Charlie Meiklejohn rimuginava tristemente sul tempo e sulla temperatura di quei giorni. Era la fine di agosto e li aspettavano ancora due settimane d’inferno prima di sperare in un po’ di sollievo. E cosa accidenti causava quella foschia tra gli alberi e lungo i contorni della collina in lontananza come una nebbia londinese? La pioggia continuava a non voler arrivare. L’erba del prato stava ingiallendo, ma mai e poi mai gli sarebbe saltato in mente di bagnarla, il prato era troppo grande. Constance annaffiava ogni sera una porzione di giardino intorno alla terrazza sul retro della casa, ma solo perché lambiva i suoi meravigliosi fiori colorati. Davanti a casa avevano una sorta di fondale verde, al di là del quale cominciava l’erba ingiallita. "Tanto meglio" pensò Charlie, almeno per quella stagione non avrebbe dovuto falciarla, e se c’era qualcosa che detestava più della neve da spalare era proprio falciare l’erba. "La si annaffia, la si concima e poi la si taglia" pensò scuotendo la testa. Era davvero una cosa stupida.
«Sembra morto» mormorò Constance raggiungendolo sulla terrazza, all’ombra di un glicine e di una clematis color porpora. Indicò Brutus, il loro gatto, sdraiato sulla schiena sotto un cespuglio di lillà, la testa reclinata da una parte, le zampe divaricate in una posizione apparentemente anchilosante.
«Dovremmo far installare l’aria condizionata» disse Charlie con un tono lamentoso. Non era giusto, pensò risentito, Constance sembrava sempre fresca come una rosa. Aveva una pelle chiara come l’avorio, non sembrava mai accaldata né si abbronzava eccessivamente e pareva avere sempre la cosa giusta da indossare con qualsiasi tempo. In quel momento indossava un ampio vestito di cotone che le aderiva solo alle spalle e in nessun altro punto, dell’esatto colore dei suoi occhi, un azzurro chiaro, imperturbabile. Era snella, aveva lunghe gambe color miele. La carnagione di Charlie invece era scura, aveva capelli neri e ribelli striati di grigio, una corporatura robusta, un torace possente, braccia e gambe poderose. Era molto muscoloso ma sapeva che perdendo quattro o cinque chili forse avrebbe sopportato meglio il caldo. Decretò che i magri non sapevano cosa volesse dire soffrire il caldo, e questo non era giusto.
Constance sorrise e si sedette su una sdraio. Riguardo all’aria condizionata non ebbe bisogno di dire: "D’accordo, caro" perché il suo sguardo esprimeva altrettanto chiaramente quelle parole. Ne avevano parlato la scorsa estate, e quella precedente. Ne avevano parlato molti anni prima, quando erano diventati proprietari di quella casa a nord dello stato di New York e riuscivano a venirci solo nei fine settimana e durante le vacanze. Ne avrebbero parlato anche l’estate successiva, Constance già lo sapeva. La donna sorrise soddisfatta. In camera da letto avevano un piccolo condizionatore collegato alla finestra, e un ventilatore che spostavano dal soggiorno alla cucina alla sala da pranzo. In passato, ogni volta che avevano affrontato l’argomento e avevano preso la decisione di installare l’aria condizionata, era arrivato un fronte freddo e piogge refrigeranti, o era cominciato l’autunno, o per un motivo o per l’altro erano dovuti partire.
«Quei poveretti» disse Charlie con un sospiro, e Constance capì che stava pensando alla gente in città.
«Meglio stare qui» gli rispose.
Se non avesse fatto così caldo si sarebbe voltato per lanciarle una delle sue occhiate, ma non si prese nemmeno il disturbo di farlo. Questo era il risultato di una lunga convivenza, pensò. Ormai potevano parlarsi in codice o attraverso dei numeri e comprendersi alla perfezione. A volte Charlie aveva nostalgia della città. Ci era vissuto fino a quando, dopo venticinque anni di servizio prestato prima nel dipartimento antincendio e poi come investigatore di polizia, era andato in pensione. Per la maggior parte di quegli anni Constance aveva insegnato psicologia alla Columbia University. In giornate come quella erano soliti ritrovarsi dopo il lavoro, entrambi sfiniti e sfatti, e pianificare il giorno in cui avrebbero mollato tutto per trasferirsi in campagna dove il clima era fresco e gradevole. Bah! Charlie però sapeva bene come si stava in città in quel momento. Il ricordo di Manhattan durante l’afa di agosto era ancora fresco nella sua memoria: edifici surriscaldati, marciapiedi surriscaldati, l’odore del metallo bollente, gli animi surriscaldati. Dio, quei caseggiati! Preso dall’irrequietezza cominciò ad agitarsi tentando di allontanare i ricordi. New York ad agosto decisamente non gli mancava.
«Dopo che il tipo se ne sarà andato andiamo a mangiare qualcosa da Spirelli.»
«Forse dovremmo sederci a parlare qui fuori» suggerì Constance. «Si sta meglio che in casa.»
Charlie annuì. «Probabilmente non ci vorrà molto. Guarda.» Un altro gatto, Ashcan, aveva individuato Brutus che giocava a fare il morto e gli si stava avvicinando di soppiatto. Brutus lo avrebbe fatto a pezzi, pensò Charlie. Quando Ashcan fu più vicino Brutus aprì gli occhi giallastri, fulminò con lo sguardo il mite gatto grigio e li richiuse. Ashcan cominciò a pulirsi la coda.
«Hai già dato un’occhiata a tutte quelle cose che ha mandato?»
«Non c’è un granché. Una casa computerizzata è impazzita e ha ucciso un paio di persone. Il caso è chiuso. È evidente che è stata la casa, non c’è ombra di dubbio.»
Milton Sweetwater aveva chiesto un appuntamento per discuterne, pensò Constance, sentendosi quasi dispiaciuta per lui nonostante fosse un estraneo. Quando si trattava di computer, Charlie si trasformava in un forcaiolo: prima la sentenza e poi, casomai, le domande. Per due settimane Charlie aveva dato battaglia alla società telefonica per un errore sulla bolletta. "Fatemi parlare con una persona!" aveva urlato al telefono esasperato. Poi aveva sbattuto giù la cornetta e aveva guardato Constance con un’espressione affranta.
"Cos’è successo?" gli aveva chiesto Constance.
"Era un computer che fingeva di essere una persona" le aveva risposto quasi in un sussurro. "Mio Dio, si spacciava per un essere umano!"
Milton Sweetwater si tolse la giacca senza esitazioni. La porse a Constance con un’espressione piena di gratitudine, la seguì sulla terrazza e strinse la mano a Charlie secondo un rituale tipico degli uomini che imponeva loro di scrutarsi attentamente. Accettò una birra e si sedette. "Gran bell’uomo" pensò Constance. "Ha un’aria da star del cinema, ricorda Gregory Peck." Ovviamente, così come Constance, anche lui li stava studiando. Charlie invece, pensò Constance, non le era affatto d’aiuto.
«Giornata calda per viaggiare» esordì Charlie. Milton Sweetwater ne convenne dopodiché calò il silenzio.
D’un tratto l’uomo rise e si lasciò andare contro lo schienale della sedia cominciando a rilassarsi. Fino a quel momento Constance non si era resa minimamente conto che fosse teso.
«Ho avuto il suo nome da Ralph Wedekind» spiegò, e bevve avidamente la birra. Il bicchiere era talmente coperto di condensa che quando lo prese in mano gli sgocciolò addosso tutta l’acqua. «A dire il vero ho tre nominativi. Ho già parlato col primo ma non mi è piaciuto. Lei è il secondo. Se non accetterà l’incarico contatterò una terza persona che si trova a New York. Stavo per scartarla per avermi fatto arrivare fin qui a casa sua anziché venire lei in città, ma dopo un paio di giorni a New York sono il primo ad ammettere che bisogna essere pazzi per vivere in quel posto, e l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno a Smart House è un investigatore pazzo.»
«Perché un investigatore di New York?» domandò pigramente Charlie.
«Non ci interessa da dove viene la persona che lavorerà per noi, purché sia in gamba e con buone referenze. Wedekind l’ha raccomandata caldamente ed è per questo che sono qui.»
«È stato il computer a uccidere quei due uomini?» domandò Charlie senza mostrare un vero interesse.
«Naturalmente no, ma gli azionisti si trovano in un guaio. Ci sono già state tre riunioni e nessuno sa esattamente in che direzione muoversi, cosa fare. La società ha subito un crollo finanziario e psicologicamente la dirigenza è in uno stato di confusione. Beth Elringer grida all’omicidio, e suo cognato chiede a gran voce che si passi all’azione. È un vero disastro.»
Charlie sospirò e si versò dell’altra birra. «Ho letto la rassegna stampa che mi ha mandato. Cos’altro c’è da sapere? Gli articoli erano esaurienti?»
«Non del tutto» rispose Milton Sweetwater dopo una pausa quasi impercettibile, come se in quel breve lasso di tempo fosse giunto a una decisione. «Possiamo dare per scontato che il nostro incontro di oggi sia confidenziale; a prescindere dal fatto che lei accetti o meno l’incarico?»
Charlie fece un gesto con la mano. «Per noi è una prassi.»
Milton Sweetwater si sporse in avanti. «C’è una parte considerevole di quel fine settimana di cui abbiamo ritenuto di non parlare né alla stampa né alla polizia. Non credo abbia rilevanza, ma nell’ultima nostra riunione abbiamo deciso di raccontare tutto all’investigatore che avremmo assunto, e iniziare le indagini da lì.»
Charlie annuì, poi guardò nuovamente i gatti sotto il cespuglio di lillà. Le foglie del cespuglio erano tristemente afflosciate e i gatti sembravano morti. A Charlie si strinse il cuore.
«C’è qualcosa che deve sapere riguardo Gary Elringer e la società, altrimenti quel fine settimana le sembrerà totalmente assurdo» cominciò a dire Milton. «Gary era un genio. Immagino che gli articoli di giornale abbiano approfondito questo aspetto. Si costruì il primo computer prima di compiere dieci anni, andò a Stanford a quindici, si laureò a venti potendo già vantare una mezza dozzina di innovazioni o di vere e proprie invenzioni e scoperte. Aveva depositato decine di brevetti prima ancora di compiere l’età per bere alcolici. Aveva anche una personalità difficile. Viziatissimo prima da bambino e poi da adulto, era piuttosto paffuto, aveva il tatto di un elefante, era collerico, si prendeva tutto ciò che voleva e generalmente rendeva infelici le persone che gli stavano accanto. All’università incontrò Beth MacNair, una ragazza timida, assai brillante e fisicamente poco procace. In qualche modo si trovarono in sintonia e si sposarono. Questo accadde dieci anni fa. Nel frattempo Bruce Elringer, il fratello di Gary, aveva messo a punto un programma per comporre musica al computer, qualcosa di rivoluzionario, e decisero di fondare la Bellringer Company. Potevano contare su un hardware e numerosi software da utilizzare con un nuovo tipo di computer. Gary aveva già guadagnato un sacco di soldi, non abbastanza, ma molti. Coinvolsero nei loro progetti alcune altre persone tra cui me, e lanciammo la Bellringer Company Incorporated. Tutto cominciò otto anni fa e fu un successo spettacolare fin dall’inizio.»
L’uomo terminò la birra e sollevò la bottiglia per leggere l’etichetta.
«È una marca locale» spiegò Charlie. Entrò in casa e ritornò con altre due bottiglie. Constance invece beveva del tè freddo, consumava birra solo con il cibo messicano. Charlie cominciò a pensare alla cucina messicana, al maiale con salsa verde, ai petti di pollo con peperoncino rosso e salsa alla panna…
«La società fu gestita da Gary sin dall’inizio» proseguì Milton dopo essersi versato dell’altra birra. «Possedeva la maggioranza e nessuno ebbe mai nulla da obiettare. Sapevamo tutti che senza di lui la società non sarebbe nemmeno esistita. Anche quando cominciò a distribuire azioni per garantirsi la lealtà dei collaboratori, Gary continuò a mantenere il controllo dell’azienda, non ci sono dubbi a questo proposito.» Spiegò con dovizia di particolari l’atto costitutivo della società, come erano state distribuite le quote azionarie e come funzionava la compagnia. «Fino a tre anni fa non era molto importante chi ne avesse il controllo» disse. «Nei primi anni non vi furono profitti per gli azionisti, eravamo tutti stipendiati. A un certo punto però cominciammo ad avere degli utili da spartire, ma quando Gary iniziò Smart House i guadagni svanirono.»
Sebbene tentato, Charlie non sbadigliò. Non era così noioso, si disse, ma non riusciva nemmeno a provare interesse per l’assetto societario che l’avvocato gli stava illustrando. Cibo messicano o italiano, decise. Alla fin fine il cibo piccante e pepato era più rinfrescante di quello non piccante. Avrebbe ordinato una caraffa di marguerita. Sì, quella sera propendeva più per il messicano. Magari tra un paio di minuti Milton Sweetwater avrebbe finito e se ne sarebbe andato, e lui e Constance avrebbero potuto discutere su dove andare a mangiare finché non fosse arrivata l’ora di cena.
«Deve comprendere che tipo di dinamiche esistevano all’interno della società, altrimenti non capirà mai per quale motivo abbiamo accettato tutti il gioco dell’assassino proposto da Gary» disse Milton non del tutto inconsapevole dell’effetto che le sue parole avrebbero avuto sull’interlocutore.
Charlie spalancò gli occhi. «Mi racconti.»
Milton terminò di descrivere il gioco con Charlie che lo guardava incredulo e Constance inorridita.
«Lei è un avvocato, e nonostante questo ha accettato di giocare?» gli domandò Constance.
Milton Sweetwater si strinse nelle spalle. «Avrebbe dovuto conoscere Gary. Sarebbe stato peggio se non avessimo accettato. All’epoca mi dissi che era un gioco relativamente innocuo, inoltre servì esattamente allo scopo che Gary aveva annunciato: fece scoprire a ognuno di noi quale meraviglia fosse in realtà Smart House.»
«Una meraviglia che ha voluto entrare nel gioco» obiettò Charlie. «Vada avanti. Mi sembra di capire che sia proprio questa la parte che i giocatori hanno omesso di raccontare ai poliziotti.»
«Esatto, ci sembrava inutile. Pensi ai commenti su tutti i quotidiani, sui giornali scandalistici. E poi il gioco non aveva nulla a che fare con quanto è successo, avrebbe potuto trattarsi di qualsiasi altro gioco o addirittura di nessun gioco. Che differenza avrebbe potuto fare per le indagini?»
«Non lo so» rispose Charlie. «Me lo dica lei. Che differenza ha fatto?»
L’avvocato parve a disagio. «Tanto per cominciare divennero tutti paranoici. Ora mi sembra incredibile che sia accaduto, ma non appena il gioco iniziò diventammo tutti paranoici. In secondo luogo sapevamo che a causa del gioco la casa, o meglio il computer, sarebbe apparso responsabile di entrambe le morti. Vede, durante il fine settimana il computer registrò i movimenti di tutti i presenti, e quando la parte di registrazione che ci interessava fu esaminata, mostrò chiaramente che non c’era nessuno con Rich in ascensore, e che Gary era andato nella stanza della Jacuzzi da solo. La polizia concluse che c’erano delle anomalie nel programma e su questo fummo tutti d’accordo. Dopotutto si era trattato di un collaudo, un collaudo limitato al fine settimana, intendo. Inoltre nessuno portò a suffragio informazioni che contraddicessero quanto appurato, e, sebbene il caso non sia stato chiuso ufficialmente, ha subito una battuta d’arresto e si trova a un punto morto. Diranno che si è trattato di uno sfortunato incidente… di due incidenti, e si finirà col credere che la Bellringer Company fabbrica computer assassini» aggiunse amaramente.
Charlie scuoteva la testa. «La polizia aveva in mano ben più di un pessimo programma pieno di anomalie. Cos’altro ha scoperto?»
«Sì, è vero» ammise Milton. «Ha scoperto altre cose. Sa, per il modo in cui il gioco era stato congeniato e col fatto che ci comportavamo tutti in maniera così paranoica, evitavamo di restare anche solo un istante in compagnia di un’altra persona. Per la maggior parte del tempo stavamo in gruppi di quattro o più persone e ci tenevamo d’occhio a vicenda. Vede, se ci si trovava in compagnia di qualcuno, sarebbe potuta sopraggiungere una terza persona in cerca della sua vittima. In questo modo ci sarebbero state una vittima, un testimone e un assassino. Penso che tutti avessimo dei sospetti riguardo a chi tosse già stato ucciso e chi no, ma anche un atteggiamento apparentemente indifferente avrebbe potuto rivelarsi una strategia.» Allargò le braccia rassegnato. «A ogni modo sapevamo che Rich era solo, che non c’era nessuno con lui, e sapevamo che non era in un gruppo di quattro persone.»
«In che modo esattamente ne ha avuto la certezza?» gli domandò pazientemente Charlie.
Milton parve più a disagio che mai. «Stavo pedinando Laura Westerman» rispose imbarazzato. «Laura era seduta a guardare un film insieme ad altre persone. Era stato allestito un angolo bar nella stanza e lei aveva un bicchiere in mano. Pensai che prima o poi sarebbe tornata a riempirlo, così mi sistemai accanto al bar. E infatti ritornò. Rich si trovava nelle vicinanze, gli rivolsi la parola in modo da attirare la sua attenzione ed essere sicuro che fosse mio testimone. Quando Laura fu a portata di tiro, le sparai con la cerbottana.» L’uomo non guardò né Charlie né Constance ma corrugò la fronte con lo sguardo perso nel vuoto. «Nell’elenco delle armi figurava come dardo avvelenato in grado di procurare una morte istantanea.»
Charlie osservava l’acqua colare giù dal bicchiere, mentre Constance faceva ruotare il ghiaccio dentro al bicchiere da bibita. Alla fine Milton guardò Constance, poi Charlie, e riprese il racconto.
«Feci segno a Laura e Rich di uscire dalla sala tv dove gli altri stavano guardando il film. Andammo nella stanza accanto, la biblioteca, e usai il computer per registrare l’uccisione. Rich testimoniò e Laura confermò di essere stata uccisa. Sia io che lei lo vedemmo allontanarsi da solo. Immaginai che dovesse tornare nella sua stanza per farsi assegnare dal computer una nuova vittima, oppure che fosse diretto al piano inferiore per scegliere un’arma. Questo quantomeno è ciò che abbiamo pensato tutti. Lo tenevo d’occhio perché sospettavo che fossi io la sua vittima. Quella è stata l’ultima volta che qualcuno l’ha visto vivo.»
«Non c’è da stupirsi che non ne abbiate voluto parlare alla polizia o ai giornalisti» disse Charlie. «È la cosa più ridicola che abbia mai sentito. Che ore erano?»
« Le undici meno dieci. Rich è stato ritrovato alle undici e quaranta e hanno stimato che sia morto tra le undici e le undici e trenta.»
«Il resoconto che ho letto parla di una borsa di rete sulla testa della vittima» disse Charlie. «Si tratta di un’altra arma letale usata per il gioco?»
«Sì, penso che Rich fosse sceso in ascensore a prendere la sua nuova arma e che si trattasse proprio di quella.»
«Una borsa di rete?»
«Immagino dovesse sostituire un sacchetto di plastica simile a quello delle lavanderie, il classico sacchetto su cui c’è scritto di fare attenzione a non infilarlo in testa. A ogni modo sarebbe dovuto servire a soffocare la vittima. Era una rete di cotone morbido, intrecciata a maglie larghe.»
«Che però lo ha soffocato» replicò ironicamente Charlie. «La polizia ha cercato di dare una spiegazione riguardo al fatto che la borsa fosse infilata in testa all’uomo?»
Milton si strinse nelle spalle. «Come potevano? Pensano che l’aspirapolvere del sistema automatico di pulizia sia entrato in funzione mentre Rich si trovava in ascensore, e che abbia aspirato tutta l’aria facendogli perdere i sensi prima che si rendesse conto di quello che stava accadendo. Forse l’ascensore si è fermato e le porte si sono bloccate. Dal momento che era solo ed è morto soffocato, quella è stata l’unica spiegazione che sono stati in grado di fornire. Non aveva segni sul collo, né altri particolari indicavano che le cose fossero andate diversamente. Nessuno di noi è riuscito a trovare una spiegazione migliore» aggiunse.
«D’accordo. E Gary Elringer, invece, com’è morto?»
«Dopo cena nessuno lo aveva più visto. Un paio di persone che guardavano il film lo avevano sentito ridere ma nessuno aveva notato che ore fossero. L’ipotesi della polizia è che per qualche ragione sia dovuto passare nella stanza dell’idromassaggio cadendo dentro alla vasca, e che poi il computer abbia chiuso il telo di copertura imprigionandolo nell’acqua. Il computer inoltre aveva surriscaldato terribilmente l’acqua per cui non c’è da stupirsi che abbia attivato per sbaglio anche la copertura.»
«Non si parlava di acqua surriscaldata negli articoli di giornale. Quanto era calda?»
«Quando a qualcuno è venuto in mente di verificare la temperatura con un termometro segnava cinquantasette gradi, ma penso che fosse stata parecchio più calda all’inizio. Quando abbiamo aperto la copertura sono uscite nuvole di vapore. Il calore ha impedito che si potesse constatare con esattezza l’ora del decesso. Forse è morto anche prima di Rich. Hanno detto che nel caso di Gary si è trattato di una morte per annegamento.»
Nonostante il caldo d’agosto Constance rabbrividì.
«Ha detto che il computer ha memorizzato gli spostamenti di Rich e Gary per tutta la sera? Può fare una cosa simile?»
«Gliel’ho detto, è una vera meraviglia. Non ho mai visto niente di simile. Dal momento del nostro arrivo fino a quando Alexander ha bloccato il programma, il computer ha registrato gli spostamenti di ognuno all’interno della casa rilevando al contempo la loro identità. Secondo il tabulato, Gary andò nella sala idromassaggio da solo, e prima dell’arrivo della squadra di soccorso non entrò nessun altro.»
Charlie guardò l’avvocato con un’aria cupa, poi si voltò a osservare il terzo gatto, Candy, dal soffice manto arancio e bianco, che vagava sull’erba ingiallita. La coda ritta, camminava contraendone l’estremità. Quella gran cacciatrice dagli occhi color zucchero bruciato era come se stesse segnalando la propria presenza a ogni preda nel suo raggio d’azione. Ashcam raccolse le gambe sotto al corpo, pronto a spiccare un salto. Candy lo ignorò e Ashcam, attratto da qualcosa che si muoveva nell’erba, ci balzò sopra. Candy proseguì verso la terrazza e quando si accorse della presenza dello straniero si fermò, drizzò il pelo lungo la schiena, appiattì le orecchie e miagolò a Constance e Charlie con una voce graffiante e roca. Ashcan fuggì in preda al terrore mentre Brutus si alzò e si allontanò disgustato. Charlie ritornò a guardare Milton Sweetvvater.
«Che cosa ha fatto il computer per convincere la polizia che era veramente impazzito?»
Milton inspirò profondamente e annuì come a dire "Bravo!". «Negli articoli non si fa cenno a niente di tutto questo, ma naturalmente lei ha ragione. La polizia era arrivata da circa un’ora quando le luci hanno cominciato ad accendersi e a spegnersi qua e là. Porte che sino a poco prima si erano aperte solo sfiorandole rimanevano chiuse, mentre se ne aprivano altre. Alexander Randall era fuori di sé. Poi ci fu il tocco finale: nella serra venne immesso un potente insetticida in concentrazione sufficiente a uccidere chiunque si fosse trovato a respirarlo, e questo fece scattare un allarme. Fortunatamente a quell’ora non c’era nessuno nella serra. Penso sia stato questo a convincerli che la casa era un’assassina.»
«Ah. E lei cosa ne pensa?»
«Non è possibile» rispose Milton senza esitazione. «Se lo fosse saremmo rovinati.»
Charlie lo guardò, inarcò le sopracciglia e prese la bottiglia di birra ormai quasi vuota. «Che cosa vuole? Perché è venuto qui?»
«Giusta domanda. Quello che le ho esposto a grandi linee è lo scenario su cui stiamo lavorando. Dopo il funerale e dopo le formalità legali, si supponeva che le cose tornassero, per quanto possibile, alla normalità. Bastava solo riorganizzare e pianificare il futuro dell’azienda, ma improvvisamente Beth Elringer, la vedova, ha cominciato a sollevare delle obiezioni e Bruce Elringer si è schierato con lei. Ormai all’interno della società c’è una frattura ampia e profonda come quella che divise il Mar Rosso. Nella situazione in cui ci troviamo nessuno ha abbastanza voti per prendere delle decisioni. La società andrà a picco se non potrà progredire. Le cose funzionano così nell’industria informatica, nessuno può starsene a guardare e aspettare. Lo scorso giovedì c’è stata un’assemblea degli azionisti, e tutti hanno urlato agli altri le proprie ragioni per tre ore finché ho proposto di assumere un investigatore privato per chiarire la situazione. Bruce ha avuto anche un’altra idea, e alla fine abbiamo deciso di prendere in considerazione entrambe le proposte.»
«Bruce Elringer? Lui cosa crede che sia accaduto?»
«Pensa che Beth abbia ucciso il marito.»
Charlie emise un leggero sibilo.
«Gran brutta situazione» commentò Milton con una certa amarezza. «A ogni modo, Bruce ha invitato tutti a tornare a Smart House il prossimo fine settimana per ricostruire i momenti salienti di quell’ultimo giorno, e dimostrare che Beth ha avuto l’opportunità di uccidere Rich e Gary. Bruce ha anche individuato un movente e delle prove indiziarie. Alcuni di noi hanno protestato contro la richiesta di Bruce e preteso che accettasse la presenza di una figura professionale come la sua. Ecco perché sono qui.» Milton inspirò profondamente.
Senza dire nulla Charlie si allontanò e tornò con altre due bottiglie di birra. Constance si versò il tè rimasto e per molto tempo nessuno parlò.
«Se andiamo da Spirelli, non riusciremo a parlare perché quel dannato fisarmonicista comincia a suonare alle otto» disse infine Charlie con un’aria pensosa. «Io propongo di andare da El Gordo. Voi che ne pensate?» Poi, rivolgendosi a Milton con un tono quasi cordiale: «Temo di avere un sacco di domande da farle.»