26

QUARTO GIORNO
LUNEDÌ 5 AGOSTO
148/118/27

RICERCA ULTIMISSIME
Parola(e) chiave: Neandertal

Ponter Boddit ha acquisito il diritto di ottenere il visto di ingresso in Canada? La domanda continua a preoccupare gli esperti di immigrazione nazionali ed esteri. Questa sera è nostro ospite il professor Simon Cohen, ordinario di diritto amministrativo all'università McGill di Montreal…

I dieci motivi più importanti per cui affermiamo che Ponter Boddit è un Neandertal autentico…

10: La prima volta che ha incontrato una donna l'ha colpita con una clava trascinandola per i capelli.

9: In condizioni di scarsa visibilità lo si può scambiare per Leonid Brezhnev.

8: Quando Arnold Schwarzenegger lo è andato a trovare, Boddit gli ha detto: 'Chi è quello pelle e ossa tra noi due?'

7: Guarda soltanto le volpi.

6: I cartelli di McDonald's adesso recano la seguente scritta: 'Serviamo miliardi di Homo sapiens… e un Neandertal.'

5: Ha detto che Tom Arnold è 'un fusto.'

4: Quando gli hanno mostrato dei campioni di roccia antica, ha cominciato a scheggiarla fino ad ottenere una perfetta punta di lancia.

3: Porta orologi fossili e beve autenticissima Old Milwaukee.

2: Riscuote diritti d'autore marchiati a fuoco.

1: E la prima ragione per cui affermiamo che Ponter Boddit è un Neandertal? Ha le natiche pelose: tutte e quattro.

La rivista Quill Quire, che si occupa di editoria, riferisce che John Pierce, responsabile per l'acquisizione dei diritti editoriali per la Random House canadese, ha fatto a Ponter Boddit la più grande offerta mai registrata nella storia editoriale del nostro Paese, per l'esclusiva mondiale di una biografia autorizzata…

Circola la voce che il Pentagono è interessato a incontrare Ponter Boddit. Le implicazioni militari del modo in cui sarebbe giunto sulla Terra hanno attirato le attenzioni di più di un generale a cinque stelle…


E adesso, pensò Adikor Huld prendendo posto sulla panca nella Camera di consiglio, vediamo se ho commesso il più grande errore della mia vita.

«Chi rappresenta la difesa dell'imputato?» chiese il giudice Sard.

Nessuno si mosse. Il cuore di Adikor sobbalzò. Jasmel Ket aveva deciso di abbandonarlo? E, d'altra parte, come biasimarla? Solo il giorno prima aveva visto con i suoi occhi che una volta — anche se tanto tempo prima — Adikor aveva quasi cercato di uccidere suo padre.

Nell'aula regnava il silenzio, anche se uno spettatore, probabilmente facendo la stessa supposizione che Bolbay aveva formulato il giorno precedente, si lasciò sfuggire un breve riso di scherno: nessuno avrebbe difeso Adikor Huld.

Ma infine, Jasmel si alzò in piedi. «Io» dichiarò. «Sarò io a difendere Adikor Huld.»

La sala fu tutto un vociare.

Daklar Bolbay, seduta in disparte, scattò in piedi. «Signor giudice, è impossibile. La ragazza è uno degli accusatori.»

Il giudice Sard piegò la testa raggrinzita in avanti, cercando Jasmel: «È vero?»

«No» rispose. «Daklar Bolbay era la compagna di mia madre, e alla sua morte è stata nominata mia tabant. Ormai ho già compiuto duecentocinquanta lune, per cui chiedo di poter esercitare i diritti della maggiore età.»

«Sei della generazione 147?» le chiese Sard.

«Sì, Vostro Onore.»

Il giudice si girò verso Bolbay, ancora in piedi. «I nati della generazione 147 hanno acquistato la capacità di agire due mesi fa. A meno che lei non intenda affermare che la sua tutelata non abbia la capacità di intendere e di volere, la sua tutela è automaticamente cessata con la maggiore età. È forse incapace di intendere e di volere?»

Bolbay ribolliva d'ira. Aprì la bocca per dire qualcosa, poi ci ripensò. Abbassò lo sguardo e si limitò a rispondere: «No, signor giudice.»

«Molto bene. Allora, si sieda, Daklar Bolbay.»

«La ringrazio, Vostro Onore» disse Jasmel. «Allora, se posso…»

«Ancora un momento, membro della generazione 147» la interruppe Sard. «Sarebbe stato più educato informare a tempo debito il tuo tabant che intendevi opporti alla sua accusa.»

Adikor capì perché Jasmel non lo aveva fatto. Se le avesse manifestato prima le sue intenzioni, Bolbay avrebbe fatto di tutto per dissuaderla. Ma la ragazza aveva lo stesso savoir-faire del padre. «Vostro Onore, la ringrazio per avermi fatto questa osservazione; farò tesoro del suo consiglio.»

Sard annuì soddisfatta e le fece cenno di procedere.

Jasmel si mise al centro dell'aula. «Giudice Sard, lei ha ascoltato un mucchio di insinuazioni fatte da Daklar Bolbay. Insinuazioni e attacchi basati su quello che sarebbe il carattere di Adikor Huld, e tutto questo senza conoscerlo personalmente. Adikor era il compagno di mio padre; anche se l'ho frequentato solo per brevi periodi, quando Due diventano Uno — qui in questa sala ci sono suo figlio, il giovane Dab, e accanto la sua donna, Lurt — ho avuto modo di incontrarlo spesso, molto più di quanto non abbia fatto Daklar.»

Si avvicinò all'accusato e gli pose una mano sulla spalla. «Io, la figlia dell'uomo che costui è accusato di aver ucciso, sono qui per dirvi che non credo alle accuse.» Si fermò un attimo, diede uno sguardo fugace ad Adikor, quindi incrociò lo sguardo di Sard, seduta nella parte opposta della sala.

«Hai visto la registrazione» si impuntò Bolbay, seduta a cavalcioni sulla sedia a forma di sella nella prima fila di spettatori. Sard le impose di tacere.

«Sì» rispose Jasmel. «Sì, l'ho vista. Sapevo che mio padre ha una mascella fuori posto. A volte, soprattutto quando fa freddo, gli duole. Non sapevo chi gli avesse procurato quel problema: non me l'ha mai confidato. Diceva solo che era una cosa accaduta tanto tempo fa, che la persona che lo aveva colpito si era pentita completamente e che lui l'aveva perdonata.» Fece di nuovo una pausa, poi riprese: «Mio padre sa valutare molto bene le persone; non avrebbe mai scelto Adikor come compagno se avesse ritenuto che ci fosse la benché minima possibilità di essere aggredito un'altra volta.» Guardò Adikor, quindi di nuovo il giudice. «Sì, mio padre è scomparso, ma non ritengo che sia stato ucciso. Se è morto, è stato a causa di un incidente. E se non lo è…»

«Credi che sia rimasto ferito?» le chiese Sard. Jasmel fu colta di sorpresa: non era usuale che un giudice ponesse delle domande dirette.

«Potrebbe essere, Vostro Onore.»

Ma Sard scosse il capo. «Ragazza, hai tutta la mia simpatia, credimi. So bene cosa voglia dire perdere un genitore, ma quello che affermi non ha senso. Abbiamo effettuato delle ricerche nella miniera, abbiamo impiegato uomini e donne, anche se eravamo nel periodo degli Ultimi Cinque, e persino i cani.»

«Se fosse morto,» ribatté Jasmel «il suo Companion almeno per un certo periodo avrebbe trasmesso dei segnali per poter essere localizzato. Hanno effettuato le ricerche con l'ausilio delle apposite strumentazioni, ma non hanno trovato nulla.»

«È vero» concesse Sard. «Ma il Companion potrebbe essere stato deliberatamente manomesso o distrutto.»

«Ma non c'è nessuna prova…»

«Ragazza,» la interruppe il giudice «non è la prima volta che qualcuno scompare. Alcuni, colpevoli di gravi reati, si sono strappati l'impianto dal polso dandosi alla macchia. Hanno abbandonato la civiltà e si sono uniti a una di quelle comunità che hanno scelto di vivere una vita primitiva, o si sono semplicemente dati al nomadismo. C'era qualcosa che poteva spingere tuo padre a una scelta del genere?»

«No» rispose Jasmel. «Ci siamo visti nel periodo in cui Due diventano Uno, e non ho avuto la sensazione che ci fosse qualche problema.»

«Solo per poco, però» insinuò il giudice.

«Scusi?»

«Lo hai visto per poco tempo» disse Sard che aveva notato lo stupore della ragazza. «No, non ho controllato il tuo archivio degli alibi; non ce n'è motivo visto che non hai commesso nessun reato. Ho solo preso qualche informazione: in un caso insolito come questo è il minimo che si possa fare. Per questo ti chiedo di nuovo: c'era forse qualche motivo per cui tuo padre avrebbe potuto decidere di scomparire? Laggiù nella miniera poteva nascondersi facilmente, eludere il controllo dei robot, prendere uno degli ascensori e far perdere le sue tracce.»

«No, Vostro Onore» insisté Jasmel. «Non ho avuto nessuna sensazione di una possibile instabilità mentale, né mio padre era particolarmente infelice… per lo meno, nella misura in cui può non esserlo chi ha perso una compagna.»

«Questo posso confermarlo» si intromise Adikor rivolgendosi direttamente al giudice. «Io e Ponter eravamo felici, insieme.»

«Date le circostanze, le sue affermazioni non sono attendibili» disse Sard. «Ma anche in questo caso ho raccolto delle informazioni, che confermano le vostre dichiarazioni. Ponter non aveva debiti, non aveva nemici, non aveva nadalp: in breve, non aveva alcuna ragione per rinunciare alla famiglia e al lavoro.»

«Proprio così» disse Adikor che non riusciva a controllarsi, pur sapendo che avrebbe fatto meglio a stare zitto.

«Ma se non aveva nessuna ragione per sparire, e non era mentalmente instabile, torniamo alla tesi di Bolbay. Se Ponter Boddit fosse solo rimasto ferito, o fosse deceduto per cause naturali, la squadra di ricerche lo avrebbe ritrovato.»

«Ma…» disse Jasmel.

«Ragazza» disse Sard «se hai qualche prova, non delle semplici supposizioni ma delle prove autentiche, che Adikor non è colpevole, esibiscila.»

Jasmel e Adikor si scambiarono uno sguardo. Fatta eccezione per lo strano tipo che continuava a tossire e a cambiare posizione sulla sedia, la gigantesca aula era immersa nel silenzio.

«Ebbene?» chiese il giudice. «Sto aspettando.»

Adikor scrollò le spalle; temeva che parlare di quella cosa sarebbe stato controproducente. Jasmel si schiarì la voce. «Sì, Vostro Onore, esiste un'altra possibilità…»

Загрузка...