II

Dal piano di sotto provenivano i rumori quieti degli orsi che si sistemavano grugnendo e mugolando. Poi si quietarono. Il chiarore del campo di atterraggio era scomparso e anche la traccia luminosa del sentiero attraverso la giungla non esisteva più. Huyghens condusse l’uomo della scialuppa nel proprio alloggio. Con un fruscio di piume, Semper scostò un’ala e alzò la testa, fissando freddamente i due uomini; allargò le sue enormi ali da due metri, sbatacchiandole, e aprì il becco per poi richiuderlo con uno schiocco.

— Quella è Semper — disse Huyghens. — Semper Tyrannis. È l’ultimo della popolazione terrestre sul pianeta. Non essendo un animale notturno, non è venuto fuori per salutarla.

Roane sbatté gli occhi davanti all’enorme uccello che artigliava un piolo di otto centimetri di diametro, infisso nel muro. — Un’aquila? — domandò. — Degli orsi Kodiak, mutanti, dice lei, ma sempre orsi… e ora un’aquila? Con quegli orsi lei ha una bella unità da combattimento…

— E sono anche degli animali da trasporto — disse Huyghens. — Possono caricarsi di un paio di quintali senza perdere troppo della loro efficienza in combattimento: e poi non ci sono problemi di approvvigionamento, perché vivono di quello che trovano nella giungla. Non di sfex, però. Nessuno si ciberebbe di sfex, anche se potesse ucciderne.

Tirò fuori dei bicchieri e una bottiglia e accennò a una sedia. Roane depose la sua borsa da viaggio e prese un bicchiere. Osservò: — Lei mi incuriosisce: perché Semper Tyrannis? Posso capire nomi come Sitka Pete e Sourdough Charley, che calzano per via dei loro antenati. Ma perché Semper?

— È stato addestrato alla caccia — disse Huyghens. — I cani ricevono un nome per via di qualche particolarità. Così Semper Tyrannis. È troppo grossa per portarla appollaiata su di un guantone da caccia, e così le spalle dei miei vestiti sono imbottite in modo che si possa posare lì. È una vedetta volante. L’ho allenata a segnalarci gli sfex e quando vola porta addosso una microtelecamera. È una bestia utile, ma non ha il cervello degli orsi.

Roane si sedette e bevve un sorso dal suo bicchiere. — Interessante… davvero interessante! Ma questa è una istallazione illegale e io sono un ufficiale del Controllo Colonie. È mio compito fare un rapporto su quanto era stato prestabilito, ma tuttavia devo dichiararla in arresto: che cosa diceva, a proposito di spararmi addosso?

Huyghens disse, con tono ostinato: — Sto cercando di trovare una via d’uscita. Se faccio il conto di tutte le pene per colonizzazione illegale, spararle addosso sarebbe logico, perché se lei partisse di qui e facesse un rapporto su questa stazione io mi verrei a trovare in una posizione molto antipatica.

— Capisco — disse Roane continuando il ragionamento. — Ma dato che ci siamo… ho una pistola in tasca e la tengo puntata su di lei.

Huyghens alzò le spalle: — È molto probabile che i miei complici arrivino qui prima dei suoi amici: e lei si troverebbe in un brutto guaio se i miei amici tornassero e la trovassero più o meno seduto sul mio cadavere.

Roane annuì. — Anche questo è vero. Ed è probabile che i suoi compagni terrestri non coopererebbero con me come hanno fatto con lei. Pare che lei sia in vantaggio, anche se la tengo sotto il tiro della mia pistola. D’altra parte, lei avrebbe potuto uccidermi molto facilmente dopo che la scialuppa è ripartita, quando avevo appena messo piede a terra e non sospettavo di nulla. Perciò forse lei non ha in realtà intenzione di assassinarmi.

Huyghens scrollò di nuovo le spalle e Roane disse: — Quindi, dal momento che il segreto per andare d’accordo è di rimandare le questioni… cosa ne dice di rimandare il problema di chi uccide chi? Francamente, devo dire che la spedirò in galera appena potrò. La colonizzazione illegale è un affare veramente ignobile. Ma comprendo che lei abbia il desiderio di sistemarmi in modo permanente. Al suo posto, probabilmente, farei lo stesso: quindi vogliamo dichiarare una tregua?

Huyghens aveva un’aria indifferente. Roane, seccatissimo, disse: — Allora lo farò io! Lo devo fare! Così…

Sfilò di tasca la mano che stringeva una pistola a raggi e depose l’arma sulla tavola. Poi si appoggiò indietro con aria di sfida.

— Se la tenga — disse Huyghens. — Loren Due non è un posto dove si possa vivere a lungo disarmati. — Si volse verso un armadietto. — Fame?

— Potrei anche mangiare — ammise Roane.

Huyghens prese dallo scaffale due confezioni alimentari e le inserì nel preparatore sottostante. Tirò fuori dei piatti e li dispose sul tavolo.

— Senta — chiese Roane — che cosa è successo alla colonia con licenza e autorizzazione ufficiale? La licenza è stata concessa diciotto mesi fa. C’è stato un atterraggio di coloni con una flotta teleguidata carica di equipaggiamenti e provviste. Dopo di allora ci sono stati quattro contatti per mezzo di astronavi. Ci dovrebbero essere diverse migliaia di robot al lavoro sotto adeguato controllo dei terrestri. Ci dovrebbe essere una spianata di centocinquanta chilometri quadrati, disboscata e coltivata. Dovrebbe esserci una rete di atterraggio quasi finita. Ovviamente dovrebbe esserci un radiofaro per facilitare l’atterraggio di astronavi: non c’è. Non esiste una spianata visibile dall’alto. Quella nave della Crete Line è rimasta in orbita per tre giorni in cerca di un posto dove farmi scendere. Il pilota fumava di rabbia. Il suo radiofaro è l’unico su tutto il pianeta e lo abbiamo pescato per puro caso. Che cosa è successo?

Huyghens servì il cibo. Disse semplicemente: — Ci potrebbero essere centinaia di colonie, su questo pianeta, senza che alcuna sia al corrente dell’esistenza delle altre. Posso solo farmi qualche idea dei suoi robot, ma credo che siano finiti in mezzo agli sfex.

Roane si arrestò con la forchetta in mano. — Da quando sono stato destinato al rapporto su questa colonia, ho letto molto su questo pianeta. Lo sfex fa parte della vita animale ostile. Carnivoro a sangue fieddo, bellicoso: non un sauro, ma piuttosto una specie a sé. Caccia in branchi. Adulto pesa da tre a quattro quintali. Estremamente pericoloso, e in numero troppo grande per poter essere cacciato. Sono loro la causa per cui non era mai stata concessa una licenza a colonizzatori terrestri: solo i robot potrebbero lavorare qui, perché sono delle macchine. Quale animale attacca le macchine?

Huyghens disse: — E quale macchina attacca gli animali? Certo, gli sfex non avrebbero dato fastidio ai robot, ma i robot avrebbero notato gli sfex?

Roane masticò e inghiottì. — Un momento! Siamo d’accordo sul fatto che sia impossibile costruire un robot cacciatore. Una macchina può distinguere, ma non sa decidere, ed è per questo che non c’è pericolo di una rivolta di robot. Non possono decidere di fare qualcosa per la quale non hanno istruzioni. Ma questa colonia è stata progettata sapendo perfettamente quello che i robot possono o non possono fare. Una volta ripulito, il terreno è stato recintato con un reticolato percorso da corrente elettrica e nessuno sfex potrebbe toccarlo senza arrostire.

Huyghens tagliò pensoso il suo cibo. Un momento dopo osservò: — Lo sbarco deve essere avvenuto durante l’inverno, per forza di cose, perché la colonia per un po’ è sopravvissuta. E, a occhio e croce, l’ultima nave è atterrata prima del disgelo. Gli anni, qui, durano diciotto mesi, lo sa?

— Lo sbarco è avvenuto durante l’inverno — ammise Roane. — E l’ultima nave atterrò prima che avesse inizio la primavera. Il progetto era di realizzare delle miniere per provvedere del materiale, di ripulire il terreno e circondarlo di una barriera a prova di sfex prima che gli sfex tornassero dai tropici. Mi pare che svernino là.

— Non ha mai visto uno sfex, lei? — domandò Huyghens; e aggiunse: — No, naturalmente. Ma se lei prende un cobra, lo incrocia con un gattopardo, lo dipinge di blu e marrone e poi lo rende idrofobo e affetto da mania omicida… be’, può dire di avere uno sfex. Ma non la razza degli sfex. Tra l’altro, possono salire sugli alberi: un reticolato non li fermerebbe.

— Un reticolato con corrente elettrica — precisò Roane: — Niente potrebbe arrampicarcisi!

— Non un animale solo — gli disse Huyghens. — Ma gli sfex sono una razza. L’odore di uno sfex morto li fa accorrere con il sangue agli occhi. Lasci un solo sfex morto per sei ore e li avrà attorno a dozzine. Due giorni e ce ne sono centinaia. Ancora più a lungo, e ne avrà migliaia! Si riuniscono a miagolare sopra il loro compagno morto e per dare la caccia a chiunque o a qualunque cosa lo abbia ucciso.

Tornò a occuparsi del suo piatto. Dopo un momento, disse: — Non c’è bisogno di domandarsi che cosa sia successo alla sua colonia: durante l’inverno i robot hanno ripulito con il lanciafiamme una certa area e hanno messo su una barriera elettrificata, come c’è nel manuale. All’arrivo della primavera, gli sfex sono tornati: tra le loro altre pazzie, hanno anche quella della curiosità. Uno sfex cercherebbe di arrampicarsi sul reticolato anche solo per vedere che cosa c’è dietro. Ne sarebbe fulminato. La sua carcassa ne richiamerebbe altri, furibondi perché uno sfex è morto, e quindi alcuni cercherebbero a loro volta di scalare la rete e morirebbero. E i loro corpi ne richiamerebbero degli altri ancora. A questo punto o la barriera sarebbe già abbattuta dalla massa dei corpi rimasti appesi, oppure si formerebbe un ponte con le carcasse delle bestie morte… e fino dove il vento portasse l’odore ci sarebbero degli sfex in corsa selvaggia, furiosi, impazziti per l’odore. Entrerebbero nella spianata attraverso o sopra la rete, urlando e stridendo in cerca di qualcosa da uccidere. Credo che abbiano trovato.

Roane smise di mangiare. Sembrava che stesse male. — C’erano… delle foto di sfex nei rapporti che ho letto. Credo che tutto ciò… corrisponda. — Cercò di sollevare la sua forchetta. La rimise giù. All’improvviso disse: — Non ho più fame.

Huyghens non fece commenti. Incupito finì la propria razione. Poi si alzò, inserì i piatti nel lavastoviglie. Ci fu un ronzio. Li riprese e li mise via.

— Mi vuol lasciar vedere quei rapporti? — domandò con voce dura. — Vorrei vedere che razza di istallazione avevano… quei robot.


Roane esitò, poi aprì la sua borsa da viaggio. C’era una micromoviola e delle bobine di pellicola. Una bobina portava l’etichetta “Controllo Colonie — Indicazioni per la Costruzione” e conteneva il progetto particolareggiato e tutte le specifiche di materiali e mano d’opera per ogni cosa da “Scrivanie per ufficio personale amministrativo, Uso delle” a “Reti atterraggio per pianeti forte gravità, capacità carico centomila tonnellate-Terra”. Ma Huyghens prese un’altra bobina, la inserì e la fece avanzare rapidamente, fermandola di quando in quando brevemente per controllare il metraggio finché non giunse al punto che cercava. Cominciò a studiare le informazioni con crescente impazienza.

— Robot, robot, robot! — esclamò. — Perché non li lasciano dove devono stare, a compiere i lavori più sporchi nelle città o sui pianeti senza atmosfera, dove non capita mai nessun imprevisto! I robot non devono stare nelle colonie nuove! I suoi coloni dipendevano da loro per difendersi! Dannazione, mettete un uomo a lavorare con i robot e finirà col pensare che la natura ha gli stessi limiti delle macchine! Questo sarebbe un progetto per impiantare un’area controllata! Su Loren Due! Area controllata… — Imprecò con forza. — Idioti pieni di sé, mezze cartucce da tavolino!

— I robot sono una buona cosa — disse Roane. — Non potremmo tenere il passo, senza di loro.

— Ma non servono per addomesticare un ambiente selvaggio! — esclamò Huyghens. — Avete sbarcato una dozzina di uomini con cinquanta robot pronti per cominciare. Ce n’erano altri quindici in pezzi separati da mettere insieme… e scommetto tutto quello che ho che i successivi rifornimenti ne hanno portati ancora di più.

— È così — ammise Roane.

— Li disprezzo — ruggì Huyghens. Provo per quelle cose quello che dovevano provare gli antichi Greci e Romani per i loro schiavi. Sono fatti per lavori servili, il genere di lavori che un uomo farebbe per se stesso ma non per un altro uomo, nemmeno per una paga. Lavori degradanti!

— Molto aristocratico! — disse Roane con una punta di ironia. — Se ho capito, sono dei robot che tengono puliti gli alloggi degli orsi a pianoterra.

— No! — esclamò Huyghens. — Lo faccio io! Sono i miei amici e combattono per me. Non possono rendersi conto del motivo e nessun robot saprebbe fare bene lo stesso lavoro — brontolò. Fuori continuavano i rumori della notte, suoni d’organo, singhiozzi, rumori come martellate o porte che sbattessero. Da qualche parte c’era una riproduzione stranamente fedele del cigolio discordante di una pompa arrugginita.

Mentre guardava nella micromoviola, Huyghens disse: — Sto cercando il rapporto sui loro lavori di scavo. Una miniera a pozzo aperto non porterebbe a niente, ma se avessero scavato un tunnel chiuso e se qualcuno fosse rimasto dentro a controllare l’opera dei robot quando la colonia è stata spazzata via, c’è una piccola probabilità che sia sopravvissuto per un po’ di tempo.

Roane lo guardò con gli occhi improvvisamente seri: — E…

— Dannazione! — esplose Huyghens. — Se è così, io vado a vedere! Altrimenti questo… questa gente non avrebbe più nessuna probabilità di salvarsi. E in ogni caso, non è che le probabilità siano particolarmente favorevoli…

Roane alzò le sopracciglia e disse: — Io sono un ufficiale del Controllo Colonie, e le ho detto che appena potrò la spedirò in galera. Lei ha messo in pericolo la vita di milioni di persone, mantenendo con un pianeta, per il quale non ha avuto licenza, dei contatti non sottoposti a quarantena. Si rende conto che se lei salverà qualcuno dalle rovine della colonia dei robot, questo qualcuno potrà testimoniare della sua presenza non autorizzata qui?

Huyghens avviò di nuovo la moviola. La fermò. Tornò indietro, poi di nuovo un poco avanti e trovò quello che cercava. Mormorò soddisfatto: — Hanno costruito un tunnel! — Poi, ad alta voce, disse: — Mi preoccuperò dei testimoni quando sarà il momento.


Fece scorrere un’altra antina dell’armadio: là dentro c’erano le cianfrusaglie che servono a uno per riparare quelle cose che ha in casa e alle quali non si bada mai fino a quando non si rompono. C’era un assortimento di fili, transistor, bulloni e di aggeggi analoghi di cui ha bisogno un uomo che vive solo. Quando poi, per quanto ne sa lui, quest’uomo è l’unico abitante di un sistema solare, ha particolarmente bisogno di cose del genere.

— E adesso? — domandò Roane.

— Cercherò di scoprire se c’è ancora qualcuno vivo, laggiù. Avrei provato prima se avessi saputo dell’esistenza della colonia. Non posso sapere con certezza se siano tutti morti, ma posso sapere se qualcuno è ancora vivo. Si trovano circa a due settimane di viaggio da qui; strano che due colonie abbiano scelto due posti così vicini!

Con aria assorta prese gli oggetti che aveva scelto. Irritato Roane disse: — Al diavolo! Come può sapere se qualcuno è vivo a qualche centinaio di chilometri da qui… quando lei non sapeva nemmeno della loro esistenza, mezz’ora fa?

Huyghens spinse un bottone e staccò dal muro un pannello sul retro del quale c’erano dei circuiti elettronici, e vi si dedicò attivamente.

— Mai pensato a cercare un naufrago? — domandò voltando il capo a metà. — Prendiamo un pianeta con una superficie di alcune decine di milioni di chilometri quadrati. Noi sappiamo che c’è una nave, laggiù, ma non sappiamo dove. Supponiamo che i sopravvissuti abbiano dell’energia, perché nessun uomo progredito resterà a lungo senza energia, finché avrà del metallo da fondere. Ma per costruire un radiofaro c’è bisogno di misurazioni e di mano d’opera accuratissime; non è cosa che si possa improvvisare. Quindi, cosa farà il nostro naufrago progredito per guidare la nave di soccorso a quei pochi chilometri quadrati che egli occupa, tra le decine di milioni di chilometri quadrati del pianeta?

Roane era visibilmente seccato. — Cosa?

— Per cominciare, deve tornare alla vita primitiva — spiegò Huyghens. — Arrostirà la carne sul fuoco, e così via. Deve fare un segnale semplificato al massimo, perché è tutto quello che può fare senza calibri, micrometri e altri utensili speciali. Ma può lanciare nell’atmosfera un segnale che i suoi soccorritori non possono non captare. Capisce?

Roane era attento e irritato. Scosse la testa.

Huyghens proseguì: — Farà una trasmittente a scintilla. Fisserà l’emissione alla più bassa frequenza che può ottenere, e cioè nella gamma di onde da cinque a cinquanta metri, che sono facili da sintonizzare. E sarà un segnale di chiara provenienza umana. Il naufrago comincerà a trasmettere: alcune di queste frequenze se ne andranno a spasso intorno al pianeta sotto la ionosfera e qualsiasi nave che scenda sotto questo “soffitto” capterà il segnale, farà un rilevamento, continuerà la rotta e farà un altro rilevamento, e quindi scenderà a colpo sicuro dove il naufrago sarà in placida attesa, allungato in un’amaca tessuta a mano e sorbendosi la bevanda che sarà riuscito a ottenere dalla vegetazione locale.

Roane disse, aspro: — Naturalmente, ora che lo dice lei…

— La mia trasmittente capta le microonde — disse Huyghens — e io sto cambiando alcuni elementi per poter ricevere le onde più lunghe. Non sarà efficiente, ma riuscirà a captare un segnale di soccorso, se ce ne sono. Tutto sommato, non me lo aspetto.


Si mise al lavoro. Roane restò seduto a lungo in silenzio, guardandolo. Dal piano di sotto cominciò a giungere una specie di suono ritmico. Era Sourdough Charley che russava: si era sdraiato sulla schiena con le zampe in aria, perché aveva scoperto che era più fresco dormire in quella posizione. Sitka Pete grugniva nel sonno: sognava. Nella sala principale della base, Semper, l’aquila, sbatté gli occhi e poi nascose la testa sotto la gigantesca ala e si addormentò. I rumori della giungla di Loren Due passavano attraverso le finestre sbarrate. La luna più vicina, che era passata già una volta poco prima che suonasse la campana di atterraggio, tornò a salire a levante. Filava nel cielo apparentemente alla velocità di un aereo substratosferico. Si faceva appena in tempo a distinguere la forma irregolare e butterata prima che la sua massa di metallo e di roccia si rituffasse dietro il grande pianeta.

All’interno della stazione Roane disse con rabbia: — Mi ascolti, Huyghens. Lei ha delle ragioni per uccidermi, anche se apparentemente lei non ha intenzione di farlo. Lei ha delle eccellenti ragioni per abbandonare a se stessa quella colonia di robot, eppure si sta preparando a dare un aiuto, se mai ci fosse qualcuno che ne avesse bisogno. E inoltre lei resta sempre un criminale… dico, un criminale! Batteri terribili sono stati portati fuori da pianeti come Loren Due e in conseguenza di questo un mucchio di gente ci ha rimesso la pelle. Ma lei sta rischiando ancora di più: perché lo fa? Perché fa quello che potrebbe produrre mostruosi risultati agli altri esseri?

Huyghens grugnì: — Lei sta solo supponendo che nel corso dei miei contatti non siano state prese misure sanitarie e quarantene. Invece, in realtà, queste misure sono state prese, sono state prese come si deve! Come per tutto il resto, però, lei non lo capirebbe.

— No, non capisco — esclamò Roane — ma questo non significa che non possa capirlo! Perché lei è un fuorilegge?

Huyghens manovrava con estrema attenzione il cacciavite all’interno del pannello. Con delicatezza ne estrasse un piccolo circuito elettronico, quindi con molta cura prese a inserire un nuovo circuito intricato composto di elementi più grandi.

— Sto mandando in malora l’amplificazione — osservò — ma penso che funzionerà. — Poi aggiunse con calma: — Sono quello che sono. Sono un fuorilegge perché penso che questo va d’accordo con quello che credo di essere. Ognuno agisce secondo l’idea che ha di se stesso. Lei è un cittadino coscienzioso, un ufficiale fedele e ha una personalità correttamente impostata. Lei si considera un animale intelligente e raziocinante, ma non si comporta come se lo fosse. Lei mi ha ricordato la necessità di ucciderla, mentre un animale raziocinante avrebbe cercato di farmene dimenticare. Roane, lei è un uomo. Anch’io. Ma io ne sono cosciente, e quindi faccio deliberatamente cose che un semplice animale raziocinante non farebbe, perché queste cose, secondo me, le fa soltanto l’uomo, che è più che un semplice animale raziocinante.

Con molta cura strinse una vitina dopo l’altra. Roane, con aria annoiata, disse: — Ah, religione.

— Rispetto di me stesso — corresse Huyghens. — Non mi piacciono i robot. Assomigliano troppo a degli animali raziocinanti. Un robot farà qualunque cosa che il suo addetto vuole che faccia. Un animale semplicemente razionale farà tutto quello che, imposto dalle circostanze, sia in suo potere. Non può piacermi un automa a meno che non abbia un’idea di quello che gli serve e non mi sputi in un occhio se cerco di fargli fare qualcosa d’altro. Gli orsi che ho qui… non sono automi, quelli! Sono bestie fedeli e degne di rispetto, ma mi farebbero a brani se cercassi di spingerli a fare qualcosa contro la loro natura. Faro Nell si batterebbe con me e tutta la creazione insieme, se tentassi di far del male a Nugget. Sarebbe stupida, irragionevole e priva di logica, perché perderebbe e resterebbe uccisa: ma mi piace così, quella bestia! E io combatterò contro di lei, Roane, e contro tutto il mondo, se cercherete di farmi fare qualcosa contro la mia natura. Sarei stupido e irragionevole e privo di logica, su questo punto. — Qui sorrise e si voltò: — Così farebbe anche lei: solo che non se ne rende conto.

Tornò a occuparsi del suo lavoro. Un istante dopo montò una manopola su di un perno di quel suo apparecchio pieno di fili.


— Che cosa hanno cercato di farle fare? — domandò Roane in tono pungente. — Che cosa le è stato chiesto, perché lei diventasse un criminale? A cosa si sta ribellando?

Huyghens spinse un interruttore. Cominciò a girare la manopola che controllava la sintonia del suo ricevitore momentaneamente modificato. — Be’ — disse in tono divertito — quand’ero giovane la gente intorno a me ha cercato di farmi diventare un cittadino coscienzioso, un impiegato fedele e dotato di una personalità correttamente impostata. Hanno cercato di farmi diventare un animale molto intelligente e raziocinante, e niente più. La differenza tra noi due, Roane, è che io me ne sono accorto. Naturalmente, mi sono rib…

Tacque di colpo. Dei leggeri scoppiettii e un brusio crepitante provenivano dall’altoparlante del ricevitore appena modificato per poter ricevere quelle che un tempo si erano chiamate onde corte.

Huyghens era in ascolto. Inclinò il capo da un lato, mentre cominciava a ruotare la manopola con estrema lentezza. Poi Roane ebbe un gesto con la mano, come per fermarlo, per richiamare la sua attenzione su qualcosa in mezzo ai suoni sibilanti. Huyghens annuì. Ruotò ancora la manopola, con movimenti infinitesimali.

Un brusio a stacchi diventò chiaro sul rumore di fondo. Huyghens mosse la sintonia, e il brusio crebbe d’intensità, raggiungendo un volume che lo rendeva inconfondibile. Era una sequenza di suoni come un ronzio discontinuo: tre ronzii di mezzo secondo intervallati di mezzo secondo; una pausa di due secondi, e poi tre ronzii di un secondo intervallati a pause di mezzo secondo; un’altra pausa di due secondi, e quindi altri tre ronzii di mezzo secondo. Poi silenzio per cinque secondi. Poi la sequenza ricominciò.

— Diavolo! — disse Huyghens. — È un segnale umano, e anche a trasmissione meccanica! Una volta era il normale segnale di soccorso. Si chiamava SOS, non ho idea di che cosa significhi. In ogni modo, pare che qualcuno abbia letto qualche vecchio romanzo e così lo ha imparato. Però grazie a questo qualcuno è ancora vivo nella sua colonia di robot, autorizzata ma ora distrutta. E chiede aiuto. Oserei dire che ne devono avere molto bisogno.

Guardò Roane: — La cosa intelligente da fare è sedersi e aspettare o una nave dei miei amici o una dei suoi; una nave può aiutare dei sopravvissuti o dei naufraghi molto meglio di noi. Una nave li può trovare anche molto più facilmente di noi. Ma forse il tempo è importante, per quei poveri diavoli, così io prenderò con me i miei orsi e vedrò di riuscire a raggiungerli. Se vuole, lei può aspettare qui: cosa ne dice? Viaggiare su Loren Due non è come fare una scampagnata… Ci sarà da lottare praticamente per ogni metro di strada, perché qui c’è un mucchio di “animali ostili”!

Roane esclamò incollerito: — Non dica stupidaggini! Certo, che vengo: per chi mi prende? E una volta in due avremo quattro volte le possibilità di uno solo.

Huyghens sorrise: — Non esattamente. Lei dimentica Sitka Pete, Sourdough Charley e Faro Nell. Se viene anche lei, saremo in cinque invece che in quattro. Naturalmente, anche Nugget deve venire, e non sarà di alcun aiuto; ma Semper farà la sua parte. Lei non quadruplicherà le nostre possibilità, Roane, ma sarò contento di averla con noi se proprio lei vuole essere tanto stupido, irragionevole e non del tutto raziocinante… da seguirci.

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