Capitolo Settimo

26 dicembre


Le minacce alla cameriera non sortirono risultati. Forse era vero che Betty Hyde non era in casa quella mattina. E neanche Eric Franz rispondeva al telefono. Ma il giudice era in casa, e anche Harry Kipling.

Prese la busta di plastica contenente la pistola giocattolo e la tenne davanti alla telecamera per registrare la serie di prove scritta sul sigillo, poi la rottura del sigillo. Estrasse la pistola giocattolo e la mise sul tavolo del soggiorno.

Tornata allo studiolo, controllò l'attrezzatura con la quale aveva appena registrato la prova.

Mentre andava in ingresso, quattro specchi a muro dorati catturarono il riflesso rapido della sua T-shirt, della fondina e dei jeans. Si stava infilando il nuovo blazer di cashmere, identico a quello che portava Amanda Bosch il giorno in cui era morta. Il sarto l'aveva copiato alla perfezione. Non che la maggior parte delle persone avrebbe apprezzato i dettagli.

Aveva avuto la tentazione di riprodurre la bruciatura di sigaretta sulla manica, ma il fantasma di Helen Markowitz gliel'aveva impedito. Helen avrebbe disapprovato anche il rigonfiamento che alterava la linea della giacca. Mallory si fermò allo specchio dell'entrata, controllando con occhio critico il rigonfiamento rivelatore. Chiamò il gatto, e il gatto venne. Schioccò le dita, e il gatto le saltò in braccio e le strofinò il muso contro il collo. Si guardò nuovamente allo specchio. No, non avrebbe funzionato. Il gatto che si contorceva non avrebbe nascosto il rigonfiamento della pistola. A meno che, naturalmente, non l'avesse ucciso e usato come corpetto di pelliccia.

Rimise il gatto sul pavimento, si tolse il blazer dalle spalle e si sfilò la fondina. Fece scivolare la pistola nel cassetto del tavolino sotto lo specchio. Si rimise la giacca e schioccò le dita per richiamare il gatto. Senza un minimo di rispetto per se stesso né d'orgoglio, il gatto tornò a saltarle in braccio.

Mallory uscì dall'appartamento e si avviò per il corridoio, meravigliandosi del fatto che i vicini non uscissero sulla soglia al suo passaggio per indagare sul fracasso prodotto dalle fusa. Si fermò alla porta dell'appartamento del giudice Heart e bussò. Una replica della notte precedente: la catena era stata apparentemente rimessa al suo posto. Dallo spiraglio della porta il giudice la fissò.

«Voglio vedere sua moglie» disse Mallory.

«Vada via.»

«Posso essere discreta oppure no. Dipende da lei. Voglio controllare se sta bene. Voglio vederla ADESSO!»

La porta si richiuse. Il giudice tolse la catenella e le aprì. Chiamò: «Pansy! Pansy!».

Pansy Heart comparve in ingresso. Sul suo viso c'erano solo i segni della notte precedente, nessun segno nuovo.

«Arrivederci» disse Mallory, voltandosi per uscire. In corridoio si girò a guardare il giudice. «So cos'hai fatto, e ti inchioderò.»

Mentre la porta si richiudeva, sulla faccia del giudice Heart comparvero ombre rosse di rabbia.

Al piano superiore bussò alla porta dei Kipling. Ad aprire fu il figlio. Questa volta lo sguardo che le rivolse fu neutro, senza tracce di apprezzamento. Harry Kipling era seduto a tavola. Guardò il gatto e si alzò rapido in piedi. Ma non abbastanza rapido. Uno spaniel si stava lanciando attraverso il tappeto in direzione del gatto, le mascelle spalancate e la gioia negli occhi.


L'appartamento era tranquillo, nessun rumore che indicasse la presenza di un essere vivente, neppure di un gatto. La quiete fu rotta da un paio di piedi che attraversavano l'entrata trascinandosi un'ombra dietro i talloni. L'intrusione durò poco, perché il revolver si trovava nel primo cassetto che aprì. Il metallo della pistola luccicò nel tragitto che lo portò dal cassetto al buio di una borsa. Il ladro lasciò l'appartamento camminando senza provocare il minimo rumore.


Quando Mallory si sbatté la porta alle spalle, il figlio dei Kipling stava urlando: «Guarda cosa ha fatto al mio cane!».

Mallory scese due piani di scale. La porta dell'appartamento dei Rosen era aperta. Era stata così stupida?

Questa volta il gatto non si lamentò quando lo lasciò cadere. Era preparato alla caduta. Nose si era abituato a questo gioco, in braccio e poi giù sul pavimento. Se ne andò, sbadigliando.

Aprì il cassetto del tavolino vicino alla porta.

Il cassetto era vuoto; la Smith &Wesson sparita.

Non era stato toccato nient'altro. Sul tavolo, dove l'aveva lasciata, era rimasta la pistola giocattolo.

E adesso? Non poteva chiedere rinforzi e ammettere di non avere più la pistola. Né Coffey né Riker gliel'avrebbero fatta passare liscia. Neanche una recluta si sarebbe fatta fottere la pistola.

Dalla direzione della camera da letto provenne un rumore assordante.

Prima di andare a controllare passò dalla cucina e afferrò una bottiglia di vino. Entrò in camera da letto.

Il gatto era accanto ai resti di una lampada rotta. Nessun mistero su chi avesse provocato la caduta. Una frangia del coprilampada era rimasta impigliata nella zampa del gatto. Ma il problema della pistola rimaneva.

Sollevò il telefono della camera da letto e compose il numero di Charles. «Ho una gran fretta, Charles. Nel cassetto di mezzo della mia scrivania troverai la vecchia Colt. Portamela qui al Coventry. Prendi anche la scatola delle munizioni. Dovrai…»

Si interruppe a causa di un nuovo rumore difficilmente attribuibile al gatto. Riattaccò senza badare ai concitati «Pronto? Mallory! Pronto?» di Charles.

Uscì in pochi passi dalla camera da letto e dal corridoio scivolò nello studio. Attivò la registrazione audio e video.

Entrò nel soggiorno e trovò il gatto che strisciava sotto il divano e Harry Kipling in piedi al centro della stanza. La pistola giocattolo era sul tavolino.

Quanto tempo ci sarebbe voluto perché Charles arrivasse con la pistola vera?

«Ha lasciato la porta aperta» disse Kipling. «È stata un'imprudenza.»

Fare in modo che entrasse nell'appartamento era parte dei suoi piani, non così il furto della pistola. Pensò al ghigno modello "ti avevo avvertito" di Riker. Era troppo tardi per chiedere rinforzi, e Charles era lontano chilometri.

Le telecamere erano in funzione.

Il coltello di Max Candle si trovava su una mensola della libreria alle spalle di Kipling. Lui lo aveva visto? All'inizio aveva progettato di indirizzarlo verso il coltello, in modo che avesse un'arma in mano nel caso le telecamere l'avessero immortalata mentre faceva saltare le cervella di un contribuente. Ma un piano del genere era subordinato alla presenza di una pistola nella sua mano. Dove diavolo nascondeva la sua pistola quel bastardo?

Kipling stava fissando la pistola giocattolo sul tavolo.

«La riconosci, Harry? È la stessa che hai usato per insegnare al gatto a ballare. Adesso Nose vede una pistola e balla. Era il rumore dei bussolotti? Gli sparavi vicino alla testa per farlo ballare?»

Il gatto cominciò a russare.


Charles stava chiudendo la porta del suo appartamento. Ho fretta! Portami una pistola! Di quante armi aveva bisogno contemporaneamente? Aveva una pistola piuttosto grande e un coltello affilato. Ma chi era lui per discutere con Mallory, lui che si accompagnava a una donna morta?

Attraversò il corridoio diretto agli uffici della Mallory & Butler, domandandosi quale delle stupidaggini che aveva detto l'avessero tatta infuriare di più. L'aveva accusata di mancanza di logica, di aver sottovalutato…

Che idiota.

Lei aveva incluso un cieco nella lista dei sospetti. Quell'Eric Franz non l'aveva certo sottovalutato, semmai il contrario. E adesso stava raccogliendo altre armi. Non la si poteva certo tacciare di mancanza di cautela.

Aprì la porta dell'ufficio di Mallory e si diresse rapidamente alla sua scrivania. Il cassetto centrale era chiuso a chiave.

Un bel guaio. Non aveva le chiavi dei cassetti. Probabilmente Mallory era convinta che tutti avessero come lei il dono di forzare qualsiasi tipo di serratura. Prese il tagliacarte che le aveva regalato. Era l'unico oggetto nella stanza a non essere stato prodotto negli ultimi dieci anni. In effetti, risaliva a un altro secolo. Esitò un attimo, soppesando nella mano quell'oggetto unico. Poi lo infilò nella fessura sopra al cassetto e cominciò a fare forza.

Un fischio lacerante fu il primo avvertimento, seguito da una cascata di suoni di campane, amplificati a un volume infernale. Mallory aveva installato l'allarme in tutto l'ufficio, ma invece di una banale sirena, aveva usato un disco di Charles che riproduceva il suono delle campane di una chiesa. In quel momento lui si trovava nel campanile, anzi, dentro le campane stesse.

Si coprì le orecchie con le mani. Se fosse rimasto ancora a lungo avrebbe rischiato seri danni all'udito.

Aprì la scatola di legno riposta nel cassetto centrale e ne trasse la vecchia 38 Long Colt di Markowitz, lucente per l'ossessività con cui Mallory puliva tutto ciò che possedeva. Prese anche la scatola delle munizioni e corse alla porta. Il fragore delle campane, proveniente direttamente dall'inferno, lo seguì per le scale e giù in strada. A ogni finestra del palazzo era affacciata almeno una testa. Agitò una mano per chiamare un taxi, implorando dentro di sé il perdono dei vicini.


Kipling tornò alla porta d'ingresso e la chiuse a chiave. «Meglio non rischiare di essere disturbati.»

Cosa avrebbe fatto Charles di fronte a una porta chiusa a chiave? Era abbastanza robusto da poterla abbattere, ma non avrebbe saputo come fare.

«Come hai fatto a capirlo?» Harry Kipling si sedette su una sedia con lo schienale diritto e le fece cenno di accomodarsi su un'altra.

Mallory rimase in piedi.

Lui si sistemò, sollevando le gambe anteriori della sedia dal tappeto e dondolando su quelle posteriori, lo sguardo assente. Aveva il volto tirato. Sembrava sfinito, forse al punto di desiderare di consegnarsi o di arrendersi. «Qual è stato il mio errore?»

«Ne hai fatti molti» disse Mallory. Dov'era la pistola? Forse infilata nella cintura, sulla schiena. Kipling non aveva ancora posato lo sguardo sul coltello con il nome di Max Candle.

«Quanto vuoi?» Kipling sorrise. «È un caso di estorsione, dico bene?»

«Quanto vale, secondo te, Harry?»

«Quanto vale il mio matrimonio? Telefona al commercialista di mia moglie. Io non ho tempo per i tuoi giochetti. Quanto vuoi per rimanertene zitta?»

«Perché l'hai fatto?»

«Disperazione. Se vuoi conoscere i dettagli più sordidi, non li avrai. Dimmi solo quanti soldi vuoi.»

«Ne riparleremo.»

Non permetteva ai suoi occhi di correre al coltello, di tradire la sua presenza. Ma sapeva che avrebbe potuto averlo in mano in un batter d'occhio se solo la sedia e Kipling non le fossero stati di intralcio.

Si mosse piano, in silenzio, e girò ad angolo attorno a Kipling, che adesso teneva in mano la pistola giocattolo, esaminandola con curiosità. Ora poteva vederlo di profilo. Non c'erano pistole nascoste. Indossava una polo e dei pantaloni aderenti. Non c'era posto sulla sua persona per nascondere un'arma tanto grossa.

Allora dov'era la sua maledetta pistola?

«Bene, ho avuto una relazione con Amanda Bosch… adesso, quanto vuoi? Quanto, per non dirlo a mia moglie?»

«Be', la tua relazione con Amanda non è che una parte di…»

«Hai le prove di una sola. Se avessi creduto che ce n'erano state altre, altre donne, intendo, me lo avresti già detto. Non pagherò una cifra spropositata per questo. Allora, quanto vuoi?»

«Io conoscevo Amanda. So che tu le hai mentito, e che Amanda l'ha scoperto.»

«Ma erano tante le bugie…» Sorrideva, come se la cosa lo inorgoglisse.

«Sto parlando della bugia che l'ha indotta ad abortire. Può servire a restringere il campo?»

«Quella in particolare per me non vale un centesimo. Comincio a dubitare che tu la conoscessi davvero. Il telegiornale ha detto che sei un poliziotto, e figlia di un poliziotto. Tu sei corrotta. Anche tuo padre lo era? È una cosa ereditaria?»

«Diciamo che ho imparato parecchie cose dal mio vecchio. Se non ho mai conosciuto Amanda, come faccio a sapere che cosa l'ha fatta esplodere?»

Non era una giocatrice di poker di prima classe per niente. Helen aveva preteso per lei la migliore istruzione, e adesso i poker settimanali della sua infanzia stavano dando i loro risultati.

«Amanda era seduta su una panchina fuori dal palazzo il giorno prima di morire, il giorno prima che decidesse di affrontarla. Non si avvicinò alla porta, rimase semplicemente a osservare il via vai di persone che entravano e uscivano dal Coventry. Inquilini, bambini, cani. Il portiere quel giorno era molto indaffarato. Poi vide…»

«Poi Amanda vide Peter e capì che non era stato adottato. Fino a quel momento il fatto che il ragazzo somigliasse a me e non a Angel mi era sempre parsa una fortuna.»

Con la pistola giocattolo sul palmo della mano, Kipling si alzò e andò alla libreria. Si appoggiò allo scaffale dove si trovava il coltello di Max Candle. Era a pochi centimetri dall'arma.

«Se davvero avessi conosciuto Amanda, sapresti che mi stava semplicemente usando, naturalmente a mia insaputa: aveva bisogno del mio contributo genetico, nient'altro. Non mi chiese se desiderassi un altro figlio.»

«Non sapeva di poterne avere. Secondo il suo dottore è stata una gravidanza miracolosa. Così, quando Amanda ti disse del bambino, tu le mentisti.»

«Sì. Le dissi che avevo una malattia genetica. Che sarebbe nato un mostro, che tutti i miei figli erano condannati a essere mostri… cose che crescevano all'esterno invece di crescere all'interno, niente occhi e niente manine, dettagli del genere. E allora? Non è un crimine. Un poliziotto corrotto come te non ficcherebbe mai il naso in una faccenda del genere se non sperasse di ricavarci dei soldi. Allora, quanto vuoi per dimenticare tutto?»

«Una bugia stupida, non credi? Era chiaro che l'avrebbe scoperta quando avesse visto tuo figlio.»

«Quante possibilità c'erano che si incontrassero? Mio figlio per la maggior parte dell'anno è a scuola. In estate ci sono le vacanze studio. Mia moglie non ha grande istinto materno. Peter mi assomiglia tanto che Angel odia la sua vista. Sta di rado con noi.»

«Però Amanda l'ha visto. Ed ecco perché ti ha costretto a incontrarla nel parco.»

«Non so di cosa tu stia parlando. Ci incontravamo solo a casa sua.»

«Io so che vi siete incontrati nel parco. Non sei obbligato a parlare. Qualunque cosa tu dica potrà essere usata contro di te in tribunale.»

«Mi stai comunicando i miei diritti? Stiamo ancora giocando a guardie e ladri, vero? Poi mi dirai che se non posso permettermi un avvocato ne sarà nominato uno d'ufficio. Tu non sei un poliziotto più di quanto lo sia io. Ti hanno sbattuta fuori dalla polizia? Sei una puttanella da quattro soldi, vero? Non esistono leggi contro chi tradisce sua moglie.»

«Tu l'hai incontrata nel parco. Amanda era furiosa, ti ha chiesto spiegazioni sulla bugia. Aveva appena ucciso il suo bambino, pensando che fosse un mostro, e invece non lo era. Aveva abortito per niente. Quando ti ha minacciato di raccontare tutto a tua moglie, ti sei fatto prendere dal panico. Amanda voleva andare dritta da Angel e vuotare il sacco, voleva farlo subito, in quel preciso momento, è così? Ma tu l'hai uccisa.»

«Allora era Amanda la donna dell'omicidio nel parco. Non mi meraviglia che tu abbia pensato di fare il colpo grosso, accusandomi di tradimento e di omicidio. Ti è mai venuto in mente che Amanda potesse conoscere più di un uomo in questo edificio, che possa averla uccisa qualcun altro?»

«No, mai. Neppure per un minuto.»


«Fossi in te prenderei la metropolitana» disse Amanda, aspirando profondamente la sua sigaretta.

Charles la guardò. Non c'era musica nel taxi. Forse era stato lo stress a causare l'illusione, questa volta. Si rese conto che c'erano delle pecche nella sua costruzione, dei piccoli cortocircuiti nella meccanica della sua bizzarra memoria, perché di tanto in tanto gli occhi azzurri di Amanda scivolavano nel verde di quelli di Mallory.

«Amanda, non si può fumare in questo taxi. Vedi il cartello? Forse tu…»

«Non sto fumando, amico» disse il tassista. «E mi chiamo Fred.»

Amanda sorrise e commentò. «Uno dei benefici dell'essere morti: nessun timore di cancro ai polmoni. Ma se ti dà fastidio, la spengo.»

Non riusciva a sentire l'odore del tabacco che bruciava, né la spirale di fumo bluastro gli faceva bruciare gli occhi. Buon segno. Non era completamente pazzo. La pistola gli premeva contro la gamba, e la spostò dalla tasca dei pantaloni a quella del cappotto.

«Perché la pistola?»

«Mallory ne ha bisogno.»

«Cosa ha detto?» chiese il tassista.

«Niente.»

«Prendi la metropolitana» disse Amanda. «Proprio perché Mallory ne ha bisogno in fretta. Questo traffico è una trappola.» Guardò fuori dal lunotto posteriore la natura morta dei veicoli immobili.

«Sono sicuro che ci muoveremo presto» disse Charles, agitando la mano per scacciare il fumo fantasma che volteggiava all'interno del taxi. «Sì, il fumo di sigaretta mi dà…»

Il tassista si girò e disse: «Per l'ultima volta, amico, non sto fumando».

Adesso il taxi era pieno di fumo irreale che oscurava ogni cosa reale, e l'ansia di Charles andava aumentando. Stai tranquillo. Non è una cosa vera.

Poi si girò verso Amanda, sfocata dietro la spessa nuvola blu della sua finzione, e si rese conto che si stava perdendo nello spazio denso di ostacoli che era la sua mente.

«Basta, per favore! Basta!»

«Okay, ne ho abbastanza» disse il tassista. «Fuori dal mio taxi, amico. Subito!»


«Il fatto che abbia tradito mia moglie non è un buon motivo per commettere un omicidio.»

«E invece sì. Io trovo che sia un movente convincente, come tutti i moventi di natura economica. In base al testamento di tuo suocero, tu non erediterai nulla alla morte di tua moglie. Un vecchio intelligente, tuo suocero. Tu, Harry, non riceverai alimenti se tua moglie otterrà il divorzio per colpa tua. È quella la clausola da cui dipendi: non puoi permetterti di essere colto in flagrante.»

«Va' a raccontare questa storia in tribunale, ti rideranno dietro. Come puoi sapere che mia moglie non avrebbe deciso di chiudere un occhio sulla mia scappatella? Tutti tradiscono.»

E tutti mentono.

«Così come ha deciso di chiudere un occhio sui tuoi reati finanziari? Ho controllato le transazioni nel computer della compagnia. Tua moglie ha coperto la vendita delle azioni di cui non eri proprietario, e anche l'ipoteca sull'appartamento. Non ti avrebbe trascinato in tribunale per questo. La presenza di un delinquente in famiglia avrebbe potuto rendere nervosi gli azionisti. Ma scommetto che ti trascinerebbe in tribunale per adulterio.»

«La minaccia di divorzio resta un movente debole per un omicidio.»

«Davvero? Se Angel divorzia da te, tu non avrai niente. Hai dovuto addirittura sottoscrivere un atto di rinuncia alla custodia di tuo figlio nell'eventualità in cui tua moglie morisse prima di te. Ecco quanto si fida di te il vecchio.»

Kipling radunò le forze per cambiare tattica. «Mia moglie è piuttosto fredda. Non si fa più toccare. Avevo bisogno di una donna, ma non ho ucciso Amanda.»

Aveva sempre saputo che sarebbe stato semplice, e deludente. Adesso le sarebbe toccato il fastidio di fargli muovere un po' la lingua, in modo che si contraddicesse e si tradisse sotto gli occhi delle telecamere. Era evidente che si trattava di un bugiardo cronico. Spiegava troppo, manifestava troppe emozioni.

Per tutta la vita aveva aspettato un'opportunità, arrivata sotto forma di un'ereditiera. E adesso che si era sistemato, la vita gli crollava addosso, e lui non poteva, non voleva accettarlo. Le bugie non funzionavano più, ma lui non sapeva far altro che continuare a mentire.

«Amanda prese la decisione di abortire» disse.

Di farsi massacrare. Il dottore era un macellaio, tradusse in silenzio Mallory.

«Non è ragionevole incolpare me.»

Stava per dirlo a tua moglie.

«Alla fine, Amanda era d'accordo con me.»

Stordita con una pietra, e sanguinante.

«Amavo Amanda. Amo tutte le donne.»

Da morire.

Qui Mallory lo interruppe. «Il tuo gruppo sanguigno è B positivo.»

Kipling contrasse tutti i muscoli della faccia.

«L'hai uccisa vicino all'acqua, e poi sei scappato. Sei tornato e le hai fracassato le mani. Ti ci è voluto un po' di tempo.»

Di fronte al suo silenzio, Mallory sorrise.


Correndo come un folle, Charles infilò le scale che portavano sotto il livello della strada. L'uomo dietro il vetro antiproiettile stava contando con estrema lentezza una mazzetta di biglietti da un dollaro. Non alzò mai lo sguardo, non rispose al folle che picchiava contro il vetro, che spingeva freneticamente le monete verso di lui, che proclamava in preda al panico che il treno stava arrivando e che senza il gettone d'ingresso l'avrebbe perso. Il treno arrivò mentre l'impiegato stava spingendo un gettone sotto il vetro divisorio. Incurante della ressa, Charles si catapultò verso il treno.

Le porte si stavano richiudendo, lui infilò una mano all'interno, costringendole ad aprirsi. Si strizzò nella folla degli altri passeggeri, che lo guardarono da sotto in su disapprovando le sue proporzioni gigantesche.

Il treno si era mosso e dagli altoparlanti si udì un annuncio.

«Cosa dice?» chiese Charles a una donna che aveva l'aspetto annoiato di chi aveva percorso quel tragitto infinite volte. La donna si limitò a stringersi nelle spalle.

Fu Amanda, al suo fianco, che confermò i suoi peggiori timori. «Sta dicendo quello che dicono sempre. Ovunque tu stia andando, da qui non puoi arrivarci.»

Quando il treno tornò a fermarsi, Charles scoprì che il treno locale si era trasformato in espresso. A giudicare dai volti inferociti degli altri passeggeri, questo cambiamento era un capriccio del guidatore.

Quando vide la luce del giorno e il nome della strada, capì di essere a chilometri di distanza dalla sua meta, e ricominciò a correre.


«Eravate in piedi accanto all'acqua. Amanda ti ha detto che avrebbe fornito a tua moglie tutte le prove di cui aveva bisogno per divorziare. Ti sei fatto prendere dal panico e l'hai afferrata per un braccio. Prima l'hai stordita, e poi l'hai uccisa. Poi sei scappato… come il cane.»

«Il mio cane…»

«Stavi portando il cane a passeggio quella mattina. La tua scusa per incontrare Amanda nel parco. Il cane correva senza guinzaglio. Mentre tu lottavi con Amanda, il guinzaglio si è impigliato nei cespugli sul pendio. Poi hai ritrovato il cane e l'hai portato a casa. Circa mezz'ora dopo sei tornato per trascinare il corpo di Amanda fra i cespugli…»

«Tu non puoi…»

«…e le hai fracassato le mani, cancellando le impronte digitali. Hai commesso errori stupidi, Harry.»

L'uomo avanzava verso di lei e si allontanava dal coltello. Bene. Mallory stava descrivendo un cerchio attorno a lui. La via della porta era quasi libera.

Kipling alzò le mani, le mani che avevano spezzato il collo di una donna. Per Harry Kipling si stava nuovamente avvicinando il momento del panico. Si lanciò contro di lei. Mallory si spostò afferrandogli il braccio teso, gli fece lo sgambetto e fece forza sul braccio per guidare tutto il suo peso sul pavimento.

Era grosso, ma non particolarmente agile.

Mallory gli sferrò un calcio all'inguine e lo costrinse a piegarsi in posizione fetale. Poi lo fece rotolare sulla pancia e gli tirò un braccio dietro la schiena finché si mise a gridare.

«Così me lo rompi!»

«Allora stai fermo!»

Con la mano libera afferrò il cordone della tenda e lo strappò, facendo cadere tenda e bastone.


La sua corsa era ostacolata dalla folla compatta sul marciapiede. Non era giusto, le strade avrebbero dovuto essere deserte. Invece tutte quelle persone erano corse a restituire i regali di Natale e a prendere in cambio la taglia giusta.

Charles fece cadere la pistola, e una vecchia signora la urtò con il piede. Si chiese se non avesse visto di cosa si trattava al di sopra dei pacchetti, o se semplicemente la considerasse un oggetto normale da trovare sul marciapiede in quella parte della città. Si chinò a raccoglierla. Improvvisamente la folla aveva cessato di essere un problema. Tutti scappavano lontano da lui.

Meglio così.


Harry Kipling era legato mani e piedi. Le mani immobilizzate dietro la schiena e assicurate a una gamba con una corda, lo costringevano a inarcare la schiena in un arco bizzarro. Era ridicolo, un ridicolo e patetico bastardo che aveva colpito per paura infantile, per rabbia, e poi aveva provato a nascondere le tracce del disastro che aveva causato, la morte di un essere umano di nome Amanda.

Un avversario deludente, indegno. Non era riuscito neppure a svegliare il gatto.

La telecamera era sempre in azione, registrava i singhiozzi di Kipling. Mallory guardava con occhio critico il suo trofeo legato e la modestia degli elementi a propria disposizione. Il fatto che avesse attaccato un'agente di polizia non rappresentava una prova decisiva della sua colpevolezza. C'erano tasselli da collocare al loro posto, prove più consistenti da procurarsi, qualcosa di più concreto per un procuratore distrettuale particolarmente cauto.

In ogni caso, Mallory avrebbe fatto in modo che Kipling non la passasse liscia.

«Smetti di piangere. Non ti ho fatto veramente male. Cosa ne hai fatto della mia pistola?»

Ma Kipling non la smetteva.

Sollevò la testa e si girò verso la porta al primo rumore del metallo contro il metallo. Qualcuno stava aprendo la serratura. Charles? No, non poteva essere.

Infatti non era lui.

Qualcun altro si trovava sulla soglia. Adesso sì. Quella era la morte che camminava.

Stava fissando la canna della sua 357 rubata. «L'omicidio è il gioco più bello, vero?» gli disse.

«Sì» rispose Justin Riccalo, piazzando la pistola all'altezza della testa di Mallory. Sollevò leggermente la canna. «Così non va bene, vero? Bisogna mirare alla parte più ampia del corpo.» La canna si abbassò al livello del petto, del cuore.

Mallory gli regalò un sorriso perverso. Sapeva che a Justin non sarebbe piaciuto.

«Uccidi quella puttana!» urlò Kipling, che aveva cessato di singhiozzare, ma aveva negli occhi il delirio.

«Tutte le donne sono puttane» disse il ragazzo nel tono piatto di una litania.

«Sì, sì, sì, tutte» confermò Kipling con il fervore di un evangelista televisivo che incitasse la folla. «Ammazzala, subito!»

«Svegliati, idiota» disse Mallory all'uomo ai suoi piedi. «Dopo ucciderà te. Pensavo che almeno questo l'avresti capito.»

La bocca di Kipling rimase aperta, ma non emise altro suono.

Tutte le parole che Mallory udiva provenivano dal retro della sua mente, parole di quando Markowitz e Helen erano in vita. Fallo parlare, piccola, disse un ricordo con l'accento di Brooklyn.

«Che tipo di uccello hai ucciso, Justin, per disegnare la X sulla mia porta?»

«Un piccione» disse Justin.

«Ho una passione per i dettagli» disse Mallory. «Come hai fatto a far sì che il bicchiere d'acqua cadesse sul pavimento della cucina?»

Fallo parlare e non riuscirà più a smettere.

Justin sorrise.

«Ho messo il bicchiere sul bordo del tavolo, delle monetine sotto le gambe posteriori per inclinarlo, ma solo un po'. Il bicchiere era trattenuto da un frammento di ghiaccio. Quando il ghiaccio si è sciolto, il bicchiere è scivolato, si è rotto e la prova è sparita.»

La guardò come se si aspettasse di essere lodato per ciò che aveva fatto.

«Ottimo lavoro, Justin. E hai fatto lo stesso con il vaso?»

«Sì, doveva essere qualcosa che contenesse acqua per giustificare le tracce del ghiaccio sciolto.»

«Secondo me il tuo trucco migliore è stato il coltello nel bersaglio. Hai preso in giro anche Charles, e non è facile. Scommetto che hai manomesso la carica a molla.»

«Sì. Sono rimasto affascinato da quella vecchia attrezzatura carnevalesca sepolta nel seminterrato. Come forse hai immaginato, ho qualche interesse per la magia. È un vecchio trucco. La ruggine si vedeva anche con poca luce; dopo aver tirato la molla fin sul bordo di un ingranaggio, dovevo solo fare in modo che il signor Butler continuasse a parlare finché non si fosse rotta e non avesse liberato il coltello fasullo.»

«Più tardi, sei tornato nel seminterrato e hai spinto un'altra volta la lama fasulla nello scomparto del bersaglio, giusto? Poi hai conficcato uno dei coltelli veri nel bersaglio.»

Justin annuì.

«Come potevi essere sicuro di tornare all'edificio in tempo per cambiare il coltello di scena con quello vero?»

«Facile. Charles va ovunque in taxi. L'ho spiato. Immagino che non gli piaccia la metropolitana e probabilmente ha tanti di quei soldi che non gli capita mai di prenderne una. Ho preso la metropolitana verso Soho dopo che lui è entrato nel parco. Avevo tutto il tempo che volevo per scambiare i coltelli.»

La pistola pesava nelle mani del bambino. Corresse la direzione della canna che mirava al cuore di Mallory.

«Non hai nessuna domanda per me, Justin?»

«Non sei sorpresa di vedermi, vero?»

«No.»

«Quando hai cominciato a sospettare di me?»

«Dall'inizio. La violenza sarebbe arrivata, lo sentivo. Sei il più intelligente della famiglia. Ho sempre saputo che saresti stato l'unico a rimanere in piedi.»

Justin spostò la pistola per puntarla contro Harry. «Se vuoi, come ultimo desiderio, ucciderò lui per primo.»

«Non è affatto simpatico, vero?»

«No! Posso aiutarti» disse Kipling al ragazzo.

«Sei legato come un maiale» disse Justin. «Non puoi aiutare neanche te stesso. Hai idea di quanto tu appaia ridicolo? Troveranno il tuo corpo così.»

«Ascoltami, ragazzo. Posso aiutarti. Ho un'idea. Semplicissima. Se i poliziotti arrivano a te, ti coprirò. Lei vuole arrestarmi per l'omicidio di una donna, di una puttana. Hai bisogno di me, e adesso sai qualcosa su di me. Non posso tradirti, giusto?»

Justin guardò Mallory. «Ha davvero ucciso qualcuno?»

«No. Non credo che ne abbia il fegato. E tu?»

«Perché mi avrebbe legato, allora?»

Il ragazzo guardò Mallory, in attesa di una risposta.

«L'ho legato perché lo stronzo mi ha fatto incazzare, ma purtroppo non ho il permesso di farlo fuori.»

Prese mentalmente nota di tagliare quel pezzo dal video.

«Hai sentito parlare di quella donna non identificata morta nel parco?» Kipling alzò la testa e urlò. «Be', l'ho uccisa io!»

Mallory scosse la testa. «Questa è una confessione estorta con la minaccia. Non vale.» Abbassò lo sguardo verso Kipling. «Credo che neanche Justin se la stia bevendo. Tu sei un bugiardo certificato, Harry. Questo bambino è in gamba. Forse farà credere a tutti di aver impugnato la pistola nel tentativo di proteggermi da te.» Tornò a rivolgersi al ragazzo. «Vero, Justin?»

Il ragazzo fece segno di sì con la testa. Mallory abbassò lo sguardo su Kipling, che si dimenava sul pavimento. «Harry, non mi pare che tu comprenda la tua situazione. Sei adulto, più grosso del ragazzo. In altre parole, sei un uomo morto. Ho ragione, Justin?»

«Temo di sì.»

«Questo bastardo non è molto intelligente, vero Justin?»

«L'ho uccisa io! Ho ucciso Amanda Bosch perché era una puttana» disse Harry nel disperato tentativo di passare per un misogino fanatico e spietato. Il bambino convinto che tutte le donne fossero puttane parve soppesare la sua dichiarazione.

«Bene» disse Mallory, «sentiamo qualche dettaglio che non era sui giornali. Nel mio caso si tratta di interesse professionale. E Justin ha ucciso già due volte. Non possiamo definirlo un dilettante. Ma tu lo sei, Harry. Particolari. Amanda ha pianto? O l'ha presa da uomo, più di quanto non stia facendo tu?»

«La colpa era sua. Se non mi avesse minacciato, non sarebbe successo. La puttana se l'è cercata.»

«Tutte le donne sono puttane» disse Justin sulla nota discendente di un amen.

«Particolari, Harry.»

«L'ho colpita con una pietra, e poi le ho spezzato il collo. Questo non era sui giornali.»

«L'hai presa per la gola e l'hai strangolata.»

«No, le ho girato la testa finché il collo non si è spezzato.»

«Quanto tempo ti ci è voluto per insegnare al gatto a ballare?»

«Quattro giorni! Okay, piccolo, adesso sei convinto? Avanti, slegami.»

«No» disse Justin, «Non credo.» Puntò la pistola verso Harry, e l'uomo ne fu raggelato. Poi l'arma ritornò con calma verso Mallory. «Sarebbe più logico uccidere prima Mallory. È lei quella pericolosa. Tu, signore… tu sei patetico. Non la odiavi nemmeno, quella donna, vero?»

«No, non la odiava. L'ha uccisa in preda al panico» disse Mallory. «Poi è scappato. Non ha il tuo stile, Justin.»

Era come se Markowitz fosse con lei nella stanza. Amano parlare, Kathy, diceva il vecchio. Anche dopo che gli hai letto i loro diritti, non riesci a farli stare zitti. Il ragazzo fece una risatina, compiaciuto del potere che stava esercitando su due adulti.

«Scommetto che tu pianifichi i tuoi omicidi» disse Mallory. «A meno che non ti abbia sopravvalutato. A meno che tua madre e la tua matrigna non siano morte senza il tuo aiuto.»

«Puoi fare meglio di così. Eri arrivata vicino alla verità. Stavi progettando di riesumare mia madre. Ti ho sentito mentre ne parlavi con Charles Butler.»

«Se avessi riesumato tua madre, che cosa avrei scoperto?»

«Forse avresti scoperto che avevo sostituito le sue medicine per il cuore con pillole di vitamine della stessa dimensione e colore.»

«Perché l'hai uccisa?»

«Diciamo che non perdo occasione per divertirmi.»

«Così è morta per non avere preso la medicina di cui aveva bisogno? A me sembra piuttosto noioso.»


Arthur stava tenendo aperta la porta per un inquilino, quando vide l'omone che gli correva incontro, tenendo stretto un oggetto contro il petto e poi nascondendolo in tasca. Adesso l'uomo era abbastanza vicino perché lo identificasse come l'amico della signorina Mallory. E mentre l'uomo arrivava ancora più vicino, Arthur poté vedere il biglietto da venti dollari nella sua mano protesa. Il biglietto rimase sospeso nell'aria mentre Charles lo superava in un lampo, e Arthur lo afferrò prima che toccasse terra.

«Non ho tempo di farmi annunciare, sono in ritardo!» urlò l'omone passando. «Mi ucciderà se ritardo ancora.» Superò l'ascensore occupato e si precipitò su per le scale.

Arthur manifestò la sua comprensione con un eloquente cenno del capo mentre intascava i venti dollari. Neanche a lui sarebbe piaciuto dover discutere con la signorina Mallory.


«L'ho uccisa io» la corresse Justin.

«È morta per un attacco di cuore» disse Mallory. «Ho visto il certificato di morte.»

«L'ho spaventata a morte. Una volta che si era indebolita per la mancanza di cure, non è stato troppo difficile. Ho fatto il genere di cose che l'avrebbero fatta sembrare pazza se le avesse riferite a qualcuno. Difficilmente avrebbe detto a mio padre che vedeva oggetti volanti. Hai conosciuto mio padre. Abbastanza intrattabile, non trovi?»

«Sei un bambino interessante, te ne do atto, ma continuo a ritenere che il metodo dell'omicidio non sia stato gran che. Roba da principianti.»

«Strisciava da una stanza all'altra inseguendo quel flacone di pillole inutili. Io le camminavo accanto allontanando a calci il flacone dalla sua portata. Urlava, piangeva. Era terrorizzata. Avresti dovuto vedere la sua faccia mentre moriva. Non riusciva a credere a quello che le stava accadendo.»

«E che mi dici della sua sostituta, la tua matrigna? Immagino che tu abbia ucciso anche lei.»

«Sì. Facevo volare gli oggetti anche per lei. Neanche lei l'ha mai detto a nessuno. Credeva di stare diventando pazza. Secondo me, era già mezza pazza quando ho cominciato a lavorare su di lei.»

«Ma nel suo cuore non c'era niente che non andasse.»

«No. Ma il precedente del breve soggiorno all'ospedale psichiatrico rendeva la tesi del suicidio credibile. Avrebbero dovuto installare una protezione per i bambini su quella finestra, sai. Così stabilisce la legge.»

«Secondo i verbali degli investigatori dell'ufficio del medico legale, entrambe le donne erano sole al momento della morte.»

«Temo che la Tanner School non controlli a sufficienza i suoi allievi. Insegnanti e preside sono molto progressisti, la frequenza scolastica dipende dalla coscienza di ciascuno. Comunque non credo che qualcuno si sia preoccupato di controllare. Hanno pensato che io non fossi in casa. Nessuna delle due morti ha destato sospetti.»


Amanda appariva meno concreta mentre fluttuava sulla scala accanto a lui. «Ci sono ancora tre piani. Avresti dovuto prendere l'ascensore, Charles.»

«Me lo dici adesso.»

Il fianco gli doleva per l'esercizio inconsueto. Sentiva bruciare i polmoni, come se avesse ingoiato del fuoco.


«Non hai conservato qualche trofeo, Justin? Tutti i grandi nomi tra i serial killer conservano trofei di ogni assassinio.»

«Ho tenuto il falcone delle pillole, e i trucchi che usavo con la mia prima matrigna.»

«Come hai fatto a indurla a buttarsi dalla finestra?»

«Non si è veramente buttata. Ho aperto la finestra. Era una finestra grande. Poi ho preso il coltello e ho srotolato il filo che seguiva la traccia dell'impianto elettrico lungo il soffitto. Dovevo solo tenerla in linea con la finestra e farla arretrare. Quando vedi un coltello che fluttua verso di te, tendi ad arretrare in fretta. Quando arrivò alla finestra, priva di equilibrio, non mi restò che correre verso di lei e darle una spinta nella direzione in cui stava andando. Ci fu un momento in cui capì quello che le stava accadendo, e protese la mano per trascinarmi con sé.»

«Ma la nuova matrigna ha parlato a tuo padre degli oggetti volanti.»

«Sì, e la colpa è mia. Avrei dovuto passare più tempo con Sally, cercare di conoscerla meglio. Non avevo idea che fosse un tipo New Age con l'ossessione del paranormale. Ma la cosa sta tornando a mio vantaggio. Adesso è un'isterica accertata.»

«Quindi pensi ancora di ucciderla.»

«Be', certo. Ma prima ucciderò te. Mi sono divertito molto, Mallory. Veramente molto.»

Sollevò la pistola.

«Justin, quella pistola non può sparare» disse lei. «C'è la sicura inserita.»

«I revolver non hanno sicura. Hai altro da dire, Mallory?»

«Che ne dici di "Attento, c'è qualcuno dietro di te"?»

«Una battuta un po' scontata.»

Charles Butler era sul lato opposto della stanza, che in quel momento sembrava a Mallory lunga chilometri. Aveva in mano la Colt di Markowitz. Teneva la testa abbassata e girata da un lato, come se fosse distratto da qualcuno o qualcosa che Mallory non riusciva a vedere.

Charles, non deludermi adesso.

«Allora se dico al tizio alle tue spalle di spararti, niente rancori?»

Charles la stava guardando, gli occhi spalancati, scuotendo la testa da un lato all'altro.

Charles, non abbandonarmi.

Il ragazzo sorrise. «Sono le tue ultime parole, Mallory. Di' quello che ti pare.»

La canna si stava sollevando, mirando al suo viso, e lei urlò: «Sparagli, Charles!».

Charles sollevò la Colt e fece fuoco sul ragazzo, non una volta sola, ma premendo il grilletto all'impazzata, avanzando e continuando a sparare e sparare.

Il ragazzo aveva girato la testa al primo scatto della pistola scarica, e adesso fissava quel gigante impazzito dagli occhi spalancati e tristi, che avanzava verso di lui, premendo all'infinito il dito sul grilletto.

Mallory si spostò e il ragazzo registrò il suo movimento. La canna era puntata contro Charles quando il gatto uscì dal suo rifugio sotto il divano e si sollevò con leggerezza e grazia sulle zampe posteriori, danzando alla vista della pistola. Il ragazzo lo fissava esterrefatto. Mallory si tuffò per strappargli l'arma di mano. Partì un colpo, e il proiettile impresse al gatto una torsione innaturale, il sangue schizzò sul tappeto.

Il corpo di Kipling si afflosciò, gli occhi rotearono all'indietro, le palpebre si chiusero e il mento gli ricadde sul petto.

Prima che lei e il ragazzo atterrassero sul tappeto, Mallory era tornata in possesso della sua pistola.

«Ottimo…» disse, inchiodando il ragazzo sotto una gamba e alzando lo sguardo verso Charles.

La mano che reggeva la vecchia pistola di Markowitz gli pendeva sul fianco, ma la presa era ferma e il dito sul grilletto continuava spasmodicamente a sparare i suoi colpi a vuoto. La mano sinistra di Charles si aprì e la scatola delle munizioni cadde a terra, il sigillo intatto.

«Non hai mai caricato una pistola in vita tua, vero, Charles?»

«No, mai.»

Si era lanciato contro il ragazzo con una pistola inutile, senza protezione e senza esitazioni. La pistola scarica in realtà spiegava l'assenza di esitazioni. Non avrebbe potuto sparare così, non con gli occhi fissi su un bambino. Charles era un tipo mite e civilizzato; certe cose nel suo mondo erano addirittura impensabili. Grazie al suo coraggio e al suo bizzarro modo di pensare, aveva rischiato la vita attirando il fuoco su di sé in modo da farle guadagnare tempo.


Riker e Martin stavano varcando la porta, prima Martin, poi Riker che gli ansimava dietro, le pistole spianate. Fissarono Kipling legato e il ragazzo inchiodato sotto Mallory.

Riker le si accucciò accanto, ansimando in cerca delle manette. In un attimo le mani del ragazzo furono assicurate dietro la schiena.

«Come avete fatto ad arrivare così presto?» chiese Mallory. Era un'accusa.

«Charles ha attratto la mia attenzione quando l'ho visto sfrecciare come un fulmine accanto alla macchina.» Riker si tolse un piccolo oggetto dall'orecchio. «Ho sentito tutto. Ho piazzato una cimice molto illegale nell'appartamento l'ultima volta che sono stato qui. Ho imparato molte cose da te, bambina.»

Tastò le tende cadute sul pavimento. «Che disordine, Mallory. Non è da te.»

Martin ripose la pistola nella fondina. «L'audio andava e veniva. Per la maggior parte del tempo ho sentito solo un rumore simile a un piccolo motore. Riker mi ha spiegato che era un gatto che russava. Si diverte sempre a prendermi in giro.»

Riker rivolse la sua attenzione a Charles. «Puoi smettere di premere il grilletto? Mi dà sui nervi.»

Mallory si alzò e si diresse verso Charles. Gli tolse la pistola. Poi richiuse la mano sulla sua per fermare il dito che continuava a sparare con una pistola che non c'era più.

Charles guardava il ragazzo. Justin era immobile, calmo. Distolse gli occhi da quelli di Charles per guardarsi dentro. C'era qualcosa di allarmante in quel suo broncio da bambino vero, da bambino arrabbiato.

Martin sovrastava Kipling. «E morto?»

«No» disse Mallory. «È svenuto quando ha sentito il primo sparo.»

Riker e Mallory si scambiavano parole senza parlare. "Pensi ancora che l'abbia sottovalutato?", chiedeva lei con una lieve alzata del mento. "Hai vinto, Mallory", rispondeva lui sollevando un pollice.

Martin stava tirando fuori le manette.

«Naa» disse Riker, alzando una mano per fermare Martin. «Non credo che le manette funzionino meglio dei nodi di Mallory. Portiamo fuori Kipling così com'è.»

Martin ghignò. «Sì, buona idea.» Puntò un dito verso gli schizzi di sangue sul tappeto. «Allora, il colpo chi l'ha beccato?»

La risposta stava strisciando sul tappeto, trascinandosi verso Mallory sulle zampe anteriori e gemendo. Giunto ai suoi piedi, il gatto si fermò, insanguinandole le scarpe da ginnastica bianche.

«Cosa è successo al gatto?»

«Non sono stata io» disse Mallory.


«Mallory, sono certa che questa le piacerà.»

Betty Hyde infilò la cassetta nel videoregistratore. Le immagini mostravano il giudice sugli scalini del Coventry Arms, scortato da due agenti di polizia in uniforme. Una giovane reporter gli piantava un microfono sulla faccia e gli chiedeva se fosse vero che il procuratore distrettuale contava di far riesumare il corpo di sua madre.

Il giudice avanzò verso la donna. Le fece volare via il microfono con un pugno, ne assestò un altro al cameraman. La telecamera cadde sul marciapiede, tra i piedi degli agenti. L'audio restituì il grido di una donna che diceva: «Mi stai facendo male, figlio di…».

«Due poliziotti. Lei come lo spiega?» Chiese la Hyde.

«Non ne sono sicura» mentì Mallory. «Ho sentito delle voci secondo le quali un investigatore dell'ufficio del medico legale ha coinvolto un detective in un racket di estorsione. Forse i poliziotti volevano fare un paio di domandine al giudice in proposito. Ma se glielo chiedono, badi che io non le ho detto niente.»

«Naturalmente no. Grazie per avermi servito il giudice su un vassoio d'argento» disse Betty Hyde. «Non vorrei passare per un'ingorda, ma ha scoperto qualcos'altro di interessante?»

«No» mentì di nuovo Mallory.

«Be', io sì. Aveva ragione, Mallory. Eric Franz non è cieco.»

Mallory spianò la piega di una t-shirt prima di riporla nella sacca di tela. «È stato lui a dirglielo?»

«No, ha continuato a negarlo per parecchie ore. Ha passato la maggior parte del tempo a ubriacarsi e a ricordare Annie. È questa la cosa strana… la amava veramente. Ma l'incidente sarebbe stato un omicidio se lui avesse avuto la vista, e lui…»

«Se non gliel'ha confessato Franz, da dove viene l'informazione?»

«Le ho già detto che ho spie ovunque.»

Mallory mise un paio di blue jeans nella sacca e chiuse con calma la cerniera. «Arthur, giusto? Era di servizio la notte dell'incidente. E stato lui a dirle che Franz ha ucciso la moglie?»

«No. Arthur non sa che Eric ci vede. Ha solo dichiarato che se Eric non fosse stato cieco avrebbe potuto salvare la vita della moglie. Ma la versione dell'incidente di Eric non coincide con quella del portiere. Eric ha mentito.»

«Quanto ha pagato Arthur?»

«Cinquanta dollari.»

«Io gliene ho dati solo venti.» Mallory aprì la tasca a battente della borsa e frugò finché non trovò la cartellina che cercava. «Arthur le ha raccontato di aver comunicato il numero di targa alla polizia, che ha preso il tizio entro un'ora dalla tragedia, giusto?»

«Giusto, ma…»

Mallory le porse un foglio. «Questo è il verbale dell'incidente. Ha riferito un numero di targa, ma era quello sbagliato. La polizia non ha preso il colpevole fino alle sette del mattino successivo. Era parcheggiato fuori dal suo garage abituale, dormendo per smaltire la sbornia in attesa che aprisse la carrozzeria per riparare l'ammaccatura dal paraurti. C'era ancora del sangue sulla macchina. È stato il parcheggiatore a denunciarlo.»

«Ma Arthur ha descritto…»

«Le ha riferito della piccola Jaguar argentata? Era una Ford grigia. Non proprio una Jaguar, ma era pagato bene, ci teneva ad abbellire un po' il racconto».

«Ha visto i Franz litigare.»

«Dalla distanza a cui si trovava? Non credo.» Estrasse un altro foglio dalla cartellina. «Questo era nel computer dell'ottico. Arthur senza occhiali ci vede bene solo in un raggio di quattro metri. Quello di cui stiamo parlando è il caso di un cieco che contraddice un altro cieco. Ma se anche la vista di Arthur fosse stata di dieci decimi, non cambierebbe niente. Qualunque poliziotto potrebbe confermarle che i testimoni oculari sono la prova meno affidabile che ci sia. Se il caso dipende da un testimone, in un'aula di tribunale sei spacciato. E i testimoni prezzolati sono i peggiori.»

«Me l'ha fatta, vero? Ha fatto in modo che mi concentrassi su Eric Franz per distogliermi da Kipling, vero?»

«Lei ha la testa del giudice, e una storia esclusiva sull'omicidio di Amanda. Non ha niente su Eric Franz. Due su tre non è male.»

«Gliene devo una, Mallory.»

«Può ben dirlo. Se avesse pubblicato quelle fesserie su Franz adesso si ritroverebbe disoccupata e nel bel mezzo di un processo.»


Fuori, sul marciapiede, Eric Franz si fermò un momento per parlarle. Abbassò gli occhiali scuri e la fissò come una persona che ci vede. Aveva la faccia tormentata di uno che non ha dormito.

«Dobbiamo parlare. Immagino che i messaggi nel computer provenissero da lei.»

Mallory scosse il capo. «Se pensa che stessi programmando di ricattarla, si sbaglia. Non ho niente da dirle. Non credo che ci incontreremo ancora.» Gli mostrò il distintivo. «Sono solo un poliziotto e lei non ha infranto alcuna legge.» Niente che lei potesse provare. Quel che era certo era che Franz era un po' pazzo. Charles avrebbe potuto spiegarlo meglio, si intendeva di senso di colpa.

Aveva evitato di dire a Betty Hyde che quella notte il portiere portava gli occhiali. Come Cora, Arthur aveva assistito a un omicidio senza rendersene conto.

Ma non si era trattato di un assassinio a sangue freddo. Era stato un omicidio passionale, come se Franz avesse scoperto la moglie a letto con un altro e le avesse sparato. Eric Franz aveva visto arrivare novecento chili di metallo in corsa, e Annie era morta per non essere stata avvertita in tempo.

Mallory osservò il finto cieco allontanarsi con il cane. Si sarebbe chiesta in eterno cosa si provasse a vivere in quella simulazione di buio, senza poterla abbandonare neanche per un'ora di libertà. Aveva pensato di pilotarlo verso un crollo nervoso, ma poi si era chiesta: a che scopo? Quale nuovo inferno avrebbe potuto aggiungere a quello che l'uomo quotidianamente si infliggeva? Franz stava già scontando la propria pena.

Al suo posto Markowitz lo avrebbe lasciato andare. Non aveva idea di come facesse a saperlo, ma era così.

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