Ritornarono comunque all’ambasciata: Galeni per organizzare il personale in un’indagine sul corriere, ormai il più probabile dei sospetti, e Miles per rimettersi la divisa verde barrayarana e andare a farsi curare la mano dal medico dell’ambasciata. Se avesse avuto qualche momento di pace una volta chiarita tutta quella incredibile faccenda, rifletté Miles, avrebbe fatto meglio a prendersi una licenza per farsi sostituire anche le ossa e le giunture delle braccia e delle mani, oltre che quelle delle gambe. La sostituzione delle ossa lunghe delle gambe con ossa sintetiche era stata una procedura noiosa oltre che dolorosa, ma rimandare l’operazione alle braccia non migliorava le cose. E inoltre, non poteva certo illudersi che sarebbe cresciuto ancora.
Immerso in questi morbosi pensieri uscì dall’infermeria dell’ambasciata e si diresse agli uffici della sicurezza, nei piani sotterranei. Trovò Galeni solo, seduto alla consolle di comunicazione, che aveva appena terminato di emanare una serie di ordini e di spedire i suoi uomini in tutte le direzioni. Le luci nell’ufficio erano abbassate e il capitano era appoggiato alla schienale della sedia, con i piedi incrociati sulla scrivania e rigirava tra le mani una penna luminosa. Miles però ebbe l’impressione che Galeni avrebbe di gran lunga preferito avere in mano una bottiglia di liquore altamente alcoolico.
Il capitano gli rivolse un sorriso triste, tolse i piedi dalla scrivania e prese a tamburellare sul tavolo con la penna. «Ci ho riflettuto, tenente Vorkosigan e temo che non potremo evitare di coinvolgere le autorità locali.»
«Preferirei che non lo facesse, signore.» Miles prese una sedia e vi si sedette a cavalcioni, con le mani incrociate sullo schienale. «Chiamiamoli in causa e le conseguenze sfuggiranno al nostro controllo.»
«Per trovare quei due sulla Terra adesso, ci vorrebbe un piccolo esercito.»
«Io ho un piccolo esercito» gli rammentò Miles, «che, se non sbaglio, ha appena dimostrato la sua efficienza in questo genere di cose.»
«Ah, vero.»
«L’ambasciata barrayarana potrebbe assoldare i mercenari dendarii per trovare le nostre… persone scomparse.»
«Assoldare? Mi era sembrato di capire che fossero già al soldo di Barrayar!»
Miles gli rivolse uno sguardo di perfetta innocenza. «Ma signore, fa parte della copertura che neppure i dendarii siano a conoscenza del rapporto con Barrayar. Se l’ambasciata li assume con un regolare contratto per questo lavoro… abbiamo una copertura della copertura, per così dire.»
Galeni sollevò un sopracciglio con aria sarcastica. «Capisco. E come intende spiegare ai dendarii la presenza del clone?»
«Se sarà necessario, come un clone… dell’ammiraglio Naismith.»
«Allora adesso sareste in tre?» chiese il capitano dubbioso.
«Per il momento limitiamoci a incaricarli di trovare suo… Ser Galen. Dove c’è lui ci sarà anche il clone. Ha già funzionato una volta.»
«Uhm.»
«Solo un’altra cosa» aggiunse Miles, facendo scorrere con aria meditabonda un dito sullo schienale della sedia. «Se riusciamo a prenderli,… che cosa ne faremo di loro?»
La penna luminosa fece tap-tap. «Ci sono due o tre possibilità» rispose Galeni. «Primo, possono venire arrestati, processati e incarcerati per i crimini commessi qui sulla Terra.»
«E durante il processo» commentò Miles, «la copertura dell’ammiraglio Naismith come presunto agente indipendente sarebbe sicuramente compromessa e la sua vera identità rivelata pubblicamente. Non posso garantire la posizione che l’Impero di Barrayar assumerà nei confronti dei mercenari dendarii, ma in passato la Sicurezza ha avuto modo di constatare che siamo utili. Il Comando potrebbe (spero che sia così) considerarlo uno scambio svantaggioso. E inoltre il mio clone ha effettivamente commesso crimini per cui potrebbe essere condannato? Credo anzi che per le euroleggi potrebbe essere considerato minorenne.»
«Seconda alternativa» recitò Galeni. «Rapirli e riportarli su Barrayar in segreto per processarli, eludendo il trattato di non estradizione della Terra. Se mai ricevessimo un ordine dall’alto, secondo me sarebbe proprio questo, che è il responso paranoico minimo che si addice alla Sicurezza.»
«Per essere processati» disse Miles, «o per essere rinchiusi a tempo indeterminato in qualche segreta. Per mio… fratello forse non sarebbe un male così grande come potrebbe sembrargli a prima vista. Ha un amico in alto loco, se riuscirà ad evitare di farsi ammazzare da qualche… sottoposto troppo zelante.» Lui e Galeni si scambiarono un’occhiata.
«Ma nessuno intercederà per suo padre. Barrayar ha sempre considerato le uccisioni avvenute durante la rivolta di Komarr come crimini civili, non atti di guerra e lui non ha mai prestato il giuramento di sottomissione né ha beneficiato dell’amnistia. Sarà accusato di crimini capitali e la pena di morte sarà inevitabile.»
«Inevitabile.» Galeni arricciò le labbra e si fissò la punta degli stivali. «La terza possibilità è, come lei ha detto, che arrivi un ordine per eliminarli in segreto.»
«Agli ordini criminali ci si può anche opporre, se si ha il fegato di farlo. Ma fortunatamente al giorno d’oggi l’Alto Comando non ha mano libera in questo genere di cose, come l’aveva ai tempi dell’imperatore Ezar. Avrei una quarta possibilità: evitare del tutto di catturare questi… scomodi parenti.»
«Detto brutalmente, Miles, se non gli porto qui Ser Galen, la mia carriera va in fumo. Già adesso potrei essere sospetto per non essere riuscito a scoprirlo in questi ultimi due anni. Direi che il suo suggerimento rasenta… non l’insubordinazione, che mi pare il suo normale modus operandi, ma qualcosa di molto peggio.»
«E cosa mi dice dell’ufficiale che l’ha preceduta in questo incarico e che non è riuscito a scoprirlo in cinque anni? E se lei lo presentasse adesso, gioverebbe alla sua carriera? Sarebbe comunque sospettato, per quelli che sono decisi ad essere sospettosi.»
Sul volto di Galeni si dipinse un’espressione introspettiva, di calma mortale. «Vorrei» mormorò come parlando tra sé, «vorrei che fosse morto. La sua morte sarebbe stata molto migliore, una morte gloriosa, nell’ardore della battaglia. Aveva avuto il suo posto nella storia e io ero solo, senza più dolore, senza un padre o una madre che potessero tormentarmi. È una fortuna che la scienza non abbia scoperto il segreto dell’immortalità. È una benedizione poter vivere più a lungo delle vecchie guerre. E dei vecchi guerrieri.»
Miles rifletté su quel dilemma. In cella, sulla Terra, Galen avrebbe distrutto sia la carriera di Galeni che quella dell’ammiraglio Naismith, ma sarebbe vissuto; trasportato su Barrayar, sarebbe morto e la carriera di Galeni avrebbe avuto qualche vantaggio, ma Galeni, lui, non sarebbe più stato lo stesso, rifletté Miles. Il parricidio avrebbe distrutto la sua radicata certezza di servire i bisogni del complesso futuro di Komarr, senza dubbio. Ma l’ammiraglio Naismith non sarebbe morto fu il pensiero tentatore suggeritogli dal suo cervello. Lasciati liberi, Galen e Mark rappresentavano una minaccia di proporzioni sconosciute, e perciò intollerabili; se Miles e Galeni non facevano nulla, l’alto comando avrebbe certamente preso in mano la faccenda, diramando chissà quali ordini che avrebbero segnato il destino di quei due che consideravano nemici.
Miles detestava il pensiero di sacrificare la promettente carriera di Galeni a causa di questo ingombrante vecchio rivoluzionario che si rifiutava di cedere. Ma quasi altrettanto certamente la distruzione di Galen avrebbe danneggiato la carriera di Galeni. Maledizione, ma perché il vecchio non si era ritirato in pensione su qualche paradiso tropicale, invece di restarsene in giro a causare guai alle nuove generazioni con il pretesto, senza dubbio, che era quello di cui avevano bisogno? Pensionamento obbligatorio per i rivoluzionari, ecco quello di cui avevano bisogno.
Cosa si sceglie quando tutte le scelte sono infami?
«La scelta spetta a me» disse Galeni. «Dobbiamo cercarli.»
Si fissarono, entrambi sfiniti.
«Un compromesso» suggerì Miles. «Incarichiamo i dendarii di scovarli e tenerli sotto controllo, ma per il momento non catturiamoli. Questo le permetterà di impiegare tutte le forze di sicurezza dell’ambasciata sul problema del corriere, una faccenda interna di Barrayar, da ogni punto di vista.»
Seguì un silenzio. «D’accordo» disse infine Galeni. «Ma quello che succederà alla fine, qualunque cosa sia… voglio farla finita alla svelta.»
«D’accordo» disse Miles.
Miles trovò Elli al bar dell’ambasciata, seduta da sola a un tavolo, con aria stanca, davanti ai resti del suo pranzo, del tutto ignara degli sguardi languidi e dei sorrisi di parecchi impiegati dell’ambasciata. Miles prese una tazza di tè e uno spuntino e si sedette di fronte a lei. Le loro mani si incontrarono per un istante sul piano del tavolo, poi Elli riappoggiò la guancia sul palmo delle mani, sollevando i gomiti.
«E adesso?» gli chiese.
«Qual è la ricompensa usuale dell’esercito dendarii per un lavoro ben eseguito?»
Gli occhi scuri di lei mandarono un lampo. «Un altro lavoro?»
«Appunto. Ho persuaso Galeni ad affidare ai dendarii il compito di ritrovare Galen, proprio come avete trovato noi. A proposito, come ci avete trovati?»
«Con un lavoraccio, ecco come. Abbiamo cominciato esaminando tutta quella massa di file sui komarrani che ci hai trasmesso dall’ambasciata. Abbiamo eliminato tutti quelli schedati e sorvegliati, i bambini sotto una certa età e così via. Poi la squadra di tecnici è entrata nella rete di credito economico e ha cominciato a tirare fuori tutti i conti; quindi è penetrata nella rete dell’Europol (quello sì che è stato rischioso) ed ha cominciato a spulciare i file criminali, alla ricerca di anomalie. Ed è stato lì che abbiamo trovato il primo indizio. Circa un anno fa, il figlio di un espatriato komarrano, ma nato sulla Terra, è stato arrestato da un poliziotto dell’Europol per qualche infrazione di poco conto ed è stato trovato in possesso di uno storditore non registrato. Poiché non si trattava di un’arma mortale, gli hanno semplicemente fatto una multa e per l’Europol la cosa è finita lì. Ma lo storditore non era di fabbricazione terrestre: era una vecchia arma d’ordinanza barrayarana.»
«Allora abbiamo cominciato a seguirlo, sia fisicamente che tramite la rete di computer, per vedere chi erano i suoi amici e abbiamo scoperto che frequentava gente non schedata nel computer dell’ambasciata. Nel frattempo stavamo seguendo anche altre piste, che però non ci portavano da nessuna parte. Ma è stato su di lui che ho avuto un presentimento che non ho potuto ignorare. Uno dei contatti più frequenti del ragazzo era un uomo di nome Van der Poole, registrato come immigrato dal pianeta Frost IV. Ora, siccome nell’indagine che ho condotto un paio di anni fa sul materiale genetico rubato, ho avuto a che fare con il Gruppo Jackson…»
Miles annuì, ricordando.
«Quindi sapevo che lì era possibile comprarsi un passato documentato… uno di quei piccoli servizi con alto margine di profitto che certi laboratori ti forniscono insieme alle facce nuove, alla voce, alle impronte digitali e vocali. Uno dei pianeti di cui si servono con maggiore frequenza è appunto Frost IV, per via di quel disastro tettonico che ha distrutto la loro rete di computer (oltre a quasi tutto il pianeta) ventotto anni fa. Molti abitanti di Frost IV che hanno abbandonato il loro pianeta in quel periodo non sono in possesso di una documentazione controllabile. Se hai più di ventotto anni, il Gruppo Jackson può inserirti. Quindi tutte le volte che mi imbatto in qualcuno che ha più di quell’età e che afferma di venire da Frost IV, divento automaticamente sospettosa. Van der Poole è Galen, naturalmente.»
«Naturalmente. Tra parentesi, anche il mio clone è uno dei prodotti del Gruppo Jackson.»
«Ah, così tutto combacia, che bello.»
«I miei complimenti a te e a tutto lo staff informazioni. Ricordami di fare un elogio ufficiale, appena torno sulla Triumph.»
«Il che sarebbe quando?» Elli pescò un cubetto di ghiaccio e lo masticò, facendo roteare quello che restava nel fondo del bicchiere e cercando di assumere un’espressione di interessamento esclusivamente professionale.
La sua bocca avrebbe un sapore fresco, e profumato… Miles sbatté le palpebre e cercò di assumere un atteggiamento professionale, cosciente degli sguardi curiosi del personale dell’ambasciata. «Non so. Qui di certo non abbiamo ancora finito. Dovremo trasferire tutti i dati raccolti dai dendarii nei computer dell’ambasciata. Ivan sta reinserendo tutti quelli che abbiamo sottratto al computer di Galen. Questa volta sarà molto più dura: Galen… Van der Poole, si terrà nascosto e di certo non gli manca l’esperienza per scomparire senza lasciare traccia. Ma se, e quando, lo scoverete, fai rapporto… direttamente a me. E io farò rapporto all’ambasciata.»
«Di cosa farai rapporto all’ambasciata?» si informò Elli, alla quale non era sfuggita l’esitazione.
Miles scosse il capo. «Non lo so ancora con precisione. Forse sono troppo stanco per pensare con chiarezza, vedrò se domani mattina le cose mi sembreranno più definite.»
Elli annuì e si alzò.
«Dove vai?» le chiese Miles allarmato.
«Torno sulla Triumph, a mettere in moto le ruote, naturalmente.»
«Ma puoi farlo tramite comunicatore… chi è di servizio lassù, in questo momento?»
«Bel Thorne.»
«Bene, benissimo. Andiamo da Ivan: da lì potremo trasferire i dati sulla frequenza segreta e anche gli ordini. E poi, da quanto sei in piedi?» aggiunse guardando le occhiaie scure che spiccavano sotto i suoi occhi luminosi.
«Oh, be’ da circa…» Elli guardò l’orologio, «trenta ore.»
«E accusi me di avere problemi a delegare il lavoro, comandante Quinn? Spedisci gli ordini, ma tu resta qui. E prenditi qualche ora di riposo, prima di cominciare anche tu a commettere degli errori. Ti troverò un letto qui all’ambasciata…» i loro sguardi si incontrarono e Elli sorrise, «se ti va» aggiunse in fretta.
«Lo faresti ora?» disse piano. «Mi andrebbe benissimo.»
Andarono da Ivan, affaccendato alla sua consolle e comunicarono con la Triumph. Miles con soddisfazione notò che Ivan aveva ancora montagne di lavoro da sbrigare. Poi scortò Elli al suo alloggio.
La ragazza pretese di usare per prima la stanza da bagno. Mentre appendeva la sua uniforme, Miles scovò la coperta di gatto accovacciata in un angolo scuro del suo armadio, dove senza dubbio l’aveva gettata il suo terrorizzato clone la prima sera. Quando la prese in braccio, la folta pelliccia nera si lanciò in un estatico ronfare. Miles la distese sul letto, dandole qualche colpetto amichevole. «Ecco.»
Elli emerse dal bagno dopo un tempo sorprendentemente breve, aggiustandosi i corti capelli neri ancora bagnati con un asciugamano, mentre un altro era avvolto in modo attraente attorno al corpo. Vide la coperta, sorrise, saltò sul letto e vi immerse le dita dei piedi. La coperta tremolò e si mise a fare le fusa a tutto spiano.
«Ah» sospirò Miles contemplando beato quel quadretto. Poi, vedendo Elli che si guardava attorno interessata, il serpente del dubbio si insinuò nel suo paradiso terrestre. «Questa è la …» deglutì, «… la prima volta che vieni quassù?» chiese con un tono che sperava fosse casuale.
«Uh-huh. Non so perché, ma mi aspettavo qualcosa di medioevale e invece questa sembra una normalissima stanza d’albergo, molto diversa da quello che ritenevo arredata nello stile di Barrayar.»
«Qui siamo sulla Terra» le fece notare Miles, «e l’Era dell’Isolamento è finita da quattrocento anni. Hai delle strane idee su Barrayar. Ma io mi stavo chiedendo se il mio clone aveva… uh, sei sicura di non aver avvertito proprio alcuna differenza in questi quattro giorni? Era così bravo?» Fece un sorriso infelice, mentre aspettava ansioso una risposta. E se lei non avesse davvero notato nulla? Questo voleva dire che lui era così semplice e trasparente che chiunque poteva prendere il suo posto? O peggio ancora, se lei avesse notato una differenza… e le fosse piaciuto di più il clone…?
Elli parve imbarazzata. «Notato, sì. Ma saltare dalla sensazione che ci fosse qualcosa di diverso in te, alla consapevolezza che non eri tu… forse, se avessimo passato più tempo insieme. Ma ci siamo sempre parlati via comunicatore, se si eccettuano quelle due ore in cui siamo andati alla polizia per liberare Danio e i suoi allegri compari e durante le quali ho pensato che avessi perso il senno. Poi però ho deciso che dovevi avere qualche asso nella manica e che non mi dicevi niente perché…» di colpo la sua voce si abbassò, «perché non ero più nelle tue grazie.»
Miles fece un calcolo e trasse un respiro di sollievo: dunque il clone non aveva avuto tempo di… ahem! La guardò e le sorrise.
«Vedi, quando mi guardi così» gli spiegò lei, «mi fai sentire… be’, bene. Ma non provo quella sensazione di caldo benessere, benché ci sia anche quello…»
«Caldo benessere» sospirò Miles felice, appoggiandosi a lei.
«Smettila, babbeo, sto parlando seriamente.» Gli passò le braccia attorno alla vita, e lo tenne stretto, come se stesse preparandosi a lottare contro chiunque tentasse di strapparglielo di nuovo. «Mi fai sentire bene, come se… fossi capace, competente. Mi fai sentire senza paure. Senza paura di tentare, senza paura di quello che gli altri possano pensare. Il tuo… clone (Dio, che sollievo sapere che non eri tu) invece mi aveva indotta a chiedermi cosa ci fosse di sbagliato in me. Tuttavia, se penso alla facilità con cui ti hanno preso quella notte nella casa vuota, potrei…»
«Sst, sst» Miles le mise un dito sulle labbra. «Non c’è niente di sbagliato in te, Elli. Sei assolutamente perfetta.» La sua Elli.
«Capisci cosa voglio dire? Il suo atteggiamento può averti salvato la vita. Era mia intenzione tenerti aggiornato… tenere lui aggiornato sui progressi nella ricerca di Galeni, anche se erano solo rapporti parziali e in questo modo lui avrebbe saputo che erano in corso delle ricerche.»
«Che avrebbe ordinato di interrompere.»
«Precisamente. Ma poi, quando finalmente c’è stata una svolta nel caso, ho pensato che fosse meglio aspettare di esserne proprio sicura. Aspettare e farti una sorpresa, un bel pacchetto avvolto in carta da regalo… volevo riacquistare i tuoi favori, in realtà. In un certo senso, è stato proprio lui a trattenermi dal fargli rapporto.»
«Se ti può consolare» disse Miles «non è che tu non gli piacessi: lo terrorizzavi. Il tuo viso, per non parlare del resto di te… fa quest’effetto a certi uomini…»
«Già, il viso…» in un gesto inconscio si toccò una guancia con la mano, poi l’abbassò per arruffargli affettuosamente i capelli. «Credo che tu abbia messo il dito sulla piaga, riguardo quello che non andava. Tu mi conoscevi quando avevo la mia vecchia faccia, e anche con la nuova, solo per te sono sempre stata la stessa donna.»
Con la mano sana Miles le tracciò i contorni delle sopracciglia, del naso perfetto, si fermò sulle labbra per prendere un bacio e proseguì lungo la guancia e giù, sulla pelle di seta della gola. «Già, la faccia: ero giovane e sciocco allora. In quel momento mi era sembrata un’idea splendida e solo più tardi mi sono reso conto che per te poteva essere un handicap.»
«E anch’io. Per i primi sei mesi ero al settimo cielo» sospirò Elli, «ma la seconda volta che un soldato ha tentato di prendersi delle libertà nei miei confronti invece di eseguire un ordine, mi sono resa conto che decisamente avevo un problema. Sono stata costretta a scoprire ed imparare tutti i generi di trucchi per far sì che la gente si comportasse per quello che avevo dentro e non per come ero fuori.»
«Lo capisco» disse Miles.
«Per gli dèi, certo che tu capisci.» Lo fissò per un istante, come se lo vedesse per la prima volta, poi lo baciò sulla fronte. «Solo in questo momento mi sono resa conto di quanti di quei trucchi ho imparato da te. Quanto ti amo!»
Quando finalmente riemersero per prendere fiato dopo il bacio, Elli propose: «Ti faccio un massaggio?»
«Tu sei il sogno di ogni ubriacone, Quinn.» Si distese a faccia in giù nella pelliccia e si lasciò massaggiare. Cinque minuti sotto quelle mani salde gli tolsero ogni desiderio, tranne due. Soddisfatti entrambi, dormirono profondamente e Miles non fece nessun brutto sogno.
Miles si svegliò confuso sentendo bussare alla porta.
«Vattene, Ivan» brontolò con la bocca affondata tra la pelliccia e la pelle morbida. «Vai a dormire su qualche panca, eh?»
La pelle morbida lo scosse via con decisione. Elli accese la luce, saltò giù dal letto, si infilò la maglietta nera e i pantaloni dell’uniforme e si avviò verso la porta, ignorando i bofonchiamenti di Miles. «No, no, non farlo entrare…» I colpi si fecero più forti e insistenti.
«Miles!» Ivan barcollò nella stanza, «Oh, salve Elli. Miles!» Ivan lo scosse per una spalla.
Miles cercò di seppellirsi nel pelo di gatto. «Va bene, puoi avere il tuo letto» mormorò, «tanto non hai bisogno che ti rimbocchi le coperte.»
«Alzati, Miles!»
Miles cacciò fuori la testa, strizzando gli occhi per difendersi dalla luce. «Perché? Che ora è?»
«Circa mezzanotte.»
«Argh!» Si rituffò sotto il pelo: tre ore di sonno non potevano certo bastargli dopo quello che aveva passato negli ultimi quattro giorni. Rivelando una crudeltà e un’insensibilità di cui Miles non lo avrebbe mai creduto capace, Ivan gli strappò la pelliccia dalle mani e la gettò di lato.
«Devi alzarti» insistette. «Vestirti, toglierti i funghi dalla faccia. Spero che tu abbia un’uniforme pulita, da qualche parte…» proseguì rovistando nell’armadio. «Ah, eccola!»
Sempre senza capire, Miles afferrò il fagotto verde che Ivan gli gettò. «L’ambasciata va a fuoco?» si informò.
«Poco ci manca. Elena Bothari-Jesek è appena piombata da Tau Ceti. Non sapevo nemmeno che tu ce l’avessi mandata!»
«Oh!» Di colpo Miles fu sveglio. Elli ormai era vestita di tutto punto, stivali compresi, e stava infilando lo storditore nella fondina. «Sì, certo, devo vestirmi. Credo che non farà caso alla barba.»
«Perché non va soggetta a graffi da barba» mormorò Elli sotto voce, massaggiandosi una coscia con aria assente. Miles represse un sorriso.
«Forse no» ribatté torvo Ivan, «ma non credo che il commodoro Destang ne sarà entusiasta.»
«Destang è qui?» Adesso era del tutto sveglio e all’erta: evidentemente non aveva consumato tutta l’adrenalina. «Perché?» Poi gli tornarono in mente i sospetti che aveva incluso nel rapporto spedito tramite Elena, e capì perché il capo della Sicurezza del Settore Due potesse aver deciso di indagare di persona. «Oh Dio… sarà meglio che gli chiarisca le cose prima che spari a vista al povero Galeni…»
Fece una doccia gelata tenendo il getto sottile e forte come tanti aghi; quando uscì, Elli gli mise in mano una tazza di caffè e osservò critica il suo aspetto dopo che si fu vestito. «Va tutto bene, tranne la faccia» lo informò, «e per quella non puoi farci niente.»
Miles si passò una mano sulle guance ora rasate. «Ne ho forse lasciando indietro qualche pezzetto?»
«No, stavo ammirando le escoriazioni. E gli occhi. Ho visto occhi più brillanti in un naufrago delle spazio tre giorni dopo che aveva finito i viveri.»
«Grazie.»
«Me lo hai chiesto tu.»
Mentre scendevano Miles rifletté su quello che sapeva di Destang; i suoi precedenti contatti con il commodoro erano stati brevi. In genere erano avvenuti in occasioni ufficiali, e per quello che ne sapeva lui, erano stati soddisfacenti da entrambe le parti.
Il comandante della Sicurezza del Settore Due era un ufficiale esperto, abile nel disbrigo dei suoi molteplici compiti, che andavano dal coordinamento delle informazioni raccolte dal servizio segreto, alla supervisione del servizio di sicurezza delle ambasciate barrayarane, dei consolati e dei VIP in visita, al salvataggio occasionale di sudditi barrayarani nei guai.
Nel corso delle due o tre operazioni che i dendarii avevano condotto nelle aree del Settore Due, ordini e denaro erano passati senza intoppi attraverso il suo comando e la stessa strada avevano seguito i rapporti finali di Miles.
Quando Elli, Miles e Ivan entrarono, il commodoro Destang occupava la sedia davanti alla consolle di comunicazione del capitano Galeni, mentre questi era in piedi, rigido e impettito, con lo sguardo imperscrutabile e il volto scuro come un visore, anche se c’erano altre sedie a disposizione nell’ufficio. Elena Bothari-Jesek si teneva in disparte, titubante, con l’espressione preoccupata di chi sta assistendo al succedersi di eventi, che una volta messi in moto, sono sfuggiti al controllo.
Quando vide Miles, un lampo di sollievo le attraversò lo sguardo e lo salutò, anche se non avrebbe dovuto farlo perché lui non indossava l’uniforme dendarii; quel saluto era più che altro un’inespresso trasferimento di responsabilità, come se stesse disfandosi di un sacco pieno di serpenti vivi. Ecco, adesso è tutto tuo. Miles le rispose con un cenno del capo, va bene.
«Signore» disse Miles eseguendo il saluto.
Destang lo restituì e gli rivolse uno sguardo di fuoco che fece tornare in mente a Miles, con un pizzico di nostalgia, il capitano Galeni dei primi tempi.
Un altro comandante assillato. Destang era un uomo sulla sessantina, magro, con i capelli grigi, di statura inferiore alla media barrayarana, senza dubbio era nato poco dopo la fine dell’occupazione cetagandana, quando la denutrizione aveva privato molti del loro pieno potenziale di crescita. Al tempo della conquista di Komarr doveva essere un ufficiale di prima nomina, salito di grado durante la rivolta, quindi con esperienza di combattimento, come tutti coloro che erano vissuti in quel passato dilaniato dalla guerra.
«Quel rapporto è già stato aggiornato?» esordì ansioso Miles. «Il mio memorandum originale è decisamente obsoleto.»
«Ho appena letto la versione del capitano Galeni» rispose Destang indicando con il capo la consolle.
Galeni insisteva a voler scrivere rapporti, pensò Miles con un sospiro; si trattava senza dubbio di un vecchio riflesso condizionato dell’accademia. Si trattenne dal voltarsi a guardarlo.
«Non mi sembra che lei ne abbia ancora scritto uno» gli fece notare Destang.
Miles fece un gesto vago con la mano sinistra bendata. «Sono stato in infermeria, signore. Ma lei si è reso conto che i komarrani probabilmente controllano il corriere dell’ambasciata?»
«Abbiamo arrestato il corriere sei giorni fa su Tau Ceti» disse il commodoro.
Miles emise un sospiro di sollievo. «Ed era…?»
«Si trattava della solita sordida storia» disse Destang corrugando la fronte. «L’ufficiale aveva commesso un peccatuccio, fornendo così ai komarrani l’appiglio di cui avevano bisogno; poi le loro richieste si sono fatte sempre più esorbitanti, finché si è trovato con le spalle al muro.»
Che curioso judo mentale, quel tipo di ricatto, rifletté Miles: alla fine era stata la paura dei suoi e non dei komarrani, che aveva gettato il corriere tra le braccia del nemico. Un sistema inteso a rafforzare la lealtà aveva invece finito col distruggerla… c’era qualcosa che non andava…
«Era al loro servizio da circa tre anni» proseguì Destang. «Da allora, tutto quello che è entrato o uscito dall’ambasciata può essere passato sotto i loro occhi.»
Miles represse un sorriso, sostituendolo con quella che sperava fosse un’espressione di giustificato disgusto. Quindi il tradimento del corriere era chiaramente antecedente l’arrivo di Galeni sulla Terra: bene.
«Già» intervenne Ivan. «Proprio poco fa ho trovato delle copie di nostri rapporti nei file che hai sottratto al computer di Ser Galen, Miles. È stato un vero colpo.»
«Pensavo che potessero esserci» disse Miles. «Una volta capito che ci stavano raggirando, le alternative non erano molte. Confido che l’interrogatorio del corriere abbia scagionato il capitano Galeni da ogni sospetto.»
«Se era coinvolto con i profughi komarrani sulla Terra» disse Destang in tono neutro, «il corriere non ne era a conoscenza.»
Be’, quella non era proprio un’affermazione di fiducia incondizionata. «È evidente» ribatté Miles, «che il capitano Galeni non era che una carta che Ser Galen pensava di tenere di riserva. Ma quella carta si è rifiutata di farsi giocare, a rischio della vita. Dopo tutto è stato un caso che il capitano Galeni sia stato assegnato alla Terra…» Galeni stava scuotendo la testa, con le labbra strette, «non è vero?»
«No» rispose Galeni, sempre sull’attenti, «sono stato io a richiedere la Terra.»
«Oh. Be’ comunque è stato certo il caso a condurre qui anche me» si affrettò a proseguire Miles, arrampicandosi sugli specchi; «il caso e i miei feriti e cadaveri in animazione sospesa che avevano bisogno delle cure di un centro molto attrezzato al più presto possibile. E parlando dei mercenari dendarii, commodoro, è stato il corriere a stornare i diciotto milioni di marchi che Barrayar deve versare?»
«Non sono mai stati inviati» disse Destang. «Fino al momento in cui il capitano Elena Bothari-Jesek è entrata nel mio ufficio, l’ultimo contatto con i suoi mercenari era il rapporto che lei aveva inviato da Mahata Solaris in cui annunciava la conclusione dell’affare Dagoola. Poi siete scomparsi. Per il Quartier Generale del Settore Due siete dispersi da due mesi. Con nostra grande costernazione… soprattutto quando le richieste settimanali di aggiornamento sulla vostra situazione da parte del capo della Sicurezza Imperiale Illyan sono diventate giornaliere.»
«C… capisco, signore. Quindi lei non ha mai ricevuto la nostra richiesta urgente di fondi?… e quindi io non sono mai stato davvero assegnato a questa ambasciata!»
Un gemito di rabbia quasi impercettibile, subito soffocato, sfuggì all’imperturbabile capitano Galeni.
«Solo dai komarrani» rispose Destang. «A quanto pare è stato un espediente per trattenerla fino a quando non fossero riusciti ad effettuare la sostituzione.»
«L’avevo pensato. Ah… non è che per caso ha portato con sé i miei diciotto milioni di marchi, vero? Questa necessità esiste ancora, ne avevo fatto cenno nel mio memorandum.»
«Più di una volta» rispose secco Destang. «Sì, tenente, finanzieremo i suoi irregolari. Come sempre.»
«Ah!» Miles si sentì sciogliere e fece un sorriso smagliante. «Grazie, signore: questo è davvero un sollievo.»
Destang inclinò la testa di lato, chiedendo curioso: «E come sono vissuti, in questo mese?»
«È stato… un po’ complicato, signore.»
Destang fu sul punto di fare altre domande, ma poi ci ripensò. «Capisco. Bene, tenente, può ritornare alla sua mascherata, la sua parte qui è finita. E tanto per cominciare non sarebbe mai dovuto comparire sulla Terra come Lord Vorkosigan.»
«A quale mascherata, signore… dai mercenari dendarii, intende?»
«Dubito che Simon Illyan stesse spedendo a destra e a manca richieste urgenti per ritrovarli solo perché si sentiva solo. Posso sicuramente presumere che le verranno comunicati nuovi ordini non appena il QG sarà a conoscenza della vostra ubicazione. Dovete tenervi pronti a salpare.»
Elli ed Elena, che durante tutta quella conversazione avevano parlottato sottovoce in un angolo, sorrisero felici a quella prospettiva; Ivan invece sembrava più sconvolto.
«Sissignore» rispose Miles. «E qui cosa accadrà?»
«Dal momento che, grazie a Dio, non avete coinvolto le autorità terrestri, siamo liberi di occuparci noi stessi di questo tradimento. Ho portato con me una squadra da Tau Ceti…»
Doveva trattarsi della "squadra delle pulizie", commando del Servizio Segreto, pronti, ad un ordine di Destang, a ristabilire l’ordine e a ripulire l’ambasciata da tutti i colpevoli di tradimento con qualunque mezzo o espediente si rendesse necessario.
«Ser Galen sarebbe stato il primo nella nostra lunga lista di ricercati se non lo avessimo creduto già morto. Galen!» Destang scosse il capo come se non riuscisse ancora a crederci. «Era qui, sulla Terra, per tutto questo tempo. Sapete, ero in servizio durante la rivolta di Komarr (è così che ho cominciato la mia carriera nella Sicurezza); ho fatto parte della squadra che ha scavato sotto le macerie delle Caserme di Halomar, dopo che quei bastardi l’hanno fatta saltare in aria nel bel mezzo della notte. Eravamo alla ricerca di sopravvissuti e di prove… e invece abbiamo trovato solo dei morti e quasi nessun indizio…»
«Quella mattina si erano resi disponibili parecchi posti nella Sicurezza. Dannazione, come tutto torna. Se riusciremo a ritrovare Galen, dopo che voi ve lo siete lasciati scappare dalle mani,» lo sguardo di Destang si posò accusatore su Galeni, «lo riporteremo su Barrayar, se non altro per rispondere di quella mattina di sangue. Vorrei che potesse pagare per tutto, ma non ci basterebbe la sua persona. Proprio come è stato con Yuri il Folle.»
«Un piano lodevole, signore» disse Miles cauto. Galeni aveva la bocca serrata… quindi non poteva aspettarsi nessun aiuto da parte sua. «Ma qui sulla Terra ci sono almeno una decina di ex-ribelli komarrani con un passato sanguinoso quanto quello di Galen. Adesso che è stato scoperto, non è per noi una minaccia più di quanto lo siano loro.»
«Quelli sono stati inattivi per anni» ribatté Destang, «mentre Galen non lo è stato affatto, direi.»
«Ma se sta pensando ad un rapimento illegale, questo potrebbe danneggiare le nostre relazioni diplomatiche con la Terra. Le sembra che ne valga la pena?»
«La giustizia finale vale ben di più di una nota di protesta temporanea, glielo assicuro, tenente.»
Per Destang, Galen era un uomo morto. Bene. «E su quali basi allora rapireste il mio… clone, signore? Lui non ha mai commesso crimini su Barrayar. Non è neppure mai stato su Barrayar.»
Sta zitto, Miles! articolò in silenzio un sempre più allarmato Ivan da dietro le spalle di Destang. Non si discute con un commodoro! Miles lo ignorò.
«Il destino del mio clone mi riguarda molto da vicino, signore.»
«Lo posso ben immaginare. Spero che riusciremo molto presto ad eliminare il pericolo di ulteriori confusioni tra voi due.»
Miles sperò che il commodoro non intendesse dire quello che lui stava pensando. Se doveva depistare Destang… «Non vi è alcun pericolo di confusione, signore. Una semplice indagine medica rivelerà le differenze tra di noi: le sue ossa sono normali, le mie no. Su quale pretesa o accusa si basa un nostro ulteriore interesse nei suoi confronti?»
«Tradimento, naturalmente; cospirazione contro l’Imperium.»
Visto che la seconda parte dell’accusa era vera e dimostrabile, Miles si concentrò sulla prima. «Tradimento? Lui è nato sul Gruppo Jackson, non è un suddito imperiale, né per conquista né per nascita. Per accusarlo di alto tradimento» Miles prese fiato, «bisogna riconoscere che è cittadino dell’Impero per diritto di sangue. E se lo è, allora lo è in tutto, è un Lord Vor con tutti i diritti del suo rango, compreso quello di essere giudicato da un tribunale di suoi pari… il Consiglio dei Conti in riunione plenaria…»
Destang inarcò un sopracciglio. «E gli verrebbe in mente di tentare una linea di difesa così eccentrica?»
Se non viene in mente a lui, glielo suggerirò io. Pensò Miles. «E perché no?»
«La ringrazio, tenente, questa è una complicazione che non avevo considerato.» Destang assunse un’espressione pensierosa, e sempre più determinata.
Il piano di Miles per convincere Destang che lasciar andare il clone fosse un’idea sua, stava prendendo una piega inaspettata e molto pericolosa. Doveva sapere… «Lei considera l’assassinio un’alternativa, signore?»
«Un’alternativa molto interessante.» Destang raddrizzò la schiena con un gesto deciso.
«Questo però potrebbe porre un problema legale, signore. O lui non è un suddito imperiale e in quel caso noi non abbiamo su di lui alcun diritto, oppure lo è e allora dovrebbe avere tutta la protezione concessa dalla legge Imperiale. In entrambi i casi, il suo assassinio sarebbe…» Miles si umettò le labbra; Galeni, che era il solo a sapere dove stesse andando a parare, chiuse gli occhi, come chi è testimone di un incidente inevitabile, «… un ordine criminale. Signore.»
Destang assunse un’espressione seccata. «Non avevo intenzione di dare a lei quell’ordine, tenente.»
Crede che non voglia sporcarmi le mani… Se spingeva quel braccio di ferro con Destang fino alla sua logica conclusione, con due ufficiali imperiali come testimoni, c’era la possibilità che il commodoro facesse marcia indietro; ma d’altra parte c’era una possibilità altrettanto probabile che Miles finisse col ritrovarsi in una profonda… oscurità. Se quel confronto avesse portato ad un corte marziale, nessuno dei due ne sarebbe uscito senza danni. Anche se Miles avesse vinto, non avrebbe reso un gran servizio a Barrayar e i quarant’anni di servizio Imperiale di Destang non meritavano un epilogo così ignobile. E se si faceva confinare nei suoi alloggi adesso, si sarebbe precluso tutte le possibili alternative (ma quali, per amor di Dio?). Non voleva farsi rinchiudere di nuovo in una stanza, perché, nel frattempo la squadra di Destang avrebbe eseguito tutti i suoi ordini, quali che fossero, senza la minima esitazione…
Digrignò i denti in una specie di sorriso e si limitò a dire: «La ringrazio, signore.» Ivan parve sollevato.
Destang rimase in silenzio per qualche secondo. «La legalità mi sembra una preoccupazione insolita, per uno specialista di operazioni segrete, e proprio in questo momento.»
«Tutti abbiamo i nostri momenti di illogicità.»
L’attenzione di Quinn era tutta per lui, e con un impercettibile fremito delle sopracciglia gli chiese Ma che diavolo…?
«Cerchi di non averne troppi, tenente Vorkosigan» ribatté secco Destang. «Il mio aiutante ha la nota di credito per i suoi diciotto milioni di marchi. Passi da lui mentre esce. E si porti via tutte queste donne» terminò indicando i due ufficiali dendarii.
Ricordandosi di colpo della loro presenza, Ivan sorrise. Sono i miei ufficiali, maledizione, non il mio harem pensò furente Miles. Ma nessun ufficiale barrayarano dell’età di Destang l’avrebbe vista in quel modo. C’erano abitudini dure a morire, non si poteva fare altro che aspettare che svanissero con le nuove generazioni.
Le parole di Destang erano un congedo definitivo, ma Miles le ignorò a suo rischio. Però Destang non aveva accennato…
«Sì, tenente, vada.» La voce del capitano Galeni era assolutamente neutra. «Non ho finito di scrivere il mio rapporto. Le darò un Marco contro i diciotto milioni del commodoro, se si porterà via adesso i suoi dendarii.»
Miles sentì chiaramente la M maiuscola e spalancò un poco gli occhi. Galeni non ha ancora detto a Destang che i dendarii si occupano del caso. Quindi lui non può esautorarli, no? Era un vantaggio… se fosse riuscito a trovare Galen e Mark prima della squadra di Destang… «Affare fatto, capitano» disse Miles. «È incredibile l’importanza che può avere un Marco.»
Galeni annuì una volta sola e tornò a rivolgersi a Destang.
Miles uscì di corsa.