CAPITOLO SETTIMO

Proprio allora Tristan, Lyra e le guardie della Morgol sbucarono a cavallo dagli alberi che racchiudevano la piccola radura dove Raederle aveva trascorso la notte. Appena Lyra si accorse della sua presenza fermò la cavalcatura e smontò, senza una parola. Anch’ella appariva alquanto in disordine, scarmigliata e stanca. Si accostò a Raederle e si inginocchiò al suo fianco. La giovane donna fece per dirle qualcosa, ma non trovò la voce. Lyra aprì una mano e lasciò cadere davanti a lei tre sporchi e aggrovigliati intrecci di filo d’argento.

Raederle li fissò sbattendo le palpebre, poi li toccò. — Dunque eri tu a seguirmi — mormorò. Si raddrizzò, togliendosi i capelli dalla faccia. Le ragazze erano scese di sella. Tristan, in groppa al suo cavallo, la guardava con occhi spalancati e colmi di preoccupazione. Si lasciò scivolare al suolo anch’ella e corse verso di lei.

— Come ti senti? — domandò con voce tesa. — Stai bene? — Con mani tremanti tolse dai capelli di Raederle alcuni aghi di pino e pezzetti di corteccia. — Qualcuno ti ha forse… ferita?

— Da chi stavi scappando? — chiese Lyra. — Da un cambiaforma?

— Sì.

— Ma cosa ti è successo? Io ero appena al di là del pianerottolo, e sono stata sveglia a lungo. Non ti ho sentita andar via. E non ho sentito… — Tacque, come se ancora cercasse di ricordare, accigliata. Raederle si tolse di dosso il mantello sotto cui aveva dormito; era caldo di sole, spesso e pesante. Sollevò le ginocchia e vi appoggiò il mento, con le ossa che le dolevano a ogni movimento. Le altre la fissavano senza parlare, ma con aria d’attesa, cosicché dopo qualche istante disse:

— È venuta… nella mia stanza è entrata una cambiaforma, e mi ha parlato. Poi è uscita, e io sono stata presa da… un desiderio impellente di cercare Morgon, per parlare con lui. Non riuscivo a pensare chiaramente. Ho lasciato la casa di Danan e ho camminato tutta la notte finché la luna è tramontata. Ho dormito qualche ora e ho ripreso a camminare, e infine… sono arrivata qui. Mi dispiace per le trappole.

— Cosa ti ha detto? Cos’ha potuto dirti per farti scappar via a questo modo?

Raederle sollevò la testa. — Lyra, adesso non posso parlarne — mormorò. — Te lo dirò, ma non ora.

— Va bene. — L’altra scosse le spalle. — Tutto a posto. Ce la fai ad alzarti?

— Sì. — Con l’aiuto di Lyra si tirò in piedi; Tristan raccolse il mantello e se lo ripiegò sulle braccia, fissandola ansiosamente.

Raederle si guardò attorno. Sembrava non esserci rimasta traccia di Deth, quasi che fosse passato attraverso la notte come un sogno, ma una delle guardie, Goh, scrutando dappertutto con occhi metodici, esclamò: — Qui si è fermato qualcuno, a cavallo. — Scrutò verso meridione, studiando le tracce. — È andato per di là. Il cavallo proviene dagli allevamenti di An, a giudicare dalla larghezza dello zoccolo. Non è un animale da traino, né un cavallo da guerra di Ymris.

— Era tuo padre? — domandò Lyra, incredula. Raederle scosse il capo. Poi osservò il mantello elegante, azzurro e nero, che Tristan aveva raccolto, come se lo vedesse soltanto allora. Strinse i denti, lo prese e con un gesto rabbioso lo gettò sulle ceneri del fuoco, mentre nei suoi occhi balenava il volto dell’arpista come l’aveva visto l’ultima volta, pallido e sorridente nei riflessi delle fiamme. Incrociò le braccia sul petto, stringendosi i gomiti, e con voce secca le informò: — Era Deth.

— Deth! — ansimò Lyra, e Raederle vide un’ombra di nostalgia sul suo volto. — Era qui? E tu hai parlato con lui?

— Sì. Mi ha offerto da mangiare. Io non lo capisco. Mi ha confermato che tutto quello che Morgon ha detto di lui è vero. Tutto. Non riesco a capirlo. Mi ha lasciato il mantello addosso, quando mi sono addormentata.

Lyra si volse di scatto e andò a esaminare le tracce che Goh aveva scoperto. Poi restò immobile, con gli occhi fissi a sud. — Da quanto tempo se n’è andato?

— Lyra — disse con calma Imer, e la ragazza si volse a guardarla. — Se hai intenzione di seguire le tracce dell’arpista attraverso tutto l’entroterra, dovrai farlo da sola. Per noi è tempo di tornare a Herun. Se partiamo alla svelta forse arriveremo a Corona in anticipo su Morgon, e tu potrai domandargli quello che devi domandargli. La storia di quanto è accaduto raggiungerà Herun prima di noi, credo, e la Morgol avrà bisogno di te.

— E perché? Per pattugliare i confini di Herun contro Deth?

— Può darsi — ipotizzò Goh, — che egli abbia qualche spiegazione da dare personalmente alla Morgol.

— No — disse Raederle. — Ha affermato che non intende andare a Herun.

Le altre tacquero. Il vento si stava levando, dolce e profumato, avido come un cacciatore di avventurarsi fra i boschi del sud. Lyra fissò il mantello gettato nella cenere. Con voce atona disse: — Posso anche credere che abbia tradito il Portatore di Stelle, ma come faccio a credere che volesse tradire la Morgol? Lui l’amava.

— Andiamocene — la incitò Kia sottovoce. — Torniamo a Herun. Nessuna di noi sa più cosa fare. Questa è una terra selvaggia e pericolosa, e non è la nostra terra.

— Io verrò a Herun — stabilì Tristan, sorprendendole col suo tono deciso. — Dovunque sia. Voglio dire, se è lì che Morgon sta andando.

— Se partiamo via fiume — disse Raederle, — possiamo arrivare là prima di lui. Corbett è… dov’è Bri Corbett? Vi ha permesso di seguirmi da sole?

— Non abbiamo pensato di fermarci a domandare il suo permesso — disse Lyra. Le guardie stavano per rimontare a cavallo. — Ho portato il tuo sauro. L’ultima volta che ho visto Corbett stava andando a cercarti nelle miniere, con Danan Isig e i suoi minatori.

Raederle infilò un piede nella staffa e si tirò in sella rigidamente. — Sul serio? Perché mai credeva che fossi scesa nelle miniere?

— Perché lo fece anche Morgon — disse Tristan, — quando era suo ospite. — Salì agilmente sul robusto pony che le ragazze avevano acquistato per lei. Era ancora tesa e preoccupata; anche lo spettacolare profilo dell’Isig si guadagnò uno sguardo di disapprovazione dai suoi occhi. — Questo è quanto ha detto il Re. Io m’ero alzata presto ed ero venuta in camera tua, perché avevo fatto un brutto sogno e volevo parlarti. La tua camera era vuota. C’era soltanto quel fuoco nel camino, un fuoco bianco come una rapa. Mi ha spaventato, così ho svegliato Lyra. E lei è andata a svegliare il Re. Ci ha detto di stare in casa mentre gli altri esploravano le miniere. E aveva paura che ti avessero rapita. Ma Lyra ha detto che te n’eri andata di tua volontà.

— Come potevi saperlo? — chiese Raederle, stupita.

Avviandosi al trotto fra gli alberi, le guardie formarono un circolo irregolare intorno a loro. Lyra si strinse nelle spalle. — Perché avresti preso la sacca, riempiendola con tutto il cibo che c’era nella stanza? Inoltre non ti eri neppure sdraiata sul letto. Così, mentre Danan cercava nella sua casa, io sono scesa in città e ho svegliato le ragazze. Ho lasciato un messaggio a Danan, dicendogli dove ci dirigevamo. Trovare le tue tracce non è stato difficile; il terreno è soffice, e hai lasciato un pezzo d’orlo del vestito fra gli sterpi, sul fiume. Ma il cavallo di Goh ha messo uno zoccolo su uno dei tuoi fili intrecciati, ed è scappato. Ci abbiamo messo un’ora per riprenderlo. Poi Kia è finita su un altro di quegli intrecci, e si è perduta fra i cespugli prima che capissimo dov’era sparita. Abbiamo sprecato un sacco di tempo per rintracciarla. Dopo questo fatto ho aperto la strada io, per eliminare quei tuoi dannati fili. Ma non è stato facile capire perché i nostri cavalli inciampavano su cose che sembravano non esserci, e perché lungo il fiume c’erano montagne di rovi dentro cui le tue tracce andavano a sparire. E quando siamo arrivate in riva a quel lago… — Tacque, come incapace di esprimere a parole lo stupore che l’aveva fulminata. Raederle l’aveva ascoltata con espressione contrita.

— Come immaginare che foste voi? Mi spiace. Ha… ha funzionato?

— Se ha funzionato? Abbiamo trascorso un pomeriggio intero cercando di aggirarlo lungo la riva. Ma è stato impossibile: più si andava avanti e più quel lago sembrava allargarsi. Finalmente Goh ha notato che non c’erano tracce indicanti il tuo passaggio, e io ho cominciato a capire che cosa doveva essere. Ero così sudata e stanca che ho fatto girare il cavallo, dritto nel lago. Non m’importava se mi fossi bagnata o no. E l’acqua è svanita. Ho guardato dietro di me e ho visto un’estensione di territorio asciutto, e ho capito che avevamo seguito la riva di un lago fatto di niente.

— Se ne stava lì, col cavallo immerso nell’acqua fino alla pancia e bestemmiava — disse Imer con un sogghigno. — Quant’era buffa! Ma poi, quando siamo tornate di nuovo presso il fiume e abbiamo visto quella buchetta che avevi scavato, abbiamo imprecato un bel po’ anche noi. Io avrei creduto che soltanto un mago potesse fare quelle magie con l’acqua.

Raederle chiuse il pugno per nascondere il segreto stampato sul suo palmo. — Non lo avevo mai fatto prima — disse. Quelle parole parvero poco convincenti anche ai suoi stessi orecchi. Provò un senso di vergogna, quasi che, come Deth, anch’ella avesse presentato un volto falso a chi si fidava di lei. L’antichissima e silente parete dell’Isig le sovrastava, e nella luce viva del mattino gli immensi picchi sembravano più amichevoli. D’improvviso chiese, stupita: — Non mi sono allontanata molto, non è vero?

— Per me ti sei allontanata fin troppo — commentò Lyra.

Giunsero a Isig a mezzodì del giorno successivo. Bri Corbett accolse il ritorno di Raederle con evidente sollievo e ritrovò il suo sorriso brusco, si trattenne con loro per il tempo necessario ad ascoltare il conciso resoconto di Lyra, e poi scese a Kyrth a cercare un’imbarcazione. Raederle scambiò solo poche parole, sia con Corbett che con Danan, e fu lieta che il Re della montagna si trattenesse dal farle domande. Tutto ciò che lui disse, con una sensibilità che la sorprese, fu: — Isig è la mia casa, la dimora dei miei pensieri e del mio cuore, e tuttavia dopo tanti secoli è ancora capace di sorprendermi. Qualunque sia il segreto che sta chiuso nella vostra anima, ricordate questo: Isig è un luogo di grande tristezza ma anche di grande bellezza, e io non vorrei che fosse altrimenti, perché nel rivelarsi a un visitatore talora gli apre la porta anche verso verità interiori.

Corbett ritornò a sera, dopo aver preso accordi per l’imbarco di tutti loro, bagagli e cavalli compresi, su due grandi chiatte cariche di merci che si apprestavano a partire per Kraal all’alba. Il pensiero di un altro viaggio giù per il Fiume Inverno le mise tutte di cattivo umore, ma quando furono su quel corso d’acqua la cosa si rivelò molto meno spiacevole che all’andata. La corrente s’era placata, le acque chiare dell’Ose avevano ripreso il sopravvento, ripulendo le rive e il fondale dai detriti e dai tronchi spezzati. Le chiatte filarono lisce al centro del fiume sulla spinta della corrente. Sulla riva settentrionale poterono vedere che gli acquitrini erano scomparsi, e che i contadini di Osterland stavano ricostruendo alacremente stalle e recinti. L’aria che spirava dal sud era odorosa e stimolante, le raffiche di brezza increspavano le acque come se ali di uccelli le sfiorassero; il sole scintillava sul metallo caricato nelle chiatte, scaldando il legno e le corde.

Appoggiata alla balaustra, giorno dopo giorno e senza quasi vedere il panorama che le scorreva davanti agli occhi, Raederle non si rese conto che il suo costante silenzio metteva a disagio gli altri. La sera prima del loro arrivo a Kraal restò immobile a lungo nel crepuscolo, mentre merletti d’ombra creati dagli alberi scivolavano su di lei, e soltanto quando la vegetazione fu divenuta un’unica parete scura nelle tenebre notò che Lyra era venuta a fermarsi accanto a lei. Ebbe un lieve sussulto.

Col volto arrossato dalla debole luce che usciva dalla cabina della chiatta, Lyra mormorò: — Se dopo essere giunte a Corona troveremo che Morgon è stato lì e se n’è già andato, tu cosa farai?

— Non lo so. Lo seguirò.

— Tornerai a casa tua?

— No. — Il tono deciso della sua voce sorprese lei stessa. Lyra fissò lo sguardo nell’acqua scura, accigliandosi, e il suo volto attraente parve simile all’orgoglioso profilo inciso su una moneta. Raederle trovò in lei sentimenti che un tempo erano stati anche i suoi, la sicurezza, la certezza di chi sa a quale posto appartiene, e per un attimo ebbe una disperata nostalgia della sua casa.

— Come fai a parlare così? — domandò Lyra. — Come puoi non tornare nella terra che è tua? Essa è parte di te, e non c’è altro posto per te.

— Per te è così, forse. Tu non puoi appartenere ad altro luogo che a Herun.

— Ma tu sei Raederle di An! Laggiù, e perfino a Herun, tu sei quasi una leggenda. Dove altrimenti potresti andare? Tu sei parte della magia di An, della discendenza dei suoi Re. Dove… Cosa ti ha detto quella donna di tanto terribile da tenerti lontana dalla tua stessa casa?

Lei non disse parola, stringendo forte la ringhiera fra le dita. Lyra attese un poco, e quando vide che Raederle non rispondeva proseguì: — Da quando ti abbiamo trovata nei boschi non hai quasi mai aperto bocca con nessuno. E spesso ti vedo stringere la mano sinistra come se tenessi in pugno qualcosa che… che ti ferisce. Probabilmente io non sono all’altezza di capirlo. Io non ho alcun talento con quelle cose incomprensibili, come la magia e gli enigmi. Ma se c’è qualcosa contro cui io possa battermi, per te, io mi batterò. Se c’è qualcosa che io possa fare per te, lo farò. Te lo giuro sul mio onore… — Tacque, vedendo Raederle volgersi di scatto verso di lei.

Raederle sussurrò: — Io non ho mai pensato all’onore in vita mia. Forse perché nessuno ha mai minacciato il mio, o quello della mia famiglia. Ma mi chiedo se non sia questo che mi sta tormentando. Non devo possederne molto, se ho lasciato An.

— Perché dici questo? — ansimò Lyra, incredula. Raederle tolse la mano sinistra dalla balaustra, la girò e aprì le dita sotto la luce.

Osservando il bianco disegno a dodici sfaccettature inciso sul palmo Lyra sbatté le palpebre. — Che cos’è?

— È il marchio di quella pietra. Quella con cui abbagliai gli uomini delle navi da guerra. È comparso quando strinsi il fuoco…

— Tu… quella donna ti ha costretto a mettere la mano nel fuoco?

— No. Nessuno mi ha costretto. L’ho semplicemente toccato, e poi chiuso nella mano. Sapevo che avrei potuto farlo, così lo feci.

— Tu hai questo potere? — La voce di Lyra era fievole per la meraviglia. — È un potere da mago. Ma perché sei così angosciata? C’è forse qualche altro significato in quel marchio?

— No. Forse non so neppure cosa significa. Ma io so da dove mi viene questo potere, e non l’ho ereditato né da una strega di An né da un mago di Lungold. Mi viene da Ylon, che un tempo fu Re di An, figlio di una Regina di An e di un cambiaforma. Il suo sangue scorre ancora nella dinastia di An. Io ho il suo potere. Suo padre era l’arpista che cercò di uccidere Morgon in casa tua.

Lyra la fissò, senza parole. La luce della cabina si spense all’improvviso, lasciando i loro volti al buio; qualcuno accese una lampada a prua. Chinandosi di nuovo a guardare nell’acqua Raederle sentì Lyra cominciare a dir qualcosa e poi azzittirsi. Pochi minuti dopo, sempre poggiata alla balaustra accanto a Raederle, parve ancora sul punto di parlare. Raederle attese che andasse via, ma la ragazza non si mosse. Mezz’ora più tardi, quando entrambe stavano cominciando a rabbrividire nel vento della notte, Lyra respirò a fondo e finalmente parve trovare le parole:

— A me non importa — disse orgogliosamente, sottovoce. — Tu sei Raederle, ed io so chi sei, ti conosco. Quel che ho detto rimane; l’ho giurato, così come lo avrei giurato a Morgon se non fosse stato così testardo. È stato il tuo onore, e non la mancanza d’onore, a farti partire da An. E se a me non importa, perché Morgon dovrebbe pensarla diversamente? Ricordati chi è l’uomo da cui lui stesso ha tratto almeno metà del suo attuale potere. E adesso rientriamo, prima di congelare qui.

Giunsero a Kraal ancor prima che la nebbia del mattino si fosse alzata dal mare. Le chiatte attraccarono, le ragazze scesero sul molo e attesero che venissero scaricati i loro bagagli, mentre Bri Corbett andava a bordo della nave di Mathom per rimettere al lavoro i suoi marinai e mandarne alcuni a occuparsi dei bagagli. Kia sospirò, senza rivolgersi a nessuno in particolare: — Se non dovrò mettere più piede su un oggetto galleggiante, non chiederò altro alla vita. Io non avevo mai visto più acqua di quella che c’è nelle vasche dei pesci della Morgol.

Corbett fece ritorno con cinque o sei marinai, poi scortò le ragazze sull’ampia e comoda nave regale che oscillava al suo posto d’ormeggio. Dopo le imbarcazioni e le chiatte fluviali essa parve loro un albergo, e furono liete di salire a bordo. Corbett controllò a che punto fosse la marea e ritto sulla prua cominciò ad abbaiare ordini, mentre la ciurma portava a bordo in fretta verdure fresche, impastoiava i cavalli nella stiva e sistemava i bagagli nelle cabine. Infine la tintinnante catena dell’ancora fu estratta dal mare; la nave mollò gli ormeggi, e le maestose vele azzurre e porpora di An scivolarono gonfie e orgogliose fra il traffico fluviale.

Dieci giorni più tardi approdarono al porto di Hlurle. Le guardie della Morgol erano schierate sulla banchina ad aspettarli.

Lyra scese a passi rigidi lungo la passerella, seguita dalle cinque guardie, e andò a fermarsi dinnanzi alla ragazza che comandava le due squadre di colleghe messe in fila. Costei, una bionda alta e dagli occhi grigi, cominciò a dire: — Lyra, tu…

La bruna la interruppe con un gesto brusco, sollevando orizzontalmente la sua lancia e porgendogliela sulle mani aperte, in un gesto d’offerta secco quanto rassegnato. Raederle, che l’aveva seguita, la sentì dire con voce atona: — Trika, vuoi portare tu la mia lancia attraverso la terra di Herun, e consegnarla alla Morgol? Chiedo solo di poter rassegnare le dimissioni al nostro arrivo a Corona.

— Non posso.

Lyra la fissò in silenzio, poi spostò lo sguardo sui volti impassibili delle ragazze schierate dietro la collega. Deglutì saliva. — Perché non puoi? La Morgol vi ha dato altri ordini? Cosa intende fare per quel che riguarda me?

Trika alzò una mano, sfiorò esitante la lancia, poi la lasciò ricadere. Alle spalle di Lyra le cinque guardie erano immobili, ai piedi della passerella, e sembravano piuttosto tese. — Lyra… — La bionda parve cercare con cura le parole. — Lyra, hai venti testimoni del fatto che ti offri, per l’onore della Guardia, a cavalcare disarmata nella terra di Herun. Tuttavia io penso che faresti meglio a tenere la tua lancia. La Morgol non è a Herun.

— E dov’è? Sicuramente non è ancora a Caithnard!

— No. È tornata da Caithnard oltre un mese fa. Ha preso con sé sei di noi per farsi scortare a Corona, e ha lasciato le altre quattordici qui con l’ordine di aspettare te. Ieri Feya è arrivata con la notizia che lei è… che lei non è più a Herun.

— Ebbene, se non è a Herun, allora dov’è andata?

— Nessuno lo sa. È andata via, semplicemente.

Lyra raddrizzò la lancia, sbattendone l’estremità al suolo con un tonfo. Si volse verso il drappello di guardie, fermando gli occhi su una ragazza snella dai capelli rossi. — Feya, cosa volevi dire riferendo che la Morgol è andata via?

— Solo che è andata via, Lyra. La sera prima ha cenato in sala, con tutte noi, e il mattino dopo se n’è andata.

— Ma deve aver detto a qualcuno dove intendeva andare. Non ha mai fatto cose di questo genere. Ha preso con sé dei servi, del bagaglio, e qualche guardia?

— Ha preso il suo cavallo.

— Il suo cavallo? E nient’altro?

— Abbiamo interrogato tutti, a palazzo. Risulta che ha preso il cavallo e basta, senza borse da sella né altri bagagli.

— Perché nessuna di voi l’ha vista partire? A cosa stavate facendo la guardia?

— Il fatto è, Lyra — disse un’altra delle ragazze pacatamente, — che lei conosce gli orari dei cambi di guardia bene quanto noi. E nessuna le avrebbe certo chiesto ragione dei suoi movimenti, in casa sua.

Lyra tacque. Si scostò dalla passerella, per togliersi dalla strada dei marinai che scaricavano i bagagli e le guardavano incuriositi. Raederle, osservandola, ripensò al volto calmo e attraente della Morgol come l’aveva visto nel tragitto fino alla Scuola di Caithnard, ed ai suoi enigmatici occhi d’oro fissi sui Maestri che le s’erano raggruppati attorno. Nella sua mente balenò una domanda. Ma fu Lyra, accigliata, che la trasformò bruscamente in parole: — Morgon di Hed ha parlato con lei?

Feya annuì. — È arrivato con tale riservatezza che soltanto la Morgol lo ha visto. E se n’è andato in modo altrettanto anonimo, salvo che… salvo che, dopo la sua partenza, Herun non era più molto tranquilla.

— Ha dato degli ordini? — chiese Lyra in tono piatto. Accanto a Raederle, Tristan sedette stancamente sulla passerella e si coprì il viso con le mani. Feya deglutì saliva e annuì ancora.

— Ha ordinato che il confine settentrionale e quello occidentale fossero pattugliati per impedire l’ingresso all’arpista del Supremo, che nessuno in Herun gli dia alloggio né aiuto di alcun genere, e che se qualcuno lo vede avverta subito le guardie o lei stessa. E ce ne ha detto il motivo. Ha spedito messaggeri in ogni angolo di Herun per diramare questi ordini. E poi è partita.

Lo sguardo di Lyra si spostò lentamente sui tetti grigi e scabri dei magazzini prospicenti i moli, e poi sulle sommità delle colline delicatamente sfumate di verde sotto il sole primaverile. — Deth! — sussurrò.

Trika si schiarì la gola. — Noi abbiamo supposto che potrebbe essere andata a cercarlo. Lyra, nessuna di noi… nessuna capisce come lui abbia potuto fare le cose terribili di cui lo ha accusato il Portatore di Stelle, o come abbia potuto mentire alla Morgol. Sembrava impossibile. Allora lui non… non amava la Morgol?

— Forse la amava — disse lentamente Lyra. Colse l’occhiata di Raederle e aggiunse, sulla difensiva: — Lei ha emesso il suo giudizio come hanno fatto Danan Isig e Har: senza neppure ascoltarlo, senza dargli la possibilità di difendersi, un diritto che avrebbe riconosciuto perfino all’ultimo zappaterra degli acquitrini di Herun.

— Io non sono in grado di capirlo — disse Raederle, secca. — Ma quando ho parlato con lui ha ammesso la sua colpevolezza. E non ha neppure provato a discolparsi. Non aveva nessuna giustificazione.

— Sembra che nessuno abbia pensato, neanche la Morgol, che forse Ghisteslwchlohm tiene Deth in suo potere, così come dominava i maghi, e che Deth fu costretto a portare Morgon da lui invece che dal Supremo.

— Lyra, Ghisteslwchlohm è… — Raederle tacque. Aveva l’impressione che il vento del mare si fosse d’improvviso levato come una saracinesca fra di loro, una barriera invalicabile. Notando i loro sguardi interrogativi continuò, stancamente: — Tu stai dicendo che il Fondatore è più potente del Supremo, visto che forza la volontà del suo arpista. E se c’è una cosa che io credo di Deth è che nessuno, forse neppure il Supremo, può costringerlo a fare qualcosa contro la sua volontà.

— Dunque anche tu lo hai condannato — disse Lyra in tono piatto.

— Si è condannato da solo! Cos’altro dovrei pensare? Ha mentito a tutti, ha tradito il Portatore di Stelle, la Morgol e il Supremo. E ha messo il suo mantello su di me perché non prendessi freddo mentre dormivo, quella notte nell’entroterra. Questo è tutto ciò che so. — Fissò gli occhi in quelli cupi e pensosi di Lyra. — Chiediglielo tu. Non è questo che vuoi? Trovalo e interrogalo. Tu sai dov’è: nell’entroterra, diretto a Lungold. E sai anche che dev’essere laggiù che la Morgol sta andando.

Lyra non replicò. Si mise a sedere sulla passerella accanto a Tristan, tormentata da un’incertezza che la faceva apparire ancor più giovane e vulnerabile di lei.

Dopo qualche istante fu Goh a parlare: — La Morgol non ci ha lasciato istruzioni, né ci ha ordinato di restare a Herun. E nessuno può viaggiare da solo nell’entroterra.

— Mi chiedo se lei non abbia guardato al di là dei confini di Herun, e non lo abbia visto andare… — Alzò la testa di scatto, come sul punto di dare qualche ordine, poi ebbe una smorfia e tacque.

Trika disse, gravemente: — Lyra, nessuna di noi sa cosa fare. È vero, non abbiamo ordini. Sarebbe molto meglio per tutte se tu rinunciassi a dare le dimissioni, almeno per un po’.

— Va bene. Sellate i cavalli, e andiamo a Corona. Per quanto voglia viaggiare in incognito, anche la Morgol deve aver lasciato delle tracce.

Le guardie si dispersero. Raederle sedette accanto a Lyra. Tacquero, lasciando passare uno dei marinai che fischiettando stava portando a terra il cavallo di Lyra. La ragazza bruna si appoggiò di traverso la lancia sulle ginocchia, e si volse a Raederle. — Pensi che io faccia bene a seguirla?

Raederle annuì. Aveva ancora negli occhi il volto segnato dell’arpista, l’insolito sorriso divertito che il fuoco gli delineava agli angoli della bocca mentre beveva, l’amara ironia di una voce che non era mai stata distorta da quel sentimento. Mormorò: — Sì. Lei avrà bisogno di te.

— E tu che farai? Vuoi venire con noi?

— No. Proseguirò via mare fino a Caithnard con Corbett. Se Morgon è andato a sud, forse si fermerà là.

Lyra la osservò. — Andrà fino ad An.

— Forse.

— E poi dove credi che andrà? A Lungold?

— Non lo so. Dovunque pensi che ci sai Deth, suppongo.

Seduta sulla sinistra di Lyra, Tristan sollevò la testa. — Tu credi che verrà a Hed prima di aver fatto… quella cosa? — disse, con inaspettata amarezza. — O il suo piano è di ammazzare Deth e poi tornarsene a casa, e dire a tutti ciò che ha fatto? Le altre due la fissarono. I suoi occhi erano gonfi di lacrime che non s’era curata di asciugare, la sua bocca aveva una piega dura. Abbassò gli occhi sulla superficie del molo. — Se non si spostasse così in fretta, se potessi soltanto raggiungerlo, forse potrei persuaderlo a tornare a casa. Ma come posso farlo, se viaggia senza un attimo di pausa?

— Prima o poi tornerà a casa — affermò Raederle. — Non posso immaginarlo cambiato al punto che non gli importi più niente di Hed.

— È cambiato. Una volta era il governatore della terra di Hed, e piuttosto che ammazzare qualcuno avrebbe rivolto l’arma contro se stesso. Adesso invece…

— Tristan, è stato ferito. E probabilmente più a fondo di quanto ognuno di noi possa immaginare.

Lei annuì con impazienza. — Questo posso capirlo con la mia testa. Anche a Hed è accaduto che qualcuno abbia ucciso, o per rabbia, o per la gelosia, ma non… non a questo modo. Non dopo aver seguito le tracce di un uomo come il cacciatore segue la preda, non spingendolo in qualche posto e poi ammazzandolo. Forse qualcun altro, ma… non Morgon! E se accadesse, e se dopo aver fatto questo lui tornasse a Hed, come potremmo guardarlo in faccia e riconoscerlo?

Un marinaio che portava un barilotto di vino sulle spalle scosse la passerella col suo passo pesante. Più indietro Bri Corbett stava gridando qualcosa. Raederle rabbrividì.

— Lui questo lo sa — disse sottovoce. — Dentro di sé, lui sa di avere il diritto di farlo. Ma sa anche che il solo uomo che potrà assolverlo o condannarlo è lui stesso. Tu dovresti avere un po’ più di fede in lui. Torna a casa, aspetta, e abbi fiducia in lui.

Altri passi risuonarono dietro di loro. Bri Corbett scese a terra e le guardò: — Questa è la cosa più intelligente che ho sentito dall’inizio del viaggio. Chi è che torna a casa?

— Si va a Caithnard — disse Raederle, e l’uomo sospirò.

— Bene, come inizio mi accontenterò. Magari ne approfitterò per cercare lavoro da quelle parti, se vostro padre deciderà di non voler più vedere la mia faccia ad Anuin, dopo questa faccenda. Ma se riuscissi a portare voi e la mia nave insieme nel porto di Anuin, anche con vostro padre sul molo in attesa di strapparmi a calci tutti i capelli dalla testa, Bri Corbett sarà un uomo contento.

Lyra si alzò. D’impulso abbracciò il comandante, rischiando di strappargli il berretto dalla testa con la punta della lancia. — Vi ringrazio. Dite a Mathom che è stata tutta colpa mia.

Lui si raddrizzò il berretto, arrossì un poco e sorrise. — Dubito molto che questo gli farà impressione, signora.

— Avete sentito qualche notizia che riguardi lui, qui? — domandò Raederle. — Qualcuno sa se è tornato a casa?

— Nessuno sembra saperlo, signora. Ma… — Tacque, aggrottando le sopracciglia, e lei annuì.

— Sono trascorsi quasi due mesi. Non ha più alcun voto a cui adempiere adesso, dal momento che Morgon è vivo. E se non torna ad An prima che scoppi una rivoluzione, non avrà più nessuna casa a cui tornare.

Le guardie girarono l’angolo, arrivando a cavallo sul molo in doppia fila. Kia teneva per le redini il morello di Lyra, e lo portò accanto a lei. Raederle e Tristan si alzarono, e Lyra le abbracciò entrambe brevemente e con forza.

— Arrivederci. E andate a casa. — Prima di lasciare Raederle tenne gli occhi un poco in quelli di lei, e ripeté sottovoce: — Vai a casa.

Si girò, balzò agilmente in sella, e li salutò tutti militarmente protendendo la lancia. Quindi fece voltare il cavallo, prese posto accanto a Trika alla testa della colonna, e condusse al trotto le guardie fuori dal porto di Hlurle senza mai voltarsi indietro. Raederle le seguì con lo sguardo finché l’ultima delle cavallerizze scomparve oltre l’angolo di un magazzino. Poi si volse con aria depressa e mise un piede sulla passerella. Salì a bordo lentamente, e trovò Tristan e Corbett che appoggiati alla murata guardavano anch’essi nella direzione in cui Lyra e le guardie s’erano allontanate. Corbett sospirò.

— Sarà un viaggio silenzioso, senza nessuno che usi la porta della mia cabina per il tiro al bersaglio. Appena avremo a bordo i viveri, che ho pagato con l’ultimo dei vostri anelli, faremo vela direttamente per Caithnard. E stavolta ci terremo — aggiunse con una smorfia, — il più al largo possibile della costa di Ymris. Dopo lo scherzo che abbiamo fatto ad Astrin Ymris, preferirei essere inseguito da vostro padre con un coltello che vedermi fissato da quell’occhio bianco.

Durante il lungo viaggio verso Caithnard non incrociarono nessuno, a parte una nave mercantile che teneva anch’essa una rotta prudente al largo della poco tranquilla costa di Ymris. Più a sud invece il traffico era maggiore, e all’occasione accostarono dei vascelli per scambiarsi notizie. Quella riguardante una nave di An che aveva vagato su ogni costa del reame aveva fatto il giro di tutti i porti. I mercanti dissero loro sempre le stesse cose: la guerra di Ymris s’era allargata in Tor e nell’est di Umber, nessuno sapeva dove fosse Morgon, nessuno aveva sentito niente di Mathom di An. E inoltre c’era una novità stupefacente: l’antichissima Scuola dei Maestri degli Enigmi aveva chiuso i battenti, rimandando a casa tutti gli studenti.

La monotona navigazione ebbe infine termine un pomeriggio, allorché la marea aiutò l’ormai stanca nave ad attraccare nel porto di Caithnard. Sui moli si destò una certa agitazione mentre le vele sporche e appesantite dal salmastro venivano ammainate, e si levarono commenti e saluti gridati da voci allegre. La nave scivolò verso un ormeggio libero, e i marinai gettarono i canapi ai colleghi di terra che già urlavano domande e battute pesanti. Bri Corbett ignorò quel chiasso con la pazienza di chi è costretto ad avere pazienza, e si accostò a Raederle. — Dobbiamo rinnovare la scorta d’acqua e di viveri, ma lo scafo ha bisogno di alcune piccole riparazioni prima di ripartire per Anuin. Ci vorrà un giorno o due, forse. Volete che vi trovi un alloggio in città?

— Non importa. — Poi Raederle cercò di schiarirsi le idee e si corresse: — Sì, anzi. Per favore. E avrò bisogno del mio cavallo.

— Benissimo.

Tristan si schiarì la gola: — E io del mio.

— Come volete. — L’uomo la scrutò. — Perché? Se volete cavalcare da qui a Hed, dovrete aspettare una marea maledettamente bassa.

Lei non rise. — Non andrò a Hed. Ho deciso. — Esibì una faccia impassibile allo sguardo stupito di lui. — Andrò a quella città… la città dei maghi. Lungold. Io so dov’è, l’ho visto su una vostra mappa. La strada va dritta attraverso…

— Per le pupille strabiche di Hedgis-Noon! Ragazza, non vi è rimasto neanche un’unghia di buonsenso? — esplose Corbett. — Quello è un viaggio di sei settimane lungo una terra di nessuno. Se non avessi una fessura che fa filtrare acqua nella stiva vi porterei dritta filata a Tol. Lungold! Con Morgon, Deth, il Fondatore, e chissà quanti maghi tutti diretti laggiù come spettri usciti da ogni dannata tomba di Hel, quella città si spaccherà in due come una mela piena di vermi!

— A me non importa. Io…

— Voi, invece…

Entrambi si azzittirono di colpo. Tristan aveva spostato lo sguardo oltre le spalle di Corbett, facendo un passo indietro. Raederle si volse. Un giovanotto robusto dal viso stanco, teso, e vagamente familiare, stava salendo per la passerella. Qualcosa nel suo abito semplice, nell’atteggiamento esitante con cui avanzava sulla nave di Corbett, risvegliò un ricordo nella mente di Raederle. Gli occhi di lui indugiarono qualche attimo sul suo volto, quindi si spostarono su quello di Tristan.

Si fermò, chiuse gli occhi, e dopo un lungo sospiro disse: — Tristan, bisogna proprio che tu vada a casa, prima che Eliard parta da Hed per cercarti.

Qualcosa nella muta ostinazione dello sguardo di lei parve sciogliersi. — Lui non lo farebbe mai.

— Lo farà. Vuole farlo. Un mercante arrivato da Kraal ha visto questa nave a Hlurle, e ha riferito che stavi tornando a sud. Eliard era già pronto a partire, ma noi… io ho dovuto discutere un pezzo per convincerlo, e infine ha detto che se io fossi tornato a Hed senza di te sarebbe partito senz’altro. È preoccupatissimo per te, e non gli resta neppure un filo di pazienza. È diventato impossibile vivere sulla stessa isola con lui, ubriaco o sobrio che sia.

— Cannon, io volevo tornare a casa, ma…

Mastro Cannon si appoggiò alla murata accanto a loro. — Allora dovrò metterla a questo modo: io te l’ho chiesto con tutto il rispetto che ti devo, e adesso te lo chiedo una seconda volta. Ma la terza volta non mi limiterò a chiedertelo.

Tristan lo fronteggiò a testa alta. Bri Corbett si permise un sogghigno d’approvazione che increspò il suo volto rude. Tristan aprì la bocca per replicare; poi, sotto il peso dello sguardo tormentato ma implacabile di Cannon, cambiò visibilmente tattica.

— Cannon, io so dov’è Morgon, o almeno dove sta andando. Così basta soltanto che tu dica a Eliard di aspettare un po’ e…

— Diglielo tu. L’altro giorno gli ho detto che era una bella mattinata e lui mi ha scaraventato addosso un secchio d’acqua sporca. Adattati a quest’idea, Tristan: quando Morgon avrà voglia di tornare, allora tornerà. Senza alcun aiuto da parte nostra. Proprio com’è riuscito a sopravvivere finora. Sono sicuro che apprezzerà molto il tuo tentativo di ritrovarlo, e quanto hai fatto fino ad oggi.

— Volendo, potresti venire con me…

— Mi sento già male come un cane al pensiero di starmene qui, con tutta quest’acqua fra me e Hed. Se tu vuoi che ritorni, allora vieni a Hed. In nome del Supremo, dagli qualcosa a cui ritornare; dagli la sua casa con quelli che lui ama.

Tristan restò in silenzio, fissando l’ombra dell’albero maestro stesa sul tavolato del ponte, mentre le onde mormoravano contro il molo. Infine disse: — E va bene. — Fece un passo avanti, poi si fermò. — Andrò a casa, tanto per far vedere a Eliard che sto benissimo. Ma non prometto che ci resterò. No, questo non lo prometto. — Si volse a Raederle e la abbracciò strettamente. — Abbi cura di te — mormorò. — E se vedi Morgon, digli… digli tutto. E chiedigli di tornare a casa presto.

Lasciò Raederle e lentamente andò accanto a Cannon. Lui le scarruffò affettuosamente i capelli con una mano, se la strinse al fianco, e dopo un momento la fanciulla gli passò un braccio intorno alla cintura. Raederle li guardò scendere giù dalla passerella e poi farsi strada lungo il molo affollato e pieno di merci accatastate alla rinfusa. D’improvviso fu attanagliata dalla nostalgia per Anuin, per Duac, per Elieu di Hel, per gli istrionici sguardi da corvo di Rood, per i rumori e gli odori di An, per i boschi di querce spruzzati di sole e per i profondi sussurri della terra che le parlavano della sua storia millenaria.

Alle sue spalle la voce di Corbett suonò dolce: — Non siate triste. Da qui a una settimana respirerete di nuovo l’aria di casa.

— Davvero? — Abbassò gli occhi sul palmo della mano sinistra e vide il candido marchio che non aveva nulla a che spartire con An. Poi, avvertendo l’ansia dell’uomo, esibì un tono frivolo: — Credo proprio di aver bisogno di scendere da questa nave. Volete ordinare che portino a terra il mio cavallo?

— Se aspettate un poco, potrò scortarvi io.

Gli poggiò una mano sulla spalla. — Non mi accadrà nulla. Voglio restare sola per qualche ora.

A cavallo attraversò le banchine, poi le indaffarate strade dove avvenivano le attività mercantili della città, e se anche qualcuno ebbe l’idea d’importunarla non se ne accorse neppure. Il crepuscolo allungava una rete d’ombre sull’acciottolato quando svoltò sulla silenziosa via che risaliva fino alla Scuola. Solo allora rifletté che quel giorno non aveva visto studenti, avvolti nelle loro toghe sgargianti e sempre inquieti, in nessun quartiere di Caithnard. Anche sulla strada non se ne vedeva uno. Più in alto, quando il vento che soffiava sul promontorio la investì senza più ostacoli, vide che il terreno intorno alla Scuola era del tutto deserto.

Si fermò. L’antico edificio di pietra nera dalle finestre chiuse sembrava ospitare soltanto il fallimento delle sue speranze, il crollo di ogni verità, amaro e terribile come i tradimenti perpetrati al Monte Erlenstar. L’ombra nera di quella montagna s’era allungata attraverso il reame toccando il cuore dei Maestri, costringendoli a scoprire che la peggiore delle falsità si celava entro il loro stesso sacrario. Potevano aver mandato via gli studenti per interrogarsi l’un l’altro, ma lei sapeva che nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di mettere in discussione gli scopi e i significati su cui la Scuola degli Enigmi era stata edificata.

Smontò davanti alla porta e bussò. Nessuno venne ad aprire, ma il battente era socchiuso ed entrò. L’andito era vuoto, immerso nel buio. Avanzò nel corridoio a passi lenti, fermandosi a tratti per guardare nella fila di stanze che una volta avevano odorato di libri, di biancheria, di candele fumose alla cui luce gli studenti solevano fare interminabili gare di enigmi. Al pianterreno non c’era un’anima. Salì le massicce scale di pietra e al primo piano trovò soltanto altre file di porte spalancate, stanze che contenevano cartacce e residui lasciati da coloro che avevano fatto i bagagli. Infine si trovò davanti la porta della Biblioteca dei Maestri. Era chiusa.

La spinse ed entrò. Otto Maestri e un Re interruppero la loro pacata discussione per voltarsi, e la fissarono sorpresi. Gli occhi del Re, azzurri come il ghiaccio antico, ebbero un lampo di divertita curiosità al suo ingresso.

Uno dei Maestri si alzò e inchinò cortesemente il capo. — Raederle di An. C’è qualcosa che noi possiamo fare per te?

— Lo spero — mormorò lei. — Lo spero, perché non ho altro posto dove andare.

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