— Non la apra! — gridò Venn, allarmato.
— Non ne avevo intenzione — lo rassicurò Miles. Non lo farei per nulla al mondo.
Venn si avvicinò nel suo flottante, guardò e imprecò. — Il bastardo è già andato via! Ma dove, sulla Stazione, o su una nave? — Ripose lo storditore in tasca, e attraverso il casco, avvertì sia la Sicurezza della Stazione, sia la milizia quad di inseguire, fermare e perquisire qualunque cosa, nave, capsula o navetta, che avesse anche solo fatto una mossa.
Miles cominciò a elaborare i suoi pensieri. Che il ba fosse arrivato alla Stazione prima che Greenlaw dichiarasse la quarantena? Sì, forse. Il tempo lo avrebbe avuto, ma in quel caso, come aveva fatto la tuta a tornare all’esterno della Idris? Sarebbe stato più sensato ipotizzare che il ba fosse stato raccolto da una capsula personale, ce n’erano sempre tante che sfrecciavano lì attorno, e che avesse riportato la tuta lì dove l’avevano trovata con raggio trattore.
Ma la Idris, come le altre navi barrayarane e komarrane, era sotto la continua sorveglianza della milizia quad. D’altro canto, una persona, una persona alta, che si fosse seduta nella cabina del reparto macchine e avesse manipolato i comandi, avrebbe potuto far uscire la tuta dal portello, facendola girare attorno alla nave, mettendola fuori della vista della guardia abbastanza in fretta da non farsi notare. Poi quella persona alta si era alzata dalla sedia e…?
Le palme delle mani gli prudevano all’interno dei guanti; le strofinò tra loro nel futile tentativo di ottenere sollievo. Avrebbe dato sangue anche per grattarsi il naso.
— Roic, ricordi che cosa aveva in mano — spinse la tuta con la punta del piede — quando è uscita dal portello?
— Uhm… niente, Milord — rispose l’armiere rivolgendo a Miles uno sguardo perplesso.
— Come pensavo. — Esatto.
Se Miles era nel giusto, il ba aveva rinunciato alla sua possibilità di uccidere Gupta per cogliere al volo l’occasione di usare Bel per tornare a bordo della Idris e fare… cosa? con il suo carico. Distruggerlo? Non avrebbe di certo faticato a infettare i replicatori con un veleno. O… più semplicemente, se voleva uccidere il suo carico, gli sarebbe bastato spegnere il sistema di sostentamento, un’operazione che non gli avrebbe preso più di qualche minuto. Ma prelevare e classificare un campione di cellule per congelarle, quello sì che era un lavoro lungo. E se il ba aveva rischiato tanto per farlo, era pensabile che avesse lasciato la nave senza il suo congelatore portatile?
— Il ba ha avuto due ore per fuggire. Di certo non sarebbe rimasto… — mormorò Miles. Ma il tono della sua voce non era convinto. Roic colse subito quel fremito, e guardò Miles, accigliato.
Dovevano controllare se c’erano tutte le tute a pressione dell’Idris; verificare ogni portello per accertarsi che le telecamere non fossero state disattivate manualmente. No, troppo lento… sarebbe stato un compito da assegnare a chi avesse abbastanza personale per farlo. E in ogni caso, se si scopriva che mancava una tuta? Dare la caccia alle tute disperse era già quello che i quad stavano facendo attorno alla Stazione, per ordine di Venn. Ma se non mancava nessun’altra tuta…
Miles stesso aveva appena trasformato la Idris in una trappola.
— Stavo per dire che dovremmo controllare se tutte le tute della Idris sono al loro posto, ma mi è venuta un’idea migliore. Torniamo sul ponte di comando, e da lì separiamo tutte le sezioni della nave. Poi prendiamo tutte le armi a nostra disposizione, e iniziamo una ricerca sistematica.
Venn si girò sul suo flottante. — Perché, lei pensa che quel cetagandano sia ancora a bordo?
— Milord — disse Roic con apprensione — che cosa è successo ai suoi guanti?
Miles abbassò gli occhi e sentì un fremito corrergli lungo la schiena. La robusta stoffa dei guanti della tuta da contenimento biologico stava disfandosi, penzolando in fili isolati: sotto si poteva vedere le mani che erano diventate rosse. Il prurito sembrò raddoppiare. — Merda! — Imprecò.
Venn si avvicinò, sgranò gli occhi e indietreggiò in fretta.
Miles tenne le mani sollevate. — Venn. Vada ad avvertire Greenlaw e Leutwyn e prenda il controllo del ponte di comando. Mettetevi al sicuro in quel reparto e sigillatelo. Tu, Roic, precedimi in infermeria. Corri!
Roic, con il respiro affannato che si udiva attraverso la radio, stava già muovendosi.
Corse attraverso la nave semibuia seguendo i lunghi passi di Roic, senza toccare nulla, aspettandosi da un momento all’altro di scoppiare. Dove si era contaminato in quel modo? Chi altro ne era affetto? Tutti?
Forse no. Era senz’altro successo mentre manovrava per far rientrare la tuta da riparazioni. Ricordò che le sue mani guantate scivolavano sulla consolle, come se fosse unta. Era caduto nella trappola: il ba aveva fatto uscire dal portello una tuta vuota, e poi preparato una trappola per chiunque se ne fosse accorto troppo in fretta.
Irruppe attraverso la porta dell’infermeria, oltrepassando Roic che si fece da parte, e direttamente attraverso la porta illuminata di azzurro del locale biosigillato. Un medico in tuta fece uno scarto per la sorpresa.
Miles aprì il canale tredici e cominciò a dire concitatamente: — Qualcuno per favore… — ma poi si fermò. Avrebbe voluto gridare: Qualcuno mi apra l’acqua! E tenere le mani sotto il getto di un lavandino, ma poi l’acqua dove sarebbe andata? — Aiutatemi — chiese a voce più bassa.
— Che succede, Milord Ispet… — chiese il medico capo, uscendo dal bagno; poi vide le mani che Miles teneva alte. — Cosa è successo?
— Credo di essere caduto in una trappola. Se ha un medico libero, lo mandi con l’armiere Roic giù al reparto macchine a raccogliere un campione sulla consolle del telecomando della tuta da riparazioni. Sembra che sia stata cosparsa di una sostanza corrosiva o un enzima e… e non so che altro.
— Pulitore sonico — ordinò il capitano Clogston al tecnico che si occupava del laboratorio.
L’uomo si affrettò a frugare fra la strumentazione e si volse mentre accendeva lo strumento. Miles porse le mani che bruciavano. La macchina cominciò a ruggire e il tecnico diresse il fascio di vibrazione sulle zone colpite, mentre il potente aspiratore risucchiava i detriti sia macroscopici che microscopici nella borsa sigillata. Il medico, con un bisturi e delle pinze, tagliò e strappò quel che restava dei guanti, che vennero anch’essi risucchiati nel contenitore.
Il pulitore sembrò avere effetto: le mani di Miles smisero di peggiorare, anche se continuavano a pulsare. Per vederle, se le portò davanti al casco, ostacolando il medico che protestò garbatamente. Goccioline di sangue stavano venendo in superficie fra i solchi della carne gonfia. Merda! Merda!
Clogston si raddrizzò e si guardò attorno, con una smorfia. — La sua tuta è completamente compromessa, Milord.
— Posso indossare un’altra tuta?
— Non ancora. — Clogston si affrettò a spalmare le mani di Miles con una misteriosa sostanza untuosa, poi gli infilò dei guanti di contenimento biologico, sigillandoli ai polsi. Poco dopo il bruciore e il dolore diminuirono.
Dall’altra parte, il tecnico stava inserendo i campioni contaminati in un analizzatore. Il terzo medico era di là con Bel? Era ancora vivo il betano?
Miles respirò profondamente per calmarsi. — Avete già fatto una diagnosi al portomastro Thorne?
— Oh sì, l’abbiamo ottenuta subito — rispose Clogston distrattamente, ancora impegnato a sigillare il secondo polso di Miles. — Nell’istante stesso che abbiamo fatto passare il primo campione di sangue. Cosa diavolo possiamo fare non è ancora chiaro, ma ho alcune idee. — Si raddrizzò, guardando accigliato le mani di Miles. — Il sangue e i tessuti dell’erm brulicano di parassiti artificiali, voglio dire, biologicamente modificati. — Alzò gli occhi. — Sembra che abbiamo una fase iniziale di latenza asintomatica, durante la quale si moltiplicano rapidamente nel corpo. Poi, a un certo punto, forse determinato dalla loro stessa concentrazione, iniziano a produrre due sostanze chimiche in due differenti vesciche contenute nella loro membrana cellulare. Le vesciche si gonfiano e un aumento della temperatura del corpo della vittima provoca la loro rottura, e le due sostanze chimiche producono una reazione violentemente esotermica fra di loro, uccidendo il parassita, danneggiando però i tessuti dell’ospite, e stimolando lo stesso ciclo nei parassiti circostanti. Sono come minuscole bombe che esplodono in tutto il corpo. È…
— Allora… il bagno di acqua gelata ha aiutato Thorne?
— Sì, assolutamente. L’abbassamento della temperatura ha fermato la reazione a catena, temporaneamente. I parassiti avevano quasi raggiunto la concentrazione critica.
Miles chiuse gli occhi in un breve momento di personale soddisfazione. Ma subito li riaprì. — Temporaneamente?
— Ancora non ho trovato il modo per eliminarli. Stiamo cercando di modificare uno shunt chirurgico per farlo funzionare come un filtro ematico. Se funziona, possiamo rimuovere meccanicamente i parassiti dal circolo sanguigno del paziente, e raffreddare il sangue prima di rimetterlo in circolo. Penso di riuscire a far rispondere selettivamente i parassiti a un gradiente elettroforetico applicato attraverso il tubo di shunt, in modo da estrarli dal sangue.
— E questo non basta?
Clogston scosse la testa. — Non raggiunge i parassiti che si trovano nei tessuti, quelli restano serbatoi di reinfestazione. Non è una cura, ma può farci guadagnare tempo. La vera cura deve uccidere tutti i parassiti nel corpo, altrimenti il processo riprende. — Le sue labbra si piegarono. — I veleni interni potrebbero dare più problemi di quanti ne risolvano. Se iniettiamo qualcosa che uccide i parassiti residenti nei tessuti, questo farà rilasciare il loro carico chimico. Anche un livello limitato danneggerebbe la circolazione, causando un dolore molto intenso… e comunque rischierebbe di danneggiare…
— Il tessuto cerebrale? — chiese Miles, con un brivido.
— Alla fine, sì. Per il momento non sembrano attraversare facilmente la barriera emato-encefalica, ma con il veleno… insomma, credo che la vittima rimarrebbe cosciente fino alla fase avanzata della dissoluzione.
— Oh. — Miles cercò di decidere se era un bene o un male.
— Comunque, da un punto di vista più positivo — proseguì il medico — potrei diminuire il livello dell’allarme di biocontaminazione dal livello Cinque al livello Tre. I parassiti hanno bisogno di un diretto contatto sangue-sangue per potersi trasferire. Non sembrano sopravvivere molto al di fuori di un ospite.
— Non possono propagarsi nell’aria?
Clogston esitò. — Be’, non finché l’ospite non comincia a tossire sangue.
Finché, non a meno che. A Miles non sfuggì la scelta dei termini. — Temo che parlare di una diminuzione del livello di allarme sia prematuro. Un agente cetagandano armato con armi biologiche sconosciute è ancora libero là fuori. — Inspirò, e si sforzò di mantenere la voce calma. — Alcune indicazioni fanno pensare che sia ancora a bordo di questa nave. Dovete prepararvi a difendere questa zona da una possibile intrusione di quell’uomo.
Il capitano Clogston imprecò. — Avete sentito, ragazzi? — chiese ai suoi colleghi attraverso il microfono della tuta.
— Oh, grandioso — rispose qualcuno, disgustato. — Proprio quello di cui avevamo bisogno!
— Ehi, almeno è qualcosa a cui possiamo sparare — fece notare un’altra voce.
Ah, barrayarani, Miles si sentì riscaldare il cuore. — Sì, e sparare a vista — confermò. Erano medici militari: tutti portavano una pistola, che il cielo li benedisse.
Ispezionò il dormitorio e l’infermeria oltre la porta, facendo un inventario dei punti deboli. C’era solo un ingresso, ma era una debolezza o un punto di forza? Comunque quello era il punto da proteggere.
Roic si era messo di guardia lì meccanicamente. Tuttavia un attacco tradizionale con uno storditore al plasma, o una granata esplosiva sembravano… mancare di immaginazione. L’infermeria era ancora collegata alla circolazione d’aria e all’alimentazione elettrica della nave, però lì dovevano esserci necessariamente i serbatoi e le batterie di emergenza.
Le tute militari anticontaminazione che indossavano i medici potevano anche servire da tute a pressione, con la circolazione d’aria completamente interna. Lo stesso non poteva dirsi per la tuta di Miles, anche prima che perdesse i guanti; traeva la propria atmosfera dall’ambiente esterno, attraverso filtri e sterilizzatori termici. In caso di depressurizzazione, la sua tuta sarebbe diventata un pallone rigido e goffo, e forse si sarebbe anche rotta in un punto debole.
C’erano naturalmente i baccelli individuali negli armadietti. Miles s’immaginò di restare intrappolato in un baccello, mentre attorno a lui si scatenava l’azione, senza che potesse intervenire.
Visto che era già stato esposto a… qualunque cosa fosse, uscire dalla tuta per entrare in un’altra della sua misura non poteva peggiorare le cose. Si guardò le mani e si chiese come mai non fosse ancora morto. Possibile che la sostanza che aveva toccato fosse semplicemente corrosiva?
Miles tirò fuori a fatica il suo storditore dalla tasca sulla coscia, e attraversò le strisce azzurre della barriera molecolare. — Roic. Voglio che tu corra al reparto macchine e mi prenda la più piccola tuta a pressione che riesci a trovare. Farò io la guardia a questa porta fino a che non torni.
— Sì, Milord — rispose prontamente Roic anche se il suo tono era dubbioso.
— Tieni lo storditore pronto e guardati le spalle. Noi siamo tutti qui, quindi se vedi qualcosa muoversi e non è verde come i quad, spara.
— Sì, Milord. Ma lei non se ne vada in giro senza di me!
— Neppure per sogno — promise Miles.
Roic partì di corsa. Miles si sistemò meglio lo storditore in mano, si assicurò che fosse sulla massima potenza, e si mise di guardia, fissando il corridoio e guardando la sua guardia del corpo che rimpiccioliva allontanandosi. Accigliato.
Non capisco.
C’era qualcosa che non tornava; se solo avesse avuto cinque minuti consecutivi per riflettere, senza nuove crisi potenzialmente letali, forse gli sarebbe venuto in mente… cercò di non pensare alle mani che pizzicavano, e all’ingegnoso assalto di microbi che forse proprio in questo momento stava entrando nel suo corpo, e forse facendosi strada verso il cervello.
Un ba normale, un servitore dell’Impero, sarebbe morto prima di abbandonare un carico di feti haut. E, anche se questo era stato addestrato come agente speciale, perché passare tutto quel tempo a prelevare i campioni di quei feti che stava per abbandonare e forse anche per distruggere? Ogni haut concepito aveva il suo DNA in qualche archivio nella banca genetica centrale del Nido Celeste. Ne potevano fare altri, senza problemi. Cosa rendeva questa nidiata tanto preziosa?
Sentendosi impotente, cominciò a immaginare piccoli parassiti geneticamente modificati che si moltiplicavano freneticamente nel suo circolo sanguigno. Non era certo di essere stato infettato con lo stesso orribile parassita di Bel. Sì, come no, potrebbe anche essere qualcosa di peggio. Ma una neurotossina di progetto cetagandano, o anche un normale veleno, di certo avrebbe dovuto agire più in fretta di così. Sicuro, se è una droga progettata per spingere la vittima verso la paranoia, sta funzionando proprio bene. Che il diabolico repertorio del ba fosse limitato? E se ne possedeva uno, perché non molti altri? Qualunque stimolante o ipnotico fosse stato usato su Bel, non doveva essere qualcosa di inconsueto, in termini di armamentario spionistico.
Quanti altri sofisticati trucchi biologici nascondeva come assi nella manica? E sarebbe toccato a lui dimostrare qual era il prossimo?
Vivrò abbastanza a lungo da poter dire addio a Ekaterin? Un bacio d’addio era da escludere, a meno che non premessero le labbra sui lati opposti di una lastra di vetro. Aveva così tanto da dirle, che non avrebbe saputo da dove cominciare. E ancora più impossibile farlo solo a voce, su un canale aperto e pubblico. Prenditi cura dei bambini. Dagli il bacio della buonanotte per me ogni sera, e digli che li ho amati anche se non li ho mai visti. Non sarai sola… i miei genitori ti aiuteranno. Di’ ai miei genitori… raccomanda…
Che quella maledetta cosa stesse già cominciando a fare effetto, oppure il panico ardente e le lacrime che gli soffocavano la gola erano solo opera della sua suggestione?
Canale aperto oppure no, io adesso la chiamo…
Invece, gli giunse la voce di Venn. — Lord Vorkosigan, passi sul canale dodici. L’ammiraglio Vorpatril la vuole, urgentemente.
Miles sibilò fra i denti e cambiò la sintonia nel comunicatore del casco. — Qui parla Vorkosigan.
— Vorkosigan, idiota…! — Nell’ultima ora l’ammiraglio si era perso per strada qualche titolo onorifico. — Che diavolo sta succedendo lì? Perché non risponde al comunicatore da polso?
— È all’interno della mia tuta di contenimento biologico e in questo momento non è raggiungibile. L’avverto, signore, che questo è un canale aperto e pubblicamente accessibile. — Dannazione, e da dove veniva quel signore? Abitudine, vecchia e cattiva abitudine. — Può chiedere al capitano Clogston di aggiornarla attraverso il collegamento a fascia stretta della sua tuta militare, ma che sia un aggiornamento breve. Il capitano è molto occupato in questo momento e non voglio che venga distratto.
Vorpatril imprecò, forse in direzione dell’Ispettore Imperiale o forse genericamente, la cosa era ambigua, e chiuse la comunicazione.
Nella nave si propagò finalmente il suono che Miles aspettava: il tonfo e il sibilo delle porte stagne che si chiudevano, dividendo l’intero scafo in compartimenti. Bene! I quad erano arrivati al ponte di comando. Ma Roic non era ancora tornato. L’armiere avrebbe dovuto mettersi in contatto con Venn e Greenlaw per farsi aprire il passaggio fino a…
— Vorkosigan — chiamò Venn con voce tesa. — È stato lei?
— Sono stato io cosa?
— A chiudere i compartimenti.
— Non siete… — Miles cercò, senza successo, di abbassare la sua voce fino a un timbro più ragionevole. — Non siete ancora arrivati sul ponte di comando?
— No, siamo tornati alla zona Due per prendere il nostro equipaggiamento. Stavamo proprio per andarcene.
Con il cuore che batteva, Miles sentì spuntare un’ultima speranza. — Roic — chiese urgentemente. — Dove sei?
— Non sul ponte di comando, Milord — rispose Roic.
— Ma se noi siamo qui, e lui è lì, chi sta facendo questo? - disse la voce infelice di Leutwyn.
— Chi pensi che sia? — ringhiò Greenlaw. E con un sospiro di angoscia: — Siamo in cinque, e non uno che abbia pensato a chiudersi la porta alle spalle quando siamo usciti… maledizione!
Un lieve grugnito desolato, come di un uomo colpito da una freccia, suonò all’orecchio di Miles: Roic.
Miles ordinò: — Chiunque controlli il ponte di comando, ha accesso anche a questi canali, o lo avrà fra poco. Chiudiamo subito le comunicazioni.
I quad avevano tra loro un collegamento indipendente; e così Vorpatril, attraverso le loro tute, con i medici. Miles e Roic sarebbero stati gli unici a rimanere isolati.
Poi, all’improvviso, ogni suono nel suo casco cessò. Dunque il ba aveva trovato i controlli delle comunicazioni!
Miles balzò verso il pannello del controllo ambientale dell’infermeria, lo aprì e azionò freneticamente ogni controllo manuale. Con la porta esterna chiusa, avrebbero potuto mantenere la pressione atmosferica, anche se la circolazione era bloccata. I medici nelle loro tute non avrebbero avuto problemi. Guardò con riluttanza il compartimento dei baccelli. Il dormitorio biosigillato già funzionava su una circolazione interna, grazie a Dio, e avrebbe continuato a funzionare così… fintanto che la nave era alimentata. Ma come potevano mantenere al freddo Bel, se dovevano rinchiuderlo in un baccello?
Si avvicinò alla porta del bagno, e urlò attraverso il lunotto: — Abbiamo perso le comunicazioni con la nave. Comunicate solo attraverso i canali militari a fascia stretta.
— Ho sentito — urlò Clogston in risposta.
— Come va con il sistema di filtraggio-raffreddamento?
— La parte del raffreddamento è fatta. Stiamo ancora lavorando sul filtro. Vorrei avere portato più braccia, anche se devo dire che non c’è posto per altri, qui dentro.
— Ci sono quasi, penso — sentì gridare il tecnico. — Controlli quello, signore. — Fece un gesto in direzione di uno degli analizzatori, sul quale si era accesa una serie di luci intermittenti.
Clogston si chinò sulla macchina. Dopo un attimo mormorò: — Oh, questo sì che è ingegnoso.
Miles, che era vicino alla porta, abbastanza da poter sentire quello che dicevano, non lo trovò particolarmente rassicurante. — Cosa è ingegnoso?
Clogston indicò il pannello dell’analizzatore, che mostrava una serie incomprensibile di lettere e numeri colorati vivacemente. — Non capivo come i parassiti potessero sopravvivere in una matrice di quell’enzima che ha corroso i guanti della sua tuta. Ma erano microincapsulati.
— Cosa?
— È il metodo standard per somministrare un farmaco attraverso un ambiente ostile, come lo stomaco, o magari il flusso sanguigno, fino all’organo bersaglio. Solo che in questo caso è stato usato per somministrare una malattia. Quando la sostanza microincapsulata esce dalla zona ostile per entrare, chimicamente parlando, in quella amica, si apre, e rilascia il suo contenuto. Niente perdite, niente sprechi.
— Oh! Fantastico. Sta dicendo che ho nel sangue la stessa sostanza di Bel?
— Ehm. — Clogston diede un’occhiata al crono sulla parete. — Quanto tempo è passato dal momento in cui ha toccato quella consolle, Milord?
Miles seguì il suo sguardo. — Più o meno mezz’ora?
— Potrebbero già essere rilevabili nel sangue.
— Controlliamo.
— Deve aprire la tuta per un prelievo in vena.
— Va bene, ma controlliamo subito. E in fretta.
Miles slacciò la fasciatura del polso sinistro, e osservò il medico che effettuava il prelievo di sangue. Dovette ammettere che aveva una buona manualità, nonostante indossasse i guanti anticontaminazione.
Subito dopo Clogston infilò l’ago nell’analizzatore e trasferì il sangue prelevato nella macchina.
— Quanto ci vorrà?
— Ora che abbiamo il modello, avremo il risultato praticamente subito. Se è positivo, cioè. Se questo primo campione fosse negativo, sarà opportuno ripetere il controllo ogni trenta minuti, per sicurezza. — Il medico tacque, mentre esaminava il risultato dell’analisi. — Be’, credo che non sarà necessario ripetere il controllo.
— D’accordo — ringhiò Miles. Aprì violentemente la tuta ed estrasse il braccio con il comunicatore da polso, quindi abbaiò: — Vorpatril!
— Sì! — La voce di Vorpatril lo raggiunse immediatamente. Era evidentemente impegnato a sorvegliare tutti i canali di comunicazione e in particolare quelli della Prince Xav. — Un momento, che cosa ci fa su questo canale? Mi aveva detto di non poterlo utilizzare!
— La situazione è cambiata. Per ora non faccia domande. Che cosa sta succedendo là fuori?
— Mi dica lei, Milord, cosa sta succedendo lì dentro?
— La squadra medica, il portomastro Thorne e io siamo nell’infermeria, bloccati. Per il momento controlliamo ancora il nostro ambiente. Credo che Venn, Greenlaw e Leutwyn siano intrappolati nella sezione di carico numero Due. Roic dovrebbe essere da qualche parte in quella delle macchine. E per quanto riguarda il ba, credo che sia sul ponte di comando. Può confermarmelo?
— Oh, sì — gemette Vorpatril. — In questo momento sta parlando ai quad della Stazione Graf. Minaccia e pretende. Il Capo Watts per il momento ha assunto il comando. Io ho predisposto una squadra d’attacco pronta a intervenire.
— Mi colleghi con il ba su questo canale. Devo sentirlo.
Qualche secondo dopo udì la voce del ba che stava dicendo: — … non ha importanza come mi chiamo. Se volete riavere vivi la Sigillatrice, l’Ispettore Imperiale e tutti gli altri, queste sono le mie richieste. Voglio che inviate immediatamente tua pilota iperspaziale su questa nave. Dovete lasciare libero il passaggio attraverso il vostro sistema. Se voi o i barrayarani tenterete un’azione militare contro la Idris, farò saltare la nave con tutti coloro che sono a bordo, oppure speronerò la Stazione Graf.
La voce del Capo Watts suonò tesa e spessa. — Se tenterà di speronare la Stazione, noi stessi la faremo saltare in aria.
— Per me una cosa vale l’altra — rispose la voce del ba seccamente.
Chissà se il ba sapeva veramente come far esplodere una nave iperspaziale? Non era una cosa tanto semplice. Diavolo, ma se quel cetagandano aveva secoli di vita, chi poteva dire cosa sapesse fare? Quanto a speronare la Stazione, poi… con un bersaglio così grosso e così vicino, chiunque non avrebbe incontrato difficoltà.
La voce di Greenlaw, rigida, si interpose: presumibilmente il suo comunicatore era collegato a Watts nello stesso modo in cui quello di Miles era in comunicazione con Vorpatril. — Watts, non accettare nessuna delle sue condizioni! Lo Spazio Quad non può permettere che un vettore di infezione come questo passi nello spazio dei nostri vicini. Una manciata di vite non giustifica metterne a rischio migliaia.
— In effetti — continuò il ba dopo una lieve esitazione, ancora con lo stesso tono freddo, — se riuscirete a uccidermi, temo che vi procurerete maggiori problemi. Ho lasciato un piccolo dono a bordo della Stazione. Gupta e il portomastro Thorne possono darvi un’idea di cosa contiene. Potreste anche trovarlo prima che si rompa, anche se questo non risolverebbe i vostri guai. E allora cosa ne sarà delle vostre migliaia di vite?
È una minaccia autentica oppure un bluff? Si chiese Miles freneticamente. Certo, il ba fino a quel momento aveva dimostrato di saper tendere le sue trappole… Bel nel baccello, la diversione con i controlli della tuta… l’avvelenamento della consolle. Tutto per confondere e distrarre i suoi inseguitori. Almeno su di me, ha di certo funzionato.
Vorpatril si inserì privatamente nel comunicatore da polso di Miles, parlando con un tono teso e inutilmente sommesso, che tuttavia interruppe l’ascolto di quello che si dicevano il ba e Watts. — Pensa che quel bastardo stia bluffando, Milord?
— Non importa se sta bluffando. Lo voglio vivo. Oh, Dio, se lo voglio vivo. La prenda come una priorità assoluta e un ordine della Voce dell’Imperatore, ammiraglio.
Dopo un momento di pausa riflessiva, Vorpatril rispose: — Capisco, Milord Ispettore.
— Tenga pronta la sua squadra d’attacco.
La miglior squadra d’attacco di Vorpatril era detenuta nella prigione quad. Qual era la sua seconda? Miles sentì il cuore aumentare le pulsazioni. — Ma per il momento non dia l’ordine di agire. La situazione è estremamente instabile e non ho idea di come si risolverà. Riapra il canale con il ba. — Miles tornò a prestare attenzione al negoziato che procedeva… no… che si stava concludendo?
— Un pilota iperspaziale. — Stava ripetendo il ba. — Da solo, in una capsula, al portello Cinque B. E che si presenti nudo. — Quindi il ba interruppe la comunicazione.