Il Nonno dice:
— Stavo parlando proprio l’altro giorno con Dante Alighieri, e lui mi raccontava che inferno di stupidità, crudeltà, perversione, ateismo e di minacce mortali era il secolo decimosesto. Quanto al decimonono, riusciva solo a farfugliare, alla vana ricerca di invettive adeguate a descriverlo.
“In quanto alla nostra epoca, gli ha fatto salire la pressione al punto che ho dovuto dargli un tranquillante e spedirlo via con la macchina del tempo in compagnia di un’infermiera. Somigliava molto a Beatrice, e forse era proprio la medicina che ci voleva per lui… forse.”
Il Nonno ridacchia, ricordando che Chib, da bambino, prendeva sul serio le descrizioni dei visitatori venuti con la macchina del tempo, personaggi come Nabucodonosor, re dei Mangiatori d’Erba; Sansone, enigmista dell’età del bronzo e flagello dei filistei: Mosè, che rubò un dio al suocero kenita e lottò per tutta la vita contro la circoncisione; Buddha, il primo capellone; Sisifo Pietra Tonda, in permesso speciale dall’eterna fatica di spingere il suo masso; Androclo e il suo amichetto, il Leone Codardo di Oz; il pilota von Richthofen, il Barone Rosso della Germania; Beowulf; Al Capone; Hiawatha; Ivan il Terribile e centinaia di altri.
Era giunto un momento in cui il Nonno s’era allarmato ed era giunto alla conclusione che Chib confondeva la fantasia con la realtà. Gli dispiaceva dire al bambino che s’era inventato lui tutte quelle storie meravigliose, soprattutto per insegnargli la storia. Era come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste.
E poi, mentre con riluttanza lo spiegava al nipote, si era accorto del sogghigno che Chib reprimeva a fatica e aveva capito che adesso era lui a essere preso in giro. Chib non si era mai lasciato ingannare, oppure l’aveva progressivamente capito senza traumi. Così, si erano fatti entrambi una bella risata e il Nonno aveva continuato a parlare dei suoi visitatori.
— Non esistono le macchine del tempo — dice il Nonno. — Ti piaccia o no, devi vivere nel tuo tempo.
“Le macchine lavorano nei livelli delle fabbriche in un silenzio rotto solo dal cicaleccio di pochi mahout. I grandi tubi in fondo al mare aspirano acqua e limo. Questa roba viene portata automaticamente, per mezzo di condutture, ai dieci livelli produttivi di Los Angeles. Là le sostanze chimiche inorganiche vengono convertite in energia e poi nella materia costitutiva dei viveri, delle bevande, dei medicinali e dei manufatti. C’è ben poca agricoltura e ben poco allevamento al di fuori della cinta delle città, ma c’è abbondanza per tutti. Roba artificiale, ma duplicato esatto di quella organica, quindi, chi bada alla differenza?
“Non ci sono più le privazioni e la fame, salvo che tra gli esuli volontari che vagano nei boschi. E i viveri e i beni di consumo vengono spediti alle pandore e distribuiti ai percettori del salario purpureo. Il salario purpureo. Un eufemismo tipico della pubblicità, con il suggerimento di percentuali rispetto al valore prodotto e di diritti inalienabili. Guadagnato per il semplice fatto di nascere.
“Altre epoche giudicherebbero la nostra un incubo, eppure ha benefici di cui le altre erano prive. Per combattere la provvisorietà e l’alienazione, la megalopoli è suddivisa in piccole comunità. Un uomo può vivere tutta la sua vita in un posto, senza bisogno di andare altrove per procurarsi ciò che gli occorre. Questo ha portato un provincialismo, un campanilismo da strapaese, e l’ostilità verso gli estranei. Da ciò le sanguinose lotte tra le bande giovanili delle varie cittadine. Da ciò il pettegolezzo intenso e maligno. La pretesa che tutti si conformino alle consuetudini locali.
“Nel contempo, il cittadino dei piccoli centri ha il fideo, che gli permette di assistere agli eventi di tutto il mondo. Mescolati alle stronzate e alla propaganda che il governo giudica adatte alla gente, ci sono parecchi programmi superbi. Un uomo può farsi un’istruzione equivalente a una laurea senza uscire di casa.
“È nato un altro Rinascimento, un gusto per le arti paragonabile a quello dell’Atene di Pericle e dell’Italia di Michelangelo o dell’Inghilterra di Shakespeare. Paradosso: ci sono più analfabeti di quanti ce ne siano mai stati nella storia del mondo. Ma anche più letterati.
“C’è più gente che parla il latino classico, adesso, di quanta ce n’era ai tempi di Cesare. Sulla spiga dell’estetica crescono chicchi favolosi. E checche, naturalmente.
“Per attenuare il provincialismo e anche per rendere ancora più improbabile una guerra internazionale, abbiamo la politica mondiale di omogenizzazione. Lo scambio volontario di una parte della popolazione d’una nazione con una parte di un’altra. Ostaggi di pace e d’amore fraterno. I cittadini che non riescono a tirare avanti con il solo salario purpureo, o che credono di poter essere più felici altrove, vengono indotti con incentivi a emigrare.
“Un Mondo Aureo sotto certi aspetti: sotto altri aspetti, un incubo. Che c’è dunque di nuovo? È sempre stato così, in ogni epoca. La nostra aveva il problema della sovrappopolazione e dell’automazione. Come lo si poteva risolvere, altrimenti? È di nuovo la storia dell’asino di Buridano (in realtà, l’asino era un cane): è sempre così. L’asino di Buridano, che muore di fame perché non sa decidere quale mangiare di due mucchi di cibo del tutto uguali.
“La storia è un pons asinorum: gli uomini sono gli asini sul ponte del tempo.
“No, i due paragoni non sono né giusti né esatti. È il cavallo di Hobson, invece: l’unica scelta è la bestia più vicina. Stanotte cavalca lo Zeitgeist, e il diavolo si prenda chi resta ultimo!
“Coloro che verso la metà del secolo ventesimo scrissero il documento della Triplice Rivoluzione fecero previsioni esatte, sotto certi aspetti. Ma sottovalutarono quel che, a causa della mancanza di lavoro, sarebbe successo al cittadino medio, al ‘signor Qualunque’. Credevano che tutti gli uomini avessero le stesse capacità di sviluppare tendenze artistiche, che tutti potessero impegnarsi nelle arti, nell’artigianato, negli hobby o nello studio per amor dell’istruzione. Non vollero affrontare la realtà ‘antidemocratica’ che solo il dieci per cento della popolazione, a dir tanto, è intrinsecamente capace di produrre qualcosa di artisticamente valido, o anche solo qualcosa di vagamente interessante. L’artigianato, gli hobby e una vita dedicata allo studio finiscono per annoiare, dopo un po’, e perciò si torna a sbronzarsi, al fideo e all’adulterio.
“Non avendo per prima cosa rispetto per se stessi, i padri diventano vagabondi, nomadi delle steppe del sesso. La Madre, con la M maiuscola, diventa la figura dominante della famiglia. Anche lei può praticare la promiscuità, ma si prende cura dei figli ed è quasi sempre presente. Quindi, con il padre che è diventato una figura con l’iniziale minuscola, assente, debole o indifferente, i figli diventano spesso omosessuali o bisessuali. Il paese dei balocchi è anche il paese dei finocchi.
“Certi elementi del nostro tempo erano già da tempo prevedibili. Uno era il permissivismo sessuale, sebbene nessuno potesse prevedere fin dove si sarebbe spinto. Comunque, nessuno avrebbe potuto prevedere una religione come la panamorita, anche se l’America ha sempre generato assurde sette religiose con la stessa prodigalità con cui una rana genera i girini. Il pazzo monomaniaco di ieri è il messia di domani: Sheltey e i suoi discepoli sopravvissero ad anni di persecuzione, ed ecco che oggi i loro precetti sono diventati parte integrante della nostra cultura.”
Il Nonno punta di nuovo il periscopio su Chib.
— Eccolo là, il mio bel nipote, che va a portar doni ai greci. Finora quell’Ercole non è riuscito a far pulizia nelle stalle augiane della sua psiche. Eppure forse ci riuscirà, quell’Apollo “suonato” dai pugni, quell’Edipo Sconfitto. È più fortunato di tanti altri suoi coetanei. Ha avuto un padre permanente, sia pure segreto, un vecchio buffone che si nasconde per sottrarsi alla cosiddetta giustizia. Ha ricevuto amore, disciplina, e un’istruzione superba in questo covo segreto. Ed è fortunato anche perché ha una professione.
“Però Mamma spende troppo e per giunta ha il vizio del gioco, un vizio che le mangia gran parte del suo salario garantito. Io passo per morto, perciò non ricevo il salario purpureo. Chib deve rimediare a tutto questo vendendo o scambiando i suoi quadri. Luscus l’ha aiutato facendogli pubblicità, ma da un momento all’altro potrebbe mettersi contro di lui. Il denaro guadagnato grazie ai quadri non basta. Dopotutto, il denaro non è il fondamento della nostra economia: è solo un fattore marginale e, inoltre, poco diffuso. Chib ha bisogno della borsa di studio, ma non l’avrà se non si adatterà a far l’amore con Luscus.
“Non che Chib rifugga dai rapporti omosessuali. Come quasi tutti i suoi coetanei, è sessualmente ambivalente. Credo che lui e Omar Runic continuino ancora a farsi qualche lavoro di bocca, di tanto in tanto. E perché no? Si vogliono bene. Ma Chib rifiuta Luscus per una questione di principio. Non vuol diventare una puttana per amore della carriera. Inoltre, Chib pratica una distinzione profondamente radicata in questa società. Pensa che l’omosessualità volontaria sia naturale (qualunque cosa significhi questo termine) ma che l’omosessualità coercitiva sia anormale. Valida o no, lui la distinzione la fa.
“Quindi, può darsi che Chib finisca in Egitto. E che sarà di me, allora?
“Non pensare a me o a tua madre, Chib. Qualunque cosa accada. Non cedere a Luscus. Ricorda le parole pronunciate in punto di morte da Singleton, Direttore dell’Ufficio Ricollocazione e Riabilitazione, che si sparò perché non sapeva adattarsi ai tempi nuovi: Che vale per un uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde il culo?”
In quel momento, il Nonno vede suo nipote, che fino a un istante prima camminava con le spalle un po’ curve, raddrizzarle all’improvviso. E vede Chib prorompere in una danza, un piccolo, improvvisato strisciare del piede, seguito poi da una serie di giravolte. È evidente che Chib si sente felice. I pedoni intorno a lui fanno grandi sorrisi.
Il Nonno geme e poi ride. — Oh, Dio, l’energia caprina dei giovani, l’imprevedibile spostamento del registro dalla nera disperazione alla fulgida gioia! Danza, Chib, danza come un matto! Sii felice, anche solo per un momento! Sei ancora giovane, hai l’effervescenza di una speranza invincibile nella tua fonte! Danza, Chib, danza!
Ride e si asciuga una lacrima.