— È un barrayarano. E non un barrayarano qualsiasi. Dobbiamo portarlo al sicuro, senza che nessuno lo veda, e subito — continuò Metzov.
— Chi può averlo mandato, allora? — Cavilo si volse a esaminare Miles con una smorfia perplessa.
— Dio! — affermò fervidamente Metzov. — È stato Dio a metterlo nelle mie mani. — La voce allegra di Metzov aveva una nota stridula, preoccupante. Perfino Cavilo inarcò un sopracciglio.
Metzov si accorse della presenza di Gregor e gli gettò un'occhiata. — Ora prenderemo il nostro piccolo amico e questo… la sua guardia del corpo, suppongo… — S'interruppe, incerto.
Le fotografie di Gregor appese negli uffici risalivano al tempo della sua incoronazione e gli somigliavano poco, ma non passava settimana senza che l'Imperatore apparisse in qualche notiziario. Non così malmesso e spettinato, ovviamente… Miles poté quasi leggere nella mente di Metzov: «Questa faccia non mi è nuova. Ora mi sfugge il nome, però…» Ma forse non avrebbe riconosciuto Gregor. Forse non ci avrebbe creduto.
Irrigidito in un atteggiamento dignitoso per celare il suo sconcerto, Gregor domandò: — Questa persona è un altro dei tuoi vecchi amici, Miles?
Fu il tono colto, misurato, di quelle parole a far scattare il contatto. Metzov ebbe un fremito e impallidì per l'improvvisa eccitazione. Il suo sguardo saettò lungo il molo… in cerca di Illyan, suppose Miles.
— Uh… questo è il generale Stanis Metzov — gli spiegò.
— Il Metzov dell'isola Kyril?
— Già.
— Oh. — Gregor mantenne un'espressione contegnosa, quasi disinteressata.
— Dov'è la sua scorta, signore? — chiese Metzov con voce rauca, più spaventato di quel che gli piacesse mostrare.
Ce l'hai davanti, si dolse Miles.
— Non molto lontano, immagino — mentì freddamente Gregor. — Eviti di disturbare la Nostra persona, e si risparmierà delle noie.
Cavilo agitò una mano con impazienza. — Chi è questo individuo?
Prima che Metzov potesse rispondere, Miles gli chiese: — Lei cosa sta facendo qui?
Lui ebbe una smorfia cupa. — Come crede che possa vivere un uomo della mia età, criminosamente privato della pensione e derubato dei suoi risparmi? S'illudeva che mi sarei ritirato a morire di fame in una baracca? No, ragazzo. Non Stanis Metzov!
Era stato poco opportuno ricordargli i suoi motivi di rancore, si disse Miles. — Be', sembra che per lei questo sia un miglioramento rispetto all'isola Kyril. Climatico, se non altro. Ha un colorito più sano — disse, sperando di placarlo. La sua mente girava a vuoto. Metzov che lavorava agli ordini di una donna? La dinamica dei loro rapporti aveva degli aspetti interessanti. Stanis caro?
Metzov non fu divertito dalle sue osservazioni.
— Chi è costui? — domandò ancora Cavilo.
— Potere. Denaro. E la leva per ottenere tutto questo. Più di quanto tu possa immaginare — rispose Metzov.
— E guai — puntualizzò Miles. — Anche questi più di quel che possiate immaginare.
— Lei è una faccenda che riguarda me, storpio mutante — ringhiò l'uomo.
— La prego di accantonare le questioni personali, generale — disse Gregor nel suo miglior tono di Palazzo. Le formalità prive di vera sostanza erano un automatismo che gli consentiva di mimetizzare la confusione.
— Dobbiamo portarli immediatamente sulla Mano di Kurin - ripeté Metzov. — Lontano dagli orecchi e dagli occhi altrui. Continueremo la nostra conversazione in privato.
Furono messi in marcia al centro della squadra di armati. Miles si sentiva lo sguardo di Metzov nella schiena come un pugnale, che si affondava e si torceva. Oltrepassarono alcuni moli, anch'essi deserti, finché sbucarono in uno più vasto dove c'era una certa attività di uomini e macchinari per il carico. La nave ammiraglia, a giudicare dalle numerose sentinelle agli sbocchi di quattro ampi tubolari.
— Porta questi due in infermeria per l'interrogatorio — ordinò Cavilo all'ufficiale di guardia, che era scattato sull'attenti seguendola poi attraverso il compartimento stagno.
— Un momento — li fermò Metzov. Si volse a guardare il lungo corridoio interno, a destra e a sinistra. — Quelli della tua sicurezza sono forse sordi e muti?
— Non direi! — esclamò Cavilo, indignata per tutti i misteri che il suo nervoso subordinato stava facendo. — Nella stiva, allora.
— No — si oppose ancora Metzov. Esitante, suppose Miles, all'idea di far rinchiudere l'Imperatore in una cella. L'uomo infatti si rivolse a Gregor e gli chiese, con assoluta serietà: — Ho la sua parola d'onore che non tenterà nulla, sire… signore?
— Cosa? — gridò Cavilo. — Hai stappato qualche bottiglia di troppo, Stanis?
— La parola d'onore — rispose gravemente Gregor, — è un impegno che si può prendere anche con un nemico, purché degno. Sul suo onore io non discuto, generale. Ma lei si sta dichiarando nostro nemico?
Eccellente modo d'impostare la situazione, approvò Miles.
Metzov lasciò cadere lo sguardo su di lui. Strinse le labbra. — Forse non suo. Ma lei non ha la mano felice nella scelta degli amici. Tantomeno in quella dei consiglieri.
L'espressione di Gregor era illeggibile. — Alcune persone mi vengono imposte. Anche alcuni consiglieri.
— Nella mia cabina. — Metzov alzò una mano a prevenire l'obiezione di Cavilo, che aveva già aperto la bocca. — Per ora. Per la nostra conversazione preliminare. Senza testimoni né registrazioni per la sicurezza. Poi prenderemo una decisione, Cavy.
Cavilo, gli occhi socchiusi, annuì appena. — D'accordo, Stanis. Facci strada. Prego, voi due. — E allargando ironicamente un braccio accennò loro di precederla.
Metzov piazzò due mercenari di guardia fuori dalla sua cabina e mandò via gli altri. Quando la porta fu chiusa, tirò fuori un cordone, legò i polsi di Miles dietro la schiena e lo obbligò a sedere sul pavimento. Poi, con assurda deferenza, invitò Gregor a prendere posto sulla poltroncina imbottita davanti alla consolle di comunicazione, la più comoda di quell'alloggio spartano.
Cavilo, che era andata a sedersi sul letto a gambe incrociate, notò l'incongruenza della sua logica. — Perché leghi il piccolo e lasci libero di muoversi quello più grosso?
— Tieni lo storditore in pugno, se questo ti preoccupa — la consigliò Metzov. Respirando fra i denti si mise le mani sui fianchi e studiò Gregor. Scosse la testa, come se ancora non potesse credere ai suoi occhi.
— E tu perché non impugni lo storditore?
— Io non ho ancora deciso se estrarre un'arma o meno in sua presenza.
— Qui siamo soli, Stanis — gli ricordò Cavilo, con aperto sarcasmo. — Vuoi essere così gentile da darmi una spiegazione, ora? E sarà meglio che tu ne abbia una valida.
— Ah, sì. Questo individuo — e indicò Miles, — è Lord Miles Vorkosigan, il figlio del Primo Ministro di Barrayar. Presumo che tu abbia sentito nominare l'ammiraglio Aral Vorkosigan.
Cavilo aveva estratto lo storditore, una delle due armi che portava alla cintura. Corrugò le bionde sopracciglia. — Ma allora cosa stava facendo su Pol Sei, nei panni di un trafficante d'armi betano?
— Non saprei. L'ultima volta che ho sentito parlare di lui era stato arrestato dalla Sicurezza Imperiale, anche se nessuno credeva che fosse una cosa seria, ovviamente.
— Ero agli arresti — confermò Miles.
— Lui, invece — il dito di Metzov compì un semicerchio, — è Sua Altezza Imperiale Gregor Vorbarra, Imperatore di Barrayar. Cosa stia facendo qui, io non riesco a immaginarlo.
Cavilo impiegò qualche secondo per digerire la sorpresa. — Ne sei sicuro? — Al secco assenso di Metzov, si volse a scrutare Gregor con espressione calcolatrice. — Mmh… quant'è interessante. Sì, molto interessante.
— Ma dov'è la sua scorta? Dobbiamo agire con cautela, Cavy.
— Cosa può valere per loro? O per essere più concreti, qual è la somma più alta che possiamo chiedere?
Gregor le sorrise. — Io sono un Vor, signora. Anzi, il Vor. Il rischio nello svolgimento delle sue funzioni è il prezzo che un Vor deve pagare. Non presumerei che il mio valore in marchi sia elevatissimo, se fossi in lei.
La precisazione di Gregor conteneva una certa dose di verità, pensò Miles. Ma non poteva illudersi che quei due si sarebbero limitati a considerazioni puramente monetarie.
— Un'opportunità, certo — rifletté Metzov. — Ma se ci creiamo un nemico che non possiamo manovrare…
— Se lo teniamo in ostaggio, dovremmo riuscire a manovrarli senza difficoltà — disse pensosamente Cavilo.
— Un'alternativa più onorevole — suggerì Miles, — sarebbe di aiutarci a raggiungere in salvo la nostra meta, ottenendo sia la gratitudine del nostro governo che un generoso premio in denaro. Questa è ciò che io chiamo una strategia vincente su due fronti.
— Onorevole? — Metzov inarcò un sopracciglio e cadde in un silenzio imperscrutabile. Poi borbottò: — Ma cosa stanno facendo qui? E dov'è quel serpente di Illyan? In ogni caso il mutante lo voglio per me. Dannazione! Questa partita va giocata alla grande, oppure lasciata perdere del tutto. — Fissò malignamente Miles. — I Vorkosigan… sì. E cos'è adesso per me Barrayar? Un governo che mi dà un calcio nel sedere dopo trentacinque anni di… — Si portò una mano alla fondina con truce decisione ma, notò Miles, non se la sentì di estrarre l'arma in presenza dell'Imperatore. — Sì, falli sbattere in cella, Cavy.
— Non così in fretta — disse Cavilo, ancora pensosa. — Metti pure ai ferri il piccoletto, se vuoi. Lui non vale niente, è così?
L'unico figlio del più potente uomo politico di Barrayar tenne la bocca chiusa, con uno sforzo. Eppure, se… ma preferì onorevolmente ignorare i «se».
— Niente confronto a lui — temporeggiò Metzov, preoccupato all'idea di vedersi strappare dalle mani la sua preda.
— Molto bene. — Cavilo infilò nella fondina il prezioso storditore di piccolo calibro con cui aveva giocherellato e andò ad aprire la porta. I due mercenari si fecero avanti. — Portate costui nella Cabina Nove, sul Ponte G — ordinò, indicando Gregor. — Isolate l'impianto di comunicazione, e chiudetelo dentro. Voglio un uomo sempre di guardia all'esterno. Qualunque cosa chieda per la sua comodità può essergli data, purché entro limiti ragionevoli. — Si volse a Gregor. — È l'alloggio migliore per gli ufficiali in visita che la Mano di Kurin possa offrire, Vostra… uh…
— Mi chiami Greg, prego — sospirò lui.
— Greg. Che nome simpatico. La Cabina Nove è giusto accanto alla mia, sa, Greg? Mi auguro che possiamo proseguire questa interessante conversazione fra poco, dopo che lei si sarà… rinfrescato. Magari dopo cena, no? Provvedi tu che arrivi là senza altri ritardi, Stanis. — Mostrò imparzialmente ad entrambi la candida chiostra dei suoi denti, e con passo flessuoso veleggiò oltre la porta. In corridoio si volse a mezzo e indicò Miles. — Costui portatelo in cella, invece.
Al gesto secco di un mercenario, Miles s'affrettò ad alzarsi, e con un colpetto di sfollagente-storditore, fortunatamente spento, fu messo in marcia dietro di lei.
La Mano di Kurin, a giudicare da quel poco che vide di passaggio, era una nave da battaglia di stazza superiore a quella della Triumph, capace di trasportare forze da sbarco più numerose ma sicuramente più lenta e goffa nella manovra. Anche il suo reparto di detenzione era più grande, e con maggiori accorgimenti di sicurezza. C'era un solo ingresso, da cui si passava in una stanza di controllo piena di monitor, e più avanti due corridoi a fondo cieco con le celle disposte su entrambi i lati.
Nel momento in cui arrivarono, il capitano del mercantile stava uscendo dalla stanza di controllo, sotto l'occhio vigile del mercenario che lo scortava. Cavilo scambiò con lui uno sguardo ostile.
— Come ha potuto vedere, i suoi familiari sono in perfetta salute — gli disse. — Ho tenuto fede alla mia parte del patto, capitano. Ora tocca a lei mantenere la sua.
Vediamo come la prendono, questa… - Ciò che lei ha visto è solo una registrazione, capitano — disse Miles. — Domandi ai suoi amici un'immagine più attuale.
La bella bocca di Cavilo si strinse rigidamente, ma la sua rabbia si mutò subito in un sorriso volpino mentre il capitano si voltava di scatto. — Cosa? Lei ha… — Le si piantò davanti a gambe larghe. — E va bene. Chi di voi due sta mentendo?
— Capitano, questa è l'unica garanzia che lei può avere — disse Cavilo, accennando verso i monitor. — Ha scelto lei il gioco che sta giocando. Io mi limito a imporre le mie regole. Ma al suo passeggero — e gli indicò Miles, — lei ha giocato uno scherzetto sporco. Decida lei chi sta dicendo la verità.
L'uomo strinse le palpebre. Cavilo mosse appena una mano, e le sue guardie estrassero immediatamente gli storditori. — Portatelo fuori dalla mia nave — ordinò.
— No! Voglio vedere mia moglie e mio figlio.
— D'accordo. — Lei ebbe una smorfia esasperata. — Allora portatelo nella Cella Sei, così si unirà a loro.
Mentre l'altro si voltava, a metà fra la rabbia, l'incertezza e l'impazienza di vedere i suoi familiari, Cavilo accennò alle guardie di tenersi a distanza da lui. Con un grugnito l'uomo si avviò in uno dei due corridoi. La bionda guardò Miles e gli rivolse un sorriso aspro, come a dire: «E va bene, furbone. Guarda cosa succede, adesso.» Con un gesto rapido slacciò l'altra fondina e ne tolse un piccolo distruttore neuronico, quindi prese freddamente di mira la nuca dell'uomo e sparò. Il capitano fu scosso da una convulsione e sbandò contro una parete, già morto prima che il suo corpo si afflosciasse sul ponte.
Cavilo s'incamminò pigramente verso il cadavere e lo toccò con la punta di uno stivaletto. Poi girò la testa con mossa vezzosa a guardare Miles, che era rimasto come pietrificato. — La prossima volta terrai chiusa la tua stupida bocca, forse, non è così?
Lui s'accorse di averla aperta. Deglutì un groppo di saliva. Hai voluto fare un esperimento, ed ecco cosa… Be', almeno ora sapeva com'era morto Liga. In lui balenò vivida l'immagine del polano dalla faccia di coniglio mentre cadeva al suolo nello stesso modo, forse colpito dalla stessa arma. Il lampo di esaltazione che aveva visto negli occhi di Cavilo intanto che premeva il grilletto era stato orribilmente rivelatore. Chi vedeva in realtà la tua mente quando hai preso la mira, piccola cagna? - Sì, signora, certo — mormorò, cercando di nascondere il tremito della reazione nervosa a quel bestiale omicidio. Certo. Maledetta la mia lingua…
Cavilo tornò nella stanza di controllo e si rivolse alla donna in uniforme che si occupava dei monitor. — Togli dall'archivio di bordo la registrazione della cabina del generale Metzov nell'ultima mezz'ora, e dalla a me. Poi reinserisci la sorveglianza. No, non farla passare a schermo! — Attese che la donna trasferisse la registrazione su un microdisco e se lo fece consegnare, mettendoselo con cura in un taschino. — Questo chiudetelo nella Cella Quattordici — ordinò, accennando a Miles col capo. — Anzi, mmh… se è libera, portatelo nella Tredici. — I suoi denti lampeggiarono un istante.
Le guardie fecero spogliare Miles, lo perquisirono di nuovo e gli passarono addosso uno scanner. In tono blando Cavilo disse loro di registrarlo col nome di Victor Rotha.
Mentre si rivestiva, arrivarono due infermieri con una barella per rimuovere il corpo del capitano. Con faccia del tutto inespressiva Cavilo apostrofò stancamente Miles: — Hai voluto farmi gettare via un utile doppio agente. Un atto vandalico. Avrebbe potuto servire a qualcosa di meglio che di lezione a uno sciocco. Devi ringraziare Metzov se ha deciso di proteggerti per i suoi scopi, ma queste celle non sono destinate ad alloggiare individui inservibili. Ti consiglio di pensare a un modo di renderti utile a me. — Ebbe un sorrisetto vago, distaccato. — È singolare l'affetto che Metzov rivela nei tuoi confronti. Dovrò scoprirne il motivo.
— E il caro Stanis a cosa le serve? — Miles osò assumere un tono di sfida, irritato da quel modo di vedere le cose. Essere grato a Metzov per la sua protezione? Pensiero rivoltante.
— È un esperto comandante, nei combattimenti di superficie.
— E perché una flotta di astronavi assoldata per sorvegliare i corridoi di transito sente il bisogno di un esperto in tattiche di superficie?
— Be', diciamo allora che sa essere piacevole, a suo modo — rispose lei con un sorriso divertito, voltandogli le spalle.
Poteva perfino essere la verità. — A suo modo come, con le braghe di cuoio e una frusta in mano? — borbottò lui, ma sottovoce e stando attento a non farsi sentire. Chissà se quei due conoscevano le rispettive inclinazioni? Gli sarebbe convenuto mettere Cavilo sull'avviso riguardo al passato di Metzov? O, ripensandoci, gli sarebbe convenuto mettere sull'avviso Metzov riguardo a lei?
La sua mente era ancora occupata a speculare su quelle possibilità quando la porta della cella si chiuse dietro di lui.
A Miles non occorse molto per stancarsi delle novità offerte dal suo alloggio, uno spazio di circa due metri per due ammobiliato solo con un paio di brande imbottite e un cesso-lavandino. Nessun visore per libri, nessun sollievo dal circolo chiuso dei suoi pensieri centrati sugli errori che non avrebbe dovuto commettere e sul senso di colpa per averli commessi.
Una razione da campo dei Rangers, infilata qualche tempo dopo in un passavivande con apertura a campo di forza, risultò ancor meno appetitosa di quelle che, propinate alle reclute barrayarane, le costringevano a nascondere in una tubatura poche semplici paste spedite da casa. Sembrava cibo per cani pressato in cubetti duri, che potevano essere masticati e ammorbiditi da chi disponeva di un'abbondante salivazione. Miles si chiese cos'avesse servito Cavilo a Gregor per cena. Di certo qualcosa non altrettanto equilibrato e vitaminico, ma più commestibile.
Erano giunti così vicino al loro obiettivo. Il consolato di Barrayar si trovava a pochi livelli da lì, distante meno di un chilometro. Se soltanto fosse riuscito a scendere da quella nave… D'altra parte, forse Cavilo non avrebbe esitato a farlo inseguire fin là, violando l'immunità territoriale del consolato, se ne avesse visto l'utile. Dal modo in cui s'era liberata del capitano del mercantile, c'era da dubitare che i suoi scrupoli in questioni come le norme diplomatiche fossero eccezionali. Poteva benissimo ordinare ai suoi mercenari di distruggere il consolato ed eliminare tutti i cittadini barrayarani residenti su quella stazione. Miles si tolse di bocca un pezzo di carne che non riusciva a masticare e lo gettò nel cesso.
Alcuni bip-bip fuori dalla porta lo informarono che qualcuno stava premendo i pulsanti della sua serratura. Venivano a interrogarlo così presto? S'era aspettato che Cavilo si prendesse almeno il tempo di cenare e valutare ciò che poteva ottenere da Gregor, prima di occuparsi di lui. O aveva deciso di lasciare a qualche subordinato il compito di torchiarlo? Deglutì in fretta un ultimo boccone e si alzò in piedi, cercando di apparire stoico. O almeno non troppo spaventato.
Ma quando la porta scivolò di lato, sulla soglia apparve il generale Metzov, militaresco ed efficiente anche nell'uniforme da fatica nera e ocra dei Randall Rangers.
— Penso che non abbia bisogno di me, signore. O vuole che resti? — disse la guardia al suo fianco, mentre Metzov entrava.
L'uomo considerò con uno sguardo l'aspetto di Miles, la spiegazzata camicia di seta verde, i pantaloni malconci, i piedi nudi (dopo la perquisizione i sandali non gli erano stati restituiti) ed ebbe una smorfia sprezzante. — Non è necessario. Non credo che lui potrebbe farmi del male.
Vero, purtroppo, dovette dargli ragione Miles.
Metzov diede un colpetto al suo comunicatore da polso. — Ti chiamerò quando avrò finito.
— Come vuole, signore. — La porta si chiuse con un fruscio, e d'un tratto la cella sembrò molto più piccola di prima. Miles si accovacciò sulla branda e tirò su le ginocchia in posizione difensiva, preparandosi a scalciare. Metzov lo contemplò senza nascondere la sua soddisfazione per alcuni lunghi secondi, poi sedette comodamente sulla branda di fronte.
— Bene, bene — si compiacque, con un sogghigno duro. — Che strani scherzi fa il destino, eh?
— Credevo che lei fosse a cena con l'Imperatore — disse Miles.
— La comandante Cavilo, come tutte le femmine, perde la bussola per ogni sciocchezza. Quando si sarà calmata s'accorgerà che per tutto ciò che riguarda Barrayar ha bisogno della mia esperienza — affermò Metzov con sicurezza.
In altre parole, non ti ha invitato. - Vuol dire che ha lasciato l'Imperatore da solo con lei? — Gregor, bada ai tuoi passi.
— Gregor Vorbarra non mi preoccupa. Gli agi della vita di Palazzo rammolliscono il corpo e annacquano la tempra di un uomo.
Miles non si sprecò a dargli torto.
Metzov accavallò le gambe e tamburellò con le dita su un ginocchio. — Allora vediamo un po', alfiere Vorkosigan… sempreché sia ancora un alfiere. Ma con la giustizia che c'è su Barrayar, suppongo che nessuno le abbia rubato il suo grado e la sua paga. Che cosa sta facendo qui? Con lui?
Miles fu tentato di rispondere solo con nome, grado e numero di matricola, salvo che l'altro li conosceva già. Doveva considerare Metzov un nemico? Di Barrayar, se non suo personale? O le due cose erano separate, nella mente di quell'individuo? — L'Imperatore ha dovuto precedere il suo staff e gli uomini della scorta. Contavamo di rimetterci in contatto con loro tramite il consolato di Barrayar, qui sulla stazione. — Era abbastanza vero perché la mente contorta di Metzov potesse crederlo abbastanza falso.
— E da dove siete venuti qui?
— Da Aslund.
— Non giochi a rimpiattino con me, Vorkosigan. Io conosco Aslund. E prima di tutto, chi vi ha mandato qui? Non perda tempo a mentire, posso sempre farmelo confermare dal capitano della nave.
— No, non può. Cavilo lo ha ammazzato.
— Ah. — Un fremito di sorpresa, subito celata. — Ha fatto bene. Era il solo testimone a sapere dove siete.
C'era stato questo calcolo in Cavilo, quando aveva sfoderato il distruttore neuronico? Non era da escludersi. E tuttavia… il capitano del mercantile era il solo che avrebbe potuto dirle da dove venivano e chi li aveva mandati. Forse Cavilo non era così sottile come sembrava.
— Glielo ripeto — disse pazientemente Metzov, come se sapesse di avere tutto il tempo del mondo. — Perché lei si trova qui in compagnia dell'Imperatore?
— Lei che ne pensa? — replicò Miles, dicendosi che di tempo ne aveva parecchio anche lui.
— Un complotto politico, ovviamente. — Metzov scrollò le spalle.
Miles sbuffò. — Ovviamente? Ma non mi faccia ridere! — Fece un gesto sprezzante. — E secondo lei quale folle complotto politico potrebbe esserci dietro il nostro arrivo qui, noi due soli, da Aslund? Lei ci vede forse una manovra occulta? — Un paranoico di professione sì, ce la vede eccome. - Se è così mi dica pure quale, mi piacerebbe saperlo.
— Mmh… — ponderò Metzov, suo malgrado coinvolto. — Lei è riuscito a separare l'Imperatore dalla sua scorta, eh? Lei stava progettando un assassinio piuttosto elaborato, oppure aveva in programma una forma di lavaggio cerebrale per il controllo della personalità.
— Questo è il primo logico sospetto che le viene in mente, eh? Molto intuitivo. — Miles si appoggiò con le spalle alla paratia e scosse il capo.
— O forse state svolgendo una segreta… e quindi disonorevole, missione diplomatica. L'Imperatore si sta vendendo.
— In questo caso, dov'è la sua scorta? — disse Miles.
— Già. Allora la mia prima ipotesi è quella giusta.
— In questo caso, dov'è la mia scorta? — ribatté lui.
— Un complotto dei Vorkosigan… no, l'ammiraglio è da escludersi. Ha sempre controllato Gregor fin da bambino, in casa sua…
— Grazie. Speravo che questo fatto le fosse evidente.
— Allora il complotto segreto di una piccola mente malata. Lei sta sognando di diventare Imperatore di Barrayar, mutante?
— A volte ho quest'incubo, infatti. Perché non chiede a Gregor cosa ne pensa?
— Non importa. In infermeria basterà un'iniezione a farle sputare tutti i suoi segreti, appena Cavilo autorizzerà l'interrogatorio. È una vergogna che il penta-rapido sia stato inventato. Mi sarebbe piaciuto spezzarle un osso dopo l'altro fino a farla parlare. O magari urlare. Disteso su un tavolaccio non avrebbe suo padre dietro cui nascondersi. — Sogghignò. — Qui non è nella sua ricca tenuta sul lago, eh, Vorkosigan? — Poi assunse un'aria pensosa. — Forse lo farò lo stesso. Un osso al giorno, finché non ne avrà più uno intero.
In un corpo umano ci sono 206 ossa. 206 giorni. Illyan dovrebbe riuscire a rintracciarci, in 206 giorni. Miles ebbe un sorrisetto melenso.
Metzov sembrava però troppo pigro e rilassato per alzarsi e cominciare subito col primo osso. Quella conversazione speculativa non poteva considerarsi un vero interrogatorio. Ma se non intendeva interrogarlo, né vendicarsi con un po' di tortura, perché era venuto lì?
La sua amante lo ha scaricato, si sente solo e fuori posto qui, e vuole qualche faccia nota con cui parlare. Anche la faccia di un nemico. Era sgradevolmente comprensibile. Dal tempo della conquista di Komarr l'uomo non doveva esser mai uscito da Barrayar; una vita spesa nel limitato ambiente militare, sicuro, prevedibile, dove la meccanica dei regolamenti non consentiva sorprese. E ora quell'uomo così rigido era alla deriva, di fronte a scelte più libere di quanto avesse mai immaginato. Dio, il maniaco ha nostalgia. Intuirlo gli diede un brivido.
— Sto cominciando a pensare di averle accidentalmente procurato delle ottime occasioni professionali — disse. Se Metzov era di umore discorsivo, perché non incoraggiarlo? — La comandante Cavilo è assai più attraente dei suoi vecchi colleghi.
— Così pare.
— E il suo stipendio è più alto?
— Chiunque paga meglio del Servizio Imperiale — sbuffò Metzov.
— Senza contare che sull'isola Kyril ogni giorno era uguale al precedente. Qui lei non si annoia di certo, senza mai sapere cosa le porterà il domani. Oppure la comandante si confida con lei?
— Io sono essenziale per la sua strategia.
— Anche strategia da camera da letto, eh? Molti anni fa lei era nelle truppe d'assalto, ma scommetto che il vecchio istinto di andare alla carica è ancora forte… contro certi avversari.
Metzov ebbe un sorrisetto storto. — Ora lei sta diventando ovvio, Vorkosigan.
Miles scrollò le spalle. In tal caso sono l'unica cosa ovvia, qui dentro. - Da quanto ricordo, lei non ha molta considerazione per le donne in uniforme. Sembra che Cavilo le abbia fatto cambiare opinione.
— Non del tutto. — Metzov si grattò la mandibola, accigliato. — Mi aspetto di avere il comando dei Randall Rangers entro sei mesi.
— Questa cella non è monitorata? — si stupì Miles. Non che gli importassero i guai in cui Metzov poteva mettersi, anzi…
— Non in questo momento.
— Cavilo ha idea di ritirarsi, allora?
— Ci sono diversi modi per accelerare il suo ritiro. L'incidente fatale che Cavilo organizzò a suo tempo per Randall è un buon esempio. Potrei perfino trovare il modo di farla processare, visto che è stata così stupida da vantarsi di averlo ammazzato mentre erano a letto insieme.
Quella non era una vanteria, signor mio, era un avvertimento. Miles provò un attimo di vertigine nel tentativo d'immaginare Metzov e Cavilo a letto insieme. — Voi due avete molto in comune. Non c'è da meravigliarsi che vi siate subito intesi.
Il sorrisetto di Metzov si spense. — Io non ho niente in comune con quella cagnetta mercenaria. Io ero un ufficiale imperiale. — Gonfiò il petto. — Trentacinque anni di carriera. E hanno osato cacciarmi. Be', presto scopriranno quale errore sia stato. — Gettò uno sguardo al suo orologio. — Ancora non capisco perché lei sia venuto qui. È sicuro che non ci sia qualcosa che vuole dirmi, privatamente, prima che domani Cavilo le faccia raccontare tutto con una dose di penta-rapido?
Cavilo e Metzov, decise Miles, dovevano essersi accordati sul vecchio sistema d'interrogatorio il-buono-e-il-cattivo. Solo che non s'erano intesi sui particolari e stavano recitando entrambi la parte del cattivo. — Se lei vuole davvero ottenere dei vantaggi, porti l'Imperatore al consolato di Barrayar. O almeno li informi che si trova qui.
— A suo tempo forse lo faremo. Quando ci saranno le condizioni adatte. — Gli occhi di Metzov si strinsero, studiando Miles, e in fondo ad essi tornò a palpitare il barlume rossastro del suo rancore. Dopo una ventina di secondi di silenzio teso chiamò la guardia col comunicatore da polso e uscì, senza altre minacce che un freddo: — Ci vediamo domani, Vorkosigan — abbastanza sinistro.
Neppure io capisco la tua presenza qui, pensò lui, mentre la porta si chiudeva e all'esterno risuonava il bip-bip della serratura a combinazione. Chiaramente la flotta mercenaria aveva in programma anche un attacco in superficie. Che i Randall Rangers volessero installare una testa di ponte per un'invasione ad opera dei vervani? Cavilo s'era incontrata in segreto con un potente personaggio del Gruppo Jackson. Perché? Per garantirsi la neutralità dei confederati durante il conflitto ormai prossimo? Questo sembrava logico, ma perché i vervani non avevano trattato direttamente? Si tenevano al coperto per poter negare gli accordi di Cavilo, nel caso che qualcuno li avesse scoperti e denunciati prima del tempo?
E chi, o cosa, era il loro obiettivo? Non la Stazione Confederata, ovviamente, né il corridoio di transito per il Gruppo Jackson a cui apparteneva. Questo lasciava Aslund e Pol. Aslund, in fondo al suo vicolo cieco, strategicamente non era una gran tentazione. Meglio dunque occuparsi prima di Pol, tagliar fuori Aslund dal Mozzo (con la collaborazione dei confederati) e disporre poi di quel pianeta dopo averlo così indebolito. Ma Pol aveva alle spalle Barrayar, a cui nulla sarebbe stato più gradito di un'alleanza con il nervoso vicino che poteva dargli modo di mettere una mano imperiale sul Mozzo Hegen. Un attacco aperto avrebbe gettato Pol nelle ansiose braccia dei barrayarani. Aslund era dunque un bersaglio più probabile, ma…
Questo non ha senso. Erano pensieri che lo innervosivano più di quello di Gregor a tavola con l'astuta Cavilo, o dell'interrogatorio chimico che gli era stato promesso. Non riesco a vederci chiaro. È una situazione che non ha senso.
Il Mozzo Hegen continuò a ruotargli nella mente, in tutta la sua complessità strategica, durante le ore a illuminazione ridotta del ciclo notturno. Il Mozzo, e l'immagine di Gregor. Che Cavilo gli avesse propinato droghe per alterare la personalità? O una cenetta intima a base di ostriche e champagne? L'Imperatore rischiava di essere torturato? Di essere sedotto? La visione del corpo flessuoso di Cavilo/Livia Nu in una delle sue scollatissime tute da pilota scivolò davanti agli occhi di Miles. Che Gregor se la stesse spassando con lei? Miles era ancora convinto che le esperienze di Gregor con l'altro sesso non fossero superiori alle sue, ma negli ultimi anni non era stato molto in contatto col giovane Imperatore; per quel che ne sapeva lui, magari Gregor aveva un harem privato. No, non era certo così, altrimenti Ivan se ne sarebbe accorto e ne avrebbe parlato. Di conseguenza, fino a che punto Gregor poteva essere influenzato dalla più antica ed efficace forma di controllo della mente?
Il ciclo diurno ebbe inizio, e Miles cominciò ad aspettarsi che da un momento all'altro venissero a prenderlo per la sua prima esperienza con il penta-rapido, dalla parte sbagliata dell'ipospray. La verità poteva essere perfino meno credibile della menzogna; cos'avrebbero pensato Cavilo e Metzov della bizzarra odissea che aveva condotto lì lui e Gregor? Tre razioni di cibo per cani pressato arrivarono a intervalli interminabili, poi la luce tornò ad abbassarsi e ci fu un altro ciclo notturno. Cosa li tratteneva dall'occuparsi di lui? Nessun rumore o vibrazione gravitazionale gli aveva fatto supporre che la nave stesse decollando, perciò dovevano essere ancora ormeggiati alla Stazione Vervain. Miles cercò di fare un po' di moto e prese a camminare avanti e indietro: due passi e un dietrofront, due passi e un dietrofront… ma quella ginnastica non serviva a molto, e alla lunga gli faceva girare la testa.
Trascorse un'altra giornata, e ad essa seguì un'altra notte di bordo a illuminazione ridotta. Altre razioni scivolarono dentro dallo sportelletto a campo d'energia. Che stessero dilatando o comprimendo artificialmente il suo senso del tempo, per debilitarlo e renderlo più malleabile all'interrogatorio? Comunque, perché lui avrebbe dovuto preoccuparsene?
Si mangiò le unghie delle mani. Si lavò alla meglio quelle dei piedi. Strappò via un robusto filo di seta dalla camicia e cercò di pulirsi i denti. Poi scoprì che su quei fili si potevano fare file di nodi quasi invisibili, e pensò che il vecchio Alfabeto Morse era rappresentabile anche con serie di nodi; sarebbe riuscito a scrivere correttamente «Aiuto — sono prigioniero»… ed a piazzare il filo sulla giacca di qualcuno, che involontariamente l'avrebbe portato da qualche parte? Con la fantasia vide un mercenario transitare davanti al consolato di Barrayar e il filo fluttuare al suolo. Vide alcuni impiegati uscire e passare oltre senza notare quell'importante indizio, e li detestò per la loro indifferenza. Vide il console uscire a passi sussiegosi e proseguire… no, gli era caduto il fazzoletto! Vide il console chinarsi, il suo sguardo acuto spostarsi sul filo e cogliere qualcosa di strano… Persona intelligente, quel console. Volonterosamente Miles si impegnò a fare microscopici nodi sul delicato filo di seta, e riuscì a costruire le lettere A I e U. Ma con la T ebbe dei problemi e dovette buttare via tutto. Si passò una mano sulla barba non rasata, sospirò, strappò un altro filo dal bordo della camicia e ricominciò daccapo.
La serratura della porta canterellò i suoi bip-bip. Miles rialzò la testa di scatto, rendendosi conto che l'isolamento l'aveva gettato in un circolo chiuso di pensieri irreali quasi ipnotici. Quanto tempo era trascorso?
La sua visitatrice era Cavilo, elegante e pratica nella sua versione sofisticata di una tuta da fatica dei Rangers. Una guardia si mise bene in evidenza fuori dalla porta, che però fu chiusa dietro di lei. Un altro colloquio privato, dunque. Miles si sforzò di fare il punto della situazione e tornare alla realtà in cui si trovava.
Cavilo sedette sulla branda di fronte e accavallò le gambe, all'incirca nella stessa posizione assunta da Metzov ma con un effetto estetico assai diverso. Poi intrecciò le dita delle mani intorno a un ginocchio e s'inclinò in avanti, con aria attenta e stranamente confidenziale. Miles reagì inclinandosi all'indietro e poggiò le spalle alla parete, sentendosi per qualche motivo a disagio e in netto svantaggio.
— Lord Vorkosigan, mi dica… — Cavilo s'interruppe e piegò la testa di lato. — Non si sente bene? Ha un aspetto stanco.
— La reclusione non mi si addice molto. — Dopo quel lungo silenzio la sua voce era rauca. Dovette schiarirsi energicamente la gola. — Forse un visore per libri… o meglio, la possibilità di fare una breve passeggiata sotto sorveglianza… — Che gli avrebbe dato modo di contattare, almeno con lo sguardo, qualcuno disposto ad accettare denaro per portare un messaggio. — I miei problemi fisici mi costringono a un'autodisciplina rigorosa, e si aggravano in fretta se devo restare confinato. Ho bisogno assoluto di esercizio fisico, o finirò per ammalarmi davvero.
— Mmh. Vedremo. — La bionda si passò delicatamente la punta di un dito lungo l'arco dorato di un sopracciglio. Poi la sua espressione tornò a focalizzarsi. — Lord Vorkosigan, vorrei che lei mi parlasse un momento di sua madre.
— Cosa? — Una tattica inaspettata. Per sconcertarlo, in attesa di passare a un interrogatorio militaresco? — Perché?
Lei sorrise candidamente. — Alcune cose che Greg ha raccontato mi hanno incuriosita.
Cose raccontate da Greg? L'Imperatore era stato sottoposto al penta-rapido? — Che… uh, cosa vorrebbe sapere?
— Be', a quanto ho saputo la Contessa Vorkosigan è una straniera. Una betana, sposata a un membro della vostra aristocrazia.
— I Vor sono una casta militare. Comunque, sì, è così.
— E com'è stata accolta fra questi aristocratici d'alta casta, o comunque vogliano farsi chiamare? Io ero convinta che i barrayarani fossero molto provinciali in questo, pieni di pregiudizi contro gli stranieri.
— Lo siamo — ammise lui con noncuranza. — Il primo contatto che i barrayarani, di ogni classe sociale, ebbero con gli stranieri alla fine dell'Epoca dell'Isolamento fu con le forze d'invasione cetagandane. Questo ha lasciato una cattiva impressione che perdura ancor oggi, quattro generazioni dopo esserci liberati di loro.
— E malgrado ciò nessuno ha discusso la scelta di suo padre?
Miles allargò le mani con un sorrisetto. — A quel tempo lui aveva appena passato i quaranta… ed era Lord Vorkosigan. — Come lo sono io. Perché le cose per me non funzionano nello stesso modo?
— La sua provenienza non creò difficoltà?
— Lei era betana. Prima nella Sorveglianza Astronomica, poi ufficiale e combattente. Colonia Beta aveva collaborato a darci una stangata, nel nostro stupido tentativo di invadere Escobar.
— Così, benché fosse straniera e nemica, il suo passato militare le fece ottenere il rispetto dei Vor?
— Suppongo di sì. Inoltre incrementò la sua reputazione militare durante la guerra contro il Pretendente Vordariano, in varie azioni belliche, l'anno prima della mia nascita. Guidò le nostre truppe più di una volta, quando mio padre non poteva essere in due posti allo stesso tempo. — Ed era stata responsabile della sicurezza personale dell'Imperatore, che allora aveva cinque anni… con più successo di quanto lui, il figlio, stesse facendo ora che Gregor ne aveva venticinque. «Fallimento totale» era la definizione a cui Miles fu costretto a pensare. — Nessuno avrebbe osato dire qualcosa su di lei, da quel tempo.
— Mmh. — Cavilo si appoggiò all'indietro e mormorò fra sé: — Se è stato fatto una volta, può esser fatto una seconda.
Cosa, cosa poteva essere fatto? Miles si passò una mano sulla faccia, cercando di concentrarsi. — Come se la passa Gregor?
— È una persona divertente.
Gregor il Lugubre, divertente? Tuttavia, se il senso dell'umorismo di Cavilo corrispondeva al resto della sua personalità, poteva essere vero. — Volevo dire come sta di salute.
— Meglio di lei, a giudicare dalla sua faccia.
— Suppongo che lui non mangi saponette per cani.
— Ma come, un po' di sana dieta militare è così insopportabile per lei, Lord Vorkosigan? Ha lo stesso cibo delle mie truppe.
— Ne dubito — Miles le mostrò quel che era avanzato dell'ultima razione, — visto che non si sono ancora ammutinate.
— Oh, caro. — Lei osservò con simpatia il frammento sbocconcellato. — Quella roba. Credevo che l'avessimo finita già l'anno scorso. Come può essere rimasta in giro? Qualcuno sta facendo economia. Vuole che le faccia portare i pasti dalla mensa di bordo?
— Gliene sarei grato — si affrettò a dire Miles, poi tacque. Cavilo aveva stornato abilmente il discorso da Gregor, ma lui doveva tenere la mente su un'altra linea di pensieri. Quante informazioni utili era riuscita a mungergli la bionda in quei giorni?
— Lei si rende conto — domandò con serietà, — che sta creando un gravissimo incidente interplanetario fra Vervain e Barrayar?
— Non è esatto — disse pacatamente Cavilo. — Io sono una buona amica per Gregor. L'ho salvato, impedendo che cadesse nelle mani della polizia segreta vervana. Ora è sotto la mia protezione, in attesa che si presenti l'opportunità di ricondurlo al posto che gli compete.
Miles sbatté le palpebre. — I vervani hanno una polizia segreta?
— Più o meno. — Lei scrollò le spalle. — Barrayar ce l'ha, no? E Stanis sembra abbastanza preoccupato nei suoi riguardi. La vostra Sicurezza Imperiale dev'essere assai imbarazzata per aver fallito così platealmente nel suo compito protettivo. Temo che goda di una reputazione del tutto immeritata.
Non del tutto. Io sono della Sicurezza, e so dov'è Gregor. Così, teoricamente, la Sicurezza Imperiale ha ancora le sue carte in mano. Miles non sapeva se piangere o ridere. Anche se non ha un soldo bucato da puntarci sopra.
— Se siamo tutti buoni amici — domandò, — come mai io sono chiuso in questa cella?
— Anche lei per sua protezione, naturalmente. Dopotutto il generale Metzov ha minacciato apertamente di… quali sono state le sue parole? Ah, sì, spezzarle tutte le ossa del corpo. — Fece un sospiro. — Temo proprio che il caro Stanis vada perdendo la sua utilità.
Miles s'irrigidì, cercando di ricordare cos'altro Metzov avesse detto in quella stessa conversazione. — Per… tradimento?
— Non proprio. I traditori possono essere utili, a volte, se manovrati nel modo giusto. Ma la situazione strategica generale potrebbe essere a una svolta importante. Forse inimmaginabile. E dopo tutto il tempo che ho sprecato a coltivare Stanis. Spero solo che non tutti i barrayarani siano tediosi come lui. — Ebbe un breve sorriso. — Sì, lo spero molto.
Cavilo si piegò verso di lui, con espressione intenta. — È vero che Gregor è… uh, fuggito di casa per colpa delle pressioni dei suoi consiglieri? So che volevano costringerlo a sposare una donna che lui odiava.
— Non mi ha mai parlato di questa donna — disse Miles, stupito. Un momento… a cosa mirava Gregor con quella dichiarazione? Meglio evitare accuratamente di smentirlo. — Tuttavia si tratta di pressioni… comprensibili. Se dovesse morire senza un erede, quante fazioni si scannerebbero per il diritto al trono?
— E non ha eredi?
— Ci sono famiglie che vantano una certa parentela. Sarebbe questo a scatenare le rivalità.
— Così i suoi consiglieri sarebbero lieti di vederlo sposato.
— Più che lieti, direi ansiosi. Uh… — Il disagio con cui Miles aveva cominciato quella conversazione s'illuminò di colpo, come l'accensione di un bengala in attesa della bomba. — Comandante Cavilo, lei non sta… progettando di diventare Imperatrice di Barrayar, per caso, no?
Lei gli elargì un sorrisetto tagliente. — Io non potrei progettare nulla di simile, ovviamente. Ma Gregor sì. — Sbuffò, irritata dallo stupore che deformava il volto di Miles. — E perché no? Io so fare la mia figura in certi ambienti. E ho un passato militare.
— Quanti anni ha?
— Lord Vorkosigan, la prego, che domanda indelicata! — Nel turchese dei suoi occhi s'insinuò una scintilla. — Non pensa che se fossimo dalla stessa parte, potremmo utilmente lavorare insieme?
— Comandante Cavilo, credo che lei non capisca ancora Barrayar. Né i barrayarani. — In realtà nella storia di Barrayar c'erano stati periodi in cui lo stile della bionda mercenaria sarebbe andato a meraviglia. Durante il regno del terrore di Yuri il Folle, ad esempio. Ma il pianeta stava lavorando da vent'anni per sanare del tutto quelle ferite.
— Ho bisogno della sua collaborazione — disse Cavilo. — O almeno, penso che mi sarebbe utile. Utile a entrambi. La sua neutralità sarebbe… diciamo sopportabile. La sua opposizione attiva invece rappresenterebbe un problema. Per lei. Ma è più simpatico evitare l'influenza degli umori negativi a questo stadio iniziale. Non trova?
— Malgrado l'imbarazzante destino della moglie e del figlio… o meglio della vedova e dell'orfano, del capitano del mercantile? — sparò Miles a denti stretti.
Cavilo esitò una frazione di secondo. — Quell'individuo era un traditore. Della peggior specie. Vendeva il suo pianeta per denaro, ed è stato scoperto durante un'azione di spionaggio. Moralmente non c'è alcuna differenza fra fare giustizia sommaria o mandarlo davanti a un plotone.
— Sono d'accordo. Anche molti codici di guerra prevedono il caso. Ma che mi dice della differenza fra esecuzione e omicidio? Vervain non è in guerra. Il suo crimine c'è stato e meritava l'arresto, il processo, il carcere o la psicoterapia forzata… attraverso quale tribunale è stato fatto passare?
— Un barrayarano che parla di legalità? Strano, a dir poco.
— E cos'è successo alla sua famiglia?
Lei lo guardò un momento, poi rispose: — Quei seccatori dei vervani hanno chiesto il loro rilascio. Ovviamente non volevo fargli sapere che non erano più in mano mia, o avrei perso il solo modo che avevo per controllarlo a distanza.
Menzogna o verità? Nessun modo di saperlo. Ma le piacerebbe non aver commesso quello sbaglio. Il suo dominio è fondato sulla paura, e lascia che le sue stesse reazioni si basino su questo schema prima ancora di sapere dove sta mettendo i piedi. Perché non è mai sicura del terreno su cui si muove. Lo sguardo che aveva sulla faccia era chiaro. I paranoici con l'omicidio facile io li conosco: ne ho avuto uno come guardia del corpo per diciassette anni. E per un breve istante Cavilo gli apparve qualcosa di familiare, di consueto, anche se non meno pericolosa. Ma lui doveva sforzarsi di apparire convinto, non potenzialmente minaccioso, anche se la sua finzione era scontata.
— È vero — concesse. — Chi ordina di fare una cosa che non sarebbe disposto a fare personalmente è un vigliacco. E lei non è vigliacca, comandante. Di questo sono costretto a darle atto. — Sì, quello era il tono giusto: lasciarsi persuadere, ma controvoglia e non troppo sospettosamente in fretta.
Lei inarcò sardonicamente un sopracciglio, come a dire: «E chi sei tu per giudicarmi?» Ma la sua tensione si allentò un poco. Guardò l'orologio e si alzò. — Ora la lascio, e mi auguro che rifletta sui vantaggi della collaborazione. Poiché lei conosce la matematica, spero che le sarà noto il Dilemma del Prigioniero. Vedere se riesce a conciliare questa teoria con la situazione pratica in cui si trova sarà un interessante test del suo buonsenso.
Miles riuscì a conciliare la sua situazione con la necessità di restituirle un sorrisetto altrettanto affilato. Ma la sua bellezza, la sua energia, perfino il suo ego pressoché maniacale, esercitavano un autentico fascino. Che Gregor fosse stato sedotto da Cavilo? Dopotutto lui non l'aveva vista puntare il distruttore neuronico. Ma… quale arma avrebbe dovuto usare un buon agente della Sicurezza Imperiale per difendere Gregor da quell'assalto? Cercare a sua volta di sedurre lei? Sacrificarsi per l'Imperatore gettandosi fra le braccia di Cavilo era una prospettiva attraente quanto quella di dormire con una granata sonica disinnescata sotto il guanciale.
Del resto, dubitava che avrebbe funzionato. La porta si chiuse, nascondendogli la candida scimitarra del suo sorriso. Con un drammatico attimo di ritardo Miles alzò una mano per ricordarle la promessa di un miglioramento nei pasti.
Ma lei lo ricordò lo stesso. Il pranzo di mezzogiorno gli arrivò su un carrello, pilotato da un esperto anche se inespressivo attendente che glielo presentò su cinque eleganti vassoi, con due vini diversi e un caffè espresso a coronare il tutto. Miles dubitava che alla mensa si mangiasse in quel modo. Provò a immaginare un plotone di mercenari grassocci e sorridenti, satolli, che si alzavano da tavola per trotterellare alla battaglia… il cibo per cani era molto più adatto a stimolare gli istinti aggressivi.
Un'osservazione casuale che lasciò andar lì con l'attendente gli procurò insieme al carrello successivo anche un pacco, che si rivelò pieno di biancheria, una tuta da fatica senza gradi dei Rangers adatta alle sue misure, due morbide pantofole, un tubetto di depilatore per la faccia e altri oggetti da toeletta assortiti. Miles si sentì ispirato a lavarsi, un pezzo alla volta, e prima di vestirsi si fece la barba. Ora si sentiva quasi umano. Già, i vantaggi della collaborazione. Cavilo non era sottile nel mostrare il bastone e ancor meno nell'offrire la carota, ma chi voleva che lo fosse?
Dio, da dov'era sbucata quella diabolica venere in miniatura? Come mercenaria e veterana doveva essere attorno già da anni per esser arrivata in quella posizione, malgrado ogni scorciatoia. Tung la conosceva di certo. Gli sarebbe piaciuto che Tung fosse lì. Diavolo, gli sarebbe piaciuto che Illyan fosse lì.
Il modo in cui si atteggiava, ora Miles lo capiva, era una tattica calcolata per avere un carisma, una sua plateale identità d'effetto sui sottoposti. Tenendo i mercenari di truppa a debita distanza doveva funzionare abbastanza bene, così come faceva un popolare ammiraglio barrayarano della generazione di suo padre che usava un fucile a plasma come un bastone da passeggio. Solitamente scarico, s'era saputo in seguito: l'uomo non era stupido. O un alfiere Vor che portava una daga antica e si divertiva a sfoderarla alla minima occasione. Un marchio di fabbrica, uno stendardo, un pizzico di calcolata psicologia di massa. L'immagine esteriore che Cavilo dava di sé corrispondeva bene a questo tipo di strategia. Ma non c'erano timori nascosti dentro di lei, quando si accorgeva di aver fatto il passo più lungo della gamba? Vorresti che fosse così, eh?
Ahimè, dopo una dose di Cavilo era troppo facile continuare a pensare a lei, dimenticando il resto. Concentrati, alfiere. Si era forse dimenticata di Victor Rotha? Gregor era riuscito a costruire una bugia plausibile per il loro incontro alla Stazione Confederata? Miles era rimasto con l'impressione che Gregor le avesse raccontato pochi fatti sintetici, spiegandone le cause d'origine con poche sintetiche menzogne. Ma… se non era così? Forse c'erano state davvero delle manovre prematrimoniali, di cui Gregor aveva preferito non parlargli. Forse Gregor sapeva di aver agito da irresponsabile, e per autodifesa gli aveva raccontato solo la versione della verità che lo aiutava a sentirsi più giustificabile.
I suoi pensieri stavano ancora correndo a vuoto senza alcun vero obiettivo, come topolini su una ruota girevole, quando la serratura della porta fece udire il suo bip-bip. Sì, lui avrebbe finto di collaborare, promettendo il meno possibile, se lei gli avesse dato la possibilità di parlare con Gregor.
Cavilo apparve sulla soglia, con un mercenario al fianco. L'uomo aveva qualcosa di familiare… uno di quelli che erano venuti a prenderlo al molo? No…
Il mercenario si appoggiò al montante della porta e scrutò Miles con aria divertita, poi si volse a Cavilo.
— Sì, è proprio lui, non c'è dubbio. L'ammiraglio Naismith, della Guerra di Tau Verde. Lo riconoscerei dovunque, questo nanerottolo. — Sul suo volto apparve un po' di perplessità. — Ehi, ma che sta facendo da queste parti, signore?
Mentalmente Miles rivestì l'uomo con un'uniforme nera e ocra. Sì. Alla guerra di Tau Verde avevano partecipato parecchie migliaia di mercenari. Molti di loro dovevano essere finiti in ogni angolo della distorsione.
— Grazie, sergente, questo è tutto. — Cavilo gli mise una mano su un braccio e con fermezza lo spinse via. Il graduato si allontanò con lei nel corridoio fra le celle, e Miles lo sentì dire sottovoce: — Dovrebbe cercare di assoldarlo, signora. È uno stratega militare molto abile…
Cavilo riapparve dopo qualche secondo e si fermò sulla soglia, con le mani sui fianchi e un'espressione fra esasperata e stupita. — Insomma, quante identità ha lei, si può sapere?
Miles allargò le braccia e le rivolse un sorriso mite, preparandosi a discutere le condizioni per uscire da quel buco…
— Bah! — Cavilo gli volse le spalle e la porta si chiuse, tagliando a mezzo la sua esclamazione.
E adesso? Frustrato Miles abbatté un pugno sulla parete, ma la sola risposta che ebbe fu il colpo che gli rimbalzò nelle ossa fino alla spalla.