19

Stava per nevicare. Lo si capiva dall’aria, dall’ululare del vento agli angoli delle case e da quel cielo plumbeo che pareva una coperta pronta a calare.

Prima sarebbe caduta la pioggia, e già si avvertiva qualche goccia che poi sarebbe diventata nevischio, formando così un bello strato di ghiaccio sotto la neve e il fango. L’ideale per ammaccare i paraurti e per gettare a terra le vecchie con le braccia cariche di pacchetti. Ben presto sarebbe anche calata l’oscurità, e Casey aspettava ancora che Lance Gorden si facesse vivo.

Era tanto che aspettava… uno spazio di tempo che equivaleva a trent’anni di vita. Era stato sdraiato sul divano, gli occhi fissi al soffitto, tornando col pensiero al passato e soprattutto al passato più recente, durante il quale Phyllis aveva cucinato spaghetti in cucina e dormito nella camera dietro la porta chiusa. Il passato nella taverna di Big John, quel passato che non amava ricordare, e la vigilia nella biblioteca della signora Brunner.

Ora sapeva che cosa aveva cercato di dirgli, ma non ne traeva conforto. Forse il comportamento di Phyllis nei suoi confronti aveva una ragione di essere, una seria ragione scientifica, ma Casey non era tipo da ragionare scientificamente. I suoi sentimenti erano dettati da amore, odio e fame. Per di più aveva il vizio di pensare troppo.

Questa tana, pensava. Questa miserabile schifosa tana. Ecco come vive Casey Morrow, a parte quella stupenda parentesi sulla costa. Ora però le cose cambieranno, diecimila dollari porteranno notevoli mutamenti. Con diecimila dollari si ricomincia da capo, e se non bastano, Casey Morrow sa dove trovarne ancora. Pensieri pericolosi. Non perché Gorden avrebbe potuto tirargli una revolverata nel caso che fosse tornato, non perché il tenente Johnson avrebbe potuto interessarsi ancora all’identità dell’assassino di Brunner, ma perché un ritorno poteva significare rivedere Phyllis e rivedere Phyllis era proprio la cosa al mondo che non avrebbe mai più dovuto fare.

Anche pensare a lei, altra cosa da non fare mai più.

Si alzò dal divano e diede una pedata a una lattina di birra vuota, facendola volare all’altro capo della stanza. Una schifosa lattina di birra. Tutta la sua vita doveva proprio essere sempre impregnata dall’odore di birra? Purtroppo, però, era l’ultima, e quando le aveva comprate alla drogheria d’angolo era consapevole che sei lattine non gli sarebbero bastate. D’altra parte, per un’attesa come la sua non sarebbe stata sufficiente tutta la birra della città, e inoltre gli conveniva essere cauto e avere le idee lucide. Andò in cucina e diede un’occhiata al pane e salame che aveva lasciati sul tavolo, rientrando dalla drogheria; ma non aveva fame. Guardò quindi la Luger posata accanto al pane e intanto si chiedeva che cosa diavolo stesse combinando Gorden. Le banche erano chiuse da ormai due ore.

Un uomo impaurito può essere pericoloso, gli aveva detto la signora Brunner. Raccattò l’arma, sorridendo. “Siamo in due, allora” pensava.

Tanto valeva controllare di nuovo la porta sul retro, ma naturalmente era ancora chiusa. Attraverso il vetro sporco della finestra scorgeva un piccolo tratto del vicolo sottostante, cosparso d’immondizie, ma a quanto pareva deserto. Comunque Gorden non sarebbe passato dal vicolo, anche per compiere un omicidio si sarebbe servito della porta principale, pulendosi i piedi sullo zerbino prima di entrare. Sarebbe stato anche capace di scrollare la pioggia dall’ombrello.

In fin dei conti, chi diavolo era Phyllis Brunner? Una donna come tutte le altre. Niente di speciale. Tornò nel salotto e si lasciò di nuovo cadere sul divano. Non c’è mai niente di speciale nelle donne, a eccezione forse di Maggie. Buona idea. C’era qualcosa in lei, anche se non si trattava del suo fisico, che avrebbe potuto rendere piacevole la convivenza o per lo meno creare una parentesi divertente. Forse le sarebbe piaciuto dipingere i suoi quadri sulla costa, tanto per cambiare.

Si rizzò a sedere di scatto e tese l’orecchio, ascoltando il rumore che faceva la chiave nella serratura.

La porta però non si apri. Attese invano. Aveva spento tutte le luci, per ogni evenienza, e se l’uscio si fosse aperto la persona sulla soglia sarebbe stata visibile chiaramente, perché nell’ingresso era sempre accesa una lampadina. L’oscurità rimase impenetrabile. Si accostò alla porta per ascoltare, ma udì soltanto il proprio respiro affannoso e i battiti del suo cuore.

Con gesto brusco spalancò quindi la porta e si fece da parte per non essere investito dalla luce proveniente dall’ingresso. Nessuno. Stranissimo, non c’era nessuno. Eppure chi aveva girato la chiave nella serratura non poteva essere molto lontano. D’un tratto notò una cosa che fece dileguare in lui ogni prudenza.

Gridò: — Phyllis, Phyllis, dove sei?

Ovunque aleggiava la fragranza di lei, la fragranza quasi ironica del suo profumo pungente. Casey era già nell’ingresso intento a scrutare ogni ombra e stava per avviarsi verso le scale quando… in cima ai gradini apparve Lance Gorden che puntava una rivoltella su di lui.

Senza esitare, Lance, non appena ebbe riconosciuto Casey, premette il grilletto una, due, tre volte, ma intanto il suo viso si sbiancava. Non era successo nulla. Indietreggiò, aggrappandosi alla ringhiera con una mano, e l’espressione sul suo volto tradiva che la verità gli era apparsa, ma troppo tardi. Ormai Casey poteva passare al contrattacco.

A dire il vero aveva dimenticato di aver stretta in pugno una pistola, e all’improvvisa aggressione aveva soltanto pensato che si trovava solo con un uomo che voleva ucciderlo e che quindi occorreva correre ai ripari. L’oggetto che stringeva in pugno non aveva forma, per lui, e lo lanciò contro la testa dell’altro senza pensare alle possibili conseguenze. Gorden stramazzò a terra, ma Casey non si fermò a guardare e attraversava già di corsa l’appartamento per girare freneticamente la chiave della porta in cucina. Era occupato in quella manovra, quando nell’ingresso rintronò un colpo di rivoltella.

A ripensarci bene, in quel lungo momento intercorso fra lo sparo e il silenzio, capiva la strana espressione di Gorden. A ripensarci bene tutto era chiaro. Attese, sempre in ascolto, e udì un rumore di passi giù per le scale o forse intuì che il rumore avrebbe dovuto esserci. La porta della cucina si era finalmente aperta, ma prima doveva accertarsi che l’ingresso rigurgitasse di gente. Tornò sui suoi passi, sapendo esattamente che cosa avrebbe trovato. Nessuno aspettava più con una rivoltella in pugno e anche l’arma era scomparsa. Il corpo di Gorden giaceva in posa scomposta ai piedi delle scale, e tutt’attorno aleggiava il profumo di Phyllis.


— Sedetevi, per l’amor di Dio — disse Maggie.

Casey si voltò a fissarla. Che cosa faceva li? Ricordò poi che la sua presenza era normale, poiché si trovava a casa sua. Camminava avanti e indietro, quindi non era un sogno. Era davvero fuggito attraverso i vicoli bui, bagnati di pioggia, nascondendosi negli androni, udendo l’ululato delle sirene, conscio che urlavano per lui. Lance Gorden era davvero morto e giaceva ai piedi delle scale ripide e strette.

— Ci sono le mie impronte — disse. — La rivoltella è scomparsa e sopra ci sono le mie impronte.

— Forse Gorden è stato ucciso da un’altra arma.

Casey sorrise. Maggie proprio non capiva. Gorden era stato ucciso dalla Luger perché fin dall’inizio era stabilito che andasse così.

— Ora vi do qualcosa da bere.

Brava Maggie, ne aveva proprio bisogno.

Si era imbattuto in lei per caso, come faceva sempre. Gli era mancato il tempo di prendere cappello e impermeabile perché le porte del corridoio già si socchiudevano, e la gente additava il suo appartamento. Del resto che importavano pioggia, nevischio e neve in questo gelido mondo?

— Su, bevete — ammonì Maggie, tendendogli un mezzo bicchiere di whisky. — E toglietevi quella giacca bagnata. State battendo i denti.

Non si tolse la giacca, ma ingollò il whisky in un sorso, traendone conforto. Maggie non capiva che non era la temperatura a farlo tremare in quel modo. — Avreste dovuto vedere la faccia di Gorden quando la rivoltella ha fatto cilecca — disse.

— Forse si era inceppata.

— Può darsi anche che fosse stata scaricata a sua insaputa. Non capite? Lei non aveva più bisogno di Gorden. Aveva finito il suo sporco compito e a lei non occorreva più, come non le occorrevo più io. Adesso tutto è a posto: il vecchio è morto, Phyllis eredita, Gorden è liquidato e io ho un biglietto di sola andata per la sedia elettrica. Magnifico! Quanto sono valutati sul mercato i creduloni?

— Sedete!

— Sarete molto vecchia prima di trovarne uno che mi valga. Come me non ne troverete altri, Maggie.

Aveva voglia di piangere. Avrebbe voluto chinare la testa come un bambino e sfogare tutto il suo dolore, ma non c’era tempo. La polizia pullulava già nel suo appartamento in cerca di piste, e quindi restava poco tempo per provvedere al necessario. Dopo, nulla avrebbe più avuto importanza.

— Casey!

Maggie sapeva che cosa bisognava fare. Era evidente dal modo con cui gli stringeva il braccio. — Non tornate da lei! Non fate lo sciocco.

— Sono sciocco, invece — ribatté Casey con un sorriso, sollevandole il mento con due dita. — È proprio quanto vi stavo dicendo.

— Ma non potete essere sicuro che sia stata Phyllis. Non l’avete vista.

— Per questo vado ad accertarmene.

— E poi?

Certe domande erano troppo stupide e non valeva la pena di rispondere. Che importava? Era solo questione di tempo, prima che il tenente Johnson dagli occhi azzurri rintracciasse Casey Morrow; nessuno al mondo avrebbe prestato fede al suo racconto. Prima o poi la morte lo attendeva. Capita a tutti. Strinse ancora un momento fra le dita il mento di Maggie, poi le accarezzò lievemente il buffo viso tondo. — Non capisco una cosa — mormorò. — Non capisco voi, Maggie. Come mai vi trovate invischiata in questa storia? Perché non siete andata per i fatti vostri?

Maggie riuscì a tirar fuori un sorriso un poco ironico. Era abbastanza saggia per capire quando non è più il caso di discutere.

— Ho una vita molto monotona — disse. — Volevo scrivere qualcosa di eccitante nel mio diario.


Ora che tutto era finito, o quasi, Casey non ricordava che sensazione gli avesse dato la paura. Tornò nel punto dove aveva parcheggiato la guida interna e ripassò davanti allo sporco stabile in mattoni, senza provare l’ombra di apprensione. Anche per strada regnava l’indifferenza. I capannelli di curiosi si erano dispersi e la gente aveva fatto ritorno alle case calde, mentre già da tempo l’eco dell’ultima sirena si era andata spegnendo nell’oscurità. Addio Lance Gorden, bel ragazzo dal cervello troppo fertile.

Il resto fu normale procedura. Filava a buon passo, inconscio della velocità, e ormai il nevischio si stava tramutando in neve, una neve turbinante che si scioglieva nelle strade ma che avrebbe coperto di un sottile velo i campi oltre la Harlem Avenue. Prim’ancora che la guida interna grigia fosse arrivata alla villa cintata dalla palizzata bianca, il pensiero di Casey era tornato a Phyllis.

Nessuno lo fermò, nessuno gli intralciò il cammino. Così doveva essere: tutto era stato prestabilito e ogni suo gesto faceva parte del destino.

L’oscurità era rotta soltanto da alcune finestre illuminate al piano superiore, indubbiamente quelle dell’appartamento di Phyllis.

Come gli riusciva di essere silenzioso quando voleva! In fondo, se avesse potuto avere una seconda vita, la carriera del ladro avrebbe potuto essergli redditizia. Facilissimo. Qualcuno dimentica sempre una finestra o una porta aperta, tutti sbagliano, anche Phyllis Brunner. S’inoltrò cautamente nel buio e quando ebbe trovato le scale si fermò, tendendo l’orecchio. Silenzio di tomba.

Nelle case dei ricchi, per fortuna, le scale non scricchiolavano mai. Ogni asse al suo posto, tappeti sparsi ovunque, cardini ben oliati che non cigolano quando una porta viene aperta di soppiatto. Nella sua camera Phyllis sedeva davanti allo specchio e si spazzolava con cura i capelli color miele. Indossava una vaporosa vestaglia lilla e i suoi movimenti erano calmi e regolari finché, di colpo, la spazzola d’argento s’immobilizzò a mezz’aria.

Casey gliela tolse di mano: pareva essere uscito dallo specchio.

— Casey!

Non fu un grido, ma un sussurro.

La guardava e pensava che mai demonio era stato così bello. — Che profumo adoperi? — le chiese. — Deve chiamarsi “Bacio della morte”.

Forse l’immagine riflessa nello specchio era irreale. Phyllis sentiva che occorreva voltarsi, ma aveva paura e non mascherava più il suo terrore.

— Che cosa fai qui? — riuscì a dire finalmente. — Che cosa è successo? Dov’è Lance?

— Per quel che ne so io è ancora dove l’hai lasciato tu, con una pallottola in testa.

— No!

— Non preoccuparti. Nessuno saprà mai che sei stata tu. Sulla rivoltella ci sono le mie impronte, lo sai bene. Non ho premuto il grilletto com’era stato deciso, ma ho tenuto in mano l’arma. Sono stato più fortunato di Gorden: la mia era carica.

Casey depose sul tavolo la spazzola e prese il lungo tappo appuntito di una delle bottiglie di cristallo, annusando poi il profumo pungente con un sorriso ironico. — Dovrei forse essere lusingato — aggiunse. — Mi hai per lo meno concesso di vivere per un po’.

— Non capisco di che cosa parli — protestò Phyllis. — Non mi sono mai mossa di qui.

— Di’ pure. Mi hai convinto a fare tante cose, perché smettere?

— Ti sto dicendo la verità!

— La verità? Che cosa ne sai tu della verità?

Chi sapeva la verità, in effetti? Casey aspettava, sperando che gli potesse rispondere. Perché? Per denaro? Casey Morrow era dunque sceso tanto in basso per qualche miserabile migliaio di dollari? Non poteva essere questa la verità. La verità era lì davanti a lui, con le labbra socchiuse e gli occhi sbarrati per lo spavento.

— So che cosa stai pensando! — gridò Phyllis. — Per via di ieri sera pensi che io ti abbia sempre mentito. Ma non capisci? Non capisci? Ieri sera ho dovuto mentire perché tu hai parlato del matrimonio e la tua vita non valeva un soldo se avesse saputo che eri mio marito. Saresti diventato un altro ostacolo che Lance doveva rimuovere.

— Sarà per questo che mi hai piantato, suppongo. Per questo che ti sei precipitata da lui.

— Dovevo arrivare prima!

— Ma certo! Dovevi raggiungerlo e fargli coraggio, in modo che non crollasse quando la polizia avesse stretto la rete. In modo che non svelasse chi era stato a convincerlo a uccidere Brunner. Che cosa gli avevi promesso, bellezza? Oppure basta che dia freno alla mia fantasia?

— Non è vero…

— Basta con le menzogne! — Casey ne aveva abbastanza. — Smetti di mentire, voglio sapere che cosa ne hai fatto della rivoltella. Voglio sapere dove l’hai messa e se menti di nuovo, ti ammazzo, perdio!

La luce dardeggiava sul tappo appuntito di cristallo ch’egli stringeva in pugno, traendone bagliori sinistri. L’avrebbe uccisa. Perché altro era venuto? Una bugiarda, una serpe infida che uccideva per procura e faceva in modo che i suoi mandatari si ammazzassero l’un l’altro. Meritava di morire. Ma ora l’inerzia si stava impossessando di Casey. La fissava e attendeva senza saperne il perché, visto che non potevano esistere dubbi che Phyllis Brunner meritasse la morte.

— Rivoltella? — ripeté. — Che rivoltella? Non sapevo che ne avessi una.

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