Non c’era molto che potesse fare.
Axxter guardò il buio della notte, il cielo nero dietro al Cilindro, togliendo gli occhi dai frammenti di documenti che era riuscito a strappare agli archivi della Chiedi Ricevi. Aveva mangiato l’ultimo pezzo di pane e bevuto l’ultimo goccio d’acqua.
Nessuno l’aveva mai fatto prima, attraversare l’edificio; quello era certo. Altrimenti la Chiedi Ricevi non avrebbe pagato quella meravigliosa sommetta, di cui lui aveva già speso una parte per ottenere informazioni dai suoi archivi. Avrei dovuto chiedere qualche sconto… visto che in effetti stava lavorando per loro. La prossima volta, ah, ah. In realtà non aveva alcuna voglia di ridere. Gli bruciavano gli occhi per aver passato ore a leggere parole luminose che gli passavano davanti alla vista.
Le migliori informazioni che avesse ottenuto, malgrado risultassero NON CONFERMATE, erano state fornite dai rapporti dei pochi che si erano spinti appena oltre le barriere sigillate che proteggevano i settori orizzontali dal mondo esterno. Era dannatamente rischioso; non c’era da meravigliarsi che nessuno avesse mai osato niente più che ficcare la testa oltre le barriere, dare una veloce occhiata, tornare immediatamente indietro e chiudere di nuovo tutto.
La parte affascinante era l’ipotesi che compariva in più documenti, secondo cui esistevano dei cunicoli sotterranei che attraversavano l’edificio. Inoltre, le aperture principali che nella zona conosciuta permettevano il passaggio dai settori orizzontali a quelli verticali del mondo esterno, sembravano essere state le precedenti aperture di tali cunicoli. Le persone sull’orizzontale non erano molto interessate all’archeologia, Axxter le ricordava come gente mai realmente interessata a qualcosa, ma erano state fatte alcune ricerche e si era scoperto che le barriere all’interno delle aperture risalivano a un’epoca successiva a quella dei muri circostanti. La conclusione che se ne poteva trarre, se si accettava l’ipotesi di quei tunnel che attraversavano l’edificio, era che durante gli oscuri giorni della Guerra qualcuno aveva sigillato le loro entrate. E probabilmente avevano avuto buone ragioni per…. Axxter bloccò quel pensiero a metà, impedendosi di andare oltre.
Comunque, ammettendo l’esistenza dei cunicoli, questi mettevano in comunicazione la zona della sera con quella del giorno … Dovevano essere freddi; partivano da dove il sole tramontava per arrivare a dove sorgeva. A casa, di nuovo nella zona conosciuta. Una breve e piacevole passeggiata, decisamente più facile che arrampicarsi lungo la parete dell’edifico senza nemmeno avere la Norton.
Axxter trovò altre croste nella tasca della giacca, le prese tra l’indice e se le infilò in bocca. Forse il suo fantomatico benefattore avrebbe legato altri pacchetti alle corde mentre lui dormiva… avrebbe potuto usare quelle provviste quando si fosse mosso in cerca di una via d’accesso per penetrare al di sotto della superficie dell’edificio.
Almeno sapeva dove si trovava. Non l’aveva saputo dalla Chiedi Ricevi, ma dal Sindacato delle Comunicazioni; erano stati in grado di dargli l’esatta posizione della presa che stava usando per le sue chiamate.
Quindi doveva trovare un’entrata da quella parte…
Axxter cominciò a mangiarsi un’unghia: non aveva altro da sgranocchiare. Passo dopo passo; aveva già valutato i parametri entro cui doveva lavorare. Aveva dato per scontata l’esistenza dei cunicoli attraverso l’edificio. Non solo; credeva anche che le entrate dei settori orizzontali nella parte conosciuta fossero le bocche di questi tunnel prima che venissero barricati: tutto ciò che doveva fare era trovarli e attraversarli. Prese una mappa su grande scala della zona del giorno, dov’erano indicate con un cerchio rosso le entrate. La sua odissea tra le braccia dell’angelo l’aveva allontanato in modo equidistante dalle Fiere Equatoriali. E si trovava a due terzi della distanza che c’era tra la sommità del Cilindro e la barriera delle nuvole. Così, tracciò una riga sulla mappa, che partiva dalla cima del Cilindro, lo attraversava nel mezzo fino ad arrivare al fondo. Poi ne disegnò un’altra che l’intersecava e individuò l’entrata più vicina al punto d’incrocio delle sue due rette…
Idiota! Si sfregò gli occhi: doveva essersi stancato troppo. Quella fu la sua unica spiegazione. Le entrate della zona nota si trovavano dove un tempo i cunicoli si aprivano sulla superficie del Cilindro; ora erano stati sigillati dall’interno. Cosa diavolo pensava di fare, attraversare tutto l’edificio e poi bussare alla porta, cercando di convincere quelli che vivevano sul settore orizzontale dall’altra parte che non era un rappresentante dei Centri dei Morti venuto a far visita? Sempre ammesso che dall’altra parte ci fosse qualcuno a sentirlo, visto che all’interno del Cilindro i settori orizzontali disabitati erano molti e che non tutti quelli abitati si trovavano vicino al muro interno che isolava lo spettrale cuore dell’edificio. E anche se avesse fatto sapere in anticipo alla Chiedi Ricevi il punto in cui sarebbe emerso, a loro non sarebbe convenuto far incazzare una tribù potente come la Folla Devastante solo per aiutare lui: la Chiedi Ricevi aveva una rigida politica di non intervento sulle questioni fisiche, si limitava a registrare gli eventi, non a crearli, proprio per evitare conflitti d’interesse.
Andiamo bene, caro ragazzo. Cominciò a riflettere per trovare un soluzione, ma lo sforzo gli confondeva le idee.
Quello di cui aveva bisogno era un posto in cui il sigillo fosse già stato rotto, un’entrata per la zona conosciuta in cui il cunicolo — sempre ammettendo che esistesse — terminasse all’aria aperta.
Dove il sigillo fosse già stato rotto… Un pessimo ricordo, un ricordo di cose orribili si fece largo nella sua mente e si insinuò in quel suo pensiero analitico.
Il settore bruciato.
La sua piccola scoperta gli tornava in mente. Un luogo dove aveva giurato di non tornare mai più; vederlo una sola volta era già più che sufficiente per il resto della vita: avrebbe voluto dimenticare per sempre ogni pulsione sensoriale provata, ogni scricchiolio di ossa sotto i piedi, ogni profumo di carne bruciata.
Eppure lì non avrebbe avuto il problema di rompere il sigillo tra il mondo orizzontale illuminato e quello oscuro che esisteva nel cuore del Cilindro. Doveva provare. Rintracciò le coordinate del settore bruciato nel suo archivio, poi le confrontò con la mappa che aveva davanti agli occhi. Combaciavano: un piccolo cerchio rosso segnava un’entrata in quel punto.
— Eccoci qua… — Annuì, ma non era convinto che quella scoperta dovesse farlo molto felice. Se era vero che dei cunicoli correvano attraverso l’edificio, allora l’estremità di quello che gli interessava era inevitabilmente aperta. Sarebbe stato più comodo se quell’uscita si fosse trovata più vicina all’incrocio delle due linee che aveva tracciato sulla mappa. Avrebbe impiegato giorni ad arrivare all’entrata del tunnel che si trovava nella zona della sera.
Supponendo, ovviamente, che il tunnel fosse aperto anche in quella zona. Supponendo, inoltre, che davvero il cunicolo passasse per il centro dell’edificio senza strane deviazioni. E supponendo qualche altro milione di particolari.
Aveva il vantaggio di dover comunque affrontare quell’avventura, visto che non aveva altra scelta. Non aveva il problema di prendere la decisione sbagliata. In qualche modo, pensò Axxter, gli uomini morti hanno la vita più facile.
In mattinata — mattinata dall’altra parte, perché dove si trovava lui la luce era ancora piuttosto fioca — sarebbe partito verso il luogo in cui, secondo i suoi calcoli, avrebbe dovuto aprirsi il tunnel. Nel frattempo doveva passare la notte.
Sei un pazzo. Sapendo già quello che avrebbe fatto. Con dei soldi sul suo conto e una linea telefonica a disposizione, sapeva sempre quello che avrebbe fatto. Si sporse per infilare il dito nella presa, innestò il contatto e chiamò gli OloGiorni.
Non pensava che lei lo stesse aspettando. Non lo faceva mai.
Allungò un dito dell’immagine in cui stava camminando; il sensore al lato della porta avvertì la presenza di calore e fece suonare il campanello all’interno dell’appartamento. Il sensore, almeno quello, lo viveva come un essere umano.
Forse lei non era in casa… ogni volta che si avvicinava alla donna sperava la stessa cosa. Anche se non riusciva a immaginare dove altro potesse essere. Dopo il lavoro, si rifugiava sempre nella sua piccola casa spettrale. Esattamente come tutti quelli che vivevano nei livelli orizzontali.
La porta si aprì. Axxter sollevò la mano della propria immagine. — Ciao. Ho pensato di fare un giro. E passare a salutarti.
Ree lo fissò. C’era un disturbo sulla linea: l’immagine di lui che la donna percepiva non combaciava con la percezione sensoriale di sé che Axxter aveva. Di conseguenza a lui sembrò che lo sguardo di Ree fosse puntato sul retro del suo cranio.
— Che diavolo vuoi?
L’uomo fece far spallucce alla propria immagine. — Ehi, solo per quello che ti ho detto. Volevo vederti. Ecco tutto. Voglio dire, non ho nemmeno sensazioni tattili! — Diede un colpo allo stipite della porta, mentre l’immagine delle sue dita scompariva dietro al pannello. — Non può essere che io sia qui solo per… per gironzolare o qualcos’altro?
Lei sospirò debolmente. — Credimi; non otterresti niente comunque. — Si appoggiò al muro con le braccia incrociate. — Allora, adesso sei qui e mi hai visto… tutto qui? Sei soddisfatto?
— Be’, c’è qualcosa che volevo dirti…
— Dire a me? Sarò io a dirti un paio di cose. Non amo affatto che un idiota, che tutti conoscono bene per un idiota, venga a bussare alla mia porta. Non ho bisogno che i vicini pensino che il più cretino di tutti, sia fuori che dentro l’edificio, abbia qualcosa a che fare con me…
— Io non…? — Axxter chinò la testa dell’immagine, stupito.
— Voglio dire… io e te… noi non…
Gli occhi della donna, già piccoli, diventarono due fessure tra le sue rughe. — Non dopo l’ultima cazzata. Non sei responsabile, ti accontenti di vivacchiare là fuori sul muro e lavorare come… come uno stupido incisore di tatuaggi — bene. Sei tu a dover scegliere. Ma non hai alcun diritto di mettermi in imbarazzo con questa storia.
— È proprio di questo che volevo parlarti. Quello che sono venuto a dirti è… che ho intenzione di smetterla. — La sua immagine aveva fatto un passo indietro, allontanandosi dalle parole raggelanti della donna; le avvertiva anche senza alcuno stimolo sensoriale. — Davvero. Non ti sto prendendo in giro. Ci ho pensato a lungo. E ho preso la mia decisione. Appena tornerò indietro, voglio dire nel mio corpo reale, ho intenzione di tornare all’orizzontale. Di smettere di girovagare sul verticale. Avrò un sacco di soldi e potrò comprarmi qualche commissione, qualche piacevole lavoro esecutivo. E poi… io e te… sai, potremmo parlarne.
Lei scosse il capo. — Ny, non ti credo. Hai sempre raccontato un sacco di balle.
Axxter stava per dire qualcosa, fare qualche promessa, quando un’altra voce lanciò un urlo tanto acuto da far vibrare le reazioni ottiche della sua immagine: gli sembrò che il corridoio e la porta aperta si muovessero.
— Ehi! Chi cazzo sei! — Era una voce femminile, ma non era quella di Ree, che aveva la bocca chiusa.
— Vattene da qui, altrimenti ti colpirò così forte da non farti nemmeno capire cosa stia succedendo!
Ora vide la donna che lo stava fissando con gli occhi spalancati e un’espressione di disgusto sulle labbra.
— Mi hai sentito? — La voce divenne ancora più forte. — Tu, piccola merda! Aspetta ancora un po’.
Poi, di colpo, non si trovò più davanti all’appartamento della sua fidanzata, sul livello orizzontale. D’improvviso, il collegamento con gli OloGiorni era svanito. Axxter si trovava ancora appeso nella notte, nella zona sconosciuta.
— Ti prenderò a calci nel culo così forte che…
Tolse il dito dalla presa e quella voce scomparve. Lasciando solo il silenzio.
Che diavolo era? Qualche interferenza sulla linea. Aveva già incontrato fantasmi sulla linea — erano il rischio maggiore nell’essere troppo tirchi e non scegliere comunicazioni protette — ma mai nessuno aveva mostrato quella minacciosa ostilità. Di solito si limitavano a dare fastidio con il loro costante desiderio di giocare e coinvolgere gli altri nei loro giochi di fantasmi.
Rinfilò il dito nella presa; un esperimento. Con risultati immediati.
— Eccoti qui, testa di cazzo. Non avevo ancora finito con te. — La voce era più bassa. — Sei in grossi guai con me, adesso.
— Ehi, aspetta un attimo. — Quell’attacco stava diventando fastidioso. — Chi diavolo sei? Qual è il problema?
— Scoprirai ben presto qual è il problema, amico. E sai benissimo chi sono. E sai anche che questa linea fa parte della mia rete di comunicazioni. Tu sei uno di quei guastatori, non è vero? Potrei scommetterci.
— Chi? Di cosa stai parlando?
La parola GUASTATORI si compose davanti ai suoi occhi, una lettera rossa dietro l’altra, poi scomparve.
— Ne ho avuto abbastanza della vostra merda, coglioni. Questa è la mia rete e tu e i tuoi degni compari non potete servirvene. E adesso che hai usato la linea abbastanza a lungo per permettermi di intercettare il luogo in cui ti trovi, ho intenzione di venire a prenderti a calci nel culo personalmente. Ci vediamo più tardi, stronzo.
Ancora silenzio, poi altre parole rosse. IMPULSO DI FELLONIA. E ci misero molto più tempo a scomparire.
Gesù Cristo. Il tono basso e freddo della donna l’aveva innervosito molto più di quello rabbioso che aveva usato all’inizio. Non aveva capito nemmeno la metà di quello che gli aveva detto.
Gli aveva promesso qualche azione violenta, anche se non sapeva di che tipo… Vaffanculo. A quel punto, di cosa doveva preoccuparsi? Il suo stato d’uomo morto lo isolava da tutto.
Aveva ancora il dito nella presa e ricevette una chiamata regolare.
— Ny… dove diavolo sei stato? — La voce di Brevis era eccitata, ma non nel modo che significava soldi. Piuttosto, panico. — Sono ore che cerco di beccarti!
— Qual è il problema?
— Devi muoverti, Ny; voglio dire immediatamente. Non hai tempo di studiare le rotte e il materiale necessario. Devi abbandonare subito quel posto, amico.
— Aspetta. Forza, calmati. — Le parole del suo agente si erano riversate su di lui troppo velocemente perché le capisse a fondo. — Cosa stai cercando di dirmi?
Gli arrivò il suono di un profondo respiro. — Azioni pesanti, Ny. Non avevo previsto una cosa simile. La Folla Devastante… hanno mandato gente a cercarti. Un megassassino è stato individuato alla Fiera Equatoriale dell’Est; sembra che stia venendo dritto verso di te. Non riesco a credere a quanto sia incazzata con te questa gente; è la prima volta in assoluto che personale di una tribù militare oltrepassa il confine della zona conosciuta. Non si è mai sentito niente di simile. Ny, si dice… che non abbiano intenzione di fermarsi fino a quando non ti avranno schiacciato come un verme.
Si sentì stordito. Come se non fosse già abbastanza nella merda. Ma quei tipi non si arrendono mai? Si erano già vendicati di lui. Era ora che si occupassero del resto del mondo.
— Da quanto? Quanto tempo fa ha oltrepassato il confine della Fiera?
— Non lo so di preciso… può essere stato quattro, cinque, anche sei ore fa. E secondo tutti i rapporti è piuttosto veloce. Quei megassassini possono davvero muoversi bene.
Axxter si chiese se fosse quello su cui aveva fatto le sue incisioni: il lavoro commissionato da Cripplemaker. Sarebbe stato in sintonia con il senso dell’umorismo dei guerrieri: farlo uccidere dal megassassino su cui aveva inciso le sue creazioni. L’ultima cosa che avrebbe visto, sarebbe stato l’emblema che lui stesso aveva disegnato. Sarebbe stato come essere uccisi dalla propria firma.
Ancora la voce bassa di Brevis. — Ny… devi muoverti in fretta. Ti hanno individuato grazie alla presa che hai usato per chiamare. Più tempo passerai lì intorno e più velocemente ti sarà addosso.
— Cristo…
— Ascolta, vattene. Qualsiasi direzione andrà bene; ma vattene. Farò tutto quello che posso — forse riuscirò a sapere da quale direzione ha intenzione di piombarti addosso — ma per il resto… devi essere tu a cavartela. D’accordo? E chiamami appena trovi un posto abbastanza lontano da cui riesci a comunicare.
Quando intorno a lui cominciò a vedersi la prima luce grigiastra, la presa circondata da anelli gialli era già lontana alle sue spalle, nascosta dalla curva dell’edificio. Nel buio, la sua scalata con il petto aderente al muro era stata lenta, mentre le corde si spostavano per assicurargli nuovi appigli.
Si fermò per riprendere fiato; il cuore aveva continuato a battergli in gola per tutto il tempo. Il panico di Brevis lo aveva contagiato, insinuandosi nella sua spina dorsale. Stai calmo… avrebbe potuto farcela se avesse mantenuto un passo costante e avesse continuato ad avanzare. Forse ce l’avrebbe fatta. Se fosse riuscito a raggiungere l’entrata del cunicolo che l’avrebbe condotto all’interno… l’apertura del tunnel che aveva calcolato… e forse, allora, avrebbe avuto una possibilità.
Il battito cardiaco era rallentato con la luce; muoversi nel buio l’aveva spaventato. Era come correre attraverso incubi in cui era tutto immobile. Respirò profondamente dalle narici l’aria fredda e proseguì il suo cammino.
Prima che questo lo colpisse, udì il sibilo di un cavo. Gli arrivò sulle scapole, immobilizzandolo al muro… poi un braccio intorno alla sua gola lo tirò indietro.
— Non ti muovere, stronzo. — La voce ringhiò nelle sue orecchie. Una voce di donna. Che aveva già sentito. Attraverso la giacca, avvertì qualcosa di appuntito contro le costole. Poi quella sensazione scomparve ed egli si vide una lucente lama di coltello vicino al viso. — Hai capito? Comportati bene.
La donna lo lasciò e Axxter girò la testa per guardarla.
Era seduta su un cavo annodato e si dondolava. Era una ragazzina, più giovane di lui, con i capelli scuri e raccolti. Lei lo guardò, partendo dagli stivali e risalendo lungo la sua figura.
— Non sei un viaggiatore di circuiti. — Usò la punta del coltello per grattarsi una guancia. — Certo. Tu dovresti stare dall’altra parte del Cilindro. Che cosa ci fai qui?
La voce che si era intromessa durante la sua visita con gli OloGiorni. Ora l’aveva di fronte in carne e ossa. — Non c’è bisogno che tu continui ad agitare quell’affare. — La lama lo infastidiva. — Se vuoi sapere qualcosa, basta chiedere.
Lei sorrise e infilò il coltello nella cintura. — Credevo che tu fossi uno degli stronzi di quella banda. È con loro che ce l’ho. — Si appoggiò al muro. — E allora, cosa succede? Stai cercando di tornare dall’altra parte? È così?
— Hai sentito parlare di me?
La donna scosse il capo. — Quello che fa la tua gente non è affar mio. Ho altre cose di cui occuparmi. Non sarei mai venuta fino a qui se tu non avessi usato una parte della mia rete di comunicazioni.
— La tua rete? — Ricordò alcune delle cose che gli aveva detto prima, quando era solo una voce. — E cos’era quell’impulso… qualcosa?
— Ah, sì: impulso Fellonia.
— Quindi tu sei, uhm, Felonius.
— Fellonia. La maggior parte delle volte, quando non sono qualcun altro.
Axxter guardò il muro, seguendo la lunghezza del cavo. Notò che spuntava da una parte sollevata della superficie del muro, abbastanza larga perché un uomo vi si potesse infilare. Bisogna che mi lavori questa qui. Valeva la pena di coltivare chiunque avesse conoscenze che potevano essergli utili.
— Sei uno dei fantasmi delle linee?
— “Fantasmi delle linee”… dammi l’opportunità di spiegarti. — Lo guardò con disgusto. — I fantasmi delle linee sono solo dei fenomeni, come la statica o qualcosa di simile. Sono solo delle eco sulle linee. Dovresti essere in grado di individuare la differenza tra un fantasma e un viaggiatore di circuiti.
— Oh! — Lui annuì. — Be’, ma cos’è un viaggiatore di circuiti?
Un sorriso di compatimento. — I viaggiatori sono persone come me, persone che possono fare delle cose. Possono fare cose con le comunicazioni, amico. Noi siamo nei sistemi. La gente come te si limita a fare chiamate che attraversano i circuiti, a lanciare segnali che si muovono. Ma voi assomigliate a topi che trovano la via perché hanno memorizzato il labirinto; tutto quello che vedete sono le pareti del dedalo, nient’altro. Il trucco sta nel portarsi sopra il labirinto, imparare a gestirlo e fare così quello che tu vuoi.
— Ho capito — Axxter non riusciva a mascherare la propria delusione. — Stai parlando di manipolazione telefonica. Intercettazioni, censure e roba simile.
— Ehi, vaffanculo, amico — Fellonia sembrava davvero offesa. — Non attribuirmi questa roba… è tutta antichità, schifezze che si facevano prima della Guerra. Quei coglioni, i guastatori e altri gruppi che lavorano sulle comunicazioni, possono sbattere via il loro tempo con quella spazzatura se vogliono; inseguendosi l’un l’altro e introducendosi nei rispettivi archivi. Io ho cose molto più importanti di cui occuparmi. Io ho un territorio.
— Cosa diavolo vuol dire? — Doveva continuare a farla parlare.
— Adesso ti spiego. Significa che non ho bisogno di raccogliere intorno a me un branco di metodisti, solo per guardarmi il culo mentre lavoro. Fellonia è un lupo solitario nella rete di comunicazione, amico; non c’è nessun altro oltre a me. — Un largo sorriso accompagnò il tono orgoglioso della sua voce. — Ci sono dei circuiti in cui nessuno può introdursi, se non io. Ecco perché mi sono così incazzata quando ti ho beccato su quella linea, mentre facevi la tua chiamata. Non tollero molto bene le intrusioni; mi va subito il sangue alla testa, amico. Quelle linee sono mie.
Axxter pensò che si riferisse a qualche parte della rete telefonica che correva attraverso l’edificio. li fuori, nel bel mezzo di nessun posto. — E cosa le rende tue? Il solo fatto che nessun altro le usa?
Fellonia scosse il capo, ancora sorridendo. — No, no, è più di questo; molto più di questo. Io ho incrinato l’interfaccia. Sono nata in grado di fare una cosa simile, ho solo dovuto scoprire quanto fosse grande il mio potere. E ho imparato che posso fare qualunque cosa sulle linee… voglio dire, chiunque può intromettersi nelle linee, è proprio questo che significa avere un terminale nel cervello. Il trucco sta nell’essere in grado di insinuarsi nella testa di qualcun altro. Quando sei capace di fare questo, non c’è niente che ti possa fermare.
Era davvero una bambina, pensò Axxter. Era piuttosto facile farla abboccare usando l’esca del vanto e farsi raccontare ogni cosa. Ecco quello che si diventava a passare tutta la vita sulle linee, come diceva lei, incasinando quel labirinto di circuiti elettronici. Niente altro se non giochi, una specie di esistenza cristallizzata alla Peter Pan. Tutti, sia sul verticale che sull’orizzontale, conoscevano quel piccolo mondo che esisteva dall’altra parte dei telefoni.
Ci si poteva perdere facilmente un po’ di tempo — c’era sempre un invito ad “andare e giocare”, una mentalità davvero infantile — con il conseguente rischio di rimanerci intrappolati. E spendere il resto della vita là, dove il corpo diventa inutile, e ci si ritrova a giocare sui circuiti come bambini, cercando di divertirsi con gli elettroni.
— Allora è questo il trucco? — Suonava proprio una cazzata; doveva essere matta. — Come puoi fare una cosa simile? — Doveva farle dire tutto quello che poteva… per esempio, come riuscisse a penetrare sotto la superficie dell’edificio e altre informazioni utili… e poi ripartire.
Lei sembrava compiaciuta, molto soddisfatta di sé. — Lo faccio e basta. Il trucco è far sì che qualcuno si avvicini abbastanza a una presa di cui ho il controllo esclusivo, così lo posso catturare. Come questo corpo — E si premette il dito contro il petto. — Questo non è mio. Be’, adesso lo è, ma non è quello con cui ho cominciato. Ne ho avuti molti, circa una dozzina, tutti presi in varie parti dell’edificio. Mi tengono molto occupata, perché devo continuare a muovermi per prendermi cura di loro; devono essere nutriti e roba simile. Questo è l’unico che ho preso sulla zona sconosciuta. Mi ci è voluto parecchio tempo per acciuffarlo; ho utilizzato della vecchia musica pre-bellica che ho trovato in un archivio. L’ho suonata attraverso una presa che ho trovato qui intorno e che aveva un’uscita audio; doveva aver fatto parte di un sistema che serviva a comunicare con le masse. Sono rimasta lì per giorni, in agguato sulla linea, aspettando che passasse qualcuno, sentisse la musica e si avvicinasse a sufficienza alla presa. Stavo quasi per arrendermi quando è arrivata questa. Appena si è avvicinata l’ho agguantata ed è stata mia.
Era un bello schifo, sia che quella storia fosse vera o meno. Trasformarsi da un freddo segnale su una linea telefonica a un corpo caldo e vivo. Se davvero poteva farlo… Sarebbe stato molto meglio che fosse impossibile. Ma non voleva farle capire cosa pensava davvero. — E cos’è successo alla donna? A quella che abitava il corpo in precedenza?
Fellonia fece spallucce. — È morta, credo. Se ti impossessi del corpo di qualcun altro, non impieghi molto tempo a liberarti di lui e a possederlo del tutto. A un certo punto non c’è più e basta.
— Cavolo, ma una dozzina!? Perché ne hai avuto bisogno così tanti?
— Te l’ho detto… sono un lupo solitario. Non ho bisogno di altri viaggiatori su circuiti che proteggano le mie azioni. In questo modo, io ho il controllo fisico delle prese che uso, e inoltre posseggo anche ampie sezioni delle linee, intere reti minori. Posso tagliarle quando voglio, in modo che quei piccoli stupidi non vi penetrino mentre non le sto controllando. Se provassi a fare tutto questo con un unico corpo, dovrei spostare il mio culo in continuazione intorno a questo dannato edificio. Dodici corpi in dodici posti diversi mi permettono di spostarmi dall’uno all’altro a seconda delle necessità, starci fino a quando ne ho bisogno e poi passare in un altro. Il tempo di viaggio è ridotto al minimo in questo modo, così ho più tempo per fare quello che voglio.
Il suo sorriso si fece perfido.
— Ci scommetto! — Di colpo si rese conto di quanto fosse surreale quella situazione. Appeso al muro a milioni di miglia da casa, con tutte le pessime notizie che aveva avuto, stava chiacchierando con una pazza convinta di potersi insinuare in qualsiasi corpo, con la stessa facilità con cui ci si cambia d’abito. Il mondo era diventato surreale da quando era precipitato attraverso le nuvole. Forse non mi sono mai svegliato. Era la stessa idea consolatrice che lo afferrava tutte le volte che le cose diventavano troppo strane: Forse sto ancora cadendo e sognando in un letto di aria. Riaprì gli occhi e la donna era ancora lì.
— Suppongo… che tu abbia intenzione di prendere anche me adesso. Aggiungendo un altro corpo alla tua collezione. Esatto?
Lei lo guardò con disprezzo. — Perché mai dovrei volere proprio te? Non darti troppe arie. Ho già avuto il mio corpo, quello in cui mi trovo adesso, proprio qui, in questo posto. Un altro sarebbe solo un fastidio di cui dovrei occuparmi. Inoltre, ho i miei livelli standard. Se non sono giovani e di bell’aspetto — decisamente meglio del tuo — e donne, non sono molto interessata. Perché dovrei tornare ad avere qualche orribile corpo maschile? Ne avevo uno all’inizio e sono stata molto felice quando sono riuscita a liberarmene.
Altre cazzate. L’aveva sopportata abbastanza; era giunto il momento di chiederle informazioni pratiche.
— Senti, visto che sei qui da molto, non potresti dirmi…
Lei stava già arrampicandosi lungo la fune, con incredibile agilità. Guardò verso il basso. — Mi dispiace, amico, ma come ti ho detto sono una persona molto occupata. Forse tornerò ancora a trovarti per vedere come te la passi.
In pochi istanti si trovava già vicino alla piccola apertura nel muro e scomparve al suo interno. Axxter la fissò per qualche secondo, poi scosse il capo e riprese il suo lento cammino.