Nuvole di fumo color pastello galleggiavano nell’aria del cabaret. Ognuna, che fungeva da contrassegno, si alzava da un orifizio situato al centro di ciascun tavolo: qui un viola pallido, di fronte un rosa delicato come la pelle di un neonato, là un verde che ricordava la garza indiana tessuta con erbe della pampa. Erano le nove di sera e il cabaret A’Chigua, il migliore di Bahia, aveva appena iniziato lo spettacolo. Un suono di campane tintinnanti aveva intonato le prime note di un ritmo sensuale, dando il via a un gruppo di ballerini in posa, ciascuno avvolto in un costume stilizzato raffigurante una formica. Le finte antenne e le mandibole ondeggiavano attraverso le nuvole di fumo.
I clienti abituali dell’A’Chigua occupavano dei bassi divani. Le donne, splendenti di colori tropicali vivaci come fiori della giungla, sedevano di fronte agli uomini vestiti di bianco e qua e là, come punti interrogativi, spiccavano le candide uniformi dei bandeirantes. In questa zona Verde, i bandeirantes potevano rilassarsi e divertirsi dopo aver prestato servizio nella giungla Rossa o alle barriere.
Un cicaleccio continuo in una dozzina di lingue diverse aleggiava nel locale.
«Stasera mi è capitato un tavolo rosa. È il colore del seno delle donne, non è vero?» «Così ho cosparso il formicaio con una schiuma insetticida e l’ho vuotato completamente… era pieno di formiche come quelle della Piratininga. Dovevano essere dieci o venti miliardi.»
La dottoressa Rhin Kelly era rimasta in ascolto per una ventina di minuti, la sua attenzione era sempre più attratta dalle tensioni e dagli stati d’animo di cui era carica l’atmosfera.
«Già, il nuovo metodo di disinfestazione…» fece un bandeirante seduto a un tavolo alle sue spalle che stava affrontando il problema dei superstiti «… contro gli insetti più resistenti. L’operazione di ripulitura finirà con l’essere un lavoraccio manuale, proprio come in Cina, dove sono costretti a uccidere gli ultimi insetti con le mani».
Rhin udì il suo compagno rigirarsi sul divano e pensò: Deve aver sentito. Levò lo sguardo al di sopra della colonnina di fumo color ambra e incontrò gli occhi a mandorla del suo accompagnatore. Lo vide sorridere e pensò, come aveva già fatto altre volte, che questo dottor Travis Huntington Chen-Lhu era un «personaggio» veramente distinto.
Era alto, con un viso squadrato dalla carnagione olivastra, sormontato da una massa di capelli tagliati corti, ancora neri nonostante la sessantina. Si piegò verso di lei e bisbigliò: «Non c’è modo di evitare le chiacchiere, eh?»
Lei scosse il capo, domandandosi forse per la decima volta come mai una persona di riguardo come il dottor Chen-Lhu, direttore di zona dell’Organizzazione Internazionale di Ecologia, avesse insistito ad accompagnarla là quella sera, la sua prima sera a Bahia. Non si faceva illusioni sul motivo per cui l’avesse invitata a lasciare Dublino: senza dubbio aveva un problema da risolvere che richiedeva l’intervento dei servizi di spionaggio dell’OIE. Come al solito, il problema avrebbe finito con l’implicare la manipolazione di qualcuno. Chen-Lhu gliene aveva accennato brevemente quel giorno stesso. Ma doveva ancora pronunciare il nome dell’uomo che lei avrebbe attirato con l’inganno.
«Si dice che certe piante muoiano per mancanza di impollinazione.» Adesso era una donna alle sue spalle che parlava e Rhin si irrigidì. Una conversazione pericolosa, quella.
Ma il bandeirante dietro di lei disse: «È meglio se tieni la bocca chiusa, bambola. Parli come quella signora che hanno pizzicato a Itabuna».
«Quale signora?»
«Una che distribuiva volantini dei Carsonites, proprio nel villaggio oltre la barriera. La polizia l’ha bloccata prima che potesse sbarazzarsi di una ventina di opuscoli. Gran parte del materiale è stato recuperato in tempo prima che potesse diffondersi, sai come vanno a finire queste cose, specialmente là, vicino alla zona Rossa.»
Del chiasso, proveniente dall’entrata, disturbò l’atmosfera del locale. Si udì una voce che gridava: «Johnny, ehi Johnny! Fortunato te!»
Rhin e gli altri clienti volsero lo sguardo in direzione delle voci e Rhin notò che Chen-Lhu fingeva indifferenza. Vide che anche i bandeirantes erano rimasti fermi ai loro posti come bloccati da una forza misteriosa.
Ritto davanti a loro c’era un bandeirante che portava, attaccato al risvolto della giacca, un distintivo d’oro da capogruppo, raffigurante una farfalla. Rhin lo studiò con improvviso interesse e notò che era un uomo di media statura, dalla carnagione scura e dai capelli neri ondulati; era tarchiato, ma si muoveva con una certa agilità. Il suo corpo, che sprigionava forza, contrastava col viso magro e aristocratico, dominato da un naso sottile con una gibbosità pronunciata. Evidentemente i suoi antenati annoveravano senhores de engenho.
Rhin lo definì «di una bellezza brutale». Ancora una volta notò l’atteggiamento indifferente di Chen-Lhu e pensò: Ora capisco perché siamo qui.
Quel pensiero la rese stranamente consapevole del proprio corpo. Provò una momentanea sensazione di repulsione per il suo ruolo, mentre pensava: Mi sono data da fare e mi sono venduta per essere qui in questo momento. E che cosa mi rimane? Nessuno voleva le prestazioni professionali di Rhin Kelly, entomologo. Ma Rhin, una bellezza irlandese, era una donna che traeva piacere da «altre» sue prestazioni… questa Rhin Kelly era molto richiesta.
Se non mi piacesse questo lavoro, forse non l’odierei tanto, pensò.
Sapeva di non passare inosservata in quel luogo pieno di donne indigene dalla pelle scura. Aveva i capelli rossi, gli occhi verdi, la carnagione delicata punteggiata di lentiggini. In quel locale, vestita con un abito lungo che si armonizzava col colore dei suoi occhi e con un distintivo dorato dell’OIE appuntato sul petto, in quel locale, rappresentava il tipo esotico.
«Chi è quell’uomo all’ingresso?» chiese.
Un sorriso simile al soffio di una leggera brezza increspò i lineamenti finemente cesellati di Chen-Lhu. Lanciò uno sguardo verso l’entrata. «Quale uomo, mia cara? Ce ne sono almeno… sette.»
«Smettila di fingere, Travis.»
Gli occhi a mandorla si posarono su di lei, quindi ruotarono verso il gruppo che sostava all’entrata. «È Joao Martinho, jefe degli Irmandades e figlio di Gabriel Martinho.»
«Joao Martinho», fece lei. «Deve essere quello di cui mi hai parlato, che dovrebbe aver carta bianca per ripulire la Piratininga.»
«Ha già avuto il denaro, mia cara. Per Johnny Martinho, è ciò che conta di più.»
«Quanto?»
«Ah, che donna pratica», disse lui. «Si sono spartiti cinquecentomila cruzados.» Chen-Lhu si appoggiò allo schienale del divano, aspirò l’aroma pungente dell’incenso che si levava dalla colonnina di fumo del loro tavolo. Pensò: Cinquecentomila! Saranno sufficienti per distruggere Johnny Martinho… se riesco a dimostrare le mie ragioni contro di lui. E con Rhin, come potrei fallire? Questo branco di idioti di Bahia sarà ben felice di accogliere una donna affascinante come Rhin. Sì, avremo presto il nostro capro espiatorio: Johnny Martinho, il capitalista, il gran senhor addestrato dagli yankee.
«Negli ambienti di Dublino il nome di Joao Martinho è famoso», disse Rhin.
«Ah sì?» fece lui. «Che cosa dicono?»
«Hanno parlato dei problemi sorti nella Piratininga, è stato fatto il suo nome e quello di suo padre.»
«Ah, capisco.»
«Circolano delle strane voci», osservò lei.
«Le trovi di cattivo augurio?»
«No, semplicemente strane.»
Strane, pensò lui. Quella parola gli provocò un momentaneo senso di sconforto, in quanto riecheggiava il messaggio inviatogli dal suo paese, che lo aveva spinto a richiedere l’intervento di Rhin. La sua strana indolenza nel risolvere il problema sta sollevando inquietanti interrogativi. Il significato della parola e della frase era piuttosto palese. Chen-Lhu aveva captato l’impazienza che traspariva da quel messaggio: la scoperta di una catastrofe, che si profilava in Cina, poteva verificarsi da un momento all’altro. E sapeva che non si fidavano di lui per via di un suo antenato di razza bianca. Disse abbassando il tono della voce: «Strano non è il termine più adeguato per descrivere i bandeirantes che infestano di nuovo le zone Verdi.»
«Ho udito delle storie assurde», mormorò lei, «laboratori segreti dei bandeirantes… esperimenti illegali di mutamento…»
«Avrai notato, Rhin, che la maggior parte dei rapporti su insetti strani, giganteschi, proviene dai bandeirantes. Questa è l’unica stranezza secondo te.»
«È logico», fece lei, «i bandeirantes si trovano in prima linea, dove queste cose possono accadere.»
«Non mi dirai che tu, un entomologo, credi a queste assurdità», ribatté lui.
Rhin alzò le spalle, sentendosi stranamente perversa. Travis aveva ragione, naturalmente; doveva essere così.
«Logico», proseguì Chen-Lhu, «strumentalizzare le più assurde dicerie per fomentare la paura dettata dalla superstizione fra i contadini tabareus: questa è l’unica logica, suppongo.»
«Così vuoi che mi lavori questo capo bandeirante», fece lei. «Che cosa dovrei scoprire?»
Dovrai scoprire quello che ti dirò io, pensò. Invece disse: «Che cosa ti fa pensare che questo Martinho sia il tuo obiettivo? È un’informazione avuta a Dublino?»
«Oh», rispose lei, riuscendo a controllare uno scatto d’ira. «Non avevi un particolare motivo di farmi venire qui. Il mio fascino era una ragione più che sufficiente!»
«L’hai detto!» Si volse e fece cenno a un cameriere che si avvicinò al tavolo. Subito dopo il cameriere si fece strada tra il gruppetto che stazionava all’entrata e parlò con Joao Martinho.
Il bandeirante lanciò una rapida occhiata a Rhin, quindi si volse per incontrare lo sguardo di Chen-Lhu. Questi fece un cenno col capo.
Alcune donne simili a farfalle di stoffa si erano unite al gruppo di Martinho. Lo sguardo dei loro occhi pesantemente truccati sembrava provenire da cavità sfaccettate.
Martinho si staccò dal gruppo e si diresse verso il tavolo contrassegnato dal fumo color ambra. Accennò un inchino a Chen-Lhu. «Il dottor Chen-Lhu, suppongo», disse. «Piacere di conoscerla. Come può l’OIE privarsi del suo direttore che si concede questo genere di distrazioni?» Con un gesto abbracciò l’atmosfera di frenetica tensione che regnava nell’A’Chigua.
E Martinho pensò: Ecco… gli ho manifestato i miei pensieri in modo che non possa fraintendermi.
«Mi concedo un po’ di svago», disse Chen-Lhu. «Un breve relax per dare il benvenuto a un nuovo membro del nostro staff.» Si alzò dal divano e abbassò lo sguardo su Rhin. «Rhin, ti presento il senhor Joao Martinho. Johnny, questo è il dottor Rhin Kelly di Dublino, il nostro nuovo entomologo.»
Intanto Chen-Lhu pensava: Questo è un nemico. Non devo commettere errori. È un nemico. È un nemico. È un nemico.
Martinho accennò un inchino. «Encantado.»
«Lieta di conoscerla, signor Martinho. Ho sentito parlare delle sue prodezze… persino a Dublino.»
«Persino a Dublino», ripeté lui. «Sono sempre stato favorito dalla sorte, ma mai come in questo momento.» La fissò con una intensità sconcertante, mentre si domandava quali compiti speciali le fossero stati affidati. Era l’amante di Chen-Lhu?
Il silenzio fu interrotto dalla voce di una donna seduta a un tavolo dietro Rhin: «I serpenti e i roditori stanno esercitando una sempre crescente pressione sulla civilizzazione. L’ho letto nel…»
Qualcuno la zittì.
«Travis», disse Martinho, «francamente non capisco come possa una donna così affascinante essere chiamata dottore.»
Chen-Lhu fece un risolino forzato. «Attento, Johnny. Il dottor Kelly è il mio nuovo direttore settoriale.»
«Un direttore itinerante, spero», ribatté Martinho.
Rhin lo guardò con freddezza; ma era una falsa freddezza. La franchezza di Martinho la eccitava e la spaventava al tempo stesso. «Sono stata messa in guardia circa il linguaggio adulatorio dei latini», disse. «È una caratteristica che si trasmette di padre in figlio, mi hanno detto.»
La sua voce aveva assunto un tono gutturale che indusse Chen-Lhu a sorridere fra sé. Ricorda, questo è il nemico, pensò. «Vuole unirsi a noi, Johnny?»
«Mi evita la sfrontatezza di imporre la mia presenza. Tuttavia, come vede, sono accompagnato da alcuni dei miei bandeirantes.»
«Sembrano molto occupati», disse Chen-Lhu e fece un cenno verso l’entrata, dove un gruppo di donne sfarfalleggiavano attorno agli amici di Martinho, meno uno. Donne e bandeirantes si stavano accomodando a un grande tavolo contrassegnato col fumo blu.
L’uomo rimasto solo distolse lo sguardo da Martinho e lo posò sui suoi compagni attorno al tavolo, quindi si rivolse nuovamente verso Martinho.
Rhin lo studiò attentamente: capelli grigio cenere, faccia da ragazzo vecchio, deturpata da una cicatrice di acido che gli solcava la guancia sinistra. Le ricordava il sacrestano della sua parrocchia di Wexford.
«Ah, quello è Vierho», disse Martinho. «Lo chiamiamo il Padre. Non ha ancora deciso chi deve proteggere… i nostri fratelli Irmandades o il sottoscritto. Forse io ne ho maggior bisogno.» Fece un cenno in direzione di Vierho, quindi si volse e sedette vicino a Rhin.
Apparve un cameriere che depose sul tavolo un calice trasparente colmo di una bevanda color oro, da cui spuntava un tubo di vetro.
Martinho lo ignorò continuando a fissare Rhin. «Allora, gli irlandesi sono pronti a unirsi a noi?»
«Unirsi a voi?»
«Sì, nella ricerca di un nuovo equilibrio ecologico.»
La donna lanciò un’occhiata a Chen-Lhu che rimase impassibile, quindi rivolse nuovamente l’attenzione su Martinho. «Anche gli irlandesi, come i canadesi e i nordamericani, sono riluttanti, preferiscono attendere.»
Martinho parve infastidito dalla risposta. «Voglio dire… che l’Irlanda ne valuta sicuramente i vantaggi», disse. «Da voi non ci sono serpenti. Ciò deve…»
«Ciò è qualcosa che Dio ha fatto per mano di san Patrizio», ribatté Rhin. «Non riesco a immaginare che voi bandeirantes siate fatti della stessa pasta.» Lo disse in tono stizzito e se ne pentì immediatamente.
«Avrei dovuto avvertirla, Johnny», si intromise Chen-Lhu. «Ha un temperamento irlandese.» E pensò: Sta recitando la commedia tutto a mio vantaggio, questo verme.
«Già», fece Martinho. «Se Dio non ha ritenuto di doverci sbarazzare degli insetti, forse sbagliamo nel cercare di farlo con le nostre mani.»
Rhin gli lanciò un’occhiata piena di sgomento.
Chen-Lhu soffocò uno scatto d’ira. Questo verme sta tentando di abbindolare Rhin per attirarla dalla sua parte. Deliberatamente!
«Il mio governo non riconosce l’esistenza di Dio», disse Chen-Lhu. «Forse se il buon Dio dovesse introdurre uno scambio di ambasciate…» Batté la mano sul braccio di Rhin, e notò che stava tremando. «Comunque, l’OIE è convinta che in capo a dieci anni la lotta sarà estesa fino a nord del confine del Rio Grande.»
«È questa la convinzione dell’OIE? O non è piuttosto quella della Cina?»
«Di entrambe», affermò Chen-Lhu.
«Anche se il Nord America si oppone?»
«Suppongo che si lascerà persuadere.»
«E l’Irlanda?»
Rhin si sforzò di sorridere. «Gli irlandesi», disse, «sono notoriamente un popolo irragionevole.» Allungò la mano per prendere il suo drink, ma in quel momento la sua attenzione fu attratta da un bandeirante vestito di bianco, ritto di fronte a lei.
Martinho balzò in piedi e si inchinò nuovamente a Rhin. «Dottor Kelly, mi permetta di presentarle uno dei miei fratelli Irmandades, padre Vierho.» Quindi si rivolse al suo compagno: «Questa bellezza, stimato padre, è un direttore settoriale.»
Vierho fece un breve cenno col capo e con aria impacciata sedette a una estremità del divano, vicino a Chen-Lhu. «Encantado», mormorò.
«Sono poco mondani i miei Irmandades», disse Martinho, riprendendo il suo posto accanto a Rhin. «Sono certo che preferirebbero esser fuori a uccidere formiche.»
«Johnny, come sta suo padre?» chiese Chen-Lhu.
Senza distogliere gli occhi da Rhin, Martinho rispose: «La questione del Mato Grosso lo tiene molto occupato.» Fece una pausa. «Ha degli occhi incantevoli.»
Ancora una volta Rhin rimase sconcertata dalla sua disinvoltura. Sollevò il calice contenente il suo drink e disse: «Cos’è questa roba?»
«Ah, quello è idromele brasiliano. Lo assaggi. Nei suoi occhi ci sono dei puntini luminosi che si intonano al colore dorato del suo drink.»
Rhin evitò di replicare. Avvicinò il bicchiere alle labbra e assaporò la bevanda. Quando colse lo sguardo di Vierho fisso su di lei, si fermò col tubo di vetro vicino alle labbra.
«I suoi capelli sono proprio di quel colore?» chiese Vierho.
Martinho scoppiò a ridere e disse in tono sorpreso e stranamente affettuoso: «Ah, Padre!»
Rhin assaporò il suo drink cercando di mascherare una sensazione di disagio; trovò che aveva un sapore delicato, dolce come l’aroma di certi fiori, con una punta di amaro.
«Ma sono veramente di quel colore?» insistette Vierho.
Chen-Lhu si sporse in avanti. «Molte ragazze irlandesi hanno i capelli rossi, Vierho. Rispecchiano un temperamento selvaggio.»
Rhin posò il bicchiere sul tavolo, meravigliandosi delle sue stesse emozioni. Sentiva che fra Vierho e il suo capo si era instaurato un certo cameratismo e si rammaricava di esserne esclusa.
«Quali sono i suoi programmi, Johnny?» chiese Chen-Lhu.
Martinho lanciò un’occhiata a Vierho, quindi si rivolse a Chen-Lhu e lo fissò con durezza. Per quale motivo questo funzionario dell’OIE mi rivolge una simile domanda, qui e in questo momento? si domandava. Chen-Lhu deve essere a conoscenza dei miei programmi. Non potrebbe essere altrimenti. «Mi sorprende che non ne abbia sentito parlare», rispose. «Oggi pomeriggio ho fatto un’ulteriore offerta per assicurarmi la Serra Dos Parecis.»
«Dove si trova il grosso insetto della Mambuca», mormorò Vierho.
Un improvviso impeto d’ira rabbuiò i lineamenti di Martinho. «Vierho!» esclamò.
Rhin fissò prima l’uno e poi l’altro. Uno strano silenzio era calato sul gruppo. Lo avvertì simile a un fremito per tutto il corpo. C’era in quel silenzio qualcosa di spaventoso, persino di erotico… che la turbava profondamente. Captò la reazione del suo corpo e ne ebbe una repulsione violenta. Sapeva che questa volta non era in grado di individuarne la vera causa. Poteva solo pensare: Ecco perché Chen-Lhu mi ha mandata a chiamare: per attirare questo Joao Martinho e manipolarlo a dovere. Lo farò, ma ciò che mi turba maggiormente è la certezza che ne trarrò piacere.
«Ma, capo», fece Vierho, «sai bene quel che hanno detto su…»
«Lo so», ringhiò Martinho. «Sì, lo so!»
Vierho annuì con espressione contrita. «Hanno detto che…»
«Che esistono insetti mutanti, lo sappiamo», proseguì Martinho. E pensò: Perché Chen-Lhu mi ha costretto a questa rivelazione? Per vedermi litigare con uno dei miei uomini?
«Insetti mutanti?» chiese Chen-Lhu.
«Abbiamo visto quello che abbiamo visto», tagliò corto Vierho.
«Ma quella ‘cosa’, come viene descritta, è una impossibilità materiale. Non può che essere il prodotto di qualche superstizione, ne sono certo», insistette Martinho.
«Veramente, capo?»
«Comunque, qualunque cosa sia, siamo in grado di affrontarla», dichiarò Martinho.
«Di che cosa state parlando?» chiese Rhin.
Chen-Lhu si schiarì la voce. Lascia che ora scopra fino a che punto si spingerà il nemico, pensò. Lascia che si accorga della perfidia di questi bandeirantes. Poi, quando le avrò spiegato che cosa deve fare, non si tirerà certo indietro.
«C’è in giro una storia», disse Chen-Lhu.
«Una storia!» sogghigno Martinho.
«Delle chiacchiere, allora», si corresse Chen-Lhu. «Sembra che alcuni bandeirantes di Diogo Alvarez asseriscano di aver visto, nella Serra Dos Parecis, una mantide lunga tre metri.»
Vierho, teso in volto, si piegò verso Chen-Lhu. La cicatrice che gli solcava la guancia era impallidita. «Lo sa, senhor, che Alvarez ha perduto sei uomini prima di abbandonare la serra? Sei uomini! E…»
Vierho si interruppe all’apparire di un uomo tarchiato dalla carnagione scura che indossava una tuta da lavoro piena di macchie. Si fermò alle spalle di Martinho e rimase in attesa.
Poi il nuovo venuto si chinò su Martinho e gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Rhin riuscì a captare solo alcune parole (parlavano a voce molto bassa in un dialetto incomprensibile del retroterra), un accenno alla Plaza, la piazza centrale… folla.
Martinho si umettò le labbra e chiese: «Quando?»
Ramon si raddrizzò e disse alzando leggermente il tono della voce: «Proprio adesso, capo.»
«Nella Plaza?»
«Sì, a meno di un isolato da qui.»
«Di che cosa si tratta?» chiese Chen-Lhu.
«Di una pulce», fece Martinho.
«Una pulce?»
«Così dicono.»
«Ma questa è zona Verde», osservò Rhin sgomenta.
Martinho si alzò e si allontanò dal divano.
Mentre alzava lo sguardo sul capo bandeirante, il viso di Chen-Lhu tradiva una certa preoccupazione.
«La prego di scusarmi, signorina», disse Martinho.
«Dove sta andando?» chiese lei.
«C’è un lavoro da sbrigare.»
«Una pulce?» insistette Chen-Lhu. «È sicuro che non si tratti di un errore?»
«Nessun errore, senhor», fece Ramon.
«Ma non esiste un modo per evitare questi inconvenienti?» chiese Rhin. «Ovviamente si tratta di un clandestino che è riuscito a infiltrarsi nella zona Verde, nascosto in qualche carico, oppure…»
«Forse no», replicò Martinho. Poi si rivolse a Vierho. «Raduna gli uomini. Avrò particolarmente bisogno di Thome per il camion e di Lon per manovrare le luci.»
«Subito, capo.» Vierho balzò in piedi e attraversò il locale per unirsi agli altri Irmandades.
«Che cosa significa… forse no?» chiese Chen-Lhu.
«Si tratta di quelle stranezze cui lei si rifiuta di credere», disse Martinho, poi si rivolse a Ramon: «Unisciti a Vierho, per favore.»
«Sì, capo.» Ramon fece dietrofront con una precisione quasi militare, e si mosse sulla scia di Vierho.
«Vuole spiegarsi, per favore?» disse Chen-Lhu.
«Secondo la descrizione si tratta di un insetto, lungo quasi mezzo metro, che spruzza acido», fece Martinho.
«Impossibile», ribatté Chen-Lhu.
Rhin scosse il capo. «È assolutamente improbabile che una pulce…»
«È uno scherzo dei bandeirantes», affermò Chen-Lhu.
«Come vuole lei, senhor», disse Martinho. «Ha visto la cicatrice sulla guancia di Vierho? Anche quello è il risultato di uno scherzo.» Si volse e si inchinò a Rhin. «Mi perdona, senhorita?»
Rnin si alzò. Una pulce lunga quasi mezzo metro? Adesso le ritornavano alla mente gli strani racconti uditi nella sua fanciullezza. Si sentiva turbata, come in preda a una sensazione di irrealtà. C’erano dei limiti alla materia. Cose simili non potevano esistere. Oppure sì? Adesso era soprattutto un entomologo. Erano subentrate la logica e l’esperienza. Quella faccenda poteva essere provata o smentita nel giro di pochi minuti. A meno di un isolato da qui, aveva detto l’uomo. Nella Plaza. E sicuramente Chen-Lhu non le avrebbe permesso di liberarsi così in fretta di Martinho. «Veniamo con lei, naturalmente», disse.
«Naturalmente», fece eco Chen-Lhu, alzandosi.
Rhin si avvicinò a Martinho e lo prese a braccetto. «Signor Martinho, per piacere, mi mostri questa fantastica pulce.»
Martinho pose una mano su quella di Rhin e provò una elettrizzante sensazione di calore. Che donna conturbante! «Preferirei di no», disse. «Lei è così attraente e se penso a quello che l’acido di…»
«Non ci facciamo influenzare dalle chiacchiere», intervenne Chen-Lhu. «Vuole farci strada, Johnny?»
Martinho sospirò. Le persone incredule sono così ostinate… tuttavia gli si profilava l’opportunità di far giungere alle alte sfere la inconfutabile prova di ciò che la maggior parte dei bandeirantes già conosceva. Sì, il direttore di zona Chen-Lhu sarebbe venuto. Doveva venire. Con riluttanza Martinho gli offrì il braccio di Rhin. «La invito a seguirmi, ma per favore, senhor, tenga lontana la nostra affascinante Rhin Kelly. A volte le chiacchiere degenerano in una brutta avventura.»
«Useremo le necessarie precauzioni», disse Chen-Lhu. Lo scherno nella sua voce era fin troppo evidente.
Gli uomini di Martinho si erano già avviati verso l’uscita. Si girò e li seguì a lunghi passi, ignorando i clienti del locale che in silenzio lo seguivano con lo sguardo.
Rhin, nel dirigersi verso la strada con Chen-Lhu, rimase colpita dall’apparecchiatura che i bandeirantes portavano sulle spalle. Non sembravano uomini sottomessi con l’inganno, eppure doveva essere così. Non poteva essere altrimenti.