9

Beth lo fissò costernata. "Dovevano sospendere tutto proprio adesso?" Si guardò attorno. Jake e Milton confabulavano a bassa voce. Bruce si aggirava per la stanza mentre Charlie radunava i fogli. Laura si era alzata per andarsene, ma poi sembrava essersi accorta che nessuno aveva intenzione di lasciare la stanza, allora aveva raggiunto Harry vicino alla credenza. Harry sembrava teso come una corda di violino, sarebbe bastato sfiorarlo per far esplodere tutta la sua tensione. Laura si tenne a debita distanza evitando di toccarlo.

Charlie diede uno sguardo ai presenti e raccolse i fogli alla rinfusa. Constance non si era mossa dalla poltrona.

D’un tratto Jake e Milton smisero di parlare e si avvicinarono a Charlie. «Charlie, è evidente, quantomeno a me» disse Milton con un tono autoritario «che è giunto alla conclusione che si sia trattato di un delitto, che quelle due morti non siano state accidentali.» Rimasero tutti immobili. «Se stasera lei se la sente di continuare, la esorto caldamente a farlo. Se dovrà saltar fuori qualcosa da questa storia, è meglio che mettiamo tutto in chiaro stasera. Se tra noi c’è un assassino e qualcuno lo ha visto fare qualcosa di sospetto, quella persona potrebbe essere in pericolo. Io, per esempio, ho intenzione di chiudere in qualche modo la porta della mia stanza stanotte.»

«Sono assolutamente d’accordo» gli fece eco Jake. «È riuscito a spaventarci a morte stasera» disse con calma. «Non voglio lasciare tutto in sospeso.»

Charlie sollevò entrambe le mani. «Per me va bene. Qualcuno ha qualcosa in contrario?» Non si fece avanti nessuno. «Facciamo una pausa, diciamo una ventina di minuti. Potremmo preparare dell’altro caffè e magari dei panini. Forse durante la pausa potreste annotare i particolari delle successive uccisioni, il nome della vittima, l’arma, il testimone, le altre vittime, l’orario e tutto ciò che può essere pertinente. In questo modo guadagneremo tempo. Alexander, nel frattempo le spiacerebbe mostrarci dove lavorava Rich Schoen quand’era a Smart House? Aveva un suo ufficio?»

Alexander balzò in piedi, sollevato all’idea di poter fare qualcosa. Ma, prima che avesse il tempo di rispondere, Harry disse: «Sappiamo tutti fin troppo bene che Rich non si sarebbe lasciato soffocare in quell’ascensore senza reagire. E il fatto che uno di noi potesse essere un assassino sono tutte palle! Sapevamo anche questo. Lo abbiamo sempre saputo» disse con un tono severo «e abbiamo scelto di far finta di niente.» Guardò Jake scuotendo amaramente la testa. «Esiste un luogo però dove l’aria può essere aspirata in pochi secondi: le zone destinate alla coltivazione con la tecnica della polivasatura all’interno della serra. Sono state progettate per essere a tenuta stagna con un sistema di scarico, un impianto per l’aspirazione di gas.»

«Ci ho pensato» replicò Jake con un certo disappunto. «Il problema è lo stesso. Perché Rich avrebbe dovuto restarsene lì mentre qualcuno si avvicinava e armeggiava con la valvola del gas o digitava comandi sulla tastiera del computer o chissà che altro? L’ha progettata lui! Sapeva cosa poteva fare!»

«Ma se l’assassino aveva il computer portatile, avrebbe potuto controllare anche ogni funzione della serra. Sarebbe bastato premere un pulsante per farlo» obiettò Harry. «Ricordati che quella notte è stato immesso del pesticida nella serra, le coltivazioni sono andate distrutte. Penso che l’assassino lo abbia fatto per depistare le indagini. Forse Rich ha reagito ma sarebbe stato impossibile verificarlo dopo i terribili effetti del veleno nella serra.»

Charlie si voltò verso Alexander.

Il ragazzo annuì sconsolato. «Sì, il computer portatile avrebbe potuto essere programmato per fare una cosa simile.» E aggiunse quasi in tono lamentoso: «Ma ci sarebbe voluto del tempo. Del tempo per imparare il sistema, il linguaggio, il programma che regolava quella funzione. Non sarebbe stato come accendere o spegnere l’interruttore di una luce.»

«Per Gary sarebbe stato esattamente così» aggiunse a bassa voce Harry. «Chi, più di lui, poteva avere il tempo per programmare tutto quello che voleva? Con chi altro potrebbe essere andato nella camera di coltivazione?»

«Oddio!» sussurrò Beth. «Gary? Perché?»

«Non lo so perché, ma chi altro avrebbe potuto predisporre in anticipo ogni cosa? Solo tre persone: Rich, Gary o Alexander.»

Alexander guardò alternativamente Harry e Charlie con un’espressione confusa. Il suo volto si contorse in una smorfia come se stesse per scoppiare a piangere. «Non siamo stati noi» disse scuotendo la testa. «Perché distruggere il nostro unico sogno? Rovinare tutto quello per cui avevamo lavorato?» E scosse la testa con convinzione.

«E poi il nostro straordinario e atletico Gary ha sollevato Rich di peso e lo ha portato in casa percorrendo tutto il corridoio, nella speranza che nessuno lo vedesse trasportare un cadavere di ottantacinque chili» disse Jake con sarcasmo. «Lo ha messo nell’ascensore ed è andato a gettarsi nella Jacuzzi per il rimorso prendendosi la briga di coprire la vasca in modo che la sua vista non risultasse sgradevole per nessuno. Tanto per confondere ulteriormente la situazione, durante il percorso ha fatto in modo di sbarazzarsi dei computerini.» Jake si avviò verso la porta. «Mi offro volontario per preparare il caffè e i panini, ma voglio che un testimone controlli che io non aggiunga dell’arsenico nella zuccheriera.»

«Non è divertente!» gli gridò Laura. «Hai un’idea migliore per spiegare quello che è successo? Almeno Harry ci sta provando.»

«Stai zitta!» le intimò Harry senza neanche guardarla in faccia.

Charlie indicò con un gesto la porta, Constance si alzò e uscì con lui e Alexander.

«È una situazione orribile» disse Alexander accigliato. «Peggiore di quanto mi aspettassi.»

«Lei dice?» domandò Charlie. «A me sembrava che stesse andando tutto abbastanza bene» aggiunse con un sorriso.

Alexander lo guardò allibito con un’aria di riprovazione. "Così giovane" pensò Constance "così intelligente e così ingenuo."


«Ti do una mano per il caffè» propose Beth a Jake. «Ammesso che riusciamo a trovarlo.»

«Vengo anch’io» disse Laura. «So dov’è.»

«Penso che tu sappia troppe cose di Smart House» disse d’un tratto Bruce. «E le sapevi sin dalla scorsa primavera. Eri già stata qui, vero? Alla fine ci sei riuscita ad accalappiare Gary, non è così?»

Laura gli lanciò uno sguardo carico di odio. Prima che avesse il tempo di rispondere, Milton la prese bruscamente per un braccio e la costrinse a distogliere lo sguardo da Bruce. «Vorrei scambiare due parole con te» le disse.

Beth si ritrovò a osservare Harry. Era impassibile come un pezzo di metallo e così anche il suo sguardo. Gli accadeva quando c’era Laura di mezzo, pensò Beth con un brivido. In qualche modo riusciva ad astrarsi. Si trasformava in un pezzo di ferro o in qualche altro metallo freddo e scuro che non lasciava trapelare nulla dei propri sentimenti. Bruce lanciò un’occhiata astiosa a Laura e Milton, si voltò di scatto come se volesse cercare un altro bersaglio su cui sfogare la propria ira ma incontrò lo sguardo granitico di Harry. Bruce si fermò di colpo e, dopo un istante, lasciò il soggiorno in silenzio. Beth esaminò nuovamente il volto di Harry, e capì che se l’avesse guardata con quell’espressione sarebbe fuggita anche lei. Non che avesse un aspetto particolarmente minaccioso, pensò, era qualcosa di peggio. Aveva un che di disumano.

Beth si accorse con sorpresa di essere dispiaciuta per Harry. Non le era mai piaciuto, le era sempre sembrato troppo brusco, troppo determinato, eppure ora gli faceva pena. Nessuno avrebbe dovuto essere costretto a rifugiarsi in un atteggiamento tanto disumano. Si ritrovò a chiedersi cosa provasse Harry quando era felice, quando stava per raggiungere la vetta di una nuova montagna e sapeva di avercela fatta. Beth non aveva mai conosciuto quell’aspetto del suo carattere.

Jake le sfiorò il braccio e Beth si allontanò con lui.

«Nei prossimi giorni verranno fuori molte cose spiacevoli» disse Jake a bassa voce mentre si avvicinavano alla cucina. «Capisco che sia necessario, e suppongo che non se ne possa fare a meno, ma mi dispiace che sia avvenuto in questo modo.»

Beth scosse la testa. «Non c’è problema. Lo sapevo già.» Lo sapeva. Non ne conosceva i dettagli, come quando era iniziata o da quanto tempo andava avanti, ma lo sapeva. «Però hai ragione» disse. «Ora le cose verranno tutte fuori. Ricorderemo particolari che avevamo dimenticato, li vedremo sotto una nuova luce. Charlie incute un po’ di paura, vero?»

«È intelligente, sa cosa sta facendo.»

Si erano fermati davanti alla porta della cucina. Beth lo guardò e disse quasi in tono di scusa: «Mentre ripensavo al gioco mi sono ricordata di quanto ero arrabbiata con te, non per il fatto che mi avessi uccisa, ma perché ti stavi divertendo.»

Jake si fece serio e pensieroso. «È vero, avevi ragione tu, Maddie e persino Harry. Quella sera, quando ci siamo incontrati in corridoio e abbiamo sceso insieme le scale, ero muto come un liceale il primo giorno di scuola. Pensavo che ce l’avessi ancora con me, mentre io ero tutto eccitato per la casa e per il gioco che mi stava davvero divertendo.»

Beth accennò un sorriso al ricordo di quanto fosse stato formale e impacciato il loro breve incontro, e rammentò il sollievo provato quando Jake se n’era andato lasciandola in mezzo al grande corridoio vicino alla sala tv.

«E poi abbiamo sentito la risata di Gary» disse Jake con una voce più roca. «Forza, cerchiamo il caffè e tutto il resto.»


«Mi parli di Rich» chiese Charlie ad Alexander mentre si dirigevano nell’ufficio di Rich. Era stato faticoso ma alla fine Alexander aveva raccontato loro qualcosa esprimendosi con esitazione, incespicando nelle frasi e lottando disperatamente con le parole. Raccontò del gruppo che Gary aveva cominciato a mettere assieme oltre cinque anni prima. Constance lo guardò in modo penetrante e Alexander si strinse nelle spalle.

«Andavo ancora all’università quando Gary ebbe l’intuizione di Smart House» disse. «Un sistema integrato che si serve di entrambi i tipi di computer…»

«Basta parlare di computer» lo interruppe Charlie. «Ha detto che Gary formò un gruppo di lavoro. Continui da lì.»

«D’accordo, ma quella è l’idea di base… Va bene. Rich era a capo di uno studio per lo sviluppo di un particolare CAD, un programma di disegno e progettazione per architetti» si affrettò a spiegare. «I giornali avevano parlato di lui, così Gary lo chiamò, si incontrarono, parlarono e Rich si unì al gruppo. Gary gli diede anche una percentuale delle sue azioni perché sapeva che, con l’andare del tempo, il denaro sarebbe scarseggiato, e voleva essere sicuro che Rich non mollasse tutto se la situazione si fosse complicata. Non sarebbe stato necessario, ma Gary era fatto così. Anche a me diede una percentuale di azioni, quando entrai nella squadra. Mi disse che lo faceva perché gli altri avrebbero potuto cercare di estrometterci, di smantellare la squadra, una volta scoperto cosa aveva in mente. In questo modo, invece, non sarebbero riusciti a farlo.»

«D’accordo, ho capito. Ormai la casa era quasi finita, il lavoro di Rich stava per terminare, cosa aveva intenzione di fare Gary?»

Il tormento di Alexander aumentò, e la sua voce divenne poco più di un sussurro. «Questo era un vero problema.» Li condusse attraverso il seminterrato, davanti alla vistosa sala giochi, i tavoli da biliardo e i vari trastulli. Mentre percorreva la stanza Alexander passò la mano sulle superfici lucide dei tavoli da gioco senza soffermarsi a guardarli. «Inizialmente l’intenzione era di costruire Smart House e di mostrarla a gente del settore alberghiero, turistico, a operatori immobiliari, a imprenditori edili. Potevano comprare l’intero sistema o solo una parte. Sarebbe stato Rich a occuparsi di tutto questo, avrebbe assemblato programmi nati separati o li avrebbe integrati a seconda delle necessità. Gary però continuava a cambiare strategia, perché detestava l’idea che gruppi di persone venissero a Smart House per le dimostrazioni. Decise che, quando sarebbe arrivato il momento, Beth avrebbe potuto accompagnare i gruppi durante le dimostrazioni. Odiava le persone che non conosceva e non voleva occuparsi minimamente di questo aspetto, però amava lavorare ai suoi progetti in questa casa. Sembrava convinto di poter continuare a occuparsi solo di questo, evitando contatti con chiunque.»

«E lei? Anche lei si occupava dell’intelligenza artificiale, vero?»

«Sì, insieme a Gary.» Indicò una porta con un ampio gesto. «È lì che Rich aveva il suo ufficio.»

Come le altre stanze, anche quella era spaziosa, corredata di numerosi computer, tavoli da disegno, larghi scaffali per conservare copie cianografiche, contenitori verticali per materiale da disegno. Una delle stampanti più grandi che Constance avesse mai visto era collegata a un computer. Tutto era minuziosamente ordinato, come se da mesi nessuno avesse più toccato nulla, cosa peraltro assai probabile, pensò Constance osservando ogni cosa. Nessun oggetto personale di Rich era visibile, non c’era nulla di umano. Avrebbe potuto essere una stanza allestita per un’esposizione, il perfetto ambiente di lavoro di un architetto. Constance guardò Charlie. «Comincio da là» disse la donna indicando la parete di destra attrezzata con scaffali su cui erano posate ordinatamente pile di carta millimetrata.

Per un attimo Alexander parve perplesso poi annuì. «State cercando le copie cianografiche?»

«Esatto» rispose Charlie.

«Non penso che siano qui.»

«Nemmeno io, ma da dove le deriva questa convinzione?»

«Si è presentato un avvocato per prendere le cose di Rich. Sa, per definire le questioni patrimoniali. Se le copie cianografiche fossero state qui le avrei trovate, e sarebbero state rispedite a Palo Alto, all’ufficio principale, dove sono conservate le altre copie. Invece non le abbiamo trovate. Certo, non le abbiamo nemmeno cercate accuratamente, a me non è proprio venuto in mente di farlo. Insomma, chi può aver bisogno delle copie cianografiche dopo che la casa è stata costruita? E poi ce ne sarà almeno una dozzina di copie.»

«Ottima spiegazione» disse Charlie, afferrò il braccio di Alexander e lo condusse alla porta. «Grazie ancora per averci fatto da guida. Ora torni su, d’accordo? Noi la raggiungeremo tra pochi minuti.» Charlie non arrivò a dirgli: "E ora fila via" ma il tono era esattamente quello. Alexander arrossì e si allontanò velocemente. Non appena Charlie chiuse la porta prese Constance tra le braccia e annusò il profumo dei suoi capelli. «Mi sei mancata» le disse. «Sei riuscita a sapere qualcosa dalla mammina?»

Constance rise amabilmente e lo allontanò con una leggera spinta. «Questa è una mossa astuta e sleale. E io che pensavo fosse una manifestazione d’affetto!»

Charlie l’avvicinò nuovamente a sé e la baciò. «Chi ha detto che amore e affari non vanno d’accordo? È una bugia. Raccontami tutto.»

Constance rise. «Proprio come diciamo noi del mestiere!»


Quando ritornarono in soggiorno trovarono un vassoio di panini su un tavolo basso e la caffettiera nuovamente piena. Charlie osservò gli ospiti di Smart House. Maddie era tornata. Era pallida, aveva il viso raggrinzito di chi si è appena svegliata, ma sembrava tranquilla e vigile. Gli altri stavano quasi tutti mangiando, bevendo caffè o alcolici. Charlie aspettò che si mettessero di nuovo a sedere.

«Allora» esordì energicamente. «Siamo arrivati a sabato sera, all’ora dell’aperitivo. E dopo?» Non si fece avanti nessuno. «Siete rimasti in gruppo per non essere uccisi finché è arrivata l’ora di cena. Poi cosa è successo?»

Bruce si schiarì la voce. Aveva un aspetto ancora più disordinato, come se si fosse scompigliato i ricci di proposito per farli stare sollevati. I polsini del maglione erano particolarmente allungati, con una manica tirata su sopra il gomito e l’altra fino alla punta delle dita. Sembrava imbronciato. «Probabilmente sono stato io il primo» borbottò. «Rich mi ha ucciso con un serpente velenoso messo dentro al secchiello del ghiaccio nel bar del giardino. Milton ha testimoniato.»

«A che ora?»

«Intorno alle dieci» rispose Milton. «Abbiamo registrato l’evento, poi sono andato in biblioteca.»

Charlie si rivolse a Bruce. «È rimasto lì con Rich?»

«Solo per qualche minuto. Poi Rich è andato via, immagino in camera a vedere chi fosse la sua nuova vittima e poi a prendere un’altra arma. Io ho finito di bere, sono andato a parlare con Alexander nel seminterrato e poi in cucina.»

«Chi è stata la vittima successiva?»

«Io, credo» rispose Milton dopo una breve pausa. «Sono andato in ascensore nel seminterrato per prendere un’arma alle dieci e dieci. Ho sentito Rich e Jake parlare, ma la porta dell’ufficio di Gary è stata chiusa quando mi sono avvicinato. Sono andato nella sala esposizione e quando sono uscito ho trovato Rich davanti all’ascensore. Mi sono assicurato che non ci fosse nessun altro e siamo saliti insieme.»

Charlie guardò Jake. «E lei dov’è andato?»

Jake diede uno sguardo agli appunti che aveva preso, poi disse con prontezza: «Ho aspettato che fossero saliti, poi sono andato nella mia stanza passando per le scale. Avevo capito che Milton doveva aver preso un’arma, mentre io non sapevo ancora nemmeno chi fosse la mia nuova vittima.» Allargò le braccia e aggiunse: «Si trattava di Rich.»

«In che modo Rich ha aperto la porta dell’ufficio di Gary? La chiusura era computerizzata come quella delle altre porte?»

Jake parve confuso e scosse lentamente la testa. «Non ci ho fatto caso. Forse sì, ed era programmata perché Rich potesse aprirla.»

«Non lo era» si affrettò a dire Alexander. «Gary aveva detto di essere il solo ad averne accesso. Il programma era gestito dal computer che si trovava nell’ufficio, io non potevo nemmeno entrare nella stanza.»

Jake parve ancora più confuso e si strinse nelle spalle. «Non lo so. Ha semplicemente aperto la porta.»

Charlie annuì. «D’accordo.» Si voltò verso Bruce e disse gentilmente: «Ha lasciato Rich ed è andato nel seminterrato a parlare con Alexander, giusto?»

«Sì» rispose Bruce svogliatamente. «Volevo delle informazioni. Gary era scomparso e pensavo che fosse lui a manovrare tutto dal suo ufficio, non il computer.» Rivolse uno sguardo sospettoso ad Alexander che provò un terribile imbarazzo.

«Gary mi aveva avvertito che Bruce avrebbe cercato di farmi delle domande» disse in fretta e furia Alexander. «Mi disse di non raccontargli nulla. Ho fatto solo quello che mi aveva raccomandato Gary.»

«Non voleva nemmeno che entrassi in quel cazzo di laboratorio» disse Bruce infuriato. «Raccontavano tutto a tutti, mentre io non potevo entrare nemmeno nei loro uffici! Alexander continuava a spingermi verso la porta, verso il corridoio. Mi ha persino accompagnato alle scale cercando disperatamente Gary o Rich o qualcuno che lo salvasse da quella situazione. Erano le undici meno dieci e sapevo che presto Gary sarebbe andato a preparare quei dannati popcorn, così sono salito in cucina per aspettarlo. Quando arrivai, però, lui era già lì e stava prendendo l’occorrente, la macchina per i pop-corn, il granturco, il sale. Mi chiese se mi piaceva la sua casa-giocattolo, se mi stessi divertendo, ma quando gli dissi quello che pensavo si mise a ridere e uscì con la macchina da popcorn e tutto il resto.»

Charlie sollevò una mano. «Alle undici meno dieci quindi si trovava nel seminterrato. Diciamo che ci ha messo un minuto per salire le scale e arrivare in cucina. Per quanto tempo avete parlato lei e Gary?»

«Due, tre minuti. Non abbiamo parlato, ha riso di me, mi ha sbeffeggiato. Non è così che si parla. Stava vivendo il momento più bello della sua vita, una vera festa di compleanno.»

«Da che porta è uscito suo fratello?»

«Che cazzo di differenza fa?» gridò. Gli altri lo guardarono impassibili.

«Sarebbe bello capire come mai non l’abbia visto nessun altro quella sera» rifletté Charlie a voce alta. «Il corridoio principale è come una vasca per i pesci.»

«Mi sono messo tra lui e la porta che dava sul corridoio principale, Gary ha riso ancora più forte ed è uscito dall’altra porta, quella del corridoio sul retro della casa. Lo ha fatto camminando sulle sue gambe, di sua volontà!» Con uno sforzo visibile cercò di riprendere il controllo di sé. «Decisi di verificare cos’altro fosse stato comprato con i miei soldi» proseguì. «Stavo dando uno sguardo in giro quando mamma entrò in cucina e cominciò a gridarmi di tutto. Per quella sera ne avevo sentite abbastanza di stronzate, e così imboccai il corridoio sul retro diretto verso l’ascensore e la lasciai lì a gridare. Volevo salire in camera a dormire ma quel cazzo di ascensore non arrivava, così andai in bagno passando dallo spogliatoio, mi preparai qualcosa da bere nel bar del giardino e poi…» Si strofinò gli occhi e scosse la testa. «Non lo so, passai per la sala della colazione, poi andai in biblioteca. Harry arrivò subito dopo ma non avevo voglia di parlare, così uscii e mi avviai verso la sala tv. Gary era in giardino e la sua risata mi investì in pieno. Dissi qualcosa a Beth e lei scappò via. Non sopportavo quello stupido film dei Beatles, così ritornai in biblioteca. Milton era già lì e subito arrivò anche Jake.» Per la prima volta consultò il foglio di carta colmo di appunti dalla grafia piuttosto infantile, fece scorrere il dito sulla pagina e la gettò a terra. «Questo è tutto.»

Charlie annuì. «Grazie.»

Alexander continuava a piegare e ripiegare il foglio di carta che aveva in mano come se volesse vedere fino a quali minuscole dimensioni riusciva ad arrivare. «Bruce venne nel seminterrato» disse il ragazzo «e poi arrivò anche Harry. Da quel momento non vidi più nessuno né salii al piano di sopra. Avevo troppo lavoro da sbrigare, rimasi nel laboratorio tutta la sera.»

«Tutta la sera?» ripeté Charlie. «Non ha accompagnato Bruce alle scale?»

«Sì, ma non sono salito. Siamo rimasti lì per qualche minuto. Non voleva andarsene e lasciarmi in pace. Dovevo accompagnarlo, altrimenti non sarebbe più uscito dal mio laboratorio, dove poi sono tornato e sono rimasto.» Alexander aveva ridotto il foglio a un francobollo. Charlie pensò che di lì a poco il ragazzo avrebbe cominciato a sminuzzarlo. Quindi rivolse la propria attenzione a Jake.

«Facciamo un passo indietro. Quanto tempo rimase nell’ufficio dopo che Rich andò via?»

Jake prese il foglio con gli appunti. C’era un’unica riga scritta con una calligrafia chiara e ordinata. «Non mi sono spremuto troppo le meningi per cercare di ricordare» commentò ironicamente. «Aspettai che le porte dell’ascensore si fossero chiuse e non ci fosse più nessuno nei paraggi. Forse trascorse un minuto, ma non feci molta attenzione all’ora. Andai in camera mia, consultai il computer e, dopo aver visto che la mia nuova vittima era Rich, decisi di mettermi sulle sue tracce. Stavo giusto lasciando la stanza quando vidi Beth uscire dalla sua e scendemmo insieme le scale. Lei andò nella sala tv e io proseguii per la biblioteca. Quando udii la risata di Gary immaginai che ci fosse anche Rich da qualche parte, e la biblioteca era un posto come un altro per iniziare la mia ricerca. Mi sedetti in modo da poter tener d’occhio la porta, convinto che alla fine sarebbe entrato o passato da lì, ma mi sbagliavo. Ero ancora seduto in biblioteca quando Maddie trovò Rich morto nell’ascensore.»

«Ha visto che ora era quando è entrato in biblioteca?»

Jake annuì. «Le unici e un quarto. Guardai l’orologio e pensai che avrei aspettato Rich fino a mezzanotte, se per allora non si fosse fatto vedere sarei andato a letto.»

«Ottimo» disse Charlie. «Chiaro e conciso. Milton, lei invece salì in ascensore con Rich per andare a cercare Laura, giusto?»

L’atteggiamento di Milton era quello di un avvocato serio e professionale intento a studiare un cliente facoltoso. «Esattamente. Sapevo che Laura stava guardando un film e andai ad aspettarla. Erano le dieci e quarantacinque quando riuscii a ucciderla, Rich fu il testimone. Ci spostammo nella biblioteca per registrare l’uccisione e Rich se ne andò subito dopo. Ebbi l’impressione che avesse fretta. Io e Laura invece ci trattenemmo a parlare qualche secondo.» Milton si schiarì la voce, guardò Laura e aggiunse tranquillamente: «Ci accordammo per vederci sul tetto alle undici. Rimasi nella biblioteca fino all’ora dell’appuntamento, poi mi avviai su per le scale e incontrai Laura. Sul tetto parlammo per circa dieci minuti. L’ascensore era occupato così scendemmo a piedi. Laura ritornò nella sala tv e io in biblioteca dove rimasi per il resto della serata.»

Laura aveva un’aria incredibilmente annoiata. Harry la osservava assorto.

«Laura?» la esortò a parlare Charlie.

Laura gli lanciò uno sguardo sprezzante e si strinse nelle spalle. «Non ne ho la minima idea. Sono stata qua e là tutta la sera. Non ho badato molto ai miei spostamenti.»

Charlie si soffermò a guardarla ancora un istante con un’espressione impassibile, poi si voltò verso Harry inarcando le sopracciglia.

Harry aprì il foglio su cui aveva annotato qualcosa e lesse quanto aveva scritto. «Nostra camera da letto. Ascensore per la sala della colazione. Non riesco a lavorare. Maddie e Bruce litigano. Laboratorio di Alexander per cinque minuti. Scale per salire al pianoterra e prendere qualcosa da bere in giardino. Mi avvio verso la nostra camera, vedo Laura che sta salendo, cambio idea e vado in biblioteca. Quando Milton ritorna, io esco, do un’occhiata alla sala tv poi salgo in camera e lì rimango.»

«Ha fatto caso asili orari?»

«No.»

«Come è salito l’ultima volta, a piedi o in ascensore?»

«L’ascensore era occupato. Ho usato le scale.» La sua voce era talmente monotona da sembrare meccanica.

«Ha sentito ridere Gary?»

«No.»

Se Charlie fosse rimasto deluso o meno dallo stringato resoconto di Harry non lo diede a vedere. Si voltò verso Beth, ma prima che le chiedesse di cominciare a parlare Harry intervenne nuovamente.

«Ho dimenticato una cosa. Quando stavo uscendo dalla mia stanza per scendere al piano di sotto ho visto salire Beth. Ho richiuso la porta un minuto e quando l’ho riaperta lei era entrata nella sua stanza.» Harry si strinse nelle spalle. «Se può servire a qualcosa.»

Charlie annuì con serietà. «Tutto può servire. Beth?»

«Ecco chi era» disse Beth a bassa voce. «Charlie, lei non si rende conto dell’atmosfera che si respirava quella sera. Tutti che si nascondevano per non farsi vedere, porte che si aprivano e si chiudevano, gente che svaniva nel nulla.»

«Sto cominciando a farmene un’idea» replicò. «Lei si trovava nella sala tv, vero? E poi?»

Beth diede uno sguardo al foglio. Le parole erano tali scarabocchi che a stento riusciva a decifrarle. Fece il resoconto dei suoi spostamenti di quella sera, prima nella sala tv, poi nella sua camera e infine nuovamente nel seminterrato. «Ero nella sala tv quando Bruce entrò, e poco dopo sentimmo la risata di Gary e un odore di cloro e popcorn. Andai in cucina a bere un bicchiere d’acqua e tornai a vedere il film» terminò di raccontare Beth.

Charlie scrutò il volto dei presenti. «Qualcun altro ha sentito l’odore di popcorn o cloro nella sala tv, nella biblioteca o in qualunque altra stanza?»

«Milton, lei l’ha sentito?» gli domandò Charlie.

«Sì. Sembrava che Gary avesse lasciato aperta la porta del giardino. Se resta aperta anche solo per un minuto l’odore del cloro penetra dappertutto, e quella sera era misto a quello dei popcorn.» Dal tono Milton sembrava leggermente spazientito, ma poi si raddrizzò sulla sedia e disse: «Erano le undici passate, perlomeno le undici e dieci o e un quarto. A quell’ora ero ritornato in biblioteca.» Rivolse a Charlie uno sguardo acuto. «Questo non era emerso prima.»

Charlie si era già voltato verso Maddie. «Lei è l’ultima» disse gentilmente. «Dopodiché potremo riposarci un po’.»

Maddie scosse la testa. «Non finché non avrà trovato l’assassino di mio figlio. Solo allora potremo riposare.» Il busto della donna era perfettamente eretto e le conferiva un aspetto quasi regale. «Non mi ci vorrà molto. Quella sera sono andata a sdraiarmi in camera per circa mezz’ora, poi ho preso l’ascensore e sono scesa giù. Mi sono messa a parlare con Bruce in cucina e di sicuro non abbiamo discusso animatamente né fatto molto rumore.» Lanciò ad Harry un’occhiata severa.

«Ho sentito come ti ha chiamato» replicò Harry con una punta di rabbia. «Vuoi che ripeta la conversazione che ho sentito prima di andarmene disgustato?»

Maddie sollevò leggermente la testa. «Mia madre diceva che non si può credere a una sola parola riportata da chi origlia. Non stavamo litigando.» Poi, rivolta a Charlie: «Dalla cucina sono ritornata nella sala tv a guardare il film. Cominciavo a sentirmi stanca, così decisi di andarmene a letto… e sa già cosa ho trovato quando ho chiamato l’ascensore.»

«Sì, lo so» disse Charlie, radunando energicamente i fogli. «Grazie a tutti e, per favore, consegnatemi i vostri appunti. Potreste scoprire che questa discussione ha risvegliato nella vostra memoria altri particolari che prima non ricordavate. Se dovesse succedere vi prego di farmelo sapere. Naturalmente dovrò parlare di nuovo con voi, ma questa volta lo farò singolarmente.»

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