CAPITOLO QUINDICESIMO ELEGIA

HUMAN: — Perché nessuno degli altri umani viene mai a vederci?

MIRO: — Noi siamo i soli a cui è permesso uscire dal cancello.

HUMAN: — Allora perché gli altri non scavalcano il recinto?

MIRO: — Nessuno di voi ha mai toccato il recinto? (Human non risponde) Toccarlo è molto doloroso. Se ti arrampicassi sul recinto sentiresti ogni parte del tuo corpo riempirsi di sofferenza terribile e insopportabile.

HUMAN: — Questo è stupido. Forse che l’erba non cresce da tutte e due le parti?

Ouanda Quenhatta Figueira Mucumbi, Dialoghi Trascrìtti, 15.1.1970


Il sole distava dall’orizzonte non più di un’ora quando il sindaco Bosquinha salì le scale che portavano all’ufficio di monsignor Peregrino, in un’ala della cattedrale. Dom e Dona Cristães erano già lì, e non nascondevano le loro espressioni preoccupate. Il vescovo sembrava invece piuttosto soddisfatto di sé. Era sempre segretamente compiaciuto allorché tutti i leader politici e religiosi di Milagre si riunivano sotto il suo tetto. Poco importava che fosse stata Bosquinha a chiedere quella riunione, e che essendo la sola a possedere un veicolo avesse proposto lei di tenerla alla cattedrale. Peregrino assaporava la sensazione d’essere, in qualche modo, il padrone di Lusitania. Be’, pensò Bosquinha, prima della fine della riunione odierna potremmo accorgerci che nessuno di quanti sono in questa stanza è padrone di niente.

La donna salutò gli altre tre, ma ignorò la poltroncina che le veniva offerta e andò invece a sedersi davanti al terminale del vescovo. Lo accese, si collegò a quello del suo ufficio e chiese il programma che aveva predisposto. Nel campo olografico apparvero parecchi strati di piccoli cubi. Nello strato superiore ce n’erano pochi, in alcuni il doppio, in altri molti di più. Oltre la metà degli strati, compreso quello superiore, erano di colore rosso; i restanti erano tutti azzurri.

— Molto grazioso — disse monsignor Peregrino.

Bosquinha si volse a Dom Cristão. — Lei riconosce lo schema?

Lui scosse il capo. — Però credo di sapere perché lei ha chiesto questa riunione.

Dona Cristã si piegò in avanti, sulla sedia. — Ci sarà pure un modo di mettere al sicuro le cose che vogliamo tenere per noi!

L’espressione di distaccato compiacimento svanì dalla faccia di monsignor Peregrino. — Io non so perché questa riunione è stata chiesta.

Bosquinha ruotò sullo sgabello girevole per guardarlo. — Ero molto giovane quando il Comitato per l’Esplorazione e la Colonizzazione mi elesse governatore della Colonia Lusitania. Fu un grande onore essere scelta e vedermi dare fiducia. M’ero appena laureata in Sociologia e Scienze Politiche, e aveva alle spalle una brevissima carriera nell’amministrazione di Oporto. Ciò che il Comitato evidentemente sottovalutò furono certi miei difetti, poiché avevo già fama d’essere sospettosa, intrigante e sciovinista.

— Lei ha anche virtù che tutti noi abbiamo imparato ad apprezzare — le concesse monsignor Peregrino.

Bosquinha sorrise. — La conseguenza del mio sciovinismo fu che appena ebbi in mano la colonia divenni più leale agli interessi di Lusitania che a quelli della Federazione Starways e dei Cento Mondi. La mia propensione all’intrigo mi aiutò a convincere il Comitato che, al contrario, la mia fedeltà agli interessi del Consiglio era a prova di bomba. E la mia sospettosità mi portò a credere che al Consiglio non passava neppure per il capo l’ipotesi di conferire un giorno a Lusitania l’indipendenza e uno stato uguale a quello degli altri Cento Mondi.

— Questo è naturale — la informò monsignor Peregrino. — Lusitania è una colonia.

— Noi non siamo una colonia — disse Bosquinha. — Siamo un esperimento. Ho studiato bene il nostro statuto, i nostri permessi, la legislazione e gli ordini federali emessi circa questo pianeta, e ho scoperto che le normali leggi per la tutela dell’intimità dei cittadini e degli enti pubblici non si applicano a noi. Questo significa che il Comitato ha illimitato potere di accesso a tutta la documentazione relativa ad ogni persona o istituzione su Lusitania.

Il vescovo s’accigliò, irritato. — Mi sta dicendo che il Comitato ha il diritto di mettere il naso nei documenti riservati della Chiesa?

— Ah! — disse Bosquinha. — Ecco un altro sciovinista.

— La Chiesa, qui, ha dei diritti ben precisati dal Codice Starways!

— Non se la prenda con me.

— Lei non me lo ha mai detto!

— Se gliel’avessi detto, lei avrebbe protestato, e loro avrebbero fatto finta di cedere. E io non avrei potuto fare quello che ho fatto.

— E sarebbe?

— Questo programma. Monitorizza tutti gli accessi fatti via ansible a ogni banco-dati di Lusitania.

Dom Cristão ridacchiò. — Lei non aveva alcun diritto di far questo.

— Lo so. Come dicevo, ho molti vizi e difetti. Ma il mio programma non ha mai rivelato una pesante intrusione. Be’… alcuni fascicoli personali spiati, quando i maiali hanno ucciso i nostri due xenologi, piccole indagini abbastanza scontate… ma niente di più. Fino a quattro giorni fa.

— Quando è arrivato l’Araldo dei Defunti — disse monsignor Peregrino.

Bosquinha fu divertita dal vedere che il vescovo collegava d’istinto le due cose e balzava a quelle che, per lui, erano le conclusioni più ovvie. — Tre giorni fa — spiegò, — è stato effettuato via ansible un sondaggio non distruttivo. L’operazione ha seguito uno schema interessante. — Si volse al terminale e cambiò l’immagine olografica. Ora mostrava soltanto gli strati più alti, rivelando con linee di colore le zone in cui erano avvenute le intrusioni, la data, i codici che erano stati oltrepassati e altri particolari. — Qualcuno ha ottenuto l’accesso a tutto ciò che riguarda gli xenologi e gli xenobiologi di Milagre: documenti, registrazioni, note di lavoro e fascicoli personali. E… sì, monsignore, anch’io pensai subito, e lo penso ancora, che tutto ciò fosse in qualche modo collegato all’Araldo.

— Sicuramente lui non ha nessuna autorità nella Federazione Starways — disse il vescovo.

Dom Cristão annuì gravemente. — Una volta San Angelo scrisse, nel suo diario privato, che nessuno salvo i Figli della Mente ha mai letto…

Il vescovo lo interruppe vivacemente: — Così i Figli della Mente hanno degli scritti segreti di San Angelo!

— Nessun segreto — disse Dona Cristã. — Quel diario è un documento che tutti possono consultare, senonché è molto prolisso e solo i suoi seguaci hanno la pazienza di leggerlo.

— Ciò che scrisse — continuò Dom Cristão, — è che l’Araldo Andrew è più vecchio di quanto s’immagina. Più vecchio della Federazione Starways, e a suo modo forse più potente.

Monsignor Peregrino sbuffò. — È un ragazzo. Non può avere neanche quarant’anni.

— Le vostre sciocche rivalità possono aspettare — disse seccamente Bosquinha. — Ho chiesto questa riunione per fronteggiare un’emergenza. E per fare una cortesia a voi, visto che io ho già stabilito quali provvedimenti saranno presi dal governo di questa colonia.

Gli altri si azzittirono.

Bosquinha riportò nel campo olografico la prima immagine. — Questa mattina il mio programma mi ha avvertita una seconda volta. Un’altra sistematica intrusione via ansible, con la differenza che ora non si tratta dell’operazione non-distruttiva di tre giorni fa. Stavolta tutti i dati appartenenti alla colonia sono sotto lettura ad alta velocità, e ciò implica che ogni nostra registrazione viene assorbita e duplicata da computer esterni al pianeta. Poi le direttive sono state modificate, in modo che un singolo ordine in codice inviato qui per ansible possa distruggere completamente tutto ciò che si trova nella memoria dei nostri computer. Questo accadrà al termine della lettura.

Bosquinha vide che monsignor Peregrino era stupefatto, mentre i due Figli della Mente non mostravano alcun segno di sorpresa.

— Perché? — ansimò il vescovo. — Distruggere programmi e registrazioni è… è quello che si fa a una nazione o a un pianeta che… che si ribella, che si vuole annientare, che si colpisce per…

— Vedo che anche voi — disse Bosquinha ai Figli della Mente, — siete rosi dal tarlo dello sciovinismo e del sospetto.

— Molto meno di lei, temo — disse Dom Cristão. — Ma anche noi monitorizziamo le intrusioni. Naturalmente abbiamo trasferito tutte le nostre registrazioni (con notevole spesa) ai monasteri dei Figli della Mente sugli altri mondi, e se qui fossero cancellate essi cercherebbero di farcene riavere una copia. Dubito tuttavia che, se fossimo dichiarati una colonia ribelle, tale restituzione dei dati sarebbe permessa. Così stiamo facendo anche copie stampate delle registrazioni più importanti. Non sarà possibile stampare tutto, ma cercheremo di mettere al sicuro il necessario per tirare avanti. Così il nostro lavoro non sarà completamente distrutto.

— Voi sapevate questo? — esclamò il vescovo. — E non mi avete detto niente?

— Mi scusi, monsignore, ma non ci era venuto in mente che voi non aveste pensato a cautelarvi.

— E magari vi siete anche detti che noi, infine, non facciamo un lavoro abbastanza importante da meritare d’essere stampato e tratto in salvo!

— Basta così! — ordinò Bosquinha. — Si potrà stampare soltanto una minima percentuale del materiale; su Lusitania non ci sono abbastanza stampanti per risolvere il problema. Non potremmo neppure mantenere i servizi basilari. Credo che resti poco più di un’ora prima che questo processo di copiatura via ansible sia completo, dopo di che loro saranno in grado di spazzare via tutte le nostre registrazioni quando vorranno. Ma anche se io avessi cominciato a far stampare materiale stamattina, all’inizio dell’intrusione, andremmo avanti al ritmo ridicolo di un centesimo dell’uno per cento al giorno prima d’aver copiato su carta tutti i nostri banchi-dati. La nostra comunità è troppo fragile, troppo vulnerabile davanti a un attacco di questo genere.

— Dunque siamo indifesi — mormorò il vescovo.

— No. Ma volevo rendervi chiara la gravità della nostra situazione, così da prepararvi ad accettare l’unica alternativa. Ed è un’alternativa che non vi piacerà affatto.

— Di questo non ho dubbi — borbottò monsignor Peregrino.

— Un’ora fa, mentre mi lambiccavo il cervello sul problema cercando di capire se vi fosse un qualche particolare tipo di registrazione immune a questo trattamento, ho scoperto che qui esiste una persona i cui dati non venivano neppure sfiorati dal programma messo in opera contro di noi. Dapprima ho pensato che questo accadeva perché è un framling, ma la ragione è molto più sottile. L’Araldo dei Defunti non ha dati registrati nei computer di Lusitania.

— Neppure uno? Impossibile — dichiarò Dona Cristã.

— Tutti i suoi dati sono mantenuti via ansible. Con un contatto esterno al pianeta. Ogni cosa che lo riguardi, dal telecodice al fascicolo personale, ogni messaggio e autorizzazione, gli arriva qui da qualche altro posto con cui è collegato in linea diretta. Capite?

— E tuttavia lui ha accesso a quei dati… — disse Dom Cristão.

— È come invisibile alla Federazione Starways. Se loro mettessero l’embargo a tutti i dati in arrivo e in partenza da Lusitania, la sua linea resterebbe libera, perché i computer non la registrano come un possibile sistema di trasferimento dati. Dunque ogni dato rimarrebbe accessibile… anche se non fosse più nelle memorie computerizzate di Lusitania.

— E lei sta suggerendo — disse il vescovo stringendo le palpebre, — che noi dovremmo trasferire tutte le nostre registrazioni al banco-dati di quel… quell’innominabile straniero infedele?

— Io vi sto dicendo che questo è esattamente ciò che ho fatto. Il trasferimento della documentazione più vitale e importante dell’amministrazione pubblica è quasi completato. È stato canalizzato con un programma di priorità, ad altissima velocità, così va molto più in fretta dell’assorbimento messo in atto dalla Federazione. Io vi offro di utilizzare la stessa priorità per il trasferimento dei vostri documenti e programmi. Se non volete farlo… be’, vuol dire che ne approfitterò per trasmettere subito anche le registrazioni governative d’importanza secondaria.

— Ma lui potrebbe leggere tutti i nostri documenti riservati! — protestò il vescovo.

— Sì, è ovvio.

Dom Cristão scosse il capo. — Non lo farà, se glielo chiediamo.

— Lei è ingenuo come un bambino — disse monsignor Peregrino. — Niente gli impedirebbe di tenersi le nostre registrazioni, per non restituircele mai più. Ci avrebbe nelle sue mani.

Bosquinha annuì. — Questo è vero. Avrà in mano tutto quello che per noi è vitale, e potrà tenerselo o ridarcelo a suo piacimento. Ma sono convinta che sia un brav’uomo, disposto ad aiutarci nel momento del bisogno.

Dona Cristã si alzò. — Scusatemi — disse. — Vorrei cominciare immediatamente a trasferire certi programmi essenziali.

Bosquinha operò brevemente sul terminale del vescovo e le lasciò il posto. — Ora non deve far altro che istruire il suo computer su quali registrazioni vuole accordare alle mie. Saranno trasmesse al banco-dati dell’Araldo Andrew con lo stesso codice di precedenza.

— Quanto tempo ci resta? — chiese Dom Cristão. Sua moglie stava già battendo freneticamente sulla tastiera.

— Il cronometro è qui in alto. — Bosquinha allungò una mano nel campo olografico e sfiorò un display su cui scorreva un conteggio alla rovescia.

— Lascia perdere i programmi che abbiamo già stampato — disse Dom Cristão. — Quelli potremo reinserirli in seguito. Dai la precedenza ai banchi B/K e al funzionamento dei sistemi computerizzati da A2 a TT/2.

Bosquinha si volse al vescovo. — Sapevo che per lei sarebbe stato difficile.

Peregrino emise una risata sarcastica. — Difficile!

— Spero che lei consideri i pro e ì contro, prima di rifiutare…

— Rifiutare! — esclamò il vescovo. — Mi prende per un idiota? Non c’è dubbio che io detesti la pseudo-religione di quel blasfemo Araldo dei Defunti, ma se questo è l’unico modo che Dio ci ha dato per preservare le vitali registrazioni della Chiesa, sarei un Suo ben misero servo se mi lasciassi accecare dall’orgoglio. I nostri archivi non sono ancora pronti per essere inseriti su un programma di priorità, e questo prenderà qualche minuto, ma spero che i Figli della Mente si sbrighino, in modo da lasciare anche a noi il tempo necessario.

— Quanto pensa che le occorrerà per il trasferimento? — chiese Dom Cristão.

— Non molto. Dieci minuti al massimo, credo. — Peregrino accese un interfono e diede alcuni ordini al suo segretario.

Bosquinha ne fu piacevolmente sorpresa. Aveva temuto che il vescovo insistesse per far duplicare tutto il suo archivio prima di consentire ai Figli della Mente di andare avanti, se non altro per stabilire la priorità della curia vescovile sul monastero. Ma l’uomo si rifece, degnandosi di protendere la mano sinistra a Dom Cristão.

— La ringrazio, monsignore — disse lui, baciando l’anello del vescovo.

Peregrino inarcò freddamente un sopracciglio. — Non deve guardarmi così stupita, sindaco Bosquinha. I Figli della Mente lavorano con la conoscenza terrena, così dipendono molto di più dalle macchine. Madre Chiesa lavora con le cose dello spirito, perciò alle macchine affidiamo soltanto il minimo indispensabile. In quanto ai nostri testi, siamo così antiquati e ligi alle tradizioni da tenere un gran numero di opere rilegate in cuoio nella biblioteca della curia. La Federazione Starways non potrà rubarci la parola di Dio e gli scritti dei santi più illuminati. — Sorrise, ovviamente con malizia. Bosquinha gli restituì un sorriso allegro.

— C’è un piccolo particolare — disse Dom Cristão. — Dopo che i nostri banchi di memoria saranno stati cancellati, e noi ne riavremo indietro il contenuto da quello dell’Araldo, cosa impedirà alla Federazione di ripetere questo gesto quante volte vorrà?

— Non posso darle una risposta semplice — disse Bosquinha. — Ciò che faremo dipende da quello che la Federazione ha deciso di mettere in atto. Forse non distruggeranno affatto le nostre registrazioni. Forse ci restituiranno subito i programmi tecnici più indispensabili, dopo questa dimostrazione del loro potere. Ma dal momento che non so affatto perché stanno piombando su di noi a questo modo, come posso prevedere fino a che punto si spingeranno? Tuttavia, anche se ci daranno la possibilità di mostrarci leali al Consiglio, è ovvio che resteremo vulnerabili a eventuali altri atti disciplinari dello stesso genere.

— Ma se, per qualche ragione, fossero decisi a trattarci come ribelli?

— Be’, se finissimo dalla padella nella brace potremmo registrare di nuovo tutto nei nostri computer e… tagliare fuori l’ansible.

— Dio ce ne scampi! — disse Dona Cristã. — Allora saremmo completamente soli.

Monsignor Peregrino si mostrò seccato. — Che idea assurda, sorella Detestai o Pecado. Pensa forse che Cristo ci parli via ansible? O che il Consiglio abbia il potere di tappare la bocca allo Spirito Santo?

Dona Cristã arrossì e si rimise a lavorare al terminale.

Da lì a poco il segretario del vescovo venne a consegnargli una lunga lista di dati relativi al loro archivio. — Potete depennare da questo la mia corrispondenza personale — disse Peregrino. — Che sia la Chiesa a decidere se le mie lettere meritano d’essere conservate. Per me non hanno alcun valore.

— La curia è pronta — disse Dom Cristão alla moglie. Subito lei si alzò, lasciando il terminale a disposizione del segretario.

— A proposito — disse Bosquinha. — Penso che vi interessi saperlo. L’Araldo ha annunciato che questa sera, al praça, terrà l’elegia per Marcos Ribeira. — Controllò l’orologio. — Sta per cominciarla, anzi.

— E cosa le fa credere — disse acidamente il vescovo, — che questo possa riguardare me?

— Pensavo che avrebbe voluto mandare una rappresentanza.

— Grazie per averci informati — disse Dom Cristão. — Io assisterò senz’altro. M’interessa sentir parlare l’Araldo che fece l’elegia per San Angelo. — Guardò il vescovo. — Le porterò io una registrazione, se lo desidera.

Il vescovo s’appoggiò allo schienale della poltrona, con un sorrisetto storto. — Grazie, ma per la bisogna basterà uno dei miei diaconi.

Bosquinha uscì dall’ufficio e saltellò svelta giù per le scale fino a una porta laterale della curia. Avrebbe dovuto tornare subito in municipio, adesso, perché qualunque cosa la Federazione stesse facendo i loro ordini non avrebbero tardato ad arrivare, e lei doveva essere lì a riceverli.

Aveva preferito non discutere la cosa con i leader religiosi poiché quelli non erano fatti loro, ma sapeva benissimo, almeno nelle linee generali, perché la Federazione stava agendo così. I paragrafi che davano al Consiglio il diritto di trattare Lusitania come una colonia ribelle erano tutti collegati alle leggi che regolavano il contatto con la razza dei maiali.

Era chiaro che gli xenologi avevano fatto qualcosa di grossolanamente erroneo. E poiché a Bosquinha non risultava alcuna infrazione alla legge, doveva trattarsi di qualcosa tanto vasto da esser stato ripreso dai satelliti, il solo servizio di sorveglianza che trasmetteva direttamente al Comitato senza che i dati passassero per il municipio. Bosquinha aveva cercato invano d’immaginare cosa potessero aver fatto Miro e Ouanda. Dato fuoco a una foresta? Abbattuto alberi? Causato una guerra fra le tribù dei maiali? Tutte queste ipotesi le apparivano assurde.

Aveva tentato di chiamarli per interrogarli, ovviamente, ma il loro computer sapeva soltanto che erano usciti. Fuori dal cancello, nella foresta, senza dubbio per continuare quella stessa attività che aveva portato sull’orlo della distruzione l’intera Colonia Lusitania. Bosquinha cercò di ricordare a se stessa che i due erano ragazzi, e che doveva trattarsi di qualche ridicolo errore giovanile.

Ma non erano giovani a quel punto, ed erano fra le menti più brillanti di una comunità che aveva una media intellettuale piuttosto elevata. Era una cosa saggia che la Federazione considerasse fuorilegge strumenti da tortura tipo fruste e ferri roventi. Perché per la prima volta in vita sua Bosquinha era così furibonda che avrebbe potuto giungere ad usarli con le sue mani, se li avesse posseduti. Io non so cos’aveste intenzione di fare, Miro e Ouanda, e non so cos’abbiate fatto. Ma, qualunque sia lo scopo che avete perseguito, questa comunità sarà costretta a pagarne il prezzo. E in un modo o nell’altro, se esiste giustizia, io farò in modo che ne scontiate le conseguenze.


Molta gente aveva dichiarato che non sarebbe andata a sentire nessuna elegia. Erano buoni cattolici, no? E il vescovo non aveva forse detto che quell’Araldo parlava con la voce di Satana?

Ma c’erano altre cose che si sussurravano ormai da qualche giorno. Dicerie infondate, con ogni probabilità, e tuttavia Milagre era una piccola città dove i pettegolezzi erano la salsa sulla pietanza della vita; ed essi non servivano a nessuno, a meno che non circolassero in modo che se ne potesse discutere. A scorno dei progressi scientifici, il pettegolezzo era sempre il mezzo di comunicazione più veloce dell’ansible. Così era subito corsa voce che la figlioletta di Marcão, Quara, che non aveva mai aperto bocca davanti a nessuno, era diventata tanto ciarliera da farsi rimproverare perfino in classe. E Olhado, quel ragazzo scostante con i ripugnanti occhi di metallo, si diceva che d’improvviso fosse amichevole ed espansivo con tutti. Schizofrenici? Posseduti dal demonio? Nelle chiacchiere cominciò a infiltrarsi l’insinuazione che l’Araldo avesse il tocco risanatore, o l’occhio del diavolo, o che potesse levare e mettere una fattura, o che riuscisse a farsi ubbidire grazie a poteri ipnotici. Le voci non giungevano agli orecchi di tutti, naturalmente, e pochi ci credevano davvero. Ma nei quattro giorni che corsero fra l’arrivo dell’Araldo e l’annuncio dell’elegia per il defunto Marcos Maria Ribeira la comunità di Milagre decise (o meglio, ciascuno giunse privatamente alla decisione) che sarebbe intervenuta all’elegia e avrebbe ascoltato quello che l’Araldo aveva da dire, con o senza il beneplacito di sua eminenza il signor vescovo.

I cinici avevano subito capito l’errore di mons. Peregrino. Definendo satanico l’Araldo, lo aveva posto d’autorità all’estremo rispetto a tutti i buoni cattolici. Lo straniero era dunque l’opposto di loro, e una posizione simile doveva pur essersela meritata per un solido motivo. Quelli teologicamente non sofisticati avevano sempre saputo che Dio e il Diavolo avevano pari poteri, qualunque cosa ne dicessero i preti, con la differenza che, mentre i poteri di Dio erano monotonamente tesi al bene, quelli del Diavolo facevano leva sulla paura, sul bizzarro, sull’orrido, e suscitavano molta più curiosità e interesse. Inoltre, a convincere i più indecisi, accadde che quel giorno tutti i programmi televisivi trasmessi via ansible dai Cento Mondi s’erano interrotti, con gran disgusto delle massaie di Milagre, e verso sera perfino i filmati che ogni famiglia immagazzinava a migliaia nel suo terminale scomparvero di colpo, come se il guasto inspiegabile si fosse esteso anche alle registrazioni.

Così, anche se l’annuncio dell’elegia fu dato appena un’ora prima del suo inizio, il praça era pieno di gente. Moiti s’erano fatti ricevere dagli amici sui balconi e alle finestre delle case circostanti, e tutti gli spazi erbosi erano affollati di cittadini a cui quella ressa non dispiaceva affatto, perché vi vedevano la conferma che gli altri erano curiosi quanto loro. Nessuno dava più voce ai pettegolezzi: in pubblico si esibiva il distaccato scetticismo delle persone colte. Ma essi erano lì, come un’atmosfera di cui si avvertiva la presenza, e i più sensibili s’erano già accorti che per qualche motivo la folla era meno rumorosa di quel che ci si poteva aspettare. Il sindaco Bosquinha aveva — come previsto dalla legge — fornito l’Araldo del semplice microfono a risonanza che usava anche lei nelle rare riunioni pubbliche. La gente s’era disposta in un vasto semicerchio attorno alla piattaforma da cui lo straniero avrebbe parlato, e quasi tutti gli occhi erano già puntati sulle persone sedute in fila su di essa. Non erano poche. Al centro la famiglia di Marcão, naturalmente. Accanto a loro il sindaco, naturalmente. Ma c’erano anche Dom Cristão e Dona Crista, e parecchi sacerdoti della curia in abito talare. E poi il dr. Navio; la vedova di Pipo, Conceição, l’anziana archivista; la vedova di Libo, Bruxinha, e le sue figlie. Correva voce che l’Araldo avrebbe fatto l’elegia anche per Pipo e per Libo, un giorno o l’altro.

E ad un tratto, proprio mentre l’Araldo saliva sulla piattaforma, all’ingresso del praça si levò un mormorio che fece voltare tutti: era arrivato monsignor Peregrino. Non indossava l’abito talare, ma il suo poco vistoso completo clericale da tutti i giorni. Venuto lì personalmente, ad ascoltare un uomo da lui definito blasfemo! Molti cittadini di Milagre si prepararono per i succosi pettegolezzi dell’indomani, altri fremettero: il vescovo intendeva levare la mano a invocare un fulmine sul servo di Satana? Oppure avrebbe atteso una parola sbagliata dell’Araldo per accusarlo di bestemmia e far intervenire immediatamente le guardie?

L’Araldo s’era intanto fermato davanti al microfono, e attendeva che quei mormoni tacessero. Era un uomo giovane, abbastanza alto e d’aspetto piacente, ma la sua carnagione pallida lo faceva sembrare malaticcio a paragone delle varie sfumature olivastre dei Lusos. Anche un po’ fantomatico. La gente tacque, e lui cominciò a parlare:

— Tre erano i nomi con cui lo conoscevate. L’anagrafe registra il primo, quello ufficiale: Marcos Maria Ribeira. E due date: nato nel 1929, morto nel 1970. Lavorava nella fonderia, al materiale d’acciaio. Non ebbe mai incidenti. Non fu mai arrestato. Aveva una moglie e sei figli. Un cittadino modello, poiché non fece mai nulla di tanto grave da restare scritto nel suo fascicolo personale.

Molti degli spettatori provarono un vago disagio. S’erano attesi un oratore, mentre il tono dell’Araldo non sapeva affatto di comizio. E le sue parole non avevano nulla della formalità religiosa dei sermoni: semplici e pacate, gli uscivano di bocca come in un discorso fra amici. Soltanto pochi notarono come proprio quella semplicità bastasse a renderlo fortemente credibile. Non stava dicendo la Verità con l’accompagnamento di trombe; si limitava a raccontare la verità, quella di cui non si dubita poiché sono presenti persone che l’hanno vista accadere. Monsignor Peregrino fu uno di quelli che lo notò, e non ne fu lieto. L’Araldo gli appariva sempre più un avversario poco vulnerabile al suo modo di fare fuoco e fiamme dal pulpito.

— Il suo secondo nome era Marcão. Grosso Marcos. Perché era un colosso d’uomo. Raggiunse la sua altezza da adulto molto precocemente. Quanti anni aveva quando cominciò a sfiorare i due metri? Undici? Dodici al massimo. La sua robustezza fisica lo rese prezioso nella fonderia, dove solo i lavori pericolosi sono lasciati ai robot e la forza conta ancora. A volte la vita dei compagni dipendeva dalle braccia vigorose di Marcão.

Gli uomini della fonderia che erano nel praça annuirono. S’erano trovati d’accordo sulla decisione che nessuno di loro avrebbe mai parlato al framling ateo. Ovviamente qualcuno invece l’aveva fatto, ma ora era bene che l’araldo accennasse alla loro fatica, e non sbagliava a dire che quello era proprio il modo in cui ricordavano Marcão. In quel momento ognuno di essi desiderò essere quello che aveva parlato all’Araldo di Marcão. Non sospettarono che lui non avesse, in realtà, contattato nessuno di loro. Dopo tutti quegli anni erano molte le cose che Andrew Wiggin sapeva senza bisogno di domandarle.

— Il suo terzo nome era Cão. Cane.

Ah, sì, pensarono i Lusos. Questo è giusto quel che si dice degli Araldi dei Defunti. Non hanno rispetto per i morti, nessun decoro.

— Questo era il nome con cui vi riferivate a lui quando sentivate dire che sua moglie, Novinha, aveva un altro occhio nero, o camminava zoppicando, o aveva un labbro spaccato. Nel farle questo lui si comportava come un animale.

Come osava dire questo? Ribeira era morto! Ma dietro la rabbia dei lusitani era qualcos’altro ciò che li pungeva. Quasi tutti ricordavano di aver pronunciato o sentito dire quelle stesse parole. L’indiscrezione dell’Araldo stava nell’aver ripetuto in pubblico ciò che loro erano abituati a dire quando Marcão era vivo.

— Non che a uno solo di voi piacesse Novinha, questa donna fredda che mai si preoccupava di darvi il buongiorno. Ma lei era più piccola del marito, ed era la madre dei suoi figli, e quando lui la picchiava si meritava il nome di Cão.

Adesso i presenti erano imbarazzati e si scambiavano sussurri. Quelli seduti sull’erba davanti alla piattaforma fissarono Novinha e distolsero lo sguardo, chiedendosi come reagiva a quelle parole e consci che in effetti lei non era mai piaciuta a nessuno, neppure quando avevano mostrato di provarne pietà.

— Ditemi, è questo l’uomo che conoscevate? Passava nei bar più tempo di chiunque altro, ma senza farsi un solo amico neanche lì, dove l’alcol indurrebbe chiunque almeno al cameratismo. Non sapreste dirmi neppure quanto ne beveva, perché era cupo e litigioso quando entrava, e cupo e litigioso quando usciva. Non lo avete mai sentito dire che aveva un amico, e nessuno di voi è mai stato lieto di vederlo arrivare e di averlo vicino. Questo è l’uomo che molti di voi conoscevano. Cão. Difficile considerarlo un vero uomo, no?

Sì, pensarono loro. Così era quell’uomo. Ora l’indignazione sollevata dalla sua indelicatezza era svanita. S’erano accorti che l’Araldo non intendeva usare eufemismi in quella storia. Ma erano ancora a disagio, perché captavano una nota d’ironia, e non nella sua voce ma nel significato di quel che diceva. «Difficile considerarlo un uomo» aveva affermato, ma come se volesse sfidarli, e si rendevano più o meno conto che l’Araldo, mentre capiva ciò che pensavano, non era necessariamente d’accordo con loro.

— Pochi altri, gli uomini della fonderia in Bairro das Fabricadoras, lo conoscevano come un braccio forte su cui potevano contare. Voi sapevate che non aveva mai detto di poter fare una cosa se non era certo che le sue mani avrebbero potuto farla. Potevate far conto su di lui. Così, entro i muri della fonderia, aveva il rispetto altrui. Ma quando voi uscivate da quella porta lo trattavate come tutti gli altri: lo ignoravate, o ne pensavate male.

L’ironia era chiara, adesso. Benché l’Araldo non desse alcuna inflessione alla sua voce — sempre pacata e semplice come aveva cominciato — gli uomini che avevano lavorato con Marcão se la sentivano dentro, e in più pensavano: non avremmo dovuto ignorarlo così; se aveva dei meriti in fonderia potevamo trovare qualcosa in lui anche fuori.

— Alcuni di voi sanno anche un’altra cosa di cui non parlano. Voi che lo conosceste da bambino… voi gli deste nome Cão molto prima che se lo fosse meritato. Avevate dieci, undici, dodici anni. Ragazzini. Lui cresceva più in fretta. Provavate un po’ di vergogna accanto a lui. E paura, perché vi faceva sentire deboli.

Dom Cristão mormorò a sua moglie: — Sono venuti per i loro pettegolezzi, e lui gli sbatte in faccia le loro responsabilità.

— Così lo trattaste come gli esseri umani hanno sempre trattato le cose più grandi di loro — continuò l’Araldo. — Faceste gruppo contro di lui. Come cacciatori che volessero vedere a terra il mastodonte. Come picadores decisi a indebolire un toro troppo forte. Piccole cattiverie, scherzi antipatici, calunnie: facciamolo correre a vuoto, così non capirà che da parte gli arriva il prossimo colpo, giragli le banderillas sotto la pelle, indeboliscilo, fallo soffrire, fallo ammattire. Perché, grosso com’è, tu questo puoi farglielo. Puoi farlo gridare. Puoi farlo correre. Puoi farlo piangere. Vedi? Dunque è più debole di te, dopotutto.

Ela strinse i denti, irritata. Lei aveva voluto accusare Marcão, non scusarlo. Il solo fatto d’aver avuto un’infanzia dura non poteva dargli il diritto di prendere a pugni Mamma quando voleva sfogarsi.

— Non c’è da vergognarsi di questo. Eravate ragazzi, e i ragazzi sono crudeli perché non riflettono. Oggi non lo fareste. Ma ora che vi ho ricordato la causa, potete vedere sotto un’altra luce l’effetto. Voi lo chiamaste cane, e lui diventò un cane. Per il resto della sua vita. Azzuffandosi con gente più debole. Picchiando sua moglie. Urlando parole così crudeli a suo figlio Miro da farlo ogni volta scappare fuori di casa. Agiva spinto da ciò che avevate messo in lui, diventava ciò che lo avevate accusato d’essere.

Sei uno sciocco, pensò monsignor Peregrino. Se la gente reagisse sempre così al modo in cui viene trattata, allora nessuno sarebbe responsabile di niente. E se i tuoi peccati non sono colpa tua, come puoi dirtene pentito?

Quasi che avesse udito la silenziosa obiezione del vescovo, l’Araldo alzò una mano e spazzò da parte le sue stesse parole. — Ma la risposta più facile non è quella vera. Non furono i vostri tormenti a fare di lui un violento, no… essi ne fecero un uomo triste. E poiché i tormenti non cessavano lui imparò anche a smettere di odiarvi. Era un semplice, e non sapeva portare rancore. La sua ira si mutò in sospettosità verso gli altri. Sapeva che lo disprezzavate e imparò a vivere senza di voi. In pace.

L’Araldo fece qualche istante di pausa, poi diede voce alla domanda che il pubblico gli stava ponendo in silenzio: — Dunque perché diventò l’uomo crudele che avete conosciuto? Pensateci un momento. Chi fu che sopportò la sua crudeltà? La moglie. 1 figli. Certi uomini si accaniscono sulla moglie e sui figli perché bramano l’autorità, ma sono troppo deboli o stupidi per guadagnarsi autorità nel mondo esterno. Una moglie indifesa e dei figli, legati a un uomo simile dalla necessità e dalle usanze e (perché no?) dall’amore ne sono le vittime, i soli che lui abbia la forza di dominare.

, pensò Ela, gettando uno sguardo di straforo a sua madre, questo è ciò che volevo. È per questo che gli ho chiesto di parlare di mio padre.

— Ci sono uomini di questo genere — disse l’Araldo. — Ma Marcos Ribeira non era uno di essi. Pensateci un momento. Avete mai sentito dire che abbia picchiato uno dei suoi figli? Mai? Voi che lavoravate con lui: ha mai cercato d’imporvi con la forza la sua volontà? Si mostrava furioso quando le cose non andavano a suo modo, in fonderia? Marcão non era debole, né crudele. Era un uomo forte, ma non voleva dominare. Voleva amore. Non chiedeva sottomissione. Chiedeva lealtà.

Monsignor Peregrino ebbe un sorriso duro, l’espressione di un duellante che saluta il valore dell’avversario. Tu segui una tattica tortuosa, Araldo, saltelli intorno alla verità e la saggi con finte e colpetti. E quando affondi la spada, quella è la stoccata mortale. Questa gente è venuta qui a divertirsi e tu ne hai fatto un bersaglio; gli configgerai la lama fino al cuore.

— Alcuni di voi ricorderanno un episodio — disse l’Araldo. — Accadde quando Marcos aveva circa tredici anni, e così voi, i suoi coetanei. Lo tormentavate, sul prato della collina, dietro la scuola. Lo attaccaste con più cattiveria del solito. Lo prendeste a sassate, lo frustaste con i taglienti steli di capim. Lui sanguinava un poco, ma sopportò, cercò di evitarvi, vi chiese di smetterla. Poi uno di voi lo colpì duramente allo stomaco… facendogli più male di quanto immaginate, perché già allora era ammalato del morbo che infine lo uccise. Ancora non s’era mai accorto di come fosse doloroso il male che lo minava, e a quel colpo si sentì morire. Ne fu terrorizzato. Lo stavate uccidendo. Così reagì, e si scagliò su di voi.

Come ha fatto a saperlo? pensarono sei o sette uomini. È successo tanto tempo fa. Chi glielo ha detto? La cosa ci era sfuggita di mano, ecco tutto. Non volevamo fargli del male… quando il suo pugno ha colpito, è stato come il calcio di un cabras…

— A restare in terra avrebbe potuto esser anche un altro, uno qualsiasi di voi. Sapevate che lui era ancor più forte di quel che temevate. Ciò che vi spaventava di più, però, era il vedervi arrivare addosso una punizione che meritavate. Così chiamaste aiuto. E quando gli insegnanti accorsero, cosa videro? Un ragazzino a terra, sanguinante, in lacrime. E un giovane colosso con qualche graffio sulle braccia, che diceva: scusa, non volevo farti questo. E una mezza dozzina di altri che gridavano: lo ha colpito, lo ha aggredito senza nessuna ragione, noi abbiamo cercato di fermarlo ma Cão è troppo grosso, e picchia sempre i ragazzi più deboli.

Il piccolo Grego si sentì coinvolto. — Mentirosos! — gridò. Quei ragazzini avevano mentito! Alcune persone nei pressi ridacchiarono. Quara lo azzitti.

— Con tanti testimoni — continuò l’Araldo, — gli insegnanti non ebbero altra scelta che credere a quell’accusa. Finché una fanciulla non si fece avanti e freddamente li informò che aveva visto tutto: Marcos aveva agito solo per difendersi da un’aggressione immotivata, persecutoria e crudele da parte di una banda di ragazzini che l’avevano assediato come cães, come cani. La sua testimonianza fu immediatamente accettata per veritiera. Dopottutto, lei era la figlia degli Os Venerados.

Grego guardò sua madre con occhi colmi d’ammirazione, poi balzò in piedi e annunciò a quelli che gli stavano attorno: — A mamãe o libertou! — La mia mamma lo ha salvato! La gente rise, e molti si volsero a osservare Novinha. Ma lei esibì una maschera inespressiva, rifiutandosi di accettare la loro momentanea simpatia per suo figlio. Gli altri distolsero lo sguardo, offesi.

— Novinha, sì — annuì l’Araldo. — I suoi modi freddi e il suo ingegno brillante ne avevano già fatto un paria fra voi, come Marcão. Nessuno dei presenti può ricordare d’aver ricevuto da lei un gesto amichevole. Ma ecco che interveniva per salvare Marcão. Be’… voi conoscete la verità. Non stava salvando Marcão: si limitava a impedire che gli altri se ne andassero trionfanti.

Gli spettatori annuirono e sorrisero con aria saputa, specialmente quelli davanti alle cui cortesie lei aveva sdegnosamente storto il naso. Questa è Dona Novinha, la biologista, troppo intellettuale per confondersi con noi.

— Marcos non la vide a questo modo. Gli era stato detto che era un cane tanto spesso che quasi ci credeva. E Novinha gli mostrava comprensione, come con un essere umano. Una fanciulla attraente, un’intelligenza limpida, la figlia dei santi Venerados, sempre sola e distaccata come una giovane dea, che si faceva avanti fra i suoi nemici e lo salvava quando già si vedeva perduto. Lui seppe di adorarla. E sei anni più tardi la sposava. Non è una storia romantica?

Ela si volse a Miro, che rispose al suo sguardo inarcando un sopracciglio. — Quasi ti ha fatto amare quel vecchio bastardo, no? — disse il giovane.

D’improvviso, dopo una lunga pausa, la voce dell’Araldo eruppe alta e quel cambiamento di tono li sorprese, facendoli trasalire: — Perché mai allora lui cominciò a odiarla, a picchiarla, a disprezzare i suoi figli? E perché questa donna così brillante e indipendente sopportò tutto senza opporsi? Avrebbe potuto metter fine al matrimonio in qualsiasi momento. Certo, la Chiesa non concede il divorzio, però c’è sempre una via d’uscita, e lei non sarebbe stata l’unica donna di Milagre ad aver abbandonato il marito. Avrebbe potuto prendere i figli con sé, e metter fine alle sue e alle loro sofferenze. Ma non lo fece. Sia il sindaco che il vescovo le suggerirono che esistevano gli estremi per lasciarlo. E lei rispose loro che non s’impicciassero e andassero all’inferno.

Molti Lusos risero. Non avevano difficoltà a immaginare la gelida scortesia con cui lei aveva rimbeccato il sindaco Bosquinha e il vescovo. Forse non conoscevano bene Novinha, ma abbastanza da sapere che era la sola persona, a Milagre, contro cui anche le autorità potevano andare a sbattere il naso malamente.

Monsignor Peregrino non aveva dimenticato la scena che s’era svolta nel suo ufficio dieci anni prima. Lei non aveva usato esattamente le parole citate dall’Araldo, ma il significato era stato quello. E tuttavia il colloquio non aveva avuto testimoni. Lui non ne aveva parlato con nessuno. Chi era questo Araldo, e come poteva conoscere particolari di cui avrebbe dovuto essere all’oscuro?

L’Araldo attese che le risatine si spegnessero, e riprese: — C’era un legame che li teneva uniti in un matrimonio da entrambi ormai odiato. Questo legame era la malattia di Marcão.

La sua voce si abbassò di nuovo. I Lusos tesero gli orecchi.

— Essa aveva snaturato la sua vita fin dal momento in cui era stato concepito. I geni ereditati dai genitori si combinarono in tal modo dentro di lui che, all’inizio della pubertà, le cellule delle sue glandole cominciarono a trasformarsi inesorabilmente in una massa amorfa di tessuto grasso. Il dottor Navio può dirvi meglio di me come progredì il morbo. Fin da bambino Marcão sapeva quali fossero le sue condizioni; i suoi genitori ne erano stati informati prima di morire nella Descolada; Gusto e Cida l’avevano scoperto durante gli esami genetici da loro eseguiti su ogni essere umano di Lusitania. Ma ormai essi erano morti. E fra i vivi, soltanto una persona conosceva la triste eredità genetica di Marcão, e ne era al corrente perché l’archivio dei suoi genitori era stato lasciato a lei: Novinha.

Il dr. Navio si accigliò, perplesso. Se lei ne era stata al corrente prima di sposarsi, sicuramente sapeva che gli affetti da quella malattia erano sterili. Perché avrebbe dovuto sposarlo, se sulla loro possibilità di avere figli gravava una simile tara? Soltanto allora Navio seppe ciò che avrebbe dovuto capire prima: Marcão non era stato un’eccezione per quanto riguardava il decorso della malattia. Non c’erano eccezioni. Il volto del medico avvampò di rossore. Ciò che l’Araldo stava per dire in pubblico era semplicemente inaudito.

— Novinha sapeva che Marcão avrebbe avuto vita breve — disse l’Araldo. — Sapeva anche, prima di sposarlo, che lui era completamente sterile.

Ci volle qualche istante perché il significato di quelle parole fosse compreso. Ela ebbe l’impressione che tutte le viscere del suo corpo si rimescolassero. Senza bisogno di girarsi a guardarlo seppe che Miro s’era raggelato, facendosi mortalmente pallido.

Ignorando i mormoni che si levavano dalla folla, l’Araldo proseguì: — Io ho preso visione degli esami genetici. Marcos Maria Ribeira non poteva avere figli e non ne ebbe mai. Sua moglie partorì dei figli, ma essi non erano suoi. Lui lo sapeva, ovviamente, come lo sapeva lei, perché questo era parte del patto che essi fecero prima di sposarsi.

I mormoni salirono di tono, ci furono esclamazioni e commenti stupefatti, e mentre il vocio degli spettatori si faceva sempre più alto, Quim balzò in piedi e urlò inferocito, rivolto all’Araldo: — Mia madre non è un’adultera! Ti ucciderò per aver osato dire che è una prostituta!

La sua ultima parola echeggiò nel silenzio. L’Araldo non rispose. Si limitò ad attendere, senza distogliere lo sguardo dal volto bruciante di collera del ragazzo, finché Quim, d’un tratto, capì che a pronunciare quella parola era stata la sua stessa voce, e non quella dell’Araldo. Trasalì. Si volse a fissare sua madre, che sedeva rigida e con le mani strettamente unite in grembo, come per impedire che tremassero. — Diglielo tu, mamma! — ansimò. La sua voce suonò più acuta e supplichevole di quel che avrebbe voluto.

Lei non rispose. Non disse una parola e neppure lo guardò. Se il ragazzo avesse avuto occhi per vedere avrebbe capito che il suo silenzio era una confessione, che la sua immobilità era rimorso e vergogna, come se le parole dell’Araldo fossero state quelle che Dio stesso avrebbe detto in risposta alla richiesta di Quim. Il ragazzo fece un passo avanti, mentre in lui risuonavano le parole di Padre Mateu: Dio condanna gli adulteri, poiché essi insozzano la santità della creazione da Lui donata con il matrimonio, generano al di fuori di esso e si abbassano allo stesso livello degli animali. Quim sentì in bocca il sapore della bile. Ciò che aveva detto l’Araldo era vero.

— Mamae — esclamò a voce alta, ostile, sfottente, — Quem fôde p’ra fazerme?

Chi l’aveva udito ansimò. Olhado scattò in piedi e sollevò i pugni verso di lui. Soltanto allora Novinha reagì, e allungò un braccio per impedire a Olhado di gettarsi sul fratello. Quim non s’accorse neppure che Olhado s’era levato a difesa della madre; tutto ciò che riusciva a pensare era che Miro non lo aveva fatto. Anche Miro sapeva che era vero.

Respirando affannosamente Quim si guardò attorno, come smarrito, e per qualche attimo parve vacillare; poi saltò giù dalla piattaforma e a gomitate si aprì la strada fra la gente. Nessuno gli rivolse una parola, anche se gli sguardi di tutti lo seguivano. Se Novinha avesse negato l’accusa loro l’avrebbero creduta, avrebbero addirittura aggredito l’Araldo per aver osato imputare un peccato di quel genere alla figlia degli Os Venerados. Ma lei non aveva negato. Aveva ascoltato le parole oscenamente accusatrici di suo figlio e non s’era alzata a colpirlo. Era vero. E adesso tutti assistevano morbosamente affascinati. Pochi erano così sensibili da preoccuparsi delle conseguenze. Ciò che volevano sapere era il nome dell’uomo con cui Novinha aveva commesso l’adulterio.

Con voce fin troppo pacata l’Araldo continuò la sua storia. — Dopo la morte dei suoi genitori, e prima che i suoi figli nascessero, due sole furono le persone che Novinha amò con tutto il cuore. Pipo fu un secondo padre per lei. Fu l’ancora a cui ella poté legare la sua vita e trattenerla dall’andare alla deriva. Per pochi e brevi anni, grazie a lui seppe cosa significasse avere una famiglia. Poi Pipo morì, e Novinha si persuase che era stata lei ad ucciderlo.

Gli occhi della gente s’erano però spostati su Quara, che era andata a inginocchiarsi accanto a Ela. — Perché Quim è così arrabbiato? — la sentirono chiedere.

Sottovoce Ela rispose: — Perché papai non era il nostro vero padre.

— Oh! — disse Quara. — E nostro padre è l’Araldo, adesso? — Il suo tono sembrò speranzoso. Ela la azzitti.

— La sera in cui Pipo morì — disse l’Araldo, — Novinha gli aveva mostrato una cosa da lei scoperta, una cosa collegata strettamente con la Descolada e con i meccanismi genetici delle piante e degli animali di Lusitania. Nel lavoro della ragazza Pipo vide più di quel che ci aveva visto lei stessa. E corse fuori, nella foresta, per indagare subito fra i maiali. Forse disse loro ciò che aveva scoperto. Forse furono essi a intuirlo. Ma Novinha incolpò se stessa per avergli mostrato quel segreto, un segreto tale che i maiali, pur di mantenerlo, uccisero.

«Era troppo tardi per porre rimedio a quel che aveva fatto, ma Novinha poteva impedire che ciò accadesse ancora. Così pose un blocco a tutti i documenti collegati alla Descolada e al lavoro che aveva mostrato a Pipo quella sera. Sapeva chi avrebbe voluto vedere quelle registrazioni, e questi era Libo, il nuovo zenador. Ma se Pipo era stato come un padre per lei, Libo era stato un fratello, e più che un fratello. E se la morte di Pipo l’aveva fatta soffrire, quella di Libo le avrebbe spezzato il cuore assai di più. Lui le chiese quei documenti, le impose di lasciarglieli esaminare. Lei rispose che non gli avrebbe permesso di vederli.

«Entrambi sapevano esattamente ciò che questo significava. Se mai lui l’avesse sposata, sarebbe stato suo diritto togliere il blocco alle registrazioni. Sì, sposata… perché si amavano disperatamente, e avevano bisogno l’uno dell’altra più dell’aria che respiravano. Ma Novinha non poteva più unirsi in matrimonio con lui. Libo non le avrebbe mai promesso di non esaminare quei documenti, e anche se avesse promesso non avrebbe mantenuto. Avrebbe visto ciò che suo padre aveva visto. E sarebbe morto della stessa morte.

«Rifiutarsi di sposarlo era una cosa. Riuscire a vivere senza il suo amore era un’altra cosa. Così non volle vivere senza di lui. Strinse il suo patto con Marcão: davanti alla legge avrebbe sposato lui. Ma il suo vero marito, il padre dei suoi figli, sarebbe stato Libo. E così fu.

Col volto rigato di lacrime Bruxinha, la vedova di Libo, si alzò in piedi e gemette: — Mentira, mentira! — Bugie, bugie. Ma nel suo tono non c’era rabbia, soltanto dolore. Stava piangendo la perdita di suo marito e nient’altro. Tre delle sue figlie la aiutarono ad andarsene dal praça.

Mentre la guardava allontanarsi l’Araldo continuò, a voce più bassa: — Libo sapeva che stava facendo del male alla sua sposa, Bruxinha, e alle loro quattro figlie. Odiava se stesso per il modo in cui agiva. Cercò di stare lontano da Novinha. E per mesi, a volte per anni, vi riuscì. Anche lei volle tentare questo; rifiutò di vederlo, evitò di parlargli, proibì perfino ai suoi figli di menzionare il suo nome. Ma poi Libo s’illudeva d’essere abbastanza forte da poter avvicinare Novinha senza provare niente per lei. E Novinha finiva per sentirsi troppo sola, con un marito che non poteva essere paragonato in nulla a Libo. Non cercarono d’ingannare se stessi pensando che ci fosse qualcosa di buono in ciò che facevano. Soltanto, non avrebbero potuto stare lontani troppo a lungo l’uno dall’altra.

Bruxinha udì questo, mentre la conducevano via. Non le fu di troppo conforto, ormai, com’era comprensibile; ma monsignor Peregrino la seguiva con lo sguardo e si rese conto che l’Araldo le stava facendo un dono. Della sua spietata verità lei era stata la vittima più innocente, però lui non le lasciava portare via solo le ceneri del suo dolore; le stava dando un modo di vivere il ricordo di ciò che suo marito aveva fatto. Non c’è stata colpa in te, le diceva, non era qualcosa che avresti potuto impedire o prevenire, ed era tuo marito a sbagliare, non tu. Vergine pietosa, pregò il vescovo in silenzio, fa’ che Bruxinha abbia compreso queste parole e le creda.

La vedova di Libo non era la sola a piangere. Molti degli occhi che la guardavano andarsene dal praça erano umidi di lacrime. Scoprire che Novinha commetteva adulterio era sbalorditivo, ma eccitante: quella donna altezzosa aveva dunque delle debolezze umane, non era migliore di altri. Però non c’era nessun piacere nello scoprire lo stesso difetto in Libo. Tutti lo avevano amato. Lui aveva avuto il dono della gentilezza, della generosità, della saggezza, e loro non volevano pensare che questo fosse stato una maschera.

Così furono sorpresi, quando l’Araldo ricordò a chi lo ascoltava che non era lì per parlare di Libo. Non quel giorno. — Per quale motivo Marcos Ribeira consentì a questo? Novinha pensava che fosse perché lui voleva una moglie, e l’illusione di avere dei figli, allo scopo di nascondere la sua vergogna alla comunità. E in parte era così. Soprattutto, però, lui volle sposarla perché l’amava. Non giunse mai a sperare che lei lo avrebbe ricambiato con lo stesso genere di amore, perché continuava a vederla su un piedistallo, ad adorarla come una divinità, e lui sapeva di essere malato, tarato e ripugnante, un animale che gli altri disprezzavano. Sapeva che lei non avrebbe mai potuto adorarlo, e neppure amarlo. Tutto ciò che sperava era che lei provasse, un giorno o l’altro, un certo affetto. Che lei potesse diventargli… fedele.

L’Araldo chinò il capo e restò immobile. I Lusos poterono udire le parole che evitava di pronunciare: lei non l’aveva fatto, mai.

— Ogni figlio, quando veniva — disse l’Araldo, — era la prova, per Marcos, che lui continuava a fallire, che la dea ancora lo trovava immeritevole. Perché? Lui le era fedele. Lui non aveva mai, neppure con un accenno, fatto capire a uno dei ragazzi che loro non erano figli suoi. Non aveva mai rotto la promessa fatta a Novinha. Dunque non meritava qualcosa da lei? A volte questo era più di quanto poteva sopportare. E allora lei gli appariva insensata, non più una dea, e i suoi figli erano tutti bastardi. Questo era ciò che gridava dentro di sé quando si scagliava contro di lei, o contro Miro.

Miro udì il suo nome, ma non lo riconobbe come qualcosa che aveva a che fare con lui. 1 suoi collegamenti con la realtà erano più fragili di quanto avrebbe supposto, e quel giorno aveva già subito troppi shock. L’impossibile magia dei maiali con l’albero. Sua madre e Libo, amanti. E Ouanda, che gli era stata più vicina del suo stesso corpo, all’improvviso strappata via da lui e relegata al rango di parente, come Ela, come Quara, un’altra sorella. I suoi occhi fissavano l’erba senza metterla a fuoco. La voce dell’Araldo era puro suono e da essa non percepiva significati: soltanto un suono, terribile, Ed era stato lui a chiamare lì quella voce, perché parlasse di Libo. Come immaginare che invece del benevolo sacerdote d’una religione umanistica avrebbe avuto il primo Araldo in persona, con la sua mente troppo penetrante, troppo indagatrice? Come immaginare che quella maschera di comprensione celasse Ender il Distruttore, il mitico Lucifero del più grande crimine della razza umana? Lui era venuto lì determinato a tener fede al suo nome. S’era fatto beffe del lavoro di una vita di Pipo, di Libo, di Ouanda e del suo, riuscendo a vedere in un’ora ciò che gli altri non erano riusciti a vedere in quasi cinquant’anni. E poi aveva reciso il legame fra lui e Ouanda con il bisturi spietato della verità, d’un sol colpo. Questa era la voce che Miro udiva, la sola realtà concreta che gli rimaneva, inesorabilmente solida in un mondo che al suo echeggiare andava in pezzi. Cercò di aggrapparsi a quel suono, cercò di odiarlo e sfuggirlo, e in entrambi i tentativi fallì. Perché sapeva, non poteva nasconderselo, sapeva che Ender era un distruttore, ma ciò che distruggeva erano le illusioni, e le illusioni dovevano morire. Dovevano lasciare il posto alla verità: quella sui maiali, quella su se stessi. Chissà come, questo uomo antico è capace di vedere la verità, ed essa non lo acceca né lo fa impazzire. Io devo ascoltare la sua voce e lasciare che lo stesso potere venga a me, così anch’io, Miro, riuscirò a guardare la luce e non ne sarò ucciso.

— Novinha sapeva ciò che era. Un’adultera, un’ipocrita. Sapeva che stava facendo del male a Marcão, a Libo, ai suoi figli, a Bruxinha. Sapeva di aver ucciso Pipo. E per questo sopportò, incoraggiò perfino, i maltrattamenti di Marcão. Erano la sua penitenza. E non la punivano mai abbastanza perché, non importa quanto Marcão potesse odiarla, lei odiava se stessa ancora di più.

Il vescovo annuì lentamente. L’Araldo aveva fatto qualcosa di mostruoso svelando quei segreti di fronte all’intera comunità. Avrebbero dovuto esser sussurrati soltanto nel confessionale. E tuttavia Peregrino era colpito dall’efficacia e dal potere catartico di quell’azione, dal modo in cui la comunità era costretta a scoprire questi suoi membri che credeva di conoscere, e poi a riscoprirli, e riscoprirli ancora, mentre ogni nuova interpretazione della storia li spingeva a riconsiderare se stessi; poiché anche loro erano parte della storia e avevano toccato quelle persone cento volte, ma senza mai capire, fin’allora, chi stavano toccando. Penetrare così nell’anima altrui era doloroso, anche spaventoso, ma alla fine aveva un curioso effetto calmante. Il vescovo si girò verso il suo segretario e sussurrò: — Se non altro, da questo non nasceranno pettegolezzi… non è rimasto nessun segreto di cui parlare.

— Tutti i personaggi di questa vicenda hanno conosciuto il dolore — disse l’Araldo. — Tutti loro si sacrificarono per quelli che amavano. Tutti loro causarono terribile sofferenza a quelli da cui erano amati. E voi, che oggi qui mi ascoltate, anche voi provocaste pene e angosce. Ma ricordate questo: la vita di Marcão fu tragica e crudele, però lui avrebbe potuto troncare il suo patto con Novinha in ogni momento. Scelse invece di restare con lei. Deve aver trovato della soddisfazione in questo. E Novinha, che infranse una delle leggi divine da cui questa comunità è tenuta insieme, con lo stesso atto si accollò la punizione. Neppure la Chiesa pretende espiazioni terribili come quella che lei impose a se stessa. E se siete inclini a pensare che meritasse tanti dolori e tante angosce, tenete a mente questo: tutto ciò che soffrì, tutto ciò che fece, aveva un unico scopo: impedire che i maiali uccidessero Libo.

Quelle parole lasciarono ceneri spente nei loro cuori.


Olhado si alzò, andò a inghinocchiarsi accanto alla madre e le cinse le spalle con un braccio. Ela sedeva al fianco di lei, ma teneva il capo chino e piangeva in silenzio. Quara venne a fermarsi di fronte a Novinha, fissandola con occhi pieni di paura. E Grego le seppellì il viso in grembo e singhiozzò. Quelli che erano più vicini poterono sentirlo gemere: — Todo papai è morto. Não tenho nem papai! — Tutti i miei papà sono morti. Non ho nessun papà!

Ouanda era rimasta all’imbocco del vialetto d’ingresso, dove aveva accompagnato sua madre mentre l’Araldo terminava l’elegia. Si guardò attorno in cerca di Miro, ma il giovane se n’era andato.

In piedi dietro la piattaforma Ender guardava la famiglia di Novinha, desiderando poter fare qualcosa per alleviare il loro dolore. C’era sempre dolore dopo un’elegia, poiché un Araldo dei defunti non aveva il compito di addolcire la verità. Ma raramente accadeva d’imbattersi in vite colme di segreti e di finzioni come quelle di Marcão, Libo e Novinha. Raramente venivano alla luce tanti turbamenti, tanti particolari capaci di costringere la gente a rivedere la sua opinione sui conoscenti e sulle persone amate. Dai volti che si giravano verso di lui Ender ebbe la conferma che la sua elegia aveva risvegliato troppa angoscia. Se la sentiva nella pelle, come se non potesse fare a meno di assorbire le sofferenze altrui. Bruxinha era stata più sorpresa di altri, ma Ender sapeva che la sua ferita aveva già smesso di sanguinare. Ben diverso era il caso di Miro e Ouanda, che avevano creduto di sapere ciò che il futuro teneva in serbo per loro. Ma Ender aveva anche sentito il morso rovente di molte altre ferite nascoste, che ora, esposte al sole, sarebbero guarite e cicatrizzate più in fretta. Novinha poteva non rendersene conto, ma lui l’aveva liberata di un fardello che era ormai sul punto di schiacciarla.

— Araldo — disse il sindaco Bosquinha.

— Buonasera, — la salutò lui di malavoglia. Non gli piaceva parlare con la gente dopo un’elegia, ma era ormai abituato a vedersi bloccare da qualcuno che desiderava esprimere i suoi commenti. Si costrinse a sorridere. — C’era molto più pubblico di quel che mi sarei aspettato.

— Un discreto spettacolo, per la maggior parte di loro — disse Bosquinha. — Domattina ne discuteranno come di un programma televisivo.

Ender fu seccato dal modo in cui banalizzava l’avvenimento. — Solo se stanotte non accadrà qualcosa di ancor più eccitante.

— Già. Ebbene, è proprio quello che si prepara.

Soltanto allora Ender s’accorse che la donna era estremamente agitata, quasi sul punto di perdere il controllo. Le passò un braccio attorno alle spalle e la condusse in disparte. Quel gesto riuscì a farla rilassare un poco.

— Araldo, sono venuta a farle le mie scuse. Purtroppo ho avuto ordine di requisire la sua astronave, a nome della Federazione Starways. Questo non ha niente a che fare con lei. Ma qui è stato commesso un crimine, così… mmh, terribile, che i colpevoli dovranno essere trasferiti sul pianeta più vicino, Trondheim, per il processo. Con la sua nave.

Ender rifletté qualche istante. — Miro e Ouanda.

Lei si volse di scatto a guardarlo. — Non mi sembra sorpreso.

— Non posso permettere che vadano.

Bosquinha si scostò da lui, accigliata. — Non lo permette?

— Penso di sapere abbastanza bene di cosa vengono imputati.

— Lei è qui da soli quattro giorni, e già sa cose che io non ho mai neppure sospettato?

— A volte le autorità sono le ultime a sapere.

— Lasci allora che io le dica perché lei permetterà che vadano, e perché tutti noi permetteremo che siano sottoposti al processo. Perché il Consiglio ha cancellato le nostre memorie computerizzate. Ogni registrazione è stata annientata, salvo i programmi d’emergenza per la centrale energetica, la rete idrica e quella fognaria. Domani nessuno potrà andare al lavoro, perché non abbiamo abbastanza energia da far funzionare le fabbriche, né le miniere, né i macchinari semoventi, trattori compresi. Io sono stata rimossa dal mio incarico. Adesso sono soltanto una specie di capo della polizia sottoposto a ordini federali, il primo dei quali è di sovrintendere alla messa in atto delle direttive del Comitato per l’Evacuazione di Lusitania.

— Evacuazione?

— La licenza della colonia è stata revocata. Stanno mandando delle astronavi per portarci via. Ogni traccia della permanenza umana sul pianeta sarà cancellata. Perfino le pietre tombali sotto cui giacciono i nostri morti.

Ender cercò di analizzare quelle dichiarazioni. Non aveva mai pensato che Bosquinha fosse tipo da chinare facilmente il capo davanti a chi calpestava i diritti della sua gente. — Lei intende sottomettersi a questo?

— L’energia e i rifornimenti idrici sono adesso sotto controllo, via ansible. Controllano perfino il recinto. Possono tenerci chiusi qui dentro, senza energia, senza acqua, senza fognature. Ed è quello che stanno facendo. Hanno detto che appena Miro e Ouanda saranno a bordo della sua astronave, in rotta per Trondheim, queste restrizioni saranno tolte. — Fece un sospiro. — Ah, Araldo, ho paura che lei abbia scelto un brutto momento per il suo giro turistico su Lusitania.

— Io non sono un turista. — Non si preoccupò di metterla a parte del suo sospetto: che la Federazione notasse un’attività insolita presso i maiali, proprio mentre Ender era lì, poteva non essere una coincidenza. — Siete riusciti a salvare un po’ delle vostre registrazioni?

Bosquinha tossicchiò. — Sì, ma… mettendole a carico del suo banco dati personale, temo. Ho scoperto che tutta la sua documentazione viene mantenuta via ansible, da qualche altro pianeta. Abbiamo spedito là grosse quantità di dati sotto forma di… uh, messaggi postali per lei.

Ender rise, divertito. — Benissimo, complimenti, davvero ben fatto!

— Questo non ci toglie dai guai. Non possiamo riaverli indietro. O meglio, sì, possiamo, però loro lo sapranno all’istante, e allora ad essere nei guai sarà lei, esattamente come noialtri. E poi potranno di nuovo cancellare tutto quanto, qui.

— A meno che voi non tagliate fuori il collegamento ansible, dopo aver riassorbito tutti i dati dal mio banco in un banco locale.

— Allora diventeremo veramente ribelli. E a che scopo?

— Per la possibilità di trasformare Lusitania nel migliore e nel più importante di tutti i Cento Mondi.

Bosquinha rise. — Può darsi che diventeremo importanti, come ribelli e traditori, ma dubito che saranno disposti a considerarci anche i migliori.

— La prego. Non faccia niente. Non arresti Miro e Ouanda. Mi dia un’ora di tempo, e poi lasci che io discuta la cosa con lei e con quelli su cui può ricadere la responsabilità di una decisione.

— La decisione se essere ribelli o no? Io non vedo perché mai lei dovrebbe partecipare a questa decisione, Araldo.

— Lo capirà durante la riunione. Per favore. Questo pianeta è una possibilità troppo grande, per doverlo abbandonare.

— Una possibilità per cosa?

— Per rimediare a quello che fece Ender, nello Xenocidio di tremila anni fa.

Bosquinha lo fissò, stringendo le palpebre. — E io che l’avevo giudicata un semplice rimescolatore di pettegolezzi!

Forse stava scherzando. O forse no. — Se lei vedesse in me soltanto un pettegolo di professione, sarebbe troppo ingenua per governare anche il Circolo Filodrammatico di Milagre. — Sorrise.

Bosquinha si strinse nelle spalle. — Pois è — borbottò. Naturale.

— È d’accordo sulla riunione?

— La convocherò. Nell’ufficio della curia.

Ender non le nascose una smorfia.

— Altrove il vescovo non interverrebbe — spiegò lei. — E pronunciarsi su una ribellione non avrebbe alcun senso, se lui non fosse d’accordo. — Gli poggiò una mano su una spalla. — C’è il caso che Peregrino non la lasci neppure entrare nel suo sancta sanctorum. Lei è l’infedele.

— Ma lei mi aprirà la porta?

— Ci proverò, se non altro per ciò che lei ha fatto stasera. Soltanto un saggio sarebbe riuscito a tirar fuori quel che c’è in fondo all’anima della nostra gente, in così breve tempo. E soltanto uno sconsiderato avrebbe avuto il coraggio di gettarglielo in faccia. Le sue virtù e i suoi difetti… ci serviranno entrambi.

Bosquinha si allontanò a passi svelti. Ender sentiva che la donna, nel profondo del suo cuore, non desiderava ubbidire alla Federazione. Avevano agito troppo all’improvviso e duramente, e la esautoravano come se fosse sospettata di connivenza nel crimine. Cedere avrebbe avuto il sapore di una confessione. D’istinto lei voleva resistere, cercare una via d’uscita per convincere il Consiglio della Federazione ad aspettare, a rimandare, a mutare atteggiamento. Sarebbe stata capacissima di dir loro di andarsene al diavolo, ma non era una sciocca. Non avrebbe opposto resistenza, a meno che non vedesse una possibilità effettiva di successo e dei benefici per la sua gente. Era una brava governante, Ender lo sapeva. Capace di sacrificare il suo orgoglio, la sua reputazione, il suo futuro, per la salvezza di quelli che si affidavano a lei.

Era rimasto solo nel praça. Mentre parlava con Bosquinha, il luogo si era affollato. Incamminandosi sull’erba ebbe l’impressione di sentirsi come un vecchio soldato in visita ai placidi campi dove s’erano svolte antiche battaglie, e di captarne ancora gli echi nella brezza serotina.

— Non lasciargli chiudere le comunicazioni ansible.

La voce nell’orecchio lo fece sobbalzare, anche se l’aveva riconosciuta all’istante. — Jane! — esclamò.

— Io posso fargli credere che tu hai interrotto il tuo collegamento ansible, ma se lo farai davvero non sarò in grado di aiutarti.

— Jane! — disse lui. — Sei stata tu a far questo, non è vero? In che altro modo avrebbero notato le innovazioni portate da Libo e Ouanda e Miro, se tu non le avessi esposte alla loro attenzione?

Lei non rispose.

— Jane, scusa se ti ho tagliata fuori. Ti prometto che… — Tacque, sapendo che con lei non aveva bisogno di finire quel genere di frasi. Ma Jane non disse parola.

— Ti prometto che non spegnerò mai più il…

Ma a cosa serviva dirle quello che lei aveva già capito benissimo? Non lo aveva ancora perdonato, ecco come stava la cosa, altrimenti lei stessa avrebbe interrotto quella frase dicendogli di non farle perdere tempo con le sue melensaggini. Tuttavia non poté impedirsi di tentare un’altra volta: — Ho sentito la tua mancanza, Jane. Davvero, l’ho sentita molto.

L’auricolare continuò a tacere. Lei aveva detto quel che aveva da dire: tenere in funzione il collegamento ansible. E questo era tutto. Per il momento a Ender non importava aspettare ancora. Gli bastava sapere che lei era sempre lì, in ascolto. Non era solo. Qualche istante dopo fu sorpreso nel sentirsi le guance umide di lacrime. Lacrime di sollievo, decise. Catarsi. Un’elegia, una crisi, le vite di alcune persone a brandelli, il futuro della colonia in forse. E io piango di sollievo perché un super-programma di computer mi ha di nuovo rivolto la parola.


Quando rientrò a casa sua trovò Ela ad aspettarlo. Gli occhi di lei erano rossi di pianto. — Salve — disse la ragazza, senza guardarlo.

— Ho fatto quello che volevi? — chiese lui.

— Non l’ho mai sospettato — mormorò Ela. — Non era lui nostro padre. Avrei dovuto saperlo.

— Non capisco come avresti potuto.

— Che cos’ho fatto? Chiamarla qui per fare l’elegia di mio pa… di Marcão? — D’un tratto ricominciò a piangere. — I segreti di mamma… credevo di sapere quali fossero, credevo che si trattasse soltanto di documenti di lavoro… credevo che avesse odiato Libo!

— Tutto ciò che ho fatto è stato di aprire le finestre e lasciar entrare un po’ d’aria.

— Vada a dirlo a Miro e a Ouanda!

— Rifletti un momento, Ela. Lo avrebbero scoperto in ogni modo. La crudeltà è stata lasciare che non lo sapessero per tutti questi anni. Ora che hanno la verità, cercheranno di trovare la loro via d’uscita.

— Come ha fatto mamma? Solo che stavolta sarà qualcosa di peggio di un adulterio.

Ender allungò una mano a sfiorarle i capelli, glieli accarezzò. La ragazza non rifiutò quel contatto, lasciandosi consolare. Distrattamente lui pensò che non ricordava più se suo padre o sua madre gli avessero mai fatto un gesto simile. Dovevano averlo fatto. Da chi altri poteva averlo imparato?

— Ela, te la senti di aiutarmi?

— Aiutarla a far cosa? Lei ha già fatto il suo lavoro, no?

— Questo non ha niente a che spartire con le elegie. Io devo sapere, entro un’ora, come funziona il meccanismo della Descolada.

— Dovrà chiederlo a mia madre… lei è la sola a saperlo.

— Non credo che stasera le piacerebbe vedermi.

— E dovrei chiederglielo io? Figuriamoci! Buonasera, mamãe cara, tu hai appena rivelato a tutta quanta Milagre d’essere un’adultera e di aver mentito ai tuoi figli per tutta la vita. Così non ti dispiacerà se adesso ti faccio un paio di domande scientifiche. Eh?

— Ela, è in gioco la sopravvivenza di Lusitania. Per non parlare del destino di tuo fratello Miro. — La condusse davanti al terminale. — Chiama casa tua — disse.

Lei esitò, perplessa, poi chiese a voce: — Casa Ribeira. — Lo schermo restò spento. Ela accese con il comando manuale e poi usò la tastiera, ma il computer non le diede il collegamento. — Siamo stati tolti dalla rete! — Si volse a guardarlo, spaventata. — Perché?

— Non soltanto voi. È così per tutti.

— Ma non c’è interruzione di corrente, e l’autoscanner non segnala nessun guasto — disse lei. — Qualcuno ha deprogrammato il sistema di comunicazioni interne.

— La Federazione Starways ha cancellato tutte le memorie computerizzate della colonia. Non c’è rimasto niente. Ci considerano in stato di ribellione. Miro e Ouanda stanno per essere arrestati e mandati su Trondheim per subire un processo. A meno che io non riesca a persuadere il vescovo e Bosquinha a iniziare una vera ribellione. Capisci? Se tua madre non ti dirà quel che ho bisogno di sapere, Miro e Ouanda saranno spediti a ventidue anni-luce da qui. E per il tradimento c’è la pena di morte. Ma per loro il solo viaggio sarà già una condanna. Prima che facciano ritorno, tutti noi saremo ormai vecchi, o già morti da tempo.

Ela fissò il muro con occhi vacui. — Cosa vuole sapere?

— Bisogna che io sappia quello che il Comitato troverà esaminando l’archivio di tua madre. Tutto ciò che riguarda la Descolada.

— Sì — disse lei. — Per amore di Miro lei lo farà. — Poi lo guardò, con aria di sfida. — Lei ci vuole bene, lo sa. Se si tratta di uno dei suoi figli, le parlerà anche di persona.

— Bene — annuì Ender. — Sarà meglio se verrà anche lei, allora. Nell’ufficio del vescovo, fra un’ora.

— Sì — disse Ela. Per qualche momento rimase immobile, come paralizzata. Poi da qualche parte dentro di lei scattò una sinapsi, e la ragazza si affrettò alla porta.

Ma sulla soglia si fermò, si volse, tornò indietro di corsa e lo abbracciò, baciandolo sulle guance. — Sono contenta di averle detto tutto! — ansimò. — Sono contenuta di averla conosciuta!

Lui la baciò sulla fronte e la incitò ad andare. Quando la porta si fu chiusa alle spalle della giovane donna, sedette sul letto e sospirò, quindi si distese all’indietro e lasciò vagare lo sguardo sul soffitto. Pensò a Novinha e cercò d’immaginare come poteva sentirsi in quel momento. Questa è una serata terribile per te, Novinha, ma tua figlia sta correndo verso casa proprio adesso, e di certo, malgrado il dolore e la vergogna che provi, tu troverai la forza, dimenticherai completamente te stessa e farai qualunque cosa pur di salvare tuo figlio. Io accetterei in blocco tutti i tuoi tormenti, Novinha, pur di avere un solo figlio che mi amasse come i tuoi amano te.

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