24 Decisione repentina

Ero sdraiata a faccia in giù dentro il sacco a pelo, in attesa che una qualche forma di giustizia divina mi trovasse e facesse il suo corso. Magari sarei rimasta sepolta sotto una valanga. Ci speravo. Non volevo mai più dovermi guardare allo specchio. Nessun rumore mi mise in guardia. Di punto in bianco, la mano fredda di Edward accarezzò i miei capelli annodati. Trasalii di vergogna non appena mi sfiorò.

«Stai bene?», mormorò con voce ansiosa.

«No. Voglio morire».

«Non accadrà. Non lo permetterò».

Sbadigliai e poi sussurrai. «Potresti anche cambiare idea».

«Dov’è Jacob?».

«È andato a combattere», brontolai, faccia a terra.

Jacob aveva lasciato l’accampamento improvvisato di buonumore, con un «Torno presto» entusiasta, ed era partito a gambe levate verso la radura, già scosso dal tremore che anticipava la trasformazione nell’altro se stesso. A quel punto, il branco al completo sapeva tutto. Seth Clearwater, che passeggiava avanti e indietro fuori dalla tenda, era testimone intimo della mia disgrazia.

Edward restò in silenzio per un minuto interminabile. «Ah», disse, infine. Il tono della sua voce mi fece temere che la valanga non fosse scesa abbastanza in fretta. Sbirciai verso di lui e, ci avrei scommesso, i suoi occhi fissavano il vuoto mentre ascoltava ciò che gli avrei voluto tenere nascosto anche a prezzo della vita. Tornai a nascondere il viso a terra. Fui sorpresa di sentire la risata soffocata di Edward.

«E dire che pensavo di essere stato io a giocare sporco», disse a malincuore ma con una certa ammirazione. «A confronto, sono il santo patrono degli onesti». Sfiorò con la mano il lembo visibile della mia guancia. «Non ce l’ho con te, amore. Jacob è più scaltro di quanto pensassi. Certo, avrei preferito che non fossi tu a chiederglielo».

«Edward», sussurrai contro il nylon ruvido. «Io... io... sono...».

«Sssh», disse, calmandomi con una carezza. «Non è ciò che intendevo. È soltanto che, in un modo o nell’altro, ti avrebbe baciata anche senza ingannarti, e per com’è andata non ho una scusa valida per spaccargli la faccia. Peccato, penso che mi sarei proprio divertito».

«Ingannarmi?», fu il mio mormorio quasi incomprensibile.

«Bella, sei davvero convinta che si sia comportato da cavaliere? Che fosse disposto ad andarsene in una fiammata di gloria soltanto per cedermi il posto?».

Alzai la testa piano, a incontrare il suo sguardo paziente. L’espressione era mite; gli occhi pieni di comprensione, anziché del ribrezzo che meritavo.

«Sì, ci ho creduto», farfugliai e distolsi lo sguardo. Ma non mi sentivo imbrogliata, né arrabbiata con Jacob. Nel mio corpo non era rimasto spazio per contenere altro, escluso l’odio che provavo verso me stessa. Edward soffocò un’altra risata. «Sei così incapace di mentire, che credi a chiunque ci sappia appena fare».

«Perché non ce l’hai con me?», sussurrai. «Perché non ti arrabbi? Forse non hai ancora sentito la storia completa?».

«Credo di averle dato un’occhiata piuttosto ampia», disse, allegro e tranquillo. «Jacob crea immagini mentali molto vivaci. Quando le vedo provo quasi lo stesso fastidio del branco. Il povero Seth aveva la nausea. Ma adesso Sam sta aiutando Jacob a concentrarsi». Chiusi gli occhi e scossi la testa agonizzante. Il tessuto ruvido di nylon del fondo della tenda mi grattò la pelle.

«Sei soltanto un essere umano», sussurrò, e riprese a carezzarmi i capelli.

«È la giustificazione più stupida che abbia mai sentito».

«Ma sei umana, Bella. E malgrado i miei desideri, lo è anche lui... Nella tua vita ci sono buchi che non so riempire, me ne rendo conto».

«Ma non è vero. Ecco perché mi sento così orribile. Non ci sono buchi».

«Lo ami», mormorò delicato.

Ogni cellula del mio corpo si sforzò di negare.

«Amo di più te». Era il meglio che potessi dire.

«Sì, lo so. Ma... Quando ti ho lasciata ho aperto una ferita. Jacob l’ha curata. È logico che ciò abbia lasciato un segno su entrambi. Non sono certo che i punti della cucitura svaniranno da soli. Non posso incolpare te né lui di qualcosa che io ho scatenato. Magari mi guadagnerò il perdono, ma ciò non potrà negarmi le conseguenze».

«Ecco, sapevo che in un modo o nell’altro avresti trovato il modo di sentirti in colpa. Per piacere, smettila. Sei insopportabile».

«Cosa vuoi che dica?».

«Voglio che mi rivolga ogni insulto che conosci, in tutte le lingue che parli. Voglio che mi dica che sei disgustato e che vuoi lasciarmi, che mi costringa a implorarti in ginocchio, disperata, di restare con me».

«Mi dispiace». Sospirò. «Non posso».

«Perlomeno smettila di cercare di consolarmi. Fammi soffrire. Me lo merito».

«No», mormorò.

Annuii lentamente. «Hai ragione. Insisti pure a essere troppo comprensivo. Probabilmente è peggio». Per un istante rimase in silenzio e nell’atmosfera colsi un cambiamento, una nuova urgenza.

«Sta arrivando», dichiarai.

«Sì, manca ancora qualche minuto. Il tempo che basta per aggiungere una cosa sola...».

Restai in attesa. Quando finalmente parlò, fu in un sussurro. «Io so essere cavalleresco, Bella. Non intendo costringerti a scegliere tra me e lui. Sii felice, e potrai avere di me quanto vuoi: una parte, o niente, se preferisci. Non lasciarti influenzare dai debiti che senti di avere con me». Con uno scatto immediato mi levai dal fondo e mi sollevai sulle ginocchia.

«Dannazione, smettila!», gli urlai contro.

Strabuzzò gli occhi, sorpreso. «No, non capisci. Non sto cercando di confortarti, Bella, dico sul serio».

«Lo so che dici sul serio», ruggii. «Che ne è del tuo istinto battagliero?

Non ricominciare con la storia del nobile sacrificio di se stessi! Combatti!».

«E come?», domandò, e tanta tristezza rendeva il suo sguardo antico. Gli gettai le braccia addosso.

«Non m’importa se fa freddo. Non m’importa se puzzo di cane. Fammi dimenticare quanto sono disgustosa. Aiutami a dimenticarlo. Fammi dimenticare come mi chiamo. Reagisci!». Non attesi la sua decisione, né che avesse la possibilità di dirmi che un mostro crudele e perfido come me non gli interessava. Mi gettai su di lui baciando le sue labbra fredde come la neve.

«Attenta, amore», mormorò, colpito dalla mia veemenza.

«No», ringhiai.

Con delicatezza mi allontanò il viso di qualche centimetro. «Non hai niente da dimostrarmi».

«Non sto cercando di dimostrare nulla. Hai detto che posso avere la parte di te che preferisco. Voglio questa. Le voglio tutte». Strinsi il suo collo fra le braccia e mi sforzai di raggiungere le labbra. Inclinò la testa per restituire il bacio, ma la sua bocca fresca era esitante e la mia impazienza cresceva. Il mio corpo rendeva chiare le mie intenzioni, mi smascherava. Inevitabilmente, arrivarono le sue mani a trattenermi.

«Forse non è il momento migliore», suggerì, troppo tranquillo per i miei gusti.

«Perché no?», bofonchiai. Non aveva senso litigare se lui era così razionale; lasciai cadere le braccia.

«Prima di tutto perché fa davvero freddo». Si allungò a sollevare il sacco a pelo da terra e me lo avvolse attorno come una coperta.

«Sbagliato», dissi. «Primo, perché malgrado tu sia un vampiro hai una morale un po’ bizzarra».

Ridacchiò. «D’accordo. Te lo concedo. Il freddo viene per secondo. E terzo... be’, è vero che puzzi, amore».

Arricciò il naso.

Feci un sospiro.

«Quarto», mormorò, abbassando la testa quanto bastava a sussurrare al mio orecchio. «Ci proveremo, Bella. Manterrò la promessa. Ma gradirei che non fosse per reazione a Jacob Black».

Ebbi un fremito, e affondai il viso sotto la sua spalla.

«Quinto...».

«Che lista lunga», bofonchiai.

Rise. «Sì, ma vuoi davvero restare ad ascoltare la battaglia?». A queste parole, Seth emise un ululato stridulo fuori dalla tenda. Il mio corpo s’irrigidì. Non mi accorsi di aver stretto la mano sinistra in un pugno, le unghie affondate nel palmo bendato, finché non fu Edward a prenderla e dischiuderla con delicatezza.

«Andrà tutto bene, Bella», promise. «Dalla nostra abbiamo tecnica, allenamento e il fattore sorpresa. Finirà presto. Se non ne fossi convinto, sarei già assieme agli altri e ti lascerei qui, incatenata a un albero o qualcosa del genere».

«Alice è così piccola», mugugnai.

Rispose con una risata. «Potrebbe essere un problema... se esistesse qualcuno in grado di prenderla».

Seth iniziò a mugolare.

«Cosa c’è che non va?», domandai.

«È soltanto arrabbiato perché gli tocca stare qui con noi. Sa che il branco l’ha tenuto lontano dall’azione per proteggerlo. Sbava dal desiderio di raggiungerli». Alzai le spalle, guardando Seth.

«I neonati sono al termine del sentiero — ha funzionato d’incanto, Jasper è un genio — e hanno agganciato la scia di chi sta nella radura, perciò, come previsto da Alice, si stanno dividendo in due gruppi», mormorò Edward, lo sguardo concentrato su qualcosa, in lontananza. «Sam ci sta guidando a intercettare il gruppo dell’imboscata». Era così concentrato su ciò che stava ascoltando da usare il plurale del branco.

All’improvviso abbassò lo sguardo su di me. «Respira, Bella». Mi sforzai di obbedire alla richiesta. Udivo il respiro pesante di Seth appena fuori dalla parete della tenda e cercavo di sintonizzarmi sullo stesso ritmo regolare, per non andare in iperventilazione.

«Il primo gruppo è entrato nella radura. Riusciamo a sentire il rumore della battaglia».

Strinsi i denti.

Scoppiò in una risata secca. «Riusciamo a sentire Emmett: si sta divertendo». Mi sforzai di fare un altro respiro con Seth.

«Il secondo gruppo si sta preparando... Non ci prestano attenzione, non ci hanno ancora sentiti».

Edward ruggì.

«Cosa?», sbottai.

«Parlano di te». Con uno scatto serrò i denti. «In teoria dovrebbero impedirti di scappare... Bella mossa, Leah! Ehi, è davvero veloce», mormorò approvando. «Uno dei neonati si è accorto della nostra scia e Leah lo ha abbattuto ancora prima che riuscisse a cambiare direzione. Sam la sta aiutando a finirlo. Paul e Jacob ne hanno preso un altro, il resto è sulla difensiva, adesso. Non sanno come comportarsi con noi. Entrambe le schiere fintano l’attacco... No, lasciate che sia Sam a guidare», borbottò. «Separateli: non lasciate che si guardino le spalle a vicenda». Seth mugolò.

«Così va meglio, spingeteli verso la radura», approvò Edward. Senza che se ne accorgesse, il suo corpo si spostava, teso verso le mosse che lui stesso avrebbe voluto fare. Stringeva ancora la mia mano tra le sue e io con le dita la torturavo. Se non altro, non era anche lui laggiù. L’improvvisa assenza di rumori fu l’unico presagio.

Il suono profondo e incalzante del respiro di Seth s’interruppe e, ormai in sincrono con lui, me ne accorsi subito.

Anch’io per paura cessai di respirare quando capii che persino Edward era immobile come un blocco di ghiaccio al mio fianco. Oh, no. No. No.

Chi era stato colpito? I nostri o i loro? I miei, erano tutti miei. Chi avevo perso?

Tanto veloce da non rendermene conto, mi ritrovai in piedi, mentre la tenda crollava a brandelli laceri attorno a me. Era stato Edward a strappare un varco? Perché?

Sbattei gli occhi, confusa, nella luce accesa. Vedevo soltanto Seth, il muso a quindici centimetri dal volto di Edward. Si fissarono con concentrazione assoluta per un secondo infinito. Il sole si sbriciolava sulla pelle di Edward e scatenava scintille che danzavano sulla pelliccia di Seth. Poi Edward sussurrò con veemenza: «Vai, Seth!».

L’enorme lupo si voltò e sparì nell’ombra della foresta. Erano passati due secondi? Sembravano ore. Ero terrorizzata e nauseata dalla certezza che nella radura qualcosa di orribile fosse accaduto. Aprii la bocca per chiedere a Edward di portarmici, subito. Avevano bisogno di lui, avevano bisogno di me. Se dovevo dare il sangue per salvarli, l’avrei fatto. Sarei stata disposta a morire, come la terza moglie. Non avevo pugnali d’argento, ma avrei trovato il modo...

Prima che potessi pronunciare la prima sillaba, mi sentii come sbalzata per aria. Ma le mani di Edward non mollarono la presa: mi stava soltanto spostando, così in fretta da darmi la sensazione di cadere in diagonale. Mi ritrovai con la schiena premuta contro la facciata ruvida dello spuntone di roccia. Edward era di fronte a me, in una posizione che riconobbi subito.

I miei pensieri si riempirono di sollievo nello stesso momento in cui sentii lo stomaco sprofondare sotto i piedi. Avevo frainteso.

Sollievo: nulla era andato storto nella radura.

Orrore: il punto critico era vicino.

Edward manteneva la posizione di difesa — mezzo rannicchiato, le braccia semidistese — che riconobbi con certezza insopportabile. Come se al posto della roccia alle mie spalle ci fossero le antiche mura di mattoni del vicolo italiano in cui mi aveva protetto dai guerrieri dei Volturi con le mantelle nere. Qualcosa ci stava raggiungendo.

«Chi?», sussurrai.

Le parole uscirono dai suoi denti con un ringhio più intenso di quanto mi aspettassi. Troppo intenso. Significava che era davvero troppo tardi per nasconderci. Eravamo in trappola, poco importava che qualcuno lo udisse.

«Victoria», disse sputando la parola, trasformandola in un insulto. «Non è sola. Ha incrociato la mia scia, segue i neonati per assistere: non intende combattere assieme a loro. D’un tratto ha preso la decisione di cercarmi, sicura di trovare anche te. E ha indovinato. Avevi ragione. È sempre Victoria». Gli era vicino abbastanza da udirne i pensieri.

Di nuovo il sollievo. Se fossero stati i Volturi, ci avrebbero uccisi entrambi. Ma Victoria avrebbe risparmiato solo uno di noi. Edward poteva sopravvivere. Era un bravo combattente, bravo quanto Jasper. Se la compagnia in arrivo non era numerosa, avrebbe potuto lottare per fuggire e tornare dalla sua famiglia. Edward era il più veloce di tutti. Poteva farcela. Ero davvero lieta che avesse mandato via Seth. Certo, non c’era nessuno a cui potesse chiedere aiuto. Victoria aveva scelto alla perfezione il momento in cui agire. Se non altro, Seth era al sicuro. Quando pensavo il suo nome, non riuscivo a immaginare il grosso lupo a pelo chiaro ma soltanto il goffo quindicenne.

Il corpo di Edward scattò con un movimento quasi impercettibile, che mi fece capire dove guardare. Fissai le ombre nere della foresta. Fu come vedere i miei incubi che mi venivano incontro per salutarmi. Due vampiri affiorarono lenti nella piccola radura in cui ci eravamo accampati, occhi scrutatori a cui non sfuggiva nulla. Scintillavano come diamanti sotto il sole.

Riuscivo a malapena a fissare il ragazzo biondo — sì, era soltanto un ragazzo, malgrado la muscolatura e l’altezza, forse aveva subito la trasformazione alla mia età. I suoi occhi però, di un rosso più acceso di quanto avessi mai visto, non erano in grado di catturare i miei. Benché fosse il più vicino a Edward, il pericolo più immediato, non riuscivo a preoccuparmene. Perché al suo fianco, a distanza di qualche metro da lui, Victoria mi fissava. I suoi capelli rosso arancio erano più accesi di quanto ricordassi, somigliavano a vampe di fuoco. Non c’era vento, ma la fiamma che le incorniciava il viso sembrava ondeggiare delicatamente, come fosse viva. I suoi occhi erano neri per la sete. Non sorrideva come faceva nei miei sogni: teneva le labbra in una linea dritta. C’era un che di felino e spiazzante nella posizione del suo corpo, come una leonessa in attesa di spiccare il balzo in uno spiraglio della vegetazione. Il suo sguardo inquieto e selvaggio saltava tra Edward e me, senza soffermarsi mai su di lui per più di mezzo secondo. Non riusciva a staccare gli occhi dal mio volto più a lungo di quanto io riuscissi a ignorare il suo.

Irradiava una tensione quasi visibile nell’aria. Sentivo il desiderio e la passione che la assediavano e consumavano. Quasi come se potessi leggere nella sua mente, sapevo cosa pensava. Aveva quasi raggiunto ciò che desiderava: ciò che da oltre un anno a quella parte era il centro della sua esistenza era adesso vicinissimo. La mia morte.

Il suo piano era tanto ovvio quanto efficace. Il ragazzone biondo avrebbe attaccato Edward. E, nel momento in cui lui sarebbe stato maggiormente distratto, Victoria mi avrebbe finita.

Ci avrebbe impiegato poco — non c’era tempo per giochetti — ma sarebbe arrivata in fondo. Mi avrebbe inflitto il tormento da cui era impossibile riprendersi. Qualcosa che nemmeno il veleno dei vampiri era capace di curare. Doveva fermare il mio cuore. Magari infilandomi una mano nel petto e schiacciandolo. O qualcosa del genere.

E il mio cuore batteva furioso, rimbombando, quasi a suggerirle il bersaglio. A un’immensa distanza da noi, dall’altra parte della foresta, un ululato echeggiò nell’aria immobile. Seth ormai era lontano e non c’era modo di interpretarne il suono.

Il ragazzo biondo guardò Victoria con la coda dell’occhio, in attesa di un ordine.

Era giovane per tanti motivi. A giudicare dalle sue pupille luccicanti, non era vampiro da molto. Era forte, ma anche incapace. Edward sapeva senz’altro come contrastarlo. Edward sarebbe sopravvissuto. Victoria indicò Edward e senza parlare ordinò al ragazzo di procedere.

«Riley», disse Edward in tono dolce e implorante.

Il biondo restò immobile e strabuzzò gli occhi.

«Ti sta mentendo, Riley», disse Edward. «Ascoltami. Ti sta mentendo come ha mentito agli altri che muoiono nella radura. Sai bene che ha mentito loro, che ha costretto te a mentire loro, perché non ritornerete a soccorrerli. È tanto difficile credere che abbia mentito anche a te?». La confusione s’impossessò del volto di Riley.

Edward si spostò di lato, pochi centimetri, e Riley compensò automaticamente il movimento assecondandolo.

«Non ti ama, Riley». La voce morbida di Edward era seducente, quasi ipnotica. «Non ti ha mai amato. Il suo vero amore si chiama James, e tu non sei altro che uno strumento nelle sue mani».

Al nome di James, una smorfia scoprì il ghigno tra le labbra di Victoria. Non staccava gli occhi dai miei.

Il giovane vampiro lanciò uno sguardo disperato verso di lei.

«Ascoltami», disse Edward.

Riley si concentrò all’istante su di lui.

«Sa che ti ucciderò, Riley. Lei vuole che tu muoia, in modo da smetterla con questa commedia. Sì, te ne sei accorto, vero? Hai letto i dubbi nei suoi occhi, sospettato di quel tono falso nelle sue promesse. Non ti ha mai desiderato. Ogni bacio, ogni carezza, era una bugia». Edward si mosse di nuovo, qualche centimetro verso il ragazzo, qualche centimetro più lontano da me.

Victoria puntò lo sguardo verso lo spazio che ci separava. Le sarebbe bastato meno di un secondo per uccidermi... non appena avesse avuto il minimo margine di possibilità.

Più lentamente di prima, Riley cambiò posizione.

«Non devi morire per forza», promise Edward, gli occhi fissi in quelli del ragazzo. «Ci sono altri modi di vivere, oltre a quelli che ti ha mostrato lei. Non è soltanto bugie e sangue, Riley. Puoi andartene anche adesso. Non sei costretto a morire per le sue bugie».

I piedi di Edward scivolarono in avanti e di lato. Tra noi, a quel punto, c’era un metro. Riley esagerò la propria mossa di compensazione. Victoria si chinò in avanti, sulla punta dei piedi.

«Ultima possibilità, Riley», sussurrò Edward.

L’espressione di Riley era disperata, mentre guardava Victoria in cerca di risposte.

«Il bugiardo è lui, Riley», disse Victoria, e restai a bocca spalancata, scioccata dal suono della sua voce. «Ti ho già parlato dei loro trucchetti mentali. Io amo solo te, lo sai».

La sua voce non era il ruggito felino vigoroso e selvatico che avrei associato a quel volto e a quel portamento. Era delicata, stridula, un tintinnio infantile da soprano. Il genere di voce che di solito va a braccetto con ricci biondi e chewin-gum rosa. Era assurdo che uscisse dai suoi denti scoperti e scintillanti.

Riley serrò la mascella e tese le spalle. I suoi occhi si svuotarono della confusione e del sospetto. Di tutti i pensieri. Raccolto, si preparò ad attaccare. Il corpo di Victoria sembrava tremare dalla tensione. Le sue dita erano già artigli, in attesa che Edward si allontanasse di un solo centimetro da me.

Il ringhio non giunse da nessuno di loro. Una sagoma scura e immensa volò al centro dello spiazzo e gettò Riley a terra.

«No!», strillò Victoria, la sua voce infantile lacerante e incredula. A un metro e mezzo da me, un lupo enorme faceva a brandelli il vampiro biondo. Qualcosa di bianco e duro rimbalzò sulla roccia ai miei piedi. Me ne allontanai, disgustata.

Victoria non degnò di uno sguardo il ragazzo al quale aveva appena dichiarato il proprio amore. I suoi occhi erano sempre su di me, pieni di un malessere così feroce da farla sembrare in preda alla confusione.

«No», ripeté, a denti stretti, mentre Edward le si avvicinava, sbarrandole la strada.

Riley si era rialzato, sembrava curvo e scoordinato, ma a sorpresa riuscì a mollare un calcio contro la spalla di Seth. Sentii l’osso spezzarsi. Seth si ritrasse e iniziò a camminare in circolo, zoppicante. Riley aveva allungato le braccia, pronto, malgrado l’apparente perdita di un pezzo di mano... A pochi metri da quel combattimento, Edward e Victoria danzavano. Non proprio in tondo, perché Edward non voleva concederle di avvicinarsi ulteriormente a me. Lei si muoveva sinuosa all’indietro, da un lato all’altro, in cerca di un varco nella difesa dell’avversario. Lui ne seguiva i passi come un’ombra flessuosa e la assecondava con concentrazione perfetta. Iniziò a muoversi una frazione di secondo prima di lei, leggendone le intenzioni e i pensieri.

Seth portò un affondo sul fianco di Riley e qualcosa si strappò, con uno stridio terribile. Un altro brandello bianco e pesante volò a schiantarsi nella foresta. Riley ruggì furioso e Seth, incredibilmente leggero sulle zampe, malgrado le dimensioni, slittò indietro quando il vampiro cercò di colpirlo con un fendente della mano mutilata.

A quel punto Victoria si era nascosta dietro i tronchi, all’estremità del piccolo spiazzo. Era tormentata, i piedi la spingevano verso la ritirata, al sicuro, mentre gli occhi mi puntavano come fossi una calamita. La sua guerra interiore tra desiderio di uccidere e istinto di sopravvivenza era evidente persino a me. Anche Edward se n’era accorto.

«Non andartene, Victoria», mormorò con lo stesso tono ipnotico di prima. «Un’altra possibilità come questa non tornerà». Lei gli mostrò i denti con un sibilo, incapace all’apparenza di allontanarsi da me.

«Poi potrai correre», la vezzeggiò Edward. «Avrai un sacco di tempo. È ciò che ti riesce meglio, no? È il motivo per cui James ti teneva con sé. Serve, quando si ha voglia di giocare a uccidere. Una compagna dotata di uno strabiliante istinto per la fuga. Ha sbagliato a lasciarti: le tue doti avrebbero potuto tornargli utili quando lo abbiamo rintracciato a Phoenix». Dalle labbra di lei uscì immediato un ringhio.

«Tuttavia, per lui non sei mai stata nient’altro. Che sciocchezza, sprecare tante energie per vendicare uno che a te era meno affezionato di un cavaliere alla sua cavalcatura. Sei sempre stata poco più che una comodità, per lui. E io lo so».

Un margine delle labbra di Edward si alzò, mentre si picchiettava sulla tempia.

Con uno squittio soffocato, Victoria sfrecciò di nuovo fuori dalla vegetazione e fintò un attacco al fianco. Edward rispose e la danza ricominciò. In quel momento, il pugno di Riley colpì Seth all’anca e dalla gola del lupo uscì un guaito smorzato. Seth si mise sulla difensiva, nelle spalle un fremito come se cercasse di scrollarsi via il dolore.Ti prego , avrei voluto implorare Riley, ma non trovavo i muscoli necessari ad aprire bocca, a cacciare aria dai polmoni.Ti prego, è soltanto unbambino!

Perché Seth non era fuggito? Perché non fuggiva?

Riley stava per azzerare la distanza dal suo avversario, costringendo Seth a dirigersi verso la parete rocciosa al mio fianco. Victoria, improvvisamente, s’interessò alla sorte del suo compagno. Con la coda dell’occhio, riuscivo a vederla mentre calcolava la distanza tra Riley e me. Ma Seth morse Riley, lo costrinse ad arretrare e Victoria emise un sibilo. Seth non zoppicava più. La sua danza l’aveva portato a pochi centimetri da Edward e con la coda gli sfiorava la schiena, sotto lo sguardo stupefatto di Victoria.

«No, non mi si rivolterà contro», disse Edward, in risposta alla domanda pensata dalla vampira. Sfruttò il momento di distrazione per avvicinarsi.

«Grazie a te abbiamo un nemico comune. Ci hai fatti alleare». Lei serrò i denti, cercando di prestare attenzione soltanto a Edward.

«Guarda meglio, Victoria», mormorò, nel tentativo di sfilacciare i lembi della sua concentrazione. «Somiglia davvero tanto al mostro che James ha seguito attraverso la Siberia?».

Gli occhi le uscirono dalle orbite e iniziarono a scattare rapidi da Edward a Seth a me, senza fermarsi. «Non è lo stesso?», ringhiò con la sua infantile vocetta da soprano. «Impossibile!».

«Niente è impossibile», mormorò Edward, la voce morbida come il velluto mentre le si avvicinava di un altro centimetro, «eccetto ciò che desideri. Non riuscirai mai a toccarla». Lei scosse la testa, veloce, tremante, per opporsi alle distrazioni, e cercò di schivarlo di lato, ma lui riuscì a spostarsi e bloccarla prima che finisse di pensare alla mossa. L’espressione di Victoria si piegò in una smorfia di frustrazione, poi la vampira tornò a rannicchiarsi, di nuovo come una leonessa, e a lunghi passi si fece avanti. Victoria era tutt’altro che una neonata senza esperienza guidata dall’istinto. Era letale. Persino a me risultava chiara la differenza tra lei e Riley, e sapevo che Seth non avrebbe resistito a lungo se avesse dovuto scontrarsi con quella vampira.

Anche Edward si spostò, i due si avvicinarono, e fu puma contro leonessa. Il ritmo della danza crebbe.

Era come con Alice e Jasper nella radura, un vortice sfocato, ma la coreografia di questa danza non era perfetta. La parete rocciosa rifletteva l’eco degli scatti e dei rumori secchi di chi non prendeva la posizione difensiva giusta. Ma si muovevano troppo veloci, non capivo chi commettesse errori... Riley si lasciò distrarre dal balletto violento, ansioso per la sua compagna. Seth colpì e con un morso strappò un altro piccolo brandello al vampiro. Riley lanciò un urlo gutturale e rispose con un potente manrovescio che colpì Seth proprio al centro del petto ampio. Il corpo massiccio del lupo volò alto tre metri e si schiantò contro il muro roccioso sopra la mia testa, con una potenza che parve scuotere la montagna intera. Sentii lo sbuffo d’aria dai suoi polmoni e mi abbassai per non scontrarmi con lui, mentre rimbalzava sulla pietra e crollava a terra, a poche decine di centimetri da me.

Dai suoi denti uscì un guaito cupo.

Frammenti aguzzi di pietra grigia mi piovvero sulla testa e mi graffiarono. Accanto al mio braccio destro rotolò una punta di roccia affilata e il mio primo istinto fu di afferrarla. Le mie dita strinsero la scheggia, mentre l’istinto di sopravvivenza s’impadroniva di me. Dal momento che non c’era nessuna via di fuga, il mio corpo — senza badare all’inutilità di un gesto simile — si preparò a combattere. L’adrenalina m’inondò le vene. Sapevo che il cerotto mi tagliava in due il palmo della mano. Sapevo che la frattura nella nocca protestava. Lo sapevo, ma non sentivo dolore. Dietro Riley riuscivo a scorgere soltanto la fiamma inquieta dei capelli di Victoria e una nuvola bianca. I morsi e i colpi metallici sempre più frequenti, il respiro affannoso e i sibili di sorpresa chiarivano che la danza si stava rivelando mortale per qualcuno.

Ma per chi?

Riley si trascinò verso di me, gli occhi rossi accesi per la furia. Fulminò con lo sguardo la montagna inerte di pelo biondiccio tra me e lui e le sue mani spezzate e deformate si piegarono in uncini. Aprì la bocca, la spalancò, con i denti che scintillavano, mentre si preparava a tagliare la gola a Seth.

Una seconda ondata di adrenalina mi colpì come una scossa elettrica e all’istante tutto fu chiarissimo.

I due combattimenti erano troppo serrati. Seth stava per perdere e non avevo idea della sorte di Edward. Avevano bisogno d’aiuto. Di un diversivo. Di qualcosa che concedesse loro un vantaggio. Con la mano strinsi la punta di roccia, così forte da strappare un brandello di fasciatura. Ero abbastanza forte? Ero abbastanza coraggiosa? Quanto a fondo sarei riuscita a infilzare la pietra nuda nella mia pelle? Avrei concesso a Seth i secondi necessari per rialzarsi? Sarebbe guarito in tempo per sfruttare il mio sacrificio?

Inclinai la punta della pietra contro il braccio, sollevai la manica del maglione per scoprire la pelle e premetti l’aculeo affilato contro la piega dell’avambraccio. Avevo già una cicatrice lunga proprio lì, dal giorno del mio compleanno. Quella sera avevo perso abbastanza sangue da attirare l’attenzione di tutti i vampiri, da lasciarli impietriti per un istante. Pregai che funzionasse ancora così. Mi feci coraggio e respirai a fondo. Victoria si lasciò distrarre dal mio rantolo. I suoi occhi, immobili per una minuscola frazione di secondo, incontrarono i miei. Collera e curiosità erano una strana mescolanza nella sua espressione.

Mi meravigliai di cogliere quel rumore lieve nella baraonda di suoni che riecheggiava sulla parete d’acciaio e mi martellava la testa dall’interno. Il battito del mio cuore, da solo, bastava a soffocarlo. Eppure, nel mezzo secondo in cui guardai Victoria negli occhi, mi parve di sentire un sospiro, familiare ed esasperato.

In quello stesso breve istante la danza s’interruppe bruscamente. Poi tutto accadde in fretta, senza che potessi riordinare la sequenza degli eventi. Cercai di ricostruirla mentalmente.

Victoria era sfuggita al duetto nebuloso e si era scontrata con un abete alto, a circa metà dell’altezza del tronco. Quando ricadde a terra era già pronta a scattare.

Simultaneamente, Edward — invisibile, tanto era veloce — si era voltato all’indietro afferrando Riley per un braccio. A quanto sembrava, Edward aveva bloccato la schiena dell’avversario con un piede, e tirato... Il piccolo accampamento si riempì dello strillo lancinante di dolore di Riley.

In quel momento, Seth scattò in piedi e coprì quasi tutta la mia visuale. Ma vedevo ancora Victoria. E malgrado l’aspetto vagamente deforme della vampira, come se non fosse capace di raddrizzarsi completamente, il sorriso che aveva popolato i miei sogni era ben visibile sul suo volto selvaggio. Si raggomitolò e fece un balzo.

Qualcosa di piccolo e bianco fischiò in volo e si scontrò con lei a mezz’aria. L’impatto somigliò a un’esplosione e li gettò entrambi contro un altro albero, spezzandolo in due. Lei atterrò di nuovo in piedi, rannicchiata e pronta, ma anche Edward era tornato in posizione. Il mio cuore si riempì di sollievo quando lo vidi eretto e salvo.

Victoria scalciò via qualcosa con il piede nudo: il missile che aveva interrotto il suo attacco. Rotolò verso di me e capii cos’era. Mi si rivoltò lo stomaco.

Le dita erano ancora tese; stringendo i fili d’erba, il braccio di Riley iniziò a strisciare, cieco, sulla terra. Seth si era lanciato di nuovo su Riley, che a quel punto batteva in ritirata. Arretrava di fronte all’avanzata del licantropo, il volto paralizzato dal dolore. Alzò un braccio per difendersi.

Seth lo incalzò e il vampiro perse del tutto l’equilibrio. Vidi Seth affondare i denti nella spalla di Riley e tirare, saltando all’indietro. Con un rumore metallico e assordante, Riley perse anche l’altro braccio. Seth scosse la testa e lo gettò nel bosco. Il rumore sibilante e spezzato che uscì dai denti del lupo sembrava una risatina.

Riley implorò, stridulo e straziato: «Victoria!».

Victoria non batté ciglio. Non degnò di uno sguardo il proprio compagno. Seth si lanciò in avanti con la forza di una palla d’acciaio. L’impatto lo scagliò assieme a Riley nel bosco, da dove il suono metallico giunse assieme alle urla di Riley. Urla che cessarono all’improvviso, mentre il rumore di roccia sbriciolata continuava. Benché non avesse riservato nemmeno un’occhiata a Riley, Victoria parve rendersi conto di essere rimasta sola. Iniziò ad arretrare di fronte a Edward, gli occhi assaliti da delusione e frenesia. Mi lanciò un ultimo sguardo bramoso, breve e tormentato, e fece per fuggire più svelta.

«No», disse Edward, melodioso e seducente. «Resta ancora un po’». Lei schizzò via e fuggì a ripararsi nella foresta come una freccia scagliata da un arco. Ma Edward fu più veloce di un proiettile.

La colpì alle spalle, al margine degli alberi, e con un ultimo e semplice passo la danza terminò.

La bocca di Edward le passò sul collo, leggiadra come una carezza. Il chiasso stridulo dell’impresa di Seth copriva ogni altro rumore, perciò non c’era altro suono a sottolineare la violenza di quell’immagine. Sembrava quasi la stesse baciando.

Eppure, il groviglio di capelli infuocati non era più attaccato al resto del corpo. Le onde inquiete d’arancio caddero a terra e rimbalzarono una volta, prima di rotolare verso gli alberi.

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