28

Per quanto riluttante, avevo dato la mia parola che sarei stato d’aiuto, così il povero Devoto Dexter si lanciò immediatamente sul problema con tutte le risorse del suo strabiliante ingegno. Ma la triste verità era che il mio cervello era fuori servizio: anche se inserivo con precisione gli indizi, non ne usciva nulla.

Forse per ottenere prestazioni così elevate necessitava di maggior carburante, perciò blandii Deborah perché si facesse mandare altri pasticcini. Mentre lei era al telefono con l’addetto al servizio in camera, Chutsky mi rivolse un sorriso sfuggente, quasi mellifluo e disse: «Allora ci proviamo, amico?»

Me l’aveva chiesto in quel modo tanto carino… E d’altronde, qualcosa dovevo fare mentre aspettavo i dolci, così accettai.

La perdita degli arti aveva privato Chutsky di qualsiasi inibizione psicologica. Invece di essere un po’ più insicuro, si era fatto più aperto e cordiale e sembrava desideroso di condividere informazioni, cosa che sarebbe stata impensabile per un Chutsky dotato di tutti e quattro gli arti e di un costoso paio di occhiali da sole. Quindi, con il desiderio di fare bella figura e di sapere più particolari possibili, approfittai del suo buonumore per sapere da lui i nomi della squadra del Salvador.

Chutsky sedeva col taccuino d’ordinanza in precario equilibrio sul ginocchio, e lo teneva fermo con il polso mentre scarabocchiava i nomi con la sua unica mano, la destra. «Manny Borges, ce l’hai presente», disse.

«La prima vittima», risposi.

«Ah-hah», fece Chutsky senza alzare la testa. Scrisse il nome e poi ci tirò sopra una riga. «E poi c’era Frank Aubrey…» Si incupì, scrisse anche il suo nome e lo cancellò, storcendo la bocca. «Gli manca Oscar Acosta. Dio sa dov’è finito adesso.» Lo segnò ugualmente e vicino ci mise un punto interrogativo. «Wendell Ingraham. Vive a North Shore Drive, Miami Beach.» Mentre scriveva, gli cadde a terra il taccuino; tentò di afferrarlo al volo, ma lo mancò. Rimase un attimo a fissarlo, poi si piegò e lo raccolse. Una goccia di sudore gli scivolò sul cranio pelato, quindi a terra. «Fottute medicine», brontolò. «Mi stordiscono.»

«Wendell Ingraham», dissi.

«Giusto. Giusto.» Scarabocchiò il resto del nome e senza fermarsi continuò con: «Andy Lyle. Adesso vende automobili, su a Davie». E in una furibonda esplosione di energia proseguì e scrisse trionfante l’ultimo nome. «Due altri ragazzi morti, uno ancora disperso, ed ecco tutta la squadra.»

«Nessuno di questi sa che Danco è in città?»

Lui scosse la testa. Gli colò un’altra goccia di sudore che mi mancò per poco. «Stiamo mantenendo il segreto sulla questione. Non c’è bisogno che si sappia in giro.»

«Loro non hanno bisogno di sapere che qualcuno vuole ridurli in cuscini urlanti?»

«No, non ce l’hanno», dichiarò, stringendo la mascella come se stesse per dire un’altra frase da duro; forse voleva proporre di eliminarli tirando lo sciacquone. Poi mi guardò e ci ripensò.

«Non potremmo almeno controllare chi manca all’appello?» proposi, senza sperarci davvero.

Chutsky scosse di nuovo la testa prima ancora che finissi di parlare. Gli colarono altre due gocce di sudore, una a destra e una a sinistra. «No, assolutamente no. Questa gente è sempre in ascolto. Se qualcuno comincia a chiedere di loro, lo vengono a sapere. E non posso rischiare che scappino. Come ha fatto Oscar.»

«Allora come facciamo a trovare il dottor Danco?»

«È questo che ti tocca scoprire», disse.

«E la casa di Monte Pattumiera?» domandai speranzoso. «Quella che avevi controllato col taccuino.»

«Debbie ha piazzato un’autopattuglia. Ci si è trasferita una famiglia.» spiegò. «No, noi puntiamo tutto su di te, amico. Ti verrà in mente qualcosa.»

Debs ci raggiunse prima che trovassi qualcosa di significativo da dire, ma in verità mi stupì molto il comportamento che Chutsky aveva nei confronti dei suoi vecchi compagni. Non sarebbe stato più carino avvisarli di prepararsi a fuggire o quanto meno di stare all’erta? Di sicuro non pretendo di essere un fulgido esempio di virtù, ma se un chirurgo squilibrato facesse la posta, per esempio, a Vince Masuoka, mi piace pensare che troverei il modo di infilare qualche riferimento durante la nostra chiacchierata nella pausa caffè. Lo zucchero, per favore. A proposito, c’è un medico maniaco che vuole tagliarti gambe e braccia. Gradisci del latte?

Ma a quanto pare, non era questo il gioco che facevano gli uomini dalla mascella virile, o almeno non il loro rappresentante Kyle Chutsky. Che cosa ci potevo fare? In ogni caso avevo un elenco di nomi ed era un buon punto di partenza. L’unico. Non sapevo però come trasformarlo in un’informazione utile e Kyle sembrava più propenso a condividere notizie piuttosto che a usare la creatività. Deborah non mi era di grande aiuto. Era tutta presa a sprimacciare il cuscino di Kyle, ad asciugargli la fronte febbricitante, ad assicurarsi che prendesse le pillole: non avrei mai immaginato di vederla fare la mamma, invece…

Divenne chiaro che in quella suite non si poteva lavorare granché. L’unica cosa che potei suggerire fu di tornarmene al mio computer e vedere se riuscivo a trovare qualcosa. Dunque, dopo aver strappato gli ultimi due pasticcini dalla mano rimanente di Kyle, me ne tornai a casa al mio fidato PC. Non ero certo che sarei riuscito a trovare qualcosa, però mi ero ripromesso di provarci. Avrei fatto del mio meglio, riflettendo sul problema per qualche ora, sperando che qualcuno avvolgesse intorno a una pietra un messaggio segreto e lo lanciasse attraverso la mia finestra. Se mi finiva sulla testa, magari mi avrebbe fatto saltar fuori qualche idea.

Il mio appartamento era come l’avevo lasciato e la cosa mi confortò. Dato che Deborah non vi alloggiava più, il letto era fatto. Accesi il computer e cominciai a fare ricerche. Prima di tutto controllai il database delle agenzie immobiliari, ma non c’erano altri acquisti che si adattassero allo schema di quelli precedenti. Tuttavia, era ovvio che da qualche parte il dottor Danco doveva essere.

Anche se avevamo messo fuori uso i suoi orribili rifugi, ero abbastanza certo che non avrebbe lasciato passare troppo tempo prima di dedicarsi a Doakes o a uno qualsiasi dei nomi sulla lista che avesse attirato la sua attenzione.

In ogni caso, con quale criterio Danco decideva l’ordine delle sue vittime? In base al grado? O a quanto lo avevano fatto incazzare? Oppure a casaccio? Se l’avessi scoperto, forse sarei riuscito a trovarlo. Da qualche parte doveva pur andare, visto che le sue operazioni non erano proprio il genere di cose che si possono fare in una camera d’albergo. Allora, dove?

Nessuna pietra ruppe il vetro e mi rimbalzò sulla testa, comunque un’ideuzza cominciò a frullare nel cervello di Dexter. Danco doveva andare da qualche parte per lavorarsi Doakes e non poteva aspettare di trovare una casa sicura. Ovunque andasse, doveva restare nella zona di Miami, vicino alle sue vittime, e non poteva rischiare di scegliere un posto a caso con tutte le possibili conseguenze. Una casa in vendita, a prima vista vuota, avrebbe potuto presto essere invasa da eventuali compratori. E se il dottore ne avesse occupata una già abitata, chi gli avrebbe assicurato che il Cugino Enrico non venisse a fare visita agli inquilini? Allora, perché non usare semplicemente la casa della prossima vittima? Danco doveva pensare che Chutsky, l’unico a conoscere la lista, fosse fuori combattimento per un po’ e non gli avrebbe dato la caccia. Mentre passava al nome successivo, il dottore poteva amputare due arti con un solo bisturi: usare la casa della sua nuova vittima per finire Doakes e poi dedicarsi allegramente al fortunato proprietario.

Poteva avere un senso ed era un punto di partenza più definito dell’elenco dei nomi. Ma anche se avevo ragione, chi di loro sarebbe stato il prossimo?

Fuori tuonò. Guardai di nuovo la lista e sospirai. Perché non ero da un’altra parte? Anche giocare all’Impiccato con Cody e Astor sarebbe stato un gran miglioramento, rispetto a questo compito ingrato e frustrante. Prima dovevo aiutare Cody a cercare le vocali. Poi la parola avrebbe assunto una forma. E quando lui avesse imparato a padroneggiare quel gioco, avrei potuto cominciare a insegnargli altre cose più interessanti. È piuttosto singolare doversi occupare dell’istruzione di un bambino, ma a dire il vero non vedevo l’ora di cominciare. Peccato che si fosse già preso cura del cane del vicino… sarebbe stato un esempio perfetto per introdurre i concetti di sicurezza e di tecnica. Quel birbante aveva molto da imparare. Tutti gli insegnamenti del vecchio Harry stavano per essere tramandati a una nuova generazione.

Mentre pensavo di aiutare Cody, mi resi conto che la contropartita era accettare di fidanzarmi con Rita. Ce l’avrei fatta davvero? Sarei riuscito a dare l’addio alla mia spensierata esistenza da scapolo e a dedicarmi alle gioie della vita coniugale? Stranamente, pensai che avrei potuto riuscirci. Certo, i bambini meritavano qualche sacrificio e trasformare Rita in un travestimento permanente avrebbe in realtà abbassato il mio profilo. Era difficile che un uomo felicemente sposato avesse i miei passatempi.

Forse ce l’avrei fatta. Era da vedere. Ma stavo divagando. Tutto questo non mi avvicinava né alla mia serata con Reiker né mi aiutava a trovare Danco. Cercai di concentrarmi e lessi la lista di nomi: Borges e Aubrey erano andati. Acosta, Ingraham e Lyle non ancora. E, tranne il primo, non sapevano di avere un appuntamento con il dottor Danco. Due erano finiti, tre erano sul punto di farlo, senza contare Doakes. Forse ora stava assaggiando la lama, con la musica da ballo di Tito Puente come sottofondo. Forse in quel momento il dottore era chino sul suo scintillante bisturi, intento a guidare il sergente nel suo ballo dello smembramento. Balla con me, Doakes. Baila con migo, amigo, come avrebbe detto Tito Puente. Doveva essere dura ballare senza gambe, ma ne valeva la pena.

E intanto, eccomi qui a girare in circolo, come se il caro dottore mi avesse tagliato una gamba.

D’accordo: assumiamo che il dottor Danco si trovi a casa della sua attuale vittima, senza contare Doakes. Naturalmente, non sapevo chi potesse essere. E questo dove mi portava? Dove non arrivava l’indagine scientifica, interveniva la buona sorte. Elementare, mio caro Dexter.

Ambarabaciccicoccò…

Il mio dito si posò sul taccuino sopra il nome di Ingraham. Bene allora, era tutto chiaro, no? Certo. E io ero Re Olaf di Norvegia.

Mi alzai e andai alla finestra dove per tanto tempo avevo spiato il sergente Doakes fermo dall’altra parte della strada nella sua Taurus marrone. Non c’era. Presto non sarebbe più stato da nessuna parte, a meno che non lo trovassi. Lui mi voleva morto o in prigione, io sarei stato più felice se fosse semplicemente scomparso… un pezzettino per volta, o tutto insieme, non faceva differenza. E io ero qui, a fare gli straordinari, a far lavorare a ritmo pazzesco la potente macchina mentale di Dexter per salvarlo… di modo che poi lui potesse uccidermi o arrestarmi. C’è da stupirsi se trovo che il concetto di vita sia sopravvalutato?

Forse per effetto della mia battuta, la luna quasi piena fece un risolino tra gli alberi. E più guardavo fuori, più sentivo il peso di quella vecchia luna crudele, che crepitava proprio sotto l’orizzonte e mi avvampava lungo la spina dorsale e mi incitava all’azione, finché non mi vidi prendere le chiavi della macchina e dirigermi verso la porta. Dopotutto, perché non controllare? Non ci avrei messo più di un’ora e non avrei dovuto spiegare nulla a Debs e Chutsky.

Mi accorsi che l’idea mi piaceva perché era semplice e veloce e se funzionava mi avrebbe ridato la mia libertà duramente conquistata in tempo per il rendez-vous dell’indomani con Reiker… Come se non bastasse, mi stava venendo voglia di un aperitivo. Perché non scaldarmi un po’ con il dottor Danco? Chi avrebbe potuto incolparmi per aver fatto a lui quello che lui con tanta sollecitudine faceva agli altri? Se per catturare Danco dovevo salvare Doakes, be’, chi ha mai detto che la vita è perfetta?

E dunque eccomi lì, diretto a nord sulla Dixie Highway e poi sulla I-95, per poi proseguire lungo la 79th Street Causeway e quindi dritto verso la Normandy Shores, la zona di Miami Beach dove viveva Ingraham. Quando svoltai nella via guidando lentamente, era già notte. Nel vialetto c’era un furgone verde scuro, molto simile a quello che Danco aveva demolito soltanto qualche giorno fa. Era parcheggiato accanto a una Mercedes seminuova e sembrava fuori posto in un quartiere così distinto. Bene, allora, pensai. Il Passeggero Oscuro cominciò a balbettare parole di incoraggiamento, ma io passai oltre, svoltando alla curva fino ad arrivare a una piazzola. Accostai e mi fermai proprio dietro l’angolo.

Naturalmente, poteva anche essere che Ingraham stesse facendo fare lavori in casa e che gli operai avessero deciso di restare lì finché non li avessero finiti. Eppure la cosa non mi convinceva, e non convinceva neppure il Passeggero Oscuro. Presi il cellulare e chiamai Deborah.

«Credo di aver trovato qualcosa», le dissi quando rispose.

«Come mai ci hai messo così tanto?» chiese.

«Credo che il dottor Danco stia occupando la casa di Ingraham a Miami Beach.»

Fece una piccola pausa in cui mi sembrò quasi di vederla aggrottare le sopracciglia. «Come fai a dirlo?»

La prospettiva di spiegarle che avevo semplicemente tirato a indovinare non mi entusiasmava granché, così mi limitai a dire: «È una lunga storia, sorellina. Ma penso che sia vero».

«Lo pensi», disse. «Però non ne sei certo.»

«Lo sarò tra pochi minuti», risposi. «Ho parcheggiato dietro l’angolo di casa Ingraham e davanti c’è un furgone che in questo quartiere sembra vagamente fuori posto.»

«Non ti muovere», mi intimò. «Ti richiamo.» Riattaccò e mi lasciò a sorvegliare la casa. Ero in una posizione scomodissima per osservare e farlo mi sarebbe costato un serio torcicollo. Così girai la macchina e mi misi lungo la strada rivolto verso la curva, dove la casa mi fissava beffarda e intanto… eccola lì. Il suo faccione faceva capolino tra gli alberi e illuminava con i suoi fiochi raggi lo squallido paesaggio. La luna, quell’eterno faro sghignazzante. Eccola.

Sentivo le sue gelide dita tentatrici che mi incitavano e mi provocavano e mi spingevano a commettere azioni sciocche e bellissime, ed era da così tanto tempo che non avvertivo questo duplice richiamo che mi rimbombava con forza nella testa e mi attraversava la spina dorsale e, a dire il vero, che male c’era se davo una controllata prima che Deborah richiamasse? Non avrei fatto stupidaggini, ovvio, sarei solo uscito dalla macchina per fare un giro in strada, una casuale passeggiata al chiaro di luna in una strada tranquilla. Poi, se per un insieme di coincidenze mi fosse capitato di fare qualche giochino con il dottore…

Notai con un certo fastidio che mentre scendevo dall’auto il mio respiro si faceva sempre più irregolare. Vergogna, Dexter. Dov’è finito il tuo leggendario autocontrollo? Forse protestava per essere stato trattenuto troppo a lungo e proprio questa scissione mi faceva sentire ancora più bramoso, ma non doveva succedere. Respirai a fondo per rilassarmi e scesi in strada: un mostro qualunque a spasso dietro a un’improvvisata clinica per vivisezioni. Salve, signore, è la notte ideale per tagliare una gamba, non le pare?

Man mano che mi avvicinavo alla villetta sentivo Quel Qualcosa che cresceva sempre più grande e forte dentro di me, mentre le vecchie dita gelide spingevano per farlo uscire. Ero di fuoco e di ghiaccio, la luna e la morte mi davano forza, e quanto più mi avvicinavo alla casa tanto più crescevano i bisbigli dentro di me, mentre dall’abitazione mi giungevano i suoni attutiti di una musica, forse un coro di ritmi e sassofoni di Tito Puente, e non occorreva che i crescenti sussurri mi dicessero che avevo ragione, che era proprio qui che il dottore aveva allestito la sua clinica.

Era qui, ed era al lavoro.

E adesso, che cosa potevo fare? Naturalmente la cosa più saggia sarebbe stata tornare alla macchina e aspettare la chiamata di Deborah… ma questa notte non c’era tempo per la saggezza, con la luna che sogghignava melodiosa così bassa nel cielo e il ghiaccio che mi gelava le vene e mi incitava a proseguire.

Dunque, non appena superata la tana del dottore, scivolai nell’oscurità della casa accanto e attraversai circospetto il cortile, finché non scorsi il retro dell’abitazione di Ingraham. Una forte luce proveniva dalla finestra posteriore e io mi avvicinai furtivamente, sempre di più, nascosto dall’ombra di un albero. Qualche altro passo felpato e sarei quasi riuscito a sbirciare dentro la finestra. Mi accostai ancora un po’, appena fuori dalla pozza di luce sul selciato.

In quella posizione potevo vedere all’interno, da un certo angolo fino al soffitto della stanza. Ecco lo specchio che Danco amava tanto usare che rifletteva metà del tavolo…

… e poco più di metà del sergente Doakes.

Era legato stretto, immobile, e la sua testa rasata di fresco era bloccata sul tavolo. Non riuscii a distinguere molti dettagli, ma a quanto sembrava le sue mani erano mozzate fino ai polsi. Le mani per prime? Davvero interessante: si trattava di un approccio completamente differente da quello usato con Chutsky. Come faceva Danco a stabilire cos’era meglio per ogni paziente?

Quell’uomo e la sua opera mi intrigavano sempre di più; c’era uno strano humour che animava la faccenda e, per quanto possa sembrare stupido, volevo conoscere un po’ meglio il suo modo di lavorare. Mi avvicinai ancora.

La musica si fermò e io con lei, poi quando il ritmo del mambo riprese, sentii una tosse metallica dietro di me e qualcosa che mi dava un colpetto sulla spalla, mi pungeva e pizzicava; mi voltai e vidi un ometto dai grandi occhiali che mi fissava. Stringeva una pistola che sembrava una di quelle che sparano proiettili di vernice; ebbi appena il tempo di indignarmi visto che era puntata contro di me, prima che qualcuno mi sfilasse le ossa dalle gambe. Poi scivolai nei prati psichedelici e lunari dove tutto è oscuro e immerso nei sogni.

Загрузка...