8

Le prime onde sonore al di sotto della soglia di udibilità partirono dalla sua coscia, attraversarono facilmente la carne finta dei bersagli contro cui erano dirette, colpendo il centro medlinese che stava sotto. Circondato dal cono del suo schermo protettivo, Harris si sentì ugualmente rivoltare lo stomaco, per le vibrazioni dovute al contraccolpo delle onde sonore che si riversavano dalla pallina inserita nella sua coscia. Crampi di nausea lo scuotevano tutto, dodici volte al secondo.

Ma lui se la passava benone, in confronto agli altri presenti nella stanza.

Coburn, la faccia contratta per la rabbia e lo spasimo, cercava di afferrare la sua arma, senza riuscirci. I nervi si rifiutavano di obbedire ai messaggi del cervello furente. Il braccio ricadde, inerte. E infine il suo corpo crollò pesantemente a terra.

Beth aveva ceduto ancora più in fretta, cadendo non appena le prime onde l’avevano raggiunta.

Anche gli altri due Medlinesi erano svenuti.

Harris premeva forte il fianco con la mano, e le onde subsoniche continuavano a partire. Con sua grande sorpresa, il maggiore vide che i due giganti erano ancora in piedi e non avevano perso completamente conoscenza, anche se sembravano intontiti. Giravano su se stessi, annaspando, lottando contro l’arma invisibile.

Sarà perché sono tanto grandi pensò. Ci vuole di più per tramortirli. Teniamo duro ancora un poco.

Wrynn non riusciva più a stare eretto, ormai barcollava qua e là, come un enorme animale ferito. Sua moglie barcollò sotto l’impatto delle onde silenziose e scivolò sul pavimento. Un attimo dopo l’uomo la seguì, atterrando con un tonfo sordo accanto a lei.

L’ufficio era silenzioso, ora. Piccole pozze scure macchiavano il tappeto dove i Medlinesi, cadendo, avevano rovesciato il bicchiere. Sei forme giacevano inerti sul pavimento.

Harris si premette di nuovo il torace, segnalando «via libera» ai colleghi che aspettavano nella strada, un isolato più in là.

Trovò l’interruttore che serviva ad aprire la porta e lo abbassò. Il meccanismo invisibile fece sparire lo schermo scorrevole, e lui sbirciò fuori. Altri cinque Medlinesi giacevano a terra, privi di sensi. Un sesto arrivava di corsa all’estremità del lungo corridoio. «Che è successo?» gridò. «Che avete? State male?»

Harris lo fissò e premette di nuovo la mano sul fianco. Il medlinese oltrepassò il limite dei dodici metri, poi indietreggiò, ma senza rendersi conto di quello che stava accadendogli. Fece ancora alcuni passi, barcollando, poi cadde, andando a raggiungere i compagni sul fitto tappeto di velluto. Harris staccò la mano.

Dieci pensò.

Dieci Medlinesi. Anzi, dodici, se all’autopsia i due giganti fossero risultati dei travestiti. Bel colpo. La decima parte delle forze medlinesi dislocate sul pianeta Terra eliminate in una sola volta.

Estrasse l’annientatore.

Lo guardò, sul palmo della mano, piccolo e mortale. Il grilletto non era che una strisciolina di metallo. Bastava togliere la sicura, tirarlo, puntare a casaccio in ogni direzione e guardare le vittime morire col cervello bruciato e le sinapsi ridotte in gelatina.

Ma la sua mano tremava.

Non sparò.

Si morse forte il labbro, digrignò i denti, alzò l’arma e s’impose di usarla. Ma non ci riuscì. S’infuriò con se stesso, imprecò contro la propria vigliaccheria. Un Servo dello Spirito non poteva comportarsi così! Quegli esseri stesi sul pavimento erano Medlinesi, bestie in sembianze umane.

Uccidi! Uccidi! Uccidi!

Ma teneva l’annientatore senza stringerlo, senza agire. Sudando, mosse la mano sinistra e strappò la sicura dall’arma. Il dito si curvò intorno al grilletto. Alzò la pistola, prese di mira Beth, al petto. Chiuse gli occhi, e cercò di vederla mentalmente senza l’illusorio rivestimento di carne sintetica, di estrarne la realtà medlinese, di rivelarla per quello che era: l’odioso mostro ossuto e dalla pelle ruvida che si nascondeva sotto la forma terrestre. Un muscolo tremò sulla sua guancia, mentre lui cercava di tirare il grilletto e distruggere la ragazza.

Poi una voce silenziosa gli mormorò, nel cervello: Non ci si poteva fidare di voi, dopo tutto, no? Eravate un traditore, un imbroglione e un bugiardo. Ma dovevamo lasciare che l’esperimento arrivasse fino a questo punto, per la tranquillità della nostra coscienza.

«Chi ha parlato?» ansò Harris, guardandosi intorno freneticamente da ogni parte.

Io.

Era come se molte piume gli sfiorassero il cervello. «Dove siete?» chiese, terrorizzato. «Dove vi nascondete?»

Sono in questa stanza venne la risposta, tranquilla. Harris avrebbe voluto spaccarsi il cranio a metà per scoprire la fonte di quella voce.

Gettate via la pistola, Harris-Khiilom.

Lui esitò. Le sue mani si mossero impercettibilmente verso il segnale di pericolo sepolto nel suo corpo. Ma anche quel movimento fu intercettato e interpretato.

No, non cercate di avvisare i vostri amici. Lasciate cadere la pistola e basta.

La pistola sgusciò via di tra le dita, come se gli fosse stata strappata di mano. Rimbalzò qualche centimetro più in là sul tappeto e rimase immobile.

Adesso spegnete il subsonico ordinò la voce tranquilla. Lo trovo spiacevole.

Ubbidiente, Harris staccò il dispositivo. La sua mente era ferma in una strana stasi; non aveva più il controllo della propria volontà. Il suo corpo pulsava, frustrato. Come potevano fargli questo? Lo avevano imprigionato nella sua stessa mente.

Le labbra faticarono a formare le parole.

«Chi siete, voi? Ditemi chi siete!»

Un membro di quella super-razza di cui voi trovate così difficile accettare l’esistenza.

Sgomento, Harris guardò Wrynn e sua moglie, stesi a terra. Tutti e due i giganti erano privi di sensi, immobili, e respiravano lentamente, con regolarità.

«Wrynn?» chiese con voce rauca. «Come può funzionare la vostra mente se siete in stato d’incoscienza?»

Io non sono Wrynn fu la risposta.

«Non… Wrynn?»

No. Non sono Wrynn disse la voce, calma ma il figlio non ancora nato di Wrynn.

Harris si sentì cadere piano verso il pavimento. Era proprio come se una mano invisibile gli avesse fatto piegare le ginocchia e poi lo avesse afferrato e seguito nella caduta.

Giacque lì, a terra, gli occhi aperti, cosciente, ma senza la capacità né la volontà di muoversi. Non poteva neppure azionare il segnale di pericolo. Chissà come, perfino il desiderio di chiamare aiuto gli era stato tolto. Soltanto nei recessi più profondi del suo io ribollivano ancora paura e ribellione.

Col passare dei minuti le vittime del subsonico ripresero i sensi. Lentamente.

Per prima si svegliò Beth. Si sedette, si stirò e si stropicciò gli occhi con le mani. Poi si voltò verso la forma inerte della moglie di Wrynn, e solo allora Harris vide che il ventre della gigantessa era delicatamente arrotondato.

«Avete corso un bel rischio, per dimostrare quello che volevate dimostrare!» disse Beth guardando la donna, priva di conoscenza.

Voi non correvate alcun pericolo fu la risposta.

Anche gli altri si svegliarono, mettendosi a sedere e stropicciandosi gli occhi. Harris li fissava, immobile. La testa gli martellava come se fosse stato colpito dal subsonico lui pure.

«E se aveste perso conoscenza anche voi?» chiese Beth, rivolta alla vita nascosta dentro la donna gigantesca. «Lui ci avrebbe ucciso. Era venuto per questo.»

Il subsonico non poteva farmi niente. Io sono al di fuori della sua portata.

Harris ritrovò finalmente la voce. «Quel… quel feto può pensare e agire?» chiese, rauco.

Beth annuì. «La prossima generazione. Raggiunge la facoltà d’intendere e di volere mentre si trova ancora nell’utero. Al momento della nascita è completamente consapevole e in grado di difendersi: il corpo cerca di mettersi alla pari con la mente.»

«E io che credevo fosse tutta una menzogna!» esclamò Harris, confuso. «Tutta quella faccenda della super-razza. Una specie di trovata propagandistica.»

Si sentiva stordito. Tutti i valori in cui aveva creduto gli si erano sgretolati sotto gli occhi in un solo istante e non sarebbe stato facile sostituirli con la stessa rapidità.

«No» disse Beth. «Non era una storia. E neanche una trovata della… propaganda medlinese. E noi sapevamo che ci avreste tradito, quando vi abbiamo lasciato andare. Perlomeno così diceva Wrynn. Solo sono stata così ingenua da dubitarne.»

«Anche Wrynn ha facoltà telepatiche?»

«Sì, ma solo entro certi limiti. Può soltanto ricevere delle impressioni. Non può trasmettere telepaticamente agli altri, come suo figlio.»

«Se sapevate che vi avrei tradito, perché mi avete messo in libertà?»

«Be’, chiamiamolo un esperimento. Io speravo che cambiaste il vostro modo di pensare, se vi avessimo lasciato libero. Avevo una fede cieca in voi. Ma non siete cambiato.»

«No» disse Harris. La sua voce era incolore, senza vita. «Ero venuto qui per uccidervi.»

«L’abbiamo saputo nell’istante stesso in cui avete attraversato questa soglia. Wrynn ha captato le vostre intenzioni e suo figlio ce le ha trasmesse. Ma in voi c’era il seme della ribellione. Speravamo ancora di potervi convincere. Invece non ce l’abbiamo fatta. Non siete riuscito a liberarvi della vostra vecchia personalità darruuese.»

Harris chinò la testa. Il segnale si rifece sentire nel suo corpo. Lui lo ignorò.

Che Carver se ne stia là fuori a sudare pensò. Questa è una realtà grandiosa. Lui nemmeno può sognarsela. Non può capire.

«Ditemi un po’» disse poi, altezzosamente. «Lo sapete che cosa succederà a Medlin, e anche a Darruu, quando ci sarà un numero sufficiente di questi esseri, quando cominceranno a fare sentire il loro peso?»

«Non accadrà niente» rispose Beth, calma. «Nessuna delle cose orribili che immaginate. La credete una razza di creature meschine e avide di potere che si propongono di dominare la galassia?» La ragazza rise, in tono di scherno. «Una mentalità del genere appartiene solo alle specie sorpassate, che non possiedono facoltà telepatiche. A gente come noi: Medlinesi, Darruuesi, vecchi Terrestri. Questi nuovi Terrestri hanno scopi ben diversi.»

«E come fate a esserne tanto sicura?»

«Ci hanno aperto la loro mente» disse Beth. «Non ci sono più dubbi. Il potere non li interessa. Non hanno debolezze che vogliano compensare imponendosi agli altri. Vogliono sfidare l’Universo stesso, non i popoli che lo abitano.»

«E noi saremmo quindi… sorpassati?»

«Del tutto.»

«Ma questi mutanti non sarebbero sopravvissuti se voi di Medlin non li aveste aiutati!» protestò Harris. «Se noi siamo sorpassati, di chi è la colpa? Vostra! Avete aiutato la vostra razza a suicidarsi… e avete coinvolto anche Darruu nel vostro folle suicidio.»

Beth ebbe uno strano sorriso. «Perlomeno noi siamo stati capaci di accettare la nuova razza senza invidia. L’abbiamo aiutata con tutte le nostre forze, perché ci siamo inchinati all’inevitabile. Sapevamo che ciò sarebbe accaduto comunque, con l’andar del tempo. I loro geni erano troppo forti perché andassero perduti e distrutti. Se non li avessimo aiutati noi, ci avrebbero messo un secolo o forse anche un millennio ad affermarsi. Abbiamo preferito dargli una mano, perché guardino a noi con riconoscenza il giorno in cui saranno maturi. La nostra epoca è conclusa, Harris, e anche quella di Darruu. Così come quella dei vecchi Terrestri, degli umani senza facoltà telepatiche.»

«Anche la nostra» disse Wrynn con dolcezza. «Noi siamo gli esseri intermedi, di transizione… l’anello di collegamento tra la vecchia specie e la nuova in corso di evoluzione. Ve l’ho detto: mio figlio sarà molto più progredito di me, come io lo sono rispetto ai miei genitori. Ne avete avuto una dimostrazione pratica pochi minuti fa.»

Harris annuì, cupo. Sentiva i propri nervi rilassarsi, ma non allungò la mano per premere il segnale di allarme, perché sapeva che il mutante non ancora nato avrebbe potuto fermarlo facilmente, reagendo mille volte più in fretta delle sue goffe membra e prevedendo le sue decisioni.

Si guardò le mani… Mani di terrestre, con carne darruuese sotto l’imbottitura rosea.

Tutti i nostri sforzi sono stati inutili pensò. Tutto quello che abbiamo costruito non si regge in piedi.

Una nuova razza, una razza gloriosa, protetta e aiutata dai Medlinesi, era comparsa sulla Terra. L’Universo l’aspettava. Lo Spazio e il Tempo le stavano davanti, ansiosi di vederla arrivare. Semidei.

Lui aveva sempre considerato i Terrestri creature primitive, con poche migliaia d’anni di storia alle spalle, pallidi umanoidi senza importanza nel disegno galattico delle cose.

Ma si era sbagliato.

Quando Darruu sarebbe diventato un mondo morto, nutrito solo di glorie passate, i figli di quei giganteschi Terrestri avrebbero percorso in lungo e in largo le galassie.

Alzò gli occhi e disse, con voce soffocata: «Forse abbiamo fatto un terribile errore, noi di Darruu. Sono stato mandato qui per cercare di attirare i Terrestri dalla nostra parte. Invece è proprio l’opposto, vero? È Darruu che dovrà giurare fedeltà alla Terra, molto presto.»

«Presto no» disse Wrynn. «La vera razza non è ancora uscita dall’infanzia. Dovranno passare altri vent’anni: solo allora la prima generazione sarà matura. E abbiamo dei nemici sulla Terra.»

«I vecchi Terrestri» disse Coburn. «Credete che gli vada di essere sostituiti? Credete che resteranno con le mani in mano, quando si accorgeranno di ciò che sta spuntando in mezzo a loro? Cercheranno di eliminare i mutanti. I nuovi. Non si limiteranno a tirarsi nobilmente indietro e a consegnare loro il futuro. Per questo siamo qui. Per aiutare i mutanti fino a che non sapranno camminare completamente da soli. Voi Darruuesi ci mettete i bastoni tra le ruote, portando antiche rivalità su un pianeta a cui queste non interessano.»

Una volta quelle parole avrebbero fatto infuriare Harris. Invece ora si limitò a stringersi nelle spalle. Capiva che la sua missione era inutile.

Tuttavia restava ancora un dubbio, un ultimo sospetto. Da quando i Medlinesi erano diventati così nobili, così ansiosi di umiliarsi davanti a una razza nuova?

La voce silenziosa del superuomo non ancora nato, ora udibile a tutti i presenti, Harris compreso, disse: Lui non è ancora convinto, nonostante tutto.

«È vero?» chiese Beth.

Harris annuì. «Il bambino ha ragione» mormorò. «Vedo e sento quella voce e le credo… tuttavia il mio condizionamento mi dice che è impossibile che questo accada. Che non può accadere! I Medlinesi sono creature odiose: lo so, intuitivamente. E l’istinto di conservazione della mia razza protesta e si ribella al pensiero di aiutare i mutanti come state facendo voi.»

«Volete una garanzia della nostra buona fede?» chiese Beth.

«Sarebbe a dire?»

«C’è un modo per mostrarvi la verità. Un modo che vi libererà da ogni dubbio.»

«Quale?»

«Collegateci» disse Beth al bambino.

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