12 La sposa prescelta

Quando ne venne fuori, Chris era nel bel mezzo di una danza. Funzionando per automatismi, il suo corpo continuò a muoversi come si era mosso fino a quel momento, ma in pochi secondi Chris si fermò, con il risultato di essere violentemente spintonato alle spalle da un grosso titanide azzurro. Sulla faccia, Chris aveva ancora un largo sorriso, e si affrettò a ritornare serio.

Qualcuno lo afferrò per il gomito e lo tirò via dalla fila dei danzatori, lo fece girare su stesso; Chris si trovò con la faccia quasi piantata contro il seno di un altro titanide.

— Ho detto che dobbiamo partire subito, per non arrivare tardi alla mia rivista — disse il titanide, che era una femmina, e abbassò in modo strano la manona. Nel vedere che lui non accennava ad alcuna mossa, si passò l’altra mano nei capelli, che erano lunghi e di colore rosa, e sospirò disperata. — Su, monta, Chris! Sbrigati!

Un impulso che non avrebbe saputo spiegare lo portò a sollevare il piede, scalzo, e a posarlo nella mano della titanide. Forse era un riflesso fantasma, il corpo che ricordava ancora un’abitudine che la mente aveva dimenticato. Ma era la cosa giusta da fare. Lei lo sollevò; lui si afferrò alla spalla della titanide e si trovò in groppa. La pelle della titanide era priva di peli, in predominanza gialla, ma picchiettata di macchioline scure, come una banana matura. Sotto le gambe, dove erano in contatto con il dorso della titanide, Chris sentiva la giusta temperatura e la giusta consistenza: come pelle umana, ma stesa su una struttura diversa.

Lei ruotò il torso e si abbassò da un lato, in modo da mettergli il braccio sulle spalle. Negli occhi grandi, quasi a mandorla, si leggeva una grande eccitazione. Chris rimase assai stupito quando lei lo baciò sulle labbra, premendo forte. Era talmente grossa che a Chis pareva di essere ritornato un bambino di sei anni.

— Porta fortuna, tesoro. Le coppie e il modo sono già fissati. Adesso, basta solo un po’ di fortuna, e il mio portafortuna sei tu. — Lanciò un urlo e scavò la terra con le zampe posteriori, schizzando avanti in pieno galoppo. Chris si afferrò alla vita e continuò a tenersi forte.

Non era la prima volta che gli capitava qualcosa di simile. Già altre volte era uscito dall’amnesia mentre era in piena corsa, e pensava di essere preparato a tutto.

Ma non era preparato a quello che vedeva adesso attorno a sé.

L’intero universo pareva pieno di luce chiara, di polvere, titanidi, tende e musica. Soprattutto musica. Ne attraversarono una serie di ondate, incontrando quelle che parevano tutte le forme inventate dagli uomini, e quelle, in numero ancora maggiore, inventate dai titanidi. Pareva destinata a diventare una follia acustica, ma così non era. Ciascun gruppo teneva conto della musica suonata dal gruppo adiacente. Con una sorta di gioco di prestigio in musica, si passavano tra loro la frase musicale, facevano variazioni sul tema, e poi lo rimandavano indietro per ulteriori elaborazioni, ma a un ritmo e a un tempo diversi. Chris e la sua titanide attraversarono intere famiglie di musiche: dal ragtime alla quadriglia, allo swing e a vari generi di jazz freddo, con occasionali inserzioni di interventi non-umani, che, di volta in volta, potevano essere in sordina o a pieno volume.

A volte, qualcosa di ciò che giungeva all’orecchio di Chris gli risultava del tutto incomprensibile. Tutt’al più poteva pensare che erano "esperimenti". Ma per i titanidi qualsiasi tipo di suono rientrava nella musica. I tipi apprezzati dagli umani erano un piccolo gruppo, un angolino della grande famiglia delle forme musicali. Una delle esecuzioni udite da Chris erano solo delle note prolungate, in gruppi di tre o quattro, ciascuna spostata di pochi cicli al secondo rispetto alla frequenza dell’altra. Si formavano dei battimenti, e i titanidi riuscivano a trasformare in una particolare forma di musica anche quelli.

Attraversare la folla del Festival Rosso era come viaggiare dentro un mixer a cinquantamila piste con componenti elettroniche vive. Forse da qualche parte c’era un super-titanide, un super-ingegnere del suono, che spostava i cursori, amplificando una pista, abbassando il volume di un’altra, facendo emergere per pochi istanti una linea melodica, per poi farla svanire.

Ogni tanto, qualcuno indirizzava un canto alla sua compagna (o doveva dire il suo veicolo? la sua cavalcatura?) e lei salutava con la mano e rispondeva con qualche breve canto. Poi un titanide la chiamò in inglese.

— Che cos’hai, lì con te, Valiha?

— Il mio quadrifoglio portafortuna, spero — rispose Valiha. — Il mio biglietto per maternità.

Chris fu lieto di sapere il suo nome. A quanto pareva, la titanide lo conosceva, fin troppo bene, a dire il vero, e si aspettava che anche lui la conoscesse. Chris si domandò, e non per la prima volta, che cosa fosse successo tra loro.

La loro destinazione era un cratere dalle pareti rosicchiate e con un diametro di mezzo chilometro. Cercò nei propri ricordi il nome, che per qualche istante rimase fuori portata, e che poi si lasciò afferrare: Grandioso. Un nome che era privo di una spiegazione, ma che gli pareva giusto, come spesso gli capitava quando usciva da uno dei suoi attacchi. Anche la roccia posta ai margini del cratere aveva un nome, ma Chris non riuscì a farselo venire in mente.

Giunto al bordo di Grandioso si guardò alle spalle per dare un’occhiata all’accampamento dei titanidi, una gabbia di matti da cui si levava il rumore di mille orchestre intente ad accordare gli strumenti, un tumulto di colori che terminava in una lunga nube di polvere portata via dal vento.

Entrare nel cratere fu come scendere in un altro mondo. C’erano molti titanidi, ma senza la baldoria e l’anarchia dell’accampamento. Grandioso era coperto da un tappeto di erba verde, e su quel tappeto era tracciata una rete di linee bianche. I titanidi si erano disposti in piccoli gruppi, con un massimo di quattro per ogni riquadro, come pedine di un gioco su scacchiera. In alcuni dei riquadri si scorgevano strutture allegre ma dall’aria deperibile, come per esempio baldacchini di fiori. Altri erano spogli. Valiha entrò in quel dedalo, percorse quattro riquadri in avanti e sette di lato. Si unì a due altri titanidi, in un riquadro in cui erano contenuti alcuni oggetti strani, come corone di agrifoglio e un’intera serie di pietre lucide, il tutto disposto secondo configurazioni che a Chris non dicevano assolutamente niente.

Valiha fece le presentazioni, e Chris si sentì chiamare "Fortunato" Major. Cosa poteva averle raccontato? I due titanidi erano una femmina chiamata Cembalo (Trio Lidio) Preludio e un maschio dall’improbabile nome di Hichiriki (Quartetto Frigio) Madrigale. Anche Valiha, venne a sapere, apparteneva all’«accordo» dei Madrigale, caratterizzato dalla pelle gialla e dai capelli rosa. Il suo secondo nome, quello tra parentesi, era Assolo Eolio. Seppe che questo nome dipendeva dal tipo di nascita, ma la cosa non gli fu di molto aiuto.

— E tutto questo… — Evitando di terminare la frase, Chris sperava di nascondere la propria ignoranza di cose che invece, secondo la titanide, avrebbe dovuto sapere benissimo. Indicò le linee bianche, le pietre e le corone. — Che modo era, mi dicevi?

— Trio Mixolidio Doppio Bemolle — rispose lei. A quanto pareva, il nervosismo le metteva voglia di parlare, anche se si trattava di argomenti detti e ridetti. — È sulla targhetta che puoi vedere di fronte a noi. Capirai che non vuole dire niente… un Trio Mixolidio Doppio Bemolle non ha nessun significato nella musica; è solo una serie di parole inglesi che noi usiamo al posto delle parole vere, che tu non sapresti cantare. Oh, forse non l’ho detto, ma questo modo significa che Cembalo è l’antemadre e Hichiriki l’antepadre. Se otteniamo l’approvazione, Cembalo sarà il retropadre.

— E tu la retromadre — disse Chris, ormai fuori pericolo.

— Esatto. Loro due hanno prodotto l’uovo, e Cembalo lo feconderà in me.

— L’uovo.

— Eccolo. — Infilò la mano nel marsupio (comodo, pensò Chris, avere una borsa naturale) e gli lanciò un oggetto grosso come una pallina da golf. Sorpreso, lui per poco non lo lasciò cadere, e Valiha rise.

— Non ha il guscio — spiegò. — È il primo che vedi? — Aggrottò leggermente la fronte.

Chris era perplesso. Quell’uovo era piuttosto duro, e pareva pieno. Era una sfera perfetta, color dorato pallido, con dei ghirigori più scuri sulla superficie, simili alle impronte digitali. Era leggermente traslucido, e al suo interno si scorgevano aree lattiginose. Qualcuno aveva scritto sulla superficie alcuni caratteri nell’alfabeto dei titanidi.

Restituì l’uovo a Valiha, e guardò la targhetta indicatagli dalla titanide. Era posata a terra, era larga una decina di centimetri e sulla sua superficie erano incisi alcuni simboli e alcune linee:

— La lettera F significa "femmina" — disse qualcuno, dietro di lui. Si voltò, e vide due donne umane, intente a parlare tra loro. Entrambe erano piccole e assai graziose. Sulla fronte della più piccola era dipinto un occhio aperto, di color verde; inoltre portava altri disegni poco distinguibili sulle gambe e sulle braccia. Sembrava molto giovane. La seconda aveva la pelle più abbronzata, ed era quella che aveva parlato. Non riuscì ad attribuirle un’età precisa, anche se non doveva avere più di trentacinque anni.

— E la M, ovviamente, sta per "maschio". L’asterisco alla destra è l’uovo semi-fecondato prodotto dall’antemadre, e la freccia che parte dalla riga in basso spiega come sia avvenuta la prima fecondazione. Questo è un Trio Mixolidio Doppio Bemolle, in cui l’antemadre è anche il retropadre. I gruppi mixolidii sono quelli con due femmine, a parte i Duetti Eoli, in cui sono tutte femmine. Tutti i gruppi eoli sono di sole femmine. I modi lidii sono di una sola femmina e di uno, due o tre maschi, e il modo frigio, di cui esiste solo il quartetto, ha tre femmine e un maschio, che è l’antepadre.

La donna più piccola si chinò a leggere le scritte sulla targhetta, e Chris si fece da parte per lasciarla passare. Desiderava sapere qual era il proprio ruolo, e sperava di poterlo apprendere ascoltando il discorso delle due donne. Era una tattica che in passato gli aveva sempre dato buoni frutti dopo i vuoti di memoria, una tattica assai comune tra le persone che avevano i suoi stessi problemi, e che, esattamente come lui, non volevano farlo sapere.

La ragazza sospirò, raddrizzandosi.

— C’è ancora qualcosa che mi sfugge — disse, parlando con un leggero accento che Chris non riuscì a individuare. Indicò lo stesso Chris come se si fosse trattato di una statua. — Ma lui, cosa c’entra?

L’altra donna rise. — Non c’entra affatto, in un Trio Mixolidio. Ci sono solo due modi che includono gli esseri umani: il dorico e lo ionico, ma oggi non ne ho visti. Sono piuttosto rari. No, tutt’al più, si potrebbe dire che fa parte della decorazione. È un feticcio della fertilità. Un talismano portafortuna. Al Festival, i titanidi sono molto superstiziosi.

Parlando, aveva continuato a guardarlo; ora, per la prima volta, incontrò il suo sguardo, cercò in esso qualcosa e, non trovandolo, sorrise. Gli porse la mano.

— Però, io non credo che lo siate, almeno adesso — disse. — Sono Gaby Plauget. Spero che le mie parole non vi abbiano offeso.

Chris rimase sorpreso dalla forza della sua stretta di mano.

— Mi chiamo…

— Chris Major. — La donna rise di nuovo. Era una risata innocente. Impossibile interpretarla nel modo sbagliato. — Non dovrei lasciarmi scappare queste cose. Probabilmente, adesso penserete che sappia un mucchio di cose su di voi. È la prima volta che ci vediamo, comunque.

— Avevo l’impressione che… lasciamo perdere. — Chris pensava di conoscere quel nome, ma la donna aveva detto che non si erano mai visti, e perciò lasciò cadere l’argomento. Se avesse passato il tempo a dare la caccia alle esperienze fantasma sepolte nella sua mente, non sarebbe mai riuscito a combinare niente nella vita.

La donna annuì. — Ne parleremo più tardi. Ci si vede. — Sempre sorridendo, agitò la mano e tornò a rivolgersi all’altra donna. — Ogni riga rappresenta un titanide — spiegò. — Il posteriore è a sinistra, la testa è a destra. La prima fila è una femmina: da sinistra a destra, vagina, pene, un’altra vagina tra le zampe anteriori. Anche la seconda riga è una femmina, e la terza riga è un maschio. Adesso ti è chiaro? Il titanide della riga più in alto è antemadre e retropadre, quello della fila di mezzo è retromadre, quello in basso…

— Che cosa ti ha detto?

Chris si voltò, e vide che Valiha era preoccupata.

— Perché, cosa ti hodetto, io?

— Che eri molto fortunato, e che tu… vuoi dire che non è vero? — Spalancò gli occhi e si portò la mano alla bocca.

— A quanto so, ci sono dei momenti in cui sono fortunato — disse lui. — Ma non è una cosa su cui si possa fare affidamento. E non ricordo dove ci siamo incontrati, di cosa abbiamo parlato, e cosa abbiamo fatto insieme. Ho perso la memoria da… ecco, l’ultima cosa che ricordo è che parlavo con Gea nella grande sala del mozzo. Mi spiace. Ho fatto delle promesse?

Ma Valiha si era già voltata verso i suoi due partner. Accostarono le teste e cominciarono a cantare un melodia dolce e struggente. A quanto capì Chris, stavano discutendo la cosa. Sospirò, e si guardò attorno, alla ricerca di Gaby e dell’altra ragazza, ma vide che erano già in fondo alla fila e che si dirigevano verso una grande tenda bianca, collocata ai limiti del campo di rivista.

Valiha gli chiese di tenersi vicino a loro, in attesa del momento dell’ispezione. Gli chiese se portava sfortuna, quando non era pazzo, e lui rispose che non gli pareva di portarne. Secondo Chris, la cosa migliore da farsi era quella di confondersi tra la folla, anziché rattristare i suoi compagni con la nube nera di disgrazie che portava con sé. Con questa intenzione si avviò lungo il campo, senza fretta, osservando i gruppi di titanidi.

Dopo ciò che aveva sentito, l’intero insieme acquistava più senso. In ogni riquadro c’era un gruppo che chiedeva l’autorizzazione alla riproduzione. A questo fine avevano preparato una proposta che seguiva certe loro regole arcane. Si univano a gruppi di due, tre o quattro titanidi, e ciascun gruppo spiegava quale modo di procreazione aveva scelto, tra i ventinove possibili; ciascun gruppo aveva già pronto un uovo semi-fecondato, primo stadio del minuetto sessuale dei titanidi.

Chris si chiese, mentre camminava lentamente tra i gruppi, quante di quelle proposte sarebbero state accettate, e chi prendesse la decisione. Non occorreva una grande intelligenza per capire che Gea era un sistema limitato. Anche con l’industrializzazione, Gea avrebbe potuto nutrire molti più esseri intelligenti che in quel momento, ma presto si sarebbe raggiunto il limite. Ne seguiva che solo un piccolo numero dei gruppi attorno a lui sarebbe stato prescelto. Provò a calcolare quante potessero essere le autorizzazioni, e si tenne basso. Più tardi venne a sapere che la cifra vera era un quinto della sua.

Una competizione come quella produceva tensioni, e le tensioni conducevano al comportamento irrazionale. Se al posto dei titanidi ci fossero stati degli esseri umani, il Festival sarebbe stato una rissa continua, ma i titanidi non facevano a pugni tra loro. Gli sconfitti si ritiravano a piangere in privato. Poi, dopo un periodo di tristezza, ritornavano a unirsi agli altri per darsi a una serie scatenata di danze, di sbornie e di chiacchiere su come sarebbero riusciti a vincere la prossima volta. Ma, quando provavano, si attaccavano a tutto, riempiendo di talismani, amuleti e portafortuna i riquadri loro assegnati, divenendo per qualche periodo profondamente superstiziosi, come gli scommettitori alle corse o i primitivi che, consapevoli della loro infima condizione, facevano del loro meglio per richiamare l’attenzione della divinità.

Le esposizioni create per dare risalto alle loro proposte di riproduzione andavano dal minimalista al barocco. Chris scorse una coppia che aveva costruito una pagoda dall’aspetto assai precario, decorata di pezzi di vetro, fiori, scatole vuote, e bellissime tazze di ceramica. Un altro riquadro era ricoperto di un tappeto di piume bianche, sporche di sangue. Alcuni componevano diorami o recitavano scenette; altri giocavano con i coltelli stando ritti sulle zampe posteriori.

C’era anche una semplicissima esposizione che Chris giudicò affascinante, costituita di una pietra grigia e consumata, che reggeva solo un uovo e un rametto da cui spuntavano due minuscoli fiori.

Uno dei riquadri aveva un solo occupante. Chris dapprima pensò che il resto del gruppo dovesse ancora arrivare, ma quando esaminò la targhetta rimase ancora più stupito:

Secondo la spiegazione di Gaby, una fila rappresentava un titanide. Inoltre, la targhetta pareva indicare che quella femmina intendeva essere antepadre, antemadre, retropadre e retromadre del nascituro. La osservò. Era una creatura incantevole, coperta di pelo candido come la neve, e sedeva a terra, con un singolo uovo, color verde chiaro, posato davanti alle zampe ossute. Non riuscì a resistere.

— Scusate. Ma non credo di capire come…

Lei gli sorrideva, ma dallo sguardo si capiva che non aveva compreso la domanda. Gli cantò alcune note, sollevò eloquentemente le spalle e scosse la testa.

Chris la lasciò, senza essere riuscito a soddisfare la propria curiosità di sapere come intendesse fare.

Aveva pensato di andarsene, ma si trovava ancora nei pressi quando la Maga uscì dalla tenda e cominciò la rivista. Chris non era molto lontano, e decise di rimanere per qualche tempo a osservare.

La Maga era quel che si definisce un "donnone", e non faceva niente per nasconderlo: camminava a schiena dritta, mento in fuori, spalle indietro. Aveva la pelle leggermente abbronzata, capelli color mogano con la scriminatura nel mezzo. Aveva la fronte un po’ troppo sporgente, il naso un po’ troppo lungo e la mascella un po’ troppo maschile per poter fare la diva in un film, ma dal suo modo di muoversi e da tutto il suo essere emanava una forza che andava al di là dei convenzionali canoni della bellezza. Camminava in punta di piedi, a piedi scalzi: l’andatura adatta a un quarto della gravità terrestre; Chris aveva già visto quel modo di camminare, e sapeva che occorreva piegare leggermente le ginocchia a ogni passo, e muovere soprattutto i fianchi. Era un’andatura felina, e risultava molto sexy anche se non voleva esserlo; era semplicemente il modo più efficace per camminare su Gea.

Chris seguì per qualche tempo la Maga che esaminava le file dei postulanti. Era accompagnata da una coppia di titanidi maschi del clan della Cantata: avevano la pelle di colore chiaro, erano privi di pelo, salvo che sulla testa, sulla coda, sugli avambracci e sulla parte bassa delle gambe, ed erano di grande taglia perfino per i titanidi. Uno reggeva un registro, l’altro una scatola dorata. A quanto pareva, dovevano essere gemelli identici. Portavano soltanto braccialetti e cerchi d’oro attorno alle braccia e alle gambe. Invece la Maga aveva un aspetto tutt’altro che regale. Indossava una specie di coperta color mattone, con un buco in cima per infilarci la testa, e quel poncho improvvisato le scendeva fino alle ginocchia. Le sue braccia si perdevano fra le pieghe, ma quando ne tirò fuori uno, Chris vide che non indossava altro.

La Maga non badava alle linee bianche tracciate sul terreno, e passava da un riquadro all’altro come più le faceva comodo. I suoi accompagnatori titanidi e i pochi altri osservatori rispettavano invece le corsie, e Chris li imitò. Uno dei due Cantata si assicurava che la Maga non trascurasse nessun gruppo, e segnava sul suo registro i riquadri già visitati; una volta chiamò indietro la Maga, perché aveva svoltato dalla parte sbagliata.

La Maga conosceva personalmente molti dei titanidi. Spesso si fermava a cantare con loro, ne baciava alcuni, ne abbracciava altri. Passava lentamente tra i gruppi: prima leggeva la targhetta, e poi esaminava attentamente i titanidi dall’alto al basso, ma senza mai mostrare alcuna particolare espressione. A volte si fermava e pareva perdersi in qualche riflessione, poi scambiava qualche parola con uno degli assistenti, gli mormorava qualcosa, e proseguiva. A volte rivolgeva qualche domanda a uno dei candidati.

Sempre proseguendo in questa maniera, passò in rassegna tutti i gruppi, e poi riprese dall’inizio. Chris cominciò ad annoiarsi, e decise di recarsi da Valiha e dai suoi compagni per salutarli e per augurare loro buona fortuna.

— Dove eri finito? — sibilò Valiha.

— Non penso di potervi essere di molto aiuto — disse Chris. Notò che l’elegante uovo dei titanidi era posato in cima a una bottiglia di tequila, ai piedi di Valiha. Indicò l’uovo. — Posso portarti fortuna come quella bottiglia.

— Ti prego, Chris, fammi almeno il favore. Me l’avevi promesso. — Pareva che stesse per piangere, e lui pensò, sentendosi a disagio, che in effetti le aveva promesso qualcosa di simile. Guardò da un’altra parte, poi tornò a guardare Valiha e annuì.

— Non devi fare niente — disse lei. — Basta che tu stia accanto alla riga. Non puoi entrare nel riquadro durante la rivista… sssh! Silenzio, tutti; sta arrivando!

Chris si voltò, e vide che la Maga era quasi dietro di lui. Stava giudicando la fila di fronte a quella di Valiha, ma questa volta faceva in fretta; passò a pochi metri da Chris. Dopo avere fatto ancora qualche passo, la Maga si fermò, inclinò leggermente la testa e fissò Chris, aggrottando la fronte. Lui si sentiva a disagio, ma non osava distogliere lo sguardo. Alla fine, la Maga sollevò leggermente un angolo delle labbra.

— Vedo che sei ritornato tra noi — disse. — Ci siamo già visti per pochi istanti, circa un decariv fa. Io sono Cirocco. Dammi del "tu", e chiamami Rocky. — Non gli porse la mano, ma continuò a esaminarlo. Chris, al momento in cui aveva riacquistato la memoria, indossava un paio di calzoncini corti, e ora si sentì nudo. Poi la Maga guardò Valiha, la fissò senza battere ciglio con quello sguardo che aveva tanto turbato Chris. Infine studiò anche il potenziale Trio Mixolidio Doppio Bemolle.

— Tu sei Valiha — disse Cirocco. La titanide le rivolse uno strambo inchino. — Conoscevo bene la tua retromadre. — Fece un giro tutt’attorno a Valiha, accarezzandole i fianchi levigati. Rivolse un cenno d’assenso a Hichiriki e Cembalo, si chinò a tastare il garretto posteriore destro di Valiha, sollevò la mano e le accarezzò la guancia. Poi si inginocchiò e le massaggiò con entrambe le mani una delle gambe anteriori; infine si girò verso Chris e gli parlò.

— Hai trovato un’ottima compagnia — disse. — Valiha è un Assolo Eolio. Mi pare sia l’unico che ho concesso a questa particolare combinazione Madrigale-Samba. Tempo due o trecento chiloriv, forse i suoi discendenti potranno formare un Accordo tutto loro. Comunque, la combinazione da lei proposta è molto ben studiata. Servirà a consolidare le caratteristiche, molto più di quell’azzardato Duetto Locrilidio che ha proposto allo scorso Festival. Ma ha solo… ecco, diciamo cinque anni terrestri, e i giovani vogliono fare tutto da soli, vero, Valiha?

Quando la Maga si alzò, le guance gialle della titanide erano più rosse. Distolse lo sguardo e arrossì ancora di più quando Cirocco, ridendo, le diede una pacca sul dorso.

— Questa volta mi aspettavo di vederti cantare un Assolo Eolio — scherzò Cirocco. Guardò Chris, che aveva continuato a storcere il naso fin dall’inizio della scena. A parere suo, assomigliava un po’ troppo a una mostra di cavalli. Da un momento all’altro, si aspettava che Cirocco le sollevasse il labbro e le guardasse i denti.

— "Cantare un Assolo Eolio" è una frase titanide, per dire che una persona è vanitosa — spiegò Cirocco. — In realtà, una femmina titanide può clonare se stessa, e fare da sola la parte dei quattro genitori della figlia, usando un’auto-inseminazione frontale e una posteriore. Ma è raro che io permetta loro di farlo. — Appoggiò le mani sul fianco di Valiha, poi alzò di nuovo il braccio e le toccò il petto con il dorso della mano. — Bambina, questo seno è pronto ad affrontare una così grande responsabilità?

— Sì, Capitano.

— Hai scelto bene gli ante-genitori, Valiha. La tua retromadre ne sarebbe stata lieta. — Si girò, e raccolse l’uovo dal suo piedistallo di vetro. Tutti fecero silenzio quando la Maga lo sollevò e lo guardò in controluce, per infine portarselo alle labbra. Baciò leggermente l’uovo, poi aprì le labbra e se lo infilò in bocca, con molta attenzione. Quando la estrasse, la sfera aveva già cambiato colore: in pochi secondi, divenne trasparente come cristallo. Ora Valiha si mosse, allargando le zampe posteriori, sollevando in alto la coda, e piegando il torso in avanti. I capelli le scivolarono sulla faccia mentre aspettava. Chris ricordò improvvisamente una scena che aveva visto: due titanidi impegnati in un rapporto sessuale di tipo "equino", con gli organi posteriori… cosa che facevano spesso e con grande lena durante il Festival. Quella assunta da Valiha era la posizione femminile, pronta a essere montata da un titanide che si assumeva il ruolo maschile. La Maga si mise alle terga di Valiha, che tremava tutta per l’aspettativa.

Chris distolse lo sguardo, rabbrividendo. Aveva visto il braccio entrare fino al gomito e oltre. Quando Cirocco lo tirò fuori, in mano non aveva più l’uovo.

— Ti disturba? — La Maga aveva con sé un asciugamano; se ne servì per asciugarsi il braccio e poi lo gettò a uno dei suoi attendenti. — Gli allevatori lo fanno tutti i momenti.

— Certo, ma questi sono… sono persone come noi. Mi sembra una cosa poco decorosa. Forse non dovrei dirlo.

Cirocco alzò le spalle. — Di’ quello che ti pare. Loro lo fanno così. Pensano che le nostre usanze matrimoniali siano molto noiose, e non è detto che abbiano torto. — Lo fissò con aria interrogativa. — Perché, tu e Valiha tirate il boccino?

— Non capisco cosa intendi dire. — E, mentre lo diceva, aveva la sgradevole sensazione di capirlo benissimo, forse.

— Lascia perdere. Comunque, pare che ti sia amica.

— Pare di sì. Confesso di non ricordarlo. — Guardò in direzione del margine del cratere, e vide che i tre titanidi oltrepassavano in quel momento il bordo, galoppando di gran carriera a consumare il Trio.

— Dev’essere brutto. Capisco perché sei venuto qui. Comunque, tu dovresti essere presente alla festa. Se fosse stata meno emozionata, ti avrebbe portato lei. — Cantò qualcosa a uno dei titanidi, il quale gli porse la mano nel modo a lui ormai noto.

— Ti presento Arpa, dell’Accordo della Cantata. Non parla inglese, ma ti condurrà alla festa dei tuoi amici e ti riporterà qui tra qualche riv. Non ubriaco, spero. Vieni a trovarmi nella mia tenda. Dobbiamo parlare di varie cose.

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