CAPITOLO 12 È IL NOSTRO PATTO CON LA NATURA

Wynken, Blynken e Nod una notte

Salparono su d’uno zoccoletto.

Navigaron su un fiume di cristallo

Fino a un mare di rugiada.

Eugene Field, POEMS OF CHILDHOOD


Il taverniere della Testa di Cinghiale, antico ed esperto, che era sicuramente un superstite del Tempo Antico, pensava di aver sentito parlare dei Nomadi di Gammo qualche anno prima… non ricordava bene. — Potrebbero saperne qualcosa al Circo… quei vecchi matti sono qui. Jason Smallways gli ha prestato il prato per accamparsi. Gli spettacoli cominciano domani… niente tenda, solo i carozzoni e i fenomeni viventi e non so che altro.

— Andrò a domandarglielo, — disse Bosco. — Qualcuno vuol venire con me?

— Io, — disse Demetrios. — Sawyer Finn, hai detto?

Il locandiere confermò. — T.S. e H.F., dicono di chiamarsi. Vecchi un po’ tocchi… forse credono di essere davvero quei due. Ma non dovrei parlare, signore… altrimenti mi vengono delle idee.

Frankie e il Professore si accodarono; gli altri erano stanchi, o tristi, o indaffarati. Passarono per la cittadina assonnata — tutta la Penn è sonnolenta, in parte per il clima — e giunsero sul prato di Smallways, in un trambusto pieno d’odori animali. I carrozzoni tirati dai muli erano disposti in un ampio cerchio, quasi come i carri Conestoga dei pionieri, circondati dalle grida di guerra degli indiani. Un acrobata stava provando la resistenza della calzamaglia da poco rattoppata dietro. Un ragazzo stava facendo esercitare due eleganti cavalli. Un vecchio gentiluomo dalla mascella quadrata provava una frusta da domatore, facendola schioccare a terra, e un uomo sparuto dai baffi neri coccolava due puma in gabbia. Una donna grassa sedeva al sole, afflitta e immobile.

Il vecchio gentiluomo li guardò a disagio, mentre Bosco andava a parlare con il ragazzo dei cavalli. — Un altro comitato con l’intenzione di civilizzarci! Non ho mai visto tanti comitati. — Ma non sembrava ostile.

— Io non ho mai civilizzato nessuno, — disse Demetrios.

— Adesso che ti guardo, penso proprio di sì. Chi è il ragazzo?

— Io sono Frankie, e questo è il Professore. Non parla, ma Miz Solitaire mi insegna a dire quello che lui pensa.

Il vecchio annuì. — Qualcuno di voi cerca lavoro?

— Dipende, — disse Demetrios. — Siamo diretti all’ovest.

— Tu sei il capo?

— No, Frankie. Io sono il vicepresidente. Solo H.F. — Gridò, rivolto a uno dei carrozzoni: — O T.S.! Signor vicepresidente! Compagnia! — Il liuto del Professore formulò una domanda. — Oh, lui è l’altro vicepresidente. — Il liuto fece un’altra domanda. — Il presidente? Oh, ma parli davvero? Non c’è. Ehi, T.S. Vedete, è inutile andare all’ovest. Oceano, giungla, isole. La carta geografica non è più quella d’una volta… non la si riconosce più. — Si tolse la marsina e si asciugò il sudore. — Debbo portarla domani per l’inaugurazione, per via dello stile, dice T.S… ma è inutile che ci muoia dentro adesso. — I suoi blue jeans, come quelli di Frankie e di Demetrios, avevano toppe alle ginocchia e dietro. — Signor vicepresidente! Cos’è successo a quell’uomo, mi domando. Tutti i pomeriggi dorme fino a tardi.

Apparvero due nanetti, un uomo e una donna, e un’altra donna più vicina alla statura normale, circa quattro piedi e dieci. I nani avevano proporzioni impeccabili, e l’uomo dai capelli scuri era alto tre piedi. Le donne dai capelli rossi e dagli occhi azzurri avevano una rassomiglianza di lineamenti che le indicava come sorelle. L’uomo parlò con voce di contralto: — T.S. non dorme. Gli dà fastidio il piede, ma dice che adesso arriva. — Si inchinò teatralmente, non per beffa, ma come se gli facesse piacere: — Io sono Nod, la Minuscola Meraviglia del Circo Moderno. Ho l’onore di presentarvi mia moglie Wynken e mia moglie Blynken.

— Io sono Blynken, — disse la donna più alta. Sorrise, facendo le fossette, stringendo le mani agli ospiti. — Il matrimonio è una gran comodità, di tanto in tanto!

— Io sono Wynken. — Gli occhi di Wynken erano più verdeneri che azzurri.

— Eravamo le sorelle Cabot di Lowelltown, prima di sposarci… in origine Kabotski, naturalmente. Forse non siete del Massachusetts…

— Piantala, Blynk, — disse Wynken. — Questi sono amici.

Finalmente comparve l’altro vicepresidente, anch’egli in marsina. Portava anche un elegante cappello di feltro, forse solo per il gusto di sollevarlo con gesti espressivi. Era tutto cortesia, e a Demetrios non ricordava affatto il Ventesimo Secolo. — Non so perché mai H.F. vi tenga qui fuori al sole. Entrate nel carrozzone.

Nod disse: — Credo che andrò con…

— Blynken a guardare i cavalli, — disse Blynken, — mentre…

— Wynken va sempre matta per i forestieri, — disse Wynken.

— Diamine diamine, — disse H.F., — fanno sempre così. È come parlare con qualcuno con tre teste.

— C’è il trucco, — disse Wynken, e alzò la mano per sfiorare quella di H.F., mentre si avviavano verso il carrozzone. Studiando le facce nuove, fece ondeggiare la lunga gonna e canterellò tra sé:


Siam venuti a pescare le aringhe

Che vivon nel fondo del mare;

Abbiamo reti d’argento e d’oro!

Dissero Wynken,

Blynken

E Nod.


I due vecchi avevano i capelli bianchi, facce incise dalle grinze, gli occhi dalle iridi un po’ confuse. Si muovevano con prudenza sulle gambe esili (T.S. non mostrava di soffrire di male a un piede), ma non stavano curvi; avevano voci nitide e guance rosee. Indicarono con garbo i punti migliori del pavimento del carrozzone, per farvi sedere gli ospiti. — Ci scusiamo per l’arredamento, — disse T.S. — Uno sceriffo bucolico se l’è presa con alcuni dei nostri pezzi migliori, compresa una sedia a dondolo cui ero molto attaccato. Un tempo era di mia zia. Naturalmente è solo un inconveniente temporaneo. — Wynken aveva servito spirito di granturco in tazzine sbreccate. — Permetti, mia cara… — T.S. spolverò con il fazzoletto un tratto di pavimento per farla sedere.

Frankie fiutava tutto intorno come fa un gatto in una casa nuova, ma era già innamorato, costretto a sedere il più lontano possibile da Wynken, rosso in faccia e con gli occhi spalancati.

— Si prospettano tempi migliori, — disse T.S. — Salterà fuori qualcosa. È sempre così. Da dove vieni, signore?

Demetrios raccontò la storia di Nuber. Il Circo di Sawyer Finn non c’era mai stato, sebbene Wynken dicesse che lei e sua sorella e il loro marito ne sapevano qualcosa. E Demetrios parlò di Hesterville, di una civiltà che era morta in parte per odio verso se stessa. T.S. disse: — Sì… sì… speravamo che non succedesse…

— Ti andrebbe di ritornare verso l’ovest, signor vicepresidente?

— Oh, temo che non sia possibile. È tutto cambiato… non conosceremmo quelle isole. Non c’è pubblico per un circo, secondo me, e noi dobbiamo guadagnarci da vivere, H.F.

— Quel liuto darebbe certo un tono al Circo, — disse H.F.

— Il Professore, — disse Frankie, pavoneggiandosi un po’, — pensa che lui andrà sempre dove andiamo noi. — Il liuto confermò. Poi Frankie cedette a forze inesorabili e parlò direttamente a Wynken, dimenticando tutti gli altri: — Quanti anni hai?

— Io sono giovane e vecchia, Frankie, tesoro.

— Mi pare che vada bene. — Egli si studiò disperatamente i piedi. — Ma vorrei che venissi con noi.

Il Liuto parlò nel silenzio; Wynken ascoltava. Guardò turbata Demetrios, che le sorrise. Secondo lui poteva avere qualunque età, tra i venti e i trentacinque; i nanetti sono strani. — T.S., — disse lei, — Blynken e Nod e io abbiamo parlato ultimamente di qualcosa che ci dà fastidio, solo che non me la sentivo di dirlo. L’abbiamo in mente da… oh, da quando quegli sciocchi per ci hanno combinato quel guaio a Betlam…

— Zotici, tutti quanti. — Ma T.S. sapeva quello che sarebbe venuto poi.

— T.S., tesoro, non portiamo fortuna allo spettacolo, e tu lo sai.

— Terra di Dio, bambina! Sciocchezze! — Ma non suonava sincero.

— T.S., noi non sappiamo fare molto, tranne svolazzare un po’ in giro ed essere piccolini. E i gonzi… oh… Blynken dice che sta perdendo il bernoccolo per predire il futuro… e non è mai stato il suo genere, del resto. Se potesse fare il numero con noi… ma è troppo grande. Nod e io… oh, balliamo e siamo bravi con i cavalli, perché ci sono affezionati. Ma non serve. Gli spettatori vogliono che siamo dei fenomeni viventi. Oh, era dura quando vivevamo nei boschi, e voi siete stati degli angeli a tirarcene fuori, ma… T.S., H.F., i gonzi vogliono disprezzarci. Vogliono pensare che sono fortunati a non essere piccoli. Se noi potessimo essere brutti o goffi, ci troverebbero simpatici.

— Puah! — disse H.F. — Non può essere, tesoro. — Ma doveva sapere che era così. — Cosa faremmo senza di voi Mary Ja… Wynken?

— Oh… Domani faremo un gran bello spettacolo. Non preoccuparti. Ci dormiremo sopra, ne riparleremo. Io… — Wynken corse giù dal carrozzone. Voltandosi indietro a guardare Frankie. Intimidita, si sarebbe detto.


Venerdì 26 luglio


Perché ci impegniamo tanto per divertire la Gente? Ci sono due modi. Per Danaro, come questa Casa dove arrivano tesi e noi li mandiamo via pacificati, quasi Ragionevoli… come quando il mio vecchio Demetrios andava agli angoli delle strade e si metteva il Berretto davanti ai piedi. Oppure per amore, come quando Babette viene a sedersi vicino a me e mi racconta i pettegolezzi per fare Passare il tempo se sono triste o se l’Artrite mi fa male alle Giunture o se ho bevuto troppo Tè. Io allora sono di cattiva Compagnia e lo so, ma lei viene lo stesso, benedetta, e litighiamo per niente finché io mi sento meglio.

Mister Fleur diceva sempre del nostro Talento: — Vedete, Ragazzi e Ragazze, i clienti non vogliono solo il Divertimento. Vogliono che sembri così perché sanno che il riposo è troppo profondo. Loro hanno bisogno di sentire che sono Qualcuno e che Qualcun altro se ne accorge. E vogliono essere toccati per non gelarsi fino al Cuore nel Vento freddo, — diceva. — E non disprezzateli perché vengono qui, — diceva, — perché allora disprezzereste voi stessi perché siete qui, e questo non lo voglio. Chiunque lavora qui, per me va bene, il che significa che deve andar bene anche per il fottuto Mondo.

Magari adesso lo inchioderebbero un Uomo se parlasse così, perché la Virtù si addensa a Nuber come il latte che diventa acido nel bricco. In questi giorni proteggiamo la Democrazia e la Libertà, e questo vuol dire che è meglio andarci piano e non dar fastidio agli Alti Papaveri.

Noi abbiamo un nuovo Musicista; per il mio Danaro non vale molto, però. Riceve la sua paga soprattutto in pasti e Prestazioni, va bene. Ha una Chitarra e suona alcune canzoni molto belle lui dice che sono Rock del Tempo Antico, lui dimentica però che io ero già adulta quando era ancora di Moda l’originale, e spesso io e Sam e Stevie ci sdraiavamo a far l’amore al suono di quella musica quando non avevamo voglia di sentire la musica vera. Questo è un Ragazzo abbastanza Simpatico, ma per un Professore tu non vuoi mica un Ragazzo, vuoi un uomo che ha avuto Sofferenza e Gioia che gli hanno dato quello che gli Abramiti direbbero che è la Maturazione dell’Anima. Babette lo ha portato via per maturarlo, da qualche parte.

Io lo chiamo Joe che è il suo Nome. Le Ragazze possono chiamarlo Professore se vogliono, ma io no. Perché prende parte del Compenso in Prestazioni, lui preferisce soprattutto Glorie, che è la più tonda di tutte. Ieri mattina ho sentito un Baccano nella stanza dove stavano prima Demetrios e Solitaire e il Professore, e c’erano loro, lui e Glorie, che facevano tutto quel Chiasso nudi Ho visto che avevano curiosato nelle cose. So che dovremo adoperare quella Stanza per Lavoro, ma Babette non aveva ancora finito di riordinarla. Quella vacca di Glorie aveva tirato fuori dei vestiti di Solitaire che sono rimasti li, per rubarli o venderli probabilmente… basterebbe metà del suo sedere per spaccare la roba di Solitaire. Li ho cacciati fuori con un Rimprovero, perché mi ha dato Fastidio vederli grugnire sopra il Letto di Demetrios.

Certuni dei nostri Clienti Regolari domandano già: — Dov’è Demetrios, che ci raccontava tutte quelle storie nel Salotto? — Tutto quello che sa Joe è solo un paio di vecchie storie porno che tutti hanno sentito prima dell’anno chissà.

Avevo cominciato a dire, io penso che lo Svago vuol dire costruire un Posto Speciale, chiamiamolo un Mondo Speciale, dove altra gente può venire e dimenticare quello in cui deve vivere per quasi tutto il Tempo. Come Mister Fleur fece questo posto, e il piccolo Shawn non fece anche lui un Mondo con i suoi pazzi Quadri? E il mio vecchio Demetrios. O magari sto parlando di qualcosa di più grosso dello Svago, se c’è qualcosa di più grosso. No, io non credo che possa esserci un’Occupazione più grande di fare dei Mondi, specialmente se altra gente ci può entrare, come io avrei fatto un Mondo per Marcus se avessi potuto.


Al mattino dopo la Compagnia esplorò Trottersville, per ammazzare il tempo prima dello spettacolo del Circo. T.S. aveva dato biglietti gratis per tutti loro, e si sarebbe offeso se qualcuno gli avesse detto che in quel modo non sarebbe mai diventato ricco.

Nessuno diventa ricco a Trottersville, tranne i Padroni, i proprietari terrieri, e quelli lo sono già. Certi artigiani e commercianti come il locandiere, che sì chiamano Borghesi, riescono a vivere agiatamente. Gli Artigiani della Corporazione hanno delle bottegucce, e tutti i negozi essenziali sono di proprietà dei Padroni; la Gente Assistita compra lì o ne fa a meno. Angus, che andò in giro per imparare qualcosa, seppe che la Gente Assistita viene chiamata così perché la Società si preoccupa di assisterla. Costoro hanno in affitto minuscoli pezzetti di terra, per sopravvivere, e in cambio devono dedicare due terzi del loro orario lavorativo ai campi dei Padroni. È una Democrazia Libera; nelle ore libere possono infatti fare tutto quello che vogliono, purché se ne stiano a casa. La pena per il primo tentativo di abbandonare la zona è la perdita di un orecchio. Il secondo tentativo di solito è l’ultimo.

Trottersville è in contatto, grazie a strade piuttosto buone, con una nazione a sud che si chiama Virginia, e importa idee, oltre al tè, alla seta e al cotone che amiamo tanto, anche se sono prodotti dal lavoro degli schiavi, che non esistono nelle Democrazie Libere. Il direttore della Corporazione degli Importatori di Trottersville disse ad Angus che il Sistema Assistenziale aveva funzionato benissimo durante l’intera Era Cristiana, e poteva esisterne uno migliore? Inoltre, se ci teneva a fare delle critiche, lui e il suo cane potevano andarsene altrove per farle.

Angus non criticava, voleva solo informarsi. Lo disse a Demetrios, quel giorno: ci teneva sempre più a informarsi. Era una vecchia sete che non aveva mai saziato nella Città Interna a Nuber (se non per mezzo dei libri!). — La gente che conoscevo non poteva capire che io volevo davvero la verità, se la verità era scomoda o fuori moda. — Era seduto insieme a Demetrios nella taverna; gli altri stavano ancora assaporando la città e li avrebbero raggiunti al circo. — Ma io volevo scoprire come stavano le cose, Demetrios, ed è così ancora adesso. Per esempio, scoprire perché scoppiò la vecchia guerra, quarantasette anni fa. E com’era diversa, essenzialmente, dalla guerra che sta per scoppiare tra Moha e Katskill nei prossimi anni perché quelle due piccole nazioni vogliono sfruttare le stesse vecchie miniere vicino al confine.

— Forse la differenza principale consiste nelle armi. Non possiamo più distruggere la vita su grande scala, a meno che non venga creata una nuova tecnologia, e forse per questo non ci sono le risorse necessarie. La differenza negli armamenti determina una differenza psicologica. Saranno piccole guerre medievali, con molti scontri corpo a corpo, il metodo più emozionante per un guerriero… ricordi l’Iliade?… e nessun bottone da premere. Ma è sempre guerra, e ci sarà perché siamo troppo stupidi per leggere la storia, e non siamo abbastanza coraggiosi o intelligenti per rispettare i nostri simili.

— Rispettare, non amare. Siete amareggiato, Demetrios. — Demetrios non si sentiva amareggiato. Soffriva, ma piacevolmente, per la bellezza delle mani di Angus, la dolcezza della sua bocca, e una cascata di luce sulla sua spalla. — Voi… ogni tanto parlavamo così, nella Città Interna. Per me è una cosa occasionale… la si può usare anche insieme al modo moderno.

— Mi piace, Angus. Nella Città Esterna, di solito se ne rideva… Sì, rispetto. L’amore è per gli individui. Chiunque affermi di amare l’umanità è un ipocrita o inganna se stesso. Noi amiamo gli uomini e le donne e i bambini, non le astrazioni. Ma il concetto Uomo merita rispetto, e in un clima di rispetto, un giorno, potrebbe emergere qualcosa politicamente decente. Gli stati americani avevano incominciato benino alla fine del secolo decimottavo, ma non riuscirono a proteggere le loro conquiste dal Watergate e da altre corruzioni… Nessuno ama l’Uomo, povero mostro. E un artista non ama la sua arte… vive in essa e per essa, si lascia trascinare, ma l’amore non ha significato in questo senso, che io sappia. Io amo, tu ami… l’amore è per te e per Solitaire… dimmi, è bello, tra voi?

— Molto bello, uomo Demetrios.

— È per Garth e Frankie, per Solitaire e per me. Per voi e per me, Angus. — Coprì le mani del ragazzo, che risposero.

— C’entra il desiderio fisico?

— Io sono vecchio, eppure non credo che vorrei morire senza avervi abbracciato.

— Il serpente nell’Eden… non si chiamava Gelosia?

— Mio Dio! — esclamò Demetrios. — Mi hai dato l’idea per un’altra storia.

Angus sorrise. Poi disse: — Una volta mi hai detto, ai Giardini, il giorno che ci conoscemmo, che l’amore è un paese. Mi piace. — In Angus c’era sempre un osservatore, addirittura un giudice, ma questo non toglieva niente al suo calore… anzi, pensò Demetrios, era questo che faceva della sua accettazione una beatitudine. — Un grande paese, — disse Angus, — con tante strade, ma senza spazio per camminare timidamente. Avrò sempre bisogno di te, adesso e per molto tempo ancora dopo che sarai morto, amico mio.


Il Circo Sawyer Finn non aveva tendone, perciò il prato di Smallways sembrava una fiera. Un tratto era stato cintato con delle funi, dove un pendio formava una specie di teatro basso, semicircolare. Il pubblico poteva sedersi lì oppure girare per le tende, dopo aver pagato l’ingresso al cancello della staccionata di Smallways, dove Frankie e Solitaire aspettavano Demetrios e Angus. Gli altri erano già entrati gratis. — H.F. dice che sarà un grande spettacolo.

— Ma è preoccupato, Frankie? — chiese Demetrios.

Solitaire baciò Angus e gli strofinò la fronte contro il petto. — Gattina, — mormorò lui.

— Gattina gravida. Il frutto di Demetrios sarà un maschio.

— Sono preoccupati, — disse Frankie, sporgendo il labbro inferiore. — Il signor Virgil dice che gli spettatori arrivano troppo in silenzio.

— Il signor Virgil sono io, — disse l’uomo con i baffoni a manubrio, che sorvegliava l’ingresso. Non arrivava più nessuno. La folla che c’era già dentro non era gran cosa. — Io ho il numero con i puma, ed è per questo che non possiamo far entrare il cane… mi dispiace davvero, è magnifico. Frankie mi conosce da molto tempo, venti minuti, perciò pensa che dispiaccia anche a te.

— Sì certo, — disse Frankie gentilmente, impensierito.

— Resterò un po’ qui fuori con Brand, — disse Angus. — Poi qualcuno potrà venire a tenerlo e io entrerò. Ma non tira mai il guinzaglio.

— È per l’odore. Farebbe innervosire i puma.

— Sicuro.

— Sarebbe bello se fossero tutti gentili come te, — disse il signor Virgil. — È vero, sono arrivati troppo in silenzio, come fa la gente quando cerca guai.

— Non vedo molti bambini, — disse Demetrios.

— Non ce ne sono molti a Trottersville. È una città così.

Frankie disse: — La gente non potrebbe divertirsi e star buona invece di continuare a combinare guai? Specialmente al Circo? — Tornò insieme a Demetrios sullo spiazzo del circo, ma davanti a una tenda nera ornata di segni cabalistici disse: — Oh, è solo la vecchia Blynken… — E corse via per continuare le sue ricerche.

Demetrios piegò la testa ed entrò nell’oscurità illuminata da una candela, dove la piccola Blynken sedeva sola a un tavolino con due seggiole, e guardava una sfera di cristallo. — Chiudi la Cortina Interna, affinché nessuno possa… Oh, sei tu, ciao! Chiudila lo stesso. C’è scritto sopra «Occupato». Peccato che quasi tutti i clienti non sappiano leggere. — Si tolse il turbante stellato di borchie. — T.S. ha fatto fare questo coso molti anni fa, per qualcuno che aveva la testa grossa. Poco fa ho sentito un fruscio, lì dentro, come di topolini. — Si riassettò i bei capelli rossi. — Siediti. Si riempie, là fuori?

— Non molto. Al signor Virgil non piace.

— Già, e lui ha esperienza! Dammi la mano, caro… se entra qualcuno, ti sto leggendo il palmo. Oppure devo farlo davvero? La vita scrive su di noi, anche se non nel modo in cui crede la gente. Che bel pugno da vecchio giardiniere!… Wynken ha pianto quasi tutta notte.

— Oh?

— Ha i nervi a fior di pelle, e oggi lei e Nod devono ballare sul dorso dei cavalli. Lei vuole che veniamo con la vostra Compagnia, Demetrios. Se ci volete. E anch’io, e anche Nod, credo, solo che non gli piacciono le decisioni affrettate.

— Per noi sarebbe una gioia. Ma non sappiamo neppure dove andiamo, Blynken. — L’ovest è solo una parola, e il mondo è rotondo.

— Davvero, mio caro?… Beh, per noi, come capita spesso… Il Circo Sawyer Finn ci prese in un momento in cui noi avevamo bisogno di loro, ma loro non avevano veramente bisogno di noi. Fu per bontà dei due vecchi. La moglie del signor Virgil è più brava di me a predire la sorte, ma qualcosa dovevo pur fare. Adesso lei si occupa dello spaccio, del bucato e un po’ di tutto… dice che lo preferisce. Io mi sento provvisoria, T.S. e H.F… Dio, qualche volta sembra quasi che siano proprio.… — E lo studiò, forse per valutare la sua accettazione e la sua pietà.

— Sarebbe piacevole, in qualunque momento, — disse Demetrios, — parlare con te delle sfaccettature della verità. Non finiremmo mai.

— E io potrei servire il tè. Ecco, T.S. parla di ritirarsi, ma gli si spezzerebbe il cuore. H.F. è più ragionevole: «Senti, Tom, io mi sono ritirato per tutta la vita, e a cosa mi è servito?» Ma noi siamo fenomeni viventi di un tipo diverso, moderni. Gente del nuovo secolo.

— Come T.S. e H.F., anch’io vivo in entrambi i mondi, e non sono a mio agio in nessuno dei due.

— E c’è mai stato un posto in cui ci si può sentire a proprio agio? Noi non ci sentiamo a nostro agio qui, noi tre, ma… oh, è difficile anche solo pensare di andarcene!

— Era questa la sola ragione per cui Wynken piangeva?

— No, uomo dolce. — Blynken distolse gli occhi, piegando il capo per captare i suoni della folla, oltre la tenda. — Dio, vorrei essere abbastanza piccina per prendere parte al loro numero! No, pensava a Frankie, e a tutti i giovani, a come sono prima che il mondo li travolga.

— Questo pensiero non ha niente del nuovo secolo, Blynken.

— Sicuro, davvero! È il nostro patto con la natura… l’ha detto Wynken stanotte: tanto da godere, se possiamo, e poi rendere la materia prima. Ma… c’è così poco tempo per essere Frankie!

— L’altra domanda che mi hai quasi rivolto: no, non saprei dirti veramente dove andrà la nostra Compagnia. Ma io penso, come può pensarci un vecchio, a una repubblica che cresce, lentamente, per un po’ isolata in un mondo abbastanza vuoto… cresce da un inizio costituito da un pugno di esseri umani che viaggiano con me. Non li ho scelti io… Bosco, per esempio, probabilmente ci lascerà per cercare una certa banda di Nomadi…

— Lo spero. Non mi piace, quello.

— Oh, probabilmente non è cattivo.

— Lo è, — disse Blynken. — No, non badarci, forse mi sbaglio. Continua, dimmi qualcosa di più, Demetrios.

— Beh, non li ho scelti io e non sono io che li guido… ma la capacità potenziale è lì, se fosse necessario. Ci hanno uniti l’amore e il caso, e comincio a capire che abbiamo in comune alcune qualità, che nel Tempo Antico non hanno mai avuto molta influenza; per esempio, siamo capaci di amare senza gelosia. Sappiamo godere la gioia di rimanere individui singoli pur apprezzando la comunione che abbiamo tra noi.

— La gelosia era così importante nel Tempo Antico?

— L’anno del Disastro io avevo tredici anni. Avevo visto poca gelosia, ma la mia era una famiglia rara per gli Armi Novanta… I miei genitori mi diedero non soltanto amore, ma anche un’istruzione. La tradizione sociale era carica di gelosia, e c’era ancora gente che ne faceva una virtù. Era cominciato a cambiare venti o trent’anni prima che io nascessi. Alcuni dei giovani, negli anni 1960 e 1970, erano riusciti a portare pace e generosità nella libertà sessuale che le generazioni precedenti avevano conquistato solo in parte e con molte amarezze. Il Disastro pose fine a molte promesse fulgide. Bene, la nostra Compagnia ha i suoi difetti, e finora non abbiamo subito molte prove, ma finora non ho visto né crudeltà né meschinità né avidità né egoismo.

— Non ce n’è neppure qui tra noi, Demetrios. Nod e Wynken ed io siamo amanti naturali da più di tre anni.

— Credo che possa accadere solo per piccoli gruppi, abbastanza piccoli per mantenere comunicazioni di grande sensibilità tra persona e persona… questo è l’importante. Il Tempo Antico, nella sua forma peggiore, era una civiltà urbana, incapace di capire l’importanza dei piccoli gruppi. Le comunicazioni di massa, che dovevano essere solo un servizio pubblico, diventarono un orrore dominante di stupidità omogeneizzata. I piccoli gruppi dimenticarono la loro importanza, cedettero senza lotta. Avrebbero dovuto ricordare che la famiglia o la tribù o la comune è al servizio dell’individuo. È il mostro necessario di Frankenstein, e non bisogna permettergli di ribellarsi al suo creatore, o si scatena l’inferno. Il villaggio, mostro più grande, è il servitore della famiglia, e il lontano governo centrale, se deve esserci, il mostro più grande e più brutto, è il servitore del villaggio, e dovrebbe essere in comunicazione diretta con questo, dovrebbe essere direttamente responsabile. Ma tra i tumulti e i terrori del Tempo Antico, questa semplice idea, essenza ovvia del governo rappresentativo, non poteva più imporsi. Non era pratica! Non era pratica! Non lo era, infatti, quando la politica e gli interessi erano diventati troppo ingombranti… Bene, forse quello che la nostra Compagnia sta iniziando non si realizzerà. Creare una repubblica è un compito per gli dèi, e noi non siamo dèi. Ma io ho questa mia idea di vecchio, e ho qualche momento di speranza.

— Ci serve un’isola, — disse Blynken. — Un’isola che risponda a certi requisiti.

Demetrios era felice. Spesso, in seguito, avrebbe goduto della abilità con cui Blynken accettava ciò che dicevi come una creazione da condividere, come se nelle vostre quattro mani reggeste un quadro nuovo e pensaste, da artisti mossi da un’unica devozione, che altro avreste potuto fare per renderlo vivo.

I rumori della folla cambiarono. — Diavolo, guai in vista! — disse Blynken; balzò in piedi per scostare la tenda. — Resta con me, amico, e tieni stretto quel bastone.

Il sole li abbagliò. C’era gente che correva… Non erano molti, ma in preda alla tensione, all’avido appetito per uno spettacolo di disastro che può dare anche a pochi l’aspetto e l’odore d’una moltitudine. Correvano incespicando verso la pista, il terreno spianato sotto il pendio del teatro naturale, e là, come fiori sbatacchiati dentro a un secchio d’acqua, Wynken e Nod, nei loro abiti sgargianti, cercavano di tenersi in equilibrio sulle schiene nude dei cavalli. Il giorno prima gli animali erano miti e dolci: Demetrios li aveva accarezzati, aveva visto Wynken, Frankie e Nod salire e scendere sul loro dorso. Ma adesso erano imbizzarriti.

Sgroppavano e si inalberavano: il cavallo di Wynken sbuffava, quello di Nod lanciava un nitrito frenetico, atterrito. H.F. riuscì ad afferrare la briglia sfuggita a Wynken; e venne trascinato qua e là come un vecchio ramo. Garth corse per aiutarlo e gridò a Demetrios: — Quei bastardi li hanno fatti imbizzarrire… con il pepe! Credono che sia divertente.

Mentre Demetrios scendeva in fretta (Blynken lo aveva già preceduto) vide Wynken perdere l’equilibrio e piombare a cavalcioni del collo fremente del suo animale: si salvò aggrappandosi alla criniera. La folla gridò entusiasta. Una voce strillò più forte di tutte: — Facci il numero porno, piccola! Spogliati! — Altri gli fecero eco, trovando un ritmo: — Spogliati! Spogliati! Piccola, spogliati!

Nod balzò a terra con un volteggio, con uno strattone fece girare la testa al suo cavallo, e con una sberla e un urlo lo lanciò alla cieca verso gli spettatori che smisero di ridere. Tra la folla, Bosco aveva appena sollevato di peso qualcuno scaraventandolo addosso a qualcun altro.

Secondo l’orologio al polso di Angus, la Battaglia di Trottersville cominciò alle 3:01 del pomeriggio di venerdì 26 luglio 47, quando egli senti il frastuono e varcò l’ingresso, con Brand che era un uragano al guinzaglio. La battaglia raggiunse un punto critico quando uno spettatore gracchiò: — Ripuliamo questo posto! — e un punto di maggiore intensità quando Angus lo colpì.

Tutto finì alle 3:05 quando Frankie balzò in piedi su un barile e urlò: — Si salvi chi può! Sono scappati i puma!

T.S. disse più tardi a Frankie che quella era la bugia più nobile dell’Anno 47… no, più probabilmente del decennio, o diciamo del secolo. Frankie aveva impiegato circa sessanta secondi a mettersi d’accordo con il signor Virgil e ad aiutarlo a nascondere la gabbia dietro a un carro, coprendola con un telone.

Durante quei quattro minuti, il bastone di Demetrios aveva centrato almeno una testa, ed egli sperava fosse di quel tale che aveva chiesto il numero porno, ma c’era troppa polvere per essere sicuro. Vide arrivare Angus con Brand, e si riposò un poco, ansimando, ma divertendosi quando Brand strappò il perizoma a qualcuno prima che Angus decidesse di trattenerlo. L’uomo aveva quasi l’aria del poliziotto, prima di perdere il pudore e di scappare via, ma non era probabile… forse era solo l’immaginazione accesa di Demetrios. Nel complesso, era stata una splendida rissa, anche se un po’ troppo faticosa per uno della sua età.

Ci furono altre botte in testa. Wynken ce l’aveva fatta a balzare al suolo sana e salva quando Garth calmò il suo cavallo. H.F. la raccolse e corse, con gambe tremanti, a rifugiarsi in un carrozzone. Poi Demetrios ebbe la piacevole impressione di vedere Garth e Angus che pestavano parecchi individui, con l’aiuto e il consiglio di T.S.

Ma fu Frankie a decidere le sorti della battaglia. Dopo il suo grido tutto finì. La feccia e la crema di Trottersville si ritirarono dal campo come orina dall’estremità di un molo.

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