16

Le undici. Casey chiamò dalla cabina telefonica del bar all’angolo, nel caso che Phyllis fosse curiosa, come palesemente era. La signora Brunner doveva essere seduta accanto al telefono perché rispose subito, e la sua voce all’altro capo del filo suonava un poco tesa e stanca.

— Ho riflettuto e vorrei parlarvi — disse.

— Noi due soli?

— Noi due soli.

Esistevano vari luoghi dove star soli, e date le circostanze Casey sapeva quale fosse il suo preferito: un piccolo ristorante, ritrovo di artisti, nella South Wabash Street. Da tempo non lo frequentava, ma non era cambiato nulla. Se ne stava seduto in una nicchia in fondo alla sala, quando la signora Brunner entrò, guardandosi attorno per andare a raggiungerlo non appena lo ebbe scorto. Era ormai mezzogiorno, e nel locale affollato, rumoroso e soffuso di deliziosi aromi, sedeva anche Maggie Doone a un tavolo in centro, da cui poteva osservare ciò che accadeva, gustando un piatto di “gulash”.

Era stata piena di comprensione, Maggie. — Sono davvero beata di non avere altro da fare che occuparmi di voi — aveva brontolato per telefono. — Suppongo che mi toccherà anche pagare la mia colazione. — Giustissimo, perché agli effetti della signora Brunner Casey non la conosceva affatto. Si sentiva tuttavia più a suo agio, sapendo che era a tiro una persona pronta a fargli cenno nel caso che il concetto di una solitudine a due implicasse per la signora Brunner la presenza di Lance o di un paio di uomini della Squadra Omicidi.

Era vestita di nero. Il tipo di donna a cui il nero si addice, che indossa qualsiasi cosa con eleganza e ne è conscia, pur mostrando di non dare troppa importanza alla cosa. Eppure non bastavano la dignità, l’educazione e la misura, frutto di sette generazioni aristocratiche, per celare la lotta che si svolgeva in fondo ai suoi occhi, quegli occhi profondamente cerchiati, che tradivano l’insonnia. Volle soltanto un caffè e poi disse: — Ho riflettuto su quanto mi avete raccontato e mi sembra che siate un giovanotto ostinato.

— E’ un complimento?

L’ombra di un sorriso allentò la tensione. — Non ha importanza — replicò. — Ciò che conta, invece, è che non ho intenzione di sottovalutarvi. Mi sembrate capace di scovare qualsiasi informazione, quindi tanto vale essere sinceri. Parlo di Lance, s’intende. Voi continuerete a stargli alle costole, immagino.

— Senz’altro. — Il tono di Casey non ammetteva replica.

— E allora cercherò di agevolarvi il compito. Avete ragione su un punto: centomila dollari erano troppi per quella proprietà. Ne bastavano trentacinquemila.

Non pareva affatto seccata, e si sarebbe detto che Gorden fosse colpevole semplicemente di avere trascurato un semaforo rosso o di avere infilato la macchina in una via a senso unico. Casey capi che per lei non era stata una sorpresa, che l’aveva sempre saputo.

— Ieri non sono stata del tutto sincera con voi — prosegui, — Andai a vedere la proprietà e, per quanto poco mi intenda di affari, ebbi dei sospetti. Assunsi qualche informazione e venni a sapere che era stata venduta per trentacinquemila dollari, sei mesi prima che Lance concludesse l’affare.

— Sicché, lo sapete da un pezzo!

— Da molti mesi.

— E continuate a ritenere che Gorden sarebbe un genero ideale?

Lo stupore di Casey era paragonabile alla serenità di lei. Il vago dolce sorriso che le increspava le labbra suscitava in lui il desiderio di picchiare il pugno sul tavolo. Quella donna era pronta a subire qualsiasi cosa: avrebbe sempre offerto l’altra guancia, si sarebbe sempre lasciata truffare da Gorden o da qualsiasi altro imbroglione.

Intanto stava dicendo con calma: — Suppongo che per voi sia difficile capire. A dire il vero, Lance e io discutemmo in proposito non appena ebbi scoperto la verità. È un uomo giovane, signor Morrow, molto innamorato di mia figlia. È una situazione difficile per un giovanotto orgoglioso e praticamente senza un soldo sposare una ragazza ricca. Non vi pare?

— Non ne so nulla — borbottò Casey imbarazzato. — Forse tutto si appiana, truffando la famiglia di lei per farsi un bel gruzzoletto.

— Col vostro modo di esprimervi, la cosa assume un sapore davvero antipatico.

— E col vostro?

— Tragico, più che altro. Sono sicura che Lance è onesto in fondo all’animo. Sono stata io imprudente a mettergli quella tentazione a portata di mano, quando era già stato turbato per via di Phyllis. È colpa mia quanto sua.

— La legge non sarebbe di questo parere.

— La legge non c’entra. Voleva restituire il denaro, ma gli dissi di tenerlo più o meno come prestito… e come lezione. Ecco perché non voglio divulgare il fatto.

— Mi pare di capire che il signor Brunner non ne fosse al corrente.

Non rispose. Il pensiero di Casey era abbastanza evidente, e chiunque nei suoi panni avrebbe formulato lo stesso giudizio. La signora Brunner si morse a sangue il labbro inferiore, rendendosi conto di avere detto troppo, ma ormai era tardi. Giocherellava con la cerniera della borsetta e fece l’atto di alzarsi, ma Casey tese una mano verso di lei.

— L’assegno annullato — disse. — Ricordate?

— Che cosa intendete fare?

— Dipende da ciò che farete voi. Non intendo chiamare a gran voce la polizia purché voi facciate altrettanto, se è questo a cui pensate. Voglio soltanto vedere un tale per parlargli di quei centomila dollari.

Pazzesco, addirittura folle. Un “bluff” su tutta la linea. Una parola pronunciata da lei, un gesto verso la cabina telefonica, e sarebbe fuggito precipitosamente attraverso la cucina fino al vicolo sul retro. Non era possibile che qualcosa del suo pensiero non trapelasse; lei esitò, scrutandolo di nuovo con i suoi occhi grigi.

— Che c’è? — le domandò.

— Voglio vedere mia figlia. Voglio che la conduciate a casa.

Ora toccava a lui riflettere, ma c’era poco tempo per uno che aveva tante cose di cui occuparsi, e per di più, da un momento all’altro, Phyllis avrebbe potuto fare una mossa sbagliata, forse essere riconosciuta per strada, attirandosi addosso la polizia. Pensando a lei aveva l’impulso di rifiutare, fissando il pensiero su quell’assegno aveva l’impulso di chiedere…

— Quando?

— Stasera. Se vi è più comodo resterò nell’appartamento di mio marito.

Casey invece pensava alla lunga e larga strada maestra che portava a occidente, dove non esistevano semafori, autobus o polizia a intralciarlo se avesse dovuto procedere in fretta. — Non mi garba l’idea del traffico — disse. — Forse non accetterà comunque, ma può darsi che riesca a convincerla a venire in campagna.

Mentre la signora Brunner gli tendeva l’assegno, il suo sguardo gli diceva chiaramente che gli sarebbe convenuto di mantenere l’impegno.

L’assegno era firmato da Victor Vanno. Il nome non significava nulla per lui, ma il timbro sul rovescio indicava che il denaro era stato incassato a una banca nella La Salle Street e questo era un aiuto. Vanno era dunque in città o per lo meno c’era stato al momento in cui l’assegno era stato riscosso. Se i suoi indizi non erano sballati, Victor Vanno doveva trovarsi ancora a tiro. Era logico che esistesse un secondo personaggio, Gorden non avrebbe potuto agire da solo, qualcuno doveva servire da complice nel giochetto che si svolgeva tra la signora Brunner e Vanno per finire a Gorden e qualcuno doveva sapere di Carter Groot. Vanno aveva forse incassato l’assegno uscendo poi dalla banca con il denaro in tasca? Troppo rischioso. Era più facile che fosse rimasto in mano sua soltanto il tempo sufficiente per firmarlo.

Uscito dal ristorante, Casey attese poco lontano finché non apparve Maggie. — Indovinate un po’ — le disse. — Ho un incarico per voi. Potete fingere di essere un severo direttore di banca? Provate a telefonare a questa banca per chiedere se Victor Vanno è un cliente abituale. Informatevi se ha un conto corrente, ma soprattutto cercate di ottenere il suo indirizzo. Fate voi, siete in gamba.

— Un dollaro e sessantacinque — fece Maggie con tono deciso.

— Come?

— … compresa la mancia. Sarei potuta restare a casa mia a mangiare minestra in scatola. Su, datemeli.

— Vada per un dollaro e sessantacinque.

Uno strano indirizzo, quello che Maggie riportò dal suo incarico pomeridiano; strano soprattutto per un uomo che faceva affari da centomila dollari. Casey sentiva l’orgasmo salire. Le cose cominciavano ad assumere forma, prendevano proprio la piega da lui auspicata. Lasciò libera Maggie, che brontolava come sempre, e si avviò a piedi lungo la Madison Street.

Circa due isolati oltre il fiume, si fermò. Collimava perfettamente. Il numero sbiadito sulla porta a vetri corrispondeva a quello scarabocchiato da Maggie sull’assegno, e non si trattava certamente di un albergo di lusso. Su un lato un bar-ristorante, sull’all’altro una sala da gioco, e in mezzo l’alberghetto modesto, con l’ingresso grande come una scatola di fiammiferi e le scale strette, che salivano in direzione di una luce giallastra. Casey andò dritto verso il piccolo banco del portiere, da cui un vecchio con una sporca maglia marrone lo stava fissando.

Alle sue domande questi non si fece più cordiale e ripeté: — Vanno?

— Victor Vanno — confermò Casey.

— Chi lo vuole?

— Io, ve l’ho già detto.

— Non c’è.

Dopo una rapida occhiata tutt’attorno, Casey intravide una porta aperta che conduceva al bar, e decise che quel tipo d’indagine dava davvero una bella sete.

— Aspetterò — disse.

— Non so quando tornerà.

— Aspetterò ugualmente.

Il whisky non era di buona qualità, ma se non altro dissetava. Dopo circa venti minuti di attesa a un capo del bancone, notò con stupore di avere le mani umide di sudore e concluse che fosse dovuto all’orgasmo, in previsione non sapeva neppure lui di che cosa. Ordinò un altro whisky e lo sorseggiò lentamente, ansioso che le cose cominciassero a mettersi in moto. Chi era questo Victor Vanno? Che aspetto avrebbe avuto? Che cosa avrebbe detto? Il barista pareva poco loquace, ma Casey aveva deciso che valeva comunque la pena di tentare, quando la porta che dava sulla strada si aprì, e una donna grassoccia dagli arruffati capelli rossi si accostò al bancone. Non era sbronza, ma neanche del tutto lucida, se parlava tra sé.

— Fuori dai piedi, mi ha detto, non mi seccare. Vi pare il modo di parlare, dico io?

Non ottenne risposta, ma era previsto, in quanto non si rivolgeva a nessuno in particolare, e il barista si limitò a riempire un bicchiere di birra facendolo poi scivolare verso di lei con un gesto che denotava l’abitudine.

— Arie da granduca! Vi dico io… — Tacque il tempo sufficiente per ingollare la birra con un’unica sorsata, che lasciò Casey stupefatto, quindi si asciugò la bocca con il dorso della mano. — Non permetto a nessuno di maltrattarmi — riprese. — No davvero. Adesso vado a dire a quel figlio di…

Il barista fece: — Ehi!

Stava già avviandosi verso l’ingresso dell’albergo e ristette per volgere il capo, urlando: — Pagherà Vanno. Pagherà ben altro, prima che io abbia finito con lui. Non permetto a nessuno di maltrattarmi.

Vanno. A Casey non occorreva altro. Si lasciò scivolare giù dallo sgabello e seguì la donna nell’ingresso, ma lei non si diede la pena di accostarsi al banco del portiere. Sapeva dove andare, e Casey le stava alle calcagna. Le scale conducevano a un corridoio stretto e buio, e la donna, dopo aver sorpassato tre porte, si fermò e prese a girare violentemente la maniglia della quarta. L’uscio non si apri.

— Vanno! — chiamò allora.

Quindi, con voce fattasi improvvisamente melata: — Vanno, tesoro, aprimi.

Casey le diede trenta secondi prima di accostarsi a sua volta per dire: — Andiamo Vanno, aprite.

Dall’altro lato dell’uscio si udirono dei passi avvicinarsi alla porta e soffermarsi indecisi. Quando l’uscio si socchiuse, Casey ebbe l’impulso di farsi da parte, perché contro la luce si stagliava un uomo gigantesco. Vedendo le sue spalle, provò un formicolio alla nuca. Il volto gonfio per il sonno e per le troppe libagioni gli era ignoto, ma avrebbe riconosciuto quelle spalle ovunque. Casey Morrow non era tipo da dimenticare un aggressore, che lo aveva accarezzato con uno sfollagente.

— Ti ho già detto di levarti dai piedi — brontolò Vanno, lanciando un’occhiataccia oltre Casey e cioè in direzione della donna, che adesso esitava in un angolo a bocca aperta. — Chi ti sei tirato dietro? Che trucchi stai tentando? — Non fece neppure caso al bofonchiare di lei e indietreggiò di qualche passo, in modo che la luce proveniente dalla stanza illuminasse in parte il corridoio. Casey sentì di essere stato riconosciuto e intanto cercava di ricostruire come erano andate le cose. Gorden e il suo domestico si erano riferiti a vicenda una chiara descrizione dei loro misteriosi visitatori, e l’amico Vanno aveva avuto l’incarico di fare la spedizione alla Erie Street. Ora Vanno stava ricordando e la faccenda potevano complicarsi.

— Salve — fece, entrando nella stanza. — Vi secca se entro?

Non è che si sentisse molto coraggioso, anzi, cominciava ad apprezzare la bibita rincorante bevuta al bar. La donna entrò alle sue calcagna, e non appena Vanno ebbe richiuso la porta, la stanza apparve di colpo molto affollata.

— Il vostro alloggio mi delude — osservò Casey. — Ma forse al giorno d’oggi anche centomila dollari fanno poca strada.

— Che cosa volete? — chiese l’altro. — Chi vi manda?

— Nessuno, è stata un’idea mia.

— Dovreste stare più attento alle idee che vi vengono.

Vanno non doveva possedere un’intelligenza spiccata, ma gli avevano detto che l’uomo dall’impermeabile e dal cappello marrone significava guai, e tanto gli bastava. Attraverso la giacca sbottonata, Casey intravedeva la fondina sotto l’ascella.

“Con tutti quei muscoli che bisogno ha di essere armato?” disse tra sé. “Sta’ a vedere che non sono io l’uomo più spaventato del mondo.”

— Non so come mai voi laviate i panni sporchi di Gorden — osservò — ma si direbbe che non vi paghi poi tanto.

— Chi sarebbe Gorden?

— Un tizio un po’ nervoso, anzi nervosissimo. Personalmente non mi garberebbe di trattare affari con uno dai nervi tanto poco solidi. Secondo me ha un complesso di colpa, e non mi stupirebbe se parlasse nel sonno, soprattutto quando la temperatura scotta. La donna dai capelli rossi chiese: — Caro, chi è questo tipo?

— Sono la Fortuna — spiegò Casey. — Ho trovato il nome di Vanno in un concorso d’indovinelli. Se risponderà bene a tutte le domande vincerà il premio.

— Che risposte volete? — brontolò Vanno.

— La più difficile: che cosa è successo a Carter Groot?

Era davvero la più difficile. Fino a quel momento, l’altro era stato incerto, ma ora aveva capito, e portò la mano alla fondina. Non ebbe il tempo. Nel Pacifico, s’impara a stare con gli occhi aperti, s’impara subito, o mai più. Aveva appena abbozzato il gesto, quando si trovò steso a terra, un’espressione sciocca sul volto rubizzo. La mano con cui aveva tentato di sfilare l’arma era vuota.

— Così va bene — approvò Casey. — Mi piace la gente che sa prendersela con serenità.

— Ti sei fatto male, tesoro? — chiese la donna.

— Zitta, tu — ringhiò Vanno.

— È un poliziotto, te lo dico io. È un poliziotto, per forza!

— Ti ho detto di chiudere il becco.

— Sei in trappola un’altra volta!

Ecco, dunque. Gorden conosceva i suoi polli, essendo un avvocato, sapeva tutti i precedenti di Vanno.

— Inflazione — ribatté Casey ad alta voce. — Un giorno ottenete un’opzione su una proprietà in cattivo stato, in procinto di essere venduta per pagare le tasse, e, sei mesi più tardi, la signora Brunner l’acquista per centomila dollari. Un affare davvero eccellente. Quando lo scoprì il vecchio Brunner?

Vanno urlò: — Non potete provare nulla contro di me.

— Sagge parole.

Vanno, adesso, si era rialzato, ma la situazione aveva subìto un capovolgimento, ed era Casey a impugnare la rivoltella. — Dov’è Groot? — domandò.

— Andate all’inferno.

— Credete che lo troverò là?

— Può darsi.

— Voi dovreste saperlo.

Un campanello stava tintinnando nella testa di Casey, un campanello che diceva: “fila, fila a gambe. Phyllis aveva ragione. Groot è morto, e quello è uno stato che può diventare contagioso”. Comunque, Vanno non gli occorreva più, e qualunque cosa avesse sperato di appurare era diventata fin troppo chiara, non appena aveva riconosciuto quelle spalle. I vari pezzi s’incastravano l’uno nell’altro. Anche la signora Brunner ormai doveva lasciarsi convincere, e lei era l’unica persona che potesse mandare a carte quarantotto l’alibi di Gorden.

Per quanto grande fosse il suo desiderio di scappare, lui non era tipo da voltare le spalle a chicchessia. Sull’altro lato della stanza c’era un armadio-ripostiglio, con la chiave nella serratura, e, quando aveva una rivoltella in pugno, Casey si sentiva sempre in forma.

— Mi addolorerebbe che voi due vi lasciaste — disse, indicando lo sportello dello sgabuzzino con l’arma — e, a volte, questi piccoli litigi si risolvono restando a tu per tu.

Quando girò la chiave con un sospiro di sollievo i due, chiusi nell’armadio-ripostiglio, protestavano con grande energia di linguaggio, ma Casey trovava per la prima volta la stanza abbastanza grande per respirarci agevolmente.

Fuori, per fortuna, regnava una quasi totale oscurità, e, dopo essersi ripreso l’auto al parcheggio, si avviò in direzione nord-ovest alla massima velocità concessa dal traffico, perché voleva a tutti i costi mantenere l’impegno preso con la signora Brunner. Ora voleva mantenerlo a tutti i costi. Mentre procedeva verso la taverna di Big John fu preso dal panico. E se Vanno fosse riuscito a liberarsi? E se Gorden, avendo sentore di quanto stava accadendo, lo avesse allontanato dalla città? Via, era proprio sciocco: i fatti erano fatti, e, anche ammesso che ne avesse avuto il tempo, Gorden non avrebbe potuto cancellare ogni pista. Del resto, se la signora Brunner aveva taciuto, il tempo gli sarebbe mancato in modo assoluto.

Quando arrivò a destinazione, la taverna era illuminata a giorno, e proprio davanti all’ingresso, sotto il lampione, era parcheggiata una lucente macchina nera della polizia. Casey aveva già rallentato e procedeva a passo d’uomo quando l’avvistò. Fu pronto a innestare la seconda per fare il giro dell’isolato, ma quando ripassò, la macchina c’era ancora. Non gli garbava. La taverna non era uno di quei locali tenuti d’occhio dalla polizia. S’infilò nel vicolo e andò a fermarsi accanto all’autorimessa in mattoni gialli, pensando che se gli fosse riuscito di entrare alla chetichella dal retro e salire da Phyllis… Prima doveva però liberarsi di una cosa. Trasse di tasca la rivoltella di Vanno e dopo essersi guardato attorno la lanciò sul tetto piatto della rimessa. Un giorno o l’altro era possibile che un proiettile di quell’arma venisse rinvenuto in un cadavere ripescato dal fiume o dal lago, e lui non voleva correre rischi di essere coinvolto.

Attese finché il suo respiro divenne più regolare, poi aprì la porta sul retro e attraversò senza far rumore la cucina, avviandosi verso le scale.

Un uomo dall’impermeabile grigio sgualcito uscì da dietro il tavolo. — Salve — esclamò il tenente Johnson. — Avevo il presentimento che sareste capitato da queste parti.

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