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Metodicamente, con elaborata cura, Axxter smontò il suo piccolo campo. Agitandosi più del necessario; lo so, si disse ancora una volta, mentre si guardava le mani che si affaccendavano in quei lavori tanto ordinari. Ogni volta che li compiva, nella sua mente risuonava una vecchia litania: Attenzione, devi essere attento. Non sei nato qui fuori come qualcuno di loro. Finché non avrai messo le corde di sicurezza anche alle gambe è meglio e più saggio essere molto prudenti. Ma in realtà non erano le parole a guidarlo: la paura, non la prudenza, rallentava i suoi movimenti. Per quanto stretti e limitati fossero i confini della cintura di sicurezza da bivacco, era comunque qualcosa che si trovava sotto di lui, una specie di pavimento curvo di plastica e tela rinforzata che aveva sotto le ginocchia quando si piegava, oppure sotto le spalle e i fianchi quando dormiva. Poi, ancora più sotto, solo l’aria. Egli sapeva bene che quella cintura era assolutamente sicura. Avrebbe potuto restare lì appeso per sempre, se la necessità di guadagnare non l’avesse costretto altrimenti.

Finalmente, riuscì a riordinare l’insieme delle sue poche cose in due sacchi e in un pacco informe più voluminoso. Per un attimo chiuse gli occhi, raccogliendo le forze, poi si alzò, mentre il tessuto della cintura si allungava sotto i piedi. Con un fischio chiamò la sua moto.

Per circa un minuto, appoggiato alla parete del muro e aggrappato a un cavo di comunicazione per mantenere l’equilibrio, non sentì nulla: nessun rombo di motore in risposta alla sua chiamata. C’era poca erba su quella parte di muro: probabilmente dipendeva dalle condizioni atmosferiche del Cilindro, pensò Axxter. La moto doveva essere andata piuttosto lontano a far rifornimento. Proprio quando stava per fischiare di nuovo, sentì il rombo del motore, che aumentava man mano che si avvicinava.

Sopra di lui, proprio di fronte al punto in cui si trovava la sua cintura da bivacco, comparvero i fari e il manubrio di una Norton Interstate 850; poi scorse la ruota anteriore e il resto della moto. Alla sinistra del veicolo — la parte superiore in quel momento, visto che si muoveva perpendicolarmente al muro di metallo — si vedeva la classica sagoma tondeggiante di un sidecar Watson Monza, la cui ruota era parallela al resto del veicolo. Il tipico mezzo di trasporto del libero professionista; l’aveva sognata talmente tanto a lungo, risparmiando ogni centesimo, quando ancora si trovava ai livelli orizzontali, che ne conosceva ogni bullone prima ancora che le sue mani si posassero per la prima volta sul manubrio. Anche ora, dopo tutto quel tempo trascorso sul livello verticale, la vista della moto senza conducente che si dirigeva verso di lui, come spinta da un impeto d’amore, lo colpiva, facendogli provare una strana sensazione. Un senso di libertà, come quello degli angeli, fossero essi vivi o morti.

Mentre si avvicinava, la Norton deviò passando al di sotto della cintura, per poi dirigersi verso la parte alta del muro, vicino a una delle fasce d’ancoraggio, in modo che il sidecar fosse facilmente raggiungibile. Si fermò con i fari puntati verso la lontana cima del Cilindro e il motore pigramente acceso. Axxter si aggrappò allo sportello del sidecar e guardò gli apparecchi che si trovavano tra il manubrio. La perfetta somiglianza con una vera 850 Interstate non esisteva più sotto il vetro circolare di quella strumentazione: una fila di dati indicavano lo stato dei processi interni alla macchina. Quando la Norton procedeva lungo la superficie dell’edificio, sottili corde nere uscivano dalle ruote a raggi e le testine triangolari che avevano alle estremità si agganciavano ai punti d’ancoraggio lungo i cavi di transito che percorrevano l’irregolare superficie metallica del muro da un capo all’altro: si fissavano saldamente per poi staccarsi ogni volta che le corde avevano raggiunto la loro massima estensione; rientravano nelle ruote e poi si agganciavano a un nuovo punto d’ancoraggio… Assomigliano a un covo di serpenti iperattivi, aveva pensato Axxter la prima volta che le aveva viste in qualche spettacolo televisivo per bambini, in cui un libero professionista si lanciava, sfidando la gravità, lungo l’esterno del Cilindro. Il serbatoio era quasi pieno. Si allontanò dagli strumenti della moto. Durante la notte, mentre il sole era sull’altro lato della costruzione e Axxter aveva dormito, la Norton aveva perlustrato la zona circostante con la metodicità tipica di una macchina e aveva strappato con le sue proboscidi la sottile peluria verde e i licheni. Da qualche parte del serbatoio ovoidale provenne un leggero gorgoglio e un sibilo che rivelavano il processo di trasformazione della materia organica in carburante. Nella sua attrezzatura, Axxter aveva un apparecchio in grado di rendere commestibile, o quantomeno nutriente, l’erba. Il solo ricordo del gusto di quella schifezza lo fece rabbrividire. Se la morte avesse avuto un gusto, sarebbe stato senza dubbio qualcosa di simile. Un’altra ragione per sperare di guadagnare altro denaro prima che le sue provviste si esaurissero.

Quando incominciò a caricare la sua roba nel sidecar, fissando ogni cosa al proprio posto con corde ausiliarie, udì un rumore più forte del tranquillo ronzio della Norton. Un altro motore scoppiettante, di cui si sentiva il suono delle funi che si attaccavano e staccavano dai cavi di transito. Axxter sollevò lo sguardo e vide un altro libero professionista che si stava avvicinando a lui.

— Ehi! Figlio di puttana! — Un grido e una mano coperta da un guanto che lo salutava mentre si avvicinava. — Come va, Ny?

Axxter aveva già riconosciuto lo sferragliamento della riproduzione di quel modello Indiano. — Guyer, da dove diavolo vieni?

Il conducente fissò la sua Indiana a uno dei punti d’ancoraggio. Sul lato del sidecar erano dipinte le parole GUYER GIMBLE — CONSEGNE; sul serbatoio della moto era dipinto il suo profilo di quando era più giovane e la più richiesta prostituta sulla superficie del Cilindro. Almeno sulla parte che lui conosceva, quella del giorno. Da allora, il viso della donna aveva assunto un’espressione sensuale che intimidiva molto di più, come se il fatto di trovarsi sempre all’aria aperta le avesse levigato il volto. Nello stomaco di Axxter si sciolse un crampo, ma gliene venne un altro che gli provocò un piacevole timore.

Guyer lasciò il manubrio dell’Indiana, mentre i suoi capelli argentei si muovevano al vento, contro il suo affilato profilo. — Vago qui e là — Gli rivolse un sorriso di traverso. — Sto facendo i miei soliti giri. Stai cercando di beccare il gruppo dei Violenza?

— Già… li hai visti?

— Circa una settimana fa — i suoi occhi si mossero, come se stessero seguendo il filo dei suoi pensieri. — Sì, esatto. Dovrebbero ancora essere in cammino lungo la parte bassa del muro. — Con la mano indicò la sua strumentazione. — Vuoi che proviamo a localizzarli sulla mappa?

Axxter scrollò le spalle. — Cosa c’è d’altro? — Guyer aveva delle risorse incredibili ed era diventata molto famosa per la sua posizione chiave nella rete di pettegolezzi di tutti i liberi professionisti. Non aveva affatto bisogno della mia risposta, per sapere quello che faccio qui, rifletté Axxter. — Cosa pensi di loro? — le chiese.

Il sorriso della donna, capovolto a causa della sua posizione, apparve ancora più ampio. — Ragazzi in gamba. E poi… a questo punto chi può dirlo? Sembrano tutti dei duri agli esordi. Sembra vogliano dar fuoco a tutto l’edificio. — Si sporse in avanti, appoggiando le mani sul serbatoio della moto. — Valgono un tentativo … ho preso un paio di azioni che riguardano la loro offerta iniziale e un’opzione per un intero set più avanti.

Quello spiegava la sua aria felina e soddisfatta. Una donna a cui piacevano gli affari che faceva. E il gruppo dei Violenza erano a meno di una settimana di cammino da lì… Axxter guardò nei suoi occhi socchiusi e ricevette una conferma.

Era stata con loro il giorno prima; poteva quasi sentire l’odore di quei giovani su di lei, no, non l’odore… ma l’eco della loro adrenalina che si sprigionava sotto le sue abili mani. Un desiderio gli attraversò le spalle mentre caricava la Norton e tracciava la posizione della tribù. Forse si trovavano solo a qualche ora da lì; era possibile.

Poi gli venne un altro impulso, di diverso tipo. — Ehi Guyer, vuoi vedere qualcosa di carino?

La donna scese dalla moto e si diresse verso di lui con la tipica grazia di un libero professionista vissuto e nato sul livello verticale: Axxter fu colto da una nausea sconcertante mentre la guardava camminare perpendicolarmente al muro, con gli stivali che si agganciavano e sganciavano dalla superficie metallica. Sotto la pelle della donna si vedeva lo sforzo dei muscoli tesi per permetterle di restare ritta e rigida come una bandiera al vento.

Prese la telecamera dal sidecar e richiamò il nastro che aveva registrato in mattinata. La osservò mentre, inginocchiata sopra lui, guardava nel mirino della telecamera e i suoi capelli gli sfioravano le guance; al centro dell’immagine le due figure si muovevano attraversando due piccoli cieli.

— Carino — disse lei allontanandosi e sorridendogli. Axxter giocherellò con la telecamera mentre i potenti led lampeggiavano. Non sapeva perché avesse voluto mostrare a Guyer il film degli angeli che facevano l’amore. Forse sperava in qualcosa. La solita cosa. Una ripetizione del suo primo incontro con la donna, quando stava facendo i primi e lenti progressi sulla superficie del Cilindro, a qualche chilometro di distanza dall’apertura da cui era uscito. Tutti sapevano che Guyer aveva già risparmiato una notevole fortuna che le avrebbe permesso di vivere piacevolmente di rendita; ora faceva solo quello che le piaceva, incluse simili iniziazioni non commerciali. Un benvenuto sul livello verticale. Quel ricordo svanì quando Axxter guardò la telecamera spenta. L’immagine degli angeli, riflessa negli occhi della donna, inibì il suo desiderio così ordinario. Distolse lo sguardo da lei e rimise la telecamera nel sidecar.

Guyer poté leggere nei tendini della sua nuca le tensioni che provava ed egli avvertì la simpatia della donna ancor prima che questa gli sfiorasse il collo. Non avrebbe potuto diventare tanto famosa nel suo campo senza quelle sue dolcissime qualità. Quanti guerrieri erano stati tra le sue braccia, ascoltando il sangue scorrere nel suo piccolo seno e guardando le stelle girare lentamente intorno all’edificio? Senza dubbio molti più di quanto potesse immaginare, pensò Axxter. — Indovina dove sono stata? — Disse lei distraendolo. — Alla Fiera.

— Davvero? Quale? — Non che fosse molto importante; i pettegolezzi che poteva offrire una delle Fiere dell’Equatore, i fiumi gemelli del commercio e delle chiacchiere che correvano lungo i fianchi dell’edificio, erano già abbastanza allettanti. I mercanti della Fiera, seduti sulle linee di demarcazione tra il mondo conosciuto e la misteriosa parte oscura, sentivano ogni cosa.

Con un lieve cenno del capo, Guyer disse — Quella di Sinistra — il suo gesto terminò verso destra, data la sua posizione capovolta. — Ho sentito un sacco di cose interessanti.

— Per esempio? — In quel momento Axxter scordò del tutto gli angeli. Lei si chinò in avanti, più vicina a lui. — I Folla Devastante — la sua voce era un sussurro, per il puro piacere della complicità, visto che erano del tutto soli su quel settore di muro. — Stanno organizzando una campagna di reclutamento. Per la grande alleanza che stanno costituendo. Stanno arruolando ogni tipo di piccola tribù, anche quelle formate da due soli uomini, battaglioni, qualunque cosa. Stanno tentando di concludere affari ovunque per arruolare nuova gente. Chiedilo ai Devastazione quando finalmente li troverai: scommetto che avranno contattato anche loro. — Si spostò indietro, con le gambe sempre bloccate dalla ragnatela di fili metallici attaccata ai suoi stivali. — I Folla… — e socchiuse leggermente gli occhi mentre assaporava quel nome. — Stanno facendo la loro mossa. Finalmente.

L’improvviso fervore nella voce della donna lo innervosì. Cosa gliene fregava? Tutto quel casino per controllare il Cilindro ad Axxter sembrava lontanissimo. Come il passaggio del sole sull’apice dell’edificio che gettava nell’oscurità della notte profonda la parte del giorno, mentre la barriera di nuvole di quella della sera ingoiava la luce. Non c’era molto che si potesse fare… si viveva nella costrizione della luce e del buio come chiunque altro si trovasse sul settore verticale. Se la tribù dei Folla Devastante voleva sfidare l’Atroce Amalgama, che governava il Cilindro da molto tempo prima che Axxter o Guyer nascessero… be’ erano affari loro. Axxter era abbastanza cinico da credere che per lui non avrebbe fatto alcuna differenza; eppure la vista di Guyer con gli occhi chiusi, che sognava un futuro dorato lo fece riflettere.

— Bene… — Scrollò le spalle. — Auguro loro buona fortuna.

La donna gli rivolse uno sguardo di disapprovazione. — Dovresti curarti molto più di queste cose, Ny. Sono davvero importanti.

Quel tono materno lo irritò. — Quello che è importante per me è accaparrarmi qualche buon affare, procurarmi qualche azionista che mi porti guadagni. Giusto? E rimarrò qui fuori, sul muro, a darmi da fare, senza curarmi di quello che succederà al vertice tra la Folla Devastante e l’Atroce Amalgama. Non rappresentano un cazzo per me, dolcezza.

Guyer gli rispose qualcosa che egli non sentì, preso com’era dai suoi pensieri. Importante per me. Soldi, sempre soldi. La Folla Devastante ne aveva a fiumi, visto che era la tribù militare più crudele e potente; ed erano anche ottimi politici in grado di stringere alleanze e trattati con le altre tribù. Una forza collettiva che stava accerchiando l’Amalgama, ormai ben lontana dall’essere la tribù militare che era stata un tempo. Ora faceva soldi a palate con le tariffe che richiedeva per concedere le licenze alle grandi agenzie come il Sindacato delle Comunicazioni, la Chiedi Ricevi o il Consorzio della Piccola Luna. Circolavano un mucchio di soldi. Una fiumana di soldi per pagare le legioni di mercenari, i diplomatici e la macchina necessaria a mantenere l’enorme e patologica corte dell’Amalgama. Quel pensiero, un mucchio di soldi, continuava a ronzargli in testa. Se solo potessi avere le briciole di quei soldi, allora sì che sarei felice. Cristo, non li voglio tutti. Non ne voglio neanche molti. Solo abbastanza. E le briciole erano sempre briciole, indipendentemente da chi si mangiava tutto il resto. La voce di Guyer interruppe i suoi pensieri. — Ecco perché l’ho fatto.

— Fatto cosa?

La donna osservò la sua espressione interrogativa e sospirò.

— Vendere tutte le mie azioni dell’Amalgama, sia quelle preferenziali che le opzioni, e acquistare quelle della Folla.

— Accidenti! — L’aveva sentito due volte e ancora non ci credeva. Eppure lei doveva esserne convinta. Al di là della fiducia — si trattava di denaro adesso. Un conto, per lei, era sognare un’Età Migliore, in cui i forti guerrieri avrebbero cacciato i logori e viscidi politici, mentre lei, teneramente folle, come lo era sempre stata, avrebbe continuato a viaggiare e a condurre i propri affari in quei maledetti settori di muro. Ma vendere tutte le sue azioni e puntare tutto su quella prospettiva… Axxter scosse il capo, trattenendo un fischio a denti stretti. Aveva creduto che Guyer fosse più acuta. Non si conosce mai abbastanza la gente.

— Devo andare. Ci vediamo.

Axxter alzò lo sguardo per vedere la posizione di Guyer perpendicolare al muro, e per incontrare gli occhi della donna, rannicchiato nella fascia, dovette piegare la testa. Guyer si girò e si incamminò verso la sua moto.

Da dietro l’Indiana, che aveva i fari puntati verso l’alto, gli disse: — Diamoci un bacio di saluto, Ny. — E aveva lo stesso sorriso indulgente di prima.

Axxter sapeva cosa voleva, il bacio era solo un pretesto. La donna l’aveva visto tempo prima, quando era del tutto nuovo sulla superficie verticale. L’aveva visto muoversi con il petto attaccato al muro, come un ragno, fissato da un mare di fili metallici. Aveva provato tenerezza per lui, gli aveva dato qualcosa… Ora voleva vedere come se la cavava. Era un piccolo test. Deglutì, cercando di sciogliere il nodo che aveva in gola e si alzò aggrappandosi alla fascia.

Non appena si alzò, sentì nelle rotule lo schiocco degli agganci dei suoi stivali fissarsi al muro. Ecco, le sue spalle erano in direzione della barriera di nuvole al di sotto. Dalla cintura partiva una corda rigida che lo aiutava a mantenere l’equilibrio: tutto lì. Non c’era niente di eccezionale. Cammina e non pensare, si disse. È tutto qui. A ogni passo le corde degli stivali si sganciavano dagli agganci per andare a fissarsi alla presa successiva. Tutto qui.

Sì, tutto lì. Axxter si trovò di fianco all’Indiana, ancora con il nodo in gola. Ma era lì. Osservò il viso sottile della donna prima di chinarsi per baciarla. Sentì il tocco delle sue sopracciglia e capì che lei aveva spostato lo sguardo. Si girò per guardare quello che aveva attirato l’attenzione di Guyer. Con una mano si attaccò al più vicino cavo di transito e ogni tendine del suo polso s’irrigidì per la stretta presa. Si teneva, senza vergogna, malgrado la paura della gravità. Poi guardò di nuovo il sorriso di Guyer. Il motore dell’Indiana tossì quando lei afferrò la manopola dell’acceleratore.

— Stammi bene, Ny. — Un battito di ciglia. — Ci vedremo ancora.

Continuò a lungo a sentire il rombo della moto, mentre Guyer era già scomparsa dalla sua vista. Per il suo infinito viaggio. Axxter ora si aggrappò al cavo con entrambe le mani. Non c’era più nessuno che potesse vederlo. Premette le guance in fiamme contro il freddo metallo, solo un po’ più duro del viso e del bacio della donna.


Poco prima di disfare il campo, aveva chiamato la Chiedi Ricevi. La Piccola Luna, nella sua orbita intorno al Cilindro, era finalmente ricomparsa: uno spicchio argenteo che compariva dal margine sinistro dell’edificio. Era più economico comunicare quando c’era a disposizione solo una fetta della superficie per la trasmissione di segnali audio; per lui era sufficiente. Passò sul suo ricetrasmettitore.

— Aggiornamento della precedente richiesta. — Nella mascella gli risuonò l’eco della sua stessa voce. — Stima dell’attuale posizione dei Violenza, una tribù militare. Scala di attendibilità ridotta del… oh… venticinque per cento. — Un vecchio trucco imparato dai liberi professionisti con più esperienza di lui. Se si dava un indice di attendibilità sulle iniziali richieste di localizzazione più alto del settantacinque per cento, o anche più, era poi possibile ottenere vantaggi sugli aggiornamenti. E poi ci si poteva facilmente avvicinare al proprio obiettivo facendo una breve ricerca fisica sul settore per raggiungere la meta desiderata. Però sapeva che il venticinque per cento significava spingersi un po’ troppo in là.

L’agenzia d’informazione scorse i dati di localizzazione già in suo possesso: avvistamenti precedenti, velocità e direzione, analisi delle strategie di attacco. I Violenza non erano così potenti, e mai lo sarebbero stati, da avere un servizio di pubbliche relazioni per pubblicizzare le loro imprese, avere punti di reclutamento e del personale fisso. Altrimenti avrebbe chiamato loro per avere le informazioni.

Col venticinque per cento di attendibilità non ci volle molto. Axxter colse, o immaginò di cogliere, un tono stranamente accondiscendente nelle coordinate che gli venivano fornite.

— Bene — disse come se si rivolgesse alla Norton, visto che non c’era nessun altro sul muro. Spense la ricetrasmittente e la sistemò nel sidecar. Gli stivali si sganciarono dal terreno mentre saliva in moto e la cintura di sicurezza gli avvolgeva la vita. Ebbe un attimo di vertigine appena afferrò il manubrio e guardò in giù, lungo le mura verticali dell’edificio. — È ora di andare.

Non si fermò fino a quando l’ombra della moto sul Cilindro non fu tanto lunga da non poterla più vedere interamente. Ore di viaggio: il sole era dritto sopra di lui e il suo contorno era coperto dalla cima del Cilindro. Gli restava ancora un po’ di luce prima che il sole raggiungesse lo zenit e le tenebre scendessero sulla zona del giorno. Qualsiasi cosa fosse esistita nella zona della sera, ora sarebbe stata avvolta dalla luce. Axxter si alzò sui pedali, cercando di sciogliere i crampi che aveva alle gambe, mentre la sforzo gli faceva vibrare entrambe le cosce. La barriera di nuvole sembrava più lontana che mai.

Mi è andata bene, si disse. Il cavo di transito su cui si muoveva la moto era solido ed era giunto fino a lì. E andava anche oltre: il cavo, più spesso dove si agganciavano le ruote, proseguiva a ragnatela, scomparendo tra le nuvole. Ancora qualche chilometro — egli si guardò in giro cercando di calcolare la propria posizione — e avrebbe potuto dirigersi verso sinistra, staccandosi da quel cavo. Proseguire lateralmente, attraverso i cavi verticali, era sempre più lento. Il gruppo dei Violenza avrebbe dovuto trovarsi piuttosto vicino; forse non li avrebbe raggiunti prima di notte, ma senza dubbio entro il giorno dopo.

Si sedette di nuovo sul sellino e diede gas. Era soddisfatto di quel giorno di viaggio, quasi giunto al termine; gli angeli si erano dimostrati di buon auspicio, oltre ad avergli procurato del denaro. Erano stati, in qualche modo, una rappresentazione di libertà. Era per quello che si diventava liberi professionisti. Per quello e per morire di fame. Schiacciò il pedale della frizione e ripartì, acquistando velocità lungo le pareti del muro.

C’erano ombre sull’edificio. Poi li vide, mezzo chilometro a destra della sua stessa ombra lunga. La luce stava diminuendo; lanciò uno sguardo alle sue spalle, al sole ormai coperto per tre quarti dalla cima del Cilindro. Si sarebbe avvicinato a qualunque cosa proiettasse quelle ombre, prima che la notte fosse calata del tutto.

I battiti del suo cuore divennero più veloci, mentre la sua mano girava la manopola dell’acceleratore della Norton ed egli vide i margini dentellati di qualcosa di metallico che si alzava dalla superficie del muro. Dentro vi albergava una solida oscurità, appena visibile passando vicino ai segmenti rovinati del muro.

Non sarà uno spettacolo piacevole, Axxter. Gira e… torna indietro. La frase gli risuonò in testa, mentre fermava la moto ai margini di quella zona distrutta. Una parte di muro, contorta e annerita, si protendeva verso il cielo e la parte più esposta era all’altezza della sua testa. Appariva così tremenda da potersi ingoiare qualsiasi angelo osasse sorvolarla.

Allontanati di qui. Quelle Zone di Guerra, eco freddo e abbandonato dell’antica violenza che aveva distrutto l’edificio, lo spaventavano ogni volta. Non sapeva che ce ne fosse una anche lì; su alcune di quelle zone desolate non c’era niente negli archivi, solo punti interrogativi e richieste di rimborso alla Chiedi Ricevi per mancata informazione. Qualcuno le aveva visitate; i luoghi di antiche battaglie vicini alle zone più popolate dei settori orizzontali attiravano un certo numero di turisti. Qualcuno visitava ogni cosa. Axxter sentì il vento fischiare vicino a quella sporgenza che si slanciava verso il cielo e rabbrividì. Udì una nota debolissima, che avrebbe potuto emettere un uccello affamato. Scarse possibilità di fare una buona dormita lì intorno, che conciliasse un buon negoziato d’affari. Ora di andarsene. Vai ad accamparti da qualche altra parte, molto lontano da qui.

Si sporse e toccò il bordo dell’arricciatura del metallo vicino alla Norton. Il freddo che provava passò. Si trasformò in un buco allo stomaco.

Il metallo era caldo e diventava bollente verso il centro. Il calore della violenza che aveva squarciato il muro passò nei suoi palmi. Ritrasse la mano e la paura diventò più forte della sorpresa. — Ge…sù — Non fu più di un sussurro. Quando respirò di nuovo, sentì l’odore del fumo che fuoriusciva dal quel buco nero, circondato dalle parti distrutte del muro.

Se si trovassero ancora lì — quelli (e tu sai chi, si disse) che hanno scoperchiato la superficie dell’edificio e che hanno sparso quest’odore terribile nel vento; chiunque ne rimarrebbe nauseato, anche chi non l’avesse mai sentito prima, e capirebbe subito di cosa si tratta — se si trovassero ancora lì, rifletté Axxter, lì dentro, non ci sarebbe bisogno di dare gas e allontanarsi. Perché loro non agiscono in quel modo. Quanto sarebbe riuscito ad allontanarsi prima di sentire lo stesso calore che aveva deformato il metallo alle sue spalle? Non abbastanza… Cristo, pensò, nauseato e spaventato. Cos’era successo alla sua fortuna?

Naturalmente, potevano anche non trovarsi più lì, a guardarlo da quel buco con i loro piccoli occhi o con qualunque cosa avessero al posto degli occhi. E ammesso che non ci fossero più, egli avrebbe avuto la possibilità di andarsene con la sua piccola e preziosa vita.

E in questo caso — il pensiero lo fulminò improvvisamente, come un riflesso condizionato — potresti anche andare a guardare cosa c’è lì dentro. Dentro, per racimolare informazioni e poi venderle. Ecco quello che sei diventato vivendo sul livello verticale, pensò Axxter, sorpreso dai suoi stessi pensieri. L’ingordigia vince sempre la paura. Axxter scese dalla moto e lasciò che i suoi stivali si agganciassero alla superficie del muro.

Prudentemente — malgrado sapesse fosse inutile — toccò il bordo del metallo e guardò verso l’interno. Il calore gli penetrò nella giacca e nella pelle, fino ad arrivargli nello stomaco. Appoggiandosi alla specie di conchiglia che quel frammento di muro formava, poteva guardare attraverso il buco che portava all’interno dell’edificio. O all’esterno: l’esplosione, o qualunque cosa l’avesse provocata, era venuta dall’interno. Quello significava che non si era trattato dell’opera delle tribù militari che scorrazzavano sulla superficie del Cilindro, ma di qualcosa d’altro.

Attraverso il mirino della telecamera, Axxter calcolò che il buco dovesse essere largo circa un chilometro, una cavità nel fianco dell’edificio. Spostando la telecamera verso l’interno, egli inquadrò le travi contorte e sporgenti dei pavimenti dei livelli orizzontali. Più in profondità, nella totale oscurità, si intravvedevano le pareti annerite dal fumo dei corridoi distrutti.

Riattaccò la telecamera alla cintura, proprio dietro alla pistola. Un sacco di metraggio, più di quanto gliene servisse. Se aveva intenzione di venderlo — e su questo non c’era dubbio, visto che aveva bisogno di tutto il denaro in cui si potessero tradurre le sfortune altrui — non sarebbe certo stato per ragioni estetiche. Pensare alla possibile causa di una simile distruzione sarebbe stato molto difficile da sopportare per la gente, proprio come lo era per lui. La causa, quella di cui tutti avevano paura, nascosta nel buio, all’interno dell’edificio — Axxter rabbrividì. Forse, in un modo o nell’altro, questo è proprio il motivo per cui mi piace star qui fuori. Perlomeno è qui fuori. Lontano da quella cosa. Allungò il collo e tornò a guardare nel buco.

Qualcuno lo stava guardando. Egli lo avvertì prima di vederlo. Una faccia bianca, proprio al margine di quello che era stato un pavimento. Sollevò la telecamera e zumò su quell’essere.

Non lo vide più per un attimo, appiattito com’era contro il metallo scuro, poi lo scorse di nuovo. Non fu sorpreso: la nausea era più forte della paura. Le vuote cavità degli occhi guardavano la telecamera. Resti bruciacchiati di uno strano materiale, il cui odore non era ancora stato cancellato dal vento, annerivano il collo avvizzito e la cassa toracica dietro al cranio. Una mano afferrò il bordo d’acciaio distrutto.

Anche tu. Ad Axxter sembrò che quel cranio sogghignasse mentre parlava. Attento. Poi tirò fuori la lingua e gustò qualcosa che aveva ripescato dallo stomaco ancora in vita. Attento. Attento. Attento…

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