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L’alba stava tingendo di grigio il cielo a levante, quando Enoch Raven si sedette alla macchina per scrivere. Dalla finestra si vedevano le verdi colline della Virginia, e in mezzo agli alberi e ai cespugli alcuni uccelli si erano già svegliati e cominciavano a cinguettare.

Enoch fletté alcune volte le dita sulla tastiera, poi cominciò a scrivere, senza mai interrompersi per pensare. Si era fatto una regola di pensare prima a tutto quello che doveva scrivere, rifinendolo e sviluppandolo in tutti i particolari, per poi battere a macchina senza interrompersi, dalla prima parola all’ultima.

Ecco cosa scrisse: “Il mondo si trova oggi a dover fronteggiare una crisi tanto grave quanto insolita e imprevista. Ma, comunque stiano le cose, dobbiamo cercare di risolverla, e al più presto. Il problema della sovrappopolazione era già molto grave, ma ora, dopo la venuta dei profughi dal futuro, nessuno può negare che la situazione non sia drammatica. Gli stessi profughi si rendono onestamente conto della gravità della situazione venutasi a creare con la loro presenza e ci daranno tutta la loro assistenza coi mezzi a loro disposizione, per risolverla. Per aiutarci cioè a costruire quei tunnel temporali con cui ci lasceranno per andare a stabilirsi in un passato più remoto. Ma la loro collaborazione e buona volontà non bastano, bisogna anche che ciascuno di noi si impegni. E quando dico ciascuno di noi, lo dico alla lettera, non è un modo di dire.

“Bisogna che siamo tolleranti, disposti al sacrificio e a sopportare taluni inconvenienti. È probabile che i cibi scarseggeranno e non saranno più buoni come prima. Dovremo aspettare prima di potere avere un’auto nuova, o una falciatrice o una lavastoviglie. Mentre in un periodo normale l’energia economica è volta alla produzione e alla distribuzione di beni di consumo e ai servizi di pubblica utilità, ora questa energia sarà volta a compiere ogni sforzo possibile per aiutare i nostri fratelli del futuro a recarsi in un passato più lontano e a rifornirli dei mezzi necessari per iniziare una nuova vita. A Detroit verrà forse dato l’incarico di fabbricare aratri, invece che automobili, per esempio. Il Presidente Henderson ha agito oculatamente nel promulgare il decreto di chiusura delle banche e delle borse e nell’ordinare il congelamento dei prezzi e dei salari, ma avrebbe dovuto anche formularne uno contro l’accaparramento. Capisco come sia difficile, sotto la pressione degli eventi, e con tali e tanti problemi da risolvere, agire per via burocratica in modo da provvedere subito al razionamento dei generi di prima necessità, ed è anche comprensibile come il signor Henderson, per motivi politici, sia stato riluttante a prendere misure così drastiche e antipopolari. Ma è proprio agendo drasticamente e prendendo provvedimenti antipopolari che potremmo più facilmente conseguire lo scopo che ci proponiamo.

“Inoltre, non sta a noi soli agire, e mi auguro che quando queste righe vedranno la luce, anche altri Paesi avranno adottato le misure necessarie a fronteggiare la crisi. Il problema che dobbiamo risolvere è un problema di portata mondiale, e tutti hanno il dovere materiale e morale di dare il loro contributo.

“La venuta dei profughi dal futuro, oltre ai problemi economici, ne ha sollevati altri di ordine morale, intellettuale e religioso, come dimostra, per esempio, l’azione intrapresa dal reverendo dottor Jake Billings, allorché è venuto a sapere che nell’immediato futuro l’umanità abbandonerà la fede religiosa. E questo non è che un esempio, a cui potranno indubbiamente seguirne altri che, tenetelo presente, anche se provocati da sentimenti sinceri, non serviranno però alla soluzione degli impellenti problemi materiali, e anzi potranno intralciarla.

“Inoltre, inutile nasconderlo, i provvedimenti che verranno — o non verranno — presi ad alto livello, saranno suscettibili di violente critiche, il cui unico risultato sarà, anche in questo caso, di intralciare o ritardare la soluzione dei problemi pratici. Gli uomini di Washington, di White Hall o del Cremlino potranno sbagliare, ma l’opinione pubblica di tutti i Paesi deve rendersi conto che non si tratta di errori provocati da intenti disonesti o stupidi, ma commessi in buona fede, con l’intenzione di agire per il meglio. Perché, qualunque decisione prendano, saranno spinti dal loro interesse — non dimentichiamo — oltre che dal desiderio di aiutare i profughi. Più presto riusciranno a partire, meglio sarà per tutti, popoli e governi. Comunque possiate pensarla o giudicare, non dovete dimenticarlo.

“E va tenuta presente un’altra cosa. La democrazia vuole, ed è giusto, che tutti possano dire la loro a proposito delle decisioni e delle azioni del governo, per evitare che siano prese decisioni ritenute ingiuste o arbitrarie. Ma oggi non ci possiamo permettere il lusso di un concetto così idealista. La situazione non può essere risolta mediante decisioni prese secondo accordi di tutti coloro che sentono o vogliono esprimere un’opinione in merito. Molti piedi verranno pestati, molti ideali di giustizia e proprietà saranno violati, ma bisognerà accettare tutto questo, se non in silenzio, almeno senza creare caos o disordini, in quanto tutto ciò fa parte della collaborazione, della tolleranza, dell’accettazione che tutti sono tenuti a dare.

“La minaccia non si estende a un solo Paese, a un solo partito, a un solo popolo, ma coinvolge tutto il mondo. Nessuno può sapere cosa succederà, né tanto meno l’estensore di queste note, perché non esistono paragoni storici con cui raffrontare l’attuale situazione. Ma, dal canto mio, d’ora in avanti, come contributo personale alla tolleranza e ai sacrifici che reputo tanto necessari, prometto di esercitare una severa censura — se non sui miei pensieri — sui miei scritti, onde evitare la propaganda di notizie false, tendenziose, passibili di provocare disordini o incitare alla disubbidienza e a una critica sterile e negativa. E invito tutti a imitare, nei limiti delle loro possibilità, il mio modesto esempio”.

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