5

Ansard IV era un pianeta caldo, caldo e umido coperto per quasi tre quarti da un oceano di acqua dolce. Il resto, un continente e tre grandi isole, era coperto da foreste primeve, fitte giungle, tre imponenti catene montuose e qualche deserto. Sulle isole c’erano numerosi laghi oltre che foreste molto umide. L’intrico dei rami nascondeva a volte il sole, mentre invece la pioggia riusciva in qualche modo a penetrare. E siccome notte e giorno non faceva altro che piovere, il terreno di queste foreste era sempre sepolto sotto uno spesso strato di fango e melma.

Nessuno si era preso la briga di catalogare gli insetti di Ansard IV, ma Lane calcolò che chi l’avesse fatto non avrebbe terminato se non dopo averne catalogato almeno due milioni di specie. L’aria non era così ricca di ossigeno come in altri mondi-giungla dov’era stato, ma bastava per indurlo a prendere ogni tre ore un calmante per esser certo di mantenere l’equilibrio mentale. Era atterrato su una spiaggia sabbiosa, secondo le istruzioni del Marinaio, poi aveva analizzato l’atmosfera, l’acqua, alcuni esemplari della flora e della fauna (cioè erba e insetti), e infine aveva preso nella stiva l’attrezzatura che gli serviva. Depositò il Mufti nella macchina di ibernazione e chiamò il Marinaio che stava passeggiando a piedi nudi sulla sabbia, con gli stivali in mano.

— E allora? — gli chiese.

— Allora cosa? — ribatté il vecchio.

— Se vuoi che qui ce la sbrighiamo in una settimana per poi andare alla ricerca del tuo Spazzastelle, sarà bene che mi insegni come devo fare per trovare e abbattere due dozzine di Diavoli Cornuti.

— È facile — rispose il Marinaio. — Vedi quel vecchio vulcano? — e così dicendo indicò una montagna lontana pochi chilometri.

— Sì.

— Si trovano là.

— Sulle pendici o nel cratere?

— Nel cratere. Il vulcano è spento da un’infinità di tempo. Il fondo del cratere è coperto d’erba, ci sono perfino un paio di foreste e abbastanza acqua, così chi ci vive non ha bisogno di uscire. Proprio come il cratere Ngoro-ngoro sulla Terra.

— Abbiamo visto molti crateri, durante la discesa — disse Lane. — Come fai a essere sicuro che questo sia quello dove vivono i Diavoli Cornuti?

— Questo è il più vicino e il più comodo da raggiungere a piedi. Per questo l’ho scelto. Del resto uno vale l’altro. Quanto ai Diavoli, be’, qui non c’è niente che gli possa dare fastidio. Sono i padroni del pianeta e vivono un po’ dappertutto.

— E allora perché non mi hai detto di atterrare nel cratere? — obiettò Lane. — L’avrei potuto fare senza difficoltà.

— E rischiar di far scappare i Diavoli Cornuti? No, Lane. Se io posso camminare per otto o dieci chilometri, puoi farlo benissimo anche tu.

— Spero che tu non abbia da obiettare se dopo aver fatto fuori quelle dannate bestie scenderò nel cratere con la nave. O preferiresti che portassimo fin qui le carcasse a spalle?

— Già, non ci avevo pensato — confessò il Marinaio.

— E non avevi neanche pensato al sistema di tener lontani gli insetti dalle carcasse mentre noi tornavamo a prendere la nave, vero? — rincarò Lane, e sorrise vedendo l’espressione avvilita del vecchio. — Non preoccuparti, Marinaio, le spruzzerò con una bombola di conservante che si indurisce al contatto e dura abbastanza da impedire che qualcosa penetri attraverso la pellicola che si forma, finché non saremo tornati a prenderle. Adopero sempre quella sostanza per conservare le pelli e le carcasse nella stiva.

— Con che cosa pensi di ucciderli?

— Con lo stridente.

— Sono animali molto grossi — disse con aria dubbiosa il Marinaio.

— Lo so. Ma sono esemplari destinati ai musei, non posso rovinare le carcasse. Comunque porterò anche un implosore molecolare, per maggior sicurezza anche se spero di non usarlo. Ha effetti devastatori.

— Sei tu il cacciatore — osservò il Marinaio alzando le spalle.

— Infatti. Te la senti di partire subito, o preferisci aspettare domattina?

— Prima partiamo, prima ce la sbrighiamo.

Si munirono di viveri, medicinali, armi, conservante, bussola, stimolanti e sedativi, repellenti contro gli insetti, lanterne, radiofaro e acqua, e cosi equipaggiati si addentrarono nella foresta primeva.

Erano costretti a procedere molto lentamente, a causa del fango e delle radici degli alberi millenari che ostacolavano loro il cammino. Riposavano di frequente, ma riuscirono comunque a procedere di un paio di chilometri all’ora.

Lane era sorpreso dalla varietà, dimensioni e aspetto degli insetti. Una specie in particolare lo affascinava, somigliavano a libellule ed erano lunghi almeno quaranta centimetri. Apparentemente erano privi di occhi e di antenne nonché di altri organi sensori, ma erano infallibili nel catturare al volo gli insetti più piccoli. Lane non riusciva a vederne la bocca né a intuire il loro metodo di attacco, così rapido e sicuro: si avventavano fulminei, afferravano la preda con le potenti chele, e se la portavano via in volo. Per quanto li osservasse, Lane non riuscì a immaginare come ingerissero il cibo. Ne chiese al Marinaio, che rispose: — Sono mutanti, o vivono in una zona ristretta. Non so. Comunque, non li ho visti l’altra volta che sono stato qui. Forse hanno la bocca nelle chele.

— Bah, non direi. Secondo me invece schiacciano la preda contro l’addome e se ne nutrono per osmosi, anche se non mi pare che con questo sistema si possano nutrire molto.

— Chi lo sa? Al ritorno ammazzane un paio e sezionali. Potrai sempre darli da mangiare al Mufti.

— Gli piacciono solamente gli insetti vivi — precisò Lane guardandosi intorno. — Ci accampiamo qui?

— Direi di no. È meglio che arriviamo al cratere prima che questi maledetti insetti si accorgano che siamo buoni da mangiare e si accampino addosso a noi — ribatté il Marinaio accelerando il passo.

Proseguirono in silenzio per un’altra mezz’ora, poi, all’improvviso sentirono un grido strano, basso, stridulo che veniva da nordovest, seguito da un rumore di rami spezzati.

— È un Diavolo Cornuto? — chiese Lane impugnando l’implosore che improvvisamente gli pareva indispensabile.

— Troppo forte e prolungato perché possa trattarsi di un altro animale.

— Stammi vicino, Marinaio. Non credo che fra poco ci sia una radura, così dovremo correre alla cieca.

— Non preoccuparti, non ci attaccheranno di sorpresa — lo tranquillizzò il Marinaio. — Sta sicuro che se vengono dalla nostra parte avremo modo di sentirli. Sono bestie grandi con corna enormi e fanno un gran fracasso per passare attraverso il folto.

— Quanto a questo hai ragione. Si sono già fatti sentire — disse Lane, — e non credo che vogliano attaccarci di soppiatto. Però, se tu sapessi dirmi dove Una di quelle maledette bestie ci salterà addosso solo perché abbiamo sentito spezzare dei rami a venti metri di distanza, ti sarei molto grato. E poi magari nei paraggi ce n’è più d’uno. Se dobbiamo dar retta alle informazioni che hai riversato nel computer, è raro trovare un Diavolo Cornuto solitario.

— Be’, non resterà solo a lungo se continui a parlare.

— Si accorgerà che siamo qui anche se stiamo zitti — disse Lane scrutando i cespugli che li attorniavano. — Facciamo un sacco di rumore camminando, e io non ho la minima intenzione di fermarmi a passare la notte in questa trappola. Ci accamperemo sull’orlo del cratere. Qui l’aria è troppo pesante e mi sentirò molto meglio se non sarò costretto a svegliarmi ogni due minuti per cacciar via gli insetti.

Continuarono a camminare, anche se con maggior cautela, e tre ore dopo arrivarono senza incidenti alla base del vulcano. Mangiarono e poi si sdraiarono a dormire sotto un albero, con le armi a portata di mano.

Lane si svegliò al sorgere del sole, e la prima cosa che vide fu un enorme animale cornuto che lo stava guardando incuriosito a una trentina di metri di distanza.

Aveva un mantello rossiccio, ricciuto, quattro zampe e la taglia di un piccolo bisonte, ed era dotato di un paio di corna che mettevano in ridicolo al confronto quelle del leggendario e più grande kudu delle colline africane. Aveva l’aspetto innocuo, come qualsiasi altro erbivoro, finché Lane non ne scorse i piedi: erano piatti, voltati all’infuori e dovevano essere muniti di artigli retrattili. Quel particolare suggeriva l’idea che l’animale non fosse erbivoro ma carnivoro.

Lane ne esaminò la testa per qualche istante, ma con l’attenzione dell’esperto. Gli occhi non erano spaziati, il che stava a indicare come la sua visione periferica non fosse buona. Anche questo suggeriva l’idea del carnivoro. Pure, il corpo era troppo grande perché l’animale fosse solo carnivoro su quel mondo dove scarseggiava la selvaggina per nutrirlo. Anche la forma delle mandibole concorreva a convalidare questa supposizione: non erano abbastanza lunghe per contenere i numerosi denti di un puro erbivoro, né così solide per essere adatte a un carnivoro. Le orecchie erano grandi, il che era perfettamente consono a un mondo dove le fitte foreste limitavano tanto la visibilità. In quel momento erano puntate in avanti, verso Lane.

Il Diavolo Cornuto lo fissava senza malvagità né paura, il che era naturale in una bestia priva di nemici naturali e che non aveva mai visto un uomo prima di allora. Lane si rizzò lentamente a sedere e prese lo stridente. Con cautela, evitando di fare movimenti improvvisi, lo puntò contro l’animale e premette il grilletto.

Il risultato fu sorprendente. Il Diavolo Cornuto fece un gran balzo all’indietro e atterrò con un tonfo. Poi scrollò la testa, rimase stordito per un attimo e infine emise quello stesso urlo stridulo che Lane aveva sentito il giorno prima. I suoi occhi tornarono a fissarsi su di lui e partì alla carica con uno scatto fulmineo, quale Lane mai si sarebbe aspettato in una bestia tanto grossa. Allora lasciò cadere lo stridente e afferrò l’implosore, lasciando partire subito un colpo.

Il bestione emise un grugnito di sorpresa e si spappolò, colpito in pieno.

— Non scherzavo dicendo che è difficile ammazzarli — disse il Marinaio, seduto con la schiena appoggiata al tronco.

— Eri sveglio? — chiese stupito Lane.

— Sì, volevo vedere con che specie di cacciatore mi sono impelagato, così sono stato fermo e zitto a guardare.

— Mi hai già seguito in due spedizioni di caccia — disse Lane. — Cosa avresti avuto intenzione di fare se quel bestione mi avesse caricato mentre dormivo?

— Gli avrei sparato col mio stridente, e tu ti saresti comunque svegliato prima che potesse fare danni. A proposito, perché l’hai ammazzato con l’implosore? Potevi ripararti dietro l’albero e continuare a far funzionare lo stridente.

— Tanto questo non l’avremmo potuto caricare a bordo — spiegò Lane. — E se anche lo stridente l’avesse ucciso, avrei distrutto la carcassa con l’implosore.

— Bastardi coriacei, eh? — commentò il Marinaio guardando i resti dell’animale.

— Puoi ben dirlo. Ho visto animali sopravvivere allo stridente, in un primo momento, ma hanno sempre cercato di scappare. Questa è la prima volta che ne vedo uno caricare quando le onde sonore avrebbero dovuto sconvolgergli il cervello. Però non credo che fosse disorientato. È solo coriaceo e stupido. Pare comunque che non riuscirò a ucciderne uno in meno di un minuto con lo stridente, forse ci vorranno anche novanta secondi, e questo significa che devo colpirlo a una distanza di circa settantacinque metri. Più da vicino sarei costretto a sparargli con l’implosore, e a una distanza maggiore verrebbe a trovarsi fuori portata dello stridente.

— Begli aggeggi, gli stridenti — commentò il vecchio. — Se uno gli sta davanti fa saltare metà dei suoi circuiti cerebrali, ma chi spara non sente neanche un ronzio.

— Non credo che il Diavolo Cornuto abbia sentito niente, ha solo percepito le onde sonore. — Lane si alzò, raccolse la sua roba, e dopo aver dato un’ultima occhiata ai resti dell’animale, disse al Marinaio: — Sarà meglio muoversi. Il prossimo Diavolo Cornuto che ammazzo voglio poterlo portar via.

In meno di cinque ore raggiunsero il fondo del cratere, e nelle successive otto o nove ebbe luogo la caccia.

Lane scoprì il primo Diavolo Cornuto in un folto di alberi da frutto, a un centinaio di metri dalla parete del cratere. Gli ci volle un’ora per isolarlo dai suoi quattro compagni, ma infine ci riuscì e lo colpì con lo stridente a circa ottanta metri di distanza. L’animale reagì con violenza ancora maggiore di quello che aveva ucciso sull’orlo del cratere. Non appena si fu ripreso vide Lane e gli si avventò contro, crollando quando ormai era solo a pochi metri da lui.

Lane si occupò subito degli altri quattro. Due erano fuggiti andandosi a rintanare nella vicina foresta al di là del boschetto, uno lo guardava e l’ultimo si stava avvicinando. Lane rimase per un attimo indeciso se eliminare il più vicino con l’implosore e colpire l’altro con lo stridente ma infine decise che poteva ucciderli tutt’e due lasciandone intatti i corpi.

Si liberò del primo senza difficoltà, mentre l’altro continuava a fissarlo immobile.

— È come sparare a un pesce in barile, per usare un vecchio modo di dire — disse Lane al Marinaio, che gli stava alle spalle. — Nessuno ha mai dato loro la caccia prima, e perciò non hanno ancora imparato ad avere paura.

Si avviò verso l’animale, e stava per puntargli contro lo stridente, quando il Diavolo partì alla carica senza preavviso. Lane rimase sorpreso, ma non si scompose. Prese con cura la mira e gli sparò da trenta metri. Il Diavolo cadde in ginocchio, per subito rialzarsi. Lane continuava a premere il grilletto dello stridente, ma l’animale avanzava barcollando, tanto che lui, per evitarlo, si spostò di lato. Ma all’ultimo momento il bestione vide il Marinaio e, abbassate le corna, lo caricò. Lane lasciò cadere lo stridente e lo uccise con l’implosore.

L’animale era così vicino al vecchio che i suoi resti gli caddero addosso, e Lane dovette aiutarlo a rialzarsi.

— Grazie, Lane — disse ansando il Marinaio.

— Va al diavolo, vecchio! — sbottò Lane irritato. — D’ora in poi tieni tu l’implosore e te ne stai almeno a cento metri da me. E Dio ti aiuti se mi toccherà spappolare un altro Diavolo per causa tua.

Si avvicinò alle due carcasse intatte e le cosparse di conservante. Poi tornò ai resti del terzo e finì di distruggerli con l’implosore riducendoli a una pozza di liquido scuro. Quindi attese finché il terreno molle non l’ebbe assorbito.

— Perché l’hai fatto? — gli chiese il Marinaio.

— I Diavoli Cornuti non sanno che si è stabilito qui un altro predatore. Perché lasciare tracce?

— E le due carcasse?

— Il conservante elimina gli odori, e da come sono fatti questi animali immagino che si fidino più del naso che degli occhi.

Nel tardo pomeriggio Lane uccise altri tre Diavoli Cornuti, quindi piantò il campo alla base della parete del cratere, circondando la zona con diversi congegni di allarme. La notte passò tranquilla, e il giorno dopo Lane uccise altre sette bestie.

Il terzo giorno avevano imparato ad essere più cauti, e si spostarono all’estremità opposta del cratere, largo circa nove chilometri. In quel punto uccise in due giorni altri otto Diavoli Cornuti, e poi cambiò ancora postazione.

Al mattino del sesto giorno aveva tutti gli esemplari che gli erano stati ordinati. Tornò quindi a bordo, svegliò il Mufti, andò a caricare le prede, e si preparò a passare sei noiose settimane nello spazio alla vana ricerca del leggendario e inafferrabile Spazzastelle del Marinaio.

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