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Venerdì 26 luglio 2002


Mentre guidava alla volta della villa di Ortega, ricevette una chiamata di Jorge: la carta usata per la foto di Inés era di marca e qualità diverse da quella che gli aveva portato Falcón. In un primo momento la notizia lo mise di buon umore, poi si rese conto che quella prova della sua sanità mentale significava anche che qualcuno si era introdotto in casa sua e aveva fissato la foto al pannello. E per di più doveva sapere tutto di lui e della sua particolare fragilità. Si sentì bruciare il sangue nelle vene ma si calmò, pensando che tutti conoscevano la sua storia, dopo lo scandalo di Francisco Falcón.

Pablo Ortega aveva portato fuori i cani e stava rientrando in quel momento. Falcón abbassò il finestrino e gli domandò se potesse dedicargli qualche minuto. Ortega annuì con aria cupa. Falcón tirò fuori la fotografia dalla cartella, Ortega gli tenne aperto il cancello. Il fetore di liquame era spesso come un muro di fango. Girarono intorno alla casa, entrarono in cucina e i cani bevvero rumorosamente.

«Ho avuto qualche buona notizia a proposito del pozzo nero», disse Ortega, incapace di sembrare contento. «Un’impresa mandata da mio fratello dice che può ricostruire senza buttare giù tutte le stanze e che può farlo per cinque milioni.»

«Bene», si congratulò Falcón, «mi fa piacere che il suo problema possa essere risolto.»

Passarono in soggiorno e si accomodarono.

«Potrei avere anch’io una buona notizia per lei», riprese Falcón, intenzionato a insistere sulle cose positive. «Vorrei aiutarla per quanto riguarda Sebastián.»

«Non serve che lei lo aiuti da fuori, se Sebastián non vuole aiutarsi da dentro.»

«Credo di poterlo aiutare anche sotto questo aspetto», disse Falcón, pur senza essere certo che Alicia Aguado avrebbe accettato. «Una psicologa sta studiando il suo caso e forse gli parlerà.»

«Una psicologa», ripeté Ortega lentamente. «E di che cosa parlerà con Sebastián?»

«Potrebbe scoprire perché Sebastián ha sentito il bisogno di farsi rinchiudere in carcere.»

«Non si è fatto rinchiudere!» protestò Ortega scattando in piedi con un gesto drammatico della mano. «È stata la Giustizia a incarcerarlo, con l’aiuto di quel cabrón del Juez Calderón.»

«Ma Sebastián non si è difeso, sembra che abbia accettato di buon grado la pena e non abbia offerto nessuno spunto utile a mitigare la sentenza. Perché?»

Ortega si premette i pugni sui fianchi abbondanti, inspirando profondamente come se volesse buttare giù la casa soffiando.

«Perché», rispose poi quietamente, «era colpevole… Era solo il suo stato mentale a essere in discussione. La corte ha deciso che era sano di mente, io contesto questa decisione.»

«La mia psicologa lo appurerà», affermò Falcón.

«Di che cosa gli parlerà? Il ragazzo è già abbastanza fragile, non voglio che sia turbato ulteriormente. È già in isolamento, non posso correre il rischio che cominci a pensare al suicidio.»

«Dalla prigione hanno fatto sapere che potrebbe essere così?»

«Per ora no.»

«È una psicologa molto brava, Pablo. Non credo che gli farà male vederla», insistette Falcón. «E nel frattempo io mi occuperò di alcuni aspetti del caso…»

«Per esempio?»

«Per esempio, del bambino rapito, Manolo. Dovrei parlare con i genitori.»

«Non concluderà niente con loro, il nome di Ortega non può essere pronunciato in quella casa. Il padre ha avuto una specie di crollo, non è più in grado di lavorare. Hanno sparso voci malevole su di me, tanto che il barrio intero mi si è rivoltato contro. Voglio dire, è per questo che mi trovo qui, Javier… e non là.»

«Devo assolutamente parlare con loro. È stata la deposizione di Manolo la causa di una sentenza così dura per Sebastián.»

«Perché dovrebbe cambiarla? È stato lui a testimoniare così.»

«È proprio quello che devo scoprire: se sia stato lui a voler testimoniare in quel senso o se altri lo abbiano suggestionato.»

«Questo che vorrebbe dire?»

«Era ancora un bambino: a quell’età si fa ciò che gli adulti ti dicono di fare.»

«Lei sa qualcosa, non è così, Javier? Che cosa sa?»

«So che voglio dare una mano.»

«Be’, non mi piace», disse Ortega, «e non voglio che Sebastián debba rimetterci.»

«Non può andare peggio di così per lui, Pablo.»

«Smuoverà certe cose…», disse Ortega, reiterando le sue paure. Aveva cominciato a parlare con rabbia, ma dopo un po’ si fece più calmo. «Le dispiace darmi il tempo di pensarci su, Javier? Non voglio essere precipitoso, è una faccenda delicata, la stampa, la televisione si sono appena acquietate, non le voglio di nuovo a soffiarmi sul collo. D’accordo?»

«Non si preoccupi, Pablo, si prenda tutto il tempo che le occorre.»

Ortega lanciò un’occhiata alla fotografia con cui Falcón stava giocherellando.

«Niente altro?» domandò.

«Ho un po’ di confusione sui suoi rapporti con Rafael Vega», rispose Falcón, sfogliando il suo taccuino. «Lei ha detto: ‘lo conoscevo, si è presentato una settimana dopo che mi sono trasferito qui.’ Significa che lo conosceva già prima di trasferirsi qui o che lo ha conosciuto quando è venuto ad abitare a Santa Clara?»

Ortega stava fissando la fotografia sul tavolo, capovolta, come se Falcón fosse un giocatore di poker e quella fosse una carta che avesse pescato, ma non fosse interessato a sapere quale fosse.

«Lo conoscevo già prima di venire qui», rispose Ortega. «Suppongo che avrei dovuto dire che si era ‘ripresentato’. Lo avevo conosciuto a non so quale cena, non ricordo chi…»

«L’aveva visto una, due, tre volte?»

«Non è facile per me ricordare, incontro tanta gente…»

«Conosceva anche il defunto marito di Consuelo Jiménez?»

«Sì, sì, Raúl. Deve essere stato lì, lavoravano nello stesso ramo e io frequentavo il ristorante a El Porvenir. Ecco com’è andata.»

«Credevo che fosse stato per via di suo fratello e dei suoi impianti di aria condizionata.»

«Sì, sì, sì, ora ci sono. Certo.»

Falcón gli porse la fotografia, osservandolo bene in viso mentre Ortega la guardava.

«Con chi sta parlando in questa foto?» gli domandò.

«Lo sa Iddio», disse Ortega. «Questo è mio fratello, lo riconosco dalla calvizie. Questo tizio… non lo so.»

«È stata scattata durante una cena a casa di Raúl Jiménez.»

«Non mi è di aiuto saperlo, andavo a decine di cene, incontravo centinaia di… Posso dire soltanto che non era del mio ambiente, doveva essere nell’edilizia.»

«Raúl divideva i suoi amici tra celebrità e… persone utili ai suoi affari», disse Falcón. «Sono sorpreso che nella foto lei non figuri tra le celebrità.»

«Raúl Jiménez credeva che Lorca fosse una marca di sherry, non era mai entrato in un teatro in tutta la sua vita, gli piaceva pensare di essere amico di Antonio Banderas e di Ana Rosa Quintana, ma non era così. Era tutta pubblicità. Io ero un… No, cerchiamo di essere precisi: ogni tanto io davo una mano a mio fratello intervenendo a qualche ricevimento. Conoscevo Raúl e ho conosciuto Rafael, ma non eravamo esattamente amici.»

«Be’, grazie per avermi spiegato come stavano le cose», lo ringraziò Falcón, «mi dispiace di averle portato via del tempo.»

«Non sono sicuro di aver capito su che cosa stia investigando, Javier. Si è parlato del suicidio di Rafael e un momento dopo lei lo fa sembrare un omicidio e adesso si interessa del caso di Sebastián. E la fotografia… deve essere stata scattata anni fa, prima che io mettessi su tutto questo peso.»

«Non c’è data. Posso dirle soltanto che è stata fatta prima del 1998.»

«E come lo sa?»

«Lo so, perché l’uomo con cui lei stava parlando è morto quell’anno.»

«Allora sa chi è?»

Falcón annuì.

«Mi sento come se fossi accusato di qualcosa», disse Ortega, «mentre è solo la mia memoria che è andata in pezzi dopo la faccenda di Sebastián. Non ho mai usato un suggeritore in tutta la mia vita e poi, l’anno scorso, per ben due volte mi sono trovato davanti alla macchina da presa o sul palcoscenico a domandarmi che diavolo ci facessi là. È… no, a lei non può interessare, sono sciocchezze, niente che possa importare a un poliziotto.»

«Mi metta alla prova.»

«È come se la realtà continuasse a intrufolarsi nell’illusione che sto cercando di creare.»

«Sembra plausibile; ha attraversato un periodo difficile.»

«Non mi era mai successo», disse Ortega, «nemmeno quando Gloria mi ha lasciato. Comunque sia, non ha importanza.»

«Il mio lavoro non consiste soltanto nel mettere i criminali dietro le sbarre. Pablo. Noi siamo anche al servizio della gente e questo significa che io cerco anche di essere di aiuto.»

«Ma può aiutarmi anche per quello che sta succedendo qui?» domandò Ortega battendosi la mano sulla fronte.

«Occorre che prima mi dica che cos’è.»

«Sa qualcosa dei sogni? Io faccio questo sogno, che sono in un prato con un vento fresco sulla faccia sudata. Sono in preda a una collera incredibile e mi fanno male le mani: ho delle punture sui palmi e il dorso delle dita escoriato. C’è rumore di traffico e io sento che le mani non mi provocano tanto un dolore fisico, quanto un grande turbamento. Che ne pensa, Javier?»

«È come se avesse appena picchiato qualcuno.»

Ortega lo guardò senza vederlo, profondamente immerso nei suoi pensieri. Falcón disse che doveva andarsene, ma non vi fu nessuna reazione. Arrivato al cancello, si ricordò di aver dimenticato di chiedere di Sergei. Tornò indietro, ma si fermò all’angolo della casa, perché Ortega era in piedi sul prato, le mani levate al cielo. Poi l’attore si lasciò cadere in ginocchio, i cani lo raggiunsero e gli si strusciarono contro le cosce. Ortega li accarezzò, li abbracciò stretti. Singhiozzava. Falcón si ritirò.


Il garage dei Vega, con la Jaguar nuova di zecca, era più pulito dell’alloggio di Sergei, e Falcón capì che non avrebbe mai trovato dell’acido muriatico in prossimità di quella carrozzeria perfetta. Uscì in giardino e arrivo fino al barbecue, pensando che Sergei dovesse avere un ripostiglio per tenere gli attrezzi. Non vide nulla di improvvisato in quella parte del giardino, il barbecue era stato costruito da qualcuno che sapeva come cucinare la carne alla griglia. Dietro il barbecue il verde era folto, quasi tropicale e, girando intorno all’alloggio di Sergei, in quella giungla Falcón scoprì un sentiero che portava a un capanno nascosto dalla vegetazione. Era furioso che non ne fosse stato fatto cenno nel rapporto di Pérez sulla perquisizione del giardino.

Trovò una chiave nel garage e rifece faticosamente il percorso nel caldo soffocante. Il capanno era pieno di sacchi di carbone e del solito armamentario dei barbecue. Sergei teneva gli attrezzi a un’estremità, insieme con piccole quantità di materiali da costruzione. Là, su uno scaffale, si trovavano barattoli di vernice e alcune bottiglie, tra le quali un flacone aperto di acido muriatico, di cui restava un fondo alto un centimetro. Falcón tornò alla macchina per prendere il sacchetto di plastica e infilò la penna nel manico per raccogliere il flacone e metterlo nel sacchetto. Mentre era così impegnato, la luce si oscurò nel capanno.

«Lavora da solo oggi, Inspector Jefe», disse Maddy Krugman, facendolo trasalire.

Era sulla soglia, illuminata da dietro. Falcón riusciva a vedere ogni sua curva e ogni punto cruciale della sua figura attraverso la stoffa trasparente del vestito. Abbassò lo sguardo sui sandali di pelle di zebra. Maddy si appoggiò allo stipite, le braccia conserte.

«Preferisco così, signora Krugman.»

«Lei mi sembra un solitario», disse la donna. «Ragiona, mette insieme i pezzi, ricostruisce il quadro nella sua testa.»

«Mi tiene d’occhio.»

«Mi annoio. Non posso uscire a fare foto con questo caldo, e comunque giù al fiume non c’è nessuno.»

«Suo marito continua a lavorare per la Vega Construcciones?»

«Il signor Vásquez e gli amministratori lo hanno chiamato ieri sera e gli hanno detto di continuare con i progetti. A quanto pare non hanno staccato la spina… per ora. Gradirebbe un caffè, Inspector Jefe?»

Uscirono al sole e la donna lanciò un’occhiata al contenuto del sacchetto. Falcón chiuse a chiave il capanno.

«Possiamo tagliare di qui per andare da me», propose Maddy, precedendolo attraverso un varco nella siepe e nel giardino fino alla villa dei Krugman. Falcón pensava a come introdurre l’argomento Reza Sangari.

Rimase seduto sul divano nella frescura del soggiorno mentre Maddy preparava il caffè. I tacchi bassi dei sandali non facevano quasi rumore sul pavimento di marmo. Perfino quando Madeleine Krugman non era nella stanza, si avvertiva in modo subliminale la sua presenza. Tornata in soggiorno, Maddy versò il caffè e si accomodò all’altra estremità del divano.

«Sa che cosa provo qui da sola tutto il giorno, un giorno dopo l’altro?», disse Maddy. «Mi sento in un limbo. È assurdo che la mia vita sociale si sia incrementata del cento per cento da quando è morto Rafael. Era praticamente il nostro solo ospite, ma ora lei viene qui e ieri ho passato un po’ di tempo con Esteban…»

«Il Juez Calderón?»

«Sì. Un uomo simpatico e molto colto, anche.»

«Quando lo ha visto?»

«L’ho incontrato per caso in città la mattina e ci siamo rivisti più tardi e abbiamo passato la serata insieme», rispose Maddy. «Mi ha portato in qualche locale del centro dove non avrei mai messo piede da sola, sa, quei posti con un migliaio di jamones che gocciolano grasso in quelle specie di vaschette di plastica, appesi al soffitto sulle teste di qualche grassone con i capelli impomatati e il sigaro in bocca, che si aggiusta i pantaloni ogni volta che passa una donna.»

«Che ora era?»

«Non riesce a non fare l’investigatore, eh? Diciamo dalle sei fino alle dieci.»

Accavallò le gambe e la gonna scivolò verso il grembo. Si sfilò il sandalo con un movimento del piede.

«Ho saputo di una sua mostra intitolata ‘Vite minime’», disse Falcón. «Di che trattava?»

«Ah, sì», disse la donna, alzando gli occhi al cielo. «Non mi è mai piaciuto quello stupido titolo, è stata un’idea del mio agente. Vogliono sempre qualcosa di commerciale. Di sopra ho il catalogo, se le interessa.»

Si alzò, sfiorandosi l’orlo del vestito con la punta delle dita.

«Non importa», disse Falcón, che voleva mantenere il discorso al pianterreno. «Volevo solo conoscere l’argomento.»

Maddy si avvicinò alla porta scorrevole e appoggiò le mani al vetro, guardando il giardino. Di nuovo la luce filtrò attraverso la stoffa. Falcón si agitò sul divano. Sembrava tutto calcolato.

«Erano fotografie di gente molto comune scattate sul lavoro o in casa, persone che vivevano una vita modesta in una grande città. Le foto erano appunto immagini di quella vita: la fantasia doveva fare il resto.»

«Ho letto una recensione della mostra», disse Falcón. «Era di un certo Dan Fineman. Non sembrava che gli fosse piaciuta.»

Le osservò la nuca, il collo e le spalle mentre le parole le entravano nella mente. Gli parve immobile come un animale notturno circondato da un’orda di predatori. Si girò di colpo e sembrò trattenere il fiato mentre tornava verso il divano per bere il caffè. Accese una sigaretta e si lasciò cadere sul sofà.

«Dan Fineman era un imbecille che conoscevo dai tempi della scuola. Aveva sempre desiderato scoparmi, ma a me faceva accapponare la pelle. Non ha mai aspirato a niente di più importante che scrivere sul St Louis Times e quando ci è riuscito si è vendicato.»

«Ha scritto un altro articolo su di lei», riprese Falcón. «Potrebbe esserle sfuggito.»

«Quella è stata l’unica mostra che io abbia mai fatto a St Louis. La prima e l’ultima.»

«Questo articolo non aveva a che vedere con l’arte, parlava di un fatto di cronaca.»

«Tornai a St Louis soltanto per vedere i miei genitori per la festa del Ringraziamento e per Natale.»

«Quando ha detto che è morta sua madre?»

«Non l’ho detto, ma è stato il 3 dicembre del 2000. Sa chi mi ricorda lei, Inspector Jefe?»

«Sembra che gli americani conoscano un solo spagnolo e io non assomiglio affatto ad Antonio Banderas.»

«Il tenente Colombo», disse Maddy pur non pensandolo minimamente, ma desiderando vendicarsi. «Un tenente Colombo molto più attraente. Lei fa un sacco di domande che apparentemente non hanno niente a che fare col caso e poi, bang, inchioda il colpevole.»

«Il lavoro dei poliziotti inventati è molto più divertente di quello vero.»

«Marty l’ha detto subito che lei è diverso dagli altri poliziotti.»

«E suppongo che suo marito ne abbia conosciuti parecchi nei mesi precedenti al vostro arrivo qui.»

La donna appoggiò il mento sul pollice e si tamburellò il naso con l’indice.

«Non mi ha detto di che cosa parlava l’articolo di Dan Fineman, Inspector Jefe.»

«Di come lei sia stata interrogata dall’FBI durante l’inchiesta sull’assassinio del suo ex amante, Reza Sangari.»

«È una persona molto accurata nel suo lavoro, Inspector Jefe.»

«Aveva cercato notizie su di me in internet e io ne ho cercate su di lei», ribatté Falcón.

«Allora non ha bisogno di domandarmi niente. E comunque sia, nulla di tutto questo ha a che fare con quanto è successo ai Vega.»

«Ha avuto altre relazioni dopo sposata?»

Madeleine Krugman socchiuse gli occhi, strinse le labbra e aspirò una boccata di fumo lunga due centimetri.

«Davvero sta cercando di coinvolgermi, mettendomi insieme a Rafael, Inspector Jefe?» domandò. «È così che funziona la sua mente? Vede nei fatti un collegamento irrilevante ed ecco che il suo cervello di poliziotto appiccica insieme due persone.»

Falcón rimase immobile, lo sguardo fisso su di lei, in attesa del primo cedimento. Qualcosa invece illuminò il volto della donna che si raddrizzò, sedendo in pizzo al divano.

«Ci sono!» esclamò. «Che stupida! Il tenente Colombo, le domande che non c’entrano nulla! Si tratta del giudice, vero? Crede che mi stia imbarcando in una storia con il Juez Calderón. E, sì, è vero, ho letto la sua storia… Javier Falcón. La fidanzata del giudice è la sua ex moglie. È di questo che si tratta?»

Una traccia di colore nelle guance di Maddy Krugman. Era arrabbiata. A Falcón venne voglia di spegnere la luce vibrante nei suoi occhi verdi, le fiamme dei capelli rossi. Si rese conto che si stavano preparando a ferirsi a vicenda e che a lei non dispiaceva l’idea.

«Avendo scoperto che i vostri motivi per lasciare l’America erano un po’ più complicati di quanto mi avevate indotto a credere, devo guardare la cosa da una prospettiva diversa.»

«E allora che c’entra Esteban?»

«È stata lei a tirarlo in ballo, non io», la corresse Falcón. «A me interessava sapere dove fosse stato, perché ieri aveva deciso di rimandare una riunione. Ora so che l’ha fatto perché era con lei.»

«È ancora innamorato della sua ex moglie, Inspector Jefe?»

«Questo non c’entra niente.»

«Perché Esteban la incuriosisce tanto? Non dovrebbe interessarle che cosa fa nella sua vita privata. E dovrebbe anche infischiarsene della sua ex moglie… e invece no.»

«Stanno per sposarsi. Non mi faccio nessuna illusione.»

«Si è tradito, Inspector Jefe. Non si fa illusioni, ma non disdegnerebbe un’altra occasione, scommetto.»

«Lei si comporta come un avvocato difensore che mette le parole in bocca al testimone d’accusa.»

«E lei non ha nessuno contro cui fare obiezione», disse la donna, guardandosi tristemente in giro prima di fissare di nuovo lo sguardo su Falcón. «A qualsiasi donna che abbia superato i vent’anni basta un’occhiata per capire chi è Esteban Calderón.»

«E cioè?»

«Un dongiovanni, sempre a caccia. Lei non se ne accorge, perché non è quel genere di uomo. Spero che la sua ex moglie non sia una donna romantica.»

«E se lo fosse?»

«Vivrebbe nell’illusione di poterlo cambiare, ma io le posso assicurare una cosa… la sua ex moglie sa com’è fatto. A nessuna donna potrebbe sfuggire. Perché crede che Esteban gironzolasse qui intorno scodinzolando il primo giorno delle indagini?»

«Come prende certe cose suo marito?» domandò Falcón.

«Marty non ha nessun motivo di preoccuparsi. Si fida di me.»

«Come ha preso la storia di Reza Sangari?»

Silenzio, Maddy spense il mozzicone con una dozzina di colpetti precisi sul portacenere.

«Abbiamo rischiato di non farcela», disse alla fine, alzando gli occhi ingranditi da un velo di lacrime. «È stata la mia prima e ultima storia.»

«Si vedeva ancora con Reza Sangari quando è stato assassinato?»

Maddy scosse lentamente la testa.

«Ha mai pensato di lasciare suo marito per Reza Sangari?»

Cenno affermativo.

«E che cosa successe?»

«È una faccenda privata.»

«Sono certo che all’FBI avrà dovuto dire tutto… oppure avevano rispettato il suo riserbo?»

«È una cosa che mi turba, non mi va di parlarne.»

«Aveva scoperto che vedeva altre donne?» domandò Falcón, calpestando la sua sensibilità.

«Sì. Erano più giovani di me, avevano una maggiore capacità di recupero.»

«E perché, mentre vede così chiaramente che specie di uomo sia Esteban Calderón, non si accorse di chi fosse veramente Reza Sangari?»

«Ho commesso l’errore fatale di innamorarmi pazzamente e perdutamente di lui.»

Si mise a passeggiare avanti e indietro nella stanza, i nervi cominciavano a cederle.

«Andavo a New York due volte la settimana», riprese. «Facevo qualche lavoro per un paio di riviste e usavo uno studio che per caso era vicino al magazzino di Reza. Un giorno lui venne nello studio con una modella che stavo usando in un servizio, e che sarebbe partita subito dopo per Los Angeles. Reza mi invitò a colazione. Alla fine del pomeriggio avevamo mangiato, bevuto e fatto l’amore su una pila di tappeti di pura seta di Qom. Era così con lui, mai niente di banale. Era un uomo molto bello e io mi innamorai come non mi sono mai innamorata in vita mia.»

«La modella che aveva posato per lei quel giorno era Françoise Lascombs?»

«Sì.»

«Si sarà fatta rivedere al ritorno da Los Angeles. Non la incontrò più?»

«Reza era bravissimo nel tenere ben separate le sue storie amorose e lei sa com’è con questo genere di uomini, quando una donna è con loro è l’unica al mondo. Io non pensavo a nulla e certamente non a rivali invisibili.»

«Però aveva finito per scoprirle.»

«Più o meno sei mesi dopo l’inizio della relazione, quando ero così pazza di lui da non sapere più che cosa fare di me, andai a New York un giorno diverso da quello del solito appuntamento. Non avevo intenzione di vederlo, ma naturalmente finii per trovarmi davanti al suo magazzino. Mentre stavo per suonare il campanello, uscì una donna e io capii subito, lo capii dal suo modo trionfante, felice di incedere. Non salii. Attraversai la strada e mi nascosi in un portone. Tremavo tutta. Non so se ha mai provato che cosa siano questi tradimenti, una lacerazione davvero devastante, era come se mi si strappassero le viscere. Mi ci volle un’ora per smettere di tremare. A quel punto decisi di salire e di dirgli che era finita, ma stavo attraversando la strada quando un’altra donna arrivò alla sua porta. Non riuscivo a crederci. Non salii da lui, non so come tornai a casa e crollai. Non lo rividi più. Poi qualcuno lo uccise durante il fine settimana e passarono quattro giorni prima che scoprissero il cadavere.»

«E l’assassino non è mai stato trovato?»

«Le indagini furono lunghe e dolorose, mai la morte di un solo uomo aveva causato tante pressioni su tante persone. I giornalisti ci si erano buttati sopra, anche perché Françoise Lascombs era appena diventata il volto della Estée Lauder. L’FBI doveva avere probabilmente una decina di sospetti, ma non riuscirono a inchiodare nessuno. Poi scoprirono che faceva uso di cocaina, ne aveva qualcosa come due etti nel suo appartamento. Io non l’avevo mai saputo, ma è probabile che assumesse qualche droga per resistere a quel genere di vita. Conclusero che doveva esser andato storto qualcosa in una consegna.»

«E lei che cosa pensa?»

«Io penso a una quantità di cose: a quello che la mia storia con lui ha fatto a Marty, che cosa ha fatto a me e penso a Reza e alla follia di quei giorni. Ma evito accuratamente di pensare alla sua fine, a chi l’ha ucciso e perché, so che correrei il rischio di impazzire.»

«Non ha mai sospettato di Marty?»

«Sta scherzando. Durante il fine settimana in cui Reza fu ucciso, tentai disperatamente di resistere senza di lui, non sopportavo di restare sola. Marty e io ci ubriacammo, eravamo completamente andati, restammo in casa a guardare vecchi film. Poi, il mercoledì, si presentò l’FBI e tutto cambiò.»

«Be’… questo spiega il suo interesse per i dissidi interiori.»

«Spiega anche perché disprezzo tutto ciò che ho fatto prima di venire qui», disse Maddy. «Dan Fineman aveva ragione. Ricordo bene il titolo della sua recensione, che alludeva a quello della mostra: ‘Povera di contenuti, minima di statura’.»

«Ha detto che il signor Vega veniva da voi a cena… molto spesso da solo. Un po’ insolito per uno spagnolo con famiglia.»

«Lei è un libro aperto, Inspector Jefe. E non è la prima volta che fa questa insinuazione.»

«Le mie non sono domande a effetto, signora Krugman. E nemmeno alludono a un comportamento scorretto da parte sua, le sto solo chiedendo se fosse innamorato o infatuato di lei, come pare siano in molti.»

«Ma non lei, Inspector Jefe, l’ho notato. Forse i suoi desideri si indirizzano altrove… può darsi, sì, può darsi che io non le piaccia… Non piaccio nemmeno alla sua amica Consuelo.»

«La mia amica?»

«Forse c’è qualcosa di più dell’amicizia tra voi?»

«Pensa che il signor Vega si interessasse a lei sessualmente?» continuò Falcón facendosi largo a spallate tra le insinuazioni di Maddy. «Andavate alla corrida insieme.»

«A Rafael piaceva essere accompagnato da una bella donna, tutto qui. Non è mai successo niente. Così come non è mai successo niente nemmeno con l’operaio del gas.»

«Sa se lei avesse un’influenza sulla mente di Vega?»

«Crede che io sia la causa delle sue condizioni psichiche! Pensa che bruciasse le sue carte in fondo al giardino per colpa mia. Lei è matto.»

«Era un uomo intrappolato in una situazione coniugale difficile, la moglie soffriva di una grave depressione, ma avevano un figlio che amavano entrambi, perciò non voleva separarsi, anche se il rapporto era condizionato dallo stato di salute di lei.»

«Una teoria plausibile… però credo di essere stata una semplice distrazione per Rafael. Il suo vero interesse era parlare con Marty. Voglio dire, Marty ci raggiungeva sempre dopo la corrida per una tapa, poi cenavamo e, creda a me, quei due stavano ancora parlando tra loro molto tempo dopo che io ero andata a dormire.»

«Di che cosa parlavano?»

«Del loro argomento preferito. Gli Stati Uniti d’America.»

«Il signor Vega aveva vissuto in America?»

«Parlava inglese con accento americano e nominava spesso Miami, ma non reagiva bene alle domande dirette, perciò non posso esserne sicura. Marty però è convinto che abbia vissuto là. A differenza di molti europei, Rafael non tirava mai fuori i soliti cliché sul modo di vivere americano. Gli piaceva conversare con Marty, perché a Marty non interessavano i dettagli personali. Gli bastava discutere dei massimi sistemi, senza per forza dover sapere da dove venisse il suo interlocutore o quale fosse il suo colore preferito.»

«Parlavano in spagnolo o in inglese?»

«In spagnolo fino al brandy e poi in inglese. Lo spagnolo di Marty va a pezzi quando beve.»

«Il signor Vega non si ubriacava mai?

«Io dormivo. Lo chieda a Marty.»

«A quando risale l’ultima conversazione tra il signor Vega e Marty?»

«Le serate veramente lunghe erano quelle durante la Feria, stavano svegli fino all’alba.»

Falcón finì il caffè e si alzò.

«Non credo che l’inviterò più, se non farà altro che interrogarmi», disse Madeleine Krugman. «Esteban non m’interroga.»

«Non è compito suo. Sono io quello che deve frugare nella spazzatura.»

«E trovare qualcosa su Esteban, già che c’è.»

«La sua vita privata non mi riguarda.»

«Lei è abituato a non lasciarsi andare, vero, Inspector Jefe?»

«Meglio non mescolare il lavoro e la vita sociale.»

«Buffo davvero, Inspector Jefe. Allora lei ha una vita sociale? Per la maggior parte dei poliziotti non è così. Da quel che so la loro vita è fatta di relazioni finite male, di separazioni dai figli, di alcolismo e di depressione.»

Falcón non poté fare a meno di pensare che su quattro lui era arrivato a due, anzi a tre.

«Grazie per avermi dedicato il suo tempo.»

«Dovremmo vederci in altre occasioni, senza tutta questa roba tra i piedi», suggerì Maddy. «I poliziotti con una visione artistica delle cose mi interessano. Oppure lei si è già fatto un’idea su di me? Detesto pensare che mi creda uno stereotipo, genere femme fatale.»

«Esco come sono entrato», disse Falcón, dirigendosi alla vetrata scorrevole che dava sul giardino; e capì di averla fatta arrabbiare.

«Il tenente Colombo lascia sempre l’ultima domanda per quando è già sulla soglia», disse la voce di lei alle sue spalle.

«Non sono il tenente Colombo», replicò Falcón. Fece scorrere la vetrata e chiuse dentro Madeleine Krugman.

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