18

La Deathmaker doveva fare ancora una sosta.

Lane atterrò a meno di un chilometro dal villaggio dei Dorne. Era inutile far le cose di nascosto: quando la polizia avrebbe scoperto le sue tracce in quel luogo, lui sarebbe già stato lontano.

Lasciò che il Mufti gli restasse appollaiato sulla spalla mentre percorreva il breve tratto fino alla fila di catapecchie. Faceva freddo, il sole era tramontato e lui accelerò il passo.

Quand’ebbe raggiunto il villaggio scoprì che non si ricordava più qual era la casa di Vostuvian, così si mise al centro del gruppo di casupole e chiamò il Dorne per nome.

Un momento dopo arrivò Vostuvian, impassibile come sempre.

— Sapevo che saresti tornato — bisbigliò.

— Vuoi ancora venire con me? — gli chiese Lane.

— Sì.

— Allora va a prendere tutto il cibo concentrato che puoi farti dare, oppure rubalo, o preparati a mangiare quello che mangio io per tutto il viaggio.

— Noi non abbiamo cibi concentrati — disse Vostuvian.

— Va bene. Allora prendi il necessario per un paio di settimane, finché il tuo organismo non si sarà abituato alla mia dieta. Ti occorre altro? — Non resistette alla tentazione di precisare: — Stracci puliti, per esempio?

— Quel che indosso mi basta.

— Come ti pare. Ti concedo due ore per procurarti i viveri e fare gli addii.

— Posso chiederti cosa ti ha fatto cambiare idea? — chiese il Dorne. — Sapevo che saresti tornato, te l’avevo detto, ma non ti aspettavo tanto presto.

— Non ho avuto altra scelta — gli spiegò Lane. — Quasi certamente hanno emesso un mandato di cattura nei miei confronti, e se anche non l’hanno ancora fatto lo faranno presto. Ho denaro e carburante sufficienti a far funzionare la Deathmaker per tutto il tempo che ci resta da vivere, e voglio che tu venga con me per evitare che scoprano che sono venuto qua un paio di volte, e perché.

— Perché la polizia ti dà la caccia?

— Sono convinti che da cacciatore di animali sia diventato un cacciatore di uomini.

— È vero?

— Fa differenza, dal momento che ti porto con me?

Vostuvian chiuse gli occhi e rimase rigido e immobile senza respirare per un momento. Poi riaprì gli occhi e disse: — No, Lane, non fa nessuna differenza. M’importa solo la caccia che stiamo per intraprendere.

— Bene. Devi portare degli utensili nel caso che la tua arma faccia cilecca?

— Cilecca? — ripeté il Dorne.

— Che non funzioni.

— Funzionerà, Lane. Finché funzionerà la tua nave, funzionerà anche l’arma a entropia, non aver timori.

— Bene, ti prendo in parola. Adesso vai e torna al più presto.

Il Dorne sparì nel buio verso quella che Lane suppose fosse la cucina comune. In attesa che Vostuvian tornasse, si appoggiò al muro di una capanna scrutando il cielo. Chissà dov’era in quel momento la creatura, chissà se stava volando nello spazio o se pascolava nella nube di polvere, o se invece stava aspettando che lui arrivasse. Era passato moltissimo tempo dall’ultima volta che l’aveva vista, ma provava ancora le sensazioni di odio, di paura e anche altre, più oscure emozioni, come se fossero passati solo pochi minuti. Sapeva che avrebbe provato ancora l’apprensione, che gli si sarebbe rovesciata addosso a ondate, ma questa volta sarebbe stato diverso. Questa volta lui era pronto, pronto e armato e ansioso di iniziare la caccia.

Il Mufti interruppe il corso dei suoi pensieri mettendosi a parlottare e saltando a terra. Un attimo dopo tornava ad arrampicarsi sulla spalla tenendo in bocca un grosso scarabeo dorato. Giocherellò un po’ con l’insetto, e quando quello morì, lo lanciò in aria per riprenderlo poi al volo e ingoiarlo.

Lane osservò a lungo quella strana bestiola a cui si era affezionato. Se il Mufti aveva qualche virtù non l’aveva ancora scoperta, e tuttavia lui era stranamente attaccato a quella creatura che si comportava come un demente. Nei lunghi mesi nello spazio gli era di conforto il chiacchiericcio del Mufti, e traeva un singolare piacere dalla convinzione che aveva deciso di restare con lui di sua spontanea volontà. Centinaia di volte, su un’infinità di mondi, avrebbe potuto svignarsela se l’avesse voluto, ma non l’aveva mai fatto. Stava per carezzarlo, quando il Mufti emise uno strillo da quell’idiota che lui sospettava che fosse, e saltò a terra per catturare e divorare un altro insetto.

Per quasi un’ora, uomo e Mufti rimasero ad aspettare nel buio. Poi Vostuvian tornò con una sacca puzzolente in spalla, e si avviarono alla nave.

Pochi minuti dopo, Belore era un globo che andava rimpicciolendo sullo schermo, e Lane, dopo tanti anni e tante false partenze, iniziò l’ultima caccia della sua carriera.

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