Donald Wandrei I giganti di pietra

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La Vadia è una antichissima strada lastricata che giunge serpeggiando sino a Isling, e dopo aver costeggiato il paese dal lato ovest arriva a un cimitero. Là si interrompe bruscamente, trasformandosi in un viottolo malamente segnato sul terreno e limitato verso la città dei morti da una siepe di biancospino.

Secondo la leggenda, pare che la Vadia sia stata usata dalle legioni romane al tempo delle conquiste e che la sua costruzione risalga a un tempo ancora anteriore. Gli archeologi però sostengono il contrario perché, secondo loro, né i Picti, né i Gallesi, i quali presero possesso di quelle regioni collinose, potevano essere in grado di concepire una costruzione tanto ardita e che richiedeva profonde conoscenze tecniche! Ma, come tutti sanno, molte leggende traggono le loro origini da fatti che l’archeologia non tiene in considerazione. Le tradizioni folcloristiche hanno del resto basi solide quanto la scienza, e Isling è un paese di leggende, che si accentrano tutte sulla Vadia. Una voce popolare, poi, fa derivare il nome della strada dal latino Via Dei, e coloro che prestano fede a questa credenza sostengono che le origini di quel cimitero si perdono nella notte dei tempi. Altri invece credono di riconoscere nella definizione Vadia una deformazione di Via Diaboli, e basano la loro asserzione sul fatto che la strada si interrompe sulla soglia del cimitero. Gli scettici, infine, negano a quel nome ogni significato particolare.

Sino al giorno in cui per la prima volta si cercò di indagare nei misteri del passato, queste dicerie vennero considerate unicamente come voli di fantasia nati da episodi antichissimi e ormai dimenticati. A varie riprese furono rinvenute monete e frammenti di vasi di un’epoca lontana, e una volta, scavando una nuova tomba, vennero alla luce oggetti che indussero il vicario a scomunicare il cimitero e a dare l’ordine di consacrare per le sepolture un nuovo appezzamento di terreno. Ma questi episodi risalgono all’epoca della regina Elisabetta.

Cento anni più tardi, quando la Grande Peste devastò il paese e il numero dei morti superò a Isling quello dei vivi, venne scavata in fretta e furia una grande fossa comune nel vecchio cimitero. Ma per un motivo che rimase sconosciuto, le vittime dell’epidemia non vi furono seppellite e le autorità intervennero per far subito dischiudere la fossa. Da quel giorno nessuno toccò niente in quel recinto che rimase geloso custode di un passato avvolto di mistero. Le sue pietre tombali meno antiche sono del XVI secolo. Per quanto consumate e smozzicate, esse sembrano stranamente nuove al confronto delle altre ormai sprofondate nel terreno e sulle quali le iscrizioni sono state completamente cancellate dall’inesorabile logorio del tempo.

La voce popolare vuole che in quel luogo, durante l’occupazione da parte delle legioni romane, venissero celebrati riti blasfemi e strane orge, e che ancora prima, nel fondo dei boschi di querce, i Druidi vi avessero compiuto le loro mostruose cerimonie sacrificali.

Il solo documento a cui ci si può riferire per avvalorare alcune tra le dicerie più insistenti è un’annotazione fatta da John Clelonde nel 1665.

Su quei vecchi fogli si legge: Oggi sono morti ancora dodici sventurati fanciulli. Non vengono risparmiati né le donne né i bambini. La collera di Dio continua ad abbattersi terribile su di noi. Ho raccomandato a coloro che sino ad ora sono scampati al flagello, di affidare le anime a Nostro Signore e di pregare affinché Egli ponga fine alla Sua vendetta. Tutte le botteghe sono chiuse e nessun uomo osa avventurarsi per le strade. Pure bisogna seppellire i morti. Nel nuovo cimitero non c’è più posto e noi non abbiamo il coraggio di servirci del Cimitero del Diavolo a causa della immagine maledetta scoperta questa settimana…

Senza dubbio, questo accenno assai vago a una immagine ha contribuito al fiorire delle leggende intorno al cimitero di Isling.

Le antiche dicerie acquistarono un nuovo significato quando, nelle ultime ore di un giorno di luglio umido e soffocante, WillyGrant,un ragazzetto di undici anni, rientrando in casa mostrò con molta fierezza un piccolo oggetto.

«Che cos’è quella roba?» chiese la madre di Willy smettendo di occuparsi delle sue rose.

«Non lo so» rispose Willy. «L’ho trovato conJakee BillStacy,ma siccome l’ho preso io per primo, appartiene a me.»

«Dove l’hai trovato?»

Willy esitò un attimo prima di rispondere. «Siamo andati al vecchio cimitero» disse poi tutto d’un fiato. «Io ho visto qualcosa che spuntava dal terreno, ho provato a tirare, ed è uscito questo…»

«Dammelo» ordinò la madre in tono che non ammetteva replica. A malincuore il ragazzo le porse l’oggetto, e subito la donna lo gettò lontano da sé verso l’estremo angolo del piccolo giardino, dicendo: «Domani mattina lo riporterai dove l’hai trovato, e mi farai il piacere di gettarlo al di sopra della siepe, senza entrare, capito? E se ti viene ancora in mente di gironzolare là intorno, riceverai la più dura lezione della tua vita. Fila in casa, adesso.»

Willy ebbe un bel piangere e pregare, sua madre restò irremovibile. Superstiziosa al massimo, la signoraGrantminacciò il figlio di farlo diventare blu a furia di frustate se andava ancora vicino al cimitero o se si interessava di quell’oggetto.

Più tardi, anche JohnGrantrientrò a casa dopo la fatica quotidiana. Mentre lui si toglieva gli abiti di lavoro, sua moglie si dava da fare per preparare la cena. La donna non disse niente della scoperta fatta dal figlio, probabilmente se ne era già dimenticata. Né lei né il marito si accorsero che Willy era sgattaiolato fuori nel buio e che, rientrato dopo pochi minuti, era salito furtivo nella sua camera nascondendo accuratamente qualcosa.

Dopo cena, marito e moglie si misero a parlare del più e del meno come era loro abitudine da dodici anni. Alle nove e mezzo in punto, Willy fu mandato a letto e mezz’ora più tardi John e MagdaGrantseguirono il suo esempio. L’uomo, stanco per il duro lavoro della giornata, si addormentò subito, mentre la moglie, troppo nervosa per prendere sonno, rimase a rigirarsi nel letto fino a mezzanotte. Poi piombò in un sonno agitato, e fece un sogno. Un sogno terrificante, come mai ne aveva fatti. Sognò di trovarsi in un cimitero dove centinaia di vecchie tombe bianche si drizzavano minacciose dovunque. Lei voleva correre, fuggire, ma uno strano intorpidimento glielo impediva. D’improvviso una piccola cosa grigiastra sovrastata dalla testa di suo figlio le attraversò la strada e sollevò da terrauna speciedi statuetta. Allora le pietre tombali, livide nella incerta luce notturna, ingigantirono piegandosi verso di lei simili a enormi mostri implacabili. Ai loro piedi le tombe si aprirono mostrando i solchi profondi scavati nelle viscere della terra, e dal fondo delle fosse salirono gelide ventate. La piccola cosa con la testa di Willy s’allontanò tenendo stretta la sua preda. Magda tentò di lanciare un grido di avvertimento, ma nessun suono le uscì dalla gola: le gigantesche pietre avevano cominciato ad avanzare in tondo e adesso formavano un cerchio attorno alla piccola creatura grigia. Lentamente, lentamente, i mostruosi Titani si richiudevano sul loro prigioniero: il cerchio diventava sempre più piccolo. Le facce impassibili, simili a grotteschi mascheroni, fissavano la loro vittima che gemeva tentando di fuggire, e nei suoi sforzi la forma grigia si avvicinava ai margini di un abisso. Sempre più vicino…

John e MagdaGrantsi svegliarono nello stesso momento, e nelle loro orecchie echeggiò un urlo di terrore. John saltò in fretta dal letto e si precipitò verso la camera del figlio mentre Magda si attardava ad accendere una lampada con mani tremanti. La donna sentì il marito chiedere: «Cosa c’è, Willy?» ma non sentì risposta. Accorse accanto a John con la lampada, e insieme guardarono nella stanza.

Gli occhi spalancati sull’orribile spettacolo che gli si presentava, John emise un gemito rauco: sua moglie si accasciò al suolo svenuta. La lampada si infranse sul pavimento spandendo intorno il suo liquido infiammabile, e subito sull’impiantito danzarono lingue di fuoco. Sul letto, una forma grottesca e fosforescente, dai contorni mobili e imprecisi, circondata da un alone verde, era tutto quello che restava di Willy. Gli occhi neri, inumani e splendenti, non avevano più niente in comune con quelli del ragazzo. WillyGrantnon esisteva più.

John sollevò la moglie tra le braccia e semisoffocato dal fumo acre dell’incendio la portò fuori, in salvo. Accanto a lei sempre svenuta, mentre le fiamme divoravano la piccola casa, John si mise a pregare.

Quando Magda rinvenne, la sua ragione era perduta per sempre.

La donna cominciò a mormorare senza posa parole indistinte e senza senso. L’unica frase che si riusciva a capire era che una grossa pietra verde aveva divorato il suo Willy. Nell’udirla, le donne del paese scuotevano la testa e si asciugavano gli occhi… Qualche giorno dopo la sciagura, la povera madre pazza cominciò a vagare lungo la Vadia e a girare attorno al cimitero, con i capelli scarmigliati e lo sguardo fisso. Se qualcuno le chiedeva cosa stesse cercando, rispondeva invariabilmente che voleva ritrovare la pietra verde che le aveva divorato il figlio.

Queste parole avrebbero certo risvegliato la curiosità del paese se a pronunciarle non fosse stata una demente, ma data la situazione vennero considerate soltanto un delirio privo di senso. JohnGrantera diventato taciturno. Non aveva detto a nessuno che cosa era successo a Willy, preferendo lasciar credere che fosse rimasto vittima dell’incendio.Igiorni passarono, e venne la fine di quel torrido mese di luglio. Una sera, poco prima che facesse notte, gli abitanti di Isling videro Magda la Pazza passare per la Vadia serrando al petto qualcosa avvolto gelosamente in uno scialle. Ansava come chi ha corso a lungo, e si diresse verso la casa dove John e lei si erano trasferiti dopo l’incendio.

John era già rincasato e le rivolse uno sguardo di pietosa sorpresa notando la sua insolita agitazione e il fardello che portava con tanta cura.

«Cosa c’è, Magda? Cosa porti in quello scialle?» le chiese affettuosamente con il tono che si usa per far ragionare i bambini.

Con voce sibilante e parole incerte Magda gli spiegò che aveva trovato Willy. Gli occhi della povera pazza brillavano di una gioia che non aveva niente di umano, e John, preoccupato, si avvicinò per vedere che cosa nascondeva sotto lo scialle. Ma non appena indovinò le sue intenzioni, la donna si ritrasse digrignando i denti come una belva che vede minacciato il suo piccolo, e si strinse più forte tra le braccia il suo tesoro. Poi parve calmarsi e andò a sedere in un angolo. Mentre si chinava un poco in avanti, un lembo dello scialle si spostò rivelando per un attimo una vaga forma verdastra.

Raccolto con cura il fagotto sulle ginocchia come se si trattasse di un neonato, la pazza cominciò a dondolarsi dolcemente avanti e indietro mormorando con voce cantilenante: «La piccola pietra verde ha mangiato Willy, la grande pietra verde ha mangiato Willy, la piccola pietra…» Poi di colpo, cambiando tono: «Io vi prego, restituitemi Willy! Lui non voleva fare niente di male…»

John si sentiva gelare il sangue.


Per tutta quella sera i lampi solcarono il cielo. L’aria era pesante e gli indumenti si appiccicavano alla pelle, le nubi si ammucchiavano verso ovest, e l’atmosfera irrespirabile che da un mese affliggeva gli abitanti della regione sembrava sul punto di esplodere.

La notte era all’inizio quando le prime grosse gocce cominciarono a cadere. Per un attimo regnò il silenzio assoluto, quasi il mondo si fosse fermato, poi si alzò un vento impetuoso, e raffiche di pioggia si abbatterono contro le case, scrosciarono sui tetti. Magda si lasciò portare a letto molto docilmente, ma non volle separarsi dall’oggetto che l’aveva tanto eccitata. John ormai aveva rinunciato a vedere di cosa si trattava, perché ogni volta che allungava una mano verso lo scialle Magda si trasfigurava. Anche quando fu sotto le coperte, lei non si separò dallo strano oggetto. John la sentì parlare a lungo.

La voce tacque alla fine, ma lui restò sveglio ancora: ripensava alla morte misteriosa del figlio, e a cosa gli conveniva fare per Madga. Ma era tutto vero quello che gli era successo? Non si trattava piuttosto di un incubo atroce dal quale si sarebbe svegliato? Quale terribile potenza poteva aver provocato un cambiamento tanto mostruoso nel corpo di Willy?

Il vento avvolgeva la casa e urlava tra gli alberi. Dita invisibili scuotevano porte e finestre, rovesci di pioggia più frequenti frustavano i vetri filtrando con violenza tra le imposte.

Nonostante il furore degli elementi scatenati, John cominciava ad assopirsi quando sua moglie riprese a mormorare. L’uomo la guardò alla luce di un lampo: Magda teneva gli occhi chiusi, ma le sue labbra si muovevano.

«N’ga n’ga rhthl’g clr’tl…»

Le sillabe erano pronunciate molto chiaramente, ma il loro senso era dei più oscuri. Impossibile dare un significato a quegli ansiti.

La voce continuava: «… ust s g’lgggar septhulchu nyrcg…» e sembrava seguire un ritmo ben scandito.


Durante la notte, una vicina di John e Magda, la signora Sayres, si svegliò in tempo per vedere la casa deiGrantavvolta da un bagliore accecanteseguito da un frastuono da apocalisse. La signora Sayres credette di scorgere un immenso fuoco verde levarsi sopra il tetto, corse alla finestra e incollò la faccia ai vetri cercando di scrutare nell’oscurità che seguì allo scoppio di luce. Rimase lì sino a quando il lampo seguente le permise di vedere l’abitazione deiGrant,ma non c’era più traccia del curioso riflesso verde che le aveva fatto pensare che la casa dei vicini fosse stata colpita da un fulmine, e tutto sembrava intatto. La pioggia divenne più fitta ostacolando la visibilità. Pensando che aiGrantnon poteva essere successo niente di grave, dal momento che non era successo niente alla loro casa, la donna tornò a dormire.

La mattina seguente, JohnGrantnon comparve alla solita ora per recarsi al lavoro. Anche Magda non si fece vedere. A Isling, come in ogni altro piccolo paese, nessuna novità passa inosservata, e così verso mezzogiorno tutti erano al corrente della cosa, e poiché John e Magda non avevano ancora fatto la loro apparizione, la gente cominciò a preoccuparsi. Qualcuno ricordò che la sera prima la povera pazza era tornata a casa nascondendo qualcosa sotto uno scialle.

«Sapete» disse una donna di nome Dakin, «tempo fa il mioJakee il figlio diStacyerano andati al vecchio cimitero con WillyGrant,e hanno trovato uno strano coso. Anzi, è stato Willy a trovarlo, e se l’è portato a casa.Jakemi ha detto che era una specie di uomo di pietra, ma non proprio un uomo… non so bene. Una cosa bizzarra, insomma. Ah, l’ho sempre detto io che da quel cimitero non può venirci niente di buono! E ne abbiamo avuto la prova, lo vedete! Proprio quella notte è bruciata la casa deiGrantcol povero Willy dentro, e John ha salvato Magda soltanto per vedersela ridotta in quello stato… E adesso chissà cosa sarà successo a quelle povere anime!»

«Forse sono morti» disse la signora Sayres rabbrividendo. «Quando ho visto tutta quella luce, stanotte, mi sono fatta il segno della croce e ho ringraziato il Signore di essere ancora viva. Non ho avuto il coraggio di uscire per andare a vedere che cosa fosse successo. Con tutto quel finimondo chissà cosa avrebbe potuto capitarmi! Forse sono in casa, feriti, e aspettano che qualcuno vada ad aiutarli…»

«Voi donne fate una tragedia di ogni cosa» intervenne un contadino. «Magda si sarà spaventata per il temporale e sarà scappata di casa, e John la starà cercando, ecco tutto. Aspettiamo ancora un po’ prima di andare a vedere, non mi piace ficcare il naso negli affari degli altri.»

«Io dico che è successo qualcosa di brutto» riprese la signora Dakin. «Se potessi, me ne andrei da Isling, non fosse altro che per allontanarmi da quel cimitero stregato. Prima non l’ho detto, ma stanotte ho sentito una voce che gridava! Non ho capito niente di quello che diceva, ma è certo che non parlava la nostra lingua.»

Finalmente, vinte le ultime incertezze, tre uomini si incamminarono verso la piccola casa di John. Bussarono energicamente alla porta, ma l’unica risposta fu l’eco dei loro colpi. Allora chiamarono John e Magda a voce alta, chiedendo se avessero bisogno d’aiuto. Anche questa volta non ebbero risposta. Sempre più preoccupati, si consigliarono tra loro e alla fine decisero di entrare anche a costo di abbattere la porta.

Ma la porta non era chiusa a chiave. Si precipitarono dentro, e un acuto sentore di putredine li costrinse a battere in ritirata. Aspettarono che l’aria pura dissipasse un poco quel fetore insopportabile poi rientrarono tappandosi le narici con i fazzoletti. Una rapida scorsa al piano terreno non rivelò niente, ma quando, saliti al primo piano, cercarono di entrare in quella che sapevano essere la camera da letto, dovettero spingere con forza la porta: sembrava bloccata all’interno da un peso.

Finalmente riuscirono a entrare, e videro: un corpo giaceva riverso sul letto, l’altro era steso sul pavimento accanto al battente. Probabilmente stava tentando di aprire la porta quando la morte l’aveva colto. Sul pavimento spiccava lo scialle di Magda, vuoto. Il misterioso oggetto che vi era stato avvolto la sera prima era scomparso.

Se le due forme macabre e grottesche erano i corpi di John e Magda, gli abitanti della casa erano morti.Itre uomini guardarono terrorizzati quegli ammassi di indescrivibile materia verdastra nei quali era impossibile riconoscere degli esseri umani, poi scesero le scale fuggendo dalla casa e dai suoi tragici abitanti.

Venne condotta un’inchiesta per appurare le cause del duplice decesso e il verdetto fu: uccisi dal fulmine! Ma molte domande erano rimaste senza risposta. Come aveva potuto il fulmine produrre un effetto tanto orribile? Cosa aveva tra le braccia Magda la Pazza quando era stata vista sulla Vadia? Se non era stato un fulmine, quale poteva essere la causa della mostruosa trasformazione dei corpi delle vittime? Niente di conosciuto poteva spiegare la totale alterazione organica dei due cadaveri.Imedici esclusero nel modo più assoluto che si trattasse di una malattia. Poiché a Isling non si trovava nessun forestiero, venne scartata l’ipotesi di un omicidio. L’unica soluzione possibile fu dunque quella esposta nel verdetto, ma nessuno ne fu soddisfatto.

Un importante giornale pubblicò una serie di articoli dedicati al mistero di Isling, suscitando l’interesse di tutti i lettori, e in particolare quello di Carter E. Graham, conservatore del Museo Ludbury, specializzato in antropologia e archeologia.

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