EDDARD

«L’hanno trovata, mio signore.»

Ned si alzò rapidamente. «Uomini nostri o dei Lannister?» chiese.

«È stato Jory Cassel» rispose Vayon Poole, il suo attendente. «La bambina sta bene.»

«Siano ringraziati gli dei.» Erano giorni che lord Eddard Stark aveva mandato i suoi soldati alla ricerca di Arya, ma anche quelli della regina la cercavano. «Dov’è?» riprese. «Di’ a Jory di portarla da me. Subito!»

«Sono spiacente, mio signore» rispose Poole. «Gli uomini alla porta erano guardie dei Lannister. Quando Jory l’ha riportata indietro hanno informato la regina e Arya è stata condotta direttamente al cospetto del re.»

«Maledetta donna!» Ned si mise in movimento a passo di carica. «Trova Sansa e portala nella sala delle udienze. Potremmo aver bisogno anche della sua parola.»

Eddard Stark sentì crescere dentro di sé un furore cieco mentre scendeva gli scalini della torre. I primi tre giorni aveva condotto le ricerche di persona. Dal momento della scomparsa di Arya, non aveva pressoché chiuso occhio e quel mattino si era sentito così angosciato e indebolito, da riuscire a reggersi in piedi a stento. Adesso il furore gli ridava forza.

Mentre attraversava il cortile della fortezza, molti uomini lo chiamarono, ma lui li ignorò tutti quanti. Avrebbe voluto mettersi a correre come un pazzo, ma era il Primo Cavaliere del re, e il Primo Cavaliere del re deve conservare la dignità. Questo non gli impedì di percepire gli occhi che lo seguivano, le voci soffocate che si chiedevano che cos’avrebbe fatto.

Avevano interrotto il viaggio con una sosta forzata in un castello modesto, a mezza giornata di cavallo a sud del Tridente. I membri del convoglio reale vi si erano installati quali ospiti non invitati del signore locale, ser Raymun Darry, mentre la ricerca di Arya e del garzone di macellaio continuava su entrambe le sponde del fiume.

Non erano ospiti graditi. Ser Raymun viveva sotto i vessilli di pace del re, ma nella battaglia del Tridente la Casa Darry si era schierata con il drago di Rhaegar Targaryen. E questo né re Robert né ser Raymun l’avevano dimenticato. Uomini del re, uomini di Darry, uomini dei Lannister e uomini di Stark, tutti ammucchiati tra le mura di una fortezza decisamente troppo piccola. Le tensioni stavano avvicinandosi al punto di ebollizione.

Il re aveva requisito la sala delle udienze di ser Raymun e fu là che Ned trovò tutti quanti. La stanza era affollata, fin troppo. A quattr’occhi, Robert e lui sarebbero stati in grado di risolvere la situazione in termini amichevoli, ma non era questo il caso.

Robert, espressione contratta, corrucciata, era verso il fondo della sala, stravaccato sull’alto scranno di ser Raymun. Cersei Lannister e il loro figlio Joffrey erano in piedi al suo fianco. La regina teneva la mano su una spalla di Joffrey, il cui braccio era avvolto da una spessa fasciatura di bende di seta.

Arya era immobile al centro della sala, assieme al solo Jory Cassel. Tutti gli occhi erano puntati su di lei.

«Arya» disse Ned a voce alta. Poi andò da lei, gli stivali che echeggiavano sonori sul pavimento di pietra. Nell’istante in cui lo vide, lei mandò un grido e scoppiò in singhiozzi. Ned mise un ginocchio a terra di fronte a lei e la prese tra le braccia.

«Padre… mi dispiace…» Ned sentì che sua figlia stava tremando. «Mi dispiace… mi dispiace…»

«Lo so.»

Era così minuta tra le sue braccia, una ragazzina tutta pelle e ossa. Chi poteva credere che fosse stata in grado di creare tanti e così gravi problemi?

«Sei ferita?»

«No.» Il viso di Arya era coperto di sporco e le lacrime vi avevano tracciato sinuose linee rosa. «Fame, un po’. Ho mangiato bacche, ma non c’era altro, là fuori.»

«Molto presto sarai nutrita.» Eddard Stark si raddrizzò e fronteggiò il re. «Qual è il significato di tutto questo?»

Il suo sguardo spaziò per la sala, alla ricerca di facce amiche, ma con le sole eccezioni di quelle dei suoi uomini, non ne trovò. Ser Raymun Darry non lasciava trasparire nulla. Il mezzo sorriso di lord Renly Baratheon poteva significare qualsiasi cosa. Il vecchio ser Barristan, comandante della Guardia reale, appariva giustamente austero. Gli altri erano tutti uomini Lannister, tutti ostili. L’unico aspetto positivo di quel cupo consesso era che mancavano sia Sandor Clegane sia Jaime Lannister, entrambi impegnati nelle ricerche a nord del Tridente.

«Per quale ragione non mi è stato subito riferito che mia figlia era stata ritrovata?» La voce di Ned era decisa. «Perché non sono stato immediatamente convocato qui?»

Si era rivolto a Robert Baratheon, ma fu Cersei Lannister a rispondere: «Come osi rivolgerti al tuo re con un simile tono?».

«Quietati, donna.» In qualche modo, re Robert riemerse alla realtà. «Mi dispiace, Ned. Non è mai stato mio intento spaventare la ragazzina. Ma portarla qui e risolvere la questione al più presto mi è parsa la miglior cosa da fare.»

«E di quale questione stiamo parlando?» La voce di Ned Stark era glaciale.

«Come tu ben sai, Stark» si fece avanti la regina «questa tua figlioletta ha attaccato mio figlio! Lei e quel suo… garzone di macellaio. E quella specie di belva feroce che la tua figlioletta si porta sempre dietro ha cercato di strappargli via un braccio.»

«Non è vero» esclamò Arya ad alta voce. «Gli ha solo dato un morso, uno piccolo. Lui stava facendo del male a Mycah.»

«Joff ci ha detto come sono andate le cose» replicò la regina. «Tu e il tuo macellaio l’avete percosso con dei bastoni mentre tu gli aizzavi contro il lupo.»

«Le cose non sono andate per niente così.» Arya era di nuovo sulla soglia del pianto. Ned le mise una mano sulla spalla.

«Invece sì!» sbraitò con tono petulante il principe Joffrey. «Mi sono venuti contro, tutti assieme! E lei ha gettato Dente di leone nel fiume!» Mentre parlava, il principe non degnò mai Arya di uno sguardo. A Ned questo non sfuggì.

«Bugiardo!» gridò Arya.

«Sta’ zitta!» le urlò il principe.

«Basta così!» E questo era l’ordine del re, la voce resa rauca dalla rabbia. Robert Baratheon si alzò dallo scranno. Nella sala, il silenzio era assoluto. Robert folgorò Arya da dietro la muraglia della sua monumentale barba nera.

«Tu mi dirai ciò che è accaduto, bambina. Mi dirai tutto e mi dirai il vero. E ricorda: mentire al tuo re è una grave offesa.» Si girò verso suo figlio. «E quando lei avrà finito, verrà il tuo turno. Ma fino a quel momento, Joff… morditi la lingua!»

Quando Arya cominciò a raccontare la sua versione, Ned udì una porta aprirsi da qualche parte alle sue spalle. Si girò e vide Vayon Poole entrare nella sala delle udienze assieme a Sansa. Tutti e due si tennero discretamente sul fondo della sala. Quando Arya arrivò alla parte in cui la spada di Joffrey era finita nel Tridente, Renly Baratheon scoppiò in una sonora risata.

«Ser Barristan» fece il re, seccato «scorta mio fratello fuori di qui prima che si strozzi dal ridere.»

«Mio fratello mi onora di eccessiva gentilezza.» Renly controllò un altro accesso di risa. «La porta per andarmene so trovarla da solo.» Fece un salamelecco all’indirizzo di Joffrey. «E forse un po’ più tardi, mio valoroso principe, tu riuscirai a spiegarmi come abbia fatto una ragazzina di nove anni, della stessa minacciosa mole di un topolino bagnato, prima a disarmarti con un manico di scopa spezzato, e poi a gettare il tuo temibile gladio nel fiume.»

La porta cominciò a richiudersi dietro di lui.

«Dente di leone lo chiamava, quel suo spiedino» lo udì sghignazzare Ned.

Venne il turno del principe Joffrey, pallido in volto, di dare una ben diversa versione degli eventi. Una volta che anche lui ebbe finito, il re si alzò di nuovo.

«Ma per i sette inferi!» Robert era l’immagine perfetta di uno che avrebbe preferito trovarsi in qualsiasi altro posto all’infuori di quello. «Lei dice una cosa, lui un’altra… Che cosa dovrei fare a questo punto, eh?»

«Arya e Joffrey non erano soli sulla riva del Tridente.» Ned Stark si girò verso il fondo della sala. «Sansa, vieni avanti.» Lui sapeva esattamente cos’era accaduto, lo sapeva dalla notte stessa in cui Arya era scomparsa. «Di’ al tuo re cos’è successo.»

Piena di esitazione, l’altra sua figlia venne avanti. Indossava velluto azzurro con decorazioni bianche, una collana d’argento attorno al collo. I lunghi capelli scuri scintillavano dopo un lungo, attento lavoro di spazzola. Ammiccò alla sorella, poi al suo principe.

«Padre, io… ecco… io non so.» Anche lei era sulla soglia delle lacrime, anche lei avrebbe voluto trovarsi mille miglia lontana. «Non ricordo. È successo tutto talmente in fretta…»

«Schifosa!» Arya piombò addosso alla sorella come un ariete inferocito, l’abbatté sul pavimento, si mise a tempestarla di pugni. «Bugiarda! Bugiarda! Bugiarda! Bugiarda!…»

«Arya!» urlò Ned. «Fermati!»

Ma ci volle tutta la forza di Jory Cassel per strapparla dalla sorella e impedirle di continuare a colpirla.

Ned rimise in piedi Sansa. «Stai bene? Ti ha fatto male?» Sansa, lo sguardo fisso su Arya, nemmeno parve udirlo.

«La ragazzina è anche più selvatica di quella lurida bestia che si trascina dietro!» sentenziò Cersei Lannister. «Robert, voglio che venga punita!»

«Per i sette inferi!» imprecò Robert. «Ma guardala, Cersei! È una bambina. Cosa ti aspetti che faccia, una fustigazione sulla pubblica piazza? Alla malora le liti di marmocchi. Basta: finisce qui. Nessuno si è fatto niente.»

«Niente?» La regina era furibonda. «Joff si porterà quelle cicatrici addosso per il resto dei suoi giorni.»

«Proprio così.» Robert Baratheon guardò il maggiore dei suoi figli. «Chissà che non gli servano di lezione. Ned, provvedi che tua figlia sia più disciplinata.»

«Con piacere, maestà» rispose Ned, con immenso sollievo.

«E io farò lo stesso con mio figlio» concluse Robert, cominciando ad andarsene.

«E che ne sarà del meta-lupo?» La regina non aveva ancora finito. «Farai in modo che anche la bestia feroce che ha sbranato tuo figlio sia più disciplinata?»

«Il dannato meta-lupo.» Il re si fermò e tornò a girarsi, la fronte corrugata. «Me n’ero completamente dimenticato.»

Ned vide Arya irrigidirsi tra le braccia di Jory.

«Non abbiamo trovato traccia del meta-lupo, maestà» si affrettò a dire Jory Cassel.

«No?» Robert non parve particolarmente contrariato. «E allora addio anche a lui.»

La voce di Cersei si levò alta: «Cento dragoni d’oro all’uomo che mi porterà la sua pelle!».

«Pelle costosa» commentò Robert. «Io non ci voglio avere nulla a che fare, donna. Se proprio la vuoi, quella pelle, la pagherai con l’oro dei Lannister.»

«Non immaginavo che fossi diventato così avaro» ribatté freddamente la regina. «Il re che avevo creduto di sposare mi avrebbe portato la pelle di quell’animale ai piedi del letto prima del tramonto.»

L’espressione di Robert si incupì per l’ira. «Niente male come giochetto di magia senza il lupo in questione.»

«Ma noi ce l’abbiamo un lupo.» La voce di Cersei Lannister era calma, misurata. Solamente nei suoi occhi verdi brillava la luce del trionfo.

A tutti occorsero alcuni momenti per capire.

«Come vuoi.» Il re scrollò le spalle irritato. «Sarà ser Ilyn a occuparsene.»

«Robert» protestò Ned «non stai parlando sul serio.»

«Ne ho abbastanza di questa storia, Ned.» Il re non era in vena di ulteriori discussioni. «Un meta-lupo è una bestia selvaggia. Presto o tardi, finirà con il rivoltarsi contro tua figlia nello stesso modo in cui ha fatto con Joffrey. Dalle un cagnolino, sarà anche più contenta.»

Solo in quel momento anche Sansa arrivò alla verità. «Non sta parlando di Lady, vero?» Nel rivolgersi a Ned, i suoi occhi erano di nuovo pieni di paura. «Oh, no… non Lady! Lady non ha fatto del male a nessuno… è buona, Lady!»

«Lady nemmeno c’era!» gridò Arya. «Lasciatela stare!»

«Padre, non permettere che la uccidano» supplicò Sansa. «Ti prego, padre! Non è stata Lady. È stata Nymeria. E Arya. Non Lady. Padre! Non lasciare che le facciano del male. Lady sarà buona, padre, te lo prometto… te lo giuro!…»

Eddard Stark poté solamente prendere sua figlia tra le braccia. Guardò Robert, il suo vecchio amico, il suo fratello di sangue. «Ti prego, Robert. In nome dell’affetto che hai per me, dell’amore che avevi per mia sorella… ti prego.»

Il re li guardò tutti quanti per un lungo momento. Infine si girò verso la sua regina. «Che tu sia maledetta, Cersei» disse con profondo disgusto.

Ned si raddrizzò, sciogliendosi delicatamente dalla stretta di Sansa. Tutta la stanchezza di quegli ultimi quattro giorni gli era tornata addosso. «In questo caso, Robert, che sia tu a farlo.» C’era di nuovo il gelo nella voce di lord Stark. «Abbi almeno questo coraggio.»

Robert lo guardò con occhi freddi e inespressivi. Non disse una parola. Alla fine si girò e se ne andò, i passi pesanti come piombo. La sala era piena di silenzio.


«Il meta-lupo» disse Cersei Lannister non appena il re se ne fu andato. «Dov’è quel meta-lupo?» Accanto a lei, il principe Joffrey stava sorridendo.

Ser Barristan Selmy rispose con riluttanza: «L’animale è incatenato fuori del corpo di guardia, maestà».

«Chiamate Ilyn Payne.»

«Non chiamate nessun boia» la fermò Eddard Stark. «Jory, conduci le mie figlie nelle loro stanze. E poi portami Ghiaccio.»

Le parole avevano il sapore del fiele, ma si costrinse a farle uscire: «Se è da fare, ci penserò io».

«Tu, Stark?» Cersei Lannister lo osservò, piena di sospetto. «Che cos’è, un trucco? Perché proprio tu vuoi fare una cosa del genere?»

«Perché quella creatura viene dalle terre del Nord.» Tutti gli sguardi erano fissi su di lui, ma era quello di Sansa il solo a scavarlo dentro. «E merita di meglio del macellaio di corte.»


Il cucciolo di meta-lupo era dove gli avevano detto.

Ned le rimase seduto accanto per molto tempo. Gli occhi continuavano a bruciargli. Il pianto disperato di sua figlia non cessava di martellargli nella mente.

«Lady…»

Il nome fece fatica a lasciare le sue labbra. Non aveva mai prestato troppa attenzione ai nomi che i suoi figli avevano scelto, ma ora, guardando la lupa di Sansa, si rese conto di quanto lei avesse scelto bene. Lady era la più piccola della cucciolata, la più graziosa, la più gentile e fiduciosa. Anche lei lo guardò, grandi occhi dorati nel fitto pelo fulvo.

Alla fine, Jory Cassel gli portò Ghiaccio.


Quando tutto fu finito, disse a Jory: «Scegli quattro uomini. Voglio che riportino il corpo al Nord e che la seppelliscano a Grande Inverno».

«Tutta quella strada?» Jory non riusciva a crederci.

«Tutta quella strada» confermò Ned. «La donna Lannister non avrà mai questa pelle di lupo.»

Ned si avviò verso la torre, con la speranza di riuscire finalmente a riposare un poco. In quel momento, Sandor Clegane e il suo gruppo di cavalieri varcarono il portale del castello, di ritorno dalla loro caccia. C’era qualcosa gettato di traverso sul dorso del destriero di Clegane, una forma avvolta in una cappa resa scura dal sangue.

«Nessuna traccia di tua figlia, Primo Cavaliere» esordì il Mastino. «Ma la giornata non è andata del tutto sprecata. Abbiamo preso il suo cuccioletto.»

Clegane si sbarazzò del suo macabro carico, mandandolo a cadere sul selciato di fronte a Ned. Lui si piegò in avanti e allungò una mano per scostare la cappa. Ora avrebbe dovuto trovare le parole da dire ad Arya, ma non era Nymeria. Era Mycah, il garzone di macellaio. Il suo cadavere, incrostato di sangue secco, era stato pressoché tagliato in due in diagonale, dalla spalla alla cintola. Un unico colpo micidiale, terribile, sferrato dall’alto verso il basso.

«Questo ragazzo era a piedi e disarmato, Clegane» disse Ned. «E tu l’hai colpito dal tuo cavallo.»

Dietro la celata del suo repellente elmo a muso di cane, gli occhi del Mastino mandarono lampi. «Si è messo a correre.» Sandor Clegane rise in faccia a Ned. «Non è stato abbastanza veloce.»

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