— Per l’amor di Dio, Bothari, non possiamo portarla là! - sibilò Koudelka.
La strada in cui il sergente li aveva condotti era nelle profondità del vecchio quartiere del caravanserraglio. A poca distanza da loro, nell’umida foschia della notte, si ergeva un massiccio edificio a tre piani dalle mura insolitamente spesse. Le imposte di legno stinto erano chiuse, ma qua e là filtravano all’esterno strisce di luce gialla. Una lampada a olio decorativa illuminava una robusta porta di legno verde, l’unica che Cordelia potesse vedere.
— Non possiamo lasciarla in mezzo a una strada. Ha bisogno di stare al caldo — replicò Bothari. Portava in braccio Lady Vorpatril, che indebolita e tremante si stringeva a lui. — È già tardi. Stanno per chiudere.
— Che razza di posto è questo? — domandò Droushnakovi.
Koudelka si schiarì la gola. — Nell’Era dell’Isolamento, quando il caravanserraglio era il centro di Vorbarr Sultana, qui abitava un Lord. Uno dei principi minori di Casa Vorbarra, credo. Ecco perché a vederla sembra una fortezza. Oggi è… una specie di locanda.
Ah. Così questo è il tuo postribolo, Kou, fu per lasciarsi scappare di bocca Cordelia. Si rivolse a Bothari. — È sicuro? O anche qui tutti sognano di vendere l’anima al migliore offerente?
— Per qualche ora è sicuro — rispose lui. — Non abbiamo più di qualche ora, del resto. — Mise giù Lady Vorpatril, affidandola alle mani di Drou, e andò a bussare alla porta. Poi parlò sottovoce con qualcuno, attraverso uno spioncino. Cordelia si stringeva al petto il piccolo Ivan, tenendolo sotto la blusa per dargli tutto il calore che poteva. Fortunatamente il bambino s’era addormentato ancor prima che uscissero dal vecchio edificio dietro il caravanserraglio. Bothari si girò e fece loro segno di raggiungerlo.
Il corridoio in cui entrarono era una specie di tunnel dal soffitto ad archi, con finestrelle verticali molto più strette all’interno che all’esterno. — Feritoie, per la difesa — spiegò Koudelka. Drou annuì, impressionata dallo spessore dei muri esterni. Ma non c’erano fasci di frecce o pentoloni d’olio bollente ad attenderli. L’uomo che li aveva fatti entrare chiuse la porta e tornò a sedersi davanti a un apparecchio a batterie che trasmetteva un film non barrayarano, probabilmente una registrazione.
Il gruppetto passò in una larga stanza in penombra, una specie di bar-sala da pranzo arredata con spreco di tendaggi colorati. Due donne che indossavano solo la sottoveste, sedute vicino a un largo caminetto dove ardevano braci di legna, si girarono a guardarli con aria indifferente. Un uomo di mezz’età, che beveva vino seduto a un tavolo, non alzò neppure gli occhi dal fondo del bicchiere.
A scortarli nell’interno della casa era venuta una donna alta e magra, che li precedette in un’altra stanza e poi su per le scale senza quasi aprir bocca. Quindici, o forse dieci, anni prima doveva esser stata vivace e di bell’aspetto; ora l’aderente abito rosso intriso di profumo non rendeva un buon servizio alle sue forme ossute. Bothari aveva ripreso in braccio Lady Vorpatril. Koudelka si guardava intorno accigliato, ma sembrava lieto che quella notte ci fosse così poca gente.
Al primo piano la donna li fece entrare in una stanza. — Cambia le lenzuola — mormorò Bothari, senza muoversi verso il letto. La donna annuì e scomparve nel corridoio. Da lì a poco fece ritorno, tirò via le coperte e mise le lenzuola pulite. Soltanto allora il sergente trasferì sul letto Lady Vorpatril. Cordelia le depose il bambino fra le braccia, e lei riuscì a sorriderle, grata.
L’affittacamere (così Cordelia decise di pensare a lei, per amore di Alys) guardò il bambino con un barlume di interesse. — Appena nato, eh? È piuttosto grosso. Tut-tut — disse, accarezzandogli una guancia con un dito.
— E nato due settimane fa — disse seccamente Bothari.
La donna sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. — Non prendere in giro me, Bothari. Chi credi che assista le mie ragazze, quando partoriscono? Questo signorino è stato sfornato un paio d’ore fa, a dir tanto.
Il sergente gettò uno sguardo preoccupato a Cordelia e si morse le labbra. La donna alzò una mano, seccata. — D’accordo. Due settimane, se qualcuno fa domande.
— Bisogna lasciarla dormire — disse Bothari, — almeno finché non siamo sicuri che non perde sangue.
— Sì, ma non da sola — disse Cordelia. — Risvegliandosi in un posto sconosciuto potrebbe sentirsi disorientata. — Più che sconosciuto, quel posto era praticamente qualcosa di alieno per una donna Vor.
— Resto io con lei, per un po’ — si offrì Droushnakovi, che guardava l’affittacamere come se non le piacesse vederla così vicina al bambino. Dall’occhiata che la ragazza bionda scoccò a Koudelka, Cordelia capì che il suo pietoso tentativo di presentare quella casa come una specie di museo storico l’aveva soltanto irritata. Forse neppure Lady Vorpatril l’avrebbe presa bene quando si sarebbe risvegliata, a mente lucida.
Droushnakovi si lasciò cadere su una poltrona, storcendo il naso all’odore che si levava dall’imbottitura di velluto rosso. Gli altri uscirono. Koudelka entrò in quello che lì aveva la funzione di locale igienico, e poi scese al pianterreno in cerca di qualcosa da mangiare, lasciandoli in un salottino all’inizio del corridoio. L’odore che Cordelia sentiva qua e là suggeriva che nessun edificio del caravanserraglio fosse collegato alle fognature municipali. Non c’erano impianti elettrici né riscaldamento centrale.
Il salottino, illuminato da una lampada a pile appesa al muro, era arredato con un sofà, due poltrone e un tavolo di plastica gialla. Stancamente, Cordelia e Bothari si misero a sedere. Ora che la tensione si rilassava un poco, e che aveva il tempo di guardarlo, si accorse che l’uomo era sporco e malridotto come un accattone. E in quanto a lei, era certa di non avere un aspetto molto migliore.
— Ci sono prostitute, su Colonia Beta? — le domandò Bothari, d’un tratto.
Cordelia si sforzò di non dargli una risposta sarcastica. La voce con cui lui l’aveva chiesto era così stanca da farla apparire una domanda casuale, discorsiva, salvo che Bothari non faceva mai domande casuali. Quanto aveva influito la violenza di quella notte sul suo delicato equilibrio psichico? — Be’… abbiamo i T.S.P.S. — rispose cautamente. — Suppongo che svolgano una funzione sociale equivalente.
— Tiesse Piesse?
— Terapisti Specializzati in Pratiche Sessuali. Bisogna seguire un corso di studio e prendere la licenza governativa. Però è necessario avere anche un diploma di psicoterapista. È una professione che può essere intrapresa da tutte e tre i sessi. Gli ermafroditi sono quelli che guadagnano meglio, e fra l’altro sono anche i più richiesti dai turisti. Non si tratta di… una professione molto considerata, ma non sono neppure dei paria. Voglio dire, non abbiamo paria su Colonia Beta. Un T.S.P.S gode di un rispetto piuttosto modesto, come su Barrayar potrebbe averlo… che so, un sarto, o una parrucchiera. Comunque fornisce un servizio personalizzato, con le sue capacità, la sua inventiva, insomma arricchendolo con le sue doti.
L’idea riuscì a divertire Bothari, che dapprima si accigliò ma infine ebbe un sorrisetto storto. — Soltanto voialtri betani avete la pretesa che una puttana sia laureata in quello che fa. E ci sono… voglio dire, ci sono anche donne che pagano per questo?
— Sicuro. Anche coppie. Il sesso… l’aspetto tecnico della cosa, va imparato. Chi vuole, può fare un po’ di pratica con un T.S.P.S. e così ottenere… mmh, risultati migliori.
Lui scosse il capo, esitò, le gettò un’occhiata di tralice. — Mia madre era una puttana — disse. La sua voce era stranamente lontana. Aspettò la risposta.
— Io… suppongo che fosse… piuttosto povera.
— Non so perché non abbia abortito, quando aspettava me. Lei faceva anche aborti, fra l’altro. Forse pensava alla vecchiaia. A volte mi vendeva ai suoi clienti, da bambino.
Cordelia sbarrò gli occhi. — Questo… questo non sarebbe legale, su Colonia Beta.
— Non ricordo molto di quel tempo. Me ne andai di casa quando avevo dodici anni, appena fui abbastanza grande da cominciare a prendere a calci i suoi dannati clienti. Restai con una banda di ladruncoli per qualche anno, ma a diciotto decisi di arruolarmi nel Servizio. Per togliermi da… — accennò col capo verso l’esterno ed ebbe una smorfia di disprezzo, — da questo schifo.
— Il Servizio dev’essere stato un grosso cambiamento per te.
— Sì. Finché non incontrai Vorrutyer. — Tacque, poi guardò verso la finestra. — Quand’ero bambino c’era molta più animazione in questo quartiere. Adesso è quasi morto. — Il suo tono si fece meditabondo. — Ci sono dei pezzi della mia vita che non riesco a ricordare troppo bene. È come… il dottore disse che ci ho messo sopra dei cerotti. Ma ci sono molte altre cose che vorrei dimenticare, e non posso.
Lei stava per chiedere quali, ma si limitò ad annuire con un mormorio, per incoraggiarlo.
— Non sapevo chi fosse mio padre. Essere un bastardo, figlio di una puttana, è quasi come essere un mutante.
— La parola «bastardo» è usata per descrivere una personalità negativa, ma dal punto di vista betano non ha nessun significato. I figli avuti da madre singola, anche senza licenza, sono identici a tutti gli altri. Anzi, visto che mancano del ruolo paterno ricevono assistenza e cure particolari. — Perché mi sta dicendo questo? Cosa si aspetta da me? Quando ha cominciato a parlare sembrava quasi impaurito, e ora sembra quasi contento. Cosa gli ho detto di tanto consolatorio? Cordelia sospirò.
Con suo sollievo, Koudelka risalì giusto allora con un vassoio di panini al formaggio, e tre cartoni di birra. Cordelia fu lieta di poter bere, anche se la birra non le piaceva. Mandò giù un boccone di pane e formaggio e disse: — Kou, dobbiamo modificare la nostra strategia.
Lui sedette sul sofà con un movimento goffo e annuì, serio in viso. — Cosa propone?
— È chiaro che non possiamo portarci dietro Lady Vorpatril e il bambino. Ma non possiamo neppure abbandonarli qui. Abbiamo lasciato sei cadaveri e un’auto in fiamme alla Sicurezza di Vordarian. Ci staranno cercando dappertutto, in questa zona. Però non sanno niente di noi; il loro unico obiettivo certo è una donna incinta. Questo ci offre qualche possibilità. Dobbiamo dividerci.
Lui esitò un momento, col panino in mano. — Allora lei pensa di andare con Lady Vorpatril, milady?
Cordelia scosse il capo. — Io devo andare alla Residenza Imperiale. Se non altro perché sono la sola che potrebbe dire: «È impossibile farcela. Bisogna rinunciare.» Drou conosce la strada e gli impianti di allarme del palazzo. E ho bisogno di Bothari. — Così come, in un suo strano modo, Bothari ha bisogno di me. - Questo lascia disponibile soltanto te.
Koudelka strinse le labbra, aspramente. — Certo. Non voglio essere la palla al piede che vi rallenta.
— Finora sei stato il motore che ci ha spinto — disse lei. — Non saremmo arrivati in città così presto e senza rischi, se non fosse stato per te. Noi potremmo fallire, e in questo caso non ci resta che Lady Vorpatril per dire che la nostra missione non è stata un’inutile pazzia. Occupandoti di lei, tu provvederai che questo risultato non vada perso.
— Ma avrò l’impressione che voi andiate in prima linea, mentre io resto in trincea.
— Non dire sciocchezze. Qui sei più che in prima linea. Sei un soldato all’interno delle linee nemiche, e se sarete catturati non avranno pietà di te, né di lei, né del bambino. Non ci sono trincee qui, ma solo la morte, la necessità e la logica. E io ho bisogno assoluto di tutte le tue facoltà. È chiaro, questo?
Lui sospirò. — Cercherò di proteggerla, milady.
— «Cercare» non è abbastanza. Padma Vorpatril ha «cercato» di proteggerla. Tu devi dannatamente riuscirci, Kou.
Lui annuì, accigliato. — Sì, milady.
Bothari si alzò per cercare degli indumenti adatti alla parte di «Marito povero, in viaggio con moglie e figlioletto» che Koudelka avrebbe dovuto recitare. — I clienti lasciano sempre della roba — disse, uscendo. Cordelia si chiese se avrebbero trovato un abito da prostituta per Alys Vorpatril. Koudelka andò a portare un panino anche a lei e a Drou. Quando rientrò nel salotto e si mise a sedere davanti a Cordelia aveva un’espressione abbacchiata.
Dopo un po’ disse, sottovoce: — Sa, adesso capisco perché Drou era così preoccupata all’idea di essere incinta.
— Che vuoi dire? — domandò Cordelia.
— I guai di Lady Vorpatril fanno sembrare i miei… cose dappoco. Santo cielo, quel bambino l’ha fatta soffrire.
— Mmh. È una sofferenza che dura mezza giornata. Un paio di settimane, nel suo caso. Ma non credo che lei la veda così.
— E come, allora?
— È qualcosa che… trascende il dolore. Fabbricare una vita. Io ci pensavo, quando ero gravida di Miles. «Con questo atto, io porto una morte al mondo.» Una nascita, e quindi una morte, e tutte le gioie e i dolori fra la prima e la seconda. Certi antichi simboli del misticismo orientale, come quello della Dea Kali, della Madre-Morte, mi sembravano idioti finché non ho capito che non erano mistici ma crudamente reali. Un «incidente sessuale», come lo chiamereste voi barrayarani, innesca una catena di cause ed effetti che va avanti fino alla fine del tempo. I nostri figli ci cambiano, che vivano o no. Anche se vostro «figlio» stavolta era soltanto chimerico, Drou è stata toccata da quel cambiamento. Tu no?
Lui scosse il capo, perplesso. — Non ci ho mai pensato. Io volevo solo essere normale. Come gli altri uomini.
— Credo che i tuoi istinti siano giusti. Però gli istinti non bastano. Non sarebbe meglio se i tuoi istinti e il tuo raziocinio lavorassero insieme, una volta tanto, invece di battersi per ottenere due risultati diversi?
Lui scrollò le spalle. — Non lo so. Non so come… arrivare a lei, ormai. Le ho chiesto scusa, ma… — Fra voi le cose vanno peggio che mai, no?
— Già.
— Sai cosa mi assilla di più, da quando abbiamo lasciato Base Tanery? — disse Cordelia.
— Cosa?
— Ho dovuto partire senza dire una parola ad Aral. Se mi succedesse qualcosa… o succedesse a lui… ciò che ho fatto resterebbe in sospeso per sempre. Non avrei più la possibilità di rimediare.
— Mmh. — Koudelka incrociò le braccia, annuendo.
Cordelia meditò per qualche secondo. — Cos’hai cercato di fare, a parte chiederle scusa? Hai provato a dire: «Come ti senti?» «Cosa pensi?» «Stai soffrendo?» o magari «Cosa provi per me?» Tutte frasi che finiscono con un punto interrogativo, ora che ci penso. Questo però stimola l’inizio di una conversazione, a volte. Lo sai?
Lui sorrise tristemente. — Non credo che lei voglia parlare con me, e specialmente di questo.
— Supponiamo… — Cordelia si girò a guardare fuori, nel corridoio, ma come se cercasse con gli occhi della mente un altro posto. — Supponiamo che le cose non avessero preso una svolta imprevista, quella famosa notte. Supponiamo che quell’idiota di Evon Vorhalas non avesse interrotto il vostro momento d’amore con un attentato. — Ecco un pensiero tragico. Quel «supponiamo-che-non» era un’ipotesi troppo dolorosa per lei, ma non era soltanto come esempio discorsivo che lo stava usando. — Immagina che nulla vi avesse interrotti. Sareste rimasti lì, a coccolarvi beatamente. — Aral usava spesso quella parola, «coccolarsi». Ma lei non voleva soffrire pensando ad Aral, adesso. — Vi sareste separati con affetto, e il mattino dopo, svegliandovi dopo una notte d’amore… Che si fa in questi casi, su Barrayar?
— Un paraninfo.
— Un cosa?
— I genitori della ragazza, o quelli del giovanotto, assumono un uomo di una certa età. Un intermediario. E attraverso il paraninfo si accordano su… sulle nozze, sulla dote, su tutto.
— E il giovanotto? Tu cos’avresti fatto?
— Avrei deciso la data, presumo, e pagato tutte le spese. Anche se poi in effetti sono i genitori a sborsare i quattrini.
Non c’era da meravigliarsi che un uomo si ritrovasse con dei pensieri. — Tu avresti voluto sposarla? Non andare a letto con lei e basta?
— Sicuro! Ma, milady… io sono soltanto un mezzo uomo, e nelle giornate buone. La sua famiglia si metterebbe a ridere, se mi vedesse.
— Hai mai incontrato i suoi familiari? Li conosci?
— No.
— Kou, stai ascoltando le parole che ti escono di bocca?
Lui agitò le mani, imbarazzato. — Be’…
— Un paraninfo, eh? — Cordelia si alzò e andò alla porta.
— Dove sta andando? — chiese nervosamente Kou.
— A paraninfare — disse con fermezza lei. Percorse il corridoio fino alla stanza di Lady Vorpatril e mise dentro la testa. La donna s’era addormentata. Droushnakovi era seduta accanto al letto e la guardava in silenzio. Il vassoio coi panini e le birre era sul comodino, ancora intoccato.
Cordelia scivolò dentro e chiuse la porta. — I veri soldati — disse, — non trascurano di mangiare o di dormire. Non sanno mai quando gli capiterà la prossima occasione.
— Non ho fame. — Anche Drou aveva un’aria poco allegra, come se avesse ingannato il tempo tastando le pareti di una trappola.
— Ti va di parlare?
La ragazza ebbe un sorrisetto amaro. Si alzò e andò a sedersi su una sedia, in un angolo della stanza. Cordelia prese posto sulla poltrona.
— Sa, milady, questa è stata la prima volta che ho combattuto. Per uccidere, voglio dire.
— Ti sei dimostrata all’altezza. Hai trovato un buon posto da cui sparare e sei entrata in azione al momento…
— No. — Drou scosse una mano. — No, non sono stata all’altezza.
— Dici? A me è parso di sì.
— Ho corso intorno a quella casa. C’erano due della Sicurezza alla porta sul retro, e li ho colpiti con lo storditore. Non mi hanno neppure vista. Poi mi sono appostata dietro l’angolo. Ho visto quegli uomini che tormentavano Lady Vorpatril. La offendevano, la toccavano in modo laido… mi sono sentita bruciare di rabbia. Ho impugnato il distruttore neuronico, allora. Volevo ucciderli. Poi è cominciato lo scontro a fuoco e… e io ho esitato. E Lord Vorpatril ha pagato con la vita la mia esitazione. Per colpa mia…
— Ehi, ehi, ragazza! Quel bastardo che ha sparato a Padma Vorpatril non era il solo che avrebbe potuto farlo. L’avevano imbottito di penta-rapido, e non cercava neanche di mettersi al coperto. Devono avergliene dato una dose doppia per fargli dire dov’era nascosta Alys. Avrebbe potuto essere colpito da uno degli altri, o anche gettarsi da solo in mezzo al fuoco.
— Il sergente Bothari non ha esitato — disse Droushnakovi con voce piatta.
— E con questo?
— Il sergente Bothari non spreca momenti preziosi a… chiedersi se deve sparare a un uomo. A un nemico, voglio dire.
— Lui non si chiede niente. E tu?
— Io mi sento male per averlo fatto.
— Hai ucciso due perfetti sconosciuti, e ti aspetti di sentirti allegra e soddisfatta?
— Bothari era soddisfatto.
— Sì. Bothari prova soddisfazione in questo. Ma lui non è, neppure secondo gli standard barrayarani, un uomo sano di mente. Tu aspiri ad essere un mostro?
— È così che lei lo vede?
— Oh, ma lui è il mio mostro. Il mio cane da guardia. — Non le riusciva facile spiegare Bothari, neanche a se stessa. Si chiese se Droushnakovi conoscesse l’origine etnologica terrestre del termine «capro espiatorio», l’animale che veniva sacrificato annualmente perché portasse via con sé i peccati dell’intera comunità. Bothari portava anche quel fardello per lei; Cordelia sapeva ciò che l’uomo aveva fatto al suo posto. Era meno sicura di aver fatto veramente qualcosa per lui, anche se Bothari sembrava certo di aver ricevuto molto in cambio. — Io, comunque, sono felice che tu non ti senta allegra. Due maniaci omicidi al mio servizio sarebbero troppi. Tienti cara questa tua debolezza, Drou.
Lei scosse il capo. — Credo d’aver scelto il mestiere sbagliato.
— Forse. O forse no. Pensa che mostruosità sarebbe un esercito di soldati come Bothari. Ogni pubblico ufficiale al servizio di una comunità, poliziotto o soldato o agente segreto, può trovarsi a dover fare delle malvagità… ciecamente, per cause che sfuggono al controllo di chiunque, e tuttavia non per questo deve essere un malvagio. Può fare quel che è necessario, e non di più. Può mettere in discussione le premesse su cui agisce, e così tenersi lontano dall’abisso dell’atrocità.
— Come quel tenente, quando ha proposto al colonnello di portare i Vorpatril al Quartier Generale?
— Sì. O anche come il colonnello stesso, nel momento in cui si è detto che doveva farla finita lì. Aveva raggiunto un limite, voleva calare il sipario prima che entrasse in scena troppa crudeltà. Ci sono uomini che si lasciano spingere sull’orlo di quell’abisso, da gente come Vordarian. — Cordelia scosse il capo, con un sospiro.
Droushnakovi teneva gli occhi bassi, accigliata.
— Kou è convinto che tu ce l’abbia con lui — disse Cordelia.
— Kou? — La ragazza sbatté le palpebre. — Cosa le ha detto?
Cordelia sorrise. — Be’, è proprio da Kou. Cioè, immaginare che il malumore dipinto sulla tua faccia dipenda esclusivamente da lui. — Il suo sorriso svanì. — Lo lasceremo qui con Lady Vorpatril, e poi porterà via madre e figlio, da solo. Dovremo separarci non appena lei sarà in grado di camminare.
Drou si mostrò preoccupata. — Sarà dura. Quelli di Vordarian stanno già mettendo a soqquadro il distretto alla ricerca dell’erede del Lord.
Già, c’era ancora un Lord Vorpatril a turbare i calcoli genealogici di Vordarian, no? Insano sistema, grazie a cui un neonato inerme appariva una minaccia mortale a un uomo potente. — Non ci sarà sicurezza per nessuno finché questa sporca guerra durerà. Dimmi una cosa: sei ancora innamorata di Kou? So che hai superato quella, diciamo, infatuazione iniziale. Vedi i suoi difetti. È un dannato egocentrico, un ipersensibile che scatta appena tocchi il tasto delle minorazioni, preoccupatissimo della sua mascolinità. Ma non è stupido. C’è speranza per lui. Ha davanti a sé un’ottima carriera piena di soddisfazioni. — Presumendo che fosse sopravvissuto alle prossime quarantott’ore. — Tu lo vuoi, o non lo vuoi?
— Io… sono legata a lui, ora. Non so se riesco a spiegarlo, ma… gli ho dato la mia verginità. Chi altro mi vorrebbe? Avrei vergogna soltanto a…
— Dimentica la verginità! Quando tornerai da questa missione sarai coperta di tanta gloria che gli uomini faranno la fila per il privilegio di corteggiarti. Dovrai solo degnarti di scegliere il più altolocato. Chi vuoi? Un generale? Un ministro? Il ricco ed elegante figlio di un Vor? L’ambasciatore di un altro pianeta? Il tuo unico problema sarà che le leggi barrayarane permettono un solo marito alla volta. Un tenente povero e zoppo non avrà la minima possibilità di competere con quei signori.
Droushnakovi commentò con un sorriso scettico le visioni dipinte da Cordelia. — Chi le dice che Kou non diventerà un generale, un giorno o l’altro? — mormorò. Scosse il capo. — Sì, lo voglio ancora. Ma… ho paura che mi faccia ancora del male, suppongo.
Cordelia inarcò le sopracciglia. — È probabile. Aral e io non facciamo che ferirci a vicenda.
— Oh, no. Non voi due, milady. Voi siete una coppia perfetta.
— Pensaci meglio, Drou. Riesci a immaginare in che condizioni di spirito sia Aral a causa di quello che sto facendo? Io posso farlo soffrire. Lui può far soffrire me.
— Ah.
— Ma il dolore… mi sembra una ragione insufficiente per non abbracciare la vita. Soltanto i morti non soffrono. Il dolore, come la pioggia, non guarda in faccia nessuno. La domanda è: quali momenti di gioia puoi conquistare dalla vita per compensare i suoi dolori?
— Non sono sicura che questo valga anche per me, milady. Io vedo… soltanto cose vaghe quando penso al futuro… a Kou e a me,
Cordelia si mordicchiò un labbro. — Sì. Penso che possa bastare. Vieni con me, per favore.
La ragazza si alzò docilmente. Cordelia la precedette nel salottino e la invitò a prendere posto sullo stesso divano di Koudelka; poi si mise a sedere fra loro. — Drou, ci sono alcune cose che Kou desidera dirti. E poiché gli ho spiegato che parlate due lingue diverse, mi ha chiesto di fungere da interprete fra voi.
Koudelka agitò subito una mano in cenno negativo, imbarazzato.
— Il gesto che ha fatto con la mano significa «Preferisco rovinare il resto della mia vita che sembrare stupido per cinque minuti.» Ignoralo — disse Cordelia. — Ora vediamo. Chi comincia a parlare?
Nessuno dei due aprì bocca. — Come paraninfa, spetta a me assumere la rappresentanza dei vostri genitori e parlare in loro vece. Penso che dovrei cominciare impersonando la madre di Kou. — Cordelia esibì un’espressione dolcemente preoccupata e cambiò tono. — «Sai, ho pensato molto a te in questi anni, figliolo. E tu scrivi così di rado alla tua mamma. Non hai ancora conosciuto una brava ragazza che vada bene per te? Hai quasi ventisei anni, lo sai. Devi pensare al tuo futuro.» — Inarcò un sopracciglio quando Koudelka ridacchiò. — Ho il suo stile, eh? Dunque, Kou la ascolta e poi dice: «A dire il vero, Ma, una ragazza ci sarebbe. È bella, intelligente, con la testa a posto…» E la madre di Kou esclama: «Ooh-ooh! Allora so io cosa fare!» E assume me come paraninfa autorizzata. Così io vado da tuo padre, Drou, e gli dico: «C’è questo giovanotto, signore. Un tenente del Servizio Imperiale, il segretario privato del Lord Reggente. È un eroe di guerra, atteso da una brillante carriera al Quartier Generale…» E lui m’interrompe: «Non dica una parola di più! Ooh-ooh! Cosa aspetta quella ragazza a farci conoscere il suo tenente? Ha forse vergogna di mostrargli la nostra umile casa? Sono certo che un vero soldato come lui…»
— Io sono certo che direbbe esattamente un’altra cosa! — brontolò Kou, con una smorfia.
Cordelia si girò verso Droushnakovi. — Ciò che Kou ha detto è che la tua famiglia non farebbe neppure entrare in casa uno storpio.
— No! — esclamò lei, indignata. — Lui non è uno…
Cordelia la zittì alzando una mano. — Come vostra paraninfa, lascia che sia io a parlare. Quando l’amata figlia di un padre severo lo guarda dritto in faccia e gli dice: «Senti, Pa, io amo lui», un padre severo ma prudente risponde solo: «Sì, bambina, ti capisco.» Ammetto che tre nerboruti fratelloni possono essere più duri da lasciarsi convincere. Magari fanno piangere la sorellina e, se vengono a sapere che l’irreparabile è già accaduto, il tenente potrebbe passare un triste quarto d’ora in un vicolo buio. Ma io presumo che tu non abbia ancora telefonato ai tuoi fratelli per lamentarti con loro, Drou.
La ragazza ridacchiò. — È un pezzo che non gli telefono! Koudelka si accigliò, come se solo allora gli sovvenisse di considerare quel pensiero poco tranquillizzante.
— Vedi, Kou? — disse Cordelia. — Sei ancora in tempo a evitare tre inferociti fratelli, se giochi bene le tue carte. — Si girò verso Drou. — So che è un giovanotto acido e sgarbato. Ma in fondo al cuore non è l’egoista che sembra.
— Ho chiesto scusa. Mi dispiace di quello che è successo — mugolò Koudelka, senza guardarla.
— Ho già accettato le tue scuse — disse rigidamente Drou.
— E qui siamo al nocciolo della questione — continuò Cordelia, con più serietà. — Ciò che Kou ha appena detto è: «Be’, se vuoi la sporca verità, Drou, non mi è dispiaciuto per niente. È stato un momento bellissimo, tu sei stata deliziosa, e vorrei farlo ancora, e poi ancora e ancora. E dico farlo nel modo giusto e lecito, nella nostra casa, per sempre e solo con te.» È così, Kou?
Lui parve stordito. — Sì, è così. Lo ammetto.
Drou sbatté le palpebre. — Ma… ma questo è proprio ciò che volevo che tu mi dicessi!
— Davvero? — Lui si piegò in avanti per poterla guardare.
Il sistema del sensale di matrimoni ottiene dei risultati reali. Ma aveva anche i suoi limiti. Cordelia si alzò, abbandonando la posizione d’intermediaria, e guardò l’orologio. Il suo umore si raffreddò di colpo. — Avete poco tempo. Potete dire molto e molto più in fretta se lasciate che a parlare siano gli occhi. Io vado a far compagnia a Lady Vorpatril.