Era spuntato un nuovo giorno a Megateopoli e i terrazzi del Santuario, bagnati dal sole, risplendevano di luce bianca. Nella città regnava un generale senso di vuoto e di stordito sollievo, come quando, dopo un grande uragano, i pescatori si ritrovano sulla spiaggia a commentare, sotto voce, la forza devastatrice del tifone e i danni che ha provocato; osservano curiosi i relitti giunti a riva e si indicano l’un l’altro increduli il segno lasciato dalle onde durante la notte.
Simili, confusi sentimenti si leggevano anche sui volti dei cittadini comuni, che vagavano in piccoli gruppi sui terrazzi. Il loro numero erano piuttosto esiguo, perché i vincitori della battaglia della sera precedente erano decisi a mantenere il controllo del potere conquistato. Più tardi avrebbero cominciato a parlare a voce alta e a curiosare, ma per il momento non toccavano nulla e parlavano poco. I loro occhi e la loro mente erano troppo occupati.
Più numerosi erano invece i sacerdoti, che erravano con sguardo ancor più sperduto del loro e, quando li incrociavano, i cittadini comuni si limitavano a farsi di lato per evitarli, senza fare commenti. La maggior parte dei preti portava una fascia nera al braccio, probabilmente strappata dalla veste di qualche diacono morto, a indicare che avevano cambiato bandiera, anche se per il momento nessuno gli aveva chiesto di farlo.
Di tanto in tanto, un uomo o una donna attraversavano i terrazzi a passo svelto: era chiaro che sapevano dove andare e che cosa fare. Indossavano per lo più semplici tuniche nere, ma taluni erano ancora vestiti da cittadini comuni o perfino da preti. Sulle spalle di alcuni, simili a scimmie addomesticate, erano appollaiate piccole creature pelose che si guardavano attorno con occhio vigile.
A un tratto, un debole sibilo ruppe il silenzio e tutti alzarono contemporaneamente la testa. Al di sopra delle strutture che li sovrastavano, giganteggiava la testa del Grande Dio. Sulle sue spalle era stata montata un’esile impalcatura e minuscole figure stavano lavorando alacremente. Piccole fiamme blu balenarono nell’aria.
Sul terrazzo più alto uscirono quattro persone: una indossava la veste rossa intessuta d’oro degli arcipreti, due una semplice tunica nera e una, una donna, l’abito di tela grezza dei cittadini comuni.
— Sì, è stato molto semplice — stava dicendo Sharlson Naurya e nelle sue parole riecheggiava quella calma vuota che segue la tempesta. — Nessun flusso temporale alternato, nessun morto richiamato in vita, niente del genere. Asmodeo aveva ideato questo piano molto tempo fa, e così come lui l’aveva concepito noi lo abbiamo attuato, anche se la situazione di emergenza ci ha costretto ad apportare alcuni cambiamenti. Era il tuo demone che influenzava i tuoi pensieri con la telepatia. Ed era sempre lui a chiamarti per nome dal tuo appartamento. Tutti i fantasmi che ti sono apparsi, a eccezione di uno, erano proiezioni telesolidografiche: i nostri tecnici sono riusciti a realizzarle basandosi su vecchi duplicati di solidografi conservati nell’Archivio dei Comuni Cittadini, abilmente ritoccati per riprodurre l’effetto del naturale invecchiamento. Anche le apparenti modificazioni della stanza erano dovute a proiezioni telesolidografiche.
“Te ne saresti accorto anche tu se non mi avessi toccato e avessi scoperto che ero fatta di carne e ossa. Ma io mi ero messa apposta accanto a te perché sapevo che ti sarebbe venuto spontaneo allungare la mano verso di me. Il mio vestito era impregnato di una sostanza leggermente luminescente, la stessa di cui mi ero cosparsa anche la pelle, in modo da apparire del tutto simile agli altri.
“Quando mi hai toccato ti sei reso conto che ero reale, benché tu sapessi che non poteva essere, perché mi avevi appena incenerito con il raggio dell’ira. Ma è stato proprio qui che Asmodeo ha giocato d’astuzia. La donna che hai visto appena entrato nel tuo appartamento non ero io, ma la mia proiezione telesolidografica. Ed è quella che hai distrutto. Avevamo simulato una sequenza in cui il mio corpo prima prendeva fuoco e poi si dissolveva, e l’operatore l’ha trasmessa appena tu hai azionato il raggio. Forse ti ricordi che è intercorso un breve lasso di tempo fra il momento in cui mi hai colpita e quello in cui la mia immagine si è disintegrata.
“Se il piano fosse fallito, magari per qualche errore nel calcolo dei tempi, saremmo ricorsi a un piano di riserva che prevedeva la tua immediata uccisione. Ma per noi era della massima importanza che tu restassi in vita e che usassi il tuo potere per distruggere la Gerarchia; la tua morte rappresentava un grosso rischio per noi, perché qualche altro arciprete avrebbe potuto prendere il tuo posto e assumere il comando delle forze della Gerarchia. Asmodeo è morto, ma la Stregoneria ha trionfato perché c’era chi poteva prendere il suo posto e l’ha fatto. Nel tuo caso è accaduto l’esatto contrario.”
Goniface non rispose. Il suo volto era di nuovo una maschera impenetrabile, dietro la quale celava l’amaro, nauseante disprezzo che provava per se stesso. Era scoraggiato, ma lo consolava la consapevolezza che non tutto era ancora perduto. La Gerarchia avrebbe potuto ancora vincere, anche se non per merito suo. Girò furtivamente la testa e guardò oltre le mura del Santuario. Da quel lato, lontano dai quartieri abitati dai cittadini comuni, si trovava Landa Maledetta, una distesa grigia e arida di parecchi ettari, in cui non cresceva neanche un filo d’erba. Vi lasciò deliberatamente indugiare lo sguardo.
— Ho atteso questo momento per tutta la vita — gli giunse la voce di Sharlson Naurya, velata da un’apparente stanchezza. — Come se per tutta la vita non avessi fatto altro che precipitare da quel ponte guardandoti in faccia e desiderando con tutta me stessa che arrivasse, per miracolo, il giorno in cui ti avrei raggiunto e ti avrei trascinato giù insieme a me. Adesso quel giorno è arrivato, ma significa ben poco.
L’ombra stranamente deformata di un uomo entrò nel suo campo visivo. Lei sollevò lo sguardo. L’Uomo Nero alzò una mano in segno di saluto. Era Dickon il responsabile di quella buffa alterazione della figura. Appollaiato sulla spalla di suo fratello, ne stava imitando il gesto di saluto. Il suo pelo ramato brillava alla luce del sole.
— Ritorno proprio ora dal Centro di Controllo — disse l’Uomo Nero. — Abbiamo preso contatto con le nostre forze nella maggior parte delle città chiave. Restano ancora da espugnare un paio di centri minori e qualche Santuario di campagna.
Poi, senza odio, ma con schietta curiosità, guardò Goniface, che stava lentamente distogliendo lo sguardo da Landa Maledetta. Gli occhi dei due capi si incontrarono.
In quello stesso momento, l’aria fu squarciata da un rombo lontano, che diventava a ogni istante più forte: una vibrazione e un rullio stranamente profondi, che sembravano squarciare la terra. Gli uomini e le donne che vagavano sui terrazzi alzarono di scatto la testa verso il busto del Grande Dio e gli operai che si stavano ancora affaccendando intorno al collo. Ma quel rumore era troppo forte per provenire da lì.
Il fragore riempì il cielo. Qualcosa stava arrivando dal sole e lo oscurava.
Un’aria di trionfo si fece strada negli occhi di Goniface, che fissavano quelli dell’Uomo Nero. — Avete vinto — disse — ma adesso avete perso. In ritardo forse, ma non troppo tardi, arrivano gli aiuti che abbiamo chiesto dal Cielo: un numero tale di macchine belliche da permetterci di rovesciare le sorti della battaglia e di impadronirci di nuovo della Terra.
Un boato, e una grande nube nera oscurò il Santuario. Un’enorme costruzione ellissoidale proveniente dalla direzione del sole apparì nel cielo di Megateopoli e si fermò sopra Landa Maledetta, mentre i suoi raggi repulsori, simili a enormi pilastri, scavavano nella terra grigia solchi profondi come pozzi. E mentre stava ancora oscillando sospesa da terra, sulla sua superficie lucente si aprirono portelli circolari.
Goniface attese che lo sgomento si dipingesse sul volto del suo nemico, ma attese invano.
Mentre il rombo si affievoliva, l’Uomo Nero gli sorrise con aria amichevole e, con tono indifferente, gli disse: — Oh, so tutto della nave di soccorso partita da Luciferopoli. Sono venuto proprio per vederla atterrare. Quello che hai appena detto a proposito del suo carico è in gran parte vero. Ma quello che forse hai dimenticato è che Lucifero è il nome della Stella del Mattino, Venere; e, sfortunatamente per la Gerarchia, anche uno dei nomi di Satana. Naturalmente, era comprensibile che voi non foste a conoscenza degli eventi accaduti di recente su Venere. Le comunicazioni erano piuttosto disturbate ultimamente, vero? E non solo perché il pianeta sta entrando in opposizione, immagino. Però io credevo che voi aveste intuito che la Stregoneria stava operando anche lì, e che nelle colonie la sua azione sarebbe stata più rapida che sulla Terra. Immagino che anche la conquista di Marte sia cosa fatta già da un po’ di tempo, ma poiché Marte si trova dalla parte opposta del Sole, ci vorranno ancora un paio di mesi, prima di averne la conferma.
Si voltò e alzò gli occhi. Dai portelli della nave spaziale stavano uscendo squadroni di diavoli neri, con grande sconcerto delle persone che vagavano sui terrazzi, che sembravano sul punto di fuggire in preda al panico.
— Sono tutti angeli, immagino — riprese l’Uomo Nero. — Truccati di nero e con qualche ritocco qua e là. Tranne quelli più grandi. Quelli li chiamate arcangeli e serafini, se non sbaglio.
“Vedi, in realtà si trattava della nostra nave di soccorso” proseguì con tono assente. “Immagino che Asmodeo avesse capito fin dall’inizio che, per aver successo, qualsiasi rivolta contro la Gerarchia sarebbe dovuta avvenire su base multiplanetaria. Tanto più che il potere della Gerarchia era meno solido nelle due colonie. A quanto mi è stato detto, sembra che Venere e Marte avessero la ragione dalla loro nella guerra interplanetaria che ha aperto la strada alla Gerarchia. Ci voleva una guerra come quella per cancellare l’Età dell’Oro, vero? E Landa Maledetta ne è un triste ricordo. A quell’epoca si usavano armi diaboliche, al confronto delle quali le nostre sono ben misera cosa.”
Lanciò a Goniface un’occhiata torva. Poi, con malcelata malizia, osservò: — Immagino che fosse rassicurante per i vostri preti sapere che potevano sempre contare su un aiuto dal Cielo, o addirittura cercarvi rifugio, in caso di bisogno. E deve essere stato con un certo ironico piacere che apprendevano che il mito dell’umanità che aveva dato l’assalto al Cielo non era una fandonia, ma storia vera…
Goniface non cercò di nascondere oltre il disgusto che provava per se stesso.
— Non c’è bisogno che ti ricordi — disse freddamente — che faresti bene, anzi sarebbe molto saggio da parte tua, ordinare la mia immediata esecuzione. A meno che tu non preferisca continuare a farti beffe di me in questo modo volgare.
L’Uomo Nero rise di cuore. — Oh sì, lo trovo così divertente — disse. — Sembra che io sia uno dei pochi ad avere uno spiccato senso dell’umorismo. — Lanciò una rapida occhiata a Sharlson Naurya, poi guardò nuovamente Goniface e la sua voce si fece seria. — No, temo che non potremo permetterci il lusso di una simile vendetta. Siamo troppo a corto di intelletti per sprecarne anche uno solo. La Gerarchia aveva il suo da fare a governare i cittadini comuni, per cui puoi facilmente immaginare quali problemi ci attendano. Non possiamo rinunciare a una mente come la tua. Penso che Fratello Dhomas sia disposto a mutare la personalità sia in un senso sia nell’altro; dopo tutto, a lui la sola cosa che interessa è il cambiamento. Ovviamente, potrebbe anche non funzionare, come nel caso di Jarles, ma prendendo le debite precauzioni, penso che valga la pena di tentare.
Quando il Sommo Gerarca fu condotto via, l’Uomo Nero e Sharlson Naurya indugiarono a osservare l’eccitazione della folla, incuriosita e spaventata al tempo stesso dalla vista dei piloti venusiani, che stavano sbarcando dai diavoli neri atterrati poco prima sui terrazzi più bassi. Poi si voltarono verso la Cattedrale, dove gli operai avevano pressoché completato il giro del collo del Grande Dio.
L’Uomo Nero guardò Sharlson Naurya e, sottovoce, le confidò: — In realtà non vedo l’ora di mettere le migliori menti della Gerarchia al servizio della nostra causa. Non è una fola che siamo a corto di gente capace, soprattutto in vista di quello che ci proponiamo di fare. E per giunta Asmodeo non è più con noi, pace all’anima sua! Quando penso a quello che ci aspetta! Per i primi giorni sarà tutto tranquillo, ma dopo… Per prima cosa il popolo vorrà far fuori tutti i preti. Sembra che in certi quartieri ci sia già chi ha preferito non perdere tempo. Noi rappresentiamo la loro unica protezione. In secondo luogo, i cittadini comuni credono ancora ciecamente nel soprannaturale. Si aspettano che la Stregoneria diventi la nuova religione e presumo che pensino già di andare in chiesa e di trovare l’immagine di Satanas al posto di quella del Grande Dio. Forse alcuni sono già delusi perché non stanno accadendo altri miracoli diabolici. Quando scopriranno che consideriamo finita la Stregoneria, alcuni cercheranno di farla rivivere per usarla contro di noi. E, forse, con il tempo altri cercheranno di riesumare il culto del Grande Dio. Per non parlare del fatto che dovremo aspettarci tentativi di controrivoluzione da parte della Gerarchia! Insomma, non credo che avremo una vecchiaia molto riposante, ammesso di arrivarci. Quando pensi alla mole di lavoro che comporterà l’istruzione dei cittadini comuni, la riorganizzazione del loro sistema sociale e il graduale passaggio a un’economia di tipo gerarchico… cioè volevo dire scientifico! Perché, naturalmente, per i primi tempi dovremo mantenere sia l’economia feudale sia quella gerarchica, il che, magari, potrebbe far venire in mente a qualche nostro collaboratore non troppo equilibrato l’idea di riportare in auge la Gerarchia sotto un altro nome, con vesti nere anziché rosse. Oh, non avere paura, avremo di che stare allegri!
Quando tacque notò che un piccolo sacerdote grasso, con una fascia nera intorno al braccio, stava timidamente guardando nella loro direzione. Si teneva a una certa distanza ed era piuttosto nervoso, quasi non riuscisse a decidere se presentarsi e, forse, chiedere un favore. Ma più che incoraggiarlo, il modo con cui l’Uomo Nero e Sharlson Naurya lo fissarono dovette spaventarlo, perché girò sui tacchi si allontanò di corsa.
— Ma io conosco quel sacerdote — disse Naurya. — Era quello che…
— Io lo conosco meglio di te — la interruppe l’Uomo Nero. — È Fratello Chulian. Il caro, piccolo Fratello Chulian. Mite, gentile, pieno di buone intenzioni anche, ma assolutamente egoista, come tutti i suoi simili del resto. Quando pensi che dovremo reinserire persone come lui nelle loro famiglie di origine, o per lo meno nella collettività, senza dimenticare che i cittadini comuni, come tu ben sai, non sono certo molto più generosi d’animo… Decenni di lavoro infame e sterile li hanno resi aridi, duri… Ma di questo abbiamo già parlato. Non credi che avrò bisogno di aver vicino qualcuno che mi conforti negli anni ingrati che ci attendono?
Si voltò e guardò Sharlson Naurya con estrema franchezza.
Lei gli restituì uno sguardo altrettanto franco. Per un attimo, l’espressione grave e stanca del suo viso si sciolse in un sorriso. Poi, scosse lentamente la testa e distolse gli occhi dai suoi. L’Uomo Nero seguì la direzione del suo sguardo.
Era fermo all’estremità del terrazzo più alto, la schiena rivolta verso di loro, gli occhi fissi nel vuoto. Indossava ancora la veste rossa di sacerdote del Quarto Circolo.
— Sì, penso che tu abbia ragione — ammise a malincuore l’Uomo Nero dopo qualche istante. — Immagino che anche lui si meriti qualcosa dopo quello che ha passato. E non credo che il governo provvisorio vorrà condannarlo a morte per l’omicidio di Asmodeo. Sì, ho capito quali sono le tue intenzioni. D’accordo! — concluse con una certa irritazione.
Lei annuì. — Per tutta la vita non ho pensato ad altro che a vendicarmi — disse sommessamente. — Credo di conoscere le pene internali che ha sofferto in questi giorni. Questa mattina, dopo che era tutto finito, ha tentato di uccidersi. Gli ho fatto promettere…
L’Uomo Nero fece per andarsene e allora lei aggiunse: — In ogni caso, tu avrai sempre il tuo senso dell’umorismo a consolarti.
— Sì — riconobbe lui. — Ma ci sono situazioni in cui il senso dell’umorismo non serve a un granché.
Detto questo si voltò per andare via. Ma una figura curva, vestita di stracci, con un cappello a punta calcato sulla testa, che saliva zoppicando dai terrazzi inferiori, agitò il bastone per fargli segno di aspettare. Al suo passaggio i cittadini comuni facevano ala, profondendosi in ossequiosi inchini. Sembravano sollevati nel vedere finalmente qualcuno che aveva innegabilmente l’aspetto di una strega.
— Stupidi babbei! — sbottò Madre Jujy con disprezzo, quando, quasi senza fiato, raggiunse il terrazzo più alto. — Mi si inchinano davanti come se fossi un arciprete o qualche altra mostruosità! E pensare che fino a ieri erano tutti pronti a bruciare Madre Jujy!
— Salute, veneranda Madre — disse l’Uomo Nero. — Non gradisci l’omaggio che ti è dovuto? Desideri qualcosa? Parla, per me ogni tuo desiderio è un ordine.
— Forse sono venuta a riprendermi la mia pinta di sangue — disse la strega con aria cupa.
— Oh Madre Jujy — replicò l’Uomo Nero, interrompendo il fiorito ringraziamento in cui si stava profondendo Dickon. — Quella pinta di sangue è la più preziosa del mondo. Se dovessimo restituire la Cattedrale alla sua antica funzione, darei ordine che venisse conservata come la più sacra delle reliquie.
— Stupidaggini! — esclamò Madre Jujy. — Sono una vecchia donna perversa e mi piacciono le cose abbiette. È solo per questo che gli ho permesso di giocare al vampiro — disse guardando Dickon di traverso. — No, non sono venuta qui per farmi adulare. Voglio sapere che cosa ne sarà di me adesso.
— Penso che potresti esserci di grande aiuto — disse l’Uomo Nero pensosamente. — Avremo bisogno del tuo… saggio punto di vista, e i cittadini avranno bisogno più che mai di quei consigli che tu sola sai dare loro. Una specie di ufficiale di collegamento, insomma…
Ma Madre Jujy scosse energicamente la testa. — Io sono una strega e una strega rimango! E voglio anche dirti che non mi piace per niente quello che sta succedendo! I tuoi uomini stanno andando in giro a dire alla gente che Satanas non esiste!
— Proprio così, Madre Jujy. La Gerarchia e la Stregoneria non esistono più.
— Non mi piace. Se incomincerete a rivelare i vostri segreti finirete male. È sempre stato così.
— Temo che tu abbia ragione — disse l’Uomo Nero.
Con il rombo sordo di un tuono che rotola lontano, la testa del Grande Dio rovinò nella Piazza.