10

Lane attraversò il “campus”, fermò un paio di studenti per chiedere informazioni e finalmente arrivò al palazzo che cercava.

Salì fino al sesto piano con la scala mobile, scese, percorse un lungo corridoio contando le porte, e quando trovò quella che cercava bussò ed entrò.

Graziosi ninnoli bianchi erano appesi alle finestre e sull’ampia scrivania che campeggiava al centro della stanza era posato un vaso pieno di fiori. E seduta alla scrivania c’era una caricatura talmente esagerata che nessun disegnatore avrebbe mai osato imitarla.

Era una piccola vecchia signora, anzi era la Piccola Vecchia Signora completa di soffici capelli argentei ondulati, guance da cherubino, una ventina di chili di troppo e un sorriso così dolce accattivante che qualsiasi nonna avrebbe dato i denti che le restavano in cambio.

— Sì? — disse alzando la testa. — Cosa posso fare per voi, giovanotto?

Lane sorrise: — Ne è passato del tempo da quando ero un giovanotto, comunque grazie. Cerco Ondine Gillian.

— E l’avete trovata.

— Voi? — esclamò sorpreso Lane. — Non so perché ma non vi immaginavo così.

— È colpa del nome — rispose con una risatina la donna. — Una che si chiama Ondine dovrebbe essere una ninfa del mare con una collana di conchiglie, no?

— No — disse Lane. — Mi aspettavo una signora austera, severa, che avrebbe gettato il mio messaggio nel cestino.

— Un messaggio? Allora dovete essere il signor Lane.

— Esatto. E posso dire che voi non somigliate per niente alla donna fredda e analitica autrice della monografia che ho letto.

— Be’, grazie — rispose lei con gli occhi che brillavano. — Accomodatevi, signor Lane.

Lane chiuse la porta e avvicinò una sedia alla scrivania. Mente lui si sedeva, Ondine gli porse una foto tridimensionale.

— Sei dei miei nipotini — disse con orgoglio. — Me l’ha mandata mio figlio stamattina.

Lane guardò i bambini, nessuno dei quali aveva l’aria angelica della nonna, e fece i complimenti del caso.

— Posso offrirvi una tazza di tè? — chiese Ondine.

— Tè? Non ne bevo da almeno vent’anni… Be’, sì grazie, con piacere.

Non aveva ancora finito di parlare che Ondine era trotterellata alla parete di fondo, aveva fatto scorrere un pannello, preso una teiera di metallo e versato il contenuto in una tazza di porcellana.

— Zucchero? — chiese, mentre lui ne assaggiava un sorso.

— A dir la verità non ricordo.

— Vi consiglierei di no. Fa male ai denti.

— Vi credo sulla parola — rispose Lane bevendo un altro sorso. — È molto buono.

— È ancora meglio col limone. Ne volete?

— No, grazie… Ma non restate in piedi. Sedetevi.

— Sono spiacente — disse Ondine con un sorriso che smentiva l’affermazione. — Qualche volta sono fin troppo premurosa, e tratto anche gli adulti come bambini. So che non dovrei, ma adoro rendermi utile.

— Il che mi porta al motivo della mia visita — disse Lane. — Ho bisogno di aiuto, anche se non in senso materiale.

— Ne sono felice, signor Lane — disse Ondine. — È talmente raro che qualcuno salvo ogni tanto uno studente, salga qui da me. Non voglio essere indiscreta, ma come mai avete pensato a me?

— A quanto ho potuto accertare, voi siete la massima autorità vivente in materia di civiltà antiche non umane in prossimità della nube di polvere cosmica, e a me interessa moltissimo quella zona.

— Ma cosa dite! — esclamò lei arrossendo. — Ho fatto qualche modesta ricerca su alcune civiltà planetarie di quella zona, ma non sono certo la massima autorità in materia, nemmeno, nell’ambito di questa università. Sono solo una vecchia cha ha deciso di non vegetare nell’attesa che figli e nipoti si ricordino ogni tanto di lei.

— Siete troppo modesta.

— E voi troppo gentile — ribatté Ondine sorridendo. — A proposito, l’avete vista?

— Cosa?

— Ma la Bestia dei Sogni, naturalmente! L’avete già vista o avete intenzione di andarla a cercare? È per questo che siete venuto qui, no? — Gli sorrise con dolcezza e gli versò un’altra tazza di tè.

— L’ho vista — disse Lane, ormai convinto che Ondine Gillian non era la nonnetta svampita che sembrava.

— L’avevo immaginato.

— Vorrei sapere tutto quello che potete dirmi in proposito. Fatti, favole, miti, leggende, tradizioni, qualunque cosa. Penserò io a giudicare.

— Perché vi interessa tanto, signor Lane?

— Sono un cacciatore.

— E vorreste uccidere la Bestia dei Sogni?

— Non so. Ora come ora vorrei saperne di più sul suo conto.

— Vi finanzia qualche museo?

— No. Sono indipendente, e poi nessun museo saprebbe cosa farsene, a meno che ci sia qualcuno capace di imbalsamare una palla di energia.

— Dove l’avete visto? — chiese Ondine.

— La prima volta è stato vicino a Pinnipes. Ai margini di un buco nero dirottò e lo persi di vista.

— La prima volta? — L’anziana signora corrugò la fronte, ma subito sfoderò il suo amabile sorriso che, come sospettava Lane, le serviva di copertura perché non voleva far capire quanto fosse intellettualmente formidabile. — L’avete vista ancora?

— Sì. L’ho vista altre due volte.

— Molto interessante… Be’, da dove devo incominciare? Dal principio, immagino. La Bestia dei Sogni è comparsa, in una forma o nell’altra, in nove diverse civiltà della zona. In tutti i casi si tratta di civiltà che avevano sviluppato la loro tecnica fino a disporre di navi interstellari, dal che deduco che non si sia mai avvicinata a un sistema planetario. Volete un biscotto col tè?

— No, grazie.

— State comodo? Volete un cuscino?

— No, no, grazie sto comodissimo. Continuate, per favore.

— Certo — rispose Ondine col suo solito sorriso. — La prima menzione viene dai Lemm, una razza anfibia che viaggiava nello spazio quando l’uomo si arrampicava ancora sugli alberi e mangiava radici, anche se a mio parere l’Australopithecus africanus non sapeva arrampicarsi sugli alberi più di quanto ne sia capace io. Non aveva i piedi adatti, ecco tutto. Le supposizioni sulle sue abilità di arrampicatore sono solo delle gran sciocchezze, non vi pare?

— Non sono esperto in materia — rispose Lane. — Ma perché terminate sempre di parlare con una domanda?

— Scusatemi, è un mio piccolo tic nervoso, dovuto, credo, al tentativo di costringere la gente a star attenta quando parlo. Non avete idea di quanto possa essere efficace quando faccio lezione a una classe di studenti annoiati.

— Tornando ai Lemm… — cercò di ricordarle Lane.

— Ah, sì, i Lemm. Essendo anfibi, come dicevo, a loro interessavano solo i mondi formati in massima parte di acqua, e così capitarono un giorno su Pinnipes II che apparentemente faceva al caso loro. Invece, non so perché, non lo trovarono adatto e ripartirono. Durante il viaggio di ritorno incontrarono un organismo vivente interstellare. Poiché finora non abbiamo ancora scoperta un’altra creatura in grado di vivere nel vuoto, e poiché tutte le leggende e gli avvistamenti, compreso il vostro, sono avvenuti a non molta distanza da Pinnipes, credo che quella creatura fosse la Bestia dei Sogni.

— Hanno lasciato qualche descrizione?

— Purtroppo no, signor Lane. Dovete ricordare che a loro non interessava altro che tutto ciò che poteva aver a che fare con l’acqua. Mi è capitato di leggere un rapporto di un loro diario di viaggio, e ne ho tratto le debite conseguenze.

— Quando è successo?

— Vi riferite ai miei studi o a quell’avvistamento?

— All’avvistamento.

— Un milione di anni fa, forse anche più.

— Troppo lontano.

— Perché? — volle sapere Ondine.

— Perché m’interesserebbe sapere quanto impiega a fare il giro completo del suo… diciamo così, pascolo — rispose Lane. — Questo mi indicherebbe dove lo potrei trovare in un determinato momento. Ma un milione d’anni fa è troppo lontano nel tempo. Dev’essere andato e tornato un’infinità di volte da allora. Ma continuate, per favore.

— La seconda menzione attendibile ci viene dagli abitanti di Dorne, un pianeta del sistema di Belore.

— Ma non abbiamo sterminato i Dorne nel corso di una guerra circa duemila anni fa?

— Più o meno, ma qualcuno certamente sopravvisse e ne esistono ancora oggi, sebbene non credo che ne rimangano più di un centinaio.

— E cosa avevano da raccontare sulla Bestia dei Sogni?

— Molte cose — rispose Ondine. — Al punto che pare che ci abbiano costruito sopra la loro civiltà.

— Com’è possibile? — chiese Lane perplesso.

— A quanto pare i Dorne e le Bestie dei Sogni erano nemici mortali… almeno a quanto sostenevano i Dorne.

— Le Bestie? Volete dire che ce n’era più d’una?

— Certamente. Pare che ne esistesse un’intera razza. La storia dei Dorne è confusa, il che è plausibile dopo tanto tempo, ma pare che ci fosse un tempo in cui andavano a caccia di quelle bestie. Forse si trattava di un rito a cui dovevano sottostare i giovani prima di essere dichiarati adulti. A quanto mi è dato sapere i Dorne erano convinti di avere ucciso tutte le bestie, e quando per la prima volta mi sono imbattuta in accenni alla Bestia dei Sogni presso altre civiltà ho pensato che si trattasse di leggende basate sui miti dei Dorne. Ma ci sono stati in seguito troppi avvistamenti da parte di uomini, e la nostra razza non ha mai avuto a che fare che io sappia, con la civiltà Dorne, ragion per cui mi sono convinta che almeno una di quelle bestie è sopravvissuta.

— Di quali armi si servivano? — chiese Lane.

— Chi, i Dorne? Non ne ho la minima idea; non era una cosa che mi interessasse. Comunque, o durante o subito dopo la strage sopravvenne un drastico cambiamento nella civiltà Dorne. Divennero una razza di adoratori della morte. Non della vita dopo la morte, come gli antichi Egizi, ma della morte come fine a se stessa. Credo che sia l’unica civiltà da noi conosciuta che abbia elevato la morte a divinità.

— Bestia dei Sogni è il nome più comune — osservò Lane. — Che origine ha?

— Non lo so di preciso, ma esiste un’antica leggenda secondo la quale una nave terrestre la incontrò alcuni secoli fa, e la bestia trasmise all’equipaggio sogni orribili e incubi tali per cui tutti diventarono pazzi o morirono. Naturalmente si tratta solo di una leggenda alla quale non do il minimo credito — si interruppe per riprender fiato, ma subito dopo riprese: — Dopo secoli in cui la leggenda si è diffusa ed è stata tramandata, la bestia è stata battezzata anche con altri nomi di cui però ignoro l’origine. Non dimenticate, signor Lane, che me ne sono interessata solo marginalmente, e ne so qualcosa solo in rapporto alle civiltà planetarie che sono il mio vero campo di studio.

— Potete aggiungere un altro nome alla lista — disse Lane. — Spazzastelle.

— Spazzastelle — ripeté lei. — Interessante, e anche adatto, no? Mi piace. L’avete inventato voi?

— No. Io non gli dò nessun nome. È stato coniato da un vecchio che poi fu ucciso proprio da quella bestia. Non so neanche come si chiamasse, poveretto. Si faceva chiamare solo Marinaio.

— Mi dispiace. Eravate presente anche voi quando accadde?

— Sì.

— E come mai non ci lasciaste la pelle anche voi, se è lecito saperlo?

— Era molto vecchio e malandato.

— E come morì?

— Pare che quella creatura sia dotata di un sistema difensivo di cui non ho mai visto niente di simile — spiegò Lane, e descrisse fin nei minimi particolari tutto quello che era successo, compresa la morte del Marinaio e il suo secondo incontro con la bestia, omettendo solo le proprie reazioni ad essa.

— Affascinante! — commentò Ondine. — E naturalmente questo dà una spiegazione logica alla leggenda degli spaziali impazziti. Però — aggiunse, — non spiega il culto dei Dorne.

— Già.

— Quali particolari potete fornirmi a proposito della Bestia dei Sogni?

— Ha un diametro di circa sette chilometri, una forma quasi sferica, è priva apparentemente di organi motori, emana una luminosità rosso-arancione, emette una notevole quantità di infrarossi e raggiunge la velocità della luce.

— E, naturalmente, è in linea con quanto dice la Bibbia.

— Scusate, ma non vi seguo.

— Il male si ritorce su chi lo fa — disse Ondine. — Non riesco a immaginare un esempio più calzante dell’antico detto “dente per dente”.

— Può darsi — ammise Lane.

Ondine diede un’occhiata al suo antiquato orologio da polso. — Santo cielo! — esclamò. — Non mi ero accorta che fosse così tardi. Devo scappare, signor Lane. Oggi è il compleanno di una mia nipotina, e non le ho ancora comprato un regalo.

— Quanti nipoti avete? — chiese Lane.

— Undici — rispose lei con orgoglio.

— Comprar regali a tutti dev’essere faticoso.

— A cosa serve una nonna? — ribatté lei ridendo. — E poi, se non fosse per me, i loro compleanni e le vacanze passarebbero del tutto inosservati. — Arricciò il naso all’idea, poi scrisse qualcosa su un foglio di carta che porse a Lane.

— Naturalmente vi farebbe piacere parlare con un Dorne — disse. — Non se la fanno molto con gli uomini, ma questo può servirvi da presentazione per uno che mi ha molto aiutato nelle mie ricerche. Si chiama Vostuvian.

— Grazie — rispose Lane. Guardò il foglio ma non riuscì a decifrare una sola parola.

Ondine stava lavando tazze e teiera mentre lui si avviava alla porta. — Signor Lane! — lo richiamò.

— Sì?

— La nube di polvere deve aver un volume di trilioni e trilioni di chilometri cubi, non è vero?

— Certo.

— Le probabilità che due oggetti, sia pur anche due stelle, possano incontrarsi nel suo interno sono letteralmene astronomiche, no?

— Sì.

— Allora se fossi in voi — concluse lei spolverando la scrivania, — mi chiederei come mai ho già incontrato tre volte la Bestia dei Sogni.

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