22

Lui era pronto per innamorarsi quando incontrò Kitty: maturo al punto giusto e impaziente: quello che ci vuole per impastarsi emotivamente. Può anche darsi che sia stata tutta una seccatura; quello che lui provò non fu tanto amore quanto piuttosto soddisfazione all’idea di essere innamorato. O forse no. Lui non ha mai compreso quello che provava per Kitty, sotto ogni aspetto. La loro storia d’amore risale all’estate del 1963; lui la ricorda come l’ultima estate di speranza e di buon umore prima del lungo autunno di caos entropico e di disperazione filosofica provocati dalla società occidentale. Era il momento in cui Jack Kennedy stava portando avanti certe cosucce, e mentre queste cosucce non stavano andandogli eccessivamente bene politicamente, lui ancora manovrava per dare l’impressione di essere lì lì per ottenere tutto con un colpo solo, se non proprio in quel preciso momento, senz’altro in una seconda e definitiva scadenza. Gli esperimenti nucleari nell’atmosfera erano appena stati banditi. Era stata installata la linea rossa Washington-Mosca. In agosto il segretario di stato Rusk annunciava che il governo Sud-vietnamita stava rapidamente prendendo il controllo delle aree supplementari del paese. Il numero degli americani morti combattendo in Vietnam non era ancora arrivato a cento.

Selig, che aveva 28 anni, aveva appena traslocato dal suo appartamento in Brooklyn Heights per un posticino in West Seventies. In quel periodo lavorava come agente di cambio, tra tutte la cosa più inverosimile. Era stata un’idea di Tom Nyquist. Dopo sei anni, Nyquist era ancora il suo più intimo e forse unico amico, sebbene l’amicizia fosse andata sfumando considerevolmente nell’ultimo anno, o negli ultimi due: la sicurezza di sé quasi arrogante che caratterizzava Nyquist rendeva Selig sempre più sconfortato, e finì per iniettargli il desiderio di mettere una qualche distanza, psicologica o geografica, tra sé e l’individuo più anziano. Un giorno Selig aveva detto, tutto pensieroso, che se anche soltanto gli fosse riuscito di mettere insieme un po’ di soldi — diciamo 25 mila dollari o giù di lì — se ne sarebbe andato su un’isola remota a passare un paio d’anni della vita contemporanea, qualcosa del genere. Lui non aveva mai scritto niente di serio e non era sicuro di desiderarlo proprio sinceramente. Segretamente sperava che Nyquist gli avrebbe passato i soldi — Nyquist poteva raggranellare 25 mila dollari lavorando un pomeriggio, se gli saltava il pallino — e gli avrebbe detto: — Ecco qui i soldi, mio caro amico, va pure e cerca di essere creativo. — Invece Nyquist non si comportò affatto in quel modo. Disse che la maniera più facile per un tizio qualunque, privo di capitali, per arrivare a fare un sacco di soldi in un battibaleno era di prendere un lavoro come agente in una ditta specializzata in compravendita azionaria. Le provvigioni sarebbero state decenti, sufficienti per viverci e per mettere qualcosa da parte, ma i soldi verdi sarebbero venuti portando avanti tutte le manovre di compravendita degli agenti esperti, le vendite al minuto, il blocco di nuove emissioni, gli intervalli arbitrali. Se ti ci applicherai abbastanza, gli aveva detto Nyquist, potrai fare tutti i soldi che vuoi. Selig protestò che lui non ne sapeva niente di Wall Street. — Potrei insegnarti tutto in tre giorni — disse Nyquist.

Effettivamente ci volle meno. Selig scivolò nella mente di Nyquist per una rapida scorpacciata di terminologia finanziaria. Nyquist aveva arrangiato bellamente tutte le definizioni: titoli comuni e preferenziali, a breve e lunga scadenza, opzioni doppie, obbligazioni, buoni convertibili, guadagni di capitali, situazioni speciali, titoli di stato a capitalizzazione fissa e mobile, profferte secondarie, specialisti e quello che fanno, il mercato di borsa, l’indice Dow-Jones, i diagrammi, e tutto il resto. Selig si ficcò tutto nella memoria. Nei trasferimenti da mente a mente, con Nyquist, c’era una vividezza di qualità tale che rendeva facile ogni sforzo mnemonico. Il gradino seguente fu quello di farsi ingaggiare come tirocinante. Tutte le grandi agenzie di cambio erano alla ricerca di gente che voleva cominciare, Merril Lynch, Goodbody, Hayden Stone, Clark Dodge, un mucchio di loro. Selig ne scelse a casaccio una e ci andò. Gli diedero un quiz di borsa valori come prova preliminare; lui sapeva la maggior parte delle risposte e quelle che non conosceva le tirò fuori direttamente dalla mente dei suoi esaminatori, la maggioranza dei quali si erano applicati al mercato fin dalla fanciullezza. Fece una figura perfetta e fu assunto. Dopo un breve periodo di addestramento superò i test per il patentino, e molto dopo diventò un rappresentante operativo registrato alle dipendenze di un ufficio di cambio, discretamente nuovo, in Broadway accanto alla 72a Strada.

Lui era uno dei cinque agenti di cambio, tutti abbastanza giovani. La clientela era prevalentemente ebrea e generalmente anziana: vedove settantacinquenni che abitavano negli enormi appartamenti residenziali della 72a Strada, e sarti in pensione che masticavano sigari e vivevano in West End Avenue e a Riverside Drive. Alcuni di loro avevano proprio un mucchio di soldi, che investivano nei modi più prudenti possibili. Alcuni erano praticamente senza un centesimo, però insistevano a comperare quattro azioni della Con. Edison e tre della Compagnia dei telefoni solo per avere l’illusione della prosperità. Dal momento che la maggioranza dei clienti erano anziani e non lavoravano, la maggior parte degli affari nell’ufficio erano trattati di persona e non per telefono; c’erano sempre una decina di cittadini anziani che chiacchieravano in gergo davanti alla telescrivente che trasmetteva i listini di borsa, e, ogni tanto, uno di loro si accostava barcollando alla cattedra del suo agente favorito e piazzava un ordine. Il quarto giorno di lavoro di Selig un cliente di venerabile età subì un decisivo attacco di cuore nel corso di un recupero di nove punti. Nessuno si mostrò sorpreso o almeno addolorato, né gli agenti né gli amici della vittima: i clienti morivano nell’ufficio con la media di uno al mese, venne a sapere Selig. Destino. Finisci per aspettartelo che i tuoi amici caschino lì morti, quando arrivi a una certa età. Rapidamente lui diventò un favorito, soprattutto delle vecchie signore; a loro piaceva perché era un bel ragazzo ebreo, e parecchie si offrirono di presentarlo alle loro avvenenti nipotine. Queste offerte lui le rifiutò sempre, però con molta grazia; era una regola fissa per lui, quella di essere cortese e paziente con loro, di recitare la parte del nipote. La maggioranza di loro era ignorante, praticamente donne analfabete, conservate in uno stato di innocenza per tutta la vita da mariti dal polso fermo, avidi di guadagno, propensi agli attacchi alle coronarie; adesso, avendo ereditato più denaro di quanto potevano spenderne, non avevano proprio nessuna idea di come gestirlo, ed erano interamente alle dipendenze del bel giovane agente di cambio. Sondando le loro menti, Selig le trovò quasi sempre obnubilate e miseramente non coltivate — ma come si può arrivare a 75 anni senza aver mai avuto un’idea? — tuttavia una minoranza delle donne più vivaci si rivelarono energiche, di una rapacità appassionata e volgare, piacevole in una certa maniera. Gli uomini erano ancora meno attraenti, stracarichi di quattrini, eppure sempre all’erta per farne degli altri. La volgarità e la ferocia della loro ambizione gli riusciva repellente, e lui non guardava mai nelle loro menti più di quanto era strettamente necessario, cioè per arrivare ad avere una migliore idea degli scopi dei loro investimenti in modo da poterli servire come loro volevano essere serviti. Lui decise che un mese in mezzo a gente del genere sarebbe stato sufficiente per cambiare un Rockefeller in un socialista.

Gli affari erano continui, però niente di spettacolare; una volta che si fu procurato il suo gruppetto di fissi, le provvigioni di Selig arrivarono a 160 dollari alla settimana, il che significava molti più soldi di quanti lui ne avesse mai fatti in precedenza, ma ancora non intravedeva la possibilità di introiti del livello desiderato. Sei stato fortunato a essere arrivato qui in primavera — gli disse un altro agente. — Durante l’inverno tutti i clienti vanno in Florida e noi possiamo crepare prima che qualcuno ci procuri un affare qui. — Come aveva predetto Nyquist, riusciva a far saltar fuori qualche interessante guadagno lavorando per conto proprio; c’erano sempre piccole quantità di denaro che giravano in ufficio, informazioni calde con appiccicata della bella grana. Quando cominciò aveva 350 dollari da parte, ma rapidamente moltiplicò il suo malloppo fino a una notevole somma a quattro cifre, facendo i soldi su Chrysler e Control Data e la RCA e la Sunray DX Oil, comprando e vendendo sulla base di voci di assorbimenti, di divisioni, o di guadagni su utili energetici; però scoprì che Wall Street segue due strade, e molti dei suoi guadagni sfumarono con affari mal calcolati su Brunswick, Beckman Instruments, e Martin Manetta. Arrivò ad accorgersi che non ce l’avrebbe mai fatta ad avere abbastanza grana per andarsene fuori dal mondo a scriversi il suo romanzo. Del resto il mondo aveva veramente bisogno di un altro romanziere dilettante? Si chiedeva che cosa avrebbe fatto in seguito. Dopo tre mesi che faceva l’agente di cambio aveva una certa sommerta in banca, però non era granché, e per di più lui era annoiato a morte.

Fu la fortuna a rivelargli Kitty. Lei venne in un afoso mattino di luglio alle nove e mezzo. Il mercato non era ancora aperto, la maggioranza degli agenti se n’erano volati sui monti Catskill per passarvi l’estate, e le uniche persone presenti in ufficio erano: Martinson, il manager, Nadel, uno degli altri agenti, e Selig. Martinson era tutto preso dalle sue cifre, Nadel era occupato al telefono con qualcuno del centro e tentava di portare a buon fine una complicata trattativa per l’America Photocopy, e Selig, disoccupato, stava sognando ad occhi aperti di innamorarsi della bellissima nipotina di qualcuno. Fu allora che la porta si aprì ed entrò la bellissima nipotina di qualcuno. Non proprio bellissima, forse, però certamente molto attraente: una ragazza sulla ventina, snella e ben proporzionata, alta forse un metro e 60, o 70 con capelli vaporosi castano brillante, occhi azzurro-verdi, lineamenti deliziosamente tratteggiati, una figurina stupenda. Appariva timida, intelligente, in un certo qual senso innocente, un curioso miscuglio di conoscenza e di ingenuità. Indossava una blusa candida di seta, una catenina d’oro cadeva sui piccoli seni, e una gonna lunga fino alla caviglia, scura, che lasciava intravedere un accenno di bellissime gambe. No, non una ragazza bellissima, però certamente graziosa. A guardarla vi rinfrescava. Maledizione, si chiedeva Selig, cosa ci viene a fare in questo tempio del diavolo alla sua età? Arriva qui con cinquant’anni di anticipo. La curiosità lo spinse a scandagliarla mentre lei si muoveva nella sua direzione. Alla ricerca soltanto di dati superficiali: nome, età, stato civile, indirizzo, numero di telefono, motivo della visita, che altro?

Non ne ricavò niente.

Questo lo lasciò esterrefatto. Era un’esperienza incredibile. Unica. Allungarsi verso una mente e trovarla assolutamente inaccessibile, opaca, come se fosse nascosta dietro un muro impenetrabile… non gli era mai successo prima. Non afferrò nessuna aura proveniente da lei, assolutamente niente. Avrebbe potuto essere un manichino da vetrina di un grande magazzino, oppure un robot senza cervello proveniente da un altro pianeta. Lui rimase seduto lì, sbattendo le palpebre, cercando di rendersi conto del motivo del suo fiasco. Rimase così scosso dalla sua totale opacità che addirittura dimenticò di ascoltare quello che lei stava dicendogli, e fu obbligato a chiederle di ripetere.

— Ho detto che mi piacerebbe aprire un conto di mediazione. Voi siete un agente di cambio?

Impacciato, maldestro, ferito dalla improvvisa durezza della ragazza, lui le fornì i termini di apertura di conto. Nel frattempo gli altri agenti erano arrivati, però era troppo tardi: secondo le regole della ditta, lei era sua cliente. Sedendo davanti alla sua scrivania tutta ingombra, lei gli parlò della sua necessità di fare alcuni investimenti, mentre lui studiava l’elegante affilata struttura del suo naso arcuato, combatteva senza successo contro la sua sconcertante e enigmatica inaccessibilità mentale, e nonostante quell’inaccessibilità, o forse proprio a causa sua, sentiva che stava inesorabilmente innamorandosi di lei.

Lei aveva 22 anni, da un anno uscita da Radcliffe, proveniva da Long Island, e condivideva un appartamento in West End Avenue con due altre ragazze. Non sposata: c’era stata una lunga banale relazione che era terminata in un fidanzamento rotto non tanto tempo prima: lo avrebbe scoperto più tardi (quant’era strano per lui non scoprire tutto d’un colpo, prendendo tutte le informazioni che voleva). La sua formazione base era matematica e lei lavorava come programmatrice, su un elaboratore elettronico, un termine che, nel 1963, per lui significava molto poco; non era sicuro se lei disegnava computer, o faceva l’operatrice o li aggiustava. Recentemente aveva ereditato 6 mila 500 dollari da una zia dell’Arizona, e i suoi genitori, che evidentemente erano rigidi e formidabili sostenitori dell’educazione tipo nuota-o-annega, le avevano detto di investire i soldi per conto suo, così da assumersi delle responsabilità da adulta. Perciò era venuta all’ufficio di cambio più vicino, come un agnello che va a farsi tosare, per investire i suoi soldi. — Che cosa desiderate? — le chiese Selig. — Metterlo al sicuro o fare qualche piccolo traffico per guadagnare sul capitale?

— Non lo so. Non conosco neanche l’abc del mercato di borsa. Desidero soltanto non fare nessuna sciocchezza.

Un altro agente di cambio — metti Nadel — le avrebbe fatto il discorsetto del Niente Avventura Niente Guadagno, e, raccomandandole di dimenticare concetti vecchi e sorpassati come i dividendi, l’avrebbe guidata verso un portafoglio azionario, Texas Instruments, Collins Radio, Polaroid, roba del genere. Poi avrebbe manipolato i suoi soldi ogni tanto, sostituendo alla Polaroid la Xerox, alla Texas Instruments la Fairchild Camera, alla Collins l’American Motors, poi all’America Motors di nuovo la Polaroid, ricavandone esorbitanti guadagni per sé, e forse facendo un po’ di soldi anche per lei, o forse perdendone un po’. Selig non aveva lo stomaco adatto per manovre di quel tipo. — Questo può sembrare indigesto — disse lui — però ci lascia lavorare veramente sul sicuro. Vi raccomanderò qualche operazione discreta che non vi renderà mai ricca ma di cui non dovrete neppure mai pentirvi. E poi potrete starvene lì a guardar crescere i vostri soldi, senza prendervi la briga di seguire le quotazioni di borsa ogni giorno per scoprire se dovete vendere. Perché voi non avete effettivamente nessun bisogno di preoccuparvi delle fluttuazioni a breve termine, non è così? — Questo non era per niente quello che Martinson gli aveva raccomandato di dire ai nuovi clienti, ma che andasse all’inferno e ci crepasse. Le procurò qualche azione della Jersey Standard, qualcuna della Telephone, un po’ di IBM, due buone azioni della compagnia dell’elettricità, e 30 di un fondo a capitalizzazione fissa, che si chiamava Lehman Corporation; le possedevano un mucchio di agenti anzianotti. Lei non fece domande, non volle neppure sapere che cosa fosse un fondo a capitalizzazione fissa. — Ecco qua — disse lui. — Adesso possedete un portafoglio. Siete una capitalista. — Lei sorrise. Era un sorriso timido, quasi forzato, ma lui pensò di scorgere più che simpatia nei suoi occhi. Era un’agonia per lui non riuscire a leggerle nel pensiero, essere costretto a dipendere dai simboli esteriori per indovinare che impressione le aveva fatto. Comunque afferrò al volo l’occasione. — Che cosa fate questa sera? — le chiese. — Io esco di qui alle quattro.

Lei era libera, disse. Però lavorava dalle undici alle sei. Lui decise di andarla a prendere a casa attorno alle sette. Il calore del sorriso di lei, quando lasciò l’ufficio, non lasciava adito a errori. — Fortunato bastardo — disse Nadel. — Cos’hai fatto, hai preso un appuntamento? Questo viola il regolamento degli agenti, che proibisce di portarsi a letto i clienti.

Selig si limitò a ridere. Venti minuti dopo che le contrattazioni erano state aperte scambiò sotto banco 200 Molybdenum contro Amex, e all’ora di pranzo coprì la sua vendita un punto e mezzo più in basso. Questo dovrebbe coprire il costo della cena, s’immaginò, e avanzerà qualcosa. Nyquist il giorno precedente gli aveva dato la soffiata: le Moly hanno vita breve, garantito che presto sballano completamente. Durante la pausa di mezzogiorno, sentendosi soddisfatto di se stesso, telefonò a Nyquist per riferirgli la manovra. — Hai coperto troppo presto — disse Nyquist immediatamente. — Perderà ancora cinque o sei punti questa settimana. Aspettati facili guadagni per questo.

— Non sono così ingordo.

— Se non lo sei, non puoi arricchire.

— Penso che mi manchi il fiuto del giocatore di borsa — disse Selig. Restò un poco lì a pensare. Di fatto lui non aveva telefonato a Nyquist per parlargli dell’acquisto sottocosto delle Molybdenum. Ho incontrato una ragazza, voleva dirgli, e ho un curioso problema con lei. Ho incontrato una ragazza, ho incontrato una ragazza. Di colpo la paura lo afferrò alla nuca. La silenziosa passiva presenza di Nyquist all’altro capo del telefono appariva qualcosa di terrificante. Riderà di me, pensò Selig. Lui ride sempre di me, è pacifico, perché pensa che non me ne accorga. Ma questa è roba da pazzi. Disse: — Tom, oggi è successo qualcosa di strano. È entrata una ragazza nell’ufficio, una ragazza molto attraente. Mi incontrerò con lei questa sera.

— Congratulazioni.

— Aspetta. Il fatto è che io ero assolutamente incapace di leggerle nel pensiero. Voglio dire, non sono riuscito neppure a cogliere l’aura. Opaca, assolutamente opaca. Non mi era mai successo prima d’ora. E a te?

— Non mi sembra.

— Completamente opaca. Non capisco. Che cosa poteva significare per lei l’avere un paravento così solido?

— Forse oggi sei stanco — suggerì Nyquist.

— No. No. Riesco a leggere chiunque altro, proprio come sempre. Ma non lei.

— Questo ti irrita?

— Naturalmente.

A Selig pareva ovvio. Forse Nyquist lo stava stuzzicando: la voce calma, senza inflessioni, neutra. Un gioco. Un modo come un altro per passare il tempo. Desiderò di non aver telefonato. Qualcosa di importante sembrava che stesse succedendo sulla telescrivente che riportava i dati di Borsa, e l’altro telefono stava squillando. Nadel, farfugliando, gli lanciò un’occhiata gelida: Su, va, c’è del lavoro da fare! Brusco, Selig disse: — Io… be’, sì… mi interessa molto. E mi infastidisce il fatto di non aver nessuna possibilità di scoprire da lei quello che veramente è.

Nyquist disse: — Vuoi dire che ti dà fastidio non riuscire a spiare dentro di lei.

— Questa frase non mi piace.

— Di chi è questa frase? Non certo mia. È così che tu consideri quello che noi facciamo, non è vero? Come uno spiare negli altri. Tu ti senti in colpa perché spii nella gente, giusto? Però ti senti anche sottosopra quando non riesci a spiare.

— Penso che sia così — ammise Selig con risentimento.

— Con questa ragazza ti ritrovi obbligato a ricorrere a quelle stesse tecniche di rozze congetture per trattare con la gente, quelle tecniche che il resto dell’umanità è condannato a usare in continuazione, e a te questo non piace. Vero?

— Fai di tutto per farlo sembrare così maledettamente sporco, Tom.

— Ma che cosa vuoi che ti dica?

— Io non voglio niente. Sto soltanto dicendoti che c’è questa ragazza che io non riesco a leggere, che non mi sono mai imbattuto in una situazione del genere prima d’ora, che mi sto chiedendo se tu avessi per caso qualche idea da espormi sul perché lei è fatta così.

— No — disse Nyquist. — Non mi viene in mente niente.

— Benissimo, allora. Io…

Però Nyquist non aveva finito. — Evidentemente io non posso dirti se lei è opaca al processo telepatico in quanto tale oppure è opaca soltanto a te, David. — Questa possibilità era saltata in mente a Selig proprio un momento prima. Si accorse che lo disturbava profondamente. Nyquist proseguì, conciliante: — Facciamo l’ipotesi che tu, uno di questi giorni, la porti a spasso e mi ci fai dare un’occhiatina. Può darsi che io riesca a scoprire qualcosa di utile sul suo conto.

— Lo farò — disse Selig senza troppo entusiasmo. Lui lo sapeva che un incontro del genere era necessario e inevitabile, però l’idea di esporre Kitty alle occhiate di Nyquist lo metteva in agitazione. Non riusciva a capire con chiarezza il perché. — Presto, uno di questi giorni — disse. — Senti, tutti i telefoni stanno suonando all’impazzata. Ci sentiamo, Tom.

— Dalle un bacio per me — disse Nyquist.

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