30 Romba il tuono

— Non ho detto che la cosa funzioni sempre. — Cirocco si portò le mani ai fianchi e scrutò di nuovo il cielo, senza grandi risultati. Gaby la osservò, e, per la prima volta dopo molti anni, provò l’irrazionale desiderio che la Maga facesse succedere qualcosa. Era inutile che la parte razionale della sua mente le ripetesse che i poteri della Maga non operavano in quella maniera. Lei voleva che Cirocco facesse piovere.

— Aveva promesso di proteggerci con una cappa di nuvole — fece notare Gaby.

— Aveva promesso che avrebbe cercato di farlo — puntualizzò Cirocco. — Sai bene che Gea non riesce a controllare tutti i dettagli della sua meteorologia. È troppo complessa.

— È quello che dice lei. — Vedendo che Cirocco aggrottava la fronte, Gaby si tenne per sé le ulteriori osservazioni.

— Non abbiamo ancora visto nessun fantasma — disse Robin. — Può darsi che le nubi li abbiano spaventati.

— Probabilmente sono sotto la sabbia — disse Oboe.

Gaby non fece commenti. Infilò la mano nella sacca di Cornamusa e prese una vescica grossa come un’arancia.

Il gruppo era alla fine delle collinette con cui terminava a est il Nastro. Poco più a est c’era il cavo centrale di Teti e, scarsamente visibile, poco più in là, c’era il sottile filo della Circum-Gea. Un ultimo affioramento di roccia nuda formava una specie di scodella piena di sabbia, davanti a loro; anche il bordo della "scodella" era coperto di sabbia in vari punti.

Tenendosi alla spalla di Cirocco, Gaby lanciò in aria la vescica, che terminò la sua parabola in centro all’affioramento di rocce.

L’effetto fu sorprendente. Dal punto dell’impatto si staccarono nove monticelli di sabbia in movimento. Dietro ciascuno dei monticelli c’era una piccola depressione, che subito si riempiva. I monticelli erano velocissimi: come le talpe di certi cartoni animati, quando passano sotto un prato. In pochi secondi non rimase alcuna traccia della loro presenza.

Cirocco, quando la vescica aveva toccato la sabbia, si era alzata a guardare. Adesso tornò a sedere.

— Cosa vuoi fare? — chiese. — Torniamo indietro?

— No — disse Gaby. — Ricorda chi delle due voleva partire, e chi voleva rimanere a casa.

— A bere — commentò Cirocco.

Gaby finse di non udire. — Sarei sciocca a dirti di saltare Teti, dopo tutto il tempo impiegato per farti venire qui. Vediamo cosa si può fare.

Cirocco sospirò. — Come vuoi tu. Ma state attenti, tutti. Voglio che gli umani sorveglino l’aria. Voi titanidi, invece, guardate la sabbia. Di solito riuscite a vedere senza difficoltà il monticello che fanno i fantasmi prima di risalire.

A nove anni, Robin aveva letto un libro che le aveva fatto molta impressione. Parlava di una vecchia pescatrice che, sola su una piccola barca, aveva preso all’amo un grosso pesce, e aveva lottato per giorni allo scopo di catturarlo, in alto mare, nella tempesta. Quello che l’aveva spaventata non era la lotta con il pesce. Era l’evocazione del mare: profondo, freddo, scuro e spietato.

Le pareva strano che il libro non le fosse venuto in mente quando avevano attraversato Nox o Crepuscolo. E le pareva ancor più strano che le fosse venuto in mente allora, alla luce del giorno, mentre attraversavano un deserto arido. Eppure, quella sabbia era come un mare. Si stendeva sotto forma di grandi onde. Lontano, qualche effetto atmosferico la faceva scintillare come vetro. E sotto la sua superficie c’erano mostri più terribili dei pesci della vecchia pescatrice.

— Pensavo a una cosa — disse Cirocco. Cavalcava da sola su Cornamusa, seguita da Robin su Oboe e da Chris e Gaby su Valiha. — Era meglio dirigerci a nord per raggiungere la strada, e da lì ritornare indietro fino al cavo. Così facendo, avremmo dovuto attraversare meno sabbia.

Robin ripensò alla cartina. — Ma saremmo stati molto più a lungo su terreno aperto — disse.

— Certo. Ma, non so perché, i fantasmi mi preoccupano più delle bombe volanti.

Robin non disse niente, ma aveva la stessa convinzione. Anche se aveva il compito di osservare il cielo, continuava a lanciare occhiate agli zoccoli di Oboe e alla sabbia da essi sollevata. Non capiva come riuscisse, la titanide, a sopportare quella tensione. Al pensiero, sentiva irrigidirsi le dita dei piedi. Da un momento all’altro, le pareva che potesse spuntare una bocca orrenda, che delle gambe della titanide avrebbe fatto un solo boccone. A parte il fatto che Cirocco aveva detto che i fantasmi non avevano la bocca, e che ingerivano le sostanze direttamente nel loro carapace cristallino. Non avevano neppure la faccia…

— Vuoi tornare indietro per fare quella strada? — chiese Gaby.

— Penso di no. Ormai siamo a metà percorso.

— Sì, ma non abbiamo fantasmi dietro di noi…

Non appena Gaby s’interruppe, Robin capì che non era affatto così. Aveva una buona idea di quel che Gaby doveva avere visto, e le bastò osservare per pochi istanti la duna dietro di loro, alta cinque metri, per scorgere ai suoi piedi i monticelli rivelatori, che si allontanavano a raggiera come la coda di una cometa. Ne contò una decina, e poi si accorse che quello era solo uno di cinque o sei gruppi.

Non ci fu neppure bisogno di lanciare l’allarme. Cirocco si era già rizzata in piedi sulla schiena di Cornamusa, ed era voltata all’indietro. Valiha aveva accelerato il passo e si era portata vicino a Oboe e Robin. Gaby passava a Chris e Valiha le vesciche piene d’acqua.

— Dammene una — disse Oboe, e Robin gliela consegnò. Sentì che la titanide accelerava il passo. Per la prima volta, sperimentò i sobbalzi ben noti a chi stava in sella a un cavallo della Terra.

— Per ora, trattenete il fuoco — disse Gaby. — Più in fretta di così, non possono andare, e noi riusciamo a distanziarli facilmente.

— Questo, lascialo dire a noi… — commentò Valiha. La sua pelle maculata era coperta di schiuma.

— È ora di cambiare cavalcatura — disse Oboe. — Valiha, passa Gaby a me. Robin, tu passa davanti. — Robin fece come le diceva Oboe, e capì che sarebbe finita a fare da cuscinetto tra Oboe e Gaby: posizione che, anche se era doloroso ammetterlo, non le dava alcun fastidio. Quegli invisibili "fantasmi" la spaventavano più di ogni altra cosa da lei vista fino a quel momento su Gea.

— Un attimo — disse Gaby. Trasgredendo ai suoi stessi ordini, si voltò per scagliare una vescica in direzione di un gruppo di fantasmi in avvicinamento. Gli esseri la sentirono quando era ancora a una distanza di dieci metri. Alcuni fecero un giro largo, per evitare l’area avvelenata, altri sparirono del tutto.

— Questo li terrà a distanza — disse Gaby, tutta soddisfatta, saltando sulla schiena di Oboe. Si accomodò dietro Robin. — Quelli che sono scomparsi si sono immersi più profondamente nella sabbia, ma la profondità li rallenta. Raggiungono la velocità massima soltanto quando sono vicini alla superficie, dove la sabbia è meno compatta. — Robin si guardò alle spalle, e vide che quelli che avevano aggirato la zona umida riprendevano soltanto ora l’inseguimento, assai distanziati rispetto all’avanguardia.

— Cosa ne dite, amici? — chiese Cirocco, rivolta ai titanidi. — Riuscirete a mantenere questo passo finché non raggiungeremo il cavo?

— Non dovrebbero esserci problemi — le assicurò Cornamusa.

— Allora, siamo a posto — disse Gaby. — Rocky, faresti meglio a gettare una piccola vescica davanti a noi, di tanto in tanto. Servirà a evitare le imboscate.

— Servirà. Robin e Chris, smettete di guardare per terra!

Con uno sforzo di volontà, Robin tornò a fissare il cielo, ancora spaventosamente sereno, ma, per fortuna, privo di bombe volanti. Fu uno dei compiti più difficili che le fossero mai stati assegnati. E il fatto che non fossero i suoi piedi a toccare la sabbia bollente non aveva importanza; come i guidatori d’auto, che, anche quando sono seduti al posto del passeggero, continuano istintivamente a schiacciare un inesistente pedale del freno, anche lei tendeva a sollevare i piedi per fare in modo che Oboe li posasse con maggiore attenzione.

Il gruppo era salito in cima a una duna e stava scendendo dall’altra parte, allorché Cirocco lanciò un grido di avvertimento.

— Attenti a destra! Tenetevi!

Robin si tenne stretta al tronco della titanide, che piantò gli zoccoli nel terreno, e s’inclinò quasi a quarantacinque gradi per cambiare direzione. In quel viaggio, pensò Robin, i sobbalzi aumentavano in proporzione alla stanchezza di Oboe. Scorse un movimento ai piedi della duna: una stella di scie, che si allontanavano dal punto in cui, nel loro bel mezzo, era improvvisamente esplosa la vescica. Poi vide giungere, da dietro le sue spalle, a sinistra, uno schizzo d’acqua che colpì sfrigolando il bersaglio. Vide sollevarsi una piccola esplosione di sabbia. Per un attimo, un tentacolo traslucido si contorse nell’aria. Dove era colpita dall’acqua, la creatura sibilava e perdeva scaglie di vetro, che ricadevano lentamente a terra in quella bassa gravità. Robin tese una mano e afferrò la pistola ad acqua, guardando da dietro le larghe spalle di Oboe. Schiacciò il grilletto e colpì quello che era solo un innocuo mucchietto di sabbia.

— Non consumarla — disse Gaby. Robin si affrettò ad annuire, imbarazzata dal fatto che le tremava la mano. Si augurò che Gaby non se ne fosse accorta. La voce di Gaby, calma e controllata, la faceva sentire come una bambina di dieci anni.

I titanidi avevano fatto un largo giro attorno al nido di fantasmi scoperto da Cirocco; ora ripresero la corsa verso il cavo di Teti. Robin si ricordò di guardare il cielo, non vide niente, tornò a guardare la sabbia, si costrinse di nuovo a guardare in alto. Continuò in quel modo per un’ora, e le parve che il cavo fosse sempre alla stessa distanza. Alla fine chiese a Gaby da quanto tempo correvano.

— Circa dieci minuti — disse lei, e riprese a sorvegliare la retroguardia. Robin vide che aggrottava la fronte. Sul crinale di una duna, a qualche centinaio di metri dalla loro posizione, a Robin parve di scorgere una scia. Procedeva parallelamente alle tracce lasciate dagli zoccoli dei titanidi.

— Continuano ancora a inseguirci, Rocky.

La Maga guardò, aggrottò la fronte, poi alzò le spalle.

— Non importa. Non possono raggiungerci, se continuiamo a correre.

— Certo. E ormai devono averlo capito anche loro. Allora, perché continuano a inseguirci?

Cirocco aggrottò nuovamente la fronte, e Robin rimase per qualche tempo con il cuore in gola. Alla fine, Gaby riferì che non riusciva più a scorgere gli inseguitori. I titanidi erano stanchi, ma dissero che preferivano continuare a correre fino al cavo.

Oboe giunse per prima sulla cima dell’ultima altissima duna prima del cavo. Davanti a loro, Robin vide che la sabbia era liscia e priva di tracce. Da quel punto alla zona in ombra, posta tra i primi fili, c’era circa un chilometro.

— Bomba volante a destra — gridò Chris. — Ma aspettate a buttarvi a terra! È ancora lontana. — La scorse anche Robin: virava attorno alla parte orientale del cavo, e si trovava a un’altezza di un migliaio di metri.

— Tutti dietro la duna — ordinò Cirocco. — Non credo che ci abbia visto.

Oboe fece dietro-front, e in pochi secondi tutti si trovarono stesi a terra, sull’altro versante della duna.

Tutti meno Robin.

— Sdraiati, idiota! Cos’hai?

Robin era in ginocchio, china in avanti, e con le mani sfiorava la sabbia.

Ma non riusciva a muoverle. La sabbia pareva agitarsi sotto i suoi occhi. Non riusciva a toccarla, non riusciva a sdraiarsi su di essa, ad aspettare l’arrivo dei fantasmi.

Si sentì colpire da un grande peso, ed emise un grido. Urlò ancora quando si sentì spingere contro la sabbia, e le venne un conato di vomito.

— Ottimo — disse Oboe, scostandosi quel tanto che bastava perché Robin potesse voltare la testa. — Peccato non averci pensato prima. Tutta questa umidità riuscirà a tenerli lontani.

"Umidità". Robin udì solo questa parola, ed escluse dalla mente ogni altro pensiero. La sabbia era umida. L’umidità teneva lontano i mostri. Sudare, piangere, sputare, vomitare… ciascuna di queste diveniva all’improvviso l’azione giusta.

— Cosa c’è? Ha un attacco? — domandò Cirocco.

— Penso di sì — disse Oboe. — Ci penso io.

— Tienila bassa. Può darsi che la bomba non ci veda.

Robin udì il rumore di una bomba volante: era ancora alta, molto lontana. Voltò la testa e la vide spuntare da dietro l’orlo della duna, altissima. La bomba virò, mostrando un profilo alare a delta, e cominciò a scendere nella loro direzione.

— Ci siamo — disse Cirocco. — State bassi. Da quella angolazione non può toccarci.

Guardarono la bomba volante, sempre più perplessi, finché fu chiaro che la creatura non intendeva passare su di loro a bassa quota. Li sorvolò a un’altezza di cinque o seicento metri, a una velocità molto più bassa di quella che Robin ricordava dalla volta precedente.

— Mi sembra un comportamento alquanto strano — disse Gaby, mettendosi a sedere.

— Lascia perdere — rispose Cirocco, alzandosi in piedi per scrutare il cielo. — Intende fare un giro completo per poi ritornare su di noi. Gaby, controlla che non ne arrivino altri; e gli altri comincino a scavare. L’ideale sarebbe un bel foro di due metri di profondità, ma mi accontenterò anche di un metro solo. Non sarà un’impresa facile, in questa sabbia. E, prima di scavare, spargete un po’ d’acqua tutt’intorno. Ah, se qualcuno ha voglia di far pipì, bando alle ritrosie. Sta meglio sulla sabbia che nella vostra vescica. — Cirocco s’interruppe nel vedere la faccia di Robin: capì che la condizione dei calzoni della ragazza non era intenzionale.

Robin si era disonorata. Ringraziò la Grande Madre del fatto che nessuna delle sue sorelle fosse presente, ma era una misera consolazione. Adesso, le sue sorelle erano quelle sei persone; per la durata del viaggio, e probabilmente anche oltre.

Comunque, per brutte che siano le cose, possono sempre peggiorare. Robin fu costretta a riconoscere la verità di questa affermazione quando cercò di muoversi e si accorse di non essere in grado di farlo. Le parole di Oboe, dette probabilmente per salvarle la faccia, si erano avverate, e adesso era paralizzata.

Per un istante, pensò di impazzire. Era stesa senza forza, a faccia in giù, sulle odiate sabbie di Teti: una superficie che lei temeva al punto da tradire l’intero gruppo per non toccarla. Invece della pazzia, raggiunse un distacco fatalistico. Senza pensieri, serena, udì intorno a lei i suoni di un’attività frenetica e ne capì poco. Il fatto che potesse spuntare da un momento all’altro un fantasma per farla a pezzi non aveva più importanza. Aveva la bocca piena di sabbia. Le scorreva sul naso un rivolo di sudore. Vedeva soltanto pochi metri di sabbia davanti a sé, e il proprio braccio teso. Continuò ad ascoltare.

Cirocco: — Visto che non possono avvicinarsi a noi, i fantasmi devono usare qualche tipo di arma a medio raggio. Un tempo gettavano delle pietre, ma negli ultimi dieci anni hanno usato una sorta di giavellotto, o arco e frecce.

Chris: — Brutta cosa. In questa sabbia non abbiamo riparo.

Cirocco: — Sotto un aspetto è brutta, sotto un altro aspetto, no. Con quelle pietre, avevano buona mira. Sono fatti… be’, non li avete mai visti, e sono difficili da descrivere, ma con le pietre erano bravissimi. Però, fondamentalmente, sono dei codardi, e per gettare le pietre dovevano avvicinarsi troppo. Con le frecce possono stare più lontani.

Oboe: — Adesso, Rocky, dacci le notizie brutte.

Cirocco: — Sono quelle che vi ho detto. La buona notizia è che non hanno molta mira, con le frecce. Ma preferiscono sbagliare il bersaglio che avvicinarsi troppo.

Gaby: — In compenso, lanciano un mucchio di frecce.

Oboe: — Lo sapevo che c’era la fregatura.

Si udì il ruggito, ormai familiare, di una bomba volante, ancora lontana.

Gaby: — Continuo a dire che c’è qualcosa di strano, in quella creatura. Non riesco a vedere, ma ha qualcosa sulla schiena.

Cornamusa: — Lo vedo anch’io.

Cirocco: — Si vede che avete la vista più acuta della mia.

Per qualche tempo si udì solo il rumore del respiro e di tanto in tanto il fruscio di qualcuno che si spostava sulla sabbia. Una volta, Robin si sentì sfiorare la gamba. Poi Cornamusa gridò un avvertimento. Qualcosa cadde sulla sabbia, entro il campo di visione di Robin. Era un sottile bastoncino di vetro, lungo mezzo metro. A un’estremità aveva un’intaccatura, l’altra estremità era piantata nella sabbia.

— Qualcuno è stato colpito? — domandò Cirocco. Risposte negative. — Le lanciano in aria a casaccio. Devono trovarsi dietro la duna. Tra poco si faranno coraggio a sufficienza per venire a guardare, e la loro mira migliorerà. Tenete pronta la fionda.

Qualche istante più tardi, Robin udì il suono delle fionde dei titanidi.

Chris: — Devi averlo colpito, Valiha. Oh! Questa volta hanno mirato meglio.

Cirocco: — Maledizione, guardate Robin. Non si può fare niente? Deve essere una cosa infernale.

Robin aveva udito il rumore dell’ultima salva di frecce che colpiva la sabbia; sentì alcuni granelli caderle sulle gambe. Non aveva importanza. Udì altri sibili, poi vide una mano che afferrava la freccia davanti a lei e la gettava via. Comparve la faccia di Gaby, a pochi centimetri dalla sua.

— Come va, bambina? — Le strinse la mano, e poi le sfiorò la guancia. — Preferiresti vedere meglio? Non so come proteggerti, purtroppo, altrimenti lo userei per proteggere tutti.

— No — rispose Robin, da una grande distanza.

— Vorrei… Oh, maledizione. — Gaby picchiò in terra il pugno. — Mi sento impotente. Immagino cosa devi provare tu. — Vedendo che Roby non rispondeva, accostò la faccia alla sua.

— Senti, posso prendere in prestito la tua pistola?

— Sì.

— Hai ancora i razzi? Quelli esplosivi?

— Tre caricatori.

— Mi serviranno. Voglio cercare di colpire la bomba volante, se si abbassa a sufficienza. Tu sta’ lì tranquilla, e non pensare a niente. Tra poco cercheremo di raggiungere di corsa il cavo.

— Sono a posto — disse Robin, ma Gaby era già sparita.

— Ti porterò io — disse Oboe, dietro di lei. La titanide le accarezzo la guancia, che era bagnata. — Non risparmiare le lacrime. Oltre a fare bene allo spirito, ogni goccia è una protezione in più.

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