CAPITOLO SECONDO

— Ho il colletto dritto?

Le dita di Ekaterin si misero al lavoro dietro il collo di Miles, che nascose il brivido che gli corse lungo la spina dorsale, sentendole gelate. — Adesso sì — disse.

— L’abito fa l’Ispettore — borbottò Miles. La cabina era così piccola che non poteva contenere neppure uno specchio a figura intera. Non che fosse uno svantaggio.

Ekaterin indietreggiò di quanto poté, mezzo passo, fino alla paratia, ed esaminò la figura del marito, per controllare l’effetto che faceva l’uniforme di Vorkosigan: casacca marrone con lo stemma di famiglia in argento sul colletto alto, maniche ricamate d’argento, pantaloni marrone con profili argento, stivali alti da cavallerizzo. Nei loro giorni di gloria i Vor erano stati cavalieri. Ora, di certo, non c’era un cavallo nell’arco di chissà quanti anni luce.

Miles si toccò il comunicatore da polso, uguale a quello che portava la moglie, anche se il suo, adattato per una dama Vor, aveva la forma di un braccialetto d’argento. — Ti chiamo non appena sono pronto a tornare per cambiarmi. — Fece un gesto verso il semplice vestito grigio che lei aveva già preparafo sulla cuccetta. Un’uniforme per i militari, un abito civile per i civili, sperando che il peso della storia di Barrayar, undici generazioni di Conti Vorkosigan sul groppone, compensasse la bassa statura e la sua schiena un po’ curva.

— E io che cosa dovrei indossare?

— Visto che dovrai rappresentare il mio intero seguito, qualcosa di molto efficace. — Fece un sorriso obliquo. — Quella blusa di seta rossa dovrebbe essere adeguata alla circostanza da riuscire a distrarre i nostri ospiti giù alla Stazione.

— Solo quelli di sesso maschile, amore — scherzò Ekaterin. — E se il loro capo della Sicurezza fosse una donna quad? Ma tu pensi che trovino i terricoli attraenti?

— In almeno un caso sì, a quanto pare — sospirò Miles. — È proprio per questo che è nato tutto questo pasticcio… comunque, siccome alcune parti della Stazione Graf sono a gravità zero, farai meglio a scegliere pantaloni piuttosto che gonne in stile barrayarano. Qualcosa che ti consenta libertà di movimento.

— Oh. Sì, certo.

Qualcuno bussò alla porta della cabina. — Milord?

Miles riconobbe la voce del suo armiere. — Sto arrivando, Roic. — Miles, trovandosi all’altezza del petto di Ekaterin, le rubò un abbraccio piacevolmente arrendevole e uscì nel corridoio angusto della nave.

Roic indossava una versione un po’ più semplice dell’uniforme Vorkosigan, appropriata al suo status di armiere Vor. — Vuole che prepari i bagagli per il trasferimento sull’ammiraglia barrayarana, Milord? — chiese.

— No. Per il momento restiamo qui.

Roic riuscì a nascondere il disappunto. Era un giovane di altezza imponente e dall’impressionante larghezza di spalle, e parlando della sua cabina aveva detto: È come una bara, Milord.

Miles aggiunse: — Non voglio compromettere la mia libertà di movimento mettendomi in mano all’una o all’altra parte di questo conflitto. E poi le cuccette dell’ammiraglia non sono molto più grandi, armiere, te lo garantisco.

Roic fece un sorrisetto triste, e scrollò le spalle. — Avrebbe dovuto portarsi Jankowski, signore.

— Perché è più basso?

— No, Milord! — Roic fece una smorfia vagamente indignata. — Perché lui è un vero veterano.

Per tradizione a un Conte di Barrayar era concessa una guardia del corpo di una dozzina di uomini legati da giuramento di fedeltà. I Vorkosigan avevano reclutato i loro armieri tra i veterani che si ritiravano dopo vent’anni di servizio nell’Esercito Imperiale. Le necessità della politica avevano imposto, negli ultimi decenni, che fossero per lo più uomini che avevano servito in ImpSec. Erano un gruppo di duri, ma piuttosto ingrigiti. Roic era un’eccezione.

— E quando mai questo è stato un problema?

Gli armieri del padre di Miles trattavano Roic come un giovincello, perché in effetti lo era, ma da altri non avrebbe sopportato di essere giudicato come un semplice cittadino di seconda classe.

— Eh… — Roic fece un gesto vago e piuttosto poco articolato che comprendeva l’intera nave in cui si trovavano. Miles comprese che il problema risiedeva in recenti discorsi che l’armiere aveva sentito.

Invece di imboccare il corridoio, Miles si appoggiò alla paratia e incrociò le braccia. — Senti, Roic… non c’è praticamente nessuno, nel Servizio Imperiale, della tua età che sia stato sotto il fuoco più di quanto è capitato a te nella Guardia Municipale di Hassadar. Non lasciare che quegli stronzi in uniforme verde ti facciano sentire inferiore. Sono solo palloni gonfiati. La metà di loro se la sarebbe fatta addosso per la paura, se si fosse trovata a dover neutralizzare quel pazzo assassino cui hai sparato in piazza Hassadar.

— Be’, ero già a metà della piazza, Milord. Era molto meno pericoloso saltargli addosso che voltarsi e scappare. Comunque avrebbe avuto tutto il tempo per prendermi di mira.

— Ma così facendo non gli hai dato il tempo di prendere di mira un’altra dozzina di persone presenti. Un’arma ad aghi automatica è un brutto affare. — Miles annuì brevemente.

— Un’arma sporca, Milord.

Nonostante la sua stazza, Roic tendeva a farsi prendere dalla timidezza in presenza di qualcuno di classe superiore, il che purtroppo accadeva quasi sempre al servizio dei Vorkosigan. Ma siccome la timidezza si presentava in superficie come stolidità, generalmente passava inosservata.

— Sei un armiere Vorkosigan — affermò Miles con fermezza. — Lo spirito del generale Piotr è intessuto nella tua uniforme, e sarai tu a impressionare loro.

Il rapido sorriso con cui Roic accettò quelle parole fu più frutto della gratitudine che della convinzione. — Vorrei tanto avere incontrato suo nonno, Milord. Dalle storie che raccontano su di lui, doveva essere un grand’uomo. Mia madre dice che il mio bisnonno lo ha servito sulle montagne durante l’occupazione cetagandana.

— Ah! E ti ha raccontato qualche storia su di lui?

Roic scrollò le spalle. — Mi ha detto soltanto che è morto per le radiazioni dopo la distruzione di Vorkosigan Vashnoi. Però anche lei non ne sapeva molto di più.

— Peccato.

Al termine del corridoio apparve il tenente Smolyani che si mise alla testa del gruppetto. — Siamo agganciati alla Prince Xav, Lord Ispettore Vorkosigan. Il collegamento di trasferimento è già pronto per riceverla a bordo.

— Molto bene, tenente.

Miles seguì Roic, il quale dovette chinare la testa per passare oltre la soglia ovale, nello spazio angusto del cunicolo. Smolyani andò a mettersi ai controlli del portello che emetteva ronzii, e su cui s’illuminavano intermittenti spie colorate. Il portello si aprì, rivelando la camera stagna e, più oltre, il condotto flessibile di trasferimento. Miles fece un cenno a Roic che, preso un abbondante respiro, avanzò nel passaggio. Smolyani eseguì un saluto e Miles rispose con un cenno del capo. — Grazie, tenente. — Poi seguì Roic.

Superarono il tratto a gravità zero nel condotto flessibile, che fu sufficiente a sconvolgere lo stomaco di tutti, e arrivarono al portello dell’altra camera di compensazione. Quando quello dell’astronave si chiuse alle loro spalle, Miles entrò nel largo ambiente della nave. Roic torreggiava con aria impettita, aspettando il suo turno.

Tre uomini in uniforme verde e un civile li accolsero rigidi sull’attenti. Nessuno di loro mutò espressione al vedere il fisico poco barrayarano di Miles. Presumibilmente Vorpatril, che Miles ricordava vagamente di avere incontrato un paio di volte nella capitale, Vorbarr Sultana, aveva prudentemente messo sull’avviso i suoi uomini del suo aspetto.

L’ammiraglio Eugin Vorpatril, uomo di altezza media, robusto, con i capelli bianchi e un’espressione cupa, si fece avanti e salutò Miles con un gesto preciso e corretto. — Milord Ispettore. Benvenuto a bordo della Prince Xav.

— Grazie, ammiraglio. — Non aggiunse È un piacere essere a bordo, perché nessuno di loro poteva essere felice di vederlo, date le circostanze.

Vorpatril continuò: — Posso presentarle il comandante della Sicurezza della mia flotta, il capitano Brun?

A chinare il capo fu un uomo magro, teso, forse ancora più cupo del suo ammiraglio. Brun era stato al comando operativo di quella disgraziata pattuglia dal grilletto facile che aveva trasformato la situazione da un piccolo imbroglio legale a un incidente diplomatico in piena regola. No, non dovevano essere per nulla contenti.

— E il cargomastro anziano Molino, del consorzio navale komarrano.

Anche Molino era di mezza età, e aveva la stessa aria da mal di pancia dei barrayarani, anche se vestiva un elegante abito scuro in stile komarrano, con pantaloni e casacca. Un cargomastro anziano era il responsabile di grado più elevato per le questioni esecutive e finanziarie di un convoglio commerciale; come tale aveva tutte le responsabilità di un ammiraglio e una frazione dei suoi poteri. Aveva anche il compito poco invidiabile di rappresentare l’interfaccia designata fra un gruppo molto disparato di interessi commerciali e i loro protettori barrayarani, il che in genere era sufficiente ad assicurare il mal di pancia anche senza una crisi di mezzo. L’uomo mormorò con un leggero inchino del capo: — Milord Vorkosigan.

Il tono di Vorpatril si fece un tantino più ruvido. — L’ufficiale legale della mia flotta, il guardiamarina Deslaurier.

Deslaurier, alto, pallido e smunto, con un’acne giovanile non del tutto guarita, fece un cenno col capo.

Miles sbatté le palpebre, sorpreso. Quando, sotto la copertura della sua vecchia finta identità, aveva diretto una flotta mercenaria teoricamente indipendente, ma in realtà agli ordini di ImpSec, il dipartimento legale della flotta era stato uno dei più importanti; solo negoziare il passaggio pacifico di navi da guerra attraverso le varie giurisdizioni planetarie era un lavoro di enorme complessità. — Guardiamarina. — Miles restituì il cenno, e scelse le parole con attenzione. — Lei… lei è investito di grandi responsabilità per il suo grado e la sua età.

Deslaurier si schiarì la gola e rispose timidamente: — Il nostro capo dipartimento è stato rimandato a casa agli inizi del viaggio, Lord Ispettore. Per motivi familiari. Era morta sua madre.

Comincio a capire dove si sta andando a finire. — Questo è il suo primo viaggio galattico, per caso?

— Sì, Milord.

Vorpatril aggiunse, forse per pietà: — Io e il mio personale siamo interamente a sua disposizione, Milord Ispettore, e abbiamo pronti tutti i rapporti, come lei ha richiesto. La prego di seguirmi nella sala riunioni.

— Sì, la ringrazio, ammiraglio.

Dopo un certo numero di goffi movimenti e di teste chinate per passare attraverso i portelli, il gruppo giunse in quella che appariva la tipica sala per le riunioni militari: tavolini dotati di olovideo e sedie fissati al pavimento, e sul pavimento tessuto antiscivolo che conservava il vago odore di muffa di una stanza buia, chiusa, che non aveva mai visto il sole né fosse stata arieggiata. Era un posto che sapeva di militare. Miles represse l’impulso nostalgico di inalare in profondità l’odore dei vecchi tempi.

A un cenno della sua mano, Roic si pose di guardia con fare impassibile appena al di qua della porta. Gli altri aspettarono che si sedesse e si disposero attorno al tavolo, Vorpatril alla sua sinistra, Deslaurier il più lontano possibile.

Vorpatril, dimostrando una solida conoscenza dell’etichetta e un certo istinto di autoconservazione, iniziò: — Dunque, come posso servirla, Milord?

Miles unì le punte delle dita. — Come Ispettore, il mio primo compito è ascoltare. Se non le dispiace, ammiraglio Vorpatril, mi descriva lo svolgersi degli eventi dal suo punto di vista. Come siete arrivati a quest’impasse?

— Ha detto dal mio punto di vista? — Vorpatril fece una smorfia. — Ecco, all’inizio sembrava una delle solite concatenazioni di incidenti. Saremmo dovuti rimanere attraccati alla Stazione Graf per cinque giorni, per i trasferimenti di passeggeri e delle merci che avevano contrattato. Poiché al momento non c’era ragione di supporre che i quad fossero ostili, ho concesso numerose licenze di sbarco sulla Stazione, come da procedura standard.

Miles annuì. Gli scopi delle scorte militari barrayarane alle navi komarrane andavano da quelli dichiarati a quelli impliciti a quelli sottaciuti. Quelli dichiarati comprendevano la protezione da pirati e dirottatori e l’opportunità offerta alla parte militare della flotta di accumulare un’esperienza nelle manovre. Più discretamente, la presenza della scorta permetteva la raccolta di tutta una serie di informazioni, economiche, politiche e sociali, oltre che militari. Inoltre forniva a dozzine di giovani barrayarani, futuri ufficiali e cittadini, un approccio con la cultura della galassia che non poteva che farli maturare. Sul versante sottaciuto, vi erano le tensioni residue che ancora dividevano barrayarani e komarrani, dopo la conquista, secondo Miles perfettamente giustificata, dei secondi da parte dei primi, una generazione prima. La politica dell’Imperatore era di passare dall’occupazione alla piena assimilazione politica e sociale dei due pianeti, ma il processo si stava rivelando lento e accidentato.

Vorpatril continuò: — La nave Idris della Corporazione era stata portata in cantiere per una messa a punto del motore iperspaziale e, una volta cominciato, il lavoro è andato incontro a complicazioni inaspettate. Le parti di ricambio non hanno passato i test di collaudo e sono state rimandate in officina sulla Stazione per essere revisionate. Cinque giorni sono diventati dieci, mentre quelli della nave hanno cominciato a litigare con quelli della Stazione. E a un certo punto il tenente Solian è scomparso.

— Se ricordo bene, il tenente era l’ufficiale di collegamento barrayarano addetto alla Sicurezza a bordo dell’Idris — disse Miles.

Infatti Solian rappresentava il corpo di polizia della flotta, con l’incarico di mantenere la pace e l’ordine fra equipaggio e passeggeri, controllare che non si compissero eventuali attività illegali o minacciose, e segnalare la presenza di persone sospette (diversi famosi dirottamenti erano stati organizzati dall’interno) e rappresentare la prima linea di difesa in questioni di controspionaggio. Meno apertamente, doveva tenere le orecchie aperte per cogliere possibili segni di disaffezione fra i sudditi komarrani dell’Imperatore. Era inoltre suo obbligo aiutare la nave in caso di emergenze, coordinando l’eventuale evacuazione. In pratica eseguiva un lavoro che poteva passare da un momento all’altro dalla noia più mortale all’emergenza più letale.

Il capitano Brun confermò: — Sì, Milord.

Miles si voltò verso di lui. — Era uno dei suoi, vero? Come descriverebbe il tenente Solian?

— Ricopriva il suo incarico da poco — rispose Brun, e, poi esitò. — Non lo conoscevo personalmente, ma sapevo che in passato aveva sempre ottenuto voti altissimi nelle sue note caratteristiche.

Miles si rivolse al cargomastro Molino. — Lei lo conosceva, signore?

— Ci siamo incontrati in qualche occasione — rispose Molino. — Io sono rimasto quasi sempre a bordo della Rudra, ma mi aveva dato l’impressione di essere un giovane simpatico e competente. Sembrava andare molto d’accordo con l’equipaggio e con i passeggeri. Insomma, un esempio vivente dei vantaggi dell’assimilazione.

— Prego?

Vorpatril si schiarì la gola. — Solian era komarrano, Milord.

— Ah! — I rapporti che aveva esaminato non menzionavano quell’aspetto. Era da poco che ai komarrani era stato permesso di accedere al Servizio Imperiale barrayarano, e la prima generazione di ufficiali komarrani era crème de la crème, e si davano da fare con passione per provare la propria competenza e lealtà. I cocchi dell’Imperatore, li aveva sentiti descrivere Miles da un collega ufficiale barrayarano con un certo velato malumore. Che questo esperimento di integrazione avesse successo era per Gregor una priorità molto alta. Di certo lo sapeva anche l’ammiraglio Vorpatril. Miles prese mentalmente nota di approfondire la conoscenza di quel misterioso Solian nella sua lista di priorità urgenti.

— Quali sono state le circostanze esatte della scomparsa?

— Molto tranquille, Milord. — Rispose Brun. — È smontato alla fine del suo turno, e non si è presentato all’inizio del turno successivo. Quando abbiamo controllato la sua cabina, sembra che alcuni effetti personali e una valigia mancassero all’appello, anche se la maggior parte delle uniformi erano ancora presenti. Non era registrata la sua uscita dalla nave, ma d’altra parte… se c’era qualcuno che sapeva come uscire dalla nave senza farsi notare, era lui. È per questo che sospetto una diserzione. In seguito la nave è stata perquisita da cima a fondo. Deve avere alterato le registrazioni, o essere uscito assieme a un carico, o qualcosa del genere.

— Aveva la sensazione che fosse scontento del suo lavoro o del suo posto?

— Non… no, Milord. Niente di speciale.

— Qualcosa di non speciale?

— Be’, c’erano i soliti problemi che vengono dall’essere un komarrano in questa — Brun indicò se stesso — uniforme. Suppongo, visto il ruolo che ricopriva, che dovesse subire qualche vessazione da entrambe le parti.

Miles decise che non era il momento, né il luogo di esaminare i presupposti inconsci nella scelta delle parole di Brun. — Cargomastro Molino… ha qualcosa da aggiungere a questo proposito? Le risulta che Solian fosse soggetto a, ehm, rimproveri da parte dei komarrani?

Molino scosse la testa. — Sembrava che andasse molto d’accordo con l’equipaggio dell’Idris, per quanto potevo vedere. Faceva il suo lavoro ed evitava le discussioni.

— Eppure avete detto che la vostra prima… impressione sia stata che avesse disertato.

— Sembrava possibile — ammise Brun. — Non voglio lanciare accuse calunniose, ma era komarrano, dopo tutto. Forse aveva scoperto che le cose erano più dure di quanto si aspettasse. L’ammiraglio Vorpatril la pensa diversamente — aggiunse, con scrupolo.

Vorpatril agitò una mano in segno di giudiziosa equidistanza. — Una ragione in più per non pensare alla diserzione. L’alto comando fa molta attenzione a quali komarrani ammettere al Servizio. Non vogliono fallimenti che mettano in cattiva luce il programma.

— In ogni caso — disse Brun — abbiamo messo in allerta tutto il nostro personale della Sicurezza, perché lo cerchino, e abbiamo chiesto aiuto alle autorità della Stazione Graf. Non che si siano mostrati particolarmente pronti a collaborare, bisogna dire. Continuavano a ripetere che non lo avevano visto, né nelle sezioni a gravitazione, né in quelle a caduta libera, e che non risultava che qualcuno avesse lasciato la Stazione sui mezzi di trasporto dello spazio locale.

— E poi cosa è successo?

Rispose l’ammiraglio Vorpatril. — Il tempo è passato. Le riparazioni all’Idris sono state completate, e pagate. Sono state fatte pressioni — guardò Molino senza simpatia — per lasciare la Stazione Graf e continuare lungo la rotta prestabilita. Ma per quanto mi riguarda… non lascio i miei uomini indietro, se posso evitarlo.

Molino disse, a denti stretti: — Non aveva senso, da un punto di vista economico, bloccare l’intera flotta per un solo uomo. Avrebbe potuto lasciare un vascello leggero o un piccolo gruppo di uomini con il compito di indagare sulla faccenda, e avrebbero potuto raggiungerci una volta che avessero concluso le loro indagini.

— Ho ordini precisi di non dividere la flotta — disse Vorpatril, serrando le mascelle.

— Ma sono decenni che non subiamo un attacco in questo settore — sbottò Molino. Miles ebbe la sensazione di assistere all’ennesimo round di un conflitto piuttosto vecchio.

— No, fin da quando Barrayar ha cominciato a fornirvi, gratuitamente, una scorta militare — disse Vorpatril con finta cordialità. — Che strana coincidenza, eh? — E poi con voce più ferma. — Io non lascio i miei uomini. L’ho giurato ai tempi della disfatta di Escobar, quando ero un guardiamarina con ancora il latte alla bocca. — Scoccò uno sguardo determinato a Miles. — Sotto il comando di suo padre.

Uhm, guai in vista… Miles sollevò le sopracciglia, curioso. — Mi vuole parlare della sua esperienza in quel conflitto, signore?

Vorpatril ricordò: — Pilotavo una navetta da sbarco, rimasta sola quando la nostra nave madre venne fatta a pezzi nell’orbita alta dagli Esco. Non sapevamo dove attraccare, né dove fuggire, e anche le poche navi superstiti che ancora avevano culle d’attracco libere non si fermavano per aspettarci, e io avevo a bordo un paio di centinaia di uomini, fra cui i feriti… è stato un incubo, me lo lasci dire.

Miles ebbe l’impressione che l’ammiraglio avesse evitato per un pelo di dire: ’te lo dico io, figliolo’. Ma cautamente rispose: — Sono sicuro che l’ammiraglio Vorkosigan non avesse molta scelta, quando ereditò il comando dell’invasione, alla morte del Principe Serg.

— Oh, non ne aveva nessuna — concordò Vorpatril, con un altro gesto della mano. — Non voglio dire che non abbia fatto il meglio che poteva con quello che si ritrovava in mano. Non poteva salvare tutto, e io capitai fra i sacrificati. Ho passato quasi un anno in un campo di prigionia degli escobarani, prima che i negoziatori finalmente riuscissero a farci tornare a casa. Gli escobarani non ci hanno fatto passare una bella vacanza, questo glielo assicuro.

Sarebbe potuto andarle peggio. Avrebbe dovuto provare cosa significa essere un escobarano in uno dei nostri campi di prigionia. Miles decise che non era il caso in quel momento di suggerire all’ammiraglio quel particolare esercizio d’immaginazione. — Suppongo di no.

— Voglio solo dire che so che cosa vuol dire venire abbandonati, e non ho intenzione di farlo a uno dei miei uomini per una ragione che ancora non capiamo. — L’occhiata che rivolse al cargomastro chiariva che la perdita dei profitti di una corporazione komarrana non costituiva una ragione sufficientemente grave da indurlo a violare i suoi principi. — Gli eventi mi hanno dato… — Esitò, e riformulò la frase. — Per un certo tempo, gli eventi sono sembrati darmi ragione.

— Per un certo tempo… — fece eco Miles. — Perché? — Ecco… in seguito è successo… in seguito sono successe cose inquietanti. Uno dei portelli stagni del personale della Stazione Graf, accanto all’attracco dell’Idris, è stato aperto senza autorizzazione. Ma non si sono viste navi o navette, e non è stato attivato nessun condotto di trasferimento stagno. Quando il personale di sicurezza della Stazione è arrivato, la camera di compensazione era vuota. Ma c’era una certa quantità di sangue sul pavimento, e qualcosa sembrava essere stato trascinato verso il portello. Il sangue è stato esaminato ed era di Solian. Sembra che mentre stava cercando di tornare all’Idris, qualcuno lo abbia aggredito.

— E non ha lasciato impronte di piedi — aggiunse Brun.

All’espressione interrogativa di Miles, Vorpatril aggiunse: — Nelle aree dotate di gravità, dove stanno i terricoli, i quad se ne vanno in giro con quei piccoli flottanti personali. Li guidano con le mani inferiori, così da avere quelle superiori libere. Quindi, niente impronte. Niente piedi, se è per quello.

— Ah, sì, capisco. E non avete trovato il corpo?

— Non ancora — confermò Brun.

— Ma lo avete cercato?

— Oh, sì. In tutte le possibili direzioni.

— Suppongo che vi sia venuto in mente che un disertore potrebbe avere tentato di mettere in scena il proprio assassinio, o suicidio, per non essere ricercato.

— Ci avrei potuto pensare — disse Brun — se non avessi visto il pavimento di quella camera di compensazione. Nessuno può perdere tanto sangue e sopravvivere. Ce ne dovevano essere almeno tre o quattro litri.

Miles scrollò le spalle. — Il primo passo, nella preparazione criogenica d’emergenza, è il dissanguamento del paziente per sostituirne il sangue con il fluido criogenico. Il che potrebbe facilmente lasciare diversi litri di sangue a terra, e la vittima… be’, potenzialmente ancora viva.

Miles conosceva il processo per esperienza personale, dopo quella missione dei Liberi Mercenari Dendarii che era finita tanto catastroficamente. Certo, lui non se lo ricordava, se non per la descrizione estremamente vivida che gli aveva fatto successivamente il suo compagno betano Thorne Bel.

Brun sollevò le sopracciglia, perplesso. — Non ci avevo pensato.

— Mi è venuto in mente così — disse Miles in tono di scusa. Potrei mostrarvi le cicatrici.

Brun si accigliò, poi scosse la testa. — Non penso che ce ne sarebbe stato il tempo, prima che arrivasse il personale della Sicurezza della Stazione.

— Neanche con una camera criogenica portatile a disposizione?

Brun aprì la bocca, poi la richiuse. Alla fine disse: — Mi sembra uno scenario molto complicato, Milord.

— Non desidero insistere — disse Miles, pensando all’altra parte del processo, alla crio-resuscitazione. — Ma faccio notare che ci sono altre possibili fonti da cui potrebbero provenire diversi litri di sangue fresco indiscutibilmente personale, oltre il corpo della vittima. Come il sintetizzatore di un laboratorio di resuscitazione. Che potrebbe produrre sangue che apparirebbe sicuramente positivo a un’analisi superficiale del DNA, ma un laboratorio saprebbe rilevare la differenza. E ci sarebbero anche ovvie tracce di fluido criogeno, volendole cercare. — Aggiunse, un po’ tristemente: — Odio gli indizi circostanziali. Chi ha eseguito le analisi del sangue?

Brun si mosse, a disagio. — I quad. Gli avevamo consegnato l’impronta DNA di Solian quando è scomparso. Ma l’ufficiale di collegamento della Sicurezza della Rudra a quel punto era già arrivato: era lì nella camera di compensazione a controllare i suoi tecnici. Mi ha riferito la corrispondenza al primo beep dell’analizzatore. Allora sono andato giù e ho visto tutto di persona.

— Ha anche prelevato un campione per un controllo incrociato?

— Io… credo di sì. Posso chiedere al medico della flotta se lo ha ricevuto prima che gli eventi ci travolgessero.

L’ammiraglio Vorpatril aveva un’espressione di ferita meraviglia. — Pensavo che il povero Solian fosse stato assassinato da… — ma si interruppe.

— Non mi sembra che questa sia un’ipotesi da escludere, ancora — lo consolò Miles. — In ogni caso, al momento era quello che lei onestamente credeva. Incarichi il suo medico di esaminare più a fondo i campioni, se non le dispiace, e mi riferisca.

— Devo riferire anche alla Sicurezza della Stazione?

— Ah… magari non subito.

Anche se i risultati fossero risultati negativi, il fatto stesso che l’analisi fosse stata eseguita avrebbe incrementato i sospetti dei quad nei confronti dei barrayarani. E se erano positivi… Miles voleva prima di tutto pensare a questo.

— In ogni modo, poi cosa è successo?

— Che Solian facesse parte della Sicurezza della Flotta rendeva il suo omicidio, o almeno, l’apparente omicidio, particolarmente grave — ammise Vorpatriì. — Che stesse cercando di tornare indietro per avvertirci di qualcosa? Non lo potevamo sapere. Così ho annullato tutte le licenze, dichiarato lo stato d’allerta, e ho ordinato a tutte le navi di lasciare l’ormeggio.

— Senza spiegare a nessuno il perché — aggiunse Molino.

Vorpatril gli lanciò un’occhiataccia. — Durante un allarme, un comandante non si può fermare a spiegare il perché dei suoi ordini. Si aspetta obbedienza pronta e assoluta. E poi, a giudicare da come voialtri stavate mordendo il freno e lamentandovi per i ritardi, non pensavo proprio che sarebbe stato necessario ripetermi. — Un muscolo si stava contraendo sulla sua guancia; inspirò e poi riprese a raccontare: — A questo punto, si è verificato un altro problema.

Ecco che arriva la cortina di fumo, finalmente.

— Infatti una nostra pattuglia di due uomini, che era stata mandata a recuperare un ufficiale, non è più rientrata.

— Quell’ufficiale sarebbe il guardiamarina Corbeau?

— Sì. Corbeau. Da quel che abbiamo capito, la pattuglia e il guardiamarina sono stati attaccati, disarmati e arrestati dai quad. La vera storia è venuta a galla più tardi, ed era molto più complicata, ma in quel momento, mentre stavo cercando di ritirare tutto il mio personale dalla Stazione Graf per prepararci a qualunque contingenza, compresa quella di evacuare immediatamente lo spazio locale, era tutto quello che sapevo.

Miles si chinò in avanti. — Credeva che fossero dei semplici militari quad ad aver catturato i suoi uomini, o aveva capito che si trattava della Sicurezza della Stazione Graf?

Vorpatril non digrignò i denti, ma per poco. — Sì, sapevamo che era la loro Sicurezza.

— Ha chiesto consiglio al suo ufficio legale? — No.

— Il guardiamarina Deslaurier le ha per caso offerto spontaneamente un consiglio?

— No, Milord — riuscì a mormorare Deslaurier.

— Capisco. Vada avanti.

— A quel punto ho ordinato al capitano Brun di mandare una pattuglia in assetto da battaglia, per recuperare i prigionieri e salvarli da una situazione che, per quello che ne sapevo, si era appena rivelata mortalmente pericolosa per un membro del mio personale barrayarano.

— Armati con qualcosa di più che degli storditori, mi pare di capire.

— Non potevo chiedere ai miei uomini di andare ad affrontare un nemico tanto più numeroso armati solo di storditori, Milord — disse Brun. — C’è un milione di quei quad là fuori!

Miles sollevò le sopracciglia. — Sulla Stazione Graf? Credevo che la popolazione residente fosse intorno ai cinquantamila abitanti. Civili.

Brun fece un gesto impaziente. — Dodici contro un milione, o dodici contro cinquantamila… comunque fosse, avevano bisogno di armi più convincenti. La squadra di soccorso doveva entrare e uscire il più velocemente possibile, e trovarsi di fronte a meno discussioni o resistenza possibili. Gli storditori non hanno nessuna efficacia come armi di intimidazione.

— Conosco bene il problema. — Miles si lasciò andare all’indietro. — Vada avanti.

— La pattuglia ha raggiunto il luogo dove venivano trattenuti i nostri uomini…

— La Stazione di Sicurezza Numero Tre della Stazione Graf, vero? — interruppe Miles.

— Sì.

— Mi dica… in tutto il tempo in cui la flotta è rimasta qui, è mai successo che qualcuno dei suoi uomini abbia avuto dei problemi con la Sicurezza della Stazione, per caso? Ubriachezza molesta, zuffe, violazioni delle norme di sicurezza, cose così?

Brun, con l’aria di uno cui le parole vengono strappate di bocca con le pinze, disse: — Tre uomini sono stati arrestati per avere condotto dei flottanti a velocità pericolosa sotto l’influenza dell’alcool. Stavano gareggiando.

— E che ne è stato di loro? Come ha gestito la cosa il vostro consulente legale?

Il guardiamarina Deslaurier borbottò: — Hanno passato un paio di ore in gattabuia, poi mi sono occupato di pagare le multe, e ho promesso al giudice della Stazione che sarebbero rimasti nei loro alloggi per il resto della nostra permanenza.

— E quindi conoscevate, a quel punto, la procedura standard per ottenere il rilascio dei vostri uomini da parte delle autorità della Stazione in caso di contrattempi?

— Questa volta non si trattava di idioti ubriachi. Erano uomini del nostro equipaggio arrestati nell’espletamento dei loro doveri — disse Vorpatril.

— Continuate pure — sospirò Miles. — Cosa è successo alla seconda pattuglia?

— Non ho ancora avuto la possibilità di conoscere il loro resoconto di prima mano, Milord — disse Brun, rigido. — I quad hanno permesso solo a un ufficiale medico, disarmato, di visitarli nel luogo in cui sono attualmente trattenuti. Sono stati scambiati dei colpi di storditore e di fuoco al plasma, all’interno della Stazione di Sicurezza numero Tre. I quad sono accorsi a sciami, i nostri uomini sono stati sopraffatti e presi prigionieri.

Gli ’sciami’ di quad comprendevano, cosa che a Miles non sembrava particolarmente strana, la maggior parte delle squadre di vigili del fuoco della Stazione Graf.

Fuoco al plasma. In una Stazione civile. Oh, maledizione!

— E quindi — disse Miles dolcemente — dopo avere preso a pistolettate la sezione di polizia e aver dato fuoco all’habitat, cos’altro avevamo di riserva?

L’ammiraglio Vorpatril contrasse per un attimo le mascelle. — Temo di avere perso l’iniziativa, quando le navi komarrane hanno deciso di non obbedire al mio ordine di salpare, lasciandosi invece bloccare all’attracco. A quel punto i quad avevano troppi ostaggi nelle loro mani, i capitani-proprietari komarrani erano stati troppo lenti nell’obbedire ai miei ordini di posizionamento, e alla milizia dei quad è stato facile circondarci. Siamo rimasti in una situazione di stallo per quasi due giorni. Poi abbiamo ricevuto l’ordine di deporre le armi e attendere il suo arrivo.

E grazie a tutti gli dei per questo. La stupidità dei militari! Ma scivolare fino quasi alla stupidità totale e poi fermarsi era una cosa piuttosto rara. Per questo, si doveva dare almeno un certo credito a Vorpatril.

Brun aggiunse cupo: — Non avevamo molta scelta a quel punto. Non potevamo certo minacciare di aprire il fuoco sulla Stazione con le nostre navi attraccate.

— Non avreste potuto aprire il fuoco sulla Stazione in ogni caso — fece notare Miles in tono tranquillo. — Sarebbe stato un massacro e un ordine criminale. L’Imperatore vi avrebbe fatto fucilare tutti.

Brun sussultò e tacque.

Vorpatril strinse le labbra. — L’Imperatore, o lei?

— Gregor e io ci saremmo giocati a testa o croce il privilegio di sparare per primi.

Seguì un breve silenzio.

— Per fortuna — continuò Miles — sembra che tutte le teste calde coinvolte abbiano avuto modo di raffreddarsi. Per questo, ammiraglio Vorpatril, mi congratulo con lei. E posso aggiungere che riferirò di questo vostro comportamento al Comando Operativo. — A meno che non riusciate a farmi arrivare in ritardo alla nascita dei miei figli, nel qual caso sarà meglio che vi cerchiate tutti un buco molto profondo e molto buio. — Il mio compito è di sottrarre, con la diplomazia e le parole, il maggior numero di sudditi dell’Imperatore dalle mani dei quad, e spuntando il miglior prezzo possibile. Se sarò davvero molto fortunato, quando avrò finito, le nostre flotte commerciali potranno, un giorno, fare di nuovo scalo in questo porto. Purtroppo non mi avete messo in mano un mazzo di carte particolarmente forte. Ma cercherò lo stesso di vedere cosa posso fare. Voglio avere le copie complete e integrali delle trascrizioni di tutti questi ultimi eventi.

— Sì, Milord — ringhiò Vorpatril. — Ma… — e la sua voce divenne quasi angosciata — questo ancora non risolve il problema di quel che è successo al tenente Solian!

— Mi impegno a dedicare la mia attenzione anche a questo, ammiraglio. Glielo prometto.

Vorpatril annuì, brevemente.

— Ma Lord Ispettore Vorkosigan! — interloquì con urgenza il cargomastro Molino. — Le autorità della Stazione Graf vogliono multare i nostri vascelli komarrani per i danni commessi dalle truppe barrayarane. Bisogna spiegargli chiaramente che solo i militari devono assumersi la responsabilità di queste… attività.

Miles esitò a lungo. — Che fortuna per lei, cargomastro — disse alla fine — che in caso di un vero attacco, la cosa non sia reciproca. — Con un colpetto al tavolo, si alzò in piedi.

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