TYRION

«Hanno mio figlio.»

«È così, mio signore.» La voce del messaggero inginocchiato al cospetto di lord Tywin Lannister era incrinata dallo sfinimento. Sul petto della casacca lacera, l’emblema del cinghiale pezzato dei Crakehall era parzialmente oscurato da sangue secco.

“Hanno uno dei tuoi figli” pensò Tyrion. Bevve un sorso di vino e rimase in silenzio, continuando a pensare a Jaime. Nel sollevare il braccio, sentì il dolore avvampargli al gomito, riportandogli alla mente il suo breve battesimo bellico. Amava suo fratello, ma non avrebbe voluto essere stato con lui al Bosco dei sussurri nemmeno per tutto l’oro di Castel Granito.

Nell’ascoltare il rapporto del messaggero, sui comandanti e gli alfieri radunati dal lord suo padre era piombata una tetra quiete. Nella vasta, allungata sala comune piena di correnti d’aria, il solo suono oltre alla voce del messaggero era il crepitare del fuoco nel caminetto del muro più lontano.

Dopo l’asprezza della lunga marcia verso sud, l’idea di sia pure una sola notte in una locanda era bastata a risollevare lo spirito a Tyrion… anche se avrebbe preferito che non si trattasse di nuovo di quella locanda, con tutte le sue memorie. Lord Tywin aveva imposto un’andatura da sfiancare ed erano stati in molti a pagarne il prezzo. Gli uomini feriti in battaglia avevano tentato di reggere fino in fondo, ma quelli che non ce la facevano venivano abbandonati al loro destino. Ogni mattina, qualcuno non si risvegliava. Ogni pomeriggio, qualcun altro finiva per crollare sul ciglio della strada. E ogni sera, qualcun altro ancora disertava, perdendosi nel crepuscolo. Più volte Tyrion aveva respinto la tentazione di andare con loro.

Era al piano superiore e si rilassava nell’abbraccio di un letto di piume, con il calore del corpo di Shae contro il proprio, quando il suo scudiero era venuto a svegliarlo: notizie da Delta delle Acque, brutte notizie. E così era stato tutto per niente: precipitarsi a sud, le marce forzate, i corpi abbandonati ai lati della strada. Tutto inutile. Robb Stark aveva raggiunto Delta delle Acque con giorni di vantaggio.

«Come è potuta accadere una cosa simile?» gemette ser Harys Swyft. «Come? Perfino dopo il Bosco dei sussurri, Delta delle Acque era circondata da una cortina di ferro, da un grande esercito… Quale follia ha spinto ser Jaime a dividere i suoi uomini in tre accampamenti separati? Non sapeva quanto ciò li avrebbe resi vulnerabili?»

“Lo sapeva meglio di te, vigliacco senza mento” rimuginò Tyrion. Suo fratello aveva perso Delta delle Acque, certo, ma lo faceva infuriare che Jaime venisse offeso da idioti come Harys Swyft: uno spudorato leccapiedi la cui maggiore impresa era stata sposare la figlia di ser Kevan, senza mento quanto lui, riuscendo in quel modo ad aggregarsi ai Lannister.

«Avrei preso anch’io la stessa decisione» dichiarò ser Kevan, molto più calmo e controllato di quanto Tyrion sarebbe riuscito a essere. «Tu non hai mai visto Delta delle Acque, ser Harys, diversamente sapresti che Jaime aveva ben poche alternative. Il castello si trova alla punta estrema del lembo di terra in cui il Tumblestone confluisce nella Forca Rossa del Tridente. I due fiumi formano due lati di un triangolo. In caso di minaccia, i Tully aprono le chiuse a monte e inondano un vasto fossato, il terzo lato del triangolo. Delta delle Acque si tramuta in un’isola. Le sue mura si innalzano direttamente dall’acqua. Dalla cima delle torri, i difensori hanno una visuale delle sponde opposte per intere leghe attorno. Per chiudere tutti gli accessi, gli assedianti sono costretti a collocare un campo a nord del Tumblestone, un secondo a sud della Forca Rossa e un terzo in mezzo ai due fiumi, a occidente del fossato. Non esiste altro modo, nessun altro.»

«Ser Kevan dice il vero, miei lord» confermò il messaggero. «Attorno agli accampamenti, avevamo eretto barriere di pali acuminati, ma non sono state sufficienti perché ci hanno colti di sorpresa e i fiumi ci tagliavano fuori gli uni dagli altri. Per primo hanno colpito il campo nord. Nessuno si aspettava un attacco. Marq Piper aveva continuato ad assaltare i nostri convogli di rifornimenti, ma non aveva più di una cinquantina di uomini. Così, la notte prima che ci arrivassero addosso, ser Jaime uscì per occuparsi di loro… di quei cinquanta che noi pensavamo fossero. Ci era stato detto che l’esercito Stark si trovava a est della Forca Verde, diretto a sud…»

«E i vostri esploratori?» La faccia di ser Gregor Clegane pareva scolpita in un pezzo di roccia. Il chiarore delle fiamme conferiva una sfumatura arancione alla sua pelle e riempiva di ombre scure i suoi occhi infossati. «Non hanno visto niente? Non vi hanno dato nessun avvertimento?»

«I nostri esploratori hanno continuato a svanire» fu costretto ad ammettere il messaggero insanguinato. «Opera di Marq Piper, abbiamo creduto. E quelli che tornavano non avevano visto niente.»

«A un uomo che non vede niente, non servono occhi» dichiarò la Montagna. «Fateglieli schizzare fuori dalla testa e dateli al prossimo esploratore. Ditegli che sperate che quattro occhi vedano meglio di due… in caso contrario, l’uomo dopo di lui ne avrà sei, di occhi.»

Lord Tywin Lannister si voltò a studiare l’espressione di ser Gregor. A Tyrion non sfuggì il fugace scintillio dell’oro nelle iridi di suo padre, ma non fu in grado di dire se l’occhiata che gettò alla Montagna fosse carica di approvazione o repulsione. Spesso, durante le riunioni, lord Tywin si manteneva silenzioso. Preferiva ascoltare, prima di parlare, atteggiamento che Tyrion si sforzava di emulare. Questa volta, però, il suo silenzio era diverso dal solito. E la sua coppa di vino non era stata toccata.

«Hai detto che hanno attaccato di notte» disse ser Kevan.

«Il Pesce nero guidava l’avanguardia» confermò il messaggero. «Ha eliminato le sentinelle e aperto una breccia nella palizzata per l’assalto principale. Quando i nostri uomini si sono resi conto di cosa accadeva, i cavalieri avevano già superato le trincee e si stavano riversando nell’accampamento con torce e spade in pugno. Io stavo dormendo nel campo occidentale, quello tra i due fiumi. Nel momento in cui abbiamo udito il clamore della battaglia e abbiamo visto le tende incendiate, lord Brax ci ha portati alle zattere e abbiamo tentato di attraversare a forza di pali, ma la corrente ci ha trascinati a valle, e i Tully hanno cominciato a scaricarci addosso massi lanciati dalle catapulte sulle mura. Ho visto una zattera ridotta in pezzi, tre che si rovesciavano, uomini che nuotavano e annegavano… I pochi che sono riusciti a raggiungere l’altra sponda, hanno trovato gli Stark ad aspettarli.»

Ser Flement Brax aveva un tabarro argento e porpora e l’espressione di chi non comprende ciò che sta udendo. «Il lord mio padre…»

«Sono dolente, mio signore. Lord Brax indossava l’armatura quando la sua zattera si è rovesciata. È stato molto valoroso.»

“È stato molto imbecille” pensò Tyrion facendo ruotare la coppa che stringeva in pugno e studiando nelle profondità scarlatte del vino. Attraversare un fiume in piena notte, su una zattera, vestito di ferro e con il nemico in attesa dall’altra parte: se quello era valore, che potesse trionfare la codardia. Si chiese quanto prode si fosse sentito lord Brax mentre il peso dell’armatura lo trascinava sott’acqua.

«Anche il campo tra i due fiumi è stato annientato» stava dicendo il messaggero. «Mentre cercavano di attraversare, altri Stark hanno attaccato da ovest, due colonne di cavalli corazzati. Ho visto il vessillo con il gigante che spezza le catene di lord Umber, e quello con l’aquila di Jason Mallister, ma era il ragazzo a guidarli. E al suo fianco correva un lupo mostruoso. Io non l’ho visto, ma mi è stato detto che quella belva ha dilaniato almeno quattro uomini, più una dozzina di cavalli. I nostri lancieri hanno formato una barriera e hanno retto alla prima carica, ma quando i Tully li hanno visti in difficoltà, hanno spalancato le porte di Delta delle Acque e lord Tytos Blackwood ha guidato una sortita attraverso il ponte levatoio, prendendoli alle spalle.»

«Che gli dei ci aiutino» esclamò lord Lefford.

«Il Grande Jon Umber ha dato fuoco alle torri d’assedio che stavamo costruendo e lord Blackwood ha trovato ser Edmure Tully, prigioniero assieme a molti altri, e li ha liberati tutti. Il nostro accampamento sud era al comando di ser Forley Prester. Quando si è reso conto che gli altri due accampamenti erano perduti, ha cominciato a ritirarsi in buon ordine, assieme a duemila lancieri e ad altrettanti arcieri, ma il capitano di ventura di Tyrosh che comandava i suoi mercenari ha attaccato i suoi vessilli ed è passato al nemico.»

«Che sia maledetto!» Ser Kevan era più inferocito che sorpreso. «Avevo avvertito Jaime di non fidarsi di quell’uomo. Chi combatte per denaro è leale solo alle proprie tasche!»

Lord Tywin intrecciò le dita e vi appoggiò il mento. Nell’ascoltare, solo i suoi occhi si muovevano. I favoriti dorati incorniciavano una faccia talmente statica che avrebbe potuto essere una maschera, ma Tyrion notò piccolissime gocce di sudore scintillare sulla sua testa rasata.

«Come è potuto accadere?» piagnucolò di nuovo ser Harys Swyft. «Ser Jaime catturato, l’assedio spezzato… è una catastrofe!»

«Tutti noi ti siamo grati per aver portato la nostra attenzione sull’ovvio» lo rimbeccò ser Addam Marbrand. «La domanda è un’altra: che facciamo adesso?»

Ser Harys insistette: «Che cosa possiamo fare? L’esercito di Jaime è stato annientato, o catturato, o messo in fuga. Gli Stark e i Tully sono attestati nel bel mezzo delle nostre linee di rifornimento. Siamo tagliati fuori dall’Occidente! Se vogliono, possono marciare su Castel Granito… e nessuno li fermerebbe. Miei lord, siamo battuti. Dobbiamo chiedere la pace».

«Pace?» Tyrion fece ondeggiare nuovamente il vino, ne bevve una lunga sorsata, poi scaraventò la coppa a disintegrarsi sul pavimento. «Ecco la tua pace, ser Harys. Il mio dolce nipotino l’ha ridotta in mille pezzi nel momento in cui ha deciso di decorare le mura della Fortezza Rossa con la testa di lord Eddard! Ti sarebbe molto più facile bere da quella coppa che convincere Robb Stark a fare la pace adesso. Sta vincendo… o non te ne sei accorto?»

«Due battaglie non fanno una guerra» insisté ser Addam. «E noi siamo tutt’altro che sconfitti. Magari avessi la possibilità di incrociare il mio acciaio con quello del ragazzo Stark!»

«Forse acconsentirebbero a una tregua» propose lord Lefford «e a uno scambio di prigionieri.»

«A meno che non decidano per tre a uno, noi abbiamo ben poco da mettere sul piatto della bilancia» replicò Tyrion, acido. «In cambio di mio fratello cos’abbiamo da offrire, la testa putrefatta di lord Eddard?»

«Ho sentito dire che la regina Cersei detiene le figlie del Primo Cavaliere» fece lord Lefford speranzoso. «Se rendessimo al ragazzo le sue sorelle…»

Ser Addam sbuffò con disprezzo. «Dovrebbe essere un perfetto idiota per scambiare ser Jaime con due ragazzine».

«Allora dobbiamo riscattare ser Jaime» insisté lord Lefford. «Costi quel che costi.»

Tyrion roteò gli occhi. «Se gli Stark dovessero aver bisogno di denaro, possono sempre fondere l’armatura di Jaime.»

«Se chiedessimo una tregua, lo interpreterebbero come un segno di debolezza» disse ser Addam. «Dobbiamo scagliarci contro di loro subito!»

«Di sicuro i nostri amici a corte potrebbero convincere gli altri a unirsi a noi con truppe fresche» ipotizzò ser Harys. «E qualcuno potrebbe tornare a Castel Granito e arruolare un nuovo esercito.»

Lord Tywin si alzò in piedi. «Hanno mio figlio» disse per la seconda volta, e la sua voce fendette il vociare come una lama che attraversa il lardo. «Fuori di qui. Tutti.»

Tyrion Lannister, obbedienza personificata, si alzò per uscire con gli altri, ma suo padre lo guardò. «Non tu, Tyrion. Tu rimani. Anche tu, Kevan. Tutti gli altri, fuori.»

Tyrion tornò ad accomodarsi, senza parole per lo stupore. Ser Kevan attraversò la stanza diretto alle botti. «Zio» gli disse Tyrion «se tu volessi essere così gentile da…»

«Tieni.» Fu lord Tywin a offrirgli la propria coppa, il vino intatto.

A quel punto, Tyrion rimase veramente sconcertato. Bevve.

«Hai ragione in merito a Stark.» Lord Tywin sedette a sua volta. «Da vivo, lord Eddard sarebbe stato essenziale per negoziare una pace con Grande Inverno e con Delta delle Acque. Pace che ci avrebbe dato il tempo di fare i conti con i fratelli di Robert. Ma da morto…» La sua mano si contrasse a pugno. «Follia. Completa follia.»

«Joffrey non è che un ragazzino» rilevò Tyrion. «Alla sua età, anch’io ho ne ho fatte, di follie.»

Suo padre gli scoccò un’occhiata penetrante. «Suppongo che dovremmo essere grati che non abbia ancora sposato una puttana.»

Tyrion sorseggiò il vino. Chissà come avrebbe reagito suo padre se gli avesse gettato il vino in faccia.

«La nostra situazione è anche peggiore. Ci sono cose che non sai» continuò lord Tywin. «Sembra che abbiamo un nuovo re.»

«Un nuovo… chi?» Ser Kevan fu come folgorato. «Cos’hanno fatto a Joffrey?»

«Niente… per ora.» Un’espressione vagamente nauseata aleggiava sulle labbra sottili di lord Tywin. «Mio nipote continua a sedere sul Trono di Spade, ma l’eunuco continua a ricevere bisbigli dal Sud. Due settimane fa, Renly Baratheon ha sposato Margaery Tyrell ad Alto Giardino e adesso rivendica la corona. Il padre e i fratelli della sposa si sono inginocchiati al suo cospetto e gli hanno giurato fedeltà con le loro spade.»

«Un grave sviluppo.» Le rughe sulla fronte di ser Kevan divennero profonde come crepacci.

«Mia figlia comanda che noi si marci verso Approdo del Re subito, per difendere la Fortezza Rossa contro re Renly e il Cavaliere di fiori.» Le labbra di lord Tywin si strinsero ancora di più. «Mia figlia comanda, m’intendete? Nel nome del re e del Concilio ristretto.»

«E re Joffrey come ha preso la notizia?» Tyrion trovava l’intera situazione intrisa di un cupo umorismo.

«Cersei non ha ancora ritenuto opportuno comunicargliela. Teme che Joffrey potrebbe insistere per marciare di persona contro Renly.»

«Con quale esercito?» chiese Tyrion. «Non vorrai dargli questo, spero.»

«Parla di mettersi alla testa della Guardia cittadina» rispose lord Tywin.

«Se prendesse la Guardia, lascerebbe la città sguarnita» rilevò ser Kevan. «E con Stannis alla Roccia del Drago…»

«Proprio così.» Lord Tywin si concentrò su suo figlio. «Avevo sempre pensato che fossi tu quello dalle idee stravaganti, Tyrion. Sembra che abbia commesso un errore.»

«Padre caro, sembra quasi che tu ma stia facendo un complimento.» Tyrion si protese in avanti. «E qual è la posizione di Stannis? Lui è il più anziano. Che ne pensa dell’iniziativa di Renly?»

«Fin dal principio» disse lord Tywin corrugando la fronte «avevo ritenuto che fosse Stannis a costituire un pericolo più grande di tutti gli altri messi assieme. Eppure lui rimane fermo. Oh, Varys sente bisbigli, certo: Stannis costruisce navi, Stannis assolda mercenari, Stannis fa venire una strega delle ombre da Asshai. Ma qual è il significato di tutto ciò? C’è qualcosa di vero?» Scosse le spalle con irritazione. «Kevan, la mappa.»

Ser Kevan fece quanto gli era stato chiesto. Lord Tywin dispiegò il rotolo di cuoio, spianandone gli angoli. «La sconfitta di Jaime ci ha messi in una pessima situazione. Roose Bolton e i resti del suo esercito si trovano a nord rispetto a noi. I nostri nemici tengono le Torri Gemelle e il Moat Cailin. A ovest, c’è Robb Stark. A meno di non dare battaglia, non possiamo ritirarci né verso Lannisport né verso Castel Granito. Jaime è prigioniero e, a ogni effetto, il suo esercito ha cessato di esistere. Thoros di Myr e Beric Dondarrion continuano ad assaltare i nostri rifornimenti. A est abbiamo gli Arryn, e più oltre, Stannis Baratheon asserragliato sulla Roccia del Drago. Infine, a sud, Alto Giardino e Capo Tempesta chiamano a raccolta i vessilli di guerra.»

«In alto i cuori, padre.» Tyrion sorrise ironico. «Per lo meno, Rhaegar Targaryen rimane morto e sepolto.»

Lord Tywin Lannister rispose: «Mi auguravo che tu avessi qualcosa di più delle battute da offrire».

Ser Kevan si protese sulla mappa, la fronte aggrottata. «Robb Stark adesso avrà dalla sua Edmure Tully e tutti i lord del Tridente. Le loro forze combinate potrebbero essere superiori alle nostre. E con Roose Bolton alle spalle… Tywin, se rimaniamo qui, corriamo il rischio di venire intrappolati in mezzo a tre armate.»

«Non ho la minima intenzione di rimanere qui. Dobbiamo chiudere la partita con il giovane lord Stark prima che Renly Baratheon marci contro di noi da Alto Giardino. Roose Bolton non mi preoccupa. È un uomo cauto, e dopo la Forca Verde l’abbiamo reso anche più cauto. Sarà lento nell’inseguirci. Ci muoveremo all’alba, verso Harrenhal. Kevan, voglio che gli esploratori di ser Addam mascherino i nostri movimenti. Dagli quanti uomini gli servono, e mandali fuori in gruppi di quattro. E che non svaniscano nel nulla!»

«Come tu comandi, mio signore, ma… perché Harrenhal? È un luogo tetro, lugubre. Molti sostengono che è maledetto.»

«Che sostengano quello che vogliono» disse lord Tywin. «Togli la catena a ser Gregor e mandalo davanti a noi con i suoi predoni. Manda avanti anche Vargo Hoat con i suoi mercenari, e ser Amory Lorch. Che ognuno di loro abbia trecento uomini a cavallo. Di’ loro che voglio vedere la regione dei fiumi messa a ferro e fuoco dall’Occhio degli Dei fino alla Forca Rossa.»

«Avrai terra bruciata, mio signore» disse ser Kevan alzandosi. «Vado a dare gli ordini.» S’inchinò e si diresse alla porta.

Lord Tywin attese che fossero soli prima di guardare Tyrion. «Ai tuoi selvaggi un po’ di saccheggio non dovrebbe dispiacere. Di’ loro che possono cavalcare con Vargo Hoat e saccheggiare a loro piacimento: cose, donne, bestiame, raccolti. Che prendano quello che vogliono e che brucino il resto.»

«Dire a Shagga e a Timett di saccheggiare e devastare è come dire a un gallo di cantare» commentò Tyrion. «Però io preferirei tenerli con me.» Per quanto rozzi e indisciplinati, i barbari appartenevano a lui e si fidava più di loro che di tutti gli uomini di suo padre. Non se ne sarebbe privato.

«In tal caso, farai meglio a controllarli. Non permetterò che la città venga saccheggiata.»

«La città?» Tyrion non capiva. «Quale città?»

«Approdo del Re. Ti mando a corte.»

Era l’ultima delle decisioni che Tyrion Lannister avrebbe potuto prevedere. Sollevò la coppa e bevve un sorso, riflettendo. «E cosa ci andrei a fare, a corte?»

«A governare» dichiarò seccamente suo padre.

Tyrion si piegò in due dalle risate. «La mia dolce sorella potrebbe avere un paio di commenti da fare!»

«Che faccia tutti i commenti che crede. A suo figlio vanno messe le briglie sul collo prima che ci porti tutti alla rovina. Sono quei damerini del Concilio ristretto che io biasimo: il nostro amico Petyr Baelish e quella meraviglia senza palle di Varys. Che genere di consigli stanno dando a Joffrey, se lui passa da un atto delirante all’altro? E concedere a Janos Slynt il titolo di lord, poi… Che farneticazione è stata quella? Suo padre faceva il macellaio, e loro gli assegnano Harrenhal. Harrenhal, sede di re! Che mai lui ci metta piede, questo io dico. Mi è stato riferito che ha scelto come proprio emblema la picca insanguinata. La mannaia insanguinata da macellaio sarebbe stata ben più adatta.» Lord Tywin non aveva alzato la voce, ma nel suo sguardo dorato Tyrion vide lampi d’ira. «E poi destituire ser Barristan Selmy. Che senso aveva? D’accordo, era avanti nell’età, ma il nome Barristan il Valoroso continua a significare molto nel reame. Ha reso onore a tutti i sovrani che ha servito. C’è qualcuno che può dire lo stesso del Mastino? Un cane lo premi gettandogli ossa sotto la tavola, non facendolo sedere al tuo fianco nel concilio.» Puntò l’indice in faccia a Tyrion. «Se Cersei non riesce a tenere in pugno il ragazzo, devi farlo tu. E se quei consiglieri ci imbrogliano…»

Tyrion lo sapeva. «Picche» sospirò. «Mura. Teste mozzate.»

«Lieto di constatare di essere riuscito a insegnarti qualcosa.»

«Più di quanto tu immagini, padre.» Con calma, finì il vino e posò la coppa, immerso nei pensieri. Una parte della sua mente era più compiaciuta di quanto volesse ammettere. Un’altra parte continuava a ricordare la battaglia lungo il fiume, e a domandarsi se lo stava inviando di nuovo a tenere il fianco sinistro. «Perché io?» Il Folletto inclinò il capo. «Perché non mio zio? Oppure ser Addam, ser Flement, lord Serrett? Perché non un uomo… più grande?»

Lord Tywin si alzò di scatto. «Sei mio figlio.»

Fu allora che capì. “Tu dai già mio fratello per spacciato” pensò. “Fottuto bastardo! Pensi che Jaime è finito e tutto quello che ti resta sono io!” Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e sputargli in faccia, estrarre la daga e strappargli il cuore dal petto per vedere se, come dicevano i plebei, era davvero d’oro massiccio. Invece rimase seduto immobile, silenzioso.

Lord Tywin attraversò la stanza e le schegge della coppa frantumata scricchiolarono sotto i suoi stivali. «Un’ultima cosa.» Si fermò sulla soglia. «Non portarla a corte, la tua puttana.»

Dopo che suo padre se ne fu andato, Tyrion rimase per molto tempo nella vasta sala. Alla fine, si decise a salire gli scalini che conducevano al piccolo alloggio sotto la torre della campana. Era un locale confortevole ma dal soffitto basso. Per un nano, non si trattava certo di un problema. Dalla finestra, era visibile la forca che suo padre aveva fatto erigere nel cortile. Il cadavere della locandiera oscillava lugubre nel vento notturno. La sua carne si era essiccata e decomposta come le speranze dei Lannister.

Tyrion sedette sul bordo del materasso imbottito di piume. Shae mormorò qualcosa e si girò verso di lui. Tyrion fece scivolare una mano sotto le coperte e le accarezzò un seno. Gli occhi di lei si aprirono. «Mio signore» disse con un sorriso intontito.

Tyrion sentì il capezzolo inturgidirsi e la baciò.

«Ho una mezza idea di portarti con me ad Approdo del Re, dolcezza» le sussurrò.

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