Louis e Speaker erano sdraiati sul pavimento della piattaforma di osservazione. Guardavano dentro le celle buie.
— Comincia tu — disse Louis.
Lo kzin fece fuoco due volte.
All’interno delle celle echeggiò un tuono. A una parete si aprì un punto luminoso come un lampo, proprio sotto il soffitto. Il punto si spostò lentamente, lasciando dietro di sé una scia fiammeggiante.
— Fallo a fette — ordinò Louis. — Se quella massa cade tutta d’un colpo, tremeremo come le pulci di un cane tosato di fresco.
Speaker si mise di traverso per tagliare la parete da un’altra angolazione.
L’edificio rollò paurosamente, e la prima fetta di cavi e costruzione plastica si staccò cadendo in un rovinio di polvere e macerie.
Louis si attaccò al pavimento. Attraverso lo squarcio apparvero la luce del sole, la città e la gente.
Louis vide un altare di legno e un oggetto in metallo a forma di rettangolo sormontato da un arco parabolico. Lo vide per poco perché un pezzo di parete andò a sbattervi contro, schizzando schegge. La gente si era già volatilizzata.
— Poveretti — disse rivolgendosi a Nessus, — in una città vuota, a chilometri di distanza dai campi. Dev’essere un giro che fanno tutti i giorni. Cosa ci stavano a fare lì?
— Adorano la dea Halrloprillalar. Sono loro che le procurano da mangiare.
— Ci saranno dei feriti.
— Può darsi.
— Mi è sembrato di vedere Teela, in mezzo a loro.
— Sciocchezze. Vogliamo provare la forza motrice?
Il volociclo del burattinaio era coperto da un mucchio di gelatina plastica trasparente. Nessus era di fianco al quadro dei controlli che era stato lasciato scoperto. La finestra panoramica offriva una spettacolare veduta della città con i moli, le torri del Centro Civico e una giungla dilagante che una volta doveva essere stato un parco.
Louis si mise in posizione di riposo. Dando l’esempio al suo equipaggio, il comandante stava piantato a gambe larghe sul ponte. I motori a razzo danneggiati potevano esplodere al primo colpo di propulsione. Ma si doveva tentare il tutto per tutto. Le navi da guerra kzinti dovevano essere fermate prima che raggiungessero la Terra!
— Non funzionerà mai — disse Louis Wu.
— Perché no? Non è uno sforzo eccessivo…
— Un castello volante! Adesso mi rendo conto di che razza di pazzia è tutta questa storia! A casa, al suono di fanfara, su un pezzo di grattaglielo… — L’edificio si spostò facendo barcollare Louis. Nessus aveva acceso il propulsore.
La città slittò via oltre la finestra, aumentando la velocità. Poi rallentò. Raggiunsero la velocità massima di cento miglia orarie e il palazzo era equilibrato come una roccia.
— Abbiamo piazzato il volociclo al punto giusto — disse Nessus. — La struttura non tende a ruotare.
— È sempre una fesseria.
— Se funziona non è una fesseria. Allora, dove si va?
Louis taceva. Sembrava pensare ad altro.
— Louis, dove andiamo?
— Verso Starboard.
— D’accordo.
— Dobbiamo passare vicino all’Occhio. Poi vira di quaranta gradi verso Antispinward.
— Vuoi ritornare al Paradiso?
— Sì. Ce la fai a ritrovarlo?
— Non credo che ci siano difficoltà. Siamo arrivati qui in tre ore. A tempo di volo, lo raggiungeremo in trenta ore. E dopo?
— Dipende.
L’idea era frutto di pura deduzione e di un’immaginazione fertile, forse… ma chiarissima. Louis aveva una spiccata tendenza a sognare a occhi aperti, e a colori.
Una immagine chiara, ma era reale?
La sua fiducia nel grattacielo volante era andata a farsi benedire. Tuttavia volava.
— Il mangia-erba sembra soddisfatto di stare ai tuoi ordini — fece Speaker.
Il volociclo ronzava tranquillo a qualche metro da loro. I contorni del paesaggio scorrevano oltre la finestra. L’Occhio fissava su di loro il suo sguardo grigio.
— Il mangia-erba è completamente pazzo — disse Louis. — Secondo me, tu hai molto più buon senso.
— Niente affatto. Se hai qualcosa per la testa, sono con te. Ma se c’è da lottare, ne voglio sapere qualcosa di più.
— Già.
— Parla chiaro. Devo decidere se lasciarmi coinvolgere o no.
— Ben detto.
Speaker aspettava.
— Stiamo correndo dietro al filo delle zone d’ombra. Ti ricordi quel cavo che abbiamo urtato quando le difese meteoriche ci hanno abbattuto? Pioveva sulla città, dopo, e non finiva mai. Doveva essercene migliaia di milometri, più di quanto ce ne serve, per quello che ho in mente.
— Cioè?
— Prendercelo. I nativi sono pericolosi, ma ce lo daranno a condizione che Prill parli con loro e che Nessus usi il tasp.
— E cosa ce ne faremo?
— Scopriremo a che grado di pazzia sono arrivato.
Il pezzo di grattacielo filava diritto a Starboard. Le navi spaziali non erano tanto ampie, e quanto alle navi normali non ce n’era una paragonabile a quella. Sei ponti da scalare! Che lusso!
Mancava qualcosa. La scorta dei viveri consisteva in carne surgelata, frutta facilmente deteriorabile, e la cucina del volociclo di Nessus che forniva cibo con uno scarso potenziale nutrivo per gli umani. Perciò la colazione e il pranzo di Louis erano a base di carne arrostita al raggio del laser a flash, e di rossi frutti bitorzoluti.
Niente acqua, e quanto al caffè neanche parlarne.
Prill pescò qualche bottiglia di bevande analcoliche e organizzarono una cerimonia di battesimo, un po’ in ritardo, nella sala del ponte di comando. Speaker si era messo gentilmente al muro. Prill gironzolava con aria circospetta vicino alla porta. Nessuno aveva apprezzato il suggerimento di Louis di battezzare la torre Improbable, e di battesimi ne fecero quattro, uno dopo l’altro, e in lingue diverse.
Il battesimo si trasformò in una lezione di lingue. Louis imparò i primi rudimenti della Lingua degli Ingegneri. Si accorse che Speaker imparava molto più velocemente di lui. Tutti e due gli alien si erano già esercitati nelle lingue umane, imparandone i diversi modi di pensare e le limitazioni che comportavano. Per loro si trattava solo di ripetere quel processo.
Fecero una pausa per pranzare e Nessus mangiò servendosi dalla cucina del suo volociclo. Louis e Prill mangiarono carne arrostita. Speaker quella cruda, in disparte.
Ripresero la lezione di lingue. Louis era annoiato. Gli altri due erano tanto più progrediti di lui da farlo sentire come un deficiente.
— Ma dobbiamo imparare! Siamo costretti a rifornirci di cibo. Avremo a che fare con i nativi.
— Lo so, ma le lingue non mi sono mai andate a genio.
Cominciò a imbrunire. Anche a quella distanza dall’Occhio, la coltre di nubi era fitta, e la notte buia come le fauci di un drago. Louis propose di interrompere la lezione; era stufo e irritabile, incerto di se stesso. Gli altri lo lasciarono in pace.
Tra dieci ore avrebbero attraversato l’Occhio dell’uragano.
Si agitava nel dormiveglia. Avvertì un passo leggero. Prill ritornava. Le mani della ragazza lo toccarono. Louis si tese verso di lei. Prill, inginocchiata sul letto, si ritrasse. E parlò nella sua lingua nativa, semplificandola affinché Louis potesse capire.
— Tu essere Capo?
Louis, vagamente intontito, meditò a lungo sulle parole in lingua anellare. — Sì — rispose. Quella lingua gli poneva gravi problemi mentali. Inoltre, la situazione era troppo complicata per poterla spiegare in modo convincente.
— Allora — disse Prill, — tu dare a me macchina da quello con due teste.
— Cosa? — farfugliò Louis. — La sua cosa?
— Macchina che fa me felice. Io voglio. Tu la prendi.
Louis si mise a ridere. La ragazza si infuriò: — Tu vuoi me? Allora dare a me macchina.
Nessus non era un umano. Prill non poteva convincerlo con le sue arti erotiche. Louis era l’unico uomo della zona. Il potere sessuale aveva sempre funzionato. Non era forse una dea?
Probabilmente, Prill si era lasciata ingannare dai capelli di Louis. L’aveva scambiato per un capellone del ceto medio, magari un piccolo Ingegnere dalla faccia sbarbata. E poi, secondo Prill, doveva essere nato dopo la Caduta delle Città: di conseguenza, non conosceva l’esistenza della droga della giovinezza.
— A tuo modo, hai ragione — disse Louis parlando in anglo-terrestre. Prill lo guardava, nella penombra, senza capire. — Hai pensato che fossi molto giovane! Un uomo di trent’anni sarebbe un pezzo di creta, nelle tue mani. Ma io sono un po’ più vecchio.
Prill strinse i pugni per la collera: — Macchina! Dove lui avere macchina?
Louis smise di ridere. La ragazza lo stava graffiando. Si sollevò sul gomito: — La tiene appiccicata a uno dei colli. Sotto la pelle, attaccata all’osso. In una testa sola, però.
Prill ebbe un’esclamazione di rabbia. Aveva capito: il congegno era inserito chirurgicamente. Si voltò, e uscì.
Louis ebbe la tentazione di seguirla. La desiderava più di quanto volesse ammettere. Ma lei lo avrebbe dominato, se l’avesse lasciata fare. E i suoi motivi non coincidevano con quelli di Louis.
Il sibilo del vento aumentava a poco a poco. Il sonno di Louis diventò un sogno erotico. Spalancò gli occhi. Prill stava a cavalcioni su di lui. Le dita gli sfiorarono il petto e il ventre. I fianchi della ragazza si agitavano ritmicamente. Si serviva di lui come di uno strumento musicale.
— Quando avrò finito, sarai mio — diceva in tono sommesso e cantilenante. La voce rivelava il piacere: non di essere posseduta, ma di conquistare un potere incontrastato sull’uomo.
Il contatto gli dava una gioia incontrollabile. Prill conosceva l’antico segreto: ogni donna nasce con un tasp dal potere illimitato, se impara a sfruttarlo. E lei se ne sarebbe servita finché Louis non l’avesse implorata di diventare il suo servo.
Poi qualcosa cambiò, in lei. Non la poteva vedere in viso, ma la sentiva gemere di piacere quando raggiunsero l’orgasmo. Qualcosa scattò dentro di loro!
Rimase nel letto tutta la notte. Ogni tanto si svegliavano e facevano l’amore per poi riaddormentarsi. Se Prill si sentì delusa non lo diede a vedere, né Louis se ne accorse. Louis sapeva soltanto che Prill non si serviva più di lui come di uno strumento.
Sorse l’alba grigia e burrascosa. Il vento ululava intorno al vecchio edificio. La pioggia sferzava la finestra infuriando attraverso quelle dei piani di sopra che erano rotte. L’Improbable era molto vicino all’Occhio.
Louis si vestì e lasciò il ponte.
Vide Nessus nel corridoio. — Proprio tu — gridò.
Il burattinaio fece uno scarto. — Che cosa c’è?
— Che cosa hai fatto a Prill?
— Dovresti mostrarti un po’ più riconoscente. Cercava di metterti sotto controllo. Ho sentito.
— Hai usato il tasp su di lei!
— Appena tre secondi a bassa energia, mentre eravate impegnati nelle vostre attività sessuali. Ora è lei a essere condizionata.
— Mostro! Sei un mostro di egoismo.
— Louis, non ti avvicinare troppo.
— Prill è un’umana, libera di intendere e di volere!
— E il tuo volere?
— Non correva nessun pericolo. Lei non mi può tenere sotto controllo!
— C’è qualcos’altro che ti disturba? Non siete la prima coppia di umani che ho osservato mentre facevano l’atto sessuale. Dovevamo conoscere tutto della tua specie. Non ti avvicinare troppo.
Louis non aveva intenzione di fargli male. Strinse i pugni rabbiosamente, ma non per colpirlo. Fece un passo avanti…
Si perse nell’estasi. Immerso nella gioia più pura che mai avesse conosciuto, Louis seppe che Nessus lo stava influenzando col tasp.
Senza pensare alle conseguenze, cominciò a tirare calci. Usò tutte le sue forze per strapparsi al piacere del tasp. Sferrò un calcio alla laringe del burattinaio, sotto la mascella sinistra.
Fu un disastro. Il burattinaio fece Gulp!, si ritrasse incespicando e interruppe il tasp.
Il peso della dolorosa eredità degli uomini ricadde sulle spalle di Louis, che voltò le spalle al burattinaio e uscì. Sentiva il bisogno di piangere e, soprattutto, non voleva che Nessus lo vedesse in viso.
Girovagò, crogiolandosi nella sua angoscia. Per caso raggiunse la scalinata. Sapeva quel che stava succedendo a Prill. Quando era in bilico su un trabocchetto di trenta metri, non vedeva l’ora che Nessus ammansisse Prill col tasp. Ricordava bene l’effetto che aveva avuto sui barbari.
Condizionata! Come una cavia! Lei lo sapeva. E durante la notte aveva fatto il suo ultimo coraggioso tentativo per liberarsene.
Raggiunse la piattaforma dove il vento fischiava, schizzando con violenza la pioggia. Louis la smise di preoccuparsi solo di se stesso. L’angoscia che la predita del tasp gli aveva procurato cominciava a diminuire.
Una parte di lui ancora rimpiangeva il tasp, e lo avrebbe fatto per sempre. La dedizione agli altri non era che un ricordo sulla soglia della coscienza. Poteva lasciare Prill da qualche parte con una scorta di droga della giovinezza, e il ricordo sarebbe svanito lentamente…
— Maledizione, abbiamo bisogno di lei.
Non gli rimaneva altro da fare che impedire a Nessus l’uso del tasp, e vegliare su di lei. In principio sarebbe stata molto depressa.
Di colpo, la mente di Louis registrò ciò che stava osservando senza accorgersene. C’era una macchina, molti metri sotto la piattaforma, slanciata come un dardo marrone con strette fessure al posto dei finestrini. Oscillava nel vento, privo di energia, intrappolato dal campo elettromagnetico.
Louis aguzzò gli occhi per essere sicuro che dietro a quel turbinio ci fosse un viso. Si precipitò di sopra chiamando Prill a gran voce.
Non sapeva in che lingua spiegarsi: l’afferrò per un gomito, la trascinò lungo le scale per mostrarle il veicolo. Lei scosse il capo e ritornò di sopra per modificare l’azione della trappola della polizia.
Il dardo marrone fu sollevato all’altezza della piattaforma. Ne uscì uno degli occupanti, afferrandosi carponi con le mani per difendersi dal vento.
Era Teela Brown. Louis non ne rimase troppo sorpreso.
Il secondo passeggero era un tipo così appariscente che Louis scoppiò in una risata. Teela si mostrò sorpresa e ferita.
Teela Brown era pallida, spettinata, dimagrita. Ma ancora più carina. Indicò il suo compagno e disse: — Si chiama Seeker.
— E che significa, Seeker?
— È un nome che si è dato lui. Secondo lui vuol dire Cercatore.
Seeker osservava Louis e Prill con umiltà e ossequio. Era alto e muscoloso. Era facile immaginarlo combattere contro i draghi. Portava una spada. I suoi tratti ricordavano quelli della scultura in metallo del Castello Paradiso. Era accuratamente rasato. Forse un Ingegnere, ma un mezzosangue. I capelli, biondo cenere, erano lunghi e non troppo puliti. Allacciata alla vita, portava una pelle d’animale.
— È lui che mi ha salvata — disse Teela.
Stavano oltrepassando l’Occhio. Il vento ruggiva lungo le scale, e fischiava nei corridoi. I vestiboli erano inondati di pioggia. Teela aveva mangiato e si era riposata.
Erano tutti riuniti nella stanza di Louis, che fungeva da plancia e da soggiorno.
— Coraggio — disse Speaker a Teela. — Racconta.
Il congegno della polizia aveva quasi fatto saltare in aria il volociclo di Teela Brown. Il localizzatore, l’interfono e la cucina si era bruciati in un colpo solo.
Teela era ancora viva perché il campo sonico aveva attuato, per contatto, un’onda permanente. La ragazza aveva attivato il retrocampo, prima che la velocità Mach due le facesse esplodere il cranio. In pochi secondi era discesa sotto il limite di velocità consentito dalle autorità. Il campo-trappola aveva fatto saltare il motore frenante. Cercò un posto per atterrare planando. Era scesa, bruscamente, nei giardini di un viale.
Aveva appena messo piede a terra quando il veicolo si era sollevato da solo.
— Ero perduta — disse Teela. — Non sapevo dove mi trovavo… Non c’era nessuno. Allora, mi sono seduta su una panchina, e mi sono messa a piangere.
Si era disperata per ore. Aveva paura di andarsene, perché pensava che i suoi compagni l’avrebbero cercata nella zona.
— Poi è arrivato lui.
Teela indicò Seeker, il quale sorrise. Anche Louis sorrise: Teela aveva fiducia in chiunque. Era inevitabile che chiedesse aiuto e conforto al primo estraneo. Ed era altrettanto inevitabile che, con la sua fortuna ricorrente, le andasse bene.
— Seeker mi ha nutrita e mi ha difesa. Ieri, quattro uomini hanno tentato di aggredirmi, e Seeker li ha stesi con un colpo di spada. Così ho imparato un mucchio di parole in lingua locale.
— E che cosa fa, per vivere?
— Va a caccia. E intanto è impegnato in una ricerca. Ha giurato, cento anni fa, che sarebbe arrivato alla base dell’Arco.
— La base dell’Arco?
Teela fece segno di sì con la testa, sorridendo maliziosamente. Non si capiva, nelle sue mosse da ochetta simpatica, se facesse sul serio o se scherzasse.
— Piccola idiota — disse Louis, — non sai che l’Arco non esiste, e che noi siamo dentro a un cerchio?
— Certo che lo so. Mi hai preso per una stupida?
— Allora perché non glielo dici?
— Louis, se glielo dici tu ti odierò per tutta la vita. Ha passato quasi tutta la vita a cercare la base dell’Arco.
— Non mi sembra molto intelligente.
— No, non lo è — rispose Teela come se la cosa non avesse la minima importanza. — Però, se viaggio con lui, potrò insegnare un mucchio di cose alla gente di qui.
Louis non volle pensare a cos’altro avesse fatto Teela con il suo eroe ammazza-draghi. La invitò a continuare il racconto.
— Seeker ha cominciato a verificare i motori delle macchine vecchie — disse la ragazza. — Lui dice che i guidatori, quando vengono catturati, spengono i motori. Così evitano di bruciarli.
Nessus, Speaker e Louis si guardarono. Seeker raccontava frottole, perché quasi tutte le macchine sospese nel labirinto erano rimaste in funzione.
— Ne abbiamo presa una in buono stato — disse Teela. — Vi stavamo correndo dietro, poi ci siamo persi nel buio. Per fortuna, siamo stati catturati dal campo del vostro… del vostro grattacielo volante.
— Per fortuna, vero? — disse Nessus con la testa di sinistra.
Seeker non aveva ancora detto una parola. Placidamente seduto in poltrona, fissava Speaker con molto interesse. Halrloprillalar, invece, guardava oltre la finestra. L’ululato del vento si stava riducendo a un sibilo sottile.
— Seeker mi ha parlato di Halrlar… Horlapr… di una dea, insomma, e del palazzo che catturava le macchine. Ecco perché siamo venuti qui. Per cercarvi.
Fortuna? Teela era anche intelligente.
Prill continuava a fissare fuori dalla finestra, e rabbrividì. Forse aveva già visto formazioni come quella dell’Occhio. Piccole trafitture di asteroidi, rapidamente riparate, dovevano capitare ovunque e venivano fotografate per i giornali o i nastri d’informazione, o per che cosa diavolo ne faceva le veci, sul Mondo ad Anello. La tempesta dell’Occhio era paurosa per tutti. L’aria respirabile si disperdeva nello spazio interstellare.
Teela aggrottò le sopracciglia per l’ansietà. — Spero che l’edificio sia abbastanza solido — disse.
Louis era stupefatto. Com’era cambiata! Forse era solo perché era stata travolta da un vortice.
— Ho bisogno di te — disse la ragazza. — Voglio Seeker.
— D’accordo.
— Anche lui mi vuole, ma ha uno strano senso dell’onore. Ho cercato di parlargli di te per portarlo sul palazzo. Era a disagio, e non ha più voluto dormire con me. Crede che tu sia il mio padrone.
— Siamo alla schiavitù?
— Solo per le donne, credo. Gli dirai che non sei il mio padrone, vero?
Louis si sentì stringere la gola. — Potrei evitare tante spiegazioni vendendoti a lui, se è questo che vuoi.
— È proprio ciò che voglio: viaggiare con lui sull’Anello. Lo amo, Louis.
— Certo che lo ami. Siete fatti uno per l’altra.
Lei lo guardò, colta dal dubbio. — Non starai facendo… del sarcasmo, spero.
— Un mese fa non distinguevi il sarcasmo da un transistor. No, il bello è che non sto facendo del sarcasmo. I milioni di coppie non c’entrano perché non partecipavano all’esperimento di procreazione progettato dei burattinai.
Di colpo l’attenzione di tutti si concentrò su di lui. Persino Seeker, che lo fissava cercando di capire di che cosa stessero parlando.
Louis aveva occhi solo per Teela Brown: — Siamo precipitati sul Mondo ad Anello — le disse gentilmente, — perché era il tuo ambiente ideale. Qui avresti imparato le cose che non potevi imparare sulla Terra. Forse c’erano anche altre ragioni: una droga più efficace, per esempio, e maggiore spazio per respirare, ma la ragione principale che ti ha portato qui è imparare.
— Che cosa?
— Il dolore. La paura. La sconfitta. Da quando sei arrivata qui sei diventata un’altra donna. Prima eri una specie di astrazione. Hai mai inciampato con la punta di un piede?
— Non lo so.
— Ti sei mai scottata un dito?
Lei lo fissò. Non se lo ricordava.
— Ecco perché è precipitata la Liar. Per portarti qui. Per portarti da Seeker. Il tuo volociclo ti ha sbarcato sulla sua testa, e si è infilato nella trappola della polizia al momento giusto perché Seeker era l’uomo che sei destinata ad amare sin dalla nascita.
A questo pensiero Teela sorrise.
— Ti eri innamorata di me — continuò Louis, — perché io rappresentavo il modo per unirti a noi. Non mi ami più perché non ti servo più. E io mi sono innamorato di te perché la fortuna di Teela Brown si servisse di me come di una marionetta.
— Louis non ti capisco.
— Ma la vera marionetta sei tu, mia cara ragazza. Ballerai, attaccata al filo della tua fortuna, per tutto il resto della vita. Solo Finaglo sa se sei libera di pensare e di volere. Io non lo credo.
Teela, pallidissima, si era irrigidita stringendosi nelle spalle. Non piangeva. Aveva imparato a dominarsi. Seeker si inginocchiò davanti a lei, allarmato, tenendo d’occhio Louis, e passò il dito sulla spada. Intuiva, anche senza capirne il motivo, l’infelicità di Teela. Forse la credeva ancora proprietà di Louis Wu.
L’umano si rivolse a Nessus. Non era sorpreso che il burattinaio si fosse raggomitolato a palla, con le teste sulla pancia, isolato dall’intero universo. Lo afferrò per la caviglia, e lo rovesciò sulla schiena. Nessus tremava di paura.
— Colpa tua, burattinaio di Pierson. C’è una cosa che non capisco: come tu possa essere così potente, e nello stesso tempo così stupido. Ti rendi conto che il nostro viaggio non è che un effetto collaterale della fortuna di Teela?
Il corpo di Nessus si appallottolò ancora di più. Seeker lo guardava, affascinato. Prill sbarrava gli occhi, con stupore infinito.
Speaker cominciava a capire il discorso di Louis. — Allora, la riforma della procreazione degli umani è un mezzo fallimento. Quindi, può essere un fallimento anche il tentativo dei burattinai di condizionare gli Kzin rendendoli mansueti.
— Non è un fallimento — disse Louis, — ma sono giochi molto pericolosi. — Si rivolse a Nessus: — Coraggio, torna a casa tua, e racconta alla tua razza che Teela Brown ha ridotto in cenere le vostre leggi di probabilità statistiche.
— Non è vero, non può essere vero. — La voce di Nessus usciva attutita dalla palla.
— Adesso esci dalla tua pancia — gli ordinò Louis. — Ho un ordine da darti.
Le teste di Nessus sbucarono prudentemente: — Quale ordine?
— Voglio il cavo delle zone d’ombra. E sarai tu a procurarmelo.
Nessus si sgomitolò quasi completamente: — Mi hai svergognato davanti a tutti — piagnucolò.
— Niente chiacchiere. Siamo quasi vicini all’Occhio. Coraggio, fifone. Esci.
Il burattinaio guardò fuori dalla finestra panoramica, verso l’uragano che si avvicinava.