Venne finalmente il tempo in cui l’Uomo fu costretto ad ammettere di essere escluso dallo spazio. Aveva cominciato a sospettarlo per la prima volta il giorno in cui vennero scoperte le fasce di radiazioni dure che cingevano la terra, e gli uomini della Minnesota University si servirono di palloni sonda per catturare protoni solari. Ma l’Uomo aveva sognato per tanto tempo che, anche di fronte a questa realtà, non poteva abbandonare il sogno senza fare almeno qualche tentativo.
Perciò andò avanti e tentò… e continuò a tentare, anche dopo che gli astronauti, nei primi viaggi verso i pianeti più vicini, erano morti per dimostrare che era impossibile. L’Uomo era troppo fragile per lo spazio. Moriva troppo facilmente. Moriva, durante le lunghe traversate, o delle radiazioni primarie scagliate dal Sole, o delle radiazioni secondarie generate dal metallo della sua nave.
Alla fine si rese conto che il suo sogno era irrealizzabile, e provò amarezza e delusione quando guardava le stelle, perché adesso le stelle erano molto più lontane da lui di quanto lo fossero state mai.
Dopo molti anni, dopo un gran battere alle porte del cielo, dopo cento milioni di sofferenze, l’Uomo finalmente rinunciò.
E fu un bene.
C’era un sistema migliore.