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Robert Janas uscì penosamen­te dall’elicottero che era sceso sul tetto del grande palazzo che si levava nel cuore di Central, e rimase indifferente, nel vedere che le guardie venu­te ad accoglierlo impugnavano la pistola. Nei pochi giorni trascorsi, aveva visto troppe armi contro di sé, per preoccu­parsene ancora.

Jarl Emmett, vestito come Janas coll’abito grigio dei dete­nuti, saltò giù dall’elicottero e gli venne vicino. Il comandan­te dell’elicottero presentò al più alto in grado dei Neri un documento su cui l’agente pri­ma di prendere in custodia i prigionieri appose la propria firma.

«Da questa parte, prego» disse cortesemente il capitano dei Neri, indicando l’ascensore che portava agli uffici del pre­sidente della CNS. Janas e Emmett obbedirono.

Pochi minuti dopo, i due prigionieri e la loro scorta en­travano nel grande ufficio son­tuoso del presidente della Compagnia di Navigazione So­lare. Altho Franken era seduto dietro al tavolo, con la faccia totalmente inespressiva e la mascella che, sebbene guarita, aveva una strana forma. Di fronte a lui, sul tavolo, era posata una pistola a ago.

In fondo all’ufficio, c’era Milton Anchor, con un’espres­sione di odio in faccia, e alla cintura una pistola simile a quella di Franken. Nella stanza vi erano altre quattro guardie, tutte armate di pistole a ener­gia.

Il capitano dei Neri si fermò davanti al tavolo del presiden­te, scattò in un saluto quasi militare, e disse: «I prigionie­ri Janas e Emmett, cittadino Franken.»

«Grazie, capitano» disse Franken. «Me ne occupo io.»

Il capitano salutò, si voltò coi suoi uomini sulla pista di atterraggio.

Per lunghi minuti nessuno parlò nell’ufficio di Franken.

«Avete un’idea del perché vi trovate qui?» chiese final­mente Franken, che parlava adagio perché la mascella gli dava ancora delle fitte.

«Un’idea ce l’ho» rispose Janas.

«Ed è sbagliata» disse Franken, gelido.

«Mi stupisco che siamo ancora vivi» disse Jarl Emmett.

Franken rispose con un’oc­chiata fredda.

«Sedetevi» disse dopo un momento. «E state calmi. Presto saprete tutto.» Non si voltò a guardare i due uomini che armeggiavano con i docu­menti intorno al tavolo, dan­dosi l’aria di essere indaffaratissimi.

Janas si lasciò cadere nella seggiola più vicina. Si voltò verso le guardie armate, poi osservò Emmett e finalmente si mise a fissare il pavimento.

Qualcuno era uscito vivo da quel disastro, pensava tra sé, ma non erano in molti. Della Confederazione, troppo pochi erano sopravvissuti per riuscire a tener testa ai ribelli, e quelli della Lega dei Mondi Indipen­denti erano campati in numero appena sufficiente per procla­marsi vincitori e dettare i ter­mini di pace. Comunque, centocinquanta anni di guerre ininterrotte avevano dissangua­to l’umanità, lasciando tutti esausti.

Robert Janas e Jarl Emmett erano tra i superstiti, ma forse ce l’avevano fatta solo perché si erano arresi alle guardie del­la CNS, anziché cadere in ma­no degli uomini della Confede­razione, e nessuno dei due sapeva per quanto tempo an­cora sarebbero rimasti in vita. Paul D’Lugan era morto e an­che Hal Danser, freddato in fondo al pozzo dell’ascensore da una pallottola da 45. Anche Juan Kai era morto, in un disperato tentativo di sortita dal grattacielo Operazioni e Syble Dian era stata stroncata da una scarica di energia di un elicottero della CNS, nel mo­mento in cui Janas teneva te­sta a Danser. Rinni e Gray, Rod Campbell, l’ammiraglio Juliene, e Dio sa quanti altri erano morti, in quello sforzo vano e pazzesco della Confede­razione per sopravvivere.

Maura Biela era scampata al massacro ed era finita, anche lei, in prigione, insieme con Janas e Emmett, ma correva voce che fosse stata liberata per intervento di un ufficiale ribelle, suo lontano parente.

In quanto a Enid, Janas non ne sapeva nulla. Sperava, e credeva che fosse viva. Era sicuro che gli uomini di Franken non l’avessero trovata, perché, in caso contrario, Altho si sarebbe senza dubbio vendicato su di lei. La Confe­derazione, d’altra parte, non era più abbastanza potente per preoccuparsi di una ragazza di nessuna importanza. Janas continuava a ripetersi che Enid era salva.

“E ora” diceva tra sé per l’ennesima volta il comandante spaziale, “è tutto finito! La CNS è sopravvissuta al disa­stro, ed è questo che conta veramente, anche se un’età di tenebre ci attende.”

Dal tavolo di Altho Franken venne un ronzio. Il presidente della Compagnia di Navigazio­ne Solare sussultò, poi si curvò in avanti, per premere il pul­sante.

«Sì» disse rauco.

«Il cittadino Altho Fran­ken?» chiese una voce all’ap­parecchio.

«Sono io» disse Franken. Janas notò che, mentre cerca­va di prendere un sigaro, la mano gli tremava.

«Il generale Henri Kantralas è in linea.»

«Passate» esclamò Fran­ken.

«Cittadino Franken?» disse una voce sonora nell’ap­parecchio.

Janas rimpiangeva di non poter vedere nel piccolo scher­mo la faccia dell’uomo che aveva battuto la Confederazio­ne.

Franken annui.

«Desidero congratularmi con voi, cittadino Franken» disse la voce del generale. «Avete dato prova di grande saggezza nel mantenere neutra­le la Compagnia di Navigazio­ne Solare.»

Franken disse: «Grazie, generale.»

«Veniamo subito al pun­to, cittadino.»

«P-prego, generale» bal­bettò Franken, guardando Ja­nas.

«Questa mia chiamata ha una ragione ben precisa, citta­dino Franken» proseguì il generale. «La CNS è l’unico organismo che sia rimasto an­cora indipendente. Io e il pre­sidente in carica ci siamo tro­vati d’accordo nell’invitare la Compagnia di Navigazione So­lare ad agire come testimone e intermediario durante i nego­ziati in corso. È disposta la Compagnia a accettare l’incari­co?»

«Certamente, sì, generale» disse Franken, con aria più distesa.

«Benissimo» disse il gene­rale Kantralas. Seguì una breve pausa. «Due vostri funzionari mi sono stati caldamente rac­comandati. Posso suggerire di nominarli vostri agenti?»

Franken guardò prima Janas, poi Emmett, stupito. «Ma vi prego, generale» disse dopo un istante, con voce in­certa.

«Grazie, cittadino.» La voce del generale era cordiale. «Avete con voi il...» fece una breve pausa «... il comandante Robert Janas e il cittadi­no Jarl Emmett. Il mio aiutan­te mi consiglia di far venire questi due uomini perché sia­no presenti al nostro collo­quio.»

«Ma generale» gridò qua­si Franken. «Questi uomini sono sotto accusa. Hanno aiu­tato i ri...»

«Cittadino Franken» dis­se Kantralas, con voce dura e decisa. «Sono certo che siete a conoscenza dell’amnistia emanata sia dalla Lega, sia dalla Confederazione. Questa amni­stia scagiona tutti coloro che sono stati compromessi nella così detta Rivolta, dall’una e dall’altra parte, fatta eccezione per pochi criminali di guerra.»

«Generale...» tentò di dire Franken.

«Forse voi non ritenete che questi due funzionari deb­bano rientrare nell’amnistia. Ma indubbiamente non si pos­sono considerare come crimi­nali di guerra.»

«Ma non vedo...» disse Franken.

«È vostra intenzione por­tare questi due casi davanti a un tribunale?» C’era nella voce del generale un’ombra di minaccia.

«No, generale» disse Franken. «No di certo.»

«Molto bene. I due fun­zionari sono presenti?»

«Sì.» disse Franken con un sospiro, facendo segno a Janas e a Emmett di passare dall’altra parte del tavolo, per poter vedere sullo schermo a 3D la faccia del generale e per essere visti a loro volta.

«Buongiorno, signori» disse il generale. «Siete dispo­sti a accettare l’incarico?»

«Molto volentieri, signore» rispose, per entrambi, Janas, fissando il generale, che gli ricordava il Mosè di Michelan­gelo.

«Vorreste venire a Gine­vra, appena possibile?» chie­se il generale Kantralas.

Mentre Franken balbettava la risposta affermativa per i due, e Milton Anchor li guar­dava furente, Janas scambiò con Emmett un’occhiata inter­rogativa. Poi entrambi annui­rono. Non sapevano esatta­mente ciò che Kantralas cono­sceva sul loro conto; comun­que ciò che sapeva era suffi­ciente. E gliene erano grati.

Mentre Franken terminava la conversazione, Janas si voltò a guardare oltre la finestra il cielo che si oscurava, il cielo dove, una per una, cominciava­no a brillare le stelle, retaggio e avvenire dell’uomo.

Gli ultimi sussulti convulsi della vecchia civiltà, pensò Ja­nas, non erano ancora finiti, e forse non sarebbero finiti per tutta la durata della sua vita. E lui non sarebbe vissuto tanto da assistere alle doglie del nuovo tempo che stava per venire alla luce.

Lassù, in quella cupola di stelle, l’umanità e la sua civiltà strana, a volte paradossale, avrebbero continuato il loro cammino. Verso che cosa?


FINE
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