Esiste un mondo, verso il nucleo della galassia, dove la sera il cielo è tanto luminoso che quasi tutte le città — ma la parola avamposti è un termine più adatto — non si sono mai prese la briga di istallare impianti per l’illuminazione. Le configurazioni stellari sono tutte differenti e risulta estremamente difficile un’astronomia di tipo sofisticato, tuttavia, osservando con un potente telescopio, si riesce a intravvedere il nostro sole, un puntino luminoso all’estremità della costellazione chiamata Naso della Strega.
Il nome di quel mondo è Punto Nord, sebbene non sia né un punto, né situato a nord. È composto da una gran massa di terra, poca acqua, un paio di catene montuose, un mastodontico canyon, e sette centri commerciali, piccoli avamposti fatti di bar, ristoranti, banche, alberghi, bordelli, tane per drogati, ispettorati e stazioni radio. La popolazione fissa di questi centri è formata da funzionali e — non sempre — dai proprietari dei suddetti locali; quella di passaggio, che a volte è inesistente e a volte invece è fittissima ma che in linea di massima si attiene alla media, tra le due, è formata da commercianti, minatori, esploratori, cercatori, giocatori, scaricatori, qualche scienziato fra i più avventurosi e incalliti, oltre a una manciata di vagabondi, avventurieri, disadattati. Tutta questa gente viene da ogni parte della galassia, anche se le orìgini di tutti sono terrestri, e hanno ben poco in comune all’infuon dell’amore per la solitudine e di una speranza, che va sempre più allontanandosi, di una ricchezza improvvisa.
Su Punto Nord il centro abitato più piccolo, più infimo, più sudicio, più sinistro, è Porto Inferno, che fa sporadici sforzi per restare all’altezza del suo nome, e a Porto Inferno l’unico edificio capace di contenere più di trenta persone tutte insieme è l’Emporio di Tchaka.
Questo locale è, in primo luogo, una taverna specializzata nei più esotici beveraggi di un migliaio di mondi, ma a seconda del piano e della stanza in cui ci si trova in quell’incredibile labirinto di piani e di stanze, è anche una fumeria d’oppio, un bordello, un ufficio di cambio, un negozio in cui si vendono antiche mappe.
Il centro finanziario e sociale di Porto Inferno è il bar Tchaka. Qui uomini e donne di ogni estrazione e colore — compresi molti che non sono mai stati visti sulla Terra — s’incontrano, contrattano e qualche volta si azzuffano; qui i mercanti parlano più di mille lingue e contrattano più a segni, gesti e smorfie che non a parole; i vecchi logorati dalla vita trascorrono i loro ultimi anni miserandi raccontando fandonie sulla Bestia dei Sogni e altri mostri della mitologia degli spaziali, sempre più vasta e ricca; qui in questo posto dagli strani odori, male illuminato, è possibile comprare tutto quello che può procurare il denaro, dall’oro alla carne alla virtù.
Ed è qui, nel bar di Tchaka, che noi inizieremo la nostra storia, perché è da qui, più di quattromila anni dopo che l’Uomo ebbe lasciato per la prima volta il sistema solare, che Nicobar Lane cominciò la sua singolare, ossessiva caccia al Mangiatore d’Anime.