16

La casa era piacevolmente silenziosa, e Leina lo stava aspettando. Raven lo sapeva con certezza. La vostra donna, aveva detto Thorstern in tono di riprovazione. Tuttavia la loro unione, per quanto non convenzionale, era perfettamente priva di immoralità.

Si fermò vicino al cancello a osservare la specie di cratere che si era aperto nel campo vicino. Era abbastanza grande per contenere un taxi antigravità. A parte la strana buca, i dintorni della casa erano esattamente come li aveva visti l’ultima volta. Alzò lo sguardo verso il cielo per osservare la scia bianca di un’astronave da carico diretta verso Marte.

Avviandosi alla porta girò la maniglia e scostò il battente servendosi della forza telecinetica, come aveva fatto Charles per aprire il cancello della fortezza di Thorstern. Leina lo stava aspettando in soggiorno. Teneva le mani intrecciate sulle ginocchia e aveva gli occhi scintillanti di gioia.

— Sono leggermente in ritardo. — Raven non disse altro, né la baciò. La loro felicità era evidente e non aveva bisogno di futili espressioni fisiche. Non l’aveva mai baciata, non aveva mai desiderato di farlo, né l’avrebbe mai fatto. — Mi sono trattenuto per togliere Kayder dai guai. Prima della mia partenza era necessario metterlo in condizioni di non nuocere. Ora non è più necessario. Le cose sono cambiate.

— Le cose non cambiano mai — disse Leina.

— Mi riferivo alle piccole cose, non alle grandi.

— Sono le grandi che contano.

— Hai ragione, Occhi Lucenti, ma non sono d’accordo su quanto vuoi dire. Anche le piccole cose hanno una loro importanza. — Sotto lo sguardo fermo di Leina, Raven giudicò opportuno giustificarsi — Non vogliamo che si scontrino coi Deneb… ma non vogliamo neanche che si distruggano da soli.

— La seconda soluzione sarebbe il minore dei due mali… Spiacevole, ma non disastrosa. I Deneb non apprenderebbero niente.

— Non potranno mai essere più edotti di quanto sono.

— Può darsi — disse Leina. — Ma tu hai gettato alcuni semi di conoscenza proibita. Prima o poi, sarai costretto a estirparli.

— Intuizione femminile, vero? — Raven sorrise come un bambino malizioso. — Anche Mavis la pensa come te.

— E ha ragione.

— Quando arriverà il momento, i semi potranno venire distrutti, dal primo all’ultimo. Lo sai benissimo.

— Certo. Tu sarai pronto e io sarò pronta. Dove andrai tu verrò anch’io — disse Leina con fermezza. — Tuttavia penso ancora che il tuo intervento non sia stato opportuno. Hai corso un grosso rischio.

— A volte è necessario. Comunque, la guerra è finita. E in teoria l’umanità è ora in condizioni di concentrarsi e di proseguire il suo cammino.

— Perché dici in teoria?

Raven si accigliò. — Può darsi che si scateni un nuovo e diverso conflitto.

— Capisco. — Leina andò alla finestra e rimase a osservare il paesaggio. — David, in un caso simile, intendi intervenire una seconda volta?

— No, decisamente no. Questa guerra verrebbe scatenata contro quelli che sono della nostra stessa specie e contro quelli ritenuti come noi. Non mi sarà data la possibilità di intervenire. Verrò colpito senza il minimo avvertimento. — Si avvicinò a Leina e le mise una mano sulla spalla. — Potranno colpire anche te, nello stesso modo e nello stesso momento. Ti preoccupa?

— No, finché ogni cosa può rimanere nascosta.

— Potrebbe anche non accadere. — Raven spostò lo sguardo fuori della finestra, e all’improvviso cambiò argomento. — Quando compri le anatre?

— Le anatre?

— Da mettere nello stagno — disse Raven indicando il cratere. — Cos’è successo? — chiese.

— Venerdì pomeriggio, quando sono tornata dalla città, nell’attimo di aprire la porta ho sentito qualcosa nella serratura.

— Cos’era?

— Una piccola pallina azzurra con un puntino bianco, l’ho vista con la niente. Era messa in modo che introducendo la chiave avrei toccato il punto bianco. L’ho teleportata dalla serratura al campo accanto, poi ho scagliato un sasso sul puntino. La casa ha tremato fino alle fondamenta.

— Il lavoro di un microtecnico — commentò Raven — e del telecinetico che l’ha introdotta nella serratura. — L’ultima frase rivelò di nuovo la sua insensibilità. — Se il trucco fosse riuscito avresti provato una bella sorpresa.

— Ma ci sarebbe stata una persona ancor più sorpresa di me — disse Leina. — Tu.


La notte era eccezionalmente limpida e il cielo era punteggiato di stelle. I crateri che si allungavano sul limite della faccia illuminata della Luna erano perfettamente visibili a occhio nudo. Da un orizzonte all’altro, la volta dello spazio somigliava a un drappo di velluto nero cosparso di punti luminosi, alcuni a luce fissa, altri con bagliori intermittenti di tutti i colori, bianchi, azzurri, gialli, rosa e verde pallido.

Semisdraiato su una poltrona inclinata, sotto la cupola di vetro del tetto, Raven studiava quella scena di incomparabile maestosità. Poi chiuse gli occhi per mettersi in ascolto. Accanto, su una poltrona identica, Leina stava facendo la stessa cosa. Quelle erano le loro notti intime. Sotto la cupola, in osservazione e in ascolto. In quella casa non c’erano camere da letto, né letti. Non ne avevano bisogno. A loro bastavano le poltrone e la cupola.

Anche durante il giorno osservavano e restavano in ascolto. Ma lo facevano con meno concentrazione e in modo più spasmodico, con l’attenzione rivolta al mondo, non alle infinità dello spazio. Insieme avevano osservato e ascoltato, giorno e notte, per anni. Il compito sarebbe stato insopportabilmente monotono, ma erano in due. La presenza dell’uno rompeva la solitudine dell’altro. Inoltre, le cose che loro vedevano e sentivano, avevano il pregio di essere infinitamente varie.

Sulla Terra e lontano, molto lontano, accadevano sempre nuovi fatti. Sempre. E nessun incidente capitava mai due volte. Questo era il compito di quelli che osservavano eternamente. Era un lavoro di responsabilità e di grande importanza. Ciascuno era come una sentinella che protegge la città addormentata dalla cima di una torre. Molti facevano quello stesso lavoro, pronti a lanciare l’allarme alla prima necessità. C’erano Charles e Mavis su Venere, Horst e Karin su Marte, migliaia d’altri… decine di migliaia… tutti in coppia.

Raven pensò a quelli che si trovavano su Marte e spostò gli occhi verso un puntino rosa che si trovava quasi all’altezza dell’orizzonte. E chiamò.

“Horst! Horst!”

La risposta venne dopo qualche secondo, leggermente soffocata dalla fascia atmosferica della Terra.

“Sì, David?”

“Sai cosa stanno facendo i ribelli del tuo pianeta?”

“Più che altro discutono tra di loro, David. Si sono divisi in diversi gruppi. Alcuni vogliono continuare la lotta contro la Terra, altri dicono che Venere ha tradito e vogliono scagliarsi contro di lei, altri ancora si sono trasformati in anti-mutanti. La maggior parte, però, è disgustata e pensa di abbandonare tutto.”

“Quindi stanno attraversando un periodo di indecisione cronica?”

“Più o meno.”

“Grazie, Horst. Salutami Karin.”

Diresse la mente verso un altro punto del cielo.

“Charles… Charles!”

Questa volta la risposta giunse all’istante, e con maggior chiarezza.

“Sì, David?”

“Ci sono novità?”

“Thorstern è partito ieri per la Terra.”

“Sai per quale motivo?”

“No, ma posso immaginarlo. Dev’essere per qualcosa che gli porta un vantaggio personale.”

“Questo era scontato. Comunque lo terrò d’occhio non appena arriva. Ti farò sapere cosa scopro.”

“Grazie. Hai sentito di Wollencott?”

“Sì. Brutta faccenda.”

“Orribile” rincarò Charles. “Qui il movimento clandestino tende a sciogliersi. Comunque, in potenza rimane, e può ricostituirsi da un momento all’altro. Non posso fare a meno di pensarci.”

“E io ne so il motivo.”

“Sarebbe?”

“Mavis continua a ripeterti che hai sbagliato.”

“È vero” ammise Charles. “E io so come hai fatto a indovinarlo.”

“Come?”

“Leina ti sta’ ripetendo la stessa cosa.”

“Esatto” pensò Raven. “Ci siamo messi d’accordo nel non andare d’accordo.”

“Anche noi. A volte, da come mi guarda, diresti che sono un deliquente minorile. La cosa più importante sarà protetta qualsiasi cosa accada. Ma perché mai le donne devono sempre avere tanta paura?”

“Perché guardano questi mondi da un punto di vista femminile e materno. Tu e io abbiamo lanciato il pargolo troppo in alto.”

“Penso che tu abbia ragione.” Poi il pensiero di Charles divenne ironico. “Ma come fai a saperlo? Quanti pargoli hai…”

“Uso l’immaginazione” interruppe Raven. “Ciao, Charles.”

Rispose un borbottìo telepatico di saluto.

Raven girò lo sguardo verso Leina: stava sdraiata a occhi chiusi nella poltrona, e teneva la faccia rivolta alle stelle. La osservò per un attimo con tenerezza, ma non il corpo di carne che era visibile agli uomini normali: quella faccia era solo una maschera presa a prestito, dietro cui Raven poteva vedere la vera Leina. A volte dimenticava che lei aveva una faccia, la faccia di un’altra e vedeva soltanto quello che le brillava negli occhi.

Leina non si rese conto che Raven la stava guardando. Aveva la mente rivolta lontano, ed era assorta nell’ascolto dell’interminabile chiacchierio che proveniva dallo spazio.

Raven seguì l’esempio della donna.

“Perlustrare attentamente attorno a Bluefire, un gigante in formazione. Erano venti astronavi nere, tipo incrociatore.”

“…ripetutamente, ma la completa mancanza di un mezzo comune rende impossibile la comunicazione con questi Flutterer. Non possiamo neanche far loro comprendere che vogliamo parlare con loro. Se i Deneb arrivano e si mostrano ostili verso di loro, noi dovremo prendere le misure necessarie per…”

“Parlo da Thais. Sono entrato senza destare sospetti. Ho avuto la fortuna di trovare un tipo adatto che se ne stava andando. Ha preso rapidamente la decisione e mi ha detto: ‘Sì, disponete pure di me’.”

“I Bender hanno una notevole potenza visiva, tuttavia sono di un livello culturale piuttosto basso. Ci vedono chiaramente, ci chiamano gli Scintillanti e insistono nel volerci adorare. È alquanto imbarazzante.”

“Siamo passati accanto a Jilderdeen senza farci scorgere, e abbiamo visto che i Deneb stanno costruendo un immenso impianto per la produzione dei cristalli. Significa che vogliono fermarsi sul pianeta…”

“…i poveri selvaggi hanno scelto noi per il sacrificio annuale ai Soli Gemelli. Una vera sfortuna essere stati scelti in mezzo a tutta una tribù. Ormai è questione di pochi giorni. Meglio che qualcuno si tenga pronto a prendere il nostro posto.”

L’ultimo messaggio lo colpì. Poveri selvaggi! Tutti i mondi osservati potevano essere considerati alla stessa maniera, incluso quello su cui si trovava. Tutti i bambini possono essere considerati selvaggi rispetto al vero adulto. Si alzò. Le stelle brillavano, ma il mondo che lo circondava era buio, molto buio.


Nelle tre settimane che seguirono, Raven rimase attento alle notizie che venivano diffuse dalla radio e dagli spettroschermi. Fu una cosa noiosa, ma continuò ad ascoltare, con l’ostinazione della persona in attesa di qualcosa che forse non accadrà mai.

Non vennero menzionate attività anti-terrestri, né vennero date notizie sugli sviluppi di progetti per la conquista dello spazio sconosciuto. Il burocratico amore per il segreto aveva vinto ancora una volta. Le menti dei disposti avevano stabilito come sempre che le notizie di pubblico interesse non dovessero venire divulgate nell’interesse del pubblico.

Ascoltò con pazienza non solo le notizie, ma anche tutte quelle interminabili chiacchiere che venivano fatte per divertire il pubblico. Considerava ogni frase con attenzione, e esaminava ogni cosa nella vera monotona completezza. Sotto un certo punto di vista, poteva considerarsi una persona anziana costretta a sorbirsi ore e ore di uno spettacolo fatto per divertire un branco di bambini piagnucolosi.

Alla fine della terza settimana, lo spettroschermo tridimensionale a colori iniziò la nuova serie di uno spettacolo in quattro puntate. Uno dei soliti romanzi sceneggiati che venivano trasmessi con regolarità. Il protagonista, un telepatico, aveva spiato nella mente della donna amata, una non mutante, e l’aveva trovata pura, dolce e onesta. Il malvagio era impersonato da un insettivora, dalla fronte bassa, che nutriva una particolare passione per i millepiedi velenosi.

Era uno di quei polpettoni destinati a occupare le menti e a impedire loro di pensare. Tuttavia Raven seguì le quattro puntate con l’avidità di chi va matto per quel genere di spettacoli. Alla fine, il cattivo veniva punito e la virtù trionfava. Nell’ultima scena un simbolico stivale schiacciava un simbolico millepiedi.

Al termine dello spettacolo, Raven sospirò annoiato e andò a trovare Kayder.

L’uomo che andò ad aprirgli la porta era un essere normale, che somigliava a un pugile suonato. Aveva il naso schiacciato e le orecchie che sembravano di cartapecora. Indossava un maglione grigio.

— C’è Kayder?

— Non so — mentì l’uomo. — Vado a vedere. — Socchiuse gli occhi per osservare meglio il visitatore. — Chi devo annunciare?

— David Raven.

Quel nome non disse niente all’uomo che si allontanò lungo il corridoio, continuando a ripetere mentalmente il nome, come se fosse troppo difficile da ricordare. Tornò dopo qualche minuto.

— Potete passare.

Facendo dondolare le braccia lungo i fianchi, fece strada fino alla parte posteriore della casa.

— Il signor Raven — annunciò con voce rauca, e scomparve.

Era lo stesso studio, con gli stessi mobili e la stessa scrivania, ma tutte le piccole scatole erano scomparse. Kayder si alzò e rimase incer to se porgergli la mano o no. Alla fine indicò una poltrona.

Raven si mise a sedere e distese le gambe.

— Così, Sammy ce l’ha fatta. Ha ottenuto il suo quarto d’ora di celebrità — disse.

— Sono stato condannato soltanto al pagamento delle spese. Cento crediti. Comunque, posso dire di essermela cavata a buon mercato. — Kayder fece una leggera smorfia. — Il vecchio buffone seduto nel suo scranno di giudice ci ha tenuto a dire che dichiarazioni come la vostra non mi potranno salvare nel caso ripetessi lo stesso reato.

— Forse Sammy lo ha seccato esagerando nel mettere in risalto il suo colpo di scena — disse Raven. — Comunque, è finito tutto bene.

— Già — si protese in avanti fissando negli occhi Raven. — E adesso siete venuto a riscuotere.

— Un’astuta deduzione espressa in modo un po’ troppo crudo — disse Raven. — Diciamo che sono venuto a darvi una leggera strizzata.

Kayder aprì rassegnato un cassetto. — Quanto?

— Quanto cosa?

— Denaro.

— Denaro? — ripeté Raven, incredulo. — Credete proprio che voglia quattrini? — E alzò gli occhi al soffitto.

Kayder richiuse il cassetto con rabbia. — Sentite, voglio sapere una cosa. A un certo punto avete voluto mettermi nei guai, e subito dopo siete venuto a salvarmi. Perché?

— I momenti erano diversi.

— Davvero? In che senso?

— Prima c’era un conflitto, voi eravate un pericolo ed era consigliabile togliervi di mezzo. Poi il conflitto è terminato, o stava per terminare, ed era inutile farvi finire sotto chiave.

— Così, sapete che la guerra è finita?

— Sì. Avete ricevuto ordini in proposito?

— Infatti — ammise Kayder con una certa acidità. — E non mi piacciono. — Allargò le braccia in un gesto di impotenza. — Devo essere sincero con voi. Non ho altra possibilità, dato che potete leggermi i pensieri. Non mi piace questa improvvisa rinuncia al conflitto, ma non posso farci niente. Tutto il movimento clandestino sta andando a rotoli.

— Ed è la cosa migliore. Voi stavate combattendo per un governo autonomo… ammesso che la dittatura segreta di un uomo possa chiamarsi governo autonomo.

— Wollencott era un condottiero nato, ma non aveva la grinta del dittatore.

— Non ne aveva bisogno — disse Raven. — Tutta la grinta gliela forniva Thorstern.

Kayder spalancò gli occhi sorpreso. — Che c’entra Thorstern in tutto questo?

— Lo conoscete?

— Tutti i Venusiani lo conoscono. È uno dei sette uomini più influenti del pianeta.

— Il più forte di tutti — lo corresse Raven. — Infatti pensa che Venere dovrebbe essere sua proprietà personale. Aveva comperato Wollencott anima e corpo, fino al momento in cui gli ha ridato la libertà.

— Gli ha ridato la libertà? Volete dire… — Kayder comprese all’istante. Si irrigidì sulla poltrona e tamburellò con le dita sul tavolo. Dopo qualche secondò disse: — Può anche darsi. Non ho mai conosciuto Thorstern personalmente. Però sapevo del suo carattere duro e ambizioso. Se Wollencott prendeva direttive da qualcuno, questa persona poteva benissimo essere Thorstern. — Corrugò la fronte. — Non l’avevo mai sospettato. Evidentemente si teneva ben nascosto.

— Infatti.

— Thorstern, eh? — Fissò Raven attentamente. — Allora, perché si è sbarazzato di Wollencott?

— Thorstern è stato convinto a smettere la guerriglia contro la Terra e a dedicarsi ad attività più legali. Così Wollencott, utile fino a poco prima è diventato un legame imbarazzante. E Thorstern ha un suo modo particolare per liberarsi dei legami scomodi.

— Non vorrei credere a una cosa simile — disse Kayder con risentimento — ma debbo accettarla. Tutto concorda.

— La vostra mente dice qualcosa di più — osservò Raven. — Dice che l’organizzazione anti-terrestre si è divisa in piccoli gruppi. Voi temete che uno di questi gruppi, per ingraziarsi le autorità, finisca col tradire gli altri. Pensate che ci sia troppa gente a conoscenza di quanto stava accadendo.

— Correrò il rischio — disse Kayder. — Il tradimento è una partita che può essere giocata da entrambe le parti. Ho la coscienza meno sporca di molti altri.

— Avete sulla coscienza un ipnotico che si chiama Steen?

— Steen? — Kajder guardò Raven sorpreso. — Non sono mai riuscito a prenderlo. È scappato a bordo della Star Wraith, qualche giorno dopo la vostra partenza a bordo del Fantôme. In quel periodo avevo qualcosa di molto più importante a cui pensare. Non ricordate?

— Ricordo.

— Non ho mai saputo cosa gli sia successo.

— È morto… lentamente.

— Anche Haller! — rispose Kayder con improvviso vigore.

— In due modi diversi. Haller ha voluto morire. Ed è morto rapidamente.

— Non vedo la differenza. Sono cadaveri tutti e due.

— La differenza non sta nella loro condizione ultima — spiegò Raven con serietà — ma nella velocità con cui è avvenuto il passaggio. Una volta avevate il desiderio di ridurmi a scheletro. Se fosse stata una cosa rapida, mi sarei messo a ridere. Ma se vi foste divertito a prolungare le sofferenze, allora avrei potuto anche risentirmi.

Kayder spalancò gli occhi per la sorpresa ed esclamò: — È la cosa più pazza che mi sia mai capitato di sentire.

— È pazzo anche questo tris di pianeti su cui viviamo.

— D’accordo, ma…

— Inoltre — riprese Raven, senza far caso all’interruzione — non avete ancora sentito quello che devo dirvi. Non sono venuto per fare inutili chiacchiere.

— L’avete già detto. Volete qualcosa, ma non si tratta di denaro.

— Io vi ho fatto un favore. Ora ne voglio uno da voi.

— Ci siamo! — disse Kayder, muovendosi a disagio. — Cosa volete?

— Che uccidiate Thorstern, qualora se ne presenti la necessità.

— Cosa? Sentite, voi mi avete salvato, anche se non so da cosa. Il massimo sarebbero stati sette anni di carcere, ma mi avrebbero potuto anche condannare a una pena di sei mesi. Diciamo quindi che mi avete risparmiato sei mesi di carcere… Pensate che valgano un omicidio?

— Non avete ascoltato attentamente le mie parole. Ho detto: qualora se ne presenti la necessità. Allora non sarebbe un omicidio… ma una esecuzione sommaria.

— Chi mi dirà quando giunge il momento? — chiese Kayder.

— Voi.

— In questo caso, non prenderò mai la decisione.

— Qualche settimana fa non eravate tanto tenero.

— Ne ho avuto abbastanza. Voglio dedicarmi al mio commercio, badare a me stesso e fare in modo che gli altri mi lascino in pace. Inoltre, per quanto le autorità insistano nell’affermare che sono un Terrestre, io mi considero un Venusiano, e non voglio uccidere una persona del mio pianeta per dimostrare gratitudine a un terrestre. — Kayder infilò in tasca i pollici e assunse un’espressione ostinata. — Sarei felice di potervi fare un favore, ma chiedete troppo.

— Se foste in grado di capire, sapreste che vi chiedo poco.

— Troppo! — ripeté Kayder. — E voglio dirvi qualcos’altro. Quando si tratta di uccidere, voi ne siete perfettamente capace. Perché non ve la sbrigate da solo, il vostro sporco lavoro?

— Ottima domanda. Ci sono due valide ragioni.

— Sarebbero.

— Primo, ho già attirato troppa attenzione sulla mia persona e non voglio attirarne altra. In secondo luogo, se si dovesse presentare la necessità di uccidere Thorstern, il primo segno di questa necessità verrà dato dalla mia partenza da questa valle di lacrime.

— Volete dire…

— Che sarò morto.

— Voi sapete cosa penso. Sono in debito con voi, quindi la vostra morte non mi renderà felice. Comunque non fingerò di essere triste.

— Dovreste, invece — disse Raven.

— Vi spiacerebbe dirmi perché?

— Significherebbe che voi sareste il secondo.

— Il secondo? A fare cosa?

— A scomparire da questo mondo.

Kayder si alzò di scatto dalla poltrona. — Ma chi volete che mi uccida? Perché dovrebbero farlo? Voi e io ci troviamo in campi avversi. Perché mai dovremmo essere sulla stessa lista?

Raven gli fece cenno di rimettersi a sedere. — Dal punto di vista delle masse, noi abbiamo una cosa in comune… Nessuno di noi due è normale.

— E che cosa significa?

— Gli esseri normali guardano i paranormali di traverso. Non si può proprio dire che li amino.

— Non sento il bisogno di essere amato. Sono abituato al loro modo di comportarsi nei miei riguardi. — Kayder scrollò le spalle con indifferenza. — Riconoscono le persone meglio dotate di loro, e le invidiano.

— Si tratta anche di una cautela istintiva che si avvicina alla paura. È una parte radicata nel loro meccanismo di difesa. Sollevando la paura delle masse, controllandola e potendola dirigere, si possono ottenere risultati notevoli.

— Io non so leggere il pensiero degli altri — disse Kayder — ma non significa che sia uno stupido. Vedo dove volete arrivare. Voi pensate che Thorstern voglia riguadagnare il potere perduto scatenando una crociata anti-mutanti, vero?

— Potrebbe farlo. Ha usato le capacità dei mutanti, come ha usato le vostre, per suo scopo personale. Ora può pensare a questo. Alcuni mutanti lo hanno ostacolato, gli hanno negato la vittoria, hanno anche minacciato la sua vita. Essendo un essere normale, può convincersi di poter guadagnare maggiore ascendente sulla massa dei suoi simili.

— Sono solo congetture — disse Kayder, a disagio.

— Esatto — disse Raven. — Può non succedere niente. Thorstern può dedicarsi a occupazioni innocue. In questo caso, non sarà necessario eliminarlo.

— Potrebbe essere molto pericoloso per lui tentare una crociata simile. I mutanti sono inferiori di numero, ma una volta visti di fronte a un pericolo comune…

— Ecco che siete giunto al mio punto di vista iniziale — disse Raven. — Ma l’ho abbandonato. Sono andato oltre.

— Cosa volete dire?

— Thorstern ha cinquantotto anni. Di questi tempi, molte persone raggiungono i cento e conservano tutte le facoltà mentali fino ai novant’anni. Così, eliminando incidenti e l’omicidio, gli rimangono ancora parecchi anni di vita.

— E con questo?

— Potrebbe concedersi di essere paziente, prendere la via più lunga e ottenere gli stessi risultati.

Kayder lo guardò senza capire. — Volete essere più chiaro?

— In passato — disse Raven — qualche sapientone ha notato che la tecnica più valida non è quella di combattere una cosa, ma di separare le sue parti perché si combattano a vicenda.

Kayder trasalì.

— Cambiate il vostro modo di pensare — lo invitò Raven. — Passate dal generale al particolare. Non esiste un solo tipo di mutante. Il mondo è pieno di tipi diversi. Voi, per esempio, appartenete a una certa specie. E sono pronto a scommettere che considerate la vostra specie superiore a tutte le altre.

— Anche i telepatici pensano la stessa cosa di se stessi — replicò Kayder.

— Questo è un colpo diretto contro di me, ma non ha importanza. Ciascuna specie di mutanti si considera superiore alle altre. Tutte sono sospettose e gelose come i semplici esseri normali.

— E allora?

— Questo stato d’animo può essere sfruttato. Un tipo può essere messo contro un altro tipo. Ricordate una cosa, mio caro amico degli insetti, le capacità superiori non sono necessariamente accompagnate da cervelli superiori.

— Lo so.

— Esistono telepati tanto ricettivi da poter leggere il vostro pensiero anche se vi trovate all’orizzonte, ma che sono dotati di una levatura mentale minima. I mutanti sono esseri umani con tutti i difetti degli esseri umani. Thorstern, essendo psicologo per istinto, non mancherà di rilevare questa utile caratteristica.

Ora Kayder vedeva le cose con maggiore chiarezza. Comprendeva le estreme possibilità, ed era costretto ad ammettere che esistevano. Il quadro non era tanto felice.

— Se dovesse tentare una cosa simile, come credete che vorrà cominciare?

— Con sistema — disse Raven. — Anzitutto cercherà di conquistare l’appoggio di Heraty, del Consiglio Mondiale e di tutti gli esseri normali che hanno una certa influenza sui tre pianeti. Il secondo passo sarà quello di raccogliere più dati possibili sui mutanti, compilare un elenco, analizzarlo e stabilire quali siano i più pericolosi e distruttivi. Sceglierà il tipo mutante che deve fare il cavaliere senza macchia e quello che dovrà recitare la parte del drago divoratore di bambini.

— E poi?

— Supponiamo che decida di organizzare lo sterminio degli insettivoci per mano dei pirotici… Anzitutto i servizi di propaganda dei tre pianeti cominceranno a nominare gli insettivoci in modo casuale, ma per metterli sempre in cattiva luce. Questo farà nascere un inconscio pregiudizio contro di loro. La propaganda, allora, si farà più acida, e alla fine, per la maggior parte, gli esseri umani, intendo normali e mutanti, si convinceranno che gli insettivoci non meritano di continuare a esistere.

Kayder fece segno di aver capito.

— Fatto questo — riprese Raven — cominceranno le ingannevoli insinuazioni che gli insettivoci odiano i pirotici perché questi ultimi hanno un potere capace di uccidere gli insetti. A poco a poco alla gente si suggerirà che è un bene avere vicino i pirotici. Al momento opportuno, e la scelta del momento è importante, un discorso ufficiale a favore degli insettivoci farà appello all’unità e alla tolleranza, e proclamerà assurde le voci circa un complotto di insetti guidati che vogliono conquistare il dominio dei pianeti con l’aiuto degli insettivoci. Il discorso otterrà il suo effetto. E il pubblico, includo sempre gli altri tipi di mutanti, si convincerà che non c’è fumo senza arrosto.

— La gente non berrà una panzana simile — protestò Kayder, convinto però che la cosa era possibilissima.

— La gente berrà qualsiasi cosa, anche se pazzesca, basterà che la notizia abbia il sigillo di garanzia ufficiale, che sia sostenuta a lungo, che non venga mai contraddetta, e che faccia presa sulla paura — ribatté Raven. — Ora ammettiamo che la gente sia suggestionata a dovere: che succede?

— Ditelo voi.

— Succede qualcosa capace di far precipitare la situazione creata. — Raven s’interruppe un attimo per cercare un esempio. — Uno scheletro viene trovato su un versante delle Sawtooths, e al fatto viene data molta più pubblicità di quanta meriti. Poi si diffonde la voce che un innocente pirotico è stato dilaniato dallo sciame di un insettivoco. Immediatamente si diffondono altre voci. Un agitatore di masse scatena la folla contro gli insettivoci, proprio quando, per una strana coincidenza, le forze di polizia sono mobilitate da un’altra parte. La notizia si diffonde rapidamente. — Raven guardò Kayder con occhi freddi. — Prima che possiate rendervene conto, vi troverete alle calcagna normali e mutanti, con i pirotici in testa.

— Mentre Thorstern se ne sta a ridere in disparte — concluse Kayder.

— Avete afferrato il concetto. Con l’aiuto dell’umanità atterrita, scova tutti gli insettivoci che esistono e ne estingue la razza. Segue un periodo calcolato di pace e tranquillità, poi i servizi di propaganda iniziano il loro gioco con la nuova vittima: i microtecnici, per esempio.

— Non farà mai una cosa simile.

— Forse no… e forse sì. Avete visto l’ultimo romanzo sceneggiato, sullo spettroschermo?

— No. Ho modi migliori per perdere il mio tempo.

— Avete mancato un’occasione interessante. Parlava di mutanti.

— Spettacoli del genere se ne sono già visti.

— Infatti. Quello spettacolo poteva anche essere privo di significato. O poteva anche essere l’inizio di una insidiosa campagna per sterminare tutti quelli che hanno dei poteri paranormali. — Raven, fece una breve pausa, poi aggiunse: — L’eroe era un telepatico, e il malvagio un insettivoco.

— Non farà mai una cosa simile — ripeté Kayder con rabbia. — Lo ucciderei!

— È quello che vi avevo chiesto. Sono venuto da voi perché eravate in debito di un favore. E anche perché fino a pochi giorni fa eravate il capo di un gruppo assortito di mutanti che probabilmente potete ancora radunare. Avete in mano una forza notevole e siete in grado di usarla. Lasciate che Thorstern viva in pace, ma tenetelo d’occhio, per vedere che strada prende. Se vi accorgete che ha intenzione di sconvolgere il genere umano…

— Non vivrà abbastanza — promise Kayder con decisione. — Ma non per farvi un favore. Soltanto per proteggere me stesso. In questo caso non avrei il minimo scrupolo. Si tratta di legittima difesa. — Guardò Raven attentamente. — Immagino che voi dovrete proteggervi molto prima di me. Cosa intendete fare?

— Niente — disse Raven alzandosi.

— Niente? Perché mai?

— Forse, al contrario di voi, sono incapace di fare qualcosa per difendermi. — Aprì la porta. — O forse mi piace l’idea di diventare un martire.

— Se si tratta di una battuta, non la capisco. Se non lo è, allora siete proprio pazzo!

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