Lois McMaster Bujold Immunità diplomatica

CAPITOLO PRIMO

Nell’immagine apparsa sulla piastra video, lo spermatozoo si piegava in curve sinuose ed eleganti. I suoi movimenti si fecero più energici mentre l’invisibile stretta del micro-trattore lo afferrava e lo guidava verso il suo bersaglio: l’ovulo perlaceo, rotondo, lucente, ricco di promesse.

— Ancora una volta, caro ragazzo, ancora una volta sulla breccia… per l’Inghilterra, per Harry e per San Giorgio! — mormorò Miles, incoraggiante. — O almeno, per Barrayar, per me, e magari per nonno Piotr. Ah!

Con un ultimo spasmo, lo spermatozoo svanì all’interno del paradiso cui era destinato.

— Miles, stai di nuovo guardando le foto dei bambini? — chiese Ekaterin, divertita. Era appena emersa dal bagno sibaritico della loro cabina. Finì di raccogliersi i capelli sulla nuca e si chinò sopra la spalla di Miles, che stava seduto davanti al terminale. — Chi è? Aral Alexander o Helen Natalia?

— Ecco, effettivamente, è Aral Alexander.

— Ah, capisco. Stai ammirando i tuoi spermatozoi.

— E anche il tuo eccellente ovulo, mia cara signora. — Alzò lo sguardo su sua moglie, splendida nella casacca di seta rossa che le aveva comprato sulla Terra, e sorrise. Il profumo caldo e pulito della sua pelle gli solleticò le narici, e Miles inalò profondamente. — Ma non erano due gameti deliziosi? Finché sono durati, almeno.

— Sì, e sono diventati una deliziosa blastocisti. Sai, è stato un bene fare questo viaggio. Altrimenti saresti rimasto sempre là a sollevare il coperchio dei replicatori per dare un’occhiatina dentro, o a scrollare quei poveri affarini come se fossero regali della Festa d’Inverno, per sentire che rumore fanno.

— Be’, per me è una cosa del tutto nuova.

— Alla Festa d’Inverno dell’anno scorso, tua madre me l’aveva detto che appena gli embrioni fossero stati impiantati e al sicuro, avresti cominciato a comportarti come se la riproduzione l’avessi inventata tu. E io che avevo creduto che esagerasse!

Miles le prese la mano e le baciò delicatamente il palmo.

— E questo discorso viene dalla stessa persona che per tutta la primavera è rimasta nella nursery accanto ai replicatori, a studiare? E che all’improvviso ha cominciato a impiegare il doppio del solito tempo per completare le sue relazioni?

— E la cosa non aveva nulla a che fare con il fatto che il suo signore facesse capolino ogni mezz’ora per chiederle come stava andando, eh?

La mano, liberata, gli sfiorò il mento in un gesto molto seducente. Miles, per un attimo, pensò di proporle di evitare la noiosa compagnia dei loro compagni di crociera nella sala da pranzo, farsi portare da mangiare in camera, tornare a spogliarsi e restare a letto per il resto della mattina. Ekaterin, però, non sembrava considerare noioso nessun aspetto del loro viaggio.

Questa luna di miele galattica è venuta in ritardo, ma forse è stato meglio così, pensò Miles. Il loro matrimonio era cominciato in modo anche troppo tumultuoso; era stato un bene che avessero potuto godere di un periodo di tranquilla routine domestica, per abituarsi l’uno all’altra. Ma, in retrospettiva, il primo anno di quel memorabile, difficile sposalizio di mezzo inverno gli era sembrato scorrere via come se fosse durato solo un quarto d’ora.

Da tempo avevano concordato di celebrare la data dell’anniversario dando inizio allo sviluppo dei loro bambini nei replicatori uterini. Le discussioni non avevano mai riguardato il quando, solo il quanti. E lui era ancora convinto che il suo suggerimento di farli tutti in una volta fosse ammirevolmente efficiente. Non che avesse mai seriamente pensato a dodici: aveva solo pensato di cominciare proponendo quel numero per poi scendere a sei. Sua madre, sua zia, e l’intero complesso femminile del suo parentado, a quanto pareva, si erano mobilitati per spiegargli che era un pazzo furioso, ma Ekaterin si era limitata a sorridere. Avevano finito con il mettersi d’accordo su due, tanto per cominciare: Aral Alexander e Helen Natalia. Una doppia porzione di meraviglia, terrore e delizia.

Ai bordi del video registrato, la Prima Divisione Cellulare dei Bambini venne interrotta da una luce rossa intermittente che annunciava un messaggio. Miles aggrottò leggermente la fronte. Erano a tre salti dallo spazio solare, nello spazio interstellare profondo e sulla rotta subluce che li avrebbe portati, in quattro giorni, da una galleria di transito all’altra. Erano diretti a Tau Ceti, dove avrebbero effettuato il trasferimento orbitale verso una nave diretta a Escobar, e da lì ne avrebbero presa un’altra per fare l’ultimo tragitto, oltre Sergyar e Komarr, che li avrebbe riportati a casa. Non si aspettava che qualcuno lo chiamasse.

— Ricevi — ordinò.

Aral Alexander in potentia svanì, sostituito dalla testa e le spalle del capitano dellanave. Miles ed Ekaterin avevano cenato alla sua tavola in un paio di occasioni durante quel viaggio. L’uomo rivolse a Miles un sorriso teso e fece un cenno del capo. — Lord Vorkosigan?

— Sì, capitano? Che cosa c’è di nuovo?

— Una nave, che si è identificata come un corriere imperiale barrayarano, ci ha chiamati e chiede il permesso di sincronizzare le nostre velocità e agganciarci. A quanto pare hanno un messaggio urgente per lei.

Miles sollevò le sopracciglia, con una sensazione di vuoto allo stomaco. Non era così, lo sapeva per esperienza, che l’Impero comunicava le buone notizie. Sulla sua spalla, la mano di Ekaterin si strinse. — Certo, capitano. Mi passi la comunicazione.

Lo scuro volto del capitano scomparve, sostituito dopo un momento da un uomo che vestiva l’uniforme verde da lavoro di Barrayar, con i gradi di tenente e sul colletto le insegne del Settore IV. Davanti a Miles scorrevano visioni dell’Imperatore assassinato, di Casa Vorkosigan rasa al suolo, insieme ai replicatori, da un incendio, o, ancora più orrendo e verosimile, di un ultimo fatale infarto di suo padre. Temeva il giorno in cui un messo dal volto rigido e composto aVrebbe cominciato chiamandolo: Conte Vorkosigan?

Il tenente salutò. — Lord Ispettore Vorkosigan? Sono il tenente Smolyani del corriere imperiale Kestrel. Ho un messaggio che devo consegnarle a mano, registrato sotto il sigillo personale dell’Imperatore, dopo di che ho l’ordine di prenderla a bordo.

— Non siamo per caso entrati in guerra, vero? Non è che sia morto qualcuno?

Il tenente Smolyani chinò la testa. — Non da quanto ne so io, signore. — Il cuore di Miles smise di battere velocemente e riassunse un ritmo più ragionevole; dietro di lui, Ekaterin ricominciò a respirare. Il tenente continuò: — Ma, a quanto pare, una flotta commerciale komarrana è stata messa sotto sequestro in un posto chiamato Stazione Graf, nell’Unione degli Habitat Liberi. È classificato come un sistema indipendente, si trova ai margini del Settore V. I miei ordini di volo sono di portarla sul posto con la maggiore celerità compatibile con la sua sicurezza, e quindi di mettermi a sua disposizione. — Fece un sorriso un po’ amaro. — Spero che non si tratti di una guerra, signore, perché, a quanto pare, mandano solo noi.

— Messa sotto sequestro? Non in quarantena?

— Da quanto ho capito si tratta di un problema legale, signore.

Questo mi puzza di diplomazia. Miles fece una smorfia.

— Be’, senza dubbio il messaggio renderà tutto più chiaro. Me lo porti, e ci darò un’occhiata mentre facciamo le valigie.

— Sì, signore. La Kestrel sarà agganciata in un paio di minuti.

— Bene, tenente. — Miles interruppe la comunicazione.

— Cosa facciamo? — chiese Ekaterin, piano.

Miles esitò. Niente quarantena, aveva detto il tenente. E, a quanto pareva, non si trattava neanche di guerra aperta. O almeno non ancora. D’altra parte, non riusciva a immaginare l’Imperatore Gregor che interrompeva la sua luna di miele, tanto rimandata, per qualcosa di banale. — Meglio che prima veda che cosa ha scritto Gregor.

Ekaterin lo baciò e disse semplicemente: — D’accordo.

Miles sollevò alle labbra il comunicatore da polso personale e mormorò: — Armiere Roic… a rapporto nella mia cabina, subito.


Il disco-dati con il Sigillo Imperiale che il tenente consegnò a Miles poco dopo, recava la classificazione Personale, non Segreto.

Miles incaricò Roic, il suo attendente guardia del corpo, di occuparsi dei bagagli assieme a Smolyani, ma fece segno a Ekaterin di rimanere. Quindi inserì nel lettore il disco e lo fece partire. Si sedette sull’orlo del letto accanto a Ekaterin, conscio del calore e della solidità del suo corpo. Vedendo la preoccupazione nei suoi occhi le strinse la mano, per rassicurarla.

Il volto familiare dell’Imperatore Gregor Vorbarr comparve, magro, scuro, riservato. Nella leggera tensione delle sue labbra, Miles poté intuire una profonda irritazione.

— Mi dispiace interrompere la tua luna di miele, Miles — esordì Gregor. — Ma se ti abbiamo raggiunto, vuol dire che non hai cambiato itinerario. E quindi stavi comunque tornando verso casa.

E quindi il dispiacere era relativo, eh?

— Per mia fortuna e tua sfortuna, sei il più vicino, fisicamente, a questo pasticcio. In poche parole, una delle nostre flotte commerciali con base su Komarr ha fatto scalo in un porto nello spazio profondo vicino al Settore V, per fare rifornimento e trasferire parte del carico. Uno, o più, giungono voci contrastanti, degli ufficiali della scorta militare barrayarana hanno disertato, oppure sono stati rapiti. O forse sono stati assassinati, anche su questo le notizie non sono chiare. La pattuglia inviata dal comandante della flotta per recuperare l’ufficiale ha incontrato qualche problema con i locali. Sembra che ci sia stato addirittura un conflitto a fuoco, e sono stati, danneggiati equipaggiamenti e strutture e, a quanto pare, sembra che da entrambi i lati ci siano stati dei feriti gravi. Per ora non ho notizie di morti, ma le cose potrebbero essere cambiate quando riceverai questo messaggio, che Dio ci aiuti.

«Il problema, o almeno uno dei problemi, è che riceviamo versioni molto diverse di quello che è successo dall’osservatore di ImpSec sulla Stazione Graf, e dal comandante della nostra flotta. In questo momento i componenti del personale barrayarano sono tenuti in ostaggio, o sono stati arrestati, a seconda della versione a cui si dà credito. Sono state mosse delle accuse, si stanno accumulando penali e spese, e la reazione dei locali è stata di bloccare tutte le navi attraccate fino a che il pasticcio non verrà risolto con loro soddisfazione. I mercanti komarrani hanno una loro versione di come sono andate le cose. A questo messaggio, per tuo diletto, ho allegato tutti i rapporti che abbiamo ricevuto finora, da tutti i vari punti vista. Divertiti. — Gregor fece una smorfia che Miles accolse con un piccolo fremito.

— E come ulteriore aggiunta alla delicatezza del problema, la flotta in questione appartiene per il cinquanta per cento ai Toscane. — La recente sposa di Gregor, l’Imperatrice Laisa, era erede dei Toscane e komarrana di nascita: era stato un matrimonio di enorme importanza politica per la conservazione della fragile pace dell’unione di pianeti che costituivano l’Imperium. — Come dare soddisfazione ai miei numerosi parenti acquisiti, convincendo al tempo stesso tutti i loro concorrenti che l’Impero non fa favoritismi, ebbene, è un problema che lascio alla tua astuzia. — Il sorriso tirato di Gregor diceva tutto.

— Conosci la formula. Ti comando di recarti alla Stazione Graf con la maggior celerità e sicurezza possibili, e di risolvere la situazione prima che si deteriori ulteriormente. Sottrai i miei sudditi dalle grinfie dei locali e rimetti la flotta sulla rotta di casa. Senza iniziare una guerra, per favore, o mandare in rovina il bilancio dell’Impero.

«E, soprattutto, scopri chi sta mentendo. Se è l’osservatore di ImpSec, allora il problema va rimandato alla loro catena di comando. Se è il comandante della flotta, che, sia detto per inciso, è l’Ammiraglio Eugin Vorpatril, allora diventa… un problema di mia pertinenza.

O piuttosto, un problema dell’inviato di Gregor, la Sua Imperiale Voce, il Suo Ispettore Imperiale. Cioè Miles.

Miles considerò tutti gli sviluppi che avrebbero potuto sorgere nel tentativo di arrestare l’ufficiale al comando della flotta nel bel mezzo delle sue truppe che lo servivano da tempo e probabilmente gli erano leali. E un Vorpatril, per di più, cioè un membro di uno dei clan aristocratici barrayarani, con importanti diramazioni e notevole influenza sul Consiglio dei Conti. Miles stesso aveva due Vorpatril come zia e cugino. Oh, ma grazie, Gregor.

L’Imperatore continuò: — Più vicino a Barrayar, per di più, c’è qualcosa che ha messo in agitazione i cetagandani attorno a Rho Ceta. Non c’è bisogno di dilungarsi sui dettagli della situazione, ma apprezzerei se tu riuscissi a risolvere questa crisi con tutta la rapidità e l’efficacia possibili. Se questo problema su Rho Ceta dovesse diventare più critico, ti voglio a casa.

«Il ritardo nelle comunicazioni fra Barrayar e il Settore V è troppo per consentirmi di soffiarti sul collo, ma gradirei ricevere qualche occasionale rapporto sullo stato delle cose o su eventuali progressi, se non ti è di troppo disturbo. — La voce di Gregor non dovette mutare per trasmettere sarcasmo. Non ce n’era bisogno. Miles sbuffò. — Buona fortuna — concluse Gregor. L’immagine sul visore ritornò quella, muta, del Sigillo Imperiale. Miles tese una mano e lo spense. I rapporti allegati li avrebbe studiati nei dettagli una volta che fosse stato in viaggio. Fosse? O fossero?

Fissando il pallido profilo di Ekaterin, che si voltò a guardarlo con i suoi solenni occhi azzurri, Miles le chiese: — Vuoi venire con me, o continuare verso casa?

— Posso davvero venire con te? — rispose lei, con tono dubbioso.

— Ma certo! Piuttosto, la domanda è: lo vuoi? Ekaterin inarcò le sopracciglia scure. — Non è l’unica domanda, questo è certo. Pensi che la mia presenza non ti distrarrà dal tuo lavoro? Pensi che possa esserti utile in qualche modo?

— C’è un’utilità ufficiale, e una non ufficiale. E non scommetterei che la prima sia più importante della seconda. Ti sei accorta di come la gente ti parla per cercare di arrivare a me in modo indiretto?

— Oh, sì. — Le sue labbra si piegarono in un’espressione di disgusto.

— Sì, be’, mi rendo conto che non è piacevole, ma il punto è che tu sei bravissima a cavartela in simili situazioni. Per non parlare del fatto che solo studiando il genere di menzogne che ti raccontano si possono ricavare informazioni preziosissime. Anche quando non si tratta di menzogne. Potrebbero esserci persone disposte a parlare con te che esiterebbero a farlo con me, per una ragione o per l’altra.

Ekaterin ammise con un cenno del capo che la cosa poteva essere vera.

— E poi… per me sarebbe un sollievo avere qualcuno con cui parlare liberamente.

Il sorriso di Ekaterin divenne eloquente. — Parlare, o sfogarsi?

— Ehm. Be’, forse avrò bisogno di qualche sfogo. Ce la farai a sopportarmi? Potrebbe essere pesante e noioso.

— Sai, continui a dire che il tuo lavoro è tanto noioso, Miles, ma nel frattempo non mi è sfuggito che ti si sono illuminati gli occhi.

Miles si schiarì la voce e scrollò le spalle, senza replicare.

— Quanto pensi che ci vorrà per risolvere questo problema? — chiese Ekaterin.

Miles capì subito il senso della domanda: mancavano ancora sei settimane, giorno più giorno meno, al momento previsto per la nascita. Il loro itinerario originale li avrebbe riportati a casa con un comodo mese d’anticipo. Ma ora le cose erano cambiate. Il Settore V era dalla parte opposta a quella in cui si trovavano, e per quanto si potesse stabilire una direzione nella rete di punti di salto che venivano usati per andare da una parte all’altra dell’universo, ci sarebbero comunque voluti diversi giorni per arrivare alla Stazione Graf, e poi altre due settimane di viaggio almeno per tornare a casa, anche con il mezzo più veloce. — Spero di riuscire a sistemare tutto in meno di due settimane, quindi possiamo arrivare a casa giusto in tempo.

Ekaterin fece una risata di soddisfazione. — Per quanto io cerchi di essere moderna, non mi sembrerebbe giusto non essere presente alla nascita dei nostri figli. Non vorrei sentirmi dire: ’Mia madre era fuori città quando sono nato’, mi parrebbe un rimprovero più grave di quanto ad altra gente possa sembrare.

— Se le cose dovessero protrarsi troppo a lungo, potrei mandarti a casa da sola, con una scorta. Ma anch’io ci tengo a essere presente. — Esitò. È la prima volta, per me, dannazione, fu un pensiero ovvio che riuscì a fermare sulla punta della lingua. Il primo matrimonio di Ekaterin le aveva lasciato molte cicatrici ancora sensibili, e se glielo avesse detto, la cosa ne avrebbe aperte altre. Riformula la frase, Grande Diplomatico. — Pensi… che sia più facile, per te, visto che è la seconda volta?

L’espressione della moglie si fece più meditativa. — Nikki è stato un parto fisico; tutto era più difficile. I replicatori eliminano tanti rischi… i nostri bambini non avranno difetti genetici, e non correranno il pericolo di subire danni da un brutto parto… la gestazione nel replicatore è migliore, è la scelta più responsabile, in tutti i sensi. Insomma, so che non gli sto facendo un torto. Eppure…

Miles sollevò la mano della moglie e le sfiorò le nocche con le labbra. — Non stai facendo alcun genere di torto a me, questo te lo garantisco.

La madre di Miles era sempre stata, e per buone ragioni, fanaticamente in favore dell’uso del replicatore. Ormai, passati i trent’anni, Miles si era rassegnato ai danni che aveva subito nel ventre materno per l’attacco con la soltossina. Solo un trasferimento d’emergenza in un replicatore gli aveva salvato la vita. La tossina teratogenica, originariamente prodotta per uso bellico, aveva ostacolato la sua crescita e gli aveva lasciato ossa fragilissime, e solo dopo essere stato costretto a una serie di strazianti operazioni, che si erano protratte per tutta l’infanzia, aveva ottenuto la piena funzionalità del corpo anche se non, ahimé, la giusta altezza. La maggior parte delle sue ossa erano state sostituite, pezzo per pezzo, con delle protesi sintetiche. Il resto del danno, doveva ammetterlo, era stato opera sua. Che fosse ancora vivo era un miracolo, ma meno di quanto gli pareva miracoloso essere riuscito a conquistare il cuore di Ekaterin. Però i loro figli non avrebbero subito alcun trauma.

Aggiunse: — Se adesso ti senti in colpa perché ti sembra che le cose siano troppo facili e comode, be’, aspetta che siano usciti da quei replicatori.

Ekaterin sorrise. — È vero.

— Be’. — Miles sospirò. — Con questo viaggio volevo farti vedere le meraviglie della galassia, la parte più elegante e raffinata, e invece, a quanto pare, stiamo andando in quello che viene considerato il punto più puzzolente del Settore V, per incontrare un gruppetto di mercanti litigiosi e frenetici, di burocrati irosi e di militaristi paranoici. La vita è piena di sorprese. Sì, tu devi venire con me, amore. Per salvaguardare la mia sanità mentale.

Ekaterin strinse gli occhi, divertita. — E come potrei resistere a tanto invito? Naturalmente verrò. — Poi si fece più seria. — Sarebbe una violazione della sicurezza se mandassi un messaggio a Nikki per avvertirlo che ritarderemo?

— Niente affatto. Ma spediscilo dalla Kestrel. Gli arriverà più in fretta.

Ekaterin annuì. — Non sono mai stata lontana da lui per tanto tempo. Si sarà sentito abbandonato.

Nikki era stato affidato a quattro zii e un prozio con relative zie, sciami di cugini, armate di amichetti, e la Nonna Vorsoisson, solo dal lato della famiglia di Ekaterin. Dal lato di Miles c’erano tutti quelli di Casa Vorkosigan, con le famiglie, e di rincalzo zio Ivan, zio Mark e l’intero clan Koudelka. Inoltre era imminente l’arrivo dei nonni Vorkosigan, previsto subito dopo il ritorno di Miles ed Ekaterin per la festa della nascita, ma ora sarebbero arrivati senz’altro prima di loro.

Se non riusciva a risolvere quel maledetto pasticcio in tempo, Ekaterin avrebbe dovuto ritornare a Barrayar prima di lui, ma la cosa non le sarebbe piaciuta.

— Non vedo proprio come avrebbe potuto sentirsi abbandonato — disse Miles onestamente. — Credo che manchi più a te, di quanto tu manchi a lui. Altrimenti ci avrebbe inviato qualcosa di più di quel laconico messaggio che ci ha raggiunti solo sulla Terra. Si può essere tremendamente egocentrici a undici anni. Perlomeno io lo ero.

Le sopracciglia della moglie si sollevarono. — Ah sì? E tu quanti messaggi hai mandato a tua madre negli ultimi due mesi?

— Io ero in luna di miele. Nessuno si aspetta che… E poi lei legge i rapporti della mia sicurezza. — Miles aggiunse prudentemente: — Le manderò anch’io un messaggio dalla Kestrel.

Venne ricompensato da un sorriso da ’Lega delle Madri’. A pensarci bene, forse avrebbe dovuto indirizzare il messaggio anche a suo padre; improbabile comunque che i suoi genitori non condividessero il contenuto dei rapporti che ricevevano.


Dopo un’ora di moderato caos si trasferirono sul corriere Imperiale barrayarano. Siccome i corrieri veloci ottengono la maggiore velocità sacrificando la capienza, Miles e la moglie dovettero portare solo l’essenziale. Il resto del bagaglio, che non era poco, aumentato oltretutto da un volume sorprendente di souvenir, avrebbe continuato il viaggio verso Barrayar con il loro piccolo entourage: la cameriera personale di Ekaterin, Miss Pym, e, con grande rimpianto di Miles, entrambi gli armieri di rincalzo di Roic. Purtroppo si ricordò quando ormai si erano già sistemati nella loro cabina, che avrebbe dovuto avvertire la moglie di quanto poco spazio avrebbero avuto a disposizione. Lui aveva viaggiato su navi simili tanto spesso, durante i suoi anni in ImpSec, che ormai dava per scontato quei limiti… era uno dei pochi aspetti della sua precedente carriera in cui le dimensioni ridotte del suo corpo si erano rivelate un vantaggio.

E quindi, si trovò a passare il resto della giornata a letto con la moglie, perché non c’era altro posto dove sedersi. Avevano ripiegato la cuccetta superiore in modo da avere spazio per la testa, perciò si sedettero in quella sotto. Ekaterin a leggere in silenzio da un lettore a mano, Miles immerso nei rapporti che Gregor gli aveva trasmesso.

Gli ci vollero solo cinque minuti prima di riuscire a borbottare un: — Ah!

Ekaterin lo guardò con espressione interrogativa.

— Mi sono appena reso conto del perché la Stazione Graf mi suonava familiare. Stiamo dirigendoci verso lo Spazio Quad, per Dio.

— Lo Spazio Quad? Ci sei già stato?

— Non di persona, no. Però ho incontrato una quad, una volta. Sono una specie umana ottenuta con la bioingegneria circa due o tre secoli fa. Prima della riscoperta di Barrayar. Erano stati creati per vivere in permanente assenza di gravità. Qualunque fosse il piano originale che avevano i loro creatori, venne reso inutile dall’avvento della tecnologia gravitazionale, e così finirono per diventare una specie di profughi. Dopo una serie di viaggi e avventure, fondarono una comunità in quella che allora era l’estremità più lontana del Complesso Iperspaziale. Erano molto diffidenti verso gli stranieri, e scelsero di proposito un sistema privo di pianeti abitabili, ma abbastanza ben fornito di risorse sotto forma di asteroidi e comete. Penso che volessero stare per conto loro, ma naturalmente da allora il complesso iperspaziale è stato esplorato ed è cresciuto attorno a loro, e quindi adesso hanno qualche rapporto con l’esterno: forniscono servizi alle astronavi in transito e agiscono da stazione d’interscambio. Il che spiega come mai la nostra flotta è finita per attraccare là, anche se riguardo a quel che è successo dopo, ah… — Esitò. — La bioingegneria comportava anche diversi cambiamenti del metabolismo, ma l’alterazione più spettacolare era un secondo paio di braccia al posto delle gambe. Il che, a gravità zero, è molto comodo. Anche a me sarebbe piaciuto avere un altro paio di braccia, quando lavoravo nel vuoto.

Le passò il visore su cui compariva l’immagine di un quad, vestito con pantaloncini giallo vivo e una maglietta, che procedeva a quattro mani lungo un corridoio privo di gravità, con la velocità e l’agilità di una scimmia che saltella da una cima all’altra di un albero.

— Oh — esclamò Ekaterin con un sobbalzo, ma subito riprese il controllo. — Che… interessante. Sembra una cosa molto pratica, per l’ambiente in cui vivono.

Miles si rilassò. Qualunque istintivo orrore barrayarano lei avesse per le mutazioni, sarebbe stato sempre vinto e sovrastato dalle sue ferree buone maniere.

Lo stesso, purtroppo, non si poteva dire dei loro compatrioti, bloccati nel sistema dei quad. La differenza fra una mutazione deleteria e una modifica vantaggiosa e benigna sfuggiva completamente ai barrayarani. E, a giudicare dal fatto che un graduato li aveva descritti come orrendi ragni mutanti nel suo rapporto ufficiale, era chiaro che Miles poteva tranquillamente aggiungere la tensione razziale alla miscela esplosiva di complicazioni verso cui stava correndo.

— Ci si abitua al loro aspetto molto in fretta — la rassicurò.

— Dove ne hai incontrato uno, se sono tanto riservati?

— Ecco… durante una missione per ImpSec. Non posso entrare in particolari, ma quella quad era una musicista, figurati. Suonava un salterio a percussione con tutte e quattro le braccia. — Il tentativo di imitare quello spettacolo ebbe come risultato una dolorosa botta del gomito sulla paratia. — Si chiamava Nicol. Ti sarebbe piaciuta. L’abbiamo aiutata a uscire da una situazione critica. Mi chiedo se sia mai riuscita a tornare a casa. — Si strofinò il gomito e aggiunse, speranzoso: — Sono certo che le tecniche con cui i quad coltivano giardini a gravità zero t’interesseranno molto.

Ekaterin s’illuminò. — Sì, certamente.

Miles tornò ai suoi rapporti con la scomoda certezza che non sarebbe stata una buona idea affrontare impreparato quella missione. Aggiunse mentalmente di dare una ripassata alla storia dei quad nel suo elenco di cose da studiare nei giorni successivi.

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