CAPITOLO 10 … SE POSSO INSEGNARVI A ESSERE PAZIENTI…

Quelli che credono che tutto sia già stato detto e fatto, ti saluteranno come nuovo, eppure chiuderanno la porta dietro di te. E poi ripeteranno che tutto è già stato detto e fatto.

Eugène Delacroix, DIARIO, 1824.


La torcia di Garth, incuneata in un alare del camino, spandeva la sua luce sul volto di Angus, che stava seduto e aveva Brand sdraiato accanto a sé. Demetrios guardava quella cara immagine con occhi assonnati. E il veleno della gelosia, le esigenze, il peccato della possessività? Senza dubbio un vecchio poteva mantenere il proprio cuore immune da queste follie, almeno tra quella gente tanto dolce. L’affanno deve bruciare, inevitabilmente, perché c’è uno che ama ed uno che è amato? Bisogna trovare una compensazione. Per Angus e Solitaire era un po’ diverso: per qualche tempo sarebbero stati arsi entrambi dalla stessa febbre. Ricordava che qualcosa di simile, un tempo, aveva sfolgorato per lui e per Elizabeth di Hartford, e forse avrebbe ancora avuto un po’ di calore, se ella non fosse morta. La morte l’aveva disperso, e adesso egli si accorgeva che non riusciva a ricordare bene il colore degli occhi di Elizabeth.

Il liuto del Professore inviava domande negli angoli pieni di ragnatele, mandando gli echi a giocare a rimpiattino. La piccola torcia apriva sull’infinito il soffitto della grande stanza. Solitaire sedeva accanto a Demetrios sulla loro coperta, e Babette stava a gambe incrociate, dall’altra parte, e la sua ombra grassoccia danzava sul muro insieme alle ombre di Angus e di Solitaire; Demetrios poteva guardare la sua faccia larga e buona, voltandosi indietro. Ne avrebbe sentito la mancanza, se si fossero diretti all’ovest tra le foreste. Avrebbe sentito la mancanza di Madam Estelle, delle ragazze, e persino di Nuber, alla quale aveva affidato quarantasette anni della sua vita.

Bosco, sempre pronto ad arraffare tutte le comodità possibili, si era arrotolato nella coperta di Garth, mentre questi e Frankie facevano il primo turno di guardia. Poi Angus e Bosco avrebbero vegliato fino alle prime luci e poi, aveva proposto Angus, si sarebbero avviati per una strada tra le foreste, che si snodava a sudovest della casa infestata, mantenendosi per il primo tratto parallela alla Grande Strada del Sud, che, fino ai confini di Katskil, sarebbe stata malsicura per i fuggiaschi. Garth e Frankie, una volta avevano percorso quella strada tra i boschi per un miglio, quando erano scappati di casa. A quei tempi la loro madre era ancora viva, e l’amore e la coscienza li avevano spinti a tornare indietro.

Prima che cadesse l’ultimo fiore della torcia, Demetrios si addormentò. La modesta locomotiva sbuffava e avanzava verso ovest, con il fumaiolo panciuto, verso ovest, oltre Aberedo, sferragliando e tossendo polvere. Si fermò a un serbatoio d’acqua, dove un uomo con il nome Abel Kane ricamato sulla tuta avvertì il macchinista: — Attento, uomo, la scarsità d’acqua è terribile. È che Loro l’adoperano per coprirci la terra, e non ne resta molta. Non si può rimettere indietro l’orologio ai tempi di Noè, nossignore. Probabilmente nessuno saprà come si ritrova fino a quando Loro avranno fatto… uhm… la finalizzazione idraulica.

(Io che scrivo so bene come mi ritrovo. Il mio problema è sapere dove non mi ritrovo.)

La donna con la cesta della spesa si sporse davanti a Demetrios per chiedere a un contadino sordo: — Che cos’ha detto quell’uomo? — Una bambina triste, con le adenoidi e il gozzo, seduta di fronte, guardava senza sorridere mai. Demetrios rispose per il sordo, o almeno avrebbe voluto farlo: — Andiamo a Hesterville, a vedere la Scarsità d’Acqua. — La donna non lo ascoltava. La madre della bambina triste fissava Demetrios con antipatia. Ma ecco, erano già a Hesterville… Tutti scendono a Hestervi-i-il-le!

Non si poteva scendere se non nell’acqua verde e piatta, giù e giù, poiché la stazione era là sotto. Il treno sbuffava su una banchina, i passeggeri uscivano e scendevano come Demetrios, giù dalla carrozza aperta dai sedili di vimini — aria aperta, aria fumosa, aria perduta — nell’acqua verde, profonda e lenta. Sagome bianche stavano ritte, tranquille, nell’aria-acqua verde; sagome più scure salivano, vagando, con intenzioni ignote — tutti viviamo nelle tenebre, non è vero? — e nelle Tenebre grossolane il popolo…

— Demetrios. — Solitaire parlò dolcemente. — Demetrios borbotta. — Gli massaggiò adagio la fronte, come aveva fatto altre volte, quando l’incubo lo calpestava. La confusione svanì. Il sogno sciocco era una faccia scomparsa tra la folla. Una luce ambigua entrava nella casa infestata: non sapeva se era l’alba o la luna calante. Non riuscì a trovare il volto di Angus. Là dove era prima, adesso appariva una cicatrice sul muro: l’intonaco era caduto, lasciando una chiazza che aveva la forma dell’America del Nord, davanti alla quale penzolava un ragno, un buon cittadino grigio che covava la sua goccia di veleno e la sua torcia di vita. Frankie era sdraiato, con la testa sul grembo di Solitaire, e nel sonno dimostrava nove anni, non dodici. — Angus e Bosco sono fuori, di guardia.

— È il chiaro di luna?

— No, sta per spuntare £ giorno. Ha cantato un uccello. Parla piano, così il tesoro può dormire.

— Era un pettirosso, — disse Babette, con voce sommessa come Solitaire, per rispetto al sonno di Frankie. — Fra poco potrò vederci a tornare a casa, nonostante la nebbia.

— Non puoi venire con noi?… No, lo so. La Madam ha bisogno di te.

— Non ce la farebbe neanche un giorno, senza di me. Devo dirle che tornerete?… Oh, sì, certo che glielo dirò, ma voglio dire, sarà vero?

— Come posso saperlo? I vecchi tornano mai?

— Vergognati, Dimmy! — disse Babette, scuotendolo. — Vergogna, essere così pessimista! Su, esci dai brutti sogni!

Demetrios si levò a sedere, accettando il freddo del mattino. — Sì… sì… dobbiamo trovare un posto dove non ci voglia la licenza per raccontare storie. — La luce gli mostrava la forma dell’antico edificio: forse un giorno quella era stata una sala da ricevimento per gente in parrucca e calzoni al ginocchio. La curva d’una scalinata si spezzava nell’oscurità quasi all’altezza del primo piano; il ballatoio era caduto, probabilmente putrefatto dall’acqua sgocciolata dal tetto, per anni. Sotto la frattura stava un mucchio d’intonaco e di legno marcio. — Dobbiamo cercare un posto dove si possano migliorare le cose senza peggiorarle.

Le punte delle dita di Solitaire parlavano d’amore ai riccioli di Frankie, senza svegliarlo. Egli si mosse, una vaga spinta dell’anca sotto la coperta, poi restò immobile; la sua bocca socchiusa era un poema di Eros. — Solitaire ha una cosa da dire… Solitaire è gravida.

— Oh…

— Di Demetrios, — disse lei, sorridendogli nella luce crescente. — Lei ha fatto apposta. Lei conosce il suo calendario. — Il liuto ridacchiò da un angolo in ombra. — Per un mese Solitaire e il Professore hanno giocato solo giochi fuori dalla porta. Il paisà dice che era d’accordo con lei. Quindi è il seme di Demetrios.

Elizabeth di Hartford, la sua sofferenza sprecata, l’orrore della nascita e delle due morti… eppure c’era quella mezza possibilità, quell’esangue incoraggiamento statistico: potevano essere stati i geni di Elizabeth, i portatori della dannazione del Ventesimo Secolo. Moltissime nascite sono ancora normali — tre su cinque, non dicono così? quando ci sono — altrimenti chi cercherebbe di prolungare i giorni prima dell’estinzione?

Solitaire, mio amore, Solitaire… due mesi? Tre?

— Quasi tre, — disse Solitaire, con orgoglio.

— Usciremo da Katskil, ci sistemeremo in un posto sicuro, ad aspettare il momento del parto. — Un posto sicuro… dov’è? — Babette, stai lontana dagli abramiti. Al Palazzo del Comune mi hanno interrogato sugli abramiti nella casa di Madam Estelle. Non ho detto nulla, naturalmente. Ma Fran dovrebbe lasciare la città.

— Lascia fare a me. Non preoccuparti! — E aggiunse una strana frase del Tempo Antico, che la gente usava ancora: — Fatti gli affari tuoi, Dimmy.

Angus entrò, cinto di luce, svegliando Garth; si inginocchiò accanto a Frankie e a Solitaire, chiedendo in silenzio: Tutto bene? Baciò la spalla del ragazzo arciere, accecato dal sonno, e scompigliò ruvidamente i capelli di Frankie; e chiese gentilmente a Demetrios: — Dobbiamo prendere la strada dei boschi?

Solitaire accese un focherello nel camino, e Babette tostò pane e pancetta. Aveva portato altri viveri più pratici per cominciare il viaggio: granturco e frutta secca, carne affumicata, biscotti, una fiasca di vino. Angus aveva con sé del danaro; Garth e Bosco e Frankie si dicevano abili nella caccia e nella pesca. Comunque Babette pianse un po’, nel vederli andar via, nella nebbia del mattino che confondeva e riparava, per quella via che poteva svoltare in qualunque direzione, forse verso il nulla. Babette li guardò andar via, Garth dagli occhi acuti e Frankie, il suo vecchio Demetrios, la dolce e pazza Solitaire con il suo ramo di quercia che imitava gaiamente il bastone del vecchio (proprio lei, che forse aveva da perdere più di tutti, sembrava la più contenta di andare… ma quanti anni aveva Solitaire, in effetti? Babette non ne era mai stata sicura) e Angus dalle sopracciglia nere e dal cane grigio che era una parte di lui, più che un servitore, e il massiccio Bosco, il forestiero che camminava senza far rumore e che Babette considerava furbo: la sua faccia vigile non diceva niente della sua vita interiore. Babette li guardò andar via, si asciugò un’ultima volta il naso sul braccio, e tornò sconsolatamente indietro, a riprendere la sua parte nell’attività del mondo.

(Ma molto più tardi si unì a noi, come vi dirò se potrò insegnarvi ad essere paziente con me.)


Sabato, 20 luglio


Cosi loro se ne andarono nella Nebbia, dice Babette, verso il levar del Sole, e da quello che Il Ragazzo ci disse quando venne qui che era, nei Guai, è meglio che io non scriva dove andarono e neanche il suo nome. Qualcuno potrebbe venire e cercare di leggere il mio Libro prima che lo bruci, e questo non vorrei farlo perché sarebbe da Stupidi fare cosi con la Storia della Mia Vita se non è necessario, solo per non dare Informazioni ai Poliziotti. Lei dice che D. dice che ritornerà.

Ritornerà, con un arcobaleno, farà fare a Tutti la figura degli Stupidi e li caccerà dal Tempio come dice nel Libro… Oh, come faccio a continuare? Lui era solo il mio vecchio Demetrios che non dava fastidio a nessuno, era solo Portinaio. Supponiamo che è per Me che ha detto che tornerà! Lui è sempre disposto a tanto per non far del male alla Gente quando farebbe meglio a parlare Francamente e non a mettere tutto come in una Storia. Andare via nella Nebbia e magari non avranno neanche abbastanza da Mangiare… beh, quel Garth è un bravo Ragazzo, e forse Solitaire ha più energia di quello che pensavo e non sarà di Peso. Supponiamo adesso che io penso qualcosa d’altro, come a Questo Posto per Esempio com’era quando io arrivai da Raeford.

Non l’arrivare qui in se stesso, che è stato soprattutto terribile, automobili di traverso sulla Strada e Gente morta dentro. Il mio Camionista non era cattivo, mi disse che si chiamava Al, stava portando un camion a dieci ruote a New York con il pesce congelato. Lui disse che per la Strada era tutto impazzito, forse era stata l’Esplosione, lui finì con il camion in una scarpata per non investire un Pazzo con una Ford che gli veniva addosso, e si ferì alla Testa, voglio dire il mio Camionista, ma scese e se ne andò, con il pesce congelato su tutta la Strada. Noi stemmo insieme un po’ di giorni, andavamo a piedi verso l’ovest perché lui diceva che aveva dei parenti a Rochester, e poi che l’importante era muoversi. Quando lui lo voleva fare, mi tirava giù sul ciglio della strada e lo faceva e non gli importava anche se poteva passare qualcuno, non importava neanche a me, io solo continuavo a guardare il Gelo fino a quando aveva finito, perché tutto quello che voleva lui era andare Su e Giù. Lui mi trovava da mangiare e mise in fuga sei Tipi armati di Pistola che volevano Dividere la Ricchezza. A Beacon gli spararono perché saccheggiava. Io traversai il Fiume con una Barca a Motore con certi Pazzi che pensavano che era il Mar di Galilea e vedevano il Salvatore camminare sulle Acque, e rovinarono la Barca toccando terra durante un Temporale e poi andarono verso nord tutti Avviliti. Io di loro ne avevo fin qui.

Ho detto che non voglio scrivere di una Cosa e subito ecco che ne scrivo. Comunque capitai a Nuber per caso, non apposta. I Fondatori avevano già messo in ordine il Posto, un Accampamento regolare con Funzionari per dire alla Gente dove doveva andare e cosa doveva fare. Si capisce sempre la Differenza quando la Gente ha qualcosa per cui lavorare, mica sfarfallare alla cieca come i Matti sul Mar di Galilea. Mister Fleur era uno di quei Funzionari e lavorava direttamente agli ordini di Simon Bridgeman. Io aiutavo con i Profughi, Minestra Calda e Fasciature, e in sei mesi, quando il Governo di Bridgeman volle istituire le Case del Sesso, quella di Mister Fleur fu la prima.

Mister Fleur era buono con me, ed era un Amico. Lui non desiderava le donne ma le aveva in simpatia. Forse è più facile averle in simpatia se non le desideri. Lui diceva cose come che non era una cattiva Idea avere due Sessi perché così c’erano Discussioni interessanti che La Gente non avrebbe mai risolto perché non poteva. D. qualche volta parla un po’ come Mister Fleur, perché Tutti e due erano Istruiti.

Mister Fleur era un omino che pareva un Passerotto, più piccolo di me ma io avevo un gran Rispetto per lui e lui diceva che avevo una Buona Testa per gli Affari e il Senso dell’Ordine. Una volta o due l’ho visto tirar fuori il Coltello che portava sempre per tenere Pace nella Casa ma non lo vidi mai obbligato ad adoperarlo. La Gente capiva subito e si calmava.

Quando Simon Bridgeman fu assassinato io pensai che fosse finita per Mister Fleur o quasi. Lui fu Straziato. Magari rideva di certune delle Idee di Bridgeman e le criticava, ma erano Amici e credo che lui pensava davvero che S. Bridgeman era Dio, cosa che non ho mai notato che lui pensava di nessun altro. Si prese una Sbronza di due Settimane. Poi fu come se gli si era rotto qualcosa Dentro. Diceva che il Mondo era solo Merda, Eccettuati i Presentì naturalmente, lui era sempre Educato. Beh dopo un po’ si rimise un po’ però non tornò più a essere come quando era vivo Bridgeman.

Qualche volta voleva che gli parlassi dei clienti che servivo. Lui rideva e gli andava Su, non per la Cosa in sé ma a sentire me che ne parlavo. A me non m’importava.

Andò avanti così per parecchi anni. Mister Fleur teneva bene le Cose. La gente veniva da noi tutta nervosa… sareste sorpresi se sapeste quante volte i Clienti non vogliono altro che parlare e magari avere un po’ di Comprensione per Cose che non posso cambiare come le mogli e così via e che magari non cambierebbero se potessero. Se ne andavano che si sentivano meglio, almeno più tranquilli. Mister Fleur diceva delle cose come che era un lavoro Idealistico per un Servizio Pubblico che era davvero per il Pubblico Interesse.

Nell’Anno 11 a Nuber ci fu il Vaiolo. Suppongo che lo portò qualcuno dal Di fuori. Mister Fleur diceva che tutte le Brutte Cose vengono dal Di fuori, di Dentro è sempre senza peccato come le Isole Deserte, non so che cosa voleva dire. Due delle nostre ragazze morirono e un Ragazzo che Mister Fleur amava speciale venne fuori dalla Malattia con la faccia che dopo sembrava una Grattugia… e non lo sopportò e scappò via da noi, probabilmente anche da Nuber perché Mister Fleur si spezzò il Cuore per cercare di trovarlo e non ci riuscì mai.

Durante quel Vaiolo luì andò anche molto in giro per aiutare a Curare i malati e credo che nel Tempo Antico era stato Dottore. Ma lui non lo diceva mai e tutte le volte che diceva il suo nome a qualcuno si tirava su in tutto il suo metro e cinquantasette e diceva: — Io sono Mister Fleur, — e il Mister sembrava come un pezzetto di ghiaccio che tintinna sull’orlo d’un bicchiere.

Dopo che il Vaiolo fini si poteva vedere che il Tempo Antico lui ce l’aveva in Mente come un’ossessione. E naturalmente il Ragazzo Shawn, quello che era scappato. Mister Fleur non voleva più che gli parlassi dei Clienti, ma mi chiedeva tante Cose di Raeford, e di Sam e Stevie e Leda e qualche volta di Marcus. Lui mi sedeva vicino mentre parlavo e mi consolavo se piangevo. Poi una Notte Mister Fleur mi disse che aveva fatto Testamento così che a me restava la Casa con la Licenza se a lui succedeva qualcosa, tutto quello che dovevo fare era andare al Palazzo del Comune, era tutto Registrato, nessuna Difficoltà, e lui disse che sarebbe stato Contento se avessi tenuto la stanzetta dove dormiva cosi come era e con i quadri dipinti da Shawn, e non adoperarla mai per i Clienti. Naturalmente dissi che lo avrei fatto e così ho fatto e qualche volta ci vado solo per sedermi a riposare, solo che i quadri sono un po’ strani e sono solo due, so che Shawn ne aveva fatti degli altri ma doveva averli buttati via. Bene su uno c’è la Santa Vergine però il Bambino è una Bambola di Pezza e l’altro è un grosso stallone che sale su per un arcobaleno che Shawn l’aveva dipinto tutto porpora e giallo e non so come un Cavallo può essere Così. Una volta ho mostrato quella stanza a Demetrios e lui ha detto — Dio Onnipotente, Steli, che fine ha fatto il Ragazzo? — Tutto quello che ho potuto dirgli è stato che era andato via e che non avevamo più potuto trovarlo.

Così Mister Fleur disse questo del Testamento e poi disse che avevo una Buona Testa e che non dovevo più piangere per Marcus perché a piangere così non mi faceva Bene e dovevo far conto che era come la Cicatrice sulla mia Gamba, beh, non si può fare ma lui lo diceva per Bontà. Poi andò a letto Pacifico mi ricordo, senza neanche avere Bevuto. La Mattina dopo trovammo che era andato a letto perfettamente naturale e poi s’era piantato il Coltello sotto le costole.

Non era vecchio o Malato o niente. Non capisco come una Persona può fare questo anche se soffre. Suppongo che diventa, come che non importa più niente, ma strano che uno non ci tenga a sapere quello che succede Poi.


Per tutto il giorno la strada tra le foreste condusse la Compagnia verso sud o sudovest, in un silenzio prodigioso cui le orecchie di Demetrios non erano abituate. A Nuber, anche nel cuore della notte, si sentivano almeno gli scricchiolii delle travi della casa, il fruscio dei topi, la caduta delle braci nel camino, le voci dei cani e dei gatti, un mormorio, un passo; di giorno c’erano i suoni continui delle strade, le ruote dei cani, lo scalpitio degli zoccoli, i ragli degli asini, le grida dei venditori ambulanti. Lì non c’era neppure il vento. Per tutto il giorno la nebbia non si alzò completamente, si limitò a diradarsi per lasciare passare una luce acquosa e lasciar scorgere abbastanza la strada. Durante la sosta di mezzogiorno la Compagnia sentì che il sole era allo zenith, più che non lo vedesse — Demetrios chiese a Bosco se nelle foreste regnava sempre quel silenzio. — Mi vergogno della mia ignoranza, — disse. — Nel Tempo Antico non esistevano foreste, se non molto lontano dai luoghi che conoscevo, e in seguito sono sempre vissuto a Nuber, quella serra, mentre le foreste tornavano a crescere attorno a noi: e non ho mai saputo altro se non ciò che dicevano gli altri.

— Dove c’è una strada, — disse Bosco, — anche piccola come questa, non è proprio terra selvaggia. In quella selvaggia davvero, devi aprirti la strada tra un albero e l’altro, e ricordartene se vuoi tornare indietro. In certe giungle, come nel Moha occidentale, presso l’Ontara, la strada te la devi aprire con il coltello. Questa invece non la capisco proprio. Non ho mai visto una strada nella foresta che continua così a lungo senza arrivare in nessun posto. E come dici tu, non ho mai sentito un silenzio simile. Ci dovrebbero essere i rumori degli animali, non soltanto gli uccelli di tanto in tanto. Credo sia la nebbia, e l’umidità. Il nostro sudore puzza, vedi, e le bestie lo sentono e stanno zitte e immobili. Come se tutte avessero paura dell’uomo, non è strano?

— Prima c’erano quelle strane tracce di cervi, — disse Frankie.

Bosco guardò il ragazzo e il fratello con aria tollerante. — Non erano tracce di cervi, Frankie. Erano di cinghiale, e grosso. — Seduta esausta fra Angus e il Professore, Solitaire rabbrividì: non aveva mai camminato tanto in un giorno da quando l’aveva trovata Demetrios, e il suo entusiasmo iniziale era stato smorzato dalla stanchezza; Bosco se ne accorse. — Non preoccuparti, — disse. — Il cinghiale non dà fastidio, se non pensa che gli dai la caccia, o se non piombi in qualche posto che considera suo. E poi, quelle tracce le ha lasciate ieri.

Angus annuì, guardando Solitaire. — Brand non se ne è interessato. Si sarebbe dato da fare, se la pista fosse stata fresca, anche se stamattina si è trovato quel coniglio per colazione.

— Quel bestiolino. — Eppure la mano di Solitaire si muoveva affettuosamente sulla testa feroce di Brand.

— Brand deve uccidere per vivere, — disse Angus, vanamente angosciato perché il mondo non sì armonizzava con l’indole di quella donna.

— Solitaire lo sa, — disse lei. — Anche la gente. La carne è buona. Bestie tutti, tutti bestie, — disse Solitaire. E udendo la sua risatella turbata, Demetrios temette i momenti successivi, perché ella avrebbe pianto irrefrenabilmente, quasi in silenzio, con le mani in grembo rivolte a palmo in su, come in attesa di elemosine che nessuno sapeva donarle.

Anche il Professore udì quella risata e prima che cominciasse il diluvio di lacrime la prese leggermente tra le braccia, come una bambina angosciata. Angus guardò Demetrios, teso e stupito. Ma non si poteva parlare, perché lei aveva già la crisi, e se lui si fosse appartato con Angus per spiegare cosa succedeva, e come bisognava accettarlo se si accettava Solitaire, lei li avrebbe visti allontanarsi, e forse avrebbe avuto una crisi di furore. Perché lei aveva anche quegli attacchi di furia, anche se non ferivano nessuno, se non spiritualmente: Angus l’avrebbe ancora venerata, dopo aver assistito a una di quelle scene?

Garth e Bosco guardavano altrove, imbarazzati, ma Frankie, dopo un primo istante d’allarme, si frugò alla svelta nella borsa. Estrasse un’ammirevole scultura: in legno di melo, pensò Demetrios. Un cerbiatto giaceva acciambellato come un gattino, ma ad occhi aperti. Quel tesoro non era più grande del netsuke giapponese, una vecchia ridente, che era stato una delle meraviglie sulla scrivania del dottor Isaac Freeman, tanto tempo prima. Frankie mise il cerbiatto sul palmo aperto di Solitaire. — L’ha fatto Garth, — disse. — Forse ti piacerà. Io non sono molto bravo a fare queste cose.

Le lagrime cessarono, le dita si chiusero. — Frankie… oh, che occhi!

— Puoi tenerlo, se vuoi, — disse Frankie. — Io ne ho ancora un migliaio. Mio fratello ne fa sempre…

Verso sera, la Compagnia arrivò a un punto in cui la strada toccava i resti di una superficie asfaltata del Tempo Antico. Oltre l’incrocio, vagamente, la strada proseguiva. L’altra, la strada del Tempo Antico, era così desolata, così lontana da ogni senso di creazione intelligente: sembrava meno una testimonianza umana di quanto lo fosse il sentiero che avevano percorso. Su quello potevano trovare almeno, sia pure di tanto in tanto, le tracce delle ruote di carri passati di lì una o due settimane prima, ma la strada del Tempo Antico non presentava altro che una lunga corsia sotto la vegetazione fitta, una superficie di chiazze nere e opache quasi nascoste dalle erbacce che prorompevano da minuscole crepe aperte dalle gelate o dal terremoto o dal tempo, e le allargavano. Qua e là spuntavano alcuni alberelli, che in pochi anni avrebbero cancellato anche il ricordo della strada. E nel manto verde la Compagnia non trovò alcuna traccia umana. Gli animali potevano attraversarlo ripetutamente, e l’erba elastica si rialzava dopo il loro passaggio; ma non avevano formato una pista nel senso della lunghezza. Forse le creature umane che avevano guardato per quella via desolata si erano sentite agghiacciare per il timore dei fantasmi e non avevano voluto percorrerla. Ma Angus disse: — Ho una specie di bussola nella mente, e credo di potermi fidare. Fatemi girare su me stesso, e io so ancora dov’è l’ovest, se c’è un po’ di luce del sole o della luna… nel buio fondo non serve. Da bambino, sbalordivo sempre i miei familiari. Ebbene, la mia bussola dice che durante l’ultima ora questa strada si è diretta un po’ più verso est, come per tornare verso la Grande Strada del Sud, dove noi non osiamo farci vedere. Ma la strada del Tempo Antico è chiaramente diretta a ovest. — Scrollò sulle spalle i capelli scuri. Uno dei suoi rari sorrisi sfiorò Demetrios. — Sento l’odore del Pacifico di fronte al mio naso, a tremila miglia di distanza.

Forse, pensò Demetrios, sarebbe stato così per tutto il viaggio, e così sarebbe dovuto essere: Angus, il più saggio dei giovani, avrebbe preso le decisioni e avrebbe impartito le direttive, ma avrebbe fatto ricorso al suo straordinario tatto e avrebbe chiesto il parere del vecchio. In simili condizioni, forse sarebbe stato possibile far funzionare la piccola democrazia di sette anime senza fare troppa violenza a sette diverse esigenze. Una democrazia di sette persone più Brand, che di tanto in tanto avrebbe avuto la possibilità di votare, a modo suo.

(Fu quello probabilmente il momento, ritiene la vostra narratrice, in cui Demetrios sacro alla Terra decise di fondare la sua repubblica, se fosse stato possibile. Una repubblica ha bisogno di madri per generare i suoi figli e le sue figlie. Egli lo sapeva.)

La Compagnia percorse più di un miglio sulla strada del Tempo Antico, senza notare cambiamenti sensibili, e si accampò comodamente sul bordo, prima che facesse buio. Sembrava che niente impedisse di accendere un bel fuoco. In quel silenzio, in quella solitudine… la nebbia era ancora con loro, lieve nell’aria, ma triste come tutti i ricordi dell’antichità, il pensiero di un inseguimento da parte delle forze di Nuber appariva ridicolo, persino ad Angus.

— I potenti della Città Interna, — disse, — non hanno niente contro di me, salvo il fatto che esisto. Tra l’altro, stanno cambiando la storia, ve l’ho detto? Mio zio Simon risulta essere stato un uomo malvagio, un Anticristo anziché un santo. I santi possono essere scomodi, per una Repubblica del Re… prima o poi qualche eccentrico finisce per intestardirsi a imitarli, e questo significa lavoro per la polizia. — Posò delicatamente sul fuoco ardente il ramoscello che gli era servito per attizzarlo. — La mia scomparsa dovrebbe andar bene quasi come… diciamo, una malattia improvvisa e fatale o una pugnalata alla schiena. Naturalmente si preoccuperanno un po’, è inevitabile.

— Angus ci tornerà, là, qualche volta?

Il giovane guardò a lungo Solitaire, attraverso il fuoco. — No, non credo. La vendetta non è altro che una malattia, e quale altra ragione avrei? Salvare gli abramiti dalla persecuzione? Sono già stati travolti, e io non ho potere.

— Un giorno, — disse Demetrios, — saranno gli abramiti, gli oppressori. Un altro antico ritmo della storia, un’altra punizione della natura per coloro i quali sono troppo occupati a riscrivere la storia e dimenticano di leggerla.

— Credo di capirti, — disse Angus. — No… no, non tornerò indietro. — Si tese verso il fuoco, cercando di avvicinare gli occhi al viso di Solitaire. — Non desidero andare in nessun posto in cui non potrei avere questa compagnia. — Dalle sue parole sommesse nessuno poté capire se si riferiva a Solitaire o a tutti; ma il liuto del Professore proruppe in una musica improvvisa, e Frankie girò svelto intorno al fuoco per inginocchiarsi accanto a lui e per osservare il gioco delle sue dita magistrali sulle corde. Traevano dalle ombre una melodia magistrale, e la lasciavano giocare giochi beati con se stessa. Al momento esatto, quando il Professore gli rivolse un cenno, Frankie cantò, dapprima timido; ma poi con la sicurezza di un angelo: si diceva che quell’aria fosse stata composta da un musicista ambulante di Brakabin in tempi recenti, dal nome non più famoso di quello di Demetrios; e certamente non era una musica del Tempo Antico:

Prima che scenda la sera

La tua carne è un fuoco d’ambra

Per riscaldar la mia notte.

Prima che spunti la luce

La tua bocca mi dà conforto

Per rinfrescare il mio giorno.

E non mi ha mai stupito

Che fiamma e frescura periscano:

L’amore è mortale.

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