Shawna Vandellay aprì la porta proprio mentre lui arrivava, e impetuosamente lo trascinò all’interno. Gli mise in mano un calice, e senza perdere tempo lo presentò a un tipo alto e abbronzato che aveva l’aspetto e l’atteggiamento di un atleta.
«Questo arnese è Paul Malloris. La mia prima fissazione. Quando non ha niente di meglio da fare, compone versi bellissimi» Shawna rise. «Ma di solito il caro bestione ha cose migliori da fare. Non vedo proprio perché le relazioni amorose non dovrebbero durare per anni, in fondo. Ma già, tu sarai d’accordo... perché anche tu sei passionalmente un primitivo, vero, caro Sopravvissuto?»
«Per combinazione ero libero quando Shawna decise di farsi un amico» spiegò Paul Malloris. «Abbiamo fatto coppia fissa. Assolutamente ridicolo, se vogliamo, però divertente. Avrei scommesso che non sarebbe durato più di un mese, invece dura già da tre... Ed eccoci qua, lei è la mia bella.»
«E lui il mio bestione» aggiunse, orgogliosa, Shawna. «Un bestione simpaticissimo, tanto tanto irsuto... psicosomaticamente parlando.»
«Capisco» disse Markham senza averci capito niente. «Più conosco questo mondo, più mi rendo conto di quanto devo ancora imparare.» Prese un lungo sorso dal bicchiere che gli avevano dato. Dal sapore, la bibita sembrava solo un cocktail un po’ forte, ma scoprì presto, non era altrettanto innocuo.
«Dolce Sopravvissuto» disse Shawna «sei assolutamente una scoperta. Se non fosse per questo individuo qui, mi metterei fissa con te, quasi quasi... Ti manca proprio molto la tua donna? Corpo di un androide... ma si capisce che ti manca! L’hai detto anche alla TV. Povero, povero Sopravvissuto. Scommetto che hai bisogno di molto amore, è così?»
«Basta con questa storia del Sopravvissuto» protestò Markham, farfugliando, poi terminò la bibita. «Mi fate sentire una specie di patriarca... Mi chiamo John, e chi non ha bisogno di molto amore? Mio Dio, sono sbronzo!» Sentì che la stanza cominciava a girare, e tentò di raggiungere la sedia più vicina. Non ci riuscì.
Cadde mettendosi a quattro zampe e si mise a pigolare. «Mettimi nel forno, sono un pollo congelato» disse con grande convinzione. «C’è nessuno che vuole un uovo congelato? L’uovo dell’amore, amici? È vostro. L’uovo della speranza? Eccolo, è qui. L’uovo della verità? È più di un uovo, è un pulcino, maledizione, sono io.»
Paul e Shawna lo osservavano sorridendo. Lui cercò di metterli a fuoco e scoprì che si erano moltiplicati.
«Brutte bestie!» ruggì. «Bestiacce maledette! Tornate nella vostra fiaba e lasciatemi in pace... Tiratemi su, sono scomodo! Cosa avete messo nella bibita, accidenti a voi? Andate via! Io muoio di dolore... L’uovo del dolore, cari signori, va mangiato sodo, con molto sale e un po’ di amnesia...»
Scoppiò a ridere. Cadde bocconi, ridendo più forte.
Paul Malloris lo sollevò senza sforzo e lo sdraiò sul divano. Markham chiuse gli occhi e cominciò a respirare profondamente.
Paul guardò Shawna. «Per un attimo, ho temuto che la dose fosse eccessiva» disse. «Ma è soltanto lo choc. Una normale reazione di A.S... Povero diavolo, ha bisogno di molti riguardi. Una mossa falsa e perderebbe la ragione. È difficile immaginare che specie di trauma abbia sofferto.» Improvvisamente sorrise. «Quasi come per noi rinascere in un mondo senza androidi.»
Shawna sospirò. «Che meraviglia... Paul, è passato immediatamente attraverso il simbolo dell’uovo. Credi che abbia qualche significato?»
«Non si può dire... Dovremo correlare le sue reazioni durante i prossimi giorni. Dobbiamo lasciargli tempo di farsi un giudizio sul mondo in cui si è risvegliato. Quando avrà raggiunto un verdetto, ce ne accorgeremo.»
Shawna era rattristata. «Mi sento un verme. Avremmo dovuto lasciargli un po’ di tempo, prima di lavorare su di lui.»
Paul prese una bottiglietta e una siringa da un cassettone. «Lo so. Neanch’io lo faccio volentieri. Ma se non lo mettiamo alla prova al più presto possibile, loro ci precederanno. Anche lo Psicoprop non ci metterà molto ad accorgersi che ha il potenziale simbolico. È un normale uomo del ventesimo secolo, proprio l’archetipo di cui abbiamo bisogno. E per grazia di Dio, non abbiamo nemmeno bisogno di dargli la caccia. È venuto lui da noi!»
Lei io osservò riempire la siringa e iniettare il contenuto nel braccio di Markham.
«Sei sicuro che l’Oblivina farà effetto?»
«Se dovesse fallire, sarà l’Analisi per tutti e due, cara.» Le rivolse un sorriso rassicurante. «Stai tranquilla, Shawna. Un c.c.dovrebbe darci un minimo di venti minuti di amnesia locale retroattiva. Non ricorderà niente.» L’ipodermica venne sfilata e rinchiusa nel cassetto. Dopo circa un minuto Markham aprì gli occhi, batté le palpebre e si tirò su.
«Siete svenuto» disse Paul. «Ipertensione. Sono gli effetti postumi dell’A.S.»
«Che stupido» si scusò Markham. «Ma ora sto bene... Per essere sincero, credevo che fosse effetto della bibita.»
«Anche» disse Shawna, serissima.
Markham tentò di rimettersi in piedi. «No» disse Paul. «Distendetevi e state calmo. Devo dirvi qualcosa.»
Markham lo guardò perplesso. «Parlate in modo diverso. Più normale... secondo me, per lo meno» disse.
«Ecco» disse Paul, «non c’è bisogno di recitare la commedia, ora... almeno per un po’.»
«Quale commedia?»
«C’è il segno di una puntura sul vostro braccio sinistro. Vi ho fatto una iniezione di un alcaloide che si chiama Oblivina. Tra venti minuti circa avrete un altro svenimento, e quando vi riavrete, non ricorderete una sola parola di questa conversazione.»
Markham lo guardò fisso per alcuni secondi. «Obbligatissimo» disse in tono cupo. «Forse mi abituerò al nuovo codice dell’ospitalità, ma per il momento lo trovo un po’ seccante. Se non vi dispiace, me ne vado di qui sull’istante.»
«Restate dove siete e ascoltatemi» disse Paul Malloris. «Se uso questi trucchi lo faccio solo perché è necessario. Perciò non tentate di ribellarvi. Siete appena uscito dal Risanatorio e io sono in condizioni decisamente migliori. Voglio solo che ascoltiate quello che devo dirvi.»
«Ascolto. Dite addirittura che sono tutto orecchi.»
Shawna gli rivolse uno sguardo supplichevole. «Non vogliamo farvi del male, John. Paul vuole soltanto...»
«Lascia che gli parli io, Shawna.» Paul Malloris prese una sedia e si sedette di fronte a Markham. «Non avete ancora avuto il tempo di orientarvi in questo mondo d’oggi. Ma sapete già che, in confronto ai vostri tempi, viviamo in piena Utopia, con gli androidi che fanno tutto il lavoro e noi che ci godiamo tutto lo svago.»
Markham annuì. «Così pare.»
«Alcuni di noi» continuò Paul «sono ancora propensi a valutare di più la libertà di pensiero che il piacere. Non siamo soddisfatti di lasciare tutto in mano agli androidi. Vorremmo a nostra volta avere qualche responsabilità.»
«Un’ambizione lodevole» disse Markham con sarcasmo. «Perché non cercate di fare qualcosa, allora?»
«Stiamo facendola... ma dobbiamo essere prudenti. In seguito, scoprirete quanto sia facile essere classificati neuroidi. Ogni comportamento che possa sembrare insofferente della presente stasi sociale è definito neurotico. Come primo risultato, uno dei vostri cosiddetti amici osserva che non sembrate felice. Ben presto la voce arriva a un agente dello Psicoprop. Allora vi vedrete sottoporre a un test psichiatrico. Questo non significa niente. Ha importanza, invece, se lo Psicoprop ritiene che la vostra condotta si allontani in qualche modo significativo dal comportamento normale. In caso affermativo, venite proposto per l’A.S. oppure l’Analisi, a seconda di quanto vi giudicano pericoloso... Un altro termine per indicare l’Analisi è Disintegrazione. Disintegrano la vostra personalità e la ricompongono secondo linee più ortodosse.»
«Perché mai, allora, la gente tollera questo stato di cose?»
«L’accettano perché sembra l’unica cosa da fare. Altrimenti, Analisi!»
«E se si creasse un movimento di resistenza?»
«Venivo appunto a questo» disse Paul. «Chiunque può rifiutare l’Analisi. Ma allora venite cancellato dall’Elenco, e l’androide personale, se non si provvede in tempo a farlo a pezzi, viene riprogrammato perché si metta sulle tracce del proprietario e poi in contatto con la pattuglia psichiatrica... Se qualcuno tenta di proteggere il Fuggiasco, anche costui è sottoposto a indagini e, conseguentemente, all’Analisi.»
Markham sorrise. «Ho già sentito parlare dei Fuggiaschi. Anzi, ne ho incontrato uno.»
Paul Malloris si fece attento.
«Chi?»
«Forse un giorno ve lo dirò... ma non adesso. A proposito, quanti saranno?»
«Nessuno lo sa, solo lo Psicoprop. A occhio e croce, più di cinquecento. Certo non raggiungono il migliaio.»
«Immagino che abbiano una specie di organizzazione.»
«Infatti. Circa il settanta per cento di loro si è votato all’ideale di una società più libera e responsabile.»
«Ma non possono far molto contro circa centomila androidi e trentamila esseri umani assolutamente passivi, vero?»
Paul Malloris sorrise. «Vedo che avete già considerato il problema... Ma Orazio tenne il ponte, Leonida tenne il passo... e Davide abbatté Golia.»
«Le analogie non sono molto appropriate.»
«Sì che lo sono, psicologicamente... A proposito, sono uno storico psicologo, quando non ricopro il ruolo pubblico di poeta apocalittico.»
«Dunque gli androidi non sono riusciti a impedirvi di pensare?»
«No, gli androidi non mi hanno impedito di pensare» disse Paul. «Mia madre morì quando nacqui, e mio padre quando avevo appena tre anni. Sono stato allevato da androidi: imboccato, vestito, educato da androidi. Avrei dovuto diventare un cittadino perfetto. E invece no.»
«Perché mai?»
«Gli androidi possono allevare un bambino, ma non possono amarlo. Così dapprima provai un grande risentimento, che a poco a poco sviluppò il mio senso critico. Cominciai a farmi domande sul mondo, invece di accettarlo com’era.»
Markham guardò Shawna. «E voi?»
Lei sorrise e posò una mano sulla spalla di Paul. «Mi ha corrotta. Ero vagamente insoddisfatta di tutto, ma non osavo ammetterlo. Pensavo che in me ci fosse qualcosa che non andava. Paul mi convinse che non era così.»
Markham scoppiò improvvisamente a ridere. «Cinquecento Fuggiaschi e una coppia di idealisti contro il resto del mondo.»
«Ce ne sono altri come noi» disse Paul. «Molti altri... forse un migliaio e forse più... Aspettane solo una guida, o un capo.»
«In teoria, io punto sugli androidi e sul loro sistema.»
«Ma in pratica?»
«In pratica» fece, cauto, Markham, «credo che un capo dovreste trovarlo.»
Paul sostenne il suo sguardo.
«Riteniamo di averlo già trovato.»
«Chi è?»
«Voi.»
Cadde un pesante silenzio. Shawna non osava guardare Markham.
«Io credo che siate pazzo» disse alla fine lui. «Se sono l’individuo più adatto che vi sia venuto in mente, ammesso che volessi accettare, cosa che non farò, allora il Ciclo aiuti l’umanità. Io non ho ancora nemmeno mezza idea. Penso diversamente da voi perché sono di un’altra epoca.»
«Proprio per questo, siete adatto» disse Paul. «Voi appartenete a un’epoca in cui gli uomini contavano sulle proprie forze.»
«E in che bel pasticcio si sono cacciati!» commentò amaro Markham.
«Questo non c’entra. Il vostro valore sta nel fatto di essere un simbolo, un archetipo. Siete il Sopravvissuto, un uomo che crede nella cosiddetta vita primitiva di famiglia, nel lavoro di famiglia, nel lavoro creativo e nella responsabilità umana.»
«Sciocchezze!» disse Markham con violenza. «Credo nell’essere felice. Quelle erano le cose che potevano rendermi felice. Se potrò esserlo ugualmente sotto le condizioni odierne, allora mi adatterò... Non mi sono lasciato intrappolare nella cella frigorifera solo per organizzare la vostra miserabile rivoluzione.»
«E se non riusciste a essere felice?»
«Allora ci ripenserò.»
Paul Malloris parve rassicurato.
«È quello che volevamo sapere. Riflettete pure con calma. Assaggiate tutto ciò che la Repubblica ha da offrirvi, John. Alla fine, scoprirete che la cosa non va. Nel frattempo, non potete fare nessun danno perché l’Oblivina cancellerà completamente questa conversazione. L’abbiamo usata solo per poter saggiare senza comprometterci le vostre reazioni. Personalmente ritengo che...»
Paul s’interruppe. Markham si era portato una mano alla fronte. «La stanza sta diventando buia» disse, fissando Paul.
«Non vi preoccupate. L’Oblivina sta facendo effetto con un leggero anticipo. Rimarrete svenuto al massimo per una quindicina di secondi.»
Markham sorrise debolmente. «Piacevole interludio» mormorò, poi la testa gli ricadde sul petto e lui si afflosciò sul divano.
Quando rinvenne, Shawna Vandellay gli stava accostando alle labbra una tazza di liquido scuro. Caffè nero. Ne inghiottì un poco, poi tentò di rialzarsi.
«Tesoro» disse vivacemente Shawna «siamo degli incoscienti. Devi essere terribilmente stanco. Hai chiuso gli occhi e ti sei addormentato mentre parlavamo... O forse ti siamo sembrati spaventosamente noiosi.»
«Diavolo» disse Markham. «Mi dispiace tanto. Non mi era mai capitata una cosa simile. Forse è stato... non so, ho fatto un sogno assurdo su... su certe uova, mi pare.»
«Interessante» osservò Paul. «Freud era molto noto ai vostri tempi, credo. Quel poveraccio era assolutamente assurdo come psicanalista, ma era una miniera di accostamenti letterari. Un tipico nevrotico del diciannovesimo secolo, mal programmato. Chissà, forse con stimoli corretti avrebbe potuto diventare un grande poeta lirico. Uno di questi giorni dovrai ascoltare il mio Sonetto a uno Schizofrenico.»
«Se non vi dispiace» disse Markham frastornato «penso che dovrei rincasare... È stata una giornata faticosa.»
«Caro John» mormorò Shawna «siamo disgustosamente crudeli, se non semplicemente idioti. Ma certo! Forse domani sera, magari?»
«Può darsi» rispose Markham, mentre lei lo accompagnava alla porta.
«Salve, amico» disse Paul Malloris. «E cerca di scaricarti la psiche.»
Markham gli rivolse un pallido sorriso e salì in casa sua; era oppresso dalla sensazione che ci fosse qualcosa di cui doveva ricordarsi. Qualcosa di importante, che non riusciva a mettere a fuoco. Domani, forse, gli sarebbe venuto in mente.
Per il momento desiderava disperatamente un po’ di riposo. Erano già le sei e alle dieci e mezzo (le ventidue e trenta! Regoliamo gli orologi, signori!) doveva trovarsi a casa dell’enigmatica Vivain Bertrand. Che giornata,pensò. Che maledetta giornata!
Nelle proprie stanze, scopri che Marion-A si era cambiata d’abito. Indossava un completo sportivo verde bottiglia. Nonostante la linea severa, quell’abbigliamento le aggiungeva femminilità.
«Me ne vado a letto» le disse. «Se fra tre ore non mi fossi svegliato, chiamami.»
«Sì, signore.»
«Ti avevo detto di chiamarmi John.»
«Scusami, John.»
Gli parve di cogliere una nota di risentimento nella voce di lei. Che sciocchezza! Come poteva mostrarsi risentito un androide?
In camera da letto, si tolse in fretta gli abiti e li lasciò cadere a terra ammucchiati con malagrazia. Il letto era deliziosamente caldo. Marion-A gli aveva messo una termocoperta.