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Lunedì 29 luglio 2002


Falcón spiegò il problema a Consuelo che lo ascoltò come se le stesse diagnosticando una malattia: attenta, ma senza capire fino in fondo. Le domandò se avesse avuto notizie della sorella e dei figli: un poliziotto si era fatto vivo in tarda mattinata per tenerli d’occhio, gli rispose Consuelo. Falcón la baciò e risalì in macchina. Consuelo non aspettò che l’auto partisse prima di chiudere la porta.

Alla Jefatura lo informarono che erano state mandate tre altre macchine sul luogo dell’incidente, un condominio in Calle Tabladilla all’incrocio con Calle del Cardenal Ilundain. «Non voglio auto parcheggiate in vista dell’edificio, mettete due uomini sul tetto e due sulle scale al di sopra e al di sotto del piano dell’incidente, fate evacuare gli appartamenti sopra, sotto e di fronte e tutti gli occupanti degli altri dovranno restare in casa. E mettete qualcuno con un binocolo in un appartamento dell’edificio di fronte con una buona vista su quello dell’incidente.»

Gli ordini furono confermati e venne confermato inoltre che l’appartamento in questione apparteneva effettivamente alla sorella del Juez Calderón, attualmente in vacanza a Ibiza.

Le pubblicità sull’Avenida de Kansas City sfrecciavano davanti ai suoi occhi mentre tornava verso il centro della città, che avrebbe dovuto attraversare da un capo all’altro; tuttavia non c’era traffico e venti minuti dopo Falcón aveva già superato un cordone della polizia e parcheggiato su Calle Tabladilla, di fronte a un edificio pubblico a una cinquantina di metri dal luogo dell’incidente. La strada era deserta, a parte i poliziotti che si tenevano vicini ai negozi lungo tutta l’estensione dei palazzi di costruzione recente. Uno degli uomini gli disse che era tutto tranquillo. Avvertì via radio il suo compagno appostato nel condominio di fronte, al numero 403 di Calle Tabladilla, che offriva una vista perfettamente libera.

Era una sera di caldo opprimente e il sudore gli impregnava i capelli mentre Falcón attraversava la strada verso i condomini grigi, con le facciate in pietra a vista e le ringhiere dei balconi di acciaio. Il genere di palazzo dove avrebbe comprato un appartamento un giovane professionista benestante. Prese l’ascensore fino al quarto piano e fu introdotto in casa da un giovanotto in calzoni corti, niente affatto interessato a quanto stava accadendo. Il televisore era acceso, stavano trasmettendo un film. Il giovanotto tornò a sprofondarsi sul divano accanto alla sua ragazza e a bere birra.

Il poliziotto sul balcone controllava l’edificio di fronte con il binocolo. Lo porse a Falcón, che vide balconi abbelliti dal verde, ma imposte quasi tutte chiuse. Non era difficile individuare la scena dell’incidente: l’unico appartamento illuminato, con le tende scostate. Tra una grande finestra e la porta scorrevole che dava sul balcone il tratto di muro era di un metro e mezzo circa. Calderón e Maddy Krugman erano seduti sul divano, il giudice dritto e impettito, piedi e ginocchia uniti, braccia conserte sul petto; Maddy Krugman era semisdraiata sui cuscini in un atteggiamento così rilassato da apparire assurdo. Erano entrambi vestiti come se fossero stati sul punto di uscire per cena. A giudicare dalla direzione in cui stavano guardando, Marty Krugman doveva essere in piedi di fronte a loro, la schiena contro il muro che separava la finestra dalla porta scorrevole sul balcone. Per un secondo divenne visibile. Non indossava la giacca, aveva la camicia bagnata di sudore e stringeva una rivoltella nella mano sinistra.

Il film alla televisione era finito, sostituito dalla pubblicità. Il giovanotto si affacciò sul balcone.

«Che sta succedendo?»

«Solo una situazione familiare sfuggita al controllo», spiegò Falcón.

«Abbiamo sentito lo sparo… ma credevamo che fosse nel film.»

«A che ora?»

«Subito dopo le dieci.»

In quel momento erano le dieci e quaranta. Falcón esaminò con il binocolo le pareti dell’appartamento e trovò il foro del proiettile al di sopra della testa di Maddy Krugman. Ovviamente all’inizio non doveva aver preso troppo sul serio il marito, ma ora si era resa conto che non si trattava di uno scherzo né di una pistola giocattolo. Falcón chiamò il Comisario Elvira e lo informò della situazione.

«Qual era lo stato mentale di Krugman durante il colloquio che ha avuto con lui?»

«È un intellettuale con una vena ossessiva, incline a farneticare, ma controllabile. Sa ascoltare. Di norma è una persona raffinata e civile, ma negli ultimi giorni è parso turbato, probabilmente a causa della relazione di sua moglie con il Juez Calderón. Se fosse psicotico, la gelosia incontrollabile potrebbe averlo spinto oltre la linea di confine. Tra noi andava piuttosto bene, c’era rispetto reciproco. Mi piacerebbe andare di là e cercare di parlargli.»

«D’accordo. Prima lo chiami sul numero fisso, gli dica che suonerà alla porta. Nessuna sorpresa. García della squadra Antiterrorismo sta arrivando sul posto e porterà con sé un tiratore scelto. Aspetti che sia arrivato.»

«Krugman non è un terrorista.»

«Ora lo so, ma prima non lo sapevo. Ho chiamato García quando ancora le informazioni non erano complete. Comunque sia, ha esperienza di certe situazioni.»

Arrivò pochi minuti dopo. Falcón mandò il poliziotto a chiamarlo e García si presentò sul balcone con il tiratore scelto, il quale sembrò soddisfatto dell’angolo di tiro e rientrò nella stanza per montare il suo fucile.

«Ha intenzione di andare di là?» domandò García.

«Conosco l’uomo che ha sparato.»

«Con lei ne avrà tre da tenere a bada, e questo mi darà qualche possibilità in più.»

«Credo di riuscire a farlo ragionare, non è pazzo e nemmeno drogato.»

«Bene, ma se dovesse perdere il controllo, da qui non avrei molte speranze di poter sparare senza mettere in pericolo gli ostaggi.»

«Che intende dire?»

«Che sarebbe meglio fare irruzione nell’appartamento.»

«Non credo che si arriverà a tanto.»

Si accordarono su qualche segnale di emergenza e Falcón digitò il numero dell’appartamento. Rispose Maddy prima che Marty potesse reagire a quel nuovo sviluppo della situazione. Falcón le chiese di passargli il marito.

«È per te», disse la donna in tono ironico porgendo il ricevitore a Marty.

«Con i russi non ho ancora parlato», disse Krugman ridacchiando. «In questo momento ho da fare.»

«Sono qui fuori, Marty», gli disse Falcón, lasciando l’appartamento di fronte e scendendo le scale.

«Già, avevo pensato che lo sparo avrebbe attirato l’attenzione. Avrebbe dovuto restare una questione privata, ma mia moglie è cocciuta e ho dovuto farle vedere che non stavo scherzando. Comunque sia, Inspector Jefe, che cosa posso fare per lei?»

Falcón attraversò la strada e cominciò a salire le scale che portavano all’appartamento della sorella di Calderón.

«Voglio parlare con lei, sono qui fuori. Mi fa entrare?»

«Immagino che avrà con sé una squadra speciale o roba del genere.»

«No, sono solo.»

«La strada è molto silenziosa.»

«È stata sgombrata per la sicurezza di tutti, niente altro. Non vogliamo che qualcuno si faccia male, Marty.»

«Qualcuno si è già fatto male», ribatté Krugman.

«Mi rendo conto che…»

«No, io dico male… fisicamente. Non è come crede lei.»

«E com’è allora?»

«È una faccenda privata. Siamo al di là di ogni mediazione.»

«Non sono qui per mediare.»

«Allora è qui per essere testimone della distruzione di vite umane.»

«No, certamente non sono qui per questo», disse Falcón in tono deciso. «Sono venuto per ascoltarla.»

«L’ho detto a Maddy che in America poliziotti come lei non ce ne sono», disse Marty. «Laggiù preferiscono le teste quadre che si adattano meglio alle ganasce: è più facile restringere le loro menti. Non colgono le sfumature, vedono solo il bianco e il nero.»

«Noi entriamo nella vita degli altri unicamente nei momenti di crisi», spiegò Falcón. «Qualche volta siamo costretti a semplificare, a tagliare fuori il grigio. Io cerco di non farlo, tutto qui. Ora suono il campanello e vorrei che lei mi aprisse.»

«D’accordo, Inspector Jefe, può entrare. Ho bisogno di un orecchio imparziale. Prima però deve sapere una cosa: entrando, otterrà soltanto di mettersi in pericolo, non modificherà in niente l’esito finale. È già scritto, il fato l’ha deciso già da molto tempo.»

«Capisco», disse Falcón e suonò il campanello per non far calare la pressione.

Venne ad aprire Calderón. Era tutto sudato ma rabbrividiva per l’aria condizionata, aveva lo sguardo smarrito e supplichevole di un mendicante. Maddy Krugman era in piedi alle sue spalle, l’espressione fiera e spavalda. Dietro di lei Marty teneva la rivoltella puntata contro la testa di Calderón.

«Avanti, Inspector Jefe! Chiuda la porta a doppia mandata e metta la catena.»

Krugman era calmo. Mentre Falcón richiudeva la porta, fece sdraiare gli altri due sul pavimento dell’ingresso, le mani dietro la nuca, tastò il busto e le gambe di Falcón e gli chiese di fargli vedere le caviglie, poi fece tornare tutti in salotto dove Calderón e Maddy ripresero i loro posti sul divano. I movimenti della donna erano languidi, come se la cosa non la riguardasse, come se si trovasse costretta a partecipare a una noiosa riunione di famiglia.

«Mi metterò qui», disse Falcón, scegliendo una poltrona vicina alla porta scorrevole, così che García potesse vederlo chiaramente.

«Perché non unirsi a noi in prima fila?» domandò Maddy.

«Va bene così», disse Krugman.

«Come ha fatto a entrare nell’appartamento, Marty?» domandò Falcón.

«Agli amanti piace andare fuori a cena.»

«Non siamo amanti», intervenne Maddy, irritata.

«Li stavo aspettando fuori.»

«Crede che siamo amanti», disse Maddy, cercando di far capire a Falcón l’assurdità dell’idea.

«Se non lo siete, allora che cazzo siete?» domandò Marty in inglese. «Che cazzo ci fate in questo appartamento, vestiti così, pronti per uscire a cena, se non siete amanti?»

«Sua moglie risponderà alle domande, Marty», disse Falcón, «ma in genere le persone diventano nervose con un pistola puntata contro, si mettono sulla difensiva, si fanno prendere dalla collera…»

«Oppure si ammutoliscono», lo interruppe Marty, spostando la canna in direzione di Calderón.

«Lo sta accusando di essere l’amante di sua moglie, forse pensa che sia meglio tenere la bocca chiusa.»

«Sento perfino l’odore della sua paura.»

«Si tratta di una pistola carica.»

«Quando si fa quello che fa lui, bisogna aspettarsi anche questo.»

«Non so che problema hai, Marty. Sapevi fin dal primo giorno che Esteban veniva da noi perché voleva portarmi a letto come tutti gli altri. Sapevi anche che a me non interessava. Non è il mio tipo.»

«Ti conosco, Maddy, so come funziona la tua mente, ricordalo. Qui la tua bravura nelle pubbliche relazioni non ti servirà a nulla, perché questi due giovanotti, anche se ti credessero, non sarebbero in grado di aiutarti.»

«Che cosa ti è successo, Marty?» domandò Maddy Krugman, il viso trasformato improvvisamente in una maschera di viva preoccupazione.

«È successo che ti ho conosciuto», rispose il marito, gli occhi spalancati e furibondi.

«Capisce ora il mio problema?» disse Maddy, rivolgendosi a Falcón. «Come si può pensare di vivere così? Io vivo così sempre e ogni tanto ho bisogno di una pausa di respiro. La tensione è troppa. Per questo esco con Esteban, è una persona di fascino, mi lusinga…»

«Ti lusinga?» esclamò Marty. «Lusinghe! Mi stai dicendo che fai questo per quattro complimenti? Ti sei ammattita del tutto?»

«Calma, Marty!» intervenne Falcón.

«Ora la stronza vuole essere lusingata», continuò Marty. «È capace di buttare dalla finestra vent’anni di matrimonio per qualche complimento. Sono bravissimo anch’io a fare complimenti. Che c’è di difficile? Amor mio, al tuo confronto Man Ray è un dilettante. Che ne dici? Sarai considerata allo stesso livello di Lee Miller. Va meglio così?»

«Marty», disse Falcón e la testa di Krugman si girò di scatto. «Lei ha diritto a una risposta e l’avrà, ma si tratta di una questione di famiglia, non merita l’uso di una pistola. La dia a me e lasci che…»

«Dalle mie parti tutto merita l’uso di una pistola. Ci tirano su in questo modo, ce l’abbiamo nel sangue.»

«Per carità, lascia perdere, Marty», lo interruppe la moglie, con aria di noia infinita.

«Lei non capisce, Inspector Jefe», riprese Marty, stringendo l’arma nel pugno più saldamente. «Non sa che cosa ho fatto io per lei.»

«Come? Come?» esclamò Maddy. «Che cosa avresti fatto tu per me

Marty esitò. Il filo logico dentro di lui parve spezzarsi, tutto l’impianto così accuratamente predisposto andò in cortocircuito. Una parte di lui sapeva bene perché si trovasse lì, ma un’altra parte trovava tutto ciò un mistero assoluto. Era sempre la stessa cosa, voleva lasciarla e non poteva lasciarla, non voleva vivere con lei, ma non resisteva alla forza di attrazione della sua orbita.

«Sono qui per via di ciò che ho fatto per te», disse. «Noi siamo uniti in eterno da quell’atto.»

«Che cosa ha fatto per sua moglie, Marty?» intervenne Falcón.

«È una storia lunga.»

«Il tempo non ci manca.»

«Stia attento», lo avvertì Maddy. «Non ha idea di quanto sia capace di parlare quest’uomo, glielo consenta e potrebbe ritrovarsi a dover ascoltare un Discorso alla Nazione alla decima potenza.»

«Lascialo parlare», sibilò Calderón a labbra strette, sbiancate.

Silenzio. Marty batté le palpebre per impedire al sudore di colargli negli occhi. Passarono secondi che parvero minuti.

«Vivevamo nel Connecticut», disse alla fine, col tono di chi stesse leggendo un testo di storia. «Io lavoravo a Manhattan, Maddy aveva un lavoro part-time in città. Io lavoravo molto, quando ero a casa il fine settimana mi sentivo come se fossi stato via per un lungo viaggio. Raramente vedevo la casa con la luce del giorno. Una mattina sul lavoro svenni e battei la testa contro lo spigolo della scrivania. Mi mandarono a casa. Maddy avrebbe dovuto esserci, ma non c’era, così mi misi a letto e mi addormentai. Svegliandomi, pensai a come avessi fatto a perdere così il controllo della mia vita. Decisi che era tempo di cambiare, mi sarei preso un periodo di riposo, saremmo andati via, a vivere in Europa. Ero in piedi davanti alla finestra della camera, con la testa piena di tutti questi progetti, quando la vidi tornare. Non l’avevo mai vista camminare così, era come se salterellasse… sì, come una bambina che salterellasse. E mi resi conto che stavo vedendo una persona molto felice.

«Scesi per andarle incontro. Aprì la porta e io ero là. E vidi la sua espressione cambiare di colpo, la felicità scomparire, il piombo di nuovo nei piedi. Mi sorrise come se io fossi un parente ritardato. E compresi che qualcun altro la stava rendendo felice.

«Non le parlai dei miei progetti, le dissi soltanto del malore. Poi cominciai a osservarla e notai tutte le cose che non avevo notato prima. Non c’è come il sospetto per rendere acuti la vista e l’udito. Cominciai ad affidare parte del lavoro ai miei assistenti, mi presi tempo libero ogni volta che mi era possibile, la pedinai e scoprii Reza Sangari.»

Marty si passò la pistola sulla fronte sudata. Quel nome, solo a pronunciarlo, gli era costato uno sforzo. Si umettò le labbra.

«Sono bravo come spia, sa», riprese. «Non così bravo da impedire fino alla fine alla donna con cui vivevo di scoprire che la spiavo, ma abbastanza da inchiodare Reza Sangari. Non mi ci volle molto per sapere tutto delle altre donne che vedeva, aveva organizzato perfettamente gli appuntamenti: certi giorni erano per Françoise, altri per Maddy, altri ancora per Helena, senza contare quelle nel mezzo. Facile.»

«Che cosa era facile?» domandò Maddy, niente affatto annoiata ora.

«Farti venire in città in un giorno che non era tuo. Facemmo colazione insieme, ricordi? E sapevo che quel pomeriggio non saresti stata capace di resistere. Era un martedì e il martedì toccava a Helena. Ero là e la vidi uscire. Per te fu come uno schiaffo sul viso. Eri ferma in un portone sull’altro lato della strada. Avrei potuto offrirti una sigaretta e accendertela senza che ti accorgessi di me, tanto eri concentrata su quella porta. Attraversasti la strada per salire da lui a cavargli gli occhi e vedesti un’altra donna entrare. Non conoscevo il suo nome, non era una ‘regolare’.»

«Tu eri ?» esclamò Maddy.

«Ero anche sul treno che ti riportava indietro, ti vidi trascinarti fino a casa, non ti persi di vista un solo istante.»

«Tu non sei normale, Marty Krugman», gridò Maddy.

«Ti vendicasti», continuò Marty. «La spiavo ancora, capisce, Inspector Jefe, non potevo più farne a meno. Mi ritrovai a fare ciò che faceva lei con le sue foto, a osservarla nei momenti in cui non era consapevole, ad ascoltarla quando credeva di essere sola.

«I pianti. Non può aver sentito nessuno piangere così. Guaiva come un cane malato che vomitasse, piangeva premendo la faccia sul pavimento del bagno, soffocandosi, i polmoni in gola. Hanno mai pianto per lei così, Inspector Jefe?»

Falcón scosse la testa.

«Ha mai visto la persona che ama piangere così per qualcun altro? Piangere fino a perdere i sensi, fino alle convulsioni?»

Falcón scosse di nuovo la testa.

«Non tornò più da lui», riprese Marty. «L’orgoglio di mia moglie è incommensurabile, è più grasso di Buddha. E all’orgoglio si aggrappò, all’orgoglio che si andò trasformando in furia. Saliva in soffitta a gridare fino a scorticarsi la laringe.»

«Non ne avete mai parlato?» domandò Falcón.

Marty fece segno di no.

«Poi cominciò a scrivere, e Maddy d’abitudine non scrive», continuò Marty. «Non ha mai tenuto un diario in tutta la sua vita, il suo diario sono le fotografie. Ma qualche settimana dopo, quando capì di che specie di uomo si era innamorata, cominciò a scrivere. E perché crede che lo abbia fatto, Inspector Jefe?»

Falcón si strinse nelle spalle.

«Perché sapeva che la spiavo, sapeva che morivo dal desiderio di leggere ciò che scriveva. E aveva ragione, io dovevo assolutamente vedere, sapere, avevo investito moltissimo nel suo dolore e volevo la mia parte.

«Aveva nascosto i suoi taccuini, li teneva chiusi a chiave, ma io riuscii a trovarli lo stesso. So che lei si interessa di psicologia, Inspector Jefe, e mi dispiace che quei taccuini non esistano più, perché dubito che lei possa mai leggere qualcosa di altrettanto orripilante. Non solo Maddy Krugman lo voleva morto, Inspector Jefe, ma voleva che morisse dopo una tortura prolungata, sotto controllo medico. Vede, io sono sicuro che sesso e tortura siano in qualche modo connessi nella psiche umana. Per Maddy era così… non è vero, amor mio?»

«Non so di che cosa tu stia parlando, Marty. Questa farneticazione è tutta farina del tuo sacco.»

«Non ricordi? ‘La lingua dell’amante come un elettrodo sul capezzolo’? Il tocco del suo pene ‘come un pungolo nella vagina’? Le hai scritte tu queste parole.»

«Che cosa fece allora, Marty?» intervenne Falcón.

«Ciò che lei voleva che facessi. Organizzai tutto per un sabato pomeriggio. Era autunno, le giornate si erano accorciate e durante il fine settimana il quartiere dove viveva Reza Sangari era quasi deserto. Andai a trovarlo. Mi presentai, lui mi fece entrare e io ascoltai le sue scuse. Aveva una voce morbida, seducente come quella del torturatore che in realtà non vuole sapere niente, ma vuole solo causare dolore. Me ne stavo là tra i costosi tappeti di seta sui quali aveva posseduto mia moglie, pieno di rabbia per la facilità con cui quell’uomo si trovava delle attenuanti. Fu facile in modo sorprendente colpirlo fino a farlo morire. Mi ha sentito, Inspector Jefe? Io, Marty Krugman, il raffinato intellettuale, l’esteta, l’uomo che considera repellente l’idea di assistere a una corrida, trovai facile in modo sorprendente uccidere a randellate un essere umano. Imparai anche un’altra cosa: la violenza che scorreva nelle mie vene in quel momento… mai, mai ho avvertito in me tanta potenza!

«Tornai a casa col buio, come un uomo delle caverne con la clava, e lei era là ad aspettarmi, col grembiule intorno alla vita. Mi preparò una cena speciale e mangiammo a lume di candela. Un altro dei nostri pasti silenziosi, ma questo fu diverso, perché alla fine lei si spogliò e mi chiese di fare l’amore. E io, con quel sangue nuovo nelle vene, la accontentai. Ora, Inspector Jefe, devo dire che quella fu una scopata memorabile: finalmente avevo scoperto come elettrizzare Maddy Krugman.»

«Non darti delle arie, Marty», disse lei piena di disprezzo.

«Comunque sia, da quel momento la follia cessò in casa nostra, ricominciammo a vivere come esseri umani. Qualche giorno dopo al telegiornale parlarono dell’omicidio di Reza Sangari e lei rimase assolutamente imperturbabile. Fumavamo marijuana, mangiavano piatti eccellenti e bevevamo vino costosissimo; e facevamo molto sesso violento.

«La settimana seguente o giù di lì si presentarono gli agenti dell’FBI. Chiesero di parlare con Maddy in privato e io li lasciai fare. Poi dissero che volevano parlarmi. Maddy chiese di restare sola con me prima che fossi interrogato. Entrammo perfettamente nella parte senza dire una parola. Maddy venne in cucina e mi raccontò tutto di Reza Sangari. La mia interpretazione fu impeccabile, mi comportai come se fossi sconvolto dalla notizia, mentre, in realtà, ero stupefatto dalla nostra recitazione brillante.

«I poliziotti se ne andarono, ma continuarono a ritornare. Io non avevo un alibi, avevo un movente, ero stato visto andare in città quel sabato, anche se ero sicuro di non essere stato visto rientrare. Vennero a parlarmi sul lavoro, cercavano di mettermi alle strette.»

«E l’unica volta in cui ha parlato con Maddy di Reza Sangari è stato durante la prima visita degli agenti dell’FBI?» domandò Falcón.

«Sì e non ne abbiamo parlato mai più», rispose Marty. «All’improvviso l’inchiesta sull’omicidio terminò, avevano scoperto che Sangari era fortemente indebitato a motivo dell’uso di cocaina e attribuirono la sua morte a un regolamento di conti nel mondo della droga. Partimmo per l’Europa. Il sangue nelle mie vene ricominciò a scorrere più lentamente.»

Maddy Krugman sbuffo incredula.

«È tutto quanto nella tua testa, Marty», affermò. «Pura fantasia.»

«E ora vuole che io faccia la stessa cosa al nostro amico giudice», disse Marty, puntando l’arma contro Calderón. «Mia moglie vuole che la uccida, signor Calderón. E sa perché?»

La testa del magistrato dondolò sul collo tremolante.

«Perché la odia. Odia ciò che lei rappresenta: il maschio predatore, sempre a caccia, che lascia il suo seme ovunque può. Io la conosco ormai, come non ho mai conosciuto nessuno. A questa profondità di conoscenza si arriva quando si uccide per conto di qualcun altro. Io le dico, Juez Calderón, che Maddy si eccita sessualmente all’idea di vederla morto, di vederla giacere a occhi spalancati e vuoti e con un foro nel suo cuore di pietra. La esalterà.»

«Sta’ zitto, Marty!» ruggì Maddy Krugman. «Chiudi quella cazzo di bocca!»

«Sì, ho scoperto questo premio inatteso. È durato abbastanza a lungo, ci ha unito, ha messo del pepe nella… nella nostra vita sessuale», concluse, perplesso, come se avesse appena scoperto quanto poco importante fosse.

«Fino a quando…» Maddy quasi ansimava dopo il suo scatto.

«Fino a quando che cosa?» disse Marty.

«Fino a quando hai ricominciato a pensare, idiota! Fino a quando non sei scomparso di nuovo dentro la tua fottutissima testa! Io ero innamorata di Reza Sangari. Lui si sollazzava con altre donne, io ho smesso di vederlo e poi tu lo hai ucciso… oppure no, Marty? Forse anche questo è tutto nella tua testa, frutto della tua miserabile fantasia perversa. Io non ho mai voluto che tu lo ammazzassi e, se lo hai fatto, hai fatto tutto da solo. Una volta morto lui, io ho avuto bisogno di te e tu c’eri: questo, questo ci ha uniti! La stronzata che hai detto di Esteban, non so dove…»

«Manca qualcosa in questa storia», affermò Falcón all’improvviso. «C’è un grosso stacco tra lei sottoposto alle pressioni dell’FBI e la sua comparsa a Siviglia come vicino di casa di Rafael Vega.»

Tre facce si voltarono simultaneamente verso Marty Krugman, che si passò la rivoltella nell’altra mano, si asciugò il palmo sudato sui pantaloni e strinse di nuovo l’arma nella sinistra.

«Che cosa è successo veramente, Marty?» domandò Falcón. «Gli investigatori della squadra Omicidi non lasciano andare tanto facilmente una persona sospetta che ha avuto l’occasione, ha un forte movente e nessun alibi. Quelli dell’FBI non sono diversi dagli altri. Dopo anni di questo lavoro abbiamo tutti un certo fiuto nell’individuare gli assassini e li spremiamo finché non si spezzano. Perché non ci dice come mai l’hanno lasciata andare?»

Marty Krugman si strinse nelle spalle. Che diavolo.

«Incontrai uno in treno», disse.

Maddy si raddrizzò sul divano, aggrottando la fronte.

«In genere la gente non parla molto sui treni dei pendolari e nemmeno ti chiede come la pensi sul tuo Paese, ma quel tipo, non so per quale ragione, voleva sapere tutto delle famose teorie di Marty Krugman. Voleva sapere fino a che punto fossi un bravo americano. Voleva sapere quanto fossero profonde le mie paure, quanto fosse bestiale la mia avidità. Credo, ripensandoci, di aver fatto centro per quanto riguardava le paure. Volevo che gli Stati Uniti restassero la nazione più potente del mondo, gli dissi, perché, con loro al timone, sapevo dov’ero. Ci incontrammo di nuovo qualche giorno più tardi e facemmo una passeggiata in Bryant Park, dietro la biblioteca. Faceva un freddo tremendo. Là c’è un posticino dove si mangia bene, il Bryant Grill. E là quell’uomo mi rivelò che conosceva il mio problema e che avrebbe potuto risolverlo.»

«Come si chiamava quell’uomo?» domandò Falcón guardando Maddy.

«Foley Macnamara», rispose Marty, senza batter ciglio.

Maddy trasalì, accennò ad aprire la bocca.

«Diventammo clienti abituali del Bryant Grill. Foley mi spiegò quanto fosse importante il modo di presentarsi quando si deve mantenere il potere, come il fine giustifichi i mezzi e come i mezzi debbano necessariamente essere spregiudicati e messi in atto senza il minimo scrupolo per ricordare a quanti hanno manie di potere contro chi si sono messi. Disse che era quello in gran parte il lavoro dell’Agenzia: un lavoro di immagine, per conservare la fedeltà alla marca.»

«L’agenzia, Marty?», disse Maddy, incredula. «Quale agenzia?»

«Fu allora che gli domandai se fosse della CIA e lui mi rispose di no.»

«Oh, Marty… no!» esclamò Maddy. «Sei partito del tutto. L’Agenzia. Gesù Cristo.»

«Disse che era un consulente e che forniva informazioni a certi dipartimenti. Disse che lavorava solo nel settore degli affari e della politica, niente di militare.

«Gli piacevano le mie caratteristiche: non avevo mai lavorato per lo Stato, avevo alle spalle una carriera ben documentata come architetto, parlavo già spagnolo quasi perfettamente. Tutto ciò che volevano da me era che andassi a Siviglia, mi mettessi in contatto con un’agenzia immobiliare e loro mi avrebbero trovato una casa accanto a quella di Rafael Vega.»

«Tanto per cominciare, Marty, noi non avevamo intenzione di andare a Siviglia. Se ben ricordi avevamo preso una casetta in Provenza, volevamo restarci un anno per provare a vivere come in quel libro cretino… se ben ricordi.»

«Però siamo andati a Barcellona a trovare il mio vecchio amico Gaudi e siamo finiti a Siviglia, Maddy. Io dovevo soltanto mantenere costante il flusso di informazioni su Vega, sulla sua situazione, sulle sue idee e i suoi eventuali progetti. In cambio le indagini sull’omicidio di Reza Sangari avrebbero preso un’altra direzione, e noi saremmo stati liberi di lasciare gli Stati Uniti e ricominciare la nostra vita altrove, senza ammissione di colpa da parte mia.»

«Ma è folle!» Maddy si nascose il viso tra le mani. «Non puoi raccontare a queste persone idiozie del genere.»

«Sapeva chi fosse l’uomo che doveva spiare?» domandò Falcón.

«L’ho scoperto soltanto quando le cose hanno cominciato a cambiare nella vita di Rafael Vega. La loro teoria era che meno sapevo più sarei stato convincente.»

«Chi era il suo contatto qui a Siviglia?»

«Il suo nome in codice era ‘Romany’. Ci incontravamo giù al fiume, tra i due ponti.»

«Le ha mai rivelato la vera identità di Vega?»

«Non mi dirà che crede a questa roba, Inspector Jefe?» si stupì Maddy. «Perché, lasci che glielo dica… questa è la prova che abbiamo a che fare con uno squilibrato.»

«Ho scoperto tutto da solo», disse Marty, ignorandola. «Il che significa che per molti mesi non ho saputo nulla. Con Vega parlavamo di tutto, ma lui non diceva mai nulla di sé. Non ha lasciato trapelare assolutamente nulla fino alla fine dell’anno scorso, quando per la prima volta si è ubriacato in mia compagnia e ha cominciato a parlare dell’’altra sua vita’. Non ho saputo tutto in una volta, ho dovuto mettere insieme i pezzi dopo una serie di conversazioni, ma la ragione della sua angoscia era il suo precedente matrimonio con un donna morta qualche anno prima a Cartagena, in Colombia. Avevano avuto una figlia, che in seguito si era sposata e aveva avuto dei bambini. Si erano tenuti in contatto e alla fine dello scorso anno aveva ricevuto la notizia che lei, il marito e i figli erano morti in un incidente stradale: un camion li aveva spinti fuori strada. Per lui era stato un colpo devastante e, ovviamente, non aveva nessuno con cui sfogarsi tranne me.»

«Vega lo aveva ritenuto veramente un incidente?» domandò Falcón.

«La paranoia di quell’uomo è saltata fuori a causa del suo stato di confusione e di dolore. Non sapeva se fossero i suoi nemici che si erano rifatti vivi o se si trattasse di una punizione divina.»

«Allora le ha detto che cosa faceva in quell’’altra sua vita’?», disse Falcón. «Perché aveva dovuto tagliare i ponti con la moglie e con la figlia?»

«Non me l’ha proprio detto», rispose Marty. «Mi ha detto che aveva cominciato a vedere dei volti che uscivano dal suo passato.»

Maddy allargò le braccia, come se quelle parole fossero la dimostrazione definitiva della follia del marito.

«Le vedeva in sogno?» domandò Falcón.

«Credo che all’inizio si fosse trattato di sogni e poi il sogno e la realtà avevano cominciato a fondersi e questo lo aveva spaventato. Finché erano state facce viste in sogno si era limitato a interrogarsi sul perché la sua mente le avesse fatte riaffiorare, ma quando ha cominciato a vedere quelle stesse facce in persone vive ha pensato di essere sul punto di impazzire. Non voleva parlarne con nessuno, diceva di aver iniziato a prendere qualcosa contro l’ansia, ma le facce continuavano a comparirgli davanti nei parchi, nei negozi, nei caffè. E tuttavia non riusciva a identificarle.

«È venuto fuori che in Cile era nell’esercito», continuò Marty. «Ne dedussi che doveva essere stato coinvolto nel golpe militare del 1973. Gli ho fatto presente che nel processo rivoluzionario di Pinochet erano accadute molte brutte cose e che forse quelle facce erano di persone che avevano sofferto per mano di uomini del nuovo regime. E mentre gli dicevo così, capivo di aver colto nel segno. Si era immerso nei suoi pensieri e parlava con se stesso: gli ho sentito dire: ‘Erano quelli che non avevano invocato la madre’. Credo che fossero persone che aveva torturato.»

«È questa la ragione per cui lo ha ucciso, Marty?» disse Falcón.

«Capisco che lei abbia bisogno di mettere tutto in bell’ordine, Inspector Jefe. Perciò mi attribuisca pure l’omicidio, se deve. Ma quello era un uomo che avrebbe comunque fatto tutto da solo.»

«E l’Agenzia?» intervenne Maddy, in tono provocatorio.

«Non lo volevano morto», rispose Marty. «Non avevano ancora scoperto quello che volevano sapere.»

«E che cos’era?» domandò Falcón.

«Non lo sapevano. Erano soltanto certi che avesse qualcosa che avrebbe potuto danneggiare loro o i loro interessi.»

«Pensi davvero che questa gente creda a tutte le tue stronzate?» La voce di Maddy era acuta, stridula. «Mio marito un agente segreto della CIA? Sei patetico, Marty Krugman, sei fottutamente patetico e lo sei sempre stato.»

«E con questo, signori», annunciò Marty, «abbiamo finito.»

Il proiettile penetrò nel torace a destra del seno sinistro della donna. Marty si lasciò scivolare sul pavimento, con la schiena appoggiata alla parete e si mise la canna della pistola in bocca. Falcón si gettò su di lui, cercando di deviare l’arma, ma era stato tutto calcolato con precisione. Marty premette il grilletto e il muro bianco si chiazzò di rosso dietro di lui.

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