tutto, quasi immortale. "Quell'attimo di eterno che non c'è…" E di colpo Pietro si sente ridicolo come non mai. E solo. E gli viene da piangere. Ma questa volta sul serio.


Cinquantuno


Olly corre per tutta casa cercando di mettere a posto meglio che può il suo tremendo disordine. Fa sparire la maggior parte dei vestiti lasciati per terra dentro un grosso cesto di vimini dietro la porta del bagno. Infila, lanciandoli, stivali e scarpe nell'armadio. Copre con un grande foulard d'arredo una poltrona con sotto una marea di cd e dvd sparsi. Mette altri vestiti in una seconda cesta e poi, accorgendosi che sono troppi per starci tutti, ci salta sopra con un piede. Vede soddisfatta che, con una certa fatica, ha raggiunto lo scopo desiderato.

Prende dalla busta del GS un po'"di bottiglie d'acqua e le infila nel frigo, quattro bitter nel primo ripiano, una Coca Cola grande negli scomparti laterali, e alla fine una bottiglia di Dom Pérignon bella nascosta sotto la carne nel cassetto del freezer.

Ecco fatto… Questa non credo che serva… Ma non si sa mai… E comunque ci fosse una buona notizia, è pronta! Se non la apro stasera, pensa tra sé, devo comunque tirarla fuori dal freezer, sennò esplode. Poi continua a svuotare la busta, bicchieri di plastica, piatti, fazzoletti. Un po'"di salatini buoni, pizzette, una scatoletta di Lindt. Poi prende dalla credenza tre scodelle e le riempie una per tipo. In un'altra mette delle patatine, in un'altra ancora dei pistacchi. Poi cerca di aprire la busta dei pop corn, tira con tutte e due le mani le estremità ma, splop, si apre di botto facendoli volare in aria. Olly cerca di prenderne qualcuno ma la maggior parte le finisce per terra. "Che palle! Questa non ci voleva…" Mette quelli non caduti nell'ultima ciotola e comincia a raccogliere quelli per terra con le mani. Nello stesso momento suona il citofono. Si avvicina al secchio, ci butta i pop corn raccolti, poi apre senza chiedere chi è. Prende la scopa e la paletta e raccoglie gli ultimi pop corn rimasti a terra, facendoli sparire velocemente nel secchio. Appena in tempo si dirige verso la porta. Questa volta, prima di aprire, controlla nello spioncino.

"Allora? Che succede?"

Entra Erica trafelata. "E che ne so, speravo di avere questa notizia da te." Si leva cappotto, cappello e sciarpa e li butta sul divano.

"Scusa…" fa Olly guardandola con le scarpe in mano. "Potresti metterli bene nell'armadio?"

Erica alza il sopracciglio sorpresa. "E che succede? Il lavoro ti ha dato alla testa? Invece del Diavolo veste Prada, signori, ecco a voi "la Olly rassetta casa"."

"Simpatica! Visto che mi è stato chiesto questo favore…"

"E soprattutto visto che sei l'unica ricca di famiglia che può permettersi di andare a vivere per conto suo…"

"Guarda che lavoro… E pago la metà dell'affitto…" Olly sorride a Erica. "Bè, sì, insomma, dal prossimo maggio…"

"Hai voglia allora, l'hai strizzata bene bene la mammina!"

"È lei che ha insistito…"

"Chissà perché? Voleva libera casa, forse!"

Olly la guarda male. "Ti sbagli, maliziosa che non sei altro. Mia madre non è un'assatanata come te. È stata spesso all'estero e ha detto che in tutta Europa i ragazzi vivono fuori casa dal momento che vanno all'università."

"E certo, ma quanti hanno la casa pagata da mammina? Dille che in tutta Europa gli affitti sono molto più bassi che in Italia!"

Olly decide di lasciar stare. Non può dirle che oltretutto quella casa sua madre l'ha proprio comprata. L'affitto è solo un pretesto per sentirsi ancora in qualche modo legata a lei. "Senti, invece di fare la sovversiva dammi una mano, và…"

"Che devo fare?"

"Apri la busta dei bicchieri e piattini…"

"Ok. Dove sono?"

"Dentro quell'armadietto, sopra il lavabo."

"Ah sì, eccoli." Erica li prende, apre le buste e li mette sul tavolo, poi apre i tovagliolini e con un abile movimento ci poggia sopra la mano, infine li schiaccia, fa un giro completo su se stessa, disponendoli a cerchio in mezzo al tavolo. Un attimo dopo suona di nuovo il citofono.

"Vado io." Erica corre ad aprire. "È Diletta!"

Poi apre la porta.

"Allora? Sai qualcosa?"

Diletta scuote la testa. "So solo che dovevo portare questi."

Erica guarda meglio. "Ma chi te l'ha detto?"

"Olly!"

Compare sulla porta della sua camera da letto. Si è cambiata. Erica la guarda scocciata. "Non ci credo. Le hai fatto prendere le tartine di Mondi e pure quelle di Antonini, cioè doppia crudeltà… Ora che ero riuscita a perdere un chilo, ne prendo due in mezza serata!"

Olly sorride. "A te piace Mondi, a me Antonini… Non capisco perché in una bella serata come questa, dove finalmente ci vediamo tutte e quattro con un po'"di tranquillità, ci dobbiamo negare qualcosa!"

Diletta sorride. "Giusto! Infatti per essere un po'"egoista io ho portato il gelato di San Crispino che mi piace tanto, gusti frutta e crema…"

Erica si allontana scuotendo la testa. "Va bè, vi odio, siete un orgasmo culinario…"

"Cioè?" Olly la guarda curiosa. "Questa non l'ho mai sentita."

"Che mi farei tutto quello che c'è… godendo come una pazza."

Diletta ride. "Non mi hai fatto finire… Ho portato pure le delizie di Ciuri Ciuri… Adesso sì che siamo in tema… Cannoli siciliani!"

"Non ci credo, sei una bora allusiva anche tu! E no eh, questa no…"

Suonano al citofono. Olly va a rispondere.

"Siete delle fameliche porche!"

"Pure?" Erica la guarda innocente. "Io sto sempre a dieta."

"Sì… Con il mangiare!"

"Dai dai… Apro la porta e ci sediamo tutte ad aspettarla in salotto. Dai, mettiamoci qui! Così ci trova!"

Olly, Diletta ed Erica corrono e si buttano sul divano. Olly si mette con le mani composte sulle ginocchia. "Così, mettetevi come me!"

Le altre la imitano e aspettano impazienti che la porta si apra. Ecco. Sentono arrivare l'ascensore al piano, poi i suoi passi.

"Oh oh, ci siete?" Niki entra e chiude, poi fa alcuni passi e le vede sedute composte sul divano. Olly alza il sopracciglio e parla curiosa, ma in modo molto elegante.

"Allora, vorremmo sapere il motivo di questa convocazione…"

Niki ride e scuote la testa. "Ma che, vi siete impazzite? Così non vi dico proprio un bel nulla. Anzi, sapete che faccio? Me ne vado." Fa per andare via ma in un attimo le sono tutte intorno. Olly, la più veloce, richiude la porta e mette il blocco. Diletta le leva un pacchetto dalla mano sinistra, Erica un altro dalla mano

destra e li poggiano sul tavolo. "Tu non vai da nessuna parte! Parla subito, sennò ti torturiamo!"

"Non va bene così." Niki sorride e si toglie il cappotto.

"Dai a me." Olly glielo prende gentilmente.

"Ecco, così mi piacete… Qualcuno mi può dare qualcosa da bere?"

Erica corre verso il frigo. "Certo, cosa vuoi, acqua, un bitter, una Coca Cola?"

"Coca, grazie." Niki si leva anche il cappello e la sciarpa e poco dopo si siede sul divano. In un attimo le amiche sono tutte intorno a lei, ognuna con il suo bicchiere. Olly avvicina le diverse ciotole piene di patatine, pop corn, salatini e pistacchi sul tavolo basso ai loro piedi. Niki si mette anche lei le mani sulle ginocchia e guarda le Onde tutta contenta e divertita. "Allora…"

Olly: "Aspetta aspetta… Vediamo chi indovina".

Niki ride contenta. "Ah sì, mi piace, vediamo…"

Olly stringe gli occhi fingendo di andare in trance. "Dunque, dunque. Sappiamo che sei andata fuori…"

Erica la guarda annuendo invidiosa. "Sì, quattro giorni a New York! Fichissimo…"

Diletta alza la mano. "Ci sono!"

Tutte la guardano curiose, soprattutto Niki che aspetta. "Allora, fai la campagna LaLuna in America o qualcosa del genere…"

Niki scuote la testa. "No… Tsk… Tsk…"

"Ma no, sono proprio lontana?"

"Acqua… Anzi, oceano."

Erica si butta. "Siete andati lì ad adottare un bambino!"

"Macché… e poi, scusa, perché adottarlo? E così bello farlo…"

Erica ride. "Già… E piacevole! Ma che ne so… Magari c'era qualche problema, e poi va così di moda, soprattutto in America…"

"Sì, ma li vengono ad adottare proprio qui!"

"Va bè, comunque acqua, anzi oltre oceano! Mare apertissimo…"

Diletta stringe gli occhi. "Ho capito. È una cosa brutta. Ti piace un altro!"

"Un altro?" Niki è sconvolta. "E un altro chi?"

Olly sorride. "Dai, quello dell'università… Non ci hai detto il nome."

"Si chiama Guido… Ma no, no, non ci ho proprio pensato."

Erica guarda Diletta. "E poi scusa, perché è una cosa brutta? Se ti piace un altro comunque è bello…"

Diletta la guarda sorpresa: "Ma se soffri come una pazza perché non riesci a lasciare l'altro, o almeno a fargli capire che è finito del tutto, comunque è brutto."

Erica le lancia un'occhiataccia. "Ma che, sei allusiva, parli di me e Giò?"

"Ma che, c'hai la coda di paglia?"

"Dai, dai, non litigate! Comunque non è questo. Allora, è una cosa bella. C'entra e non c'entra l'America e ora capirete perché… Va bene?" Niki si alza e apre un pacchetto. "Allora, questa è una buonissima torta rustica… E non c'entra niente…"

"Ho capito!" Olly si butta cercando di indovinare. "Apri un ristorante in America!"

"Nooo…" Niki sorride. "Acquissima!" Poi prende da una scatola un coltello grande per tagliarne una fetta. Lo scarta. È nuovo, ipertecnologico, tocchi il manico e parte una canzone: Happy Birthday, Jolly Good Fellow, Merry Christmas e la marcia nuziale. Suonano con note semplici, senza arrangiamenti, spingendo uno dei tasti.

"Siete pronte?"

Sono tutte sulle spine. "Sì! E dai, Niki! Stiamo impazzendo!"

Niki inizia a tagliare la torta rustica e spinge l'ultimo pulsante. Quello della marcia nuziale. La musica squarcia il silenzio del momento. "Ta ta ta ta… Ta ta ta ta…"

Diletta è la prima a spalancare la bocca, seguita da Olly, ultima Erica. "Ti sposi!" Quasi un grido unanime. "Oh mamma mia!"

"Oh mamma santissima!"

"No, non ci credo!"

Niki annuisce. "È vero! È vero!"

Olly beve dell'acqua ma poi grida. Diletta muove la testa come per riprendersi. Erica è ancora allibita. "Ma è troppo bello!" E in un attimo le sono addosso, la stringono, la baciano, piangono, ridono.

"Oddio, guarda il rimmel! Ti ho macchiata tutta."

"Non importa…"

"Che bello, Niki, sei felice?"

"Sì sì! Moltissimo…"

"Sono troppo contenta per te!"

"Cioè… È troppo bello… troppo!"

E piano piano riprendono posto sul divano. Si versano da bere,

ridono, ritornano lucide per cercare di capirne un po'"di più. Olly allarga le braccia per un attimo, come perplessa. "Ma con Alex, vero?"

"Cretina! Non meriti neanche una risposta!"

Olly scuote la testa. "Non è detto, nella vita non si sa mai…"

Diletta è la più curiosa, vuole sapere tutto nei minimi dettagli.

"Ma dicci, ma come te l'ha chiesto?" E Niki inizia il racconto. "Allora, sono arrivata sotto casa e c'era la limousine…"

"Ma dai, ti ha fatto una sorpresa del genere sotto casa! Una limousine!"

"E poi, quando siamo arrivati in America, ce n'era una ad aspettarci anche lì."

"Una limousine pure a New York?"

"Sì, all'aeroporto!"

"Allora sì, è giusto che te lo sposi! Dove lo trovi un altro così!"

"Cretina! Come se fossero queste le cose che contano."

"Bè, per me sono anche queste, ed è così per la maggior parte di noi, te lo assicuro… Scusa, a chi non piacerebbe uno così?"

Erica alza il sopracciglio. "Veramente a me piace anche senza limousine."

"E dai! Non vi racconto più nulla…"

"Eh! No no, ti prego… Stai zitta, Erica, se dici un'altra cosa e non ci racconta come le ha chiesto di sposarlo… ti mordo!"

Niki ride e comincia a parlare dei suoi giri e del suo sfrenato shopping da Gap, Brooks Brothers, Century 21, Macy's, Levi's, Bloomingdale's.

"E a noi non hai portato niente?"

"Sì, ho un pensiero per tutte e tre."

Olly dà una spinta a Erica. "E non la interrompere!"

"Va bè, ero curiosa…"

Niki sorride. "Allora, la seconda sera usciamo da questo bellissimo spettacolo a teatro e c'è un elicottero che ci aspetta…"

"Pure!"

"No, ma dai, non ci credo!"

"Ma è un sogno…"

"Sì, e non mi sono ancora svegliata…" E Niki racconta con gli occhi lucidi, emozionati, che ancora vivono di quell'incredibile momento. Volare su tutti quei grattacieli, poi quelle sue parole d'amore e improvvisamente tutto quell'ultimo piano che si accende. "Scusa ma ti voglio sposare…"

"Nooo." Olly, Diletta ed Erica sono emozionate quasi quanto

lei e ascoltano rapite ogni singola parola, le sfumature più dolci e delicate.

"E poi tira fuori dalla tasca questo…" Solo ora mostra bene la mano alle amiche, un anello spicca discreto ma luminoso tra le sue dita.

"Ma è bellissimo!"

"Sì. Non ci ho visto più, gli sono saltata addosso e siamo caduti tutti e due per terra e i piloti che ridevano…"

Proprio come fanno le Onde in quel momento. Poi ascoltano ancora le sue parole e ognuna ogni tanto interrompe. "Avete deciso quando? E dove?"

"Ora devi pensare al vestito."

E in realtà ognuna ha già i suoi pensieri. Ed ecco un sospiro lungo e un altro e poi un altro ancora di ognuna delle tre.

Olly si aggiusta i capelli. Certo che ha solo vent'anni… Ma non ha paura? Io avrei paura. Se avessi uno come Alex… Bè, ma è così più grande.

Il sorriso dolce di Diletta. Cioè, se me lo chiedesse Filippo io che farei? Non sono pronta! Cioè, l'ammiro… Vorrei essere pronta come lei… Ma è davvero pronta, poi? Boh… Spero proprio di sì…

E per ultima Erica che sembra quella che ascolta più interessata e invece sotto sotto la guarda ed è proprio terrorizzata. È pazza. E gli altri? Tutti gli altri uomini? Ok, Alex le ha fatto una sorpresa veramente bella, bellissima, ma poi? Poi? Che ne sai di cosa sarà dopo! Boh, io non mi sposo, ragazze…

Niki irrompe nei loro pensieri, sorride e apre un sacchetto. "Ecco, queste sono per voi!"

"Ma dai, che belle, sono stupende! Delle felpe Abercrombie, fichissime… Qui non si trovano."

Erica si poggia la sua sul petto. "Mi sta perfetta, ma è vero quello che dicono, che nel negozio di New York ci sono solo modelli strafichi ma così fichi che uno compra la felpa solo per levarsela il più presto possibile con uno a caso tra loro?"

"Erica!"

Olly apre la sua felpa, curiosa. "Ma che vuol dire questo numero uno?".

Anche Diletta nota la sua. "Io ho il due!"

Erica non poteva certo mancare. "E io il tre!"

Niki sorride. "Non è un ordine numerico… Vuol dire che voi tre… uno, due e tre, sarete le mie testimoni!"

"Che bello! Niki, siamo troppo felici per te."

E si abbracciano commosse, stupite per questo momento incredibile che stanno vivendo tutte insieme. Con paura ed emozione. Sapevano benissimo che prima o poi per una di loro questo momento sarebbe arrivato. Nessuna, però, aveva immaginato così presto. Neanche Niki.


Cinquantadue


Una serie di colpi forti e continui alla porta. Enrico si gira. Ma che è? I colpi continuano. Sembrano calci. Ma siamo pazzi? Enrico corre ad aprire.

"Ma che è? Che succede?"

Ha appena socchiuso la porta che un ragazzo alto e largo come un armadio, rasato e con una maglia nera aderente, lo spinge forte e lo fa cadere a terra, all'interno del salotto. Enrico riesce a non sbattere la testa tenendola alta, ma sbatte violentemente la schiena sul parquet. Quasi non ci crede. Non capisce che succede. Una rapina? Un'aggressione? Ma chi è questo? Poi lo guarda meglio. E lo riconosce. Ma sì, l'ha visto qualche volta salire con Anna. Il suo ragazzo. Rocco, gli pare che si chiami. Sì, Rocco.

"Ma che, sei matto? Cosa vuoi? Di là c'è mia figlia che dorme, fai piano! E comunque Anna non c'è, se è lei che cerchi!" Enrico si rialza a fatica, scuote un po'"la testa, si sente intontito.

"Che mi frega di Anna, cerco te io…" e lo spinge ancora. Stavolta Enrico finisce contro il divano. Per un istante, un solo istante, rivede la scena del film Notturno bus quando l'enorme Titti entra a casa di Franz, Valerio Mastandrea, buttando quasi giù la porta e lo spintona forte perché è arrabbiato con lui che non gli ha ancora pagato un debito di poker. E si sente proprio Franz. Perché questo somiglia proprio a Titti. "Sì, cerco te. T'ho scoperto, sai? Ho letto tutto."

"Ma tutto che? Cosa vuoi da me?"

"Non ci provare. Ho visto cosa scrive Anna sul diario!" e dà un altro cazzotto a Enrico, che finisce di nuovo giù. Rocco si gira ed esce senza dire altro. Enrico resta disteso. Completamente scosso, poi riesce di nuovo a mettere a fuoco la situazione. L'assurdo di tutta quella storia. Ma a me, veramente, Anna non ha mai detto nulla. Di una sola cosa è sicuro. Gli fa male la mascella.


Cinquantatré


Cristina continua a cucinare, assaggia la zuppa con il mestolo. No. Non va bene, è sciapa. Apre il barattolo, ci butta dentro un po'"di sale. Ne apre un altro di brodo vegetale granulare. Ne aggiunge mezzo cucchiaio. Poi piega la testa di lato, breve riflessione. Ma sì, anche un po'"di peperoncino. Vai. Lo spezza a metà e lo butta dentro. Ha la guancia poggiata contro la spalla destra, tiene così il telefonino per avere tutte e due le mani libere e continuare ad ascoltare quello sfogo. Giustificatissimo.

"Ci siamo definitivamente lasciati. È fuori casa con tutta la sua roba." Dall'altra parte Susanna fa una pausa. Poi riprende. "E sai che ti dico? Non so come mai non l'ho fatto prima. In fondo l'ho sempre saputo che c'aveva qualcun'altra; spariva, rientrava e usciva di nuovo, a volte fino a tarda notte, ogni tanto pure per il weekend. Ma dai! E quando mai ci sono affari o riunioni anche il sabato e la domenica? Solo a lui succedeva! Tutti lui ce li aveva clienti così!" Cristina assaggia di nuovo il brodo. Ora va meglio. Comunque è curiosa della storia di Susanna.

"E non ti pesa? Che ne so, i tuoi figli, per esempio, che dicono?" Cristina ascolta mentre continua a mescolare.

"Guarda, ho parlato a lungo con loro. Noi pensiamo sempre che non capiscano… Ma non è così, sono già maturissimi e responsabili. Mio figlio mi aveva vista piangere, sai cosa mi ha detto? Mamma, se tu decidi così vuol dire che è giusto. Va bene pure per noi, però ti prego, non piangere mai più. Capisci? Questo è un uomo! Vuole la mia felicità! Non come quell'invertebrato di Pietro! Guarda, più ci penso e più credo che dovevo essere proprio rincoglionita per sposarmelo!"

"Sì…" ride Cristina dall'altra parte. "Rincoglionita d'amore…"

"No! Delle cazzate che mi raccontava lui! Va bè, ora ti saluto perché devo andare a preparare…" Susanna si ferma un attimo, si è accorta di non averle chiesto nulla. Ci ripensa. "E tu come stai?"

"Bene."

"Sicura? Tutto ok?"

"Sì. Grazie."

"Va bene, sono contenta. Allora ci sentiamo domani o più tardi se vuoi, tanto io resto a casa."

"Ok, ciao."

Cristina chiude il telefono e lo posa sul bordo del lavabo. Poi lo guarda. Bene. Perché ho detto bene? Non mi andava di parlare. Non mi va di raccontare le mie cose, ascolto tutti e non ho mai il coraggio di raccontarmi. Che palle. No, non va bene. E devo riuscire a dirlo, devo ammetterlo con me stessa e con gli altri. Lo devo dire. E quasi con rabbia sbatte forte il coperchio sulla pentola, facendo uscire un piccolo schizzo di brodo che, innocente, senza sapere il perché di quella stizza improvvisa, si perde poco più in là. Cristina rimane così, come indebolita da questa sua personale, sincera confessione. Poi si lascia cadere sulla sedia, di fronte al tavolo, di fronte alla tv e, quasi senza accorgersene, prende il telecomando e accende. E come spesso accade, sembra quasi un gioco del destino. Beffardo, divertito, amaro. C'è uno psicologo sullo schermo. Uno stacco lo porta in primo piano come per dare ancora più importanza a quello che sta per dire.

"Non c'è niente da fare, a volte semplicemente non siamo capaci di parlare e il dolore aumenta. Non riuscire ad ammettere un nostro fallimento è il vero problema, e non quel fallimento in se stesso. Di qualunque tipo sia, l'incapacità di raccontarlo non ci permette di capirlo veramente, di affrontarlo, di risolverlo, analizzarlo. Siamo portati a nascondere nei modi più diversi questa nostra incapacità, tradendo, stando sempre in mezzo alle persone, ascoltando gli altri con i loro racconti, comprando compulsivamente cose di qualsiasi genere, inutili. Questo caos, questo rumore esistenziale, questo coprirsi gli occhi, tapparsi le orecchie e la mente si chiama "tentativo di fuga". Ma è difficile che lo si possa portare avanti in eterno, prima o poi si crolla. E quando questo accade, a volte basta un niente…"

E piano piano Cristina si allontana con la mente, si estranea, non sente più quelle parole, si rintana nei suoi pensieri. E allora si rivede ragazza. Su una spiaggia rincorsa da Flavio. Ridono, cadono in acqua. La prima vacanza che hanno fatto insieme, in Grecia, a Lefkada, e ancora indietro con i ricordi, una notte di quella stessa settimana. Passeggiano sul lungomare, arrivano fino alla punta dove c'è un piccolo faro dalla luce verde intermittente, e lì, nascosti nella penombra, tra scogli e anfratti, dietro un canneto mosso

da una brezza notturna, fanno l'amore. Se lo ricorda bene Cristina,

e sorride giocando con quel cucchiaio sul tavolo, quella follia, quel

desiderio improvviso, giovani e affamati d'amore, baci quasi rubati a morsi, tra quei suoni leggeri delle canne al vento, delle onde del mare, ribelli spettatrici della loro sana passione. E un altro improvviso ricordo. Il bianco della neve illuminato dal sole. Una giornata bellissima a Sappada, vicino Cortina, scendere tra la neve fresca, tenendo il tempo, piegarsi agili e veloci sulle gambe, avanti e indietro, con le punte degli sci ben in alto per non frenare. Scivolare così su quella neve soffice, superarsi, affiancarsi e alla fine, stanchi, fermarsi. Se lo ricorda come se fosse ora. Le sembra quasi di rivederlo, di assistere a un film. Un bel film d'amore. E quel bacio baciato dal sole. Le mani avide di passione che frugano nelle tute, staccarsi gli sci, rifugiarsi dietro una roccia per continuare a spogliarsi, goffi e desiderosi, vogliosi di farlo così, in mezzo a quella pista, ansimando ribelli, folli di quell'amore bello e pieno e fanciullo e bambino e sciocco e capriccioso, che non si può controllare. E poi riprendere a sciare, fino a tardi, semplicemente innamorati. Che roba, pensa Cristina rimettendo a posto il cucchiaio. Eravamo pazzeschi. D'amore irrequieti. E ora? Dove siamo finiti ora? E tristemente si vede come appannata, sposata sì, ma quasi stanca d'amore. Che tristezza. Stanca d'amore, seduta, proprio come sta lei in quell'istante davanti a uno psicologo che sembra parlare della sua bella storia ormai finita… E proprio in quel momento sente la porta che si apre.

"Amore… ci sei?" Flavio chiude la porta, posa la borsa sul tavolo all'ingresso, si leva il cappotto che butta sul divano, poi va verso la cucina. "Cri? Ma dove sei?" Entra e la trova lì, davanti ai fornelli. "Ah, eccoti… Ma non rispondevi? Guarda che ho preso… La macchinetta del caffè, quella di George Clooney!" E la posa sul tavolo. Poi apre il frigo per prendere da bere. "Volevi che te la portasse direttamente lui, eh…"

Cristina risente nella sua testa le parole dello psicologo: "Comprano compulsivamente cose soprattutto inutili… per nascondersi, per coprirsi gli occhi, per andare avanti facendo finta di niente…". E piano piano comincia a piangere, in silenzio, girata verso il muro.

"Cri? Ma non dici niente? Ti piace? Sei felice che l'ho presa?" Flavio si gira. E rimane a bocca aperta. Gli si stringe il cuore, è spaesato, spiazzato, sinceramente sorpreso. "Tesoro, ma che è successo?" Flavio le si avvicina. Quasi in punta di piedi, con il terrore

che possa accadere qualcos'altro, che la situazione precipiti ancora di più. "Ma è per la litigata che abbiamo fatto?"

Cristina scuote la testa, non riesce a parlare, tira su con il naso, piange ancora, poi guarda per terra, ma vede solo delle mattonelle, quelle che hanno scelto insieme quando hanno deciso come arredare la cucina. E le vede sfuocate, appannate dalle lacrime, sempre più grandi. Non riesce a dire nulla, ha come un groppo in gola. Di nuovo le parole dello psicologo che quasi rimbombano nella sua testa: non riuscire ad ammettere un proprio fallimento è il vero problema, non il fallimento in se stesso. Allora Flavio le mette una mano sotto il mento, prova a tirarle su il viso e lo fa dolcemente, aiutando il movimento con due dita, cercando il suo sguardo. E Cristina compare davanti ai suoi occhi, con il viso affranto, gli occhi pieni di lacrime e improvvisamente riesce a parlare.

"Non sono più innamorata."

Flavio è incredulo. "Ma perché dici questo?"

Cristina si siede ed è come se avesse superato l'ostacolo, fosse uscita fuori da quel buco nero, avesse scavalcato quel muretto che le sembrava insormontabile, fosse uscita da quel pozzo profondo dove era finita giorno dopo giorno, sempre più in basso. "Perché tra noi è finita, Flavio. Tu non te ne accorgi, non vuoi accorgertene. Guarda. Compri sempre qualcosa in più, spremiagrumi elettrico, il televisore al plasma, il nuovo forno a microonde… Ci sono solo elettrodomestici moderni e costosi in questa casa… Ma noi? Dove siamo finiti noi?"

"Siamo qui…" Flavio si siede di fronte a lei ma capisce quanto la sua risposta sia poca roba rispetto al problema che lei ha aperto. E quindi riprende cercando di mostrarsi sicuro e più convinto. "Siamo qui dove eravamo, siamo qui dove siamo sempre stati…"

Cristina scuote la testa. "No. Non ci siamo più. Non basta esserci… così. Non parliamo più, non ci raccontiamo niente, del nostro lavoro… Dei nostri amici. Non mi hai detto nulla di Pietro e Susanna."

"Ma non sapevo come dirtelo…" Flavio si muove nervoso sulla sedia. Ecco, pensa tra sé, è sempre colpa di quello stronzo di Pietro e dei suoi casini. Cristina lo guarda e sorride. "Ma non è quello, non è importante, anche se dimostra che non hai voglia di condividere con me le cose come una volta, il vero problema è che non sono più motivata… Non mi va neanche di arrabbiarmi perché non me lo hai raccontato… Sembra che andiamo avanti così tanto perché dobbiamo andare avanti, ma la vita non dev'essere così, vero?

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