10

— E come penseresti di entrare, visto che di notte è chiuso? — lo incalzò Carstairs ironicamente.

Per tutta risposta, Phil sollevò le sopracciglia con aria di sfida e spinse la porta del ristorante. Li precedette altezzosamente, mentre Llewellyn esaminava la serratura.

La lunga sala era molto buia. C’era un odore pesante di sudore, di liquore e di cibi vecchi; a Phil sembrava perfino di poter individuare quello del coniglio bruciacchiato di Juno. Otie annusò con aria famelica, tirando il guinzaglio. Phil si diresse con sicurezza fra il bancone e i separé. Si sentiva particolarmente contento di sé, perché Mitzie, durante il tragitto, aveva trovato l’occasione di chiedergli l’indirizzo.

— Va bene, va bene — sentì Carstairs sussurrare a Llewellyn — la serratura era stata forzata. Vuol dire che qualcuno ci ha preceduto. Terremo gli occhi aperti.

Phil aprì la porta delle scale ed esitò. Non era completamente buio.

Sentì un sibilo lieve alle sue spalle e vide un cono luminescente allargarsi. Un paio di secondi dopo i gradini cominciarono a brillare di luce lattiginosa.

Buck ridacchiò nell’orecchio di Phil. — Nebbia luminosa — spiegò con freddezza professionale. — Vai avanti. Io spruzzo.

Phil cominciò a salire, preceduto di due o tre gradini dalla luce lattiginosa che si materializzava a nuvolette. La nebbia si posò su Otie, che si mise a brillare come un fantasma. Un po’ ne rimase attaccata anche al fondo dei pantaloni e alle scarpe di Phil.

— Saremo un bersaglio visibile se dovessimo scappare e nasconderci — osservò Phil, mentre raggiungeva il corridoio che aveva percorso insieme con Juno e iniziava la salita della rampa di scale sconosciuta.

— Invece no — disse Buck ridacchiando — perché spruzzo un neutralizzatore appena siamo passati. — Diresse verso i piedi di Phil una bomboletta nerastra: si oscurarono, insieme a una parte dei gradini. Voltandosi, Phil si accorse che il bagliore lungo le scale svaniva bruscamente. Non poteva vedere né Mitzie né Carstairs né Llewellyn.

— Come fate a maneggiare due bombolette e insieme a tenere Otie? — chiese Phil.

— Diavolo, potrei anche sparare con un fucile e far funzionare una distilleria, oltre a questo — lo assicurò Buck.

Poi si accorse di un vago chiarore sopra di lui, al di là della nebbia luminosa. Anche Buck se ne rese conto e neutralizzò immediatamente la loro nebbia, compresa quella attaccata a Phil e a Otie. Phil salì cautamente gli ultimi dieci gradini, mentre il chiarore si faceva sempre più intenso, e si trovò in un corridoio curvo, immerso nell’ombra. Accorciò ancora i passi, poi si fermò.

Un paio di metri più avanti giacevano tre corpi gonfi e pelosi, ciascuno con mezza dozzina di cosi neri, lunghi e sottili come dardi, infilati nel corpo.

Riconobbe almeno due dei gatti morti. Malgrado il grottesco gonfiore, si trattava di un siamese e di un gatto a pelo corto degli Akeley.

— Attenzione! — sussurrò Carstairs, ma nello stesso istante Otie sfuggì a Buck e si gettò in avanti, per annusare il gatto più vicino, tirandosi dietro il guinzaglio. Mentre accostava il naso, la coda di uno dei dardi cominciò a ruotare con un lieve fruscio, come di piume. Otie si irrigidì, teso, senza curarsi dei richiami ansiosi del suo padrone. Il fruscio divenne sempre più intenso. Improvvisamente Otie cercò di afferrare il dardo, che però nello stesso istante si staccò dal corpo del gatto. I denti di Otie si chiusero nel vuoto. Il dardo restò sospeso in aria, a un metro dal pavimento, come una grossa vespa nera. — Che nessuno si avvicini — ordinò Carstairs raucamente. Buck cercò di raggiungere il guinzaglio, ma questo si allontanò bruscamente quando Otie, che osservava il dardo con spasmodica tensione, cambiò di scatto posizione.

Il fruscio si trasformò in un ronzio sinistro. Si udirono due zing in rapida successione, e il dardo tremolò come la fiamma di una candela colpita dal vento. Voltandosi, Phil si accorse che Carstairs stava sparando con una specie di pistola ad aria. Il dardo cominciò a muoversi su e giù, come se danzasse. Otie saltò, azzannando, come un cane a caccia di un’ape, ma il dardo si scansò.

— Torna indietro, Otie — disse Buck disperatamente. Il cane, in piedi sulle zampe posteriori, cercò di colpire il dardo con quelle anteriori. Ci furono altri futili zing della pistola di Carstairs. Il dardo tornò indietro e si fermò sopra il muso di Otie. Quando il cane aprì la bocca per azzannarlo, gli si infilò in gola.

Otie, con gli occhi e le mascelle spalancate, agitò le zampe nell’aria. Poi si rimise a quattro zampe e si lanciò a tutta velocità lungo il corridoio. Andò a sbattere contro una parete, si rialzò a fatica, ritornò tremando da Buck, finché cadde a terra e rimase immobile. A Phil sembrò che la povera creatura tirasse un respiro profondo; poi improvvisamente si sentì venire il voltastomaco, perché il coyote aveva cominciato a gonfiarsi.

— Non toccatelo! — gridò Carstairs, ma Buck si teneva ben lontano. Carstairs si avvicinò a Buck e si chinò con prudenza per osservare l’animale, mentre la frangetta gli cadeva in avanti. — Avevo sempre avuto voglia di vedere una di queste cose in azione — disse sottovoce.

— Sono chiamati missili individuali, vero? — chiese Llewellyn avvicinandosi affascinato. — Antiuomo, cioè.

Carstairs annuì. — Sono stati usati nell’ultima guerra fredda, ma se ne è saputo pochissimo. Servivano per assassinare. L’FBL e i Russi potrebbero raccontarne delle belle. Si dice che siano spinti da una piccola turbina a ioni radioattivi. Mi piacerebbe avere un rivelatore, per controllare. Naturalmente sono attirati dal calore del corpo, e poi vi iniettano un veleno.

Buck mormorò: — Otie. — Gli occhi gonfi del coyote si voltarono ancora dalla sua parte, poi divennero vitrei. Buck si rialzò sbuffando. — Era sempre stato un cane stupido — disse duramente. Mitzie, che si era affiancata a Llewellyn, fissò freddamente l’animale morto.

Phil continuò lungo il corridoio, mentre nel suo stomaco le droghe combattevano contro la nausea, tanto che il corridoio semibuio gli sembrava insieme vivido e irreale.

— Dove stai andando? — gli chiese Carstairs.

Phil alzò le spalle. — A cercare quello per cui sono venuto — rispose confusamente.

— Stai lontano dai gatti, allora — gli suggerì piano Carstairs, ma Phil stava già camminando rasente al muro.

— Come facciamo a sapere che quei missili non ci attaccheranno come hanno fatto con Otie? — Era la voce di Buck, preoccupata.

— Gli altri sono passati, no? — rispose Carstairs, irritato.

— Quali altri? — chiese Buck.

— Quelli che hanno forzato la serratura della porta e che hanno mandato avanti i gatti per attirare i missili — gli spiegò Carstairs impaziente. — A proposito, se qualche missile comincia a ruotare la coda, potete cercare di fermarlo buttandogli sopra la giacca.

Dopo i gatti morti, Phil si imbatté in una rete argentea con parecchi squarci irregolari, tre dei quali formavano un specie di porta. La rete sembrava abbastanza fitta e abbastanza forte da trattenere le vespe. Passò attraverso lo squarcio. Le estremità del filo argenteo erano fuse e arrotondate, come per un calore intenso.

Appena oltre la rete, vi era il corpo di un uomo nell’uniforme grigia della Divertimenti SpA. Stringeva ancora la pistola. Era intatto, solo che la parte superiore della testa era rotolata a mezzo metro di distanza. Era stata tagliata di netto appena sopra il naso da qualcosa di caldo. Phil si ricordò di come il raggio blu aveva tranciato facilmente la trave di metallo. Si allontanò in fretta, ma aveva appena superato un arco che fece un balzo all’indietro vedendo un grosso serpente grigio arrotolato. Poi si accorse che il serpente era un robot portiere simile al Vecchio Bracciodigomma, e alzando lo sguardo vide che era stato tagliato proprio vicino al muro.

Mitzie e gli altri superarono la rete. Carstairs si chinò ansiosamente vicino al morto per esaminare la pistola che stringeva, ma un momento dopo si rialzò scrollando le spalle.

— Non è un ortho, vero? — chiese Buck. — Visto che usano questi missili, c’era da aspettarsi che fossero all’avanguardia anche in altre cose.

— È solo una normale pistola a gas — disse Carstairs. — Ma di sicuro a questo qui non hanno tagliato la testa con una sega circolare incandescente. Gli altri devono avere gli ortho. — Si voltò verso Phil e lo prese per i risvolti della giacca. — Senti, pagliaccio — disse calmo — chi sono questi altri? Tu lo sapevi che qualcuno voleva entrare qui questa notte. Eri sicuro che la porta sarebbe stata aperta.

— Siamo un po’ come sciacalli, no? — osservò Phil trasognato.

Carstairs gli torse i risvolti della giacca. — Chi sono!

Phil non disse niente, ma si voltò di scatto udendo la voce metallica di Moe Brimstine. — Che cosa vuoi, bello?

Llewellyn aveva dato uno strattone al moncone di braccio che sporgeva dalla parete.

— Lascia stare — ordinò Carstairs, abbandonando Phil.

— Prenditela calma, Carstie, vecchio mio — disse Llewellyn facendo lampeggiare i denti in un sorriso. — C’è una cosa piuttosto strana. Vedete quel buco nel muro, fatto dal raggio che ha tagliato il braccio robot? Bene, adesso guardate dalla parte opposta, in linea retta.

Seguendo come gli altri l’indicazione di Llewellyn Phil vide un profondo buco nel pavimento, un paio di metri circa alle loro spalle.

— Non capisco — disse Buck. — Vuoi dire che qualcuno ha sparato quel raggio dal piano di sotto?

— Non credo proprio — replicò Llewellyn. — Evidentemente si tratta di un fucile che spara contemporaneamente in direzioni opposte. Penso che se ci fossimo guardati alle spalle, in cima alle scale avremmo visto dei tagli esattamente opposti a quelli della rete.

Guardò Carstairs socchiudendo gli occhi. — Comincio a pensare che questi ortho siano delle armi piuttosto strane, Carstie. — Poi rivolse lo sguardo verso Phil. — Avete detto che sono blu e sfrigolano, signor Gish. Sparano anche all’indietro?

— Ehi, guardate qui questo microfono — li interruppe Buck, che era andato a curiosare lungo il muro alle spalle della guardia. — C’è un bottone, con uno strano aggeggio attaccato che l’ha schiacciato due volte mentre lo guardavo.

— Non toccarlo — disse Carstairs. — Probabilmente è un bottone che il nostro Testamozza doveva schiacciare ogni tanto per far sapere che era di guardia. Chiunque ci ha preceduti, sapeva il fatto suo. Te lo chiedo ancora una volta, pagliaccio: chi sono?

— Già, sputa fuori — disse Buck affiancandosi a Carstairs. — È colpa tua se il mio Otie è stato ucciso.

— Sì, parla — incalzò Llewellyn, lasciando andare il moncone di braccio, che si ritirò contro la parete finché non sembrò una cicatrice raggrinzita, nello stesso istante, come se le ferite interne cominciassero a farsi sentire, una versione metallica della voce di Moe Brimstine gracchiò: — Così va bene, bello. Vai via e non tornare più.

In quel momento, mentre l’inquietante ammonimento aveva immobilizzato tutti, Phil si incamminò con la tranquilla superiorità prodotta dalla droga, passando oltre Llewellyn e l’arco.

— Signori — disse — penso che vogliate visitare la stanza del tesoro.

La stanza non aveva un soffitto molto alto, ma era tanto grande che la sola parete chiaramente visibile era quella alle loro spalle. Non era molto illuminata, ma dava lo stesso l’impressione di esserlo per via degli oggetti lucidi, ordinatamente allineati, su cui si rifletteva la luce. A sinistra c’erano file e file di robot venditori, luccicanti, dalla forma di grosse tartarughe, con una cupoletta in cima: gli stessi efficienti venditori metallici che dalla mattina alla sera vagavano per le strade, individuando i clienti per mezzo di radar ipersonici e di analizzatori visuali. Soltanto che ora le loro affascinanti vetrinette erano chiuse, le loro braccia per raccogliere il denaro e offrire la merce accuratamente ripiegate, le instancabili ruote sotto il loro guscio di metallo immobili, le loro voci soavi, ricche di misurato sex appeal robotico (voci maschili per le donne, femminili per gli uomini, allegre e sagge per i bambini), erano egualmente silenziose.

A destra, allineati con la stessa precisione, c’erano le schiere dei robot manichini, abbigliati nelle fogge più varie: dai vestiti da sera con collo di zibellino ai gioielli da bagno. I loro capelli brillavano in centinaia di sfumature, la loro carnagione di plastica emanava una vellutata seduzione, avevano le pose di principesse, ma, come i robot venditori, erano immobili. Non camminavano con passo armonioso, non facevano gesti eleganti, individualizzati, e neppure sorrisi misteriosi e altezzosi; le loro labbra non si aprivano per descrivere qualità e prezzi degli abiti che indossavano. Fissavano tutte davanti a sé come mummie egiziane non ancora avvolte nelle bende, e in effetti una di esse, coronata e vestita di una guaina aderente, sembrava la copia esatta di Nefertiti.

Parve a Phil che quelle file di venditori e indossatrici robot fossero in realtà allineate per una parata militare, che avesse in quel momento di fronte agli occhi l’armata (l’armata del denaro e della moda) della Divertimenti SpA.

Llewellyn fu il primo a rompere il silenzio. Si buttò sul primo robot ed eseguì alcune rapide operazioni. Si udì un clic e fra le sue mani apparve una manciata di biglietti e di monete, mentre il bianco degli occhi brillava gioiosamente sul suo viso nero.

— Hanno ancora l’incasso della giornata! — chiamò sottovoce.

Buck guardò dall’armata del denaro a quella della moda con famelica indecisione. Quando Carstairs grugnì sprezzante, si affrettò a raggiungere Llewellyn, messosi metodicamente al lavoro sulla prima fila di robot.

Malgrado il suo apparente autocontrollo, era evidente che anche a Carstairs prudevano le mani. Guardò Phil incerto. Poi comandò seccamente: — Sveglia, Mitzie! — Lei gli si rivolse obbediente, con un viso stranamente apatico. — Mitz, voglio che tu faccia la guardia al pagliaccio. Se cerca di tagliare la corda o di schiacciare qualche bottone, usa il coltello. — Lei annuì.

— Ehi! — chiamò Buck con un sussurro eccitato. — Qui c’è un gruppo di robot giocatori!

Carstairs non si mosse subito, anche se per l’impazienza di mettersi all’opera continuava a far schioccare senza rumore le dita. Studiò rabbiosamente Mitzie. — Mi sono spiegato, Mitzie? Non voglio passi falsi. Ne hai già fatto uno oggi. Non che pensi che tu abbia un debole per quel pagliaccio, ma hai fatto un po’ la scema con lui. Adesso basta, chiaro?

Questa volta il suo cenno di assenso, benché muto come il primo, sembrò soddisfarlo, e Carstairs si affrettò a raggiungere Llewellyn e Buck.

Nello stesso momento, Phil si voltò e si infilò in una porta ad arco a fianco di quella per cui erano entrati. Non aveva fatto dieci passi lungo il corridoio curvo che Mitzie l’aveva raggiunto e si era messa di fronte a lui.

— Torna indietro — sussurrò. La sua mano teneva il coltello puntato contro il petto di Phil, senza tremare, neppure di quel tanto da far balenare sulla lama le luci pallide che si riflettevano dal soffitto.

Phil le sorrise. — Mitzie — disse gentilmente — i tuoi amici hanno trovato quello che cercavano, ma io no. Perciò lasciami passare.

Lei negò sprezzantemente, e gli appoggiò la punta del coltello alla camicia.

Phil non indietreggiò. — Devi lasciarmi passare — ripeté con dolcezza — perché non sei più tanto sicura che la crudeltà e l’astuzia, e se necessario anche l’uccidere a sangue freddo, siano i modi migliori per affrontare la vita. Non sei più sicura che l’approvazione della banda sia la sola cosa che conta. Ed è un’approvazione piuttosto forzata, Mitzie, e per ottenerla devi mostrarti obbediente, e fare giochi di equilibrismo, come quel povero cane sciocco, e il loro cameratismo non è affatto così romantico, fino alla morte, tutti per uno e uno per tutti, come vorresti far credere. Ma ora non ho tempo di dirti altro, perché devo andare.

— Torna indietro — ringhiò lei. Tuttavia Phil, benché il coltello gli sfiorasse la carne, sapeva che non era più un comando, ma una preghiera.

— Ora vado avanti, Mitzie — mormorò, e s’incamminò dritto, contro il coltello. Per qualche decina di centimetri la punta della lama arretrò esattamente alla sua stessa velocità, poi scivolò improvvisamente di lato, e mentre passava a fianco della ragazza, Phil udì l’inizio soffocato di un singhiozzo.

Nessuno dei due disse nulla. Lui si voltò una volta e vide il profilo di Mitzie che si stagliava contro la luce proveniente dalla sala, le sue spalle curve e la mano che ancora teneva il coltello. Le facce hanno spesso un’aria insospettatamente debole viste di profilo, ma Phil non ne aveva mai visto una che paresse anche così tragicamente perduta.

Quell’immagine lo seguì mentre il corridoio diventava più scuro, poi di nuovo più chiaro e girava improvvisamente in un angolo acuto per emergere in una lunga sala, riccamente ammobiliata. Aveva già fatto un passo prima di accorgersi che nella stanza si trovavano tre persone e che una di esse era Moe Brimstine. Non stavano guardando dalla sua parte, e avrebbe potuto facilmente nascondersi, ma si mosse con troppa fretta e urtò una sottile colonna sulla quale era posato un piccolo acquario, con dei polipini viola, verdi e rosa. La colonnina oscillò pericolosamente. Mentre cercava di afferrarla inciampò e cadde nella stanza, trascinandosela dietro e spargendo dappertutto acqua e piccoli polipi multicolori.

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