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La voce che usciva dall’altoparlante era profonda, colta, sincera. Aveva viaggiato per parecchi minuti attraverso lo spazio, era penetrata nelle nubi di Venere, lungo la linea di duecento milioni di chilometri che l’univa alla Terra, poi era rimbalzata di nuovo dalla Terra alla Luna. Pur dopo questo viaggio era limpida e chiara, senza che la minima interferenza la turbasse o l’alterasse.

— La situazione s’è aggravata, dopo il mio ultimo commento. Nei circoli ufficiali nessuno è disposto a pronunciarsi, ma la stampa e la radio non sono altrettanto reticenti. Sono venuto in volo da Espero, stamattina, e mi sono bastate queste tre ore per saggiare l’opinione pubblica.

«Debbo parlare con molta chiarezza, anche a costo di sconvolgere chi mi ascolta. La Terra non è molto ben vista, qui. La frase “cane in chiesa” corre spesso. Si ammette che abbiate difficoltà nei rifornimenti, ma è noto che i pianeti esterni mancano di materie prime, mentre la Terra sperpera in inutili lussi gran parte delle proprie risorse. Vi farò un esempio: ieri è giunta la notizia che l’avamposto su Mercurio ha perso cinque uomini a causa di un guasto in un trasformatore di calore in una delle cupole. Il controllo della temperatura è venuto a mancare, e la lava li ha travolti… Non è stata una bella morte, ve lo assicuro. Se il fabbricante non avesse avuto troppo poco titanio, il guasto non si sarebbe verificato.

«Certo, non è giusto rimproverare la Terra di questo, ma è un vero peccato che non più tardi della settimana scorsa abbiate ancora diminuito la quota di titanio; e quassù i partiti fanno di tutto perché la gente non lo dimentichi. Potrei essere ancora più chiaro, ma non voglio che m’interrompano la trasmissione… però sapete benissimo quello che voglio dire.

«Supponiamo che (e innanzitutto sia ben chiaro che faccio solo un’ipotesi), supponiamo che la Terra scopra nuove scorte di metalli pesanti, per esempio nelle ancora inesplorate profondità oceaniche. O anche sulla Luna, nonostante le delusioni già avute in passato.

«Se ciò accadrà, e la Terra vorrà tenere solo per sé le scoperte, le conseguenze potrebbero essere molto gravi. Si potrebbe ben dire che la Terra è nel suo diritto, ma gli argomenti legali non hanno molto peso quando ci si trova a lottare contro pressioni di migliaia d’atmosfere su Giove, o si cerca di domare le gelide lune di Saturno. Mentre voi vi godete i vostri tiepidi giorni primaverili e le vostre tranquille serate estive, non dimenticate quanto siete fortunati di vivere nella zona temperata del Sistema Solare, dove l’aria non gela mai e le rocce non si fondono…

«Che farà la Federazione, se si avvererà una simile ipotesi? Parlare di guerra nel senso antico della parola mi sembra assurdo. Ciascuna delle parti in contesa avrebbe la possibilità di infliggere gravissimi danni all’altra, ma qualsiasi atto di forza non porterebbe ad alcuna conclusione decisiva. La Terra possiede troppe risorse, anche se pericolosamente concentrate, e in più possiede la maggior parte delle astronavi del Sistema…

«La Federazione ha il vantaggio di essere sparsa. Come potrebbe la Terra combattere simultaneamente contro mezza dozzina di pianeti e di lune, per quanto scarsamente equipaggiati possano essere?

«Se, che il cielo non lo voglia, si dovesse venire ai ferri corti, noi potremmo fare in modo di effettuare incursioni di sorpresa sui punti strategici, mediante apparecchi equipaggiati in modo speciale, che si ritirerebbero nello spazio subito dopo l’attacco. Tutte le voci relative a un’invasione interplanetaria sono assolutamente fantastiche. La Terra non desidera certamente invadere i pianeti, e la Federazione, pur desiderando magari imporre la sua volontà alla Terra, non avrebbe né uomini né mezzi per un attacco massiccio. A mio parere, il pericolo più probabile è che si verifichi qualcosa di simile a un duello — dove e come sta a ciascuno di voi immaginarlo — duello che sarebbe da considerarsi alla stregua del tentativo di una delle due parti di imporsi all’altra con la forza. Ma debbo mettere in guardia chiunque pensi all’eventualità di una guerra circoscritta e moderata. Le guerre sono raramente circoscritte e mai moderate. Salute, Terra, qui è Roderick Beynon, che vi parla da Venere.»

Qualcuno si alzò a chiudere l’apparecchio, ma sulle prime parve che nessuno avesse voglia di iniziare l’inevitabile discussione. Alla fine, Janesen, della sezione Energia, disse in tono ammirato: — Bisogna ammettere che Beynon ha del fegato. Non menava il can per l’aia. Sono stupito che l’abbiano lasciato parlare.

— Io trovo che ha detto delle cose sensate — osservò Mays. Il pontefice massimo della sezione Calcolo parlava in modo calmo e misurato, che contrastava con la fulminea velocità delle sue macchine.

— Da che parte state, voi? — domandò qualcuno sospettosamente.

— Oh, io sono cordialmente neutrale.

— Però è la Terra che vi paga lo stipendio: da che parte vi mettereste, se si verificasse una frattura?

— Ecco, dipenderebbe dalle circostanze. Starei per la Terra se avesse ragione, e forse le concederei il beneficio del dubbio in una situazione poco chiara. Ma non la sosterrei mai e poi mai se fossi convinto che è dalla parte del torto.

Seguì un lungo silenzio durante il quale ciascuno restò immerso nei propri pensieri. Mentre il matematico parlava, Sadler non lo aveva perso di vista. Sapeva che tutti rispettavano l’onestà e la logica di Mays. Chiunque avesse attivamente tramato ai danni della Terra non avrebbe certo avuto il coraggio di esprimersi con tanta chiarezza. Sadler si domandò se Mays avrebbe parlato in modo diverso qualora avesse saputo di aver vicino un agente del controspionaggio. Ma era convinto che lo scienziato non avrebbe mutato lina sillaba.

— Ma qui non si tratta di torto o di ragione — intervenne l’ingegnere capo, famoso per le sue battaglie coi mulini a vento. — Qualunque cosa si scopra, sulla Terra o sulla Luna, appartiene a noi, e ne possiamo fare quello che vogliamo.

— Certo, però non dimenticate che abbiamo ridotto la quota delle sovvenzioni, come ha detto Beynon, mentre la Federazione ci contava per lo svolgimento dei suoi programmi. Se ripudiamo gli accordi presi perché anche noi siamo a corto di materiale, è un conto, ma se ne abbiamo in abbondanza e agiamo così solo per fare dispetto alla Federazione, allora è un altro paio di maniche.

— E perché mai dovremmo comportarci così?

Fu Jamieson, cosa strana, a rispondere. — Per paura — disse. — I nostri politicanti hanno paura della Federazione. Sanno che possiede più intelligenze della Terra e temono che un giorno abbia anche maggiore potenza. Quel giorno la Terra non avrebbe più voce in capitolo.

Prima che altri avessero il tempo di controbattere queste asserzioni, Czuikov, del Laboratorio Elettrico, mise altra carne al fuoco.

— Pensavo alla trasmissione che abbiamo appena finito di ascoltare — disse. — Sappiamo che Beynon è una persona onesta, ma in fin dei conti trasmetteva da Venere col loro permesso. Nelle sue parole potrebbe esserci più di quanto ci è parso di sentire.

— Cosa volete dire?

— Può aver fatto propaganda per loro. Forse senza saperlo, ma possono averlo indotto a dire cose che volevano farci sentire. Quella faccenda delle incursioni, per esempio, forse gliel’hanno fatta dire per spaventarci.

— È un’idea interessante. Che ne pensate, Sadler? Siete l’ultimo a essere arrivato dalla Terra.

Questo attacco diretto colse Sadler di sorpresa, tuttavia lui ebbe la destrezza di respingerlo.

— Non credo che la Terra si lasci spaventare per così poco. Il punto che invece mi ha maggiormente colpito è l’allusione alle riserve lunari. Si direbbe che stiano circolando voci in proposito.

Questa indiscrezione era stata lanciata a bella posta da Sadler. In fondo, poi, non era tanto indiscreto, in quanto non c’era nessuno all’Osservatorio che non sapesse, primo che Jamieson e Wheeler si erano imbattuti in una impresa governativa di tipo insolito nel Mare Imbrium, e secondo che avevano avuto l’ordine di non parlarne. Sadler era molto ansioso di vedere come l’avrebbero presa.

Jamieson assunse un’aria di falsa innocenza, ma Wheeler non esitò ad abboccare all’amo.

— Che vi aspettate? — domandò. — Metà Luna deve aver visto quelle astronavi scendere nel Mare. E devono esserci centinaia di operai, laggiù. Non possono essere venuti tutti dalla Terra, e poi andranno a Central City e racconteranno alla loro ragazza tutto quello che sanno, quando avranno bevuto un bicchierino di troppe.

“Come hai ragione!” pensò Sadler. “E che grattacapo è mai questo piccolo problema, per il Dipartimento della sicurezza!”

— Comunque — proseguì Wheeler — io sono di larghe vedute. Facciano pure quello che vogliono, laggiù, purché non disturbino il mio lavoro. Visto dal di fuori non ci si capisce niente, salvo che costa un sacco di soldi al povero contribuente.

Si udì il tossicchiare nervoso di un ometto timido del reparto Strumenti, reparto dove quella mattina stessa Sadler aveva passato due noiosissime ore a guardare nei telescopi a raggi cosmici, a esaminare magnetometri, sismografi, orologi a risonanza molecolare, e batterie d’altri congegni che certo erano capaci di condensare informazioni più rapidamente di quanto non si facesse in tempo ad analizzarne.

— Non so se a voi abbiano dato fastidio, so che a me ne hanno dato moltissimo.

— Che cosa volete dire? — chiese qualcuno.

— Mezz’ora fa ho esaminato le misurazioni delle forze dei campi magnetici. Solitamente sono costanti, salvo quando c’è una tempesta nella zona. Ma in quel momento stava succedendo qualcosa d’insolito. Il campo continuava ad aumentare e diminuire, non molto, solo di qualche microgauss, e sono sicuro che la causa fosse artificiale. Ho controllato tutto il macchinario dell’Osservatorio, e tutti mi hanno giurato di non aver usato magneti. Mi chiedevo se ne fossero responsabili quei misteriosi tipi del Mare, e tanto per non sbagliare ho continuato il controllo. Ma non ho scoperto niente finché non sono arrivato ai sismografi. Ne abbiamo uno telemetrico, laggiù accanto alla parete meridionale del cratere, sapete, e l’ho trovato tutto sottosopra. Alcune delle indicazioni parevano dovute a sussulti causati da esplosioni… me ne intendo perché sono simili a quelli rilevati all’epoca degli scoppi di Igino e delle altre miniere. Ma c’erano anche altri segni strani, sincronizzati con gli impulsi magnetici. Tenendo in considerazione il lasso di tempo dovuto alla propagazione attraverso la roccia, la distanza concorda. Non c’è dubbio circa il punto di provenienza.

— Davvero interessante — commentò Jamieson. — Ma a quale conclusione porta?

— È un fatto che si può interpretare in più d’un modo. Secondo me, però, laggiù nel Mare Imbrium qualcuno sta generando un campo magnetico colossale con impulsi di circa un secondo alla volta.

— E i terremoti?

— Non sono che un sottoprodotto. Ci sono moltissime rocce magnetiche, da queste parti, e credo che facciano dei gran sobbalzi quando il campo entra in azione. Voi probabilmente non vi accorgereste del moto tellurico neppure se foste nel punto dove ha origine, ma i nostri sismografi sono talmente sensibili che riescono a localizzare una meteora che cade a venti chilometri di distanza.

Sadler ascoltò con vivissimo interesse le conclusioni tecniche. Con tante menti acute che si arrovellavano, era inevitabile che qualcuno intuisse la verità, e inevitabile che altri la scoprissero con le loro teorie. Ma questo non aveva importanza, quel che più gli importava era scoprire se qualcuno mostrava eccessiva competenza o curiosità in materia.

Ma nessuno dimostrò l’una o l’altra, e così Sadler rimase con le sue tre scoraggianti ipotesi: il signor X era troppo intelligente per lui; il signor X non era all’Osservatorio; il signor X non esisteva.

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